PSICOLOGIA DELL EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE

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1 SIPEF SOCIETÀ ITALIANA DI PSICOLOGIA DELL EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE PSICOLOGIA DELL EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE volume 9 Numero 3 anno 2007

2 SIPEF Società Italiana di Psicologia dell Educazione e della Formazione PSICOLOGIA DELL EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE Direttore responsabile: Giancarlo Tanucci Università degli Studi di Bari Direttore scientifico: Felice Carugati Alma Mater Studiorum Università di Bologna Comitato scientifico: Bianca De Bernardi Università di Verona Anne-Nelly Perret-Clermont Università di Neuchâtel Guido Sarchielli Alma Mater Studiorum Università di Bologna Vega Scalera, Università di Roma Tor Vergata Patrizia Selleri Alma Mater Studiorum Università di Bologna Segreteria di redazione: Roberto Baiocco Università di Roma La Sapienza Michela Cortini Università di Bari Laura Palmerio Università di Roma Tor Vergata Valeria Tortora Università di Roma Tor Vergata Alessandro Stirpe SIPEF segreteria@sipefitalia.net Editore: Aracne Editrice s.r.l. Via R. Garofalo, 133 a-b Roma Registrazione presso il Tribunale di Roma n. 12/2009 del 16/01/2009 ISSN: ISBN: Covered by PsycINFO PER ISCRIVERSI ALLA SIPEF Per iscriversi alla SIPEF è necessario inviare il proprio curriculum vitae a segreteria@sipefitalia.net all attenzione del Presidente Nazionale o del Presidente Regionale di pertinenza. Dopo l approvazione da parte del Consiglio Scientifico si potrà pagare la quota associativa annuale. 50,00 per i nuovi iscritti 78,00 per i rinnovi L iscrizione comprende: - Abbonamento annuale alla rivista Psicologia dell Educazione e della Formazione Aracne Editrice - Newsletter della SIPEF con contributi realizzati dai Soci e dalla Redazione Bonifico bancario n /31 intestato a: Società Italiana di Psicologia dell'educazione e della Formazione (SIPEF) c/o Banca di Roma Tesoreria Universitaria La Sapienza P.le Aldo Moro Roma Codice ABI 3002 Codice CAB Conto corrente postale n intestato a: Società Italiana di Psicologia dell'educazione e della Formazione (SIPEF) Via dei Marsi, 78 c/o Dip. Psicologia Sviluppo e Socializzazione Roma Per ricevere la newsletter della SIPEF dopo aver provveduto al versamento della quota, inviare una mail con i propri dati (indirizzo al quale si vuole ricevere la rivista ed per la newsletter) a: redazione@sipefitalia.net

3 INDICE volume 9 numero 3 anno 2007 Francesco Pisanu Franco Fraccaroli Gabriella Pavan De Gregorio Donatella Cesareni Francesca Martini Maria Serena Veggetti Vera Marzi Cesare Accattatis Il transfer dalla formazione al lavoro: modelli teorici e misurazione Processi cognitivi della lettura e prove di valutazione. Alcuni risultati degli studi internazionali IEA PIRLS sui bambini di scuola primaria Parte prima: Come si comprende il testo nell'indagine internazionale IEA PIRLS Secondo te abbiamo realizzato una comunità di apprendimento?. Le opinioni di studenti partecipanti ad un attività didattica in rete Processi cognitivi superiori e ansia: una possibile interferenza Pag Roberto Baiocco Recensione 101 Materiale informativo SIPEF 105

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5 Rivista di Psicologia dell Educazione e della Formazione 2007, Vol. 9, n. 3, Il transfer dalla formazione al lavoro: modelli teorici e misurazione Francesco Pisanu Franco Fraccaroli Dipartimento di Scienze della Cognizione e della Formazione Università di Trento Nell ambito della ricerca e dell attività applicativa nella Psicologia della Formazione degli ultimi decenni la tematica del transfer dalla formazione al lavoro ha vissuto una costante sottovalutazione. Questo contributo si inserisce all interno della tradizione di ricerca statunitense che ha prodotto una consistente mole di studi sui costrutti coinvolti nel processo di transfer e sulla loro applicazione nella realtà dei contesti di lavoro. Nello specifico, verranno presi in considerazione i principali modelli teorici presenti in letteratura e l unico strumento attualmente validato in una prospettiva crossculturale, il Learning Transfer System Inventory (LTSI). Le implicazioni organizzative, legate al rapporto tra formazione e apprendimento sui luoghi di lavoro, chiuderanno l ultima parte del lavoro. Introduzione 1 Negli ultimi decenni si è assistito ad un incremento costante dell interesse, da parte delle organizzazioni, nel divenire organizzazioni che apprendono, creando al proprio interno delle cosiddette corporate universities, delle famiglie professionali o delle comunità professionali, per 1 Nonostante il presente lavoro sia da intendersi come frutto di una riflessione condivisa tra gli autori, i primi due paragrafi, Introduzione e Valutazione della formazione e efficacia formativa possono essere attribuiti a Franco Fraccaroli, mentre i restanti paragrafi sono attribuibili a Francesco Pisanu.

6 8 F. PISANU, F. FRACCAROLI sviluppare maggiore proattività e partecipazione nella forza lavoro, nell affrontare programmi di formazione professionale e di apprendimento continuo. La globalizzazione e le continue innovazioni tecnologiche sono tra le principali ragioni che spingono le organizzazioni a migliorare l efficacia di tali proposte formative, per supportare una migliore performance nei luoghi di lavoro e allo stesso tempo per consolidare la competitività in un mercato sempre più instabile e dinamico. Nel contesto europeo, anche le indicazioni comunitarie vanno in questa direzione. Basti pensare alla gamma di progetti formativi di varia natura, finanziati attraverso il Fondo Sociale Europeo in questi ultimi anni, che hanno contribuito al consolidamento, ad esempio, del concetto di formazione continua come elemento essenziale per lo sviluppo delle persone, su basi soprattutto culturali ed educative (Bellini, Di Lieto, Morgagni, 2002). È facile immaginare come le organizzazioni, nel sistema pubblico così come nel settore privato, investano una significativa quantità di tempo e risorse finanziarie nella formazione professionale. Nel contesto statunitense, ad esempio, l insieme delle organizzazioni con più di cento dipendenti spendono complessivamente 58,6 miliardi di dollari ogni anno in programmi di sviluppo e formazione (Dolezalek, 2005). Cifra che si quadruplica se si prendono in considerazione anche le aziende di piccole dimensioni e i costi indiretti, legati alla formazione informale on the job (Holton, Bates, Ruona, 2000). Secondo l ultimo rapporto ISFOL, per focalizzare l attenzione sul contesto italiano, la spesa pubblica per la formazione professionale è quasi raddoppiata nel decennio , mentre la spesa pubblica complessiva per l istruzione e la formazione professionale rappresenta ormai, secondo le ultime rilevazioni, quasi il 5% del PIL (ISFOL, 2006). Molto spesso questo investimento non ripaga in termini di competenze acquisite e produttività. Negli Stati Uniti, in base a recenti rilevazioni empiriche, solo una percentuale che varia tra il 10 e il 15 per cento dei programmi di formazione professionale è caratterizzata da una ricaduta operativa consistente nei luoghi di lavoro (Burke, Baldwin, 1999). Questo basso livello nella performance formativa costringe molto spesso i professionisti delle risorse umane, o in genere gli organizzatori/progettisti di percorsi formativi, a delle faticose attività di legittimazione del proprio lavoro e delle attività da loro proposte, soprattutto in termini di procedure di valutazione di efficacia. Questo aspetto denota una scarsa attenzione per questioni multilivello (individuo, gruppo, organizzazione) nell analisi del processo formativo (Kozlowski, Salas, 1997), e focalizza un attenzione separata su due aspetti che in linea teorica dovrebbero costantemente integrarsi, cioè l efficacia formativa e lo sviluppo organizzativo.

7 IL TRANSFER DALLA FORMAZIONE AL LAVORO: MODELLI TEORICI E MISURAZIONE 9 L obiettivo principale del presente lavoro consiste, dunque, in un approfondimento sui più recenti sviluppi teorici e metodologici inerenti un aspetto fondamentale dell esperienza post-training che può supportare l integrazione tra i due aspetti precedentemente indicati, cioè il processo di transfer tra la formazione e il lavoro, allargandone la prospettiva anche a fasi pre-training e in-training. In prima battuta il training transfer è definibile come l uso delle capacità e delle competenze acquisite nella formazione per migliorare la prestazione nello specifico contesto di lavoro (Fraccaroli, 2007, p. 177). Come vedremo in seguito, il dibattito sul transfer ha vissuto una decisa impennata dalla fine degli anni 80, e oggi continua a rivestire un'importanza fondamentale per le organizzazioni. Nonostante il focus della ricerca sia stato prevalentemente su aspetti individuali, legati alla generalizzazione di apprendimenti e comportamenti dalla formazione ai contesti lavorativi, un altro ambito di rilievo è rappresentato dall'impatto della formazione sulla vita produttiva delle organizzazioni. Una prima parte della presente rassegna sarà, dunque, dedicata ai due a- spetti principali che fanno da sfondo al concetto di transfer, il primo legato al processo di valutazione della formazione e il secondo legato all efficacia formativa. Nella seconda parte si esplorerà in maniera più approfondita il concetto di transfer della formazione, seguendo principalmente le indicazioni provenienti dalla letteratura statunitense. A seguire, una terza parte sarà dedicata alla presentazione di due modelli di transfer: uno dei primi e più noti in letteratura, di Baldwin e Ford (1988) e un modello più recente di Holton e collaboratori (Holton et al., 2000). Una quarta parte focalizzerà l attenzione su modalità e strumenti di misura delle dimensioni del transfer, e in particolare verrà introdotto lo strumento diagnostico basato fedelmente sul modello di Holton e collaboratori, il Learning Transfer System Inventory (LTSI), di cui siamo intenzionati a proporre una versione italiana. Nella parte conclusiva si indicheranno le principali prospettive di ricerca e applicazione in questo ambito, con una rilettura di alcune tematiche classiche della formazione nelle organizzazioni, alla luce delle recenti acquisizioni teoriche e empiriche. Valutazione della formazione e efficacia formativa Per affrontare in maniera più chiara il concetto di efficacia della formazione, può risultare utile la distinzione tra valutazione formativa ed efficacia della formazione (Alvarez, Salas, Garofano, 2004). La valutazione formativa, soffermandosi su elementi micro del processo formativo, tende a cogliere i benefici del training a livello individuale e di piccolo gruppo. Essa può essere considerata come un approccio metodologico per rilevare gli esiti in termini di apprendimento e di modifica del comportamento lavorativo.

8 10 F. PISANU, F. FRACCAROLI L'efficacia formativa, abbracciando una prospettiva maggiormente macro, analizza il sistema formativo nel suo complesso e ne esamina le ricadute organizzative. L efficacia formativa prende in considerazione le caratteristiche individuali, del programma formativo e organizzative che influenzano il processo formativo prima, durante e dopo la formazione stessa. In sintesi, l'efficacia formativa si occupa del perché e del come i risultati conseguiti con la formazione sono stati ottenuti. Per quanto riguarda la valutazione formativa, Fraccaroli (2007) sottolinea come i primi livelli del classico modello di Kirkpatrick (1959), cioè la soddisfazione dei partecipanti nei confronti del programma formativo e gli apprendimenti individuali conseguiti, siano ancora privilegiati nella maggior parte dei disegni valutativi, mentre le analisi più approfondite, relative al cambiamento nel comportamento lavorativo e del livello organizzativo, continuano a rimanere episodiche e non sistematiche. Questa mancanza è attribuibile in buona misura a difficoltà nella definizione del costrutto e nella relativa mancanza di strumenti di rilevazione adeguati (Baldwin, Ford, 1988; Burke, Baldwin, 1999). La situazione italiana, con i dovuti distinguo, non si differenzia sostanzialmente da questo trend. Sempre in base al rapporto ISFOL, in riferimento alla gestione dei processi formativi intra-aziendali, il 64% delle aziende di piccole e medie dimensioni ha effettuato delle valutazioni degli effetti della formazione, soprattutto attraverso strumenti informali, mentre il 78% ha riscontato il trasferimento di conoscenze e abilità acquisite dall attività formativa ai luoghi di lavoro. Nonostante questi dati, non è, ad oggi, del tutto chiara la modalità di gestione di queste valutazioni e soprattutto l affidabilità degli strumenti informali utilizzati per i monitoraggi. La tendenza di questi ultimi anni, anche in seguito alla spinta degli obiettivi europei, è rappresentata principalmente da un enfasi sullo sviluppo di modalità di certificazione formale, ma statica, delle competenze, piuttosto che da un lavoro di consolidamento e standardizzazione delle metodologie di valutazione del passaggio tra la formazione e il luogo di lavoro. È questa, per centrare ancora l attenzione sul contesto italiano, la situazione descritta da una ricerca promossa da Isvor Fiat nel 2004, e realizzata in collaborazione con venticinque grandi aziende presenti in Italia in diversi settori economici (Vergeat, 2005). Anche in questo caso il focus delle attività di valutazione risulta sbilanciato verso la percezione di gradimento, seppur ad ampio raggio (utilità, docenti, organizzazione, dinamiche di aula, ambienti fisici, ecc.) e su poche verifiche degli apprendimenti, soprattutto per alcune tipologie di contenuti (come corsi di lingue e di informatica) e nelle iniziative di e-learning. Alcune aziende inseriscono un giudizio di valutazione

9 IL TRANSFER DALLA FORMAZIONE AL LAVORO: MODELLI TEORICI E MISURAZIONE 11 globale sulla formazione nelle indagini di clima, mentre non sono affatto valutati i ritorni economici della formazione (il cosiddetto ROI, Return of Investment). Questa breve ricognizione bibliografica tra le principali problematiche inerenti la valutazione della formazione e le sue applicazioni operative, sottolinea una necessità pressante. Cioè la riconfigurazione delle attività di training non come realtà chiuse e impermeabili ai fattori esterni, ma come complesse e dinamiche esperienze sociali e organizzative influenzate da numerose variabili pre-training e post-training che possono dirigerne il percorso e determinarne gli esisti. Le persone accedono ai momenti formativi non come delle lavagne vuote, ma con un patrimonio di conoscenze e abilità già acquisito nell esperienza di lavoro e in precedenti programmi formativi. In più, molto spesso, l attività lavorativa e formativa procedono di pari passo, anche per brevi periodi di tempo, ed è facile intuire le reciproche influenze e integrazioni, molto spesso tacite, tra queste due realtà. Il termine dell attività formativa coincide con un ritorno al lavoro, nel quale la costante interazione con i colleghi, i superiori e il personale esperto, gli scambi con i clienti e gli utenti, ma anche l interazione con supporti tecnologici di vario tipo, comporta costanti processi di apprendimento e di cambiamento (si veda a questo proposito l approccio di matrice sociologica denominato practice-based studies ; ad esempio Gherardi, 2006). Le attività formative istituzionalizzate vengono frequentemente considerate come esclusivamente basate sulla teoria, e quindi come processi astratti, generali e formali, spesso difficili, per gli individui in formazione, da utilizzare nei contesti di lavoro. Dall altra parte, gli apprendimenti basati sulle pratiche lavorative, considerati più concreti, specifici e informali, hanno maggiori possibilità di essere applicati immediatamente nel lavoro quotidiano (si veda a questo proposito l approccio Workplace Learning ; ad esempio Illeris, 2003). La necessità di una terza via tra apprendimenti formali e istituzionalizzati e apprendimenti legati al lavoro è sempre più sentita nella letteratura di settore. Illeris (2004), in base a questa prospettiva, propone un modello interpretativo dedicato alla formazione nei luoghi di lavoro composto da tre dimensioni generali disposte agli estremi di un triangolo: le caratteristiche individuali (relative al processo di apprendimento), organizzative (in termini di caratteristiche tecniche e sociali del lavoro) e il processo formativo (in una visione olistica nella quale la dimensione individuale è continuamente connessa a multipli contesti sociali e lavorativi). I tre vertici del triangolo non sono da intendersi in termini isolati o di contrapposizione reciproca. La terza via si situa proprio nelle continue interconnessioni tra queste dimensioni, che vanno a caratterizzare un processo complesso di acquisizione delle competenze nelle organizzazioni, che integra, ad esempio, processi cognitivi e risorse psicosociali, analisi delle persone e partecipazione a

10 12 F. PISANU, F. FRACCAROLI gruppi di lavoro, struttura degli interventi formativi e clima e cultura organizzativi. Se il contributo di Alvarez et al. (2004), citato in precedenza, traccia delle precise connessioni tra l efficacia formativa e il training transfer, il contributo di Sonnentag, Niessen e Ohly (2004) può essere altrettanto valido per chiarire i confini tra l azione organizzativa, in termini di sviluppo delle risorse umane al suo interno, e l efficacia formativa. Declinando le attività di training e di sviluppo rispetto al grado di formalità versus informalità dell attività di apprendimento, Sonnentag e colleghe sottolineano come l apprendimento non sia semplicemente una diretta conseguenza dell attività svolta nei luoghi istituzionalmente deputati all insegnamento, ma una questione di continui e complessi rimandi tra la formalità dei contenuti dell aula e le potenzialità di sviluppo dei luoghi di lavoro. Questo contributo può essere, dunque, un ottimale road-map, per i professionisti e per i ricercatori, per evitare facili dicotomie e contrapposizioni. Il training, secondo questa prospettiva, è rivolto tendenzialmente al qui ed ora del compito, mentre le attività di sviluppo sono concepite in una prospettiva di crescita dell individuo a medio e lungo termine. Le attività formali sono frutto di una precisa proposta progettuale da parte dell organizzazione, mentre quelle informali hanno spesso origine dalle pratiche quotidiane non pianificate di lavoro e relazione a livello individuale e di gruppo. Nella tab. 1 vengono indicati gli esiti di questi incroci. A questo punto è opportuno chiedersi quanto dell efficacia formativa e del relativo transfer sia esclusivamente riconducibile all attività formativa stessa o se ci possano essere degli effetti congiunti provenienti da situazioni non completamente pianificate. Tabella 1. Incroci tra attività di training e sviluppo in modalità formale e informale. Adattata da Sonnentag, Niessen e Ohly (2004, p. 253). Fonte: Fraccaroli (2007). TRAINING SVILUPPO FORMALE INFORMALE 1. Partecipazione ad attività formative (corsi, seminari, workshop, ecc.) 2. Socializzazione organizzativa e adattamento a nuovi ruoli 3. Programmi di sviluppo di carriera (counselling, mentoring, coaching, rotazione compiti; «feedback a 360 gradi») 4. Apprendimento continuo

11 IL TRANSFER DALLA FORMAZIONE AL LAVORO: MODELLI TEORICI E MISURAZIONE 13 Visto in questa prospettiva, il processo formativo non risulta più un attività fine a se stessa, limitata nel semplice processo di acquisizione di nuove conoscenze e abilità, bensì come un attività costantemente a contatto con altri processi di confine, come la socializzazione organizzativa, i programmi di sviluppo di carriera, le attività di mentoring e l apprendimento continuo che sarebbe utile comprendere nel processo più ampio di valutazione dell efficacia delle attività formative. Come sottolineato da Sarchielli (2003), la formazione può essere interpretata come uno strumento strategico di gestione delle risorse umane nelle organizzazioni, garantendo non solo una funzione di mantenimento della qualità e quantità delle prestazioni professionali, ma anche e soprattutto supportando il processo di socializzazione organizzativa e di motivazione al lavoro. Essa, essendo fortemente condizionata dai vincoli e dalle risorse, dal clima e dalla cultura, dalla struttura e dal sistema sociotecnico dell organizzazione, può favorire lo sviluppo di abilità e competenze, ma può anche divenire un elemento chiave nello strutturarsi del contratto psicologico tra lavoratore e organizzazione. Da questo punto di vista, il transfer può essere considerato come uno snodo fondamentale non solo, e non tanto, per un monitoraggio di tipo econometrico degli output formativi, ma anche e soprattutto come strumento che, integrando i livelli individuo-gruppoorganizzazione, può rivelarsi un facilitatore dello sviluppo organizzativo. Il transfer della formazione Per rispondere alla carenza di una letteratura teorico-empirica di rilievo su questi aspetti fortemente strategici per le organizzazioni, dalla seconda metà degli anni 80, una serie di studi in ambito statunitense ha cercato di focalizzare l attenzione sulla gamma dei fattori del processo formativo che influenzano la performance individuale e organizzativa. Questi studi hanno riproposto l attenzione sul concetto di transfer della formazione, non nuovo nella tradizione degli studi sull apprendimento nella psicologia di matrice cognitiva, ma con, all epoca, un basso impatto operativo nell attività dei professionisti della formazione impegnati a massimizzare gli effetti positivi della formazione nei contesti organizzativi (Baldwin, Ford, 1988). Il transfer della formazione può essere definito come la misura in cui un soggetto che ha seguito una attività formativa, applica effettivamente le nuove conoscenze, abilità e competenze nel proprio lavoro (Tannenbaum, Yukl, 1992, p. 420). Come sottolineano Baldwin e Ford (1988), il transfer formativo è qualcosa di più del semplice prodotto dell apprendimento stimolato da un programma formativo. Per realizzarsi pienamente, i comportamenti appresi devono essere contestualizzati nel luogo di lavoro e protratti, in una sorta di

12 14 F. PISANU, F. FRACCAROLI processo di consolidamento, per un certo periodo di tempo nel procedere dell attività lavorativa successiva ai percorsi di formazione professionale (Broad, Newstrom, 1992). Dal 1988, anno di una prima sistemazione organica della letteratura teorico-empirica su questo tema da parte dei due ricercatori americani, si è sviluppata una mole di ricerche consistente che ha portato ad una migliore comprensione dei meccanismi e dei fattori che caratterizzano ed influenzano il transfer della formazione. Oltre al lavoro di Baldwin e Ford, anche quelli successivi di Ford e Weissbein (1997), e più recentemente di Holton e collaboratori (2000), hanno dato preziose indicazioni a riguardo. Buona parte della ricerca sul transfer, secondo questi lavori, si è concentrata sugli elementi di progettazione della formazione, cioè sul training design (Warr, Bunce, 1995). Un secondo filone ha focalizzato la propria attenzione sui fattori presenti nei contesti organizzativi che influenzano le abilità e le opportunità individuali nel processo di transfer (Tracey, Tannenbaum, Kavanaugh, 1995). Una terza corrente ha studiato le differenze individuali che influenzano la natura e il livello del transfer (Gist, Stevens, Bavetta, 1991). Recentemente, un quarto filone si è aggiunto ai precedenti, sviluppando indicatori e strumenti di rilevazione per misurare il transfer e i suoi antecedenti sui luoghi di lavoro (Holton et al., 2000). In quasi un ventennio di riflessione teorico-empirica, il transfer è stato considerato con differenti accezioni e declinazioni. Mantenendo ferma la rappresentazione processuale, che è stata sempre presente, anche nelle raffigurazioni maggiormente basate sul trasferimento di informazioni che sulla trasformazione delle stesse nel passaggio tra formazione e lavoro, l attenzione sul transfer si è principalmente rivolta alla definizione del costrutto e delle relative dimensioni coinvolte e solo in seconda battuta su a- spetti legati alla misura e alla validazione, anche cross-culturale, di strumenti di misura, e all applicazione di questi elementi nella realtà organizzativa. L impressione recente, espressa da alcuni ricercatori statunitensi, è che un enfasi eccessiva sulla definizione del costrutto ha allontanato, paradossalmente, la modellizzazione teorica dalla prassi e realtà organizzativa. Concordiamo con l invito di Holton e Baldwin (2003) ad una maggiore propensione action-oriented della ricerca empirica: i ricercatori che hanno studiato il transfer della formazione non si sono focalizzati sufficientemente sugli interventi per migliorare questo processo nelle organizzazioni [ ] i tempi sono quindi maturi per strategie di ricerca maggiormente orientate all azione (Holton, Baldwin, 2003, p. 3). Questa raccomandazione risulta più pressante se si pensa alle cifre precedentemente esposte sui livelli di transfer dichiarati dalle organizzazioni. Sempre Holton, in collaborazione con Chen e Naquin (2003), afferma come questi bassi livelli di transfer non

13 IL TRANSFER DALLA FORMAZIONE AL LAVORO: MODELLI TEORICI E MISURAZIONE 15 dipendano semplicemente dalla carenza di attività di supporto organizzativo, ma anche da un apparentemente semplice problema di misura, che può portare a riconoscere delle tracce di transfer quando in effetti non è presente (fermandosi, ad esempio, ad una semplice valutazione degli apprendimenti o del gradimento dei percorsi formativi), oppure a non valutare le effettive ricadute dei percorsi formativi alla prova dei contesti di lavoro. Ancora Holton, questa volta in collaborazione con Bates e Ruona (Holton et. al., 2000), sostiene come la tendenza all utilizzo sempre più frequente di scale personalizzate in base alle caratteristiche del contesto di ricerca, provochi una serie di problemi per quanto riguarda la generalizzabilità dei risultati, e in seconda battuta sulla bontà delle caratteristiche psicometriche delle scale stesse, che spesso difettano di una validazione dei costrutti ipotizzati. Obiettivo del presente lavoro sarà proprio questo focus integrativo tra una maggiore chiarificazione delle componenti del costrutto evidenziate dalla letteratura, e delle relative misure che solo recentemente hanno iniziato un processo sistematico di validazione. Modelli di transfer della formazione Il modello di Baldwin e Ford Secondo Lim e Morris (2006), la tradizione di ricerca in questo ambito si è consolidata maggiormente sulla definizione del costrutto e su una precisa modellizzazione, più che in riferimento a teorie generali sul transfer. Kirwan e Birchall (2006) forniscono una lista dei modelli più noti di training transfer presenti in letteratura, con le caratteristiche principali di ogni modello e i punti di forza e di debolezza di ciascuno, così come riportato nella tab. 2. Come si può notare dalla tabella, uno dei modelli più noti in letteratura è quello proposto dai già citati Baldwin e Ford nel In seguito ad una comprensiva analisi della letteratura all epoca disponibile, i due ricercatori americani hanno sviluppato un costrutto di transfer della formazione composto dalle seguenti dimensioni principali. a) Caratteristiche del soggetto in formazione (trainee characteristics), come tratti di personalità, abilità pregresse, livello di trainability, fattori motivazionali. Secondo Baldwin e Ford (1998), sono proprio i fattori motivazionali, tra quelli individuali, a dare origine agli effetti positivi più consistenti nel processo di transfer. Kozlowski e Salas (1997) includono tra i principali fattori motivazionali presenti in letteratura la trainee confidence (Ryman, Biersner, 1975), il job involvement (Rouiller, Goldstein 1993), le selfexpectancies (Cannon-Bowers, Salas, Converse, 1990) e la self-efficacy (Bandura, 1994).

14 16 F. PISANU, F. FRACCAROLI b) Caratteristiche della progettazione formativa (training design), come i principi dell apprendimento utilizzati per la struttura didattica del programma formativo, la sue sequenza e i contenuti. Da questo punto di vista, un a- spetto importante sottolineato da Kozlowski e Salas (1997) è l integrazione tra caratteristiche nella struttura della formazione individuale e di quella di gruppo, in un ottica multilivello, nella quale lo sviluppo individuale influisce sullo sviluppo di gruppo e viceversa (Salas, Dickinson, Converse, Tannenbaum, 1993). Tabella 2. Modelli di training transfer (adattata da Kirwan e Birchall, 2006). Modello Caratteristiche principali Punti di forza Punti di debolezza Baldwin e Ford (1988) Broad e Newstrom (1992) Kozlowski e Salas (1997) Machin (2000) Thayer e Teachout (1995) Colquitt et al. (2000) Panoramica sulle caratteristiche del transfer Identifica il contributo del formando, del trainer e del supervisore nel processo di transfer Indica gli effetti del transfer a livello individuale, di gruppo e organizzativo Indica gli effetti del transfer su differenti livelli e collega gli esiti del tranfer con gli esiti della formazione Include una serie di fattori discussi in letteratura Una meta-analisi dei principali fattori legati al formando presenti in letteratura Chiarezza Focus su aspetti applicativi Riconosce la complessità del transfer e le relazioni tra differenti livelli Integra un approccio multi-livello e indica relazioni tra input e output del modello Individua i fattori a livello organizzativo che influenzano i risultati a livello individuale Identifica interazioni tra i fattori che influenzano il transfer; copertura ottimale dei fattori riferiti al formando Molto generale; riferimenti poco specifici sulle interazioni tra le dimensioni Concentra poche spiegazioni sul processo di transfer Manca un approfondimento sui fattori legati al tranfer Sviluppato per contesti molto specifici (gruppi di lavoro nell aviazione) Nessuna indicazione sulla consistenza dei fattori e/o delle interazioni tra essi Non include fattori legati al training design

15 IL TRANSFER DALLA FORMAZIONE AL LAVORO: MODELLI TEORICI E MISURAZIONE 17 c) Variabili di contesto riferite all ambiente di lavoro (work environment), come un clima organizzativo supportivo, particolari stili di comunicazione con i supervisori, possibilità e opportunità nell utilizzo delle conoscenze e delle abilità durante il lavoro, definizione di obiettivi post-training e presenza di feedback. La dimensione legata alle caratteristiche sociali supportive dei luoghi di lavoro è quella che sta riscuotendo maggiore interesse nei recenti sviluppi della letteratura sul transfer, soprattutto nella chiarificazione del concetto di transfer climate (Tracey, Tannenbaum, Kavanagh, 1992), nelle potenzialità del supporto dei supervisori (van der Klink, Gielen, Nauta, 2001) e dei colleghi di lavoro (Russ-Eft, 2002), nella disponibilità di un mentore e nella percezione positiva dei propri risultati (Holton, 1996). Questo modello, come evidenziato in fig. 1, intende spiegare il processo di transfer attraverso 3 fasi: (1) input del processo formativo; (2) output del processo formativo; (3) condizioni del transfer. La fase di input del processo formativo include il design del programma formativo, le caratteristiche del soggetto in formazione e le caratteristiche del contesto organizzativo. Gli esiti della formazione si riferiscono all apprendimento derivante dalla partecipazione più o meno attiva ad un programma formativo, e alla ritenzione dello stesso apprendimento al termine del completamento del programma di formazione. Nelle condizioni del transfer le dimensioni che influenzano il processo sono comprese nella generalizzazione dell apprendimento nel contesto di lavoro e nel mantenimento del materiale appreso per un certo periodo di tempo, sempre in una situazione on the job. Figura 1. Modello del transfer della formazione proposto da Baldwin e Ford (1988).

16 18 F. PISANU, F. FRACCAROLI Questo insieme di differenti input è considerato come principale influenza nell apprendimento e nella ritenzione, che a loro volta influenzano direttamente la generalizzazione e il mantenimento. Le caratteristiche del formando e del contesto di lavoro influenzano la generalizzazione e il mantenimento, anche al di fuori di qualsiasi influenza dall attività formativa di per se stessa. Sono proprio le implicazioni delle relazioni tra questi fattori ad aver diretto l attenzione dei ricercatori, secondo Kozlowski e Salas (1997), verso una concettualizzazione del transfer più sistemica e dinamica. Il modello di Holton e collaboratori Un modello più recente è quello proposto da Holton e collaboratori (2000), sviluppato per indirizzare il focus della ricerca in questo ambito oltre una semplice fase descrittiva delle caratteristiche del costrutto del transfer, cioè per investigare come questi fattori possano essere effettivamente gestiti e modificati (Holton, Baldwin, 2003). Un aspetto rilevante, nella concettualizzazione di Holton e dei suoi collaboratori, è un esplicito riferimento a quello che loro definiscono transfer system, cioè l insieme dei fattori individuali, del programma formativo e dell organizzazione che influenzano il transfer sui luoghi di lavoro (Holton et al., 2000). Questo modello, marcatamente action-oriented, è basato su un framework teorico precedentemente sviluppato da Holton sulla valutazione dello sviluppo delle risorse umane nelle organizzazioni (Human Resources Development Research and Evaluation Model, Holton, 1996). La struttura generale di questo modello prevede che gli esiti di un processo formativo siano strettamente legati alle capacità degli individui, al livello motivazionale e alle influenze del contesto organizzativo. Queste tre dimensioni sono considerate su tre livelli: l apprendimento, la performance individuale e la performance organizzativa. Una dimensione ulteriore, definita dagli autori come influenze secondarie, rappresentate da caratteristiche di auto-efficacia percepita e dalla prontezza percepita dal soggetto nell intraprendere il percorso formativo, è considerata come direttamente correlata al livello motivazionale. La fig. 2 riassume le caratteristiche principali del modello. Dimensione Capacità Partendo dalla parte bassa dello schema, la dimensione capacità racchiude l insieme delle opportunità nell utilizzo di capacità personali nel transfer, la validità di contenuto del processo formativo e la relativa utilità

17 IL TRANSFER DALLA FORMAZIONE AL LAVORO: MODELLI TEORICI E MISURAZIONE 19 percepita dal soggetto, il design proposto per il transfer e la possibilità di mettere in pratica successivamente gli apprendimenti sul luogo di lavoro. Per quanto riguarda la possibilità di utilizzo degli apprendimenti, una serie di ricerche hanno suggerito come il livello di opportunità messe a disposizione dall organizzazione agli individui, per l utilizzo dei nuovi apprendimenti sul lavoro, può influenzare il transfer (Baldwin, Ford 1988). Alcune ricerche hanno dimostrato la presenza di differenze sistematiche nella tipologia di queste opportunità, e che caratteristiche individuali e contesto di lavoro sono connessi a tali differenze (Ford, Quiñones, Sego, Sorra, 1992). Per semplificare, generalmente le opportunità messe a disposizione degli individui variano in maniera considerevole da organizzazione a organizzazione, ma una situazione supportiva per il transfer è quella in cui le opportunità sono tarate sulle caratteristiche del percorso formativo appena concluso, sulle caratteristiche individuali e sul contesto di lavoro. Un esempio di Holton et al. (2000) descrive in maniera ottimale questa mancanza di opportunità: un contabile, al rientro da un percorso di aggiornamento per un nuovo sistema gestionale, confida ai suoi colleghi che il nuovo sistema non funzionerà all interno della loro cultura organizzativa (Holton et al., 2000, p. 333). Una variante di questo esempio può essere una situazione in cui, una volta concluso il percorso di formazione sul nuovo sistema, il nuovo sistema non venga effettivamente utilizzato a supporto dell attività organizzativa, ma venga preferito il precedente, perché percepito come più vicino alla cultura organizzativa da parte dei lavoratori. Un altro aspetto di rilievo è la percezione di utilità dei contenuti, da parte dei formandi, del percorso formativo proposto, cioè il fatto che ci sia una precisa corrispondenza tra i contenuti e le richieste del lavoro. Molti studi hanno ipotizzato questo legame (Baldwin, Ford 1988), ma minori sono state le ricerche empiriche a proposito. Ad e- sempio gli studi sugli aspetti motivazionali della formazione hanno indicato come la motivazione sia strettamente legata alla percezione di utilità da parte dei partecipanti, cioè che la formazione sia in grado di migliorare la qualità della performance lavorativa o che possa consentire futuri avanzamenti di carriera (Facteau, Dobbins, Russell, Ladd, Kudisch, 1995).

18 20 F. PISANU, F. FRACCAROLI Figura 2. Modello di transfer della formazione proposto da Holton et al. (2000). Come fa notare Holton (2003), queste caratteristiche possono rivelarsi, in alcuni casi negativi, un ostacolo sul lavoro o durante il processo formativo. Due fattori principali, secondo Holton, possono influire negativamente sulla capacità di utilizzo degli apprendimenti: la carenza di opportunità fornite dall organizzazione nel mettere in pratica gli apprendimenti on the job e la carenza di una capacità personale, riferita principalmente ai processi cognitivi, come supporto allo stesso processo. Su questo ultimo punto, Ford, Smith, Weissbein, Gully e Salas (1998) indicano come siano principalmente le strategie di apprendimento e l attività metacognitiva a influire sull acquisizione di nuova conoscenza e sulla qualità della relativa competenza esperta sui luoghi di lavoro.

19 IL TRANSFER DALLA FORMAZIONE AL LAVORO: MODELLI TEORICI E MISURAZIONE 21 Dimensione Contesto Il raggruppamento dei fattori di contesto (che sostanzialmente è rappresentato dalle caratteristiche sociali e organizzative dell ambiente di lavoro) è caratterizzato da un coaching a supporto della performance, da un supporto dei supervisori, dalle sanzioni dei supervisori, dal supporto tra pari, dalla resistenza o apertura al cambiamento e dai risultati personali positivi e negativi. Il supporto è considerato da molti autori come lo snodo principale per l utilizzo degli apprendimenti nei luoghi di lavoro (Rouiller, Goldstein 1993). Il concetto non è nuovo nella letteratura sulla formazione, ma più recentemente Pea (1987) ha sostenuto un concetto interessante, la cultura del transfer, riferito al supporto per l apprendimento da parte dei supervisori e dei pari, essenziale per integrare lo sviluppo individuale supportato dalla formazione, con i cambiamenti nell intero sistema organizzativo. L evidenza empirica in questo ambito ha dimostrato come tali fattori possano rivelarsi delle vere e proprie barriere, nei casi negativi, nel mettere in pratica gli apprendimenti sul luogo di lavoro (Mathieu, Tannenbaum, Salas, 1992). Tre tipologie di fattori sono centrati nella relazione tra lavoratori e supervisori: il feedback e il coaching a supporto di un buon utilizzo degli apprendimenti, il supporto socio-emotivo nell utilizzo degli apprendimenti e il livello di limitazione che i supervisori mettono in atto nell utilizzo di nuova conoscenza e expertise da parte dei lavoratori. Due fattori si riferiscono al gruppo di lavoro: il supporto tra pari nell introduzione di nuovi approcci e il grado in cui le norme di gruppo sono aperte ai cambiamenti. Due fattori, infine, sono ricondotti al sistema di ricompense posto in essere dall organizzazione e riguardano la percezione di positività o negatività dei risultati ottenuti da parte degli individui. Dimensione Motivazione Il raggruppamento dei fattori motivazionali riguarda la motivazione al transfer, lo sforzo nel transfer, le aspettative sulla performance e le aspettative sui risultati. In questo modello la motivazione ha due componenti principali: una è riferita al grado in cui i lavoratori confidano nel cambiamento sollecitato dal loro impegno, e la seconda crea uno stretto legame tra l ottenimento di risultati più significativi e il cambiamento nella performance (Facteau et al., 1995). Un aspetto interessante nella dimensione motivazionale è rappresentato dal ruolo giocato dalla motivazione pre-training (Mathieu et al, 1992). La motivazione pre-training viene considerata come strettamente legata alla qualità dell apprendimento sviluppato durante il percorso formativo, e so-

20 22 F. PISANU, F. FRACCAROLI prattutto alla qualità della performance successiva alla formazione, nei luoghi di lavoro (ibidem, 1992). Nello specifico, i formandi che percepiscono la formazione come rilevante manifestano un alto livello di trasferimento immediato delle conoscenze e delle abilità sui luoghi di lavoro (Axtell, Maitlis, Yearta, 1997). Dimensione Influenze Secondarie Il raggruppamento di fattori influenze secondarie include due fattori che influenzano la motivazione: la prontezza degli individui in formazione, che è legata al bisogno, da parte dell organizzazione, di preparare al meglio gli individui per una maggiore significatività dell esperienza formativa (Warr, Bunce, 1995); l auto-efficacia percepita dagli individui sulla performance, o la loro convinzione di poter utilizzare gli apprendimenti per cambiare il proprio livello di performance. Come si può notare, si tratta di un modello più sofisticato del precedente, nelle intenzioni onnicomprensivo, visto che cerca di prendere in considerazione i complessi rapporti tra fattori personali (the learners), caratteristiche della formazione (the learning event) e dell organizzazione (the organizational context) che influenzano il transfer. Lo stesso Holton, già dalle prime formulazioni del suo modello (Holton, 1996), ammetteva come il modello descrivesse una singola sequenza delle influenze sugli esiti del transfer in un unica esperienza formativa, senza indicare meccanismi di feedback che potessero influenzare una sequenza successiva. Come fanno notare Kirwan e Birchall (2006), questo punto potrebbe essere una delle direzioni di sviluppo e di potenziamento delle euristiche del modello. Un altro aspetto poco evidenziato nel modello, e in genere nella maggior parte dei modelli presenti in letteratura (e sicuramente tra quelli presentati in tab. 2), è caratterizzato dalla mancanza di specifiche sui rapporti e le interazioni tra fattori facenti parte della stessa dimensione, come ad esempio i fattori della dimensione contesto (Kirwan, Birchall, 2006). Una caratteristica interessante del modello, sottolineata da Holton e Baldwin (2003), è il riferimento più complesso alla nozione di soggetto in formazione: in questo concetto vengono compresi individui singoli e gruppi in una sorta di processo circolare, nel quale il formando è sia una fattore di input in un determinato tempo 1, all inizio del processo formativo, apportando le proprie caratteristiche individuali o di gruppo, ma è anche un unità del modello che può essere configurata in base alla dinamica del modello stesso. Questo modellamento avviene principalmente attraverso attività di supporto, dai supervisori o dai pari, a livello individuale, di gruppo e organizzativo,

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