I PAESI DEL NORD AFRICA: ANALISI DELLE EVOLUZIONI E DEGLI EFFETTI SULLE ECONOMIE E RISVOLTI SULLE IMPRESE.

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1 I PAESI DEL NORD AFRICA: ANALISI DELLE EVOLUZIONI E DEGLI EFFETTI SULLE ECONOMIE E RISVOLTI SULLE IMPRESE. EVOLUZIONE DELLO SCENARIO ECONOMICO MONDIALE Se il 2009 ha segnato il culmine della crisi economica, nel 2010 si sono registrati segnali di ripresa per l economia mondiale. Tali cambiamenti sono dovuti all azione delle politiche di bilancio e di sostegno alla crescita attuate nei diversi Paesi, combinati con altri importanti fattori: la politica monetaria statunitense, che ha immesso una notevole liquidità sui mercati sostenendo l andamento dei prezzi delle attività finanziarie e il rafforzamento dell industria asiatica, soprattutto per l aumento della domanda di alcuni paesi (come la Cina), che ha fatto da traino alla crescita di altre aree. In questo contesto si innesta l aumento dei prezzi delle materie prime, causato sia dalla ripresa della domanda sia dalla riduzione della capacità estrattiva dovuta ai minori investimenti in tempo di crisi. La situazione politica nei Paesi del Nord Africa ha contribuito ad incrementare le tensioni sui mercati delle commodities alla fine del In effetti l impatto di tali sconvolgimenti per esempio sul mercato del petrolio è modesto, dato che la riduzione della produzione libica è stata ampiamente compensata da un aumento delle quantità estratte dall Arabia Saudita. L incertezza dei mercati, però, permane dato che la situazione appare in fermento in tutti i paesi 1

2 arabi. Per tale motivo i mercati petroliferi continuano a reagire con un incremento delle quotazioni. Decisamente superiori sono gli effetti della crisi nordafricana sulla domanda in modo meno incisivo su quella mondiale ma significativo per quella di alcuni paesi europei (tra cui l Italia) - con effetti ancora più importanti se tali fermenti si estendessero anche all area del Medio Oriente (come quanto succede in Siria potrebbe far presagire). A tutto ciò si aggiunge il terremoto avvenuto in Giappone che ha avuto ripercussioni principalmente sui mercati cinesi e del sud est asiatico, ma con effetti anche internazionali. EVOLUZIONE DELLO SCENARIO ECONOMICO ITALIANO L Italia ha dovuto fronteggiare i fattori presenti sullo scenario mondiale, perdendo quote di mercato nel commercio internazionale a favore di paesi dalle economie emergenti (primi fra tutti la Cina e l India), seppur in misura inferiore a quella di altre economie avanzate (esclusa, ovviamente la Germania). La crescita del PIL prosegue ma a ritmi contenuti e si prefigura una modesta accelerazione dell attività produttiva per il 2011, così come un clima di maggiore fiducia delle imprese industriali e delle attese sulla domanda, pur in un contesto di comportamenti di spesa delle famiglie prudenti in quanto legati al mercato del lavoro - sostanzialmente fermo - e all andamento dell inflazione - in rialzo da fine Analizzando le esportazioni italiane, il 2010 ha confermato l Unione Europea come mercato principale di sbocco, dato che assorbe oltre la metà del totale, anche se la percentuale in termini assoluti negli ultimi cinque anni è in calo (così come quella dell America) e si evidenzia un interesse maggiore verso aree più dinamiche, appunto come Africa, Asia e Medio Oriente. Esaminando, infatti, l evoluzione delle esportazioni al 2006 al 2010 si nota un riorientamento nelle scelte geografiche delle imprese italiane che hanno preferito mercati quali il Brasile e la Cina, ma anche Turchia e Emirati Arabi, abbandonando progressivamente aree di sbocco tradizionali come Stati Uniti e altri paesi della vecchia Europa. 2

3 Fonte: Rapporto Unioncamere 2011 Elaborazioni dati ISTAT Da un analisi più dettagliata sui rapporti commerciali con l estero delle varie regioni italiane, si evidenziano performance anche molto diverse: si registrano ottimi risultati per la Liguria, la Sardegna e la Sicilia, ma anche Lazio, accanto a risultati decisamente negativi come per esempio per il Molise, la Basilicata e le Marche. 3

4 Fonte: Rapporto Unioncamere 2011 Elaborazioni dati ISTAT Esaminando il contributo delle singole province italiane alla crescita complessiva dell export nazionale, Genova si piazza al sesto posto grazie alle produzioni del settore siderurgico e dei mezzi di trasporto e della cantieristica, dei comparti dell impiantistica, della meccanica e dell alta tecnologia. Savona la troviamo al ventiduesimo posto, seguita da La Spezia al ventitreesimo e in ultimo Imperia distaccata al sessantesimo. In questo quadro, per comprendere l evoluzione dei mutamenti in corso negli ultimi anni, è importante il ruolo svolto dalle medie imprese italiane che sono cresciute numericamente, seppur in modo disomogeneo (maggiormente al Centro Sud e nel Nord Est ed in maniera inferiore al Nord Ovest): tali imprese hanno infatti dimostrato una notevole solidità patrimoniale ed una spiccata propensione all export, rispondendo alla crisi internazionale con l ampliamento dei propri mercati di sbocco. 4

5 Da un indagine svolta da Unioncamere e Mediobanca su un campione rappresentativo, le medie imprese italiane, dimostrandosi particolarmente ottimiste per quanto riguarda i segnali di ripresa nel 2011, prevedono aumenti di fatturato e di produzione e un conseguente incremento nelle esportazioni. Fonte: Rapporto Unioncamere 2011 Indagine Unioncamere-Mediobanca sulle PM industriali italiane EVOLUZIONE DELLO SCENARIO ECONOMICO DEI PAESI DEL NORD AFRICA I Paesi del Mediterraneo erano e restano tra le priorità geografiche delle imprese liguri e genovesi, in particolare, dato che tale zona geografica consente anche la possibilità di sfruttare le opportunità offerte da Paesi limitrofi, come ad esempio l area dei Paesi del Golfo. L area del Nord Africa è considerata di tale importanza per le imprese locali che, nel 2008, la Camera di Commercio ha deciso di creare, presso l Istituto di Economia Internazionale struttura scientifica e centro di studio, coordinamento e propulsione per la ricerca in tema di economia internazionale un Osservatorio permanente sull economia dei paesi della costa sud del Mediterraneo, ed in particolare Algeria, Egitto, Libia, Marocco e Tunisia. Sotto la direzione scientifica del Prof. Amedeo Amato, l obiettivo era quello di costituire un punto di riferimento un po più operativo rispetto ai classici studi pubblicati dall Istituto e di interscambio informativo per gli imprenditori per fornire 5

6 valutazioni sulle prospettive delle economie di queste aree e analisi di rischio paese sulla base sia di indicatori macroeconomici, sia di osservazioni più qualitative sul business environment. Gli ultimi risultati pubblicati dall Osservatorio (con dati aggiornati a settembre 2010) hanno evidenziato che l area Nord Africa registrava da molti anni tassi di crescita della produzione e delle importazioni assai più elevati di quelli prevalenti nelle economie più sviluppate (i tassi si assestavano da un 4% previsto per l Algeria ad un 6% e oltre stimato per la Libia). Certamente altri Paesi (per esempio l area BRIC) avevano crescite ancora maggiori, ma i Paesi del sud del Mediterraneo presentavano vantaggi oggettivi in termini di vicinanza, nonché di maggiore decifrabilità dei mercati (o almeno così si credeva ), fattori che dovevano rendere più controllabili varie tipologie di rischio. Ad aumentare l interesse proprio negli ultimi anni, c è da sottolineare come questi Paesi siano stati toccati soltanto marginalmente dalla recente crisi economica, che invece ha colpito tutti i Paesi più industrializzati. Tutti i Paesi presi in considerazione dall Osservatorio erano classificati come rischio economico e politico di livello medio, secondo gli indicatori di SACE, ma alla luce di quanto avvenuto è chiara la necessità di una valutazione più attenta anche di altri fattori, tra cui senza dubbio l indice di sviluppo umano. Tale indice viene elaborato, alla fine degli anni ottanta, dal programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo UNDP, al fine di superare ed ampliare l'accezione tradizionale di sviluppo incentrata solo sulla crescita economica. Lo sviluppo umano si riferisce ad alcuni ambiti fondamentali dello sviluppo economico e sociale: la promozione dei diritti umani e l'appoggio alle istituzioni locali con particolare riguardo al diritto alla convivenza pacifica, la difesa dell'ambiente e lo sviluppo sostenibile delle risorse territoriali, lo sviluppo dei servizi sanitari e sociali con attenzione prioritaria ai problemi più diffusi ed ai gruppi più vulnerabili, il miglioramento dell'educazione della popolazione, in particolare l'educazione di base, lo sviluppo economico locale, l'alfabetizzazione e l'educazione allo sviluppo, la partecipazione democratica, l'equità delle opportunità di sviluppo e d'inserimento nella vita sociale. Tale indice è utilizzato, accanto al PIL, dalle Nazioni Unite a partire dal 1993 per valutare la qualità della vita nei paesi membri. 6

7 Analizzando alcuni dei parametri che vengono presi in considerazione nella costruzione dell indice non si può non evidenziare da un lato il PIL pro capite e dall altro il tasso di alfabetizzazione. Per quanto riguarda il PIL pro capite, la situazione a settembre 2010 così risultava: PAESI NORD AFRICA PIL PROCAPITE Algeria Egitto Libia Marocco Tunisia US$ US$ US$ US$ US$ Se si considera invece il tasso di alfabetizzazione (in Italia è il 98,9%), seppur con la necessaria cautela dato che le definizioni e i metodi di raccolta dei dati variano tra i paesi, secondo il rapporto delle Nazioni Unite del 2009 si evidenzia: PAESI NORD AFRICA TASSO DI ALFABETIZZAZIONE Algeria 75,40% Egitto 66,40% Libia 86,80% Marocco 55,60% Tunisia 78,00% A fronte di un reddito molto basso e di una alfabetizzazione comunque piuttosto alta nella popolazione adulta (peraltro molto giovane, con un età media al di sotto dei 30 anni o anche meno), si aggiunge una disponibilità di informazioni anche grazie a internet, che ha creato un mix esplosivo. La maggior parte delle persone - in condizioni di vita sicuramente non buone, seppur di fronte ad una crescita economica considerevole ha attualmente la possibilità di confrontarsi con la realtà di altri Paesi (anche se solo virtualmente) e ciò ha sicuramente contribuito ad una accelerazione nella ricerca di democrazia: la 7

8 popolazione non si sente più rappresentata da una classe di governanti molto vecchia, che spesso cela la sua vera natura dittatoriale o comunque autoritaria considerazione sulla gerontocrazia pubblicata ad inizio anno dall Economist. La lettura delle dinamiche demografiche è quindi sicuramente fondamentale per meglio comprendere quanto è successo e quanto potrebbe succedere: secondo stime ONU i cinque paesi nordafricani hanno una popolazione cresciuta del 20% circa dal 2000 ad oggi e le stime indicano un trend sempre in crescita. Fonte: Rapporto Unioncamere 2011 Elaborazioni su dati ONU La popolazione giovane implica una forte spinta all innovazione e alle riforme, oltre ad una maggiore apertura culturale, e l incremento demografico ha sostenuto lo sviluppo economico, con settori in crescita costante (come il turismo, il settore dell edilizia e delle infrastrutture), la conseguente espansione del commercio estero nonché una forte attrazione degli investimenti esteri. Non a caso si registrano importanti penetrazioni in Nord Africa di economie emergenti come la Cina e l India. Gli avvenimenti di questi mesi che hanno portato al rovesciamento di sistemi politici, che duravano da decenni, non hanno mutato le potenzialità di quest area dove, come detto, oltre alle risorse umane, si affiancano risorse naturali ed energetiche, ampi spazi e una posizione strategica rispetto all immensa Africa sub sahariana che può rappresentare un ulteriore mercato di sbocco. 8

9 Dopo gli avvenimenti verificatesi fra la fine del 2010 e l inizio del 2011 che hanno sconvolto il panorama geopolitico della costa sud del Mediterraneo è difficile fare previsioni su come si evolverà la situazione, ma sicuramente non sarà più la stessa. Infatti in questo momento è anche difficile reperire informazioni su quanto sta succedendo nei paesi della costa sud del Mediterraneo. La situazione continua ad essere complicata e non soltanto prendendo in considerazione la Libia, che è e resta in una fase di stallo nonostante i vari raid aerei e il congelamento dei beni di Gheddafi. I bombardamenti colpiscono depositi di armi, gli stessi bunker in cui potrebbe essersi rifugiato il rais e ne hanno ucciso un figlio e alcuni nipoti, ma nonostante tutto il regime di Gheddafi non è ancora sconfitto seppur siano passati più di quattro mesi dall inizio degli scontri. Si ricorda che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione n del 17/3/2011 che impone una no fly zone sui cieli della Libia e prevede «tutte le necessarie misure per proteggere la popolazione civile», tranne un invasione di terra. I bombardamenti violenti sono continuati con la scia di morti e feriti per tutto il mese di maggio. In atto tentativi di mediazione da parte del Sud Africa: il Presidente Jabcob Zuma sta tentando anche se ufficiosamente di convincere il Colonnello a lasciare il potere. Secondo una stima della Camera di Commercio ItalAfrica Centrale-Unioncamere (ad aprile) sono almeno 130 le imprese italiane che in Libia hanno fermato le proprie attività con gravi rischi occupazionali e inevitabili ripercussioni negative sul sistema industriale ed imprenditoriale dell indotto nel nostro paese e con un danno stimato in 100 miliardi di euro. Degli altri paesi della sponda sud del Mediterraneo ormai non si fa più cenno in nessun telegiornale: eppure la situazione non è così calma. In Egitto, nella notte tra il 7 e l 8 maggio è stata messa a ferro e fuoco una chiesa copta e gli scontri hanno provocato 12 vittime e centinaia di feriti. Queste tensioni religiose (anche se qualcuno parla di complotto di gruppi ancora legati al vecchio regime) sicuramente non aiutano il cammino verso la democrazia. Seppur qualcuno tema una eccessiva islamizzazione in questa fase di transizione, non si può negare 9

10 che forse la religione possa anche essere strumentalizzata e sono gli stessi media egiziani a denunciare tale rischio. Si annunciano processi e pesanti condanne per molte persone tra cui lo stesso Mubarak, la moglie e i figli (nonostante le promesse di restituzione di parte del patrimonio personale). In Marocco, l attentato al bar di Marrakesh è stato visto dalla popolazione come un potenziale freno alle riforme annunciate dal re Mohammed VI e per questo domenica 7 maggio migliaia di persone sono scese nuovamente in piazza per reclamare le promesse fatte. Forse però è l unico paese che in questo momento può dirsi guarito dal germe rivoluzionario: anche le agenzie di rating hanno dovuto ricredersi e Standard & Poor s e Fitch, infatti, da qualche settimana considerano il paese maghrebino tra quelli con meno possibilità di contagio eversivo. La ricetta messa a punto dal giovane Mohammed VI, fatta di concessioni e moderate riforme, si è dunque rivelata l unica in grado di reggere l urto di sommosse e rivolte, nonostante le forti spinte integraliste all interno della società marocchina. A questa legittimazione sociale si aggiunge una tradizionale legittimazione religiosa e popolare che consente un unità di fondo spesso assente in altri paesi musulmani. L Algeria resta ancora il paese di cui si sa sempre poco: anche qui si sono registrate varie manifestazioni di piazza (sempre attentamente controllate) e poco meno di un mese fa (19 aprile) ci sono stati 3 attacchi terroristici. Serpeggia il malcontento e le accuse - provenienti dall opposizione libica di armare Gheddafi. L Algeria ha dichiarato ufficialmente che rispetta la risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dell ONU, ma restano tesi i rapporti con il CNT (Consiglio Nazionale di Transizione) libico. Per la Tunisia, sicuramente non è facile il compito del Primo Ministro Beji Caid Essebsi che dal gennaio scorso e fino al prossimo 24 luglio avrà il compito non solo di traghettare il paese verso le prime libere e democratiche elezioni dopo anni di dittatura, ma anche e soprattutto tracciare le linee guida per una Tunisia nuova, pacificata e moderna. Il Paese si trova ad affrontare un calo degli investimenti esteri 10

11 e del turismo (cardini dell economia prima del gelsomino ), seppur in questo momento le aziende italiane sono rientrate e hanno ripreso l attività. Da considerare anche che la Tunisia si trova ad affrontare il flusso migratorio in ingresso per la fuga dalla Libia, senza alcun aiuto, così come correnti di emigranti (clandestini) verso l Europa, che dovrebbe controllare. Le elezioni di luglio restano comunque un momento di fondamentale importanza per poter meglio prevedere gli scenari futuri, sempre che ci siano e non siano rinviate, considerando i fermenti che serpeggiano nell esercito. Il sostegno da parte dei paesi occidentali è sicuramente fondamentale. Un primo passo è stato fatto dalla Commissione europea e l'alto Rappresentante dell'unione per gli Affari Esteri e la Politica di sicurezza attraverso la predisposizione di una Comunicazione congiunta al Consiglio europeo, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e il Comitato delle Regioni: Un partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con il Mediterraneo meridionale datata 8 marzo Obiettivo di tale comunicazione era un rinnovamento delle relazioni UE con i propri vicini meridionali, attraverso la costruzione di un nuovo partenariato a sostegno del cambiamento in tutta la regione. Pur riconoscendo che ogni Paese sceglierà il proprio percorso e opererà le proprie scelte per quelli che sono in primo luogo processi interni, l'ue metteva a disposizione le proprie competenze per i Paesi del Sud del Mediterraneo che abbiano la capacità e la volontà di avviare le trasformazioni necessarie per un cammino verso lo Stato di diritto, la giustizia sociale, il rispetto dei diritti umani e il pluralismo. Una prima risposta per poter affrontare le conseguenze a breve termine dei recenti eventi, è data dalle misure urgenti predisposte dall'unione europea: - stanziamento di 30 milioni di euro in aiuti umanitari per sostenere nell'immediato la popolazione libica e le popolazioni sfollate presso le frontiere tunisine ed egiziane; - agevolazione della cooperazione consolare e dell'evacuazione; - ricorso ai 25 milioni di euro del Fondo UE per le frontiere esterne e del Fondo europeo per i rifugiati; strumenti per sostenere l'italia, e se necessario altri Stati membri, nell'eventualità di un arrivo in massa di migranti dall'africa settentrionale; 11

12 - stanziamento di 17 milioni di euro per l'assistenza alla Tunisia, sia come sostegno alla società civile, sia in termini di assistenza per la transizione verso la democrazia e verso le elezioni; - misure restrittive verso il regime libico compreso il congelamento dei capitali. Per il medio-lungo periodo la Comunicazione congiunta indica, invece, come assoluta priorità la ridefinizione delle politiche UE nei confronti dei suoi partners. Importante, anche, l idea degli Stati Uniti per una sorta di piano Marshall per il mondo arabo, con gli aiuti economici ad Egitto e Tunisia pronti ad essere estesi ad altri paesi che adottino riforme democratiche, lanciata da Barak Obama nel suo atteso discorso (19 maggio scorso) volto a illustrare al mondo la nuova strategia degli Stati Uniti per le due aree travolte dall ondata delle rivolte popolari. Proposta poi accettata con la decisione del G8 del 26 maggio, circa il sostegno dello sviluppo dei Paesi arabi. E stata infatti chiesta una revisione dello statuto della Bers che estenda il mandato della Banca europea ricostruzione e sviluppo al Sud del Mediterraneo, oltre che all'est Europa. Il fondo (di cui non state fornite cifre) sarà al centro di un G7 finanziario ad hoc a Roma, a luglio, per poi ricevere una definitiva approvazione, in una successiva riunione in Francia entro fine anno. Il fatto preoccupante è però il contagio registratosi in altri paesi della zona in Medio Oriente: la Siria è sicuramente l esempio più eclatante, ma non bisogna dimenticare Libano e Giordania e non troppo lontano Iran, Yemen, Bahrein. Proprio in quest ultimo paese il CCG (Consiglio di Cooperazione del Golfo), pur presentandosi come un organizzazione regionale di tipo economico, ha recentemente inviato delle truppe militari per reprimere la rivoluzione popolare che stava iniziando a prendere forma. Da marzo in Siria le proteste sono diventate sempre più frequenti e hanno visto la partecipazione di sempre più persone. Le proteste si sono trasformate in disordini e la polizia ha cominciato a sparare ad altezza uomo!! E così è cominciato il conteggio dei morti e dei feriti di fronte ai quali il presidente Bashr Al Assad ha tentato di porre un argine prima annunciando la fine dello stato di emergenza (che era in vigore soltanto dal 1963 ), fino ad arrivare alle dimissioni del governo siriano. Ma nulla è valso a placare il popolo, nonostante la repressione 12

13 governativa senza precedenti, liste nere, arresti di massa. Non si sa con precisione quanti siano i morti, i feriti, i dispersi (c è chi parla di 600 morti, chi di 800, ma ancora peggio se si contano le persone arrestate: oltre 8000! Sempre da fonti non ufficiali). Tutto questo di fronte all indifferenza di tutti i Paesi: finalmente il 10 maggio il Consiglio dell Unione Europea ha approvato una serie di sanzioni contro la Siria: è stato imposto un embargo per armi e materiali che possano essere utilizzati per la repressione contro la popolazione, insieme al divieto dei visti e il congelamento dei beni. Queste ultime misure hanno riguardato inizialmente soltanto 13 funzionari pubblici ma non il presidente Assad! Per fortuna il 23 maggio a seguito di un accordo tra i ministri degli Esteri dell Unione europea, a questa prima tornata di sanzioni se ne sono aggiunte altre che hanno esteso il bando dei visti e il congelamento dei beni anche al Presidente Assad e ad altre 9 personalità del regime. In Giordania, re Abdallah vuole nuove riforme per combattere la corruzione e offrire opportunità ai giovani del paese, soprattutto nelle zone più povere. Anche il Bahrain spera di avviare subito riforme politiche in grado di soddisfare le richieste dei suoi cittadini. Gli Stati Uniti hanno invitato il re Hamad ad affrontare le lagnanze del suo popolo e ad aprire un dialogo serio con l'opposizione. Lo Yemen deve affrontare problemi economici e la minaccia delle cellule terroristiche di Al-Qaeda. Il regime del presidente Ali Abdallah Saleh ha fatto marcia indietro su una serie di questioni controverse. Ha ceduto alle pressioni per consentire ai manifestanti di protestare pacificamente e ha invitato l'opposizione ad avviare un dialogo. Ma il cambiamento deve venire solo attraverso le urne. La crisi politica nordafricana degli ultimi mesi ha distolto l attenzione internazionale dall Iran: sebbene non sia coinvolto direttamente nei cambiamenti e nei tumulti, sta acquisendo rapidamente un nuovo ruolo strategico all interno dello scacchiere mediorientale. Sono almeno due i fronti sui quali la Repubblica islamica punta a rafforzare la propria presenza sul piano geopolitico: il Golfo persico e il levante mediorientale. Per quanto riguarda il primo, avendo l onda d urto delle rivolte nordafricane raggiunto anche Stati arabi quali il Bahrain, il Kuwait e l Arabia Saudita, 13

14 si è creata l occasione storica per l Iran di esercitare la propria influenza tra i dissidenti sciiti di questi paesi, aumentandone così l instabilità politica. L avversità tra Teheran e i paesi arabi del Golfo ha infatti origini storiche: da un lato, è sempre presente l antagonismo identitario tra arabi e persiani; dall altro, resta forte la rivalità tra sunniti e sciiti, i primi al potere in tutte le monarchie arabe del Golfo persico, i secondi al potere nella repubblica islamica dell Iran. Per quanto invece concerne il levante mediorientale, la caduta di Mubarak ha aperto all Iran una nuova possibilità per ritrovare uno spazio da protagonista. Per Teheran infatti è l'occasione, dopo oltre trent anni di assenza di rapporti diplomatici, di stringere una nuova alleanza strategica con il Cairo. Il 24 maggio un'esplosione - costata la vita a quattro persone - si avvolge di un simbolismo che la rende molto più controversa di quel che dovrebbe. Il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, in visita a una raffineria di Abadan, ha azionato il sistema per inaugurarlo. Un botto improvviso, attimi di panico.e poi i morti. La stampa iraniana, controllata dal regime, ha minimizzato subito sottolineando come il presidente sia illeso e ritenendo responsabile dell'accaduto un petardo, così come successe nell attentato dell agosto del 2010: anche qui un petardo che in Iran ci siano i fuochi artificiali?? E la paura di questo contagio si diffonde anche in paesi apparentemente tranquilli. Incredibilmente, il gelsomino, fiore preso a simbolo dai contestatori in Nord Africa, è diventato un fiore pericoloso. In Cina, dove il gelsomino è uno dei fiori più diffusi usato spesso anche per profumare tè, cibi e marmellate e celebrato da una canzone popolare così famosa che alle Olimpiadi di Pechino del 2008 veniva intonata ogni volta che un atleta vinceva una medaglia, a partire da febbraio, quando i primi appelli a unirsi alla rivoluzione del gelsomino iniziarono a diffondersi in rete anche in tale paese, i caratteri cinesi usati per scrivere la parola gelsomino sono stati ripetutamente bloccati. Il governo si è rifiutato di dare spiegazioni sui divieti emessi contro il gelsomino e la costante censura esercitata dal regime sui media e su Internet ha fatto il resto: quasi nessuno in Cina sa che cos è stata la rivoluzione del gelsomino! 14

15 Ma neanche l Europa sta a guardare: l indignazione è contagiosa, soprattutto se si tratta di un disagio sociale che accomuna popoli mediterranei storicamente molto diversi tra loro. Si è passata dalla rivolta portoghese di marzo (passata in sordina), a quella spagnola degli indignados che hanno portato Zapatero alla sconfitta nelle elezioni amministrative, alla Grecia, che nella giornata del 26 maggio, è stata infiammata dai disperati e circa 7 mila persone si sono riversate nella piazza Sintagma di Atene: previste altre manifestazioni di protesta contro il nuovo piano di misure antisociali varato dal Governo greco. Gli sviluppi attesi sono che la primavera araba non si trasformi in un autunno arabo, ma ora, mai come prima, è difficile fare previsioni sul wind of change, così come l ha definito il Presidente Obama, il 19 maggio scorso, nel suo discorso sul Medio Oriente. 15

16 SONDAGGIO SUL NORD AFRICA TRA LE IMPRESE GENOVESI La Camera di Commercio di Genova ha avviato un sondaggio fra le imprese affinché il loro punto di vista potesse essere un primo step per la valutazione dei rapporti con il Nord Africa, in particolare con Marocco, Algeria, Tunisia, Libia e Egitto. E stato chiesto alle imprese di rispondere ad un breve questionario online (che garantisse assoluta privacy) dalle cui risposte fosse possibile comprendere meglio le dinamiche delle attività con l estero delle imprese, nonché valutare eventuali azioni di supporto in loro favore. Attraverso la consultazione di ITALIANCOM Registro degli operatori abituali operanti con l estero tenuto dalle Camere di Commercio seppure l aggiornamento sia ancora in corso - risulta che a fronte di 909 aziende genovesi iscritte, 154 abbiano dichiarato di avere rapporti con i paesi in questione. Da premettere che il registro ITALIANCOM è alimentato con il codice meccanografico codice statistico non obbligatorio che in base ad una circolare ministeriale del 2004 individua nuove caratteristiche dell attività definita internazionalizzazione e impone un obbligo di convalida annuale della propria posizione di operatore con l estero (attraverso procedure telematiche), peraltro non ancora attuata da tutte le Camere. La Camera di Commercio di Genova ha tuttora in corso le verifiche per il rispetto della circolare ministeriale, dato che ha attuato definitivamente il disposto del Ministero soltanto dal 2010 come da indicazioni di Unioncamere. I dati estratti da ITALIANCOM potrebbero quindi non essere definitivi ai fini dell indagine in corso. Le imprese genovesi che hanno risposto al questionario sono state in totale 28. Considerando i presupposti per i quali sono state poste le domande e analizzando le risposte ricevute, si riesce ad avere un quadro abbastanza preciso della situazione delle imprese rispetto ai loro rapporti con Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto e Libia. 16

17 Prendendo in esame la prima domanda, lo scopo era quello di capire che tipo di attività (e dunque di rapporti) avessero le imprese con il Nord Africa. Il sondaggio ha evidenziato che trattasi per la maggioranza di imprese di export (40,4%), il 14,9% ha indicato di avere filiali o per il 4,3% joint/partecipazioni e il 25,5% ha impianti in gestione o commesse pubbliche o private in corso, mentre le imprese importatrici sono l 8,5%. Tipologia dei rapporti passati La seconda domanda voleva individuare le possibili difficoltà delle imprese prendendo in considerazione l importanza (in termini percentuali) dell attività con i paesi in questione. Le prime due opzioni (100% e tra il 75%-100%) sono state fleggate dal 14,3% delle imprese che hanno risposto. Queste sono le aziende che, avendo concentrato tutta (o quasi) l attività in Nord Africa si trovano in maggiore difficoltà, visto lo stop causato dagli avvenimenti di questi mesi. In misura minore qualche difficoltà ci sarà anche per il restante 7,1% che ha dichiarato che opera per più del 50% dell attività in quelle zone. Fortunatamente più dei tre quarti delle imprese rispondenti si colloca al di sotto del 50%, con minori difficoltà di gestione della crisi, in particolare per il 46,4% che dichiara meno di un quarto delle sue attività in quelle zone. 17

18 Peso dei paesi La terza domanda è stata inserita per capire se gli operatori che erano già presenti sul territorio, e dunque avevano rapporti più o meno costanti con interlocutori locali, avessero potuto presagire quanto sarebbe avvenuto. Qui la percentuale di oltre il 50% delle imprese conferma di aver avuto sentore dei cambiamenti poi registratisi. In percentuali quasi pari, si dividono gli incerti e quelli che assolutamente non avevano previsto mutamenti. Cambiamento in atto 18

19 La quarta domanda voleva entrare nel dettaglio delle problematiche che le imprese hanno dovuto affrontare a seguito della rivoluzione del gelsomino. Le risposte previste volevano mettere in luce eventuali incertezze nel proseguimento/blocco dei lavori/rapporti (opzioni 1 e 2), o mancanza di interlocutori (da considerare in caso di appalti/commesse pubbliche, gli interlocutori di tali amministrazioni locali sono stati anche destituiti opzione 3) e che tali cambiamenti in generale potessero comportare ovviamente la necessità di riorganizzare completamente la propria rete di contatti (con costi e tempi incerti opzione 5). L opzione 4 indicava chiaramente le difficoltà finanziarie e dei pagamenti. Il 69,4% delle imprese lamenta soprattutto l incertezza, spalmando le risposte fra le prime tre opzioni. Soltanto il 17,7% lamenta esclusivamente problemi di solvibilità. Dunque le imprese sembrano più preoccupate di mantenere o trovare gli interlocutori giusti che di essere pagate. Il problema dei costi riguarda il 12,9% delle imprese rispondenti. Problemi creati dalla crisi sulle attività La quinta domanda aveva lo scopo di conoscere le opinioni delle imprese sui tempi di ripresa di rapporti stabili. Così come per analisti, economisti, politici, anche per le imprese è difficile fare previsioni, che le porta a non dare alcuna risposta sui tempi ed a scegliere l opzione generica del non so (34,6%). Il 46,2% si dichiara però ottimista fleggando la prima opzione che ha una previsione di ripresa nel brevemedio periodo. 19

20 Tempi di ripresa di rapporti stabili La sesta domanda è stata posta per capire le scelte future delle imprese nell area in questione. Il risultato più eclatante è quello che nessuna delle aziende genovesi ha scelto l opzione di abbandonare i mercati nordafricani, restando in attesa di riprendere i contatti. Il 32,4% ha comunque opzionato anche la scelta di cercare nuovi sbocchi. Da sottolineare che il 14,3% delle imprese che alla seconda domanda avevano risposto che la loro attività con i paesi del Nord Africa corrisponde al 100% e tra il 75%-100% rientrano nel 56,8% di imprese che resteranno ad operare lì nonostante tutto. Alcune di esse avevano valutato il rischio Libia medio-alto. 20

21 Conseguenze sulle attività Infine l ultima domanda con la quale veniva richiesto agli operatori di fare una valutazione di rischio paese. Premesso che, ovviamente non tutte le imprese lavorano con tutti e cinque i paesi presi in considerazione (quindi si presume che l opzione rischio nullo possa anche essere interpretata come incapacità dell impresa di fare una valutazione per mancanza di conoscenza diretta), emerge comunque una valutazione di rischio basso per il Marocco, medio per l Algeria e la Tunisia, medioalto per l Egitto e alto (come non potrebbe ) per la Libia. Valutazione del rischio 21

22 Libia Valutazione del rischio 22

23 Fonti: Rapporto Unioncamere 2011 Osservatorio permanente sulle economie della sponda sud del Mediterraneo News prospects for internationalisation Vol. II novembre 2010 Comunicazione della Commissione europea e dell'alto Rappresentante dell'unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza 8/3/2011 Esteri e la Politica di sicurezza Mediterraneo al centro della politica Rivista n. 1/2011 Centro In Europa Tribuna Economica ICE: rapporti economici e commerciali tra Italia e Paesi del Nord Africa 23/3/2011 Servizio Studi Dipartimento Affari Esteri Approfondimenti sulla crisi politica in Nord Africa e Medio Oriente 13/4/2011 Bollettino Economico Banca d Italia aprile 2011 Eurorasia Rivista di studi geopolitici articoli vari Quotidiani - vari Siti internet vari Settore Internazionalizzazione CCIAA di Genova Genova, 27 maggio 2011 ar 23

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