Proposte per i principi della cognizione e per gli strumenti che consentono di esprimerli

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1 Proposte per i principi della cognizione e per gli strumenti che consentono di esprimerli Devis Pantano * Draft Versione Settembre 2015 Presentazione Le idee esposte in questa monografia sono parte di un lavoro di riflessione ed analisi che mi ha richiesto quasi tre decenni. Le propongo ora alla comunità scientifica per una valutazione obiettiva. Ritengo di avere ottenuto risultati significativi sui fondamenti dei processi cognitivi. Uno dei risultati che emerge da questo lavoro è che il motivo per il quale ancora non sappiamo come funziona la cognizione non dipende dall eccessiva complessità dei fenomeni coinvolti, ma dal fatto che sono mancati gli strumenti concettuali e metodologici corretti per affrontare il problema. È un po come se si cercasse di edificare la fisica senza il concetto di numero, o se si cercasse di comprendere l origine delle specie senza aver compreso il meccanismo di selezione naturale. Credo che alcuni dei concetti che sono utilizzati nella fondazione della logica e dell informatica teorica non siano del tutto corretti, ma siano anzi in parte fuorvianti poiché inducono a sviluppare dei modelli mentali che, se pur funzionali per molti compiti, impediscono di cogliere nella corretta prospettiva alcuni aspetti essenziali dei fenomeni cognitivi. Sono riuscito a formulare alcuni strumenti che si sono dimostrati particolarmente efficaci. Grazie ad essi mi è stato possibile identificare alcuni principi generali che appaiono governare la totalità dei processi cognitivi. Con questi principi sono riuscito a descrivere un modello potenzialmente completo di sistema cognitivo. Combinando questi modelli e i recenti risultati ottenuti nel campo dell apprendimento automatico (deep-learning) mi è stato possibile stendere il progetto per la realizzazione di un sistema di intelligenza artificiale. Le spiegazioni che propongo possiedono i requisiti dell approccio razionale riduzionista. Non sto esponendo una teoria filosofica che si basa solo su * Per commenti, critiche, ed informazioni mi si può contattare al seguente indirizzo: devis.pantano@unipd.it 1

2 qualche intuizione. Non demando a concetti e a spiegazioni che non siano ben descrivibili nel dettaglio in termini computazionali. Tutti i processi che descrivo o ai quali faccio riferimento appaiono riproducibili con metodi noti. Le idee esposte sono globalmente molto promettenti; tuttavia so per esperienza che spesso gli errori si nascondono nei dettagli e non posso escludere di averne commessi. Quelle che qui propongo sono, almeno per ora, solo delle proposte teoriche. Devo anticipare che scrivere libri sicuramente non è il mio mestiere. Chiedo quindi al lettore di portare pazienza se in alcuni punti la lettura non è scorrevole. Per un introduzione generale si veda il primo capitolo. Esorto il lettore che avesse delle domande, delle richieste di informazioni o di chiarimenti, delle perplessità o delle critiche da rivolgermi, a non esitare a scrivermi al seguente indirizzo: devis.pantano@unipd.it Copyright 2014 Devis Pantano All rights reserved. 2

3 Sommario 1 Capitolo introduttivo E possibile identificare dei principi generali per la cognizione? Alcune prime anticipazioni sui principi fondamentali della cognizione Primo principio: i limiti fondamentali del conoscibile e il concetto di struttura Secondo principio: cosa sono le regole Terzo principio: criterio di emergenza Un primo sguardo all interno di un sistema cognitivo Simulare il mondo in modo davvero efficace: la necessità di stratificare rappresentazioni esplicite Alcuni concetti sulla forma delle regole emergenti Cosa avviene all interno del ciclo percezione-azione? Alcuni punti sull analisi di struttura Reti neurali ed analisi di struttura Esistono valide alternative alle rappresentazioni simboliche? Introduzione Come possiamo comunicare? Un alternativa ai simboli Le rappresentazioni costrutturate e le simulazioni Sui limiti fondamentali del conoscibile Prima congettura di riferimento Alcune note di approfondimento Alcuni note tecniche sull uso dei simboli Strutture di prima specie, Operazioni fondamentali sulle strutture, Schemi Introduzione: Il problema del confronto Una metodologia per la rappresentazione delle strutture di prima specie L insieme delle parti Il sistema di distinguibilità interna tra le parti Primi punti sul complesso delle relazioni esterne Strutture derivate Le principali operazioni di derivazione strutturale Le porzioni di struttura Le strutture quozienti Operazioni di morfismo Ancora sul problema del confronto Proprietà e relazioni strutturali non autonome Indistinguibilità per scambio di elementi strutturali corrispondenti Qualche nota di approfondimento sui grafi Sulle proprietà e relazioni strutturali emergenti dopo le operazioni di quoziente Sulle rappresentazioni strutturali usate in fisica Due congetture interessanti Operazioni di computo fondamentali e strutture di seconda specie: gli schemi Funzione di memoria Operazione di confronto Operazione di movimento lungo una struttura (di trasporto di informazione) Operazione di copia di elementi strutturali

4 Operazione di associazione simbolica funzionale Coincidenza tra operazioni Gli elementi base del computo strutturale Strutture di seconda specie Concetto di schema ( o schema procedurale) Alcune riflessioni sul concetto di struttura di seconda specie Concetto di sistema di computo strutturale Concetto di operatore generalizzato Reti NAND (o NOR) Congruenza della teoria strutturale proposta con gli oggetti matematici standard Numeri naturali nella teoria delle strutture finite Numeri reali Il passaggio al continuo Le principali operazioni aritmetiche come operazioni su strutture Concetto di struttura continua Operatori differenziali ottenuti tramite il passaggio al limite di operatori discreti Nota: come si confrontano concretamente due oggetti complessi Seconda congettura di riferimento. Definizione del concetto di regola Introduzione L importanza delle regole Seconda congettura di riferimento Concetto di regola e concetto di regolarità Il fenomeno delle strutture emergenti. Strutture, schemi e logiche emergenti Introduzione Interdipendenza funzionale tra strutture, criterio di emergenza Alcuni punti importanti sulle strutture emergenti Sul concetto di proprietà strutturale non autonoma Fenomeno delle regole e delle logiche emergenti Oggettività dei fenomeni di emergenza Concetto di Analisi di struttura Strutture emergenti macroscopiche Rendere esplicite le strutture: il principio di convergenza delle verifiche Ancora sul problema del confronto tra strutture La relatività della relazione di uguaglianza e il senso dell analisi di struttura Il meccanismo della chiave Analisi di struttura e riconoscimento Un esempio Separazione dal contesto sulla base delle irregolarità interne. Concetto di contenuto informativo interno Alcune idee sulla visione Le strutture derivate non bastano Esplicitazioni di informazione complessa: i soggetti dei processi cognitivi Introduzione Sulla terminologia Un primo approccio intuitivo

5 6.4 Approccio funzionale Alcune proprietà dei soggetti cognitivi Ordinamento gerarchico dei soggetti cognitivi Dalle rappresentazioni strutturali ai concetti Insiemi strutturati di soggetti cognitivi Non è un espediente Sui concetti di feature e di pattern recognition Codificare soggetti di livello superiore Sull apprendimento in profondità e la stratificazione delle rappresentazioni Alcuni approfondimenti sulle regolarità e sulle regole Introduzione Regole e regolarità Le regole utili vincolano ma non troppo Regole procedurali e regole vincolanti nei risultati Le regole della fisica e dei sistemi strettamente deterministici Regole operazionali e regole associative Sulle regole associative Approfondimenti sul concetto di situazione Regole associative e reti Alcuni punti sulle regole deduttive Alcune idee per definire il concetto di problema Breve introduzione alla teoria dei sistemi di produzione Una possibile definizione del concetto di problema Regole di previsione e regole per la pianificazione delle azioni Alcuni punti importanti Un possibile modello di sistema cognitivo Punti generali Per iniziare La necessità di un sistema di reti Schema di funzionamento Alcuni primi punti sul funzionamento delle reti Teatri virtuali I limiti dei sensi Reti di analisi di struttura Operazioni di analisi che sfruttano il contenuto informativo interno Una possibile ricetta per l analisi di struttura Reti di analisi funzionale La rappresentazione complessiva della situazione globale del presente La conoscenza semantica in un sistema cognitivo Reti di memorie da vagliare in continuazione per l implementazione di regole Primi accenni sulla rappresentazione delle azioni e dei comportamenti La ricerca di soluzioni ai problemi e la conoscenza del fare Alcuni primi accenni al ruolo dell attenzione selettiva Alcuni primi punti sull apprendimento Graduale costruzione della conoscenza semantica Alcune idee sull apprendimento e la gestione degli obbiettivi Alcuni appunti sulla possibilità di costruire delle meta-rappresentazioni della stessa attività cognitiva

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7 1 Capitolo introduttivo 1.1 E possibile identificare dei principi generali per la cognizione? Certamente non sono mancate in passato varie proposte tese ad individuare possibili principi che regolano e determinano i fenomeni cognitivi. Molte di queste sono state accompagnate da teorie e modelli. Particolarmente interessante è la sintesi proposta recentemente da K. Friston, dell università di Londra [Friston ]. Egli individua un principio generale, formalizzabile matematicamente, per spiegare aspetti importanti del funzionamento del cervello. Secondo la proposta di Friston il cervello tende a minimizzare una particolare grandezza, esprimibile analiticamente, chiamata energia libera (variazionale) in virtù delle sue analogie formali con l omonima grandezza usata in fisica. La teoria di Friston è sicuramente elegante. Indubbiamente merita di essere approfondita e sviluppata (su di essa tornerò più avanti). Tuttavia credo che la sua reale capacità esplicativa presenti alcuni limiti e non metta a disposizione un quadro concettuale e metodologico completo. Il problema, ancora una volta, è strumentale. Il principio proposto da Friston appare applicabile ai sistemi biologici ed è, in certo senso, un principio che cerca di inquadrare, entro una unica formulazione matematica, le finalità, gli obbiettivi, dei processi cognitivi che avvengono nel cervello. Nelle prossime pagine propongo altri principi che riguardano aspetti più fondazionali e disincarnati, essi riguardano la natura delle entità che usiamo per costruire le rappresentazioni del mondo, nonché la natura delle inferenze basilari e quella dei fenomeni che le rendono possibili. Attualmente per descrivere le rappresentazioni interne alla mente si usano vari concetti e vari strumenti sviluppati in discipline quali: la logica, la matematica, la linguistica, l informatica teorica. Si usano concetti come quelli di: rappresentazioni pittoriche, analogiche, subsimboliche, oppure si parla in termini di simboli e di proposizioni. Molti autori usano il concetto generico di variabili interne. Altri autori parlano in termini di pattern di attivazione di reti neurali, di feature, o anche di simboli percettivi. Ritengo che nessuno di questi concetti, e di questi strumenti, sia idoneo a descrivere in modo completo la natura delle rappresentazioni cognitive e la loro logica fondamentale. Servono strumenti diversi. Come anticipato posso ben argomentare che per comprendere la logica profonda dei processi cognitivi è necessario mettere a punto gli strumenti che consentano di precisare, e trattare in maniera adeguata, alcuni altri concetti per i quali solitamente ci accontentiamo di una comprensione solo intuitiva. I punti 7

8 salienti della formulazione che propongo derivano, per buona parte, dal tentativo di trovare gli strumenti per precisare, con sufficiente rigore e generalità, i concetti di struttura, di regola, e di fenomeno emergente. Ritengo sia importante analizzare il concetto di struttura e andare oltre la sua concezione intuitiva perché questa, da sola, non permette di comprendere alcuni punti fondamentali. Per fare un parallelo, la situazione è simile alla differenza che c è tra avere un concetto intuitivo di quantità, come potevano averlo gli uomini prima della scoperta dei rudimenti sui numeri, e essere invece in grado di usare la nozione di numero in modo appropriato. Il concetto di struttura è usato in modo intuitivo pressoché da tutti, ma ben pochi si sono presi la briga di analizzarlo e di cercare di precisarlo, eccetto alcuni matematici e alcuni filosofi. Un punto delicato della faccenda è che non è sufficiente trovare semplicemente un metodo, tra i vari possibili, che consenta di formalizzare questo concetto, ma è importante trovarne uno adeguato. Serve un metodo che sia in grado di cogliere in modo efficace, ed anche astuto, i meccanismi cruciali del fenomeno delle corrispondenze strutturali, vale a dire di quelle corrispondenze che possono esistere tra le strutture di entità e fenomeni fisicamente distinti. Questo perché sono proprio tali corrispondenze a permettere di costruire rappresentazioni interne degli oggetti e dei fenomeni del mondo esterno. A mio avviso le formalizzazioni che sono state proposte fino ad ora non consentono di cogliere pienamente questi meccanismi e per questo motivo tendono a portare fuori strada. Ho sviluppato una metodologia per descrivere le strutture che consente di lavorare con sufficiente precisione, che funziona bene per gli oggetti e i fenomeni della nostra percezione quotidiana, e che è in grado di cogliere alcuni aspetti essenziali che ritengo non siano stati analizzati nel modo opportuno. Si tratta di quegli aspetti che consentono di eseguire delle operazioni che credo sia utile chiamare di derivazione strutturale. Ritengo che queste operazioni siano importanti perché consentono di passare, in modo naturale, da rappresentazioni più basilari ad altre più flessibili e astratte. Sappiamo che le rappresentazioni che si formano a ridosso dei sensi sembrano di tipo pittorico (da alcuni autori sono chiamate subsimboliche o anche analogiche). Ebbene, credo di poter mostrare che tali rappresentazioni pittoriche sono in realtà di tipo strutturale. Partendo da delle rappresentazioni strutturali di buona qualità, tramite le citate operazioni derivazione, è possibile ricavarne delle altre che costituiscono delle astrazioni strutturali delle prime. Si può mostrare che le operazioni di derivazione strutturale possono essere ripetute più volte generando così una stratificazione gerarchica di altre rappresentazioni che sono gradualmente più astratte. Queste operazioni contribuiscono a evidenziare alcune proprietà contenute implicitamente nelle rappresentazioni di partenza. Esse aiutano quindi di rendere esplicite tali proprietà. Si può mostrare che nel far questo 8

9 si ottengono dei nuovi oggetti che sono comunque sempre delle rappresentazioni strutturali e non di altro tipo. È probabile che queste operazioni siano molto simili (forse identiche) a una parte di quelle utilizzate dalla nostra mente, dalle nostre reti nervose, per analizzare e organizzare le informazioni ricevute dai sensi, nonché per costruire gradualmente le concettualizzazioni astratte. La metodologia che propongo appare particolarmente efficace. Grazie ad essa è infatti possibile identificare e codificare, con sufficiente precisione, alcuni principi generali dai quali si possono inferire ulteriori principi organizzativi e funzionali che portano alla comprensione di come la cognizione stessa può funzionare. Con ciò intendo affermare che questi principi consentono di capire nel dettaglio, sia a livello di microprocessi, sia di gestione globale, come funziona il tutto e come può essere riprodotto artificialmente. 1.2 Alcune prime anticipazioni sui principi fondamentali della cognizione Credo si possano individuare almeno tre principi generali che, combinati con gli strumenti che propongo, portano a identificare la maggior parte degli altri. Penso possa essere utile, per questo capitolo introduttivo, anticiparli in forma compatta in modo che il lettore possa costruirsene una prima idea. Si tenga però presente che per esprimerli ed illustrarli in modo corretto e completo sono necessari i concetti e i metodi illustrati nei prossimi capitoli. Questi tre principi possono essere così riassunti: 1. Il conoscibile del mondo esterno si limita alle strutture degli oggetti (e dei fenomeni), e alle operazioni computazionali possibili su queste strutture. Al di là di tali strutture, e di tali operazioni, non c è alcuna realtà esterna conoscibile. 2. Ogni regolarità (e ogni regola) è sempre riconducibile a coincidenze tra strutture. Ogni regola (e ogni legge) consiste in una prescrizione strutturale, o delle operazioni che si possono (o si devono) eseguire, o dei risultati che si devono ottenere. 3. Le strutture emergenti consistono in strutture derivate che manifestano qualche fenomeno di dipendenza funzionale (fisica) con altre. Sono regole emergenti quelle che si applicano a strutture emergenti. Come anticipato si può ben argomentare che sono proprio tali regole emergenti quelle che il nostro cervello usa per costruire la cognizione del mondo esterno. Esse costituiscono la spina dorsale della nostra conoscenza della realtà. Queste 9

10 regole non compaiono a livello di rappresentazioni delle strutture che possiamo chiamare di base. Per poterle identificare è essenziale passare ad altre rappresentazioni che sono estratte dalle prime. Per questo motivo le operazioni di esplicitazione e di derivazione strutturale sono essenziali, senza di esse sarebbe impossibile identificare le regole emergenti. Si può mostrare che è essenzialmente questo il motivo per il quale le rappresentazioni interne del mondo esterno devono essere gerarchizzate. Si può ben argomentare che è per questo motivo che le reti neurali devono essere profonde. Possiamo quindi proporre anche il seguente: 4. La cognizione è resa possibile dal fatto che dal substrato di leggi fisiche e matematiche fondamentali, che governano il mondo fisico a livello microscopico, sono estraibili una grande quantità di regole emergenti. Il trucco fondamentale della cognizione consiste nello sfruttare questa tipologia di regole. Si può mostrare che queste regole sono, per la maggior parte, regole associative e probabilistiche. Per questo motivo esse danno origine a delle strutture inferenziali simili alle reti di credenze (reti bayesiane). Forse, a un primo impatto, potrebbe sembrare che alcuni dei principi sopra enunciati non dicano granché. Essi potrebbero sembrare troppo generici e non sufficientemente ben definibili per poter ricavarne indicazioni sul funzionamento dei processi cognitivi. Mi permetto di far notare che anche i principi della dinamica se espressi solo verbalmente non comunicano molta informazione a chi non è provvisto degli strumenti matematici per tradurli in equazioni, numeri calcoli ecc Per una persona che non conosce i metodi della matematica, l affermazione che: quando agisce una forza, si ha un accelerazione inversamente proporzionale alla massa, non dice molto. Se non avessimo gli strumenti per associare dei numeri ai concetti di forza, massa, e accelerazione e per tradurre il tutto in equazioni, la sola descrizione verbale del secondo principio della dinamica sarebbe assai poco utile! Ebbene ritengo che la stessa cosa avvenga anche per i principi sopra enunciati. Ad un primo impatto essi non comunicano molte informazioni finche non si hanno gli strumenti concettuali e metodologici che consentono di tradurli nelle rappresentazioni e nelle procedure opportune. Con gli strumenti opportuni si può capire come questi principi possono essere precisati e come da essi si possano inferire molte informazioni importanti sul funzionamento della cognizione. Illustrerò i punti salienti di tali strumenti, anche se in modo semplificato, nei prossimi paragrafi. Per una trattazione più estesa si vedano i prossimi capitoli. 10

11 I principi appena introdotti, possono essere confrontati con le idee proposte da Friston e con altre elaborate da vari autori, anche se in modo meno formale e più intuitivo. Sono, ad esempio, particolarmente interessanti le idee espresse, già alcuni anni fa, da Valentino Brainterberg come illustrato in un recente lavoro di G. Bocciglione [G. Boccignone 2013]. Su alcune di queste tornerò più avanti. Il principio secondo cui il cervello cerca di minimizzare l energia libera variazionale, è stato formalizzato da Karl Friston e alcuni colleghi dell università di Londra [Friston, Kilner, Harrison 2006], sviluppando idee proposte da Geoffrey Hinton e Douglas Hosftater, in ricerche nel campo delle reti neurali e dell intelligenza artificiale [Sengupta, Steimmler, Friston 2013]. A suo tempo il concetto di energia libera variazionale è stata usato da R. Feynman nel 1972 come metodo per semplificare alcuni problemi complessi di calcolo delle probabilità [Feynman 1998]. Hinton e colleghi, hanno notato che, in alcune tipologie di reti neurali (di Hopfiled), alcuni dei passaggi chiave dei processi di apprendimento sono quantificabili con una funzione costo, matematicamente equivalente all energia libera variazionale usata da Feynman. Questa osservazione è stata combinata da K. Friston con i risultati di sue precedenti ricerche di neuroscienze computazionali e ha indotto questo autore a proporre l idea che tale principio possa costituire una generalizzazione universale. Il formalismo usato da Friston e colleghi è un po difficile da seguire. Utilizza metodi che provengono dall inferenza statistica. Con questi metodi è possibile esprimere, in modo euristico e in termini probabilistici, alcune delle dipendenze che dovrebbero sussistere tra le variabili che descrivono l ambiente esterno (e i suoi effetti sui nostri sensi), e le loro codifiche presenti all interno del cervello. Queste dipendenze possono essere espresse e legate opportunamente in modo da esprimere una grandezza numerica. Tale grandezza quantifica, in termini di informazione (alla Shanon), le discrepanze tra le previsioni, o le aspettative, generate con i modelli interni, e quanto effettivamente si produce nei sensi. Questa discrepanza è espressa tramite al divergenza di Kullback- Leibler. Per una spiegazione più dettagliata devo rimandare ai lavori di Friston e colleghi. Secondo il principio proposto da Friston, un sistema come il cervello tende ad agire per minimizzare queste discrepanze o meglio, per minimizzare proprio la funzione scalare chiamata energia libera (variazionale). La formulazione di questo principio è indubbiamente molto elegante ed ha una certa plausibilità biologica. L idea sottostante (secondo la mia interpretazione), è che esso possa risultare un sorta di vincolo evolutivo emergente. In altre parole, si propone che le pressioni selettive abbiano forzato i sistemi cognitivi biologici a evolversi in modo da soddisfare proprio a tale principio di minimizzazione dell energia libera variazionale. Al presente è presto per esprime un giudizio sulla validità di questa idea. Essa è indubbiamente attraente. Non possiamo però escludere che tale principio riesca a vincolare solo un approssimazione di come la natura riesce a sfruttare la possibilità di costruire rappresentazioni interne del mondo esterno per favorire la sopravvivenza e il successo riproduttivo delle specie. Nella sostanza non possiamo escludere che sia possibile sostituire tale principio con delle formulazioni alternative, più vicine alla realtà dei fenomeni in oggetto, o anche, semplicemente, più semplici da comprendere e da trattare. Come accennato penso sia utile notare che il principio di minimizzazione dell energia libera può essere usato per descrivere le finalità dei processi cognitivi che si sono evoluti nei sistemi biologici. Ma esso non appare idoneo per chiarire tutti gli aspetti più fondamentali dei meccanismi profondi che rendono possibili tali processi. Nelle prossime pagine mostrerò che questi meccanismi possono essere espressi con metodi diversi da quelli usati da Friston. Metodi che ritengo siano ben formalizzabili. 11

12 Come accennato la formulazione matematica del principio di minimizzazione dell energia libera è difficile. Soprattutto per questo motivo può essere di una certa utilità descrivere alcuni principi finalisti, usando una formulazione più intuitiva e semplice da comprendere. Per il momento posso anticipare alcuni concetti in modo intuitivo come segue: L attività cognitiva consiste, per una parte essenziale, nel costruire dei modelli interni che presentano, per gerarchie, delle corrispondenze strutturali con il mondo esterno, e che sono soggetti alle stesse regole emergenti. I sistemi cognitivi tendono a costruire al proprio interno, una mappa parziale del complesso delle regole emergenti del mondo esterno: Usano queste per generare inferenze, fare previsioni e pianificare in modo utile i propri comportamenti. Un sistema cognitivo tende a minimizzare le differenze tra le strutture del mondo esterno (presente o futuro) e quelle delle proprie rappresentazioni interne, relative al presente, alla proprie previsioni e alle proprie pianificazioni. Un sistema cognitivo tende a minimizzare gli imprevisti, gli errori di previsione e di pianificazione. 1.3 Primo principio: i limiti fondamentali del conoscibile e il concetto di struttura Ho scoperto recentemente, grazie ad un lavoro di Boccignone [2013] che alcune delle idee che cerco di precisare sul concetto di struttura sono state espresse anche da Valentino Braiinteberg, pur se in maniera più intuitiva: Secondo Braiinteberg (2008): si può parlare di informazione contenuta in una struttura quando l azione di questa su altre strutture è determinata in maniera essenziale non dalla mera quantità dei suoi elementi, ma dalla loro disposizione. Penso che queste idea sia corretta, ma servono gli strumenti per poterla precisare. Nel 1902 Henri Poincaré pubblicò un trattato di epistemologia: La scienza e l ipotesi. In questo lavoro egli giunse a una conclusione che ritengo particolarmente importante. Secondo Poincaré la scienza può solo farci conoscere i rapporti tra le cose; al di là di questi rapporti non c è alcuna realtà conoscibile! Oggi questa conclusione di Poincaré può apparire sicuramente interessante ma allo stesso tempo può sembrare abbastanza innocua. Essa sembra informarci su qualcosa che riguarda i limiti della scienza, e sembra dare sostegno all approccio formalista che si è imposto come epistemologia dominante in alcune fondamentali discipline scientifiche. 12

13 In realtà credo di poter mostrare che, reinterpretando questa conclusione in maniera leggermente diversa, estendendone il significato oltre il solo ambito della scienza, e munendosi di opportuni strumenti, è possibile estrarre da essa uno dei principi fondamentali che stanno a fondamento della cognizione. Credo che questo pensiero di Poincaré contenga una verità molto importante che non riguarda solo i limiti della scienza, ma che investe in realtà i nostri limiti fondamentali di poter conoscere il mondo che ci circonda. Come anticipato credo che la conclusione di Poincaré possa essere riformulata in questo modo: Della realtà esterna è possibile conoscere solo la struttura delle cose e le operazioni computazionali possibili su queste strutture. Al di là di questa struttura e di queste operazioni non c è alcuna realtà esterna conoscibile. Ritengo che questo sia uno dei principi fondamentali della cognizione. Non appare possibile dimostrare con metodi rigorosi la sua validità universale, ma è possibile ben argomentarla. Posso quindi proporlo come una congettura. Una congettura che, per la sua importanza, indico come prima congettura di riferimento. Ammettendo valida questa congettura e la metodologia che propongo per descrivere il concetto di struttura, si possono trarre molte importanti inferenze. Si può argomentare che la cognizione si basa pressoché totalmente sullo sfruttamento del fenomeno delle corrispondenze strutturali: le rappresentazioni che si realizzano all interno di un sistema cognitivo devono avere parte delle proprie strutture coincidenti con quelle degli oggetti e dei fenomeni rappresentati. Se studiamo con attenzione come funzionano i simboli si può comprendere che in realtà questi necessitano di un artificio che non è invece necessario per le rappresentazioni strutturali. I simboli, infatti, richiedono che sia costruita un associazione artificiale tra l oggetto che fa da simbolo e ciò che questo rappresenta. Ad esempio, è necessario che la percezione del simbolo sia collegata con l attivazione delle memorie dell entità a esso associata. Quest associazione artificiale non è necessaria con le rappresentazioni strutturali. Esse, infatti, possiedono delle corrispondenze naturali con ciò che rappresentano. Queste corrispondenze consistono proprio nel fatto che le rappresentazioni e gli oggetti rappresentati hanno parte delle rispettive strutture in comune. Quest osservazione ci spinge a pensare che siano le rappresentazioni strutturali a costituire la prima base naturale per l informazione contenuta all interno di un sistema cognitivo. Ci spinge inoltre a pensare che il concetto di struttura sia centrale, e che per comprendere come funziona la cognizione sia necessario riuscire a descriverlo con precisione. 13

14 Invito a riflettere sul pensiero di Poincarè riportato sopra. Se ammettiamo vera l idea che della realtà esterna possiamo conoscere solo i rapporti tra le cose, ne consegue che possiamo conoscere solo le entità che sono composte di una molteplicità di parti; in caso contrario non avremmo dei rapporti da poter conoscere. Come possiamo precisare cosa sono questi rapporti? Quali strumenti abbiamo per generalizzare questa idea? Uno dei concetti intuitivi che più sembra cogliere queste cose è proprio quello di struttura. Se vogliamo capirne la logica profonda dobbiamo trovare il modo di passare dalla concezione intuitiva a qualcosa di più preciso, a qualcosa di matematizzabile. È lecito quindi chiedersi se esiste qualche branca della matematica che si occupa di precisare questo concetto. Purtroppo le formalizzazioni già disponibili possono funzionare per oggetti matematici astratti, ma non vanno bene per trattare le strutture degli oggetti e dei fenomeni della nostra quotidianità. Serve una formulazione che sia, nello stesso tempo, precisa e sufficientemente duttile. Deve anche essere naturale nel senso di corrispondere ai metodi adottati dalla nostra mente. La mia proposta per questa metodologia è presentata in modo esteso nel capitolo 3. Di seguito, per brevità, mi limito a illustrarne alcuni dei punti salienti. L idea generale è che ogni struttura statica (capiremo tra non molto il perché di questa precisazione) può essere precisamente descritta specificando, con gli strumenti opportuni (che derivano, almeno primariamente, dalla matematica e dall informatica), tre gruppi di informazioni: 1. Le informazioni che individuano l insieme delle parti componenti ; queste parti sono, per le strutture, l equivalente degli elementi nella teoria degli insiemi. 2. Le informazioni che specificano e descrivono le proprietà interne delle parti componenti e che consento quindi di distinguerle, le une dalle altre, dal punto di vista interno. 3. Le informazioni che specificano e descrivono le loro relazioni esterne. Si può mostrare che queste relazioni sono ciò che permette di distinguere le parti componenti, le une dalle altre, dal punto di vista esterno. Ad esempio, per un insieme di punti, che sono entità, per definizione, prive di qualunque struttura e proprietà interna; sono unicamente le relazioni esterne ciò che consente di distinguere i punti stessi gli uni dagli altri. La strategia di tenere separate le informazioni sulle proprietà interne da quelle sulle relazioni esterne è particolarmente importante perché permette di definire 14

15 con facilità alcune operazioni che chiamo di derivazione strutturale, e che credo siano alla base della possibilità di astrarre. Si può definire con precisione quando due strutture sono uguali tramite la nozione di isomorfismo. Due strutture sono isomorfe se si può costruire una corrispondenza biunivoca tra i rispettivi insiemi delle parti componenti, se le distinguibilità interne corrispondono e se corrispondono anche le relazioni esterne (si veda il capitolo 3). Due strutture isomorfe sono coincidenti. Per precisare ulteriormente queste nozioni sono necessarie molte pagine. Per ora posso accennare che una struttura statica di base è identificata specificando due insiemi {p(i)..}, {pr(j)..}che individuano, rispettivamente: le parti della struttura e una classificazioni dello loro proprietà interne. Una funzione tra i due, e un grafo che specifica le adiacenze. Mentre per le strutture estratte da quelle di base, si devono usare informazioni più complesse, ma che derivano sempre da quelle che definiscono la struttura di partenza dalla quale sono state ricavate. Come detto, fondamentale in questa metodologia è che da alcune strutture se ne possano derivare delle altre. Questa possibilità impone un ordinamento gerarchico naturale tra le rappresentazioni strutturali. Tra le principali operazioni di derivazioni strutturali ci sono quelle di porzione, di quoziente e di morfismo. Le operazioni di porzione sono molto semplici, consistono semplicemente nel considerare solo una porzione della struttura di partenza. Esse sono importanti sia perché possono essere usate in altre operazioni di derivazione, sia perché, come vedremo, ci possono essere delle porzioni di una struttura che sono delle entità emergenti. Le operazioni di quoziente consistono in una sorta di cambio di scala. Si ottengono considerando una nuova rappresentazione strutturale che ha per nuove parti componenti delle intere porzioni della struttura di base. Un concetto sotteso è che passando a considerare la struttura quoziente in un certo senso ci si dimentica, parzialmente, che le sue parti sono a loro volta composte da più parti della struttura primaria. La nuova struttura della quale ci si occupa è qualcosa che è emergente rispetto a quella di base. Questa nuova entità ha una propria struttura che può essere descritta in modo indipendente. Usiamo un diverso insieme di parti, un diverso insieme di proprietà interne, e un diverso insiemi di relazioni tra le parti componenti! Nonostante queste informazioni siano comunque legate con quelle che definiscono la struttura di partenza. È da notare che l operazione di quoziente è possibile grazie all'accorgimento di trattare in maniera separata le distinguibilità interne e le relazioni esterne tra le parti che compongono una struttura. 15

16 Le operazioni di morfismo si ottengono invece inibendo in una struttura ciò che rende le sue parti distinguibili le une dalle altre. Ciò si ottiene semplificando il sistema delle distinguibilità interne oppure il complesso delle relazioni esterne. Un esempio di operazione di morfismo che agisce sulle distinguibilità interne è quello che elimina i colori in una figura. Una caratteristica delle operazioni di morfismo è di far perdere informazione. Si può mostrare che queste operazioni sono molto comuni nella nostra attività cognitiva. Ad esempio siamo in grado di spostare l attenzione dall'osservare i singoli dettagli di un oggetto, per passare a una sua visione d insieme, dove i dettagli di prima fanno ora parte di altre entità strutturali che consideriamo come singoli oggetti: eseguiamo un operazione di quoziente. È molto probabile che queste operazioni costituiscano la base per l astrazione. Si può mostrare che, operando opportunamente con esse, è possibile passare da rappresentazioni più basilari (per intenderci, molto vicine a quelle pittoriche che si formano nei sensi) ad altre gradualmente più astratte. Entro la cornice generale di queste tre tipologie di operazioni, che sono applicabili ad una classe molto ampia di strutture, è possibile definire varie operazioni più specifiche, ma comunque importanti, per analizzare le informazioni strutturali e per rendere esplicite le loro principali proprietà e caratteristiche potenzialmente emergenti. Il senso di queste operazioni sarà più chiaro fra qualche pagina. Un punto molto importante è che si può mostrare che il paradigma naturale per l implementazione di queste operazioni è costituito da un insieme di reti stratificate di funzioni, delle quali le reti neurali profonde ne sono un esempio. Anzi si può mostrare che è proprio la necessità di eseguire queste operazioni a imporre tali reti. Poco sopra ho affermato che una struttura è sempre definibile specificando tre gruppi di informazioni che descrivono rispettivamente: un certo insieme di parti componenti, le proprietà interne di queste e le lo relazioni esterne. Non è difficile argomentare che ciò vale anche per le strutture derivate. In effetti è sempre vero, per forza di cose, che una struttura è un oggetto composto da più parti. Se così non fosse non avremmo una struttura di cui parlare. Per forza di cose, quindi, si potrà sempre individuare l insieme delle nuove parti componenti; ci saranno delle proprietà interne di queste parti che permettono di distinguerle (dal punto di vista interno) le une dalle altre; e ci saranno delle relazioni esterne tra queste nuove parti componenti. Abbiamo visto che per le strutture di base esistono gli strumenti matematici che permettono di trattare con precisione queste tre tipologie di informazioni. Ma ciò continua ad essere vero anche per quanto riguarda le strutture derivate? Credo che la risposta a questa domanda sia positiva. In effetti appare possibile identificare vari modi per descrivere, con metodi computazionali, le proprietà 16

17 interne e le relazioni esterne di queste nuove strutture. Il problema è che quando si passa da una struttura di base ad altre che sono derivate da questa, in genere le nuove parti componenti sono a loro volta degli oggetti complessi e, in quanto tali, possono esibire proprietà e relazioni esterne similmente complesse. Possiamo allora chiederci: esiste un metodo per dedurre quali sono le informazioni che descrivono le strutture derivate partendo da quelle usate per le strutture di base? Qui le cose sono complicate. Un problema è che non tutte le strutture potenzialmente derivabili sono anche entità cognitivamente significative. Affronteremo questo problema tra qualche paragrafo. Posso dire che in linea teorica si possono utilizzare le regolarità interne, che possono essere presenti entro una struttura di base, per procedere a selezionare quelle operazioni di derivazione strutturale che hanno buone probabilità di essere utili. Sempre in linea teorica, si possono usare queste regolarità interne anche per rendere esplicite le informazioni potenzialmente significative che descrivono le proprietà interne e le relazioni esterne. Il punto è che, all atto pratico, il problema di provare tutte le operazioni possibili è spesso troppo complesso. Inoltre non tutto ciò che si ricava con questo approccio costituisce necessariamente dell informazione utile. Si può mostrare che in realtà serve sempre un feedback che proviene dall uso pratico di queste informazioni. Si può mostrare che queste informazioni, sulle proprietà e sulle relazioni esterne delle nuove parti componenti, sono realmente utili se possono contribuire direttamente, o per passaggi interposti, a codificare delle regole (emergenti) utili! Muniti degli strumenti fin qui illustrati è possibile proporre una definizione precisa per i concetti di regolarità e di regola. 1.4 Secondo principio: cosa sono le regole Sebbene l idea di regola sia a tutti famigliare, ritengo che essa non sia stata ben compresa e non sia stata nemmeno ben compresa la sua importanza nella cognizione. Le regole (in senso generalizzato) sono fondamentali. Pressoché ogni processo cognitivo si basa sull utilizzo di regole. In un certo senso possiamo dire che le regole sono il motore dell attività cognitiva. Il nostro cervello applica regole in continuazione e ne usa contemporaneamente moltissime. Con buona probabilità, in ogni secondo, al suo interno sono vagliate, in parallelo, alcune centinaia di milioni di regole (e forse molte di più). È probabile che una parte importante della neocorteccia sia dedicata all implementazione di regole associative. Trovare una definizione precisa, che sia in grado di cogliere la vera natura, profonda e universale di ogni regola, quindi del fenomeno che sta alla base di quasi tutti i processi cognitivi, può consentire di capire come questi funzionano. 17

18 Se riusciamo a capire cosa sono le regole, come si possono presentare, come si possono identificare e usare, abbiamo capito davvero molto sulla natura e la logica profonda della cognizione. Prima di proporre una definizione per il concetto (esteso) di regola devo presentare brevemente alcuni altri punti importanti che riguardano le operazioni di computo possibili su strutture. Il primo punto consiste nell osservazione che probabilmente non è possibile rappresentare le operazioni di computo basilari usando solo strutture di prima specie. Sebbene ho proposto che l attività di costruire rappresentazioni riguarda la struttura degli oggetti e che esiste una metodologia universale potenzialmente in grado di descrivere ogni struttura statica, devo anche proporre l idea che non esiste la possibilità di descrivere, senza ambiguità, le operazioni basilari usando solo questi strumenti. Anche in questo non è possibile dimostrare in maniera rigorosa la validità di questo punto e devo proporlo come una congettura. Ma se ammettiamo che ciò sia vero: quindi che non ci sia modo di rappresentare senza ambiguità, usando solo strutture statiche, le operazioni di computo basilari, come possiamo costruire delle rappresentazioni per queste ultime e per le operazioni più complesse? In fondo esistono entità quali gli algoritmi che sono, come minimo, delle rappresentazioni di sequenze di operazioni eseguibili da qualche macchina computazionale. Deve quindi pur esserci qualche possibilità per costruire delle rappresentazioni per le sequenze di operazioni di computo. A questo fine ci vengono incontro due fenomeni. Il primo è costituito dalla possibilità di usare dei simboli; l altro consiste nel fatto che le operazioni di computo fondamentali sono davvero poche e molto semplici. Si può argomentare (tesi di Church Turing) che componendo opportune sequenze di queste operazioni elementari si può riprodurre ogni operazione complessa. È noto che le operazioni di computo basilari sono poche e molto semplici. Sono quelle che deve poter eseguire una macchina computazionale universale (una generalizzazione di quella di Turing). È anche noto, e semplice da comprendere, come si possano associare dei simboli a queste singole operazioni di base. Sappiamo inoltre che le operazioni complesse possono essere realizzate tramite delle sequenze di quelle di base. Possiamo quindi costruire delle rappresentazioni di sequenze di operazioni di base utilizzando i relativi simboli. È in fondo quello che si fa comunemente quando si scrive un programma per calcolatore. Facciamo però attenzione poiché qui si manifesta un fenomeno molto importante. Possiamo infatti osservare che tali sequenze di simboli sono delle entità complesse. Si può mostrare che esse costituiscono, a loro volta, a tutti gli effetti, propiro delle strutture! Sono, infatti, oggetti composti di una pluralità di parti (i singoli simboli), che hanno le loro proprietà interne (ciò che permette di dire se due di questi simboli sono uguali o 18

19 differenti) e che devono stare in precise relazioni reciproche (le posizioni che assumono lungo l algoritmo). Si può mostrare che queste strutture statiche, utilizzate per rappresentare gli algoritmi, hanno qualcosa in comune con le strutture delle operazioni complesse che rappresentano. Questo è un punto molto importante. Possiamo quindi pervenire a un estensione del concetto di struttura illustrato nel paragrafo precedente. L idea è di mettere assieme la funzione di simbolo e le strutture statiche (che indico anche come strutture di prima specie). Ciò che si ottiene è un entità ibrida che propongo di chiamare: strutture di seconda specie. Un algoritmo è un oggetto che corrisponde a questa definizione, quindi è, a tutti gli effetti, una struttura di seconda specie. Si può argomentare che e possibile rappresentare, usando gerarchie (di astrazioni) di strutture di seconda specie, non solo le operazioni di computo basilare, ma anche le azioni concrete, i comportamenti complessi, e le loro astrazioni più spinte. Introdotti questi punti, è possibile proporre una definizione per il concetto di regola nel modo seguente: Ogni regola (ogni legge) consiste in una prescrizione strutturale o delle operazioni che si possono (o si devono) eseguire, o dei risultati che si devono ottenere. Provando su molti esempi si può mostrare che queste prescrizioni sono sempre descrivibili in termini strutturali e in particolare sono sempre riconducibili a degli isomorfismi strutturali. Questo ultimo punto è particolarmente importante. Si può mostrare che le regole costituiscono dei vincoli che devono essere rispettati. Propongo la seguente congettura: la verifica della soddisfazione di questi vincoli consiste sempre nell identificazione di qualche isomorfismo strutturale. Questi isomorfismi si manifestano: o nella descrizione delle strutture delle operazioni che si compiono, mentre esse sono ripetute; o nei risultati che si ottengono, quanto questi sono osservati più di una volta. Questa presenza di ripetizioni (d isomorfismi) è una delle caratteristiche salienti delle regole e delle regolarità. Si può anche proporre come seconda congettura di riferimento la seguente: Ogni regolarità è sempre riconducibile a qualche coincidenza tra strutture. 19

20 Tale congettura è particolarmente importante perché ci dice cosa dobbiamo andare a cercare per identificare una regola: la presenza di isomorfismi strutturali. Alla fine dei conti è la presenza di isomorfismi che ci permette di accorgerci che esiste una regola o una regolarità! Raccomando di tenere bene a mente questo passaggio. Esso comporta che uno dei trucchi fondamentali dei processi cognitivi consiste, come primo passo, nell analizzare strutturalmente (e funzionalmente) le informazioni disponibili, in genere utilizzando opportune reti di funzioni che sono spesso, a tutti gli effetti, delle reti neurali. Con queste reti si possono rendere esplicite quelle caratteristiche della struttura di partenza o di sue strutture derivate, che permettono di identificare la presenza di regole e regolarità che altrimenti risulterebbero nascoste. Ancora una volta non sono in grado di dimostrare con metodi rigorosi la validità della congettura sopra proposta, ma posso ben argomentarla, purtroppo ciò richiede molto spazio. In questa sede mi devo limitare ad accennare ad alcuni dei passaggi chiave. Devo rimandare al resto del libro per ulteriori approfondimenti (capitoli 4,7,9). Posso anticipare che non ho trovato controesempi che ne contradicessero la validità. Generalizzando posso anticipare che una regolarità, presente entro una serie di strutture, può essere interna o esterna. Se è interna può essere: o subito palese, o nascosta. Quando è palese significa che essa si presenta come coincidenza (o forte similarità) di almeno due o più porzioni identificabili nella serie di strutture in oggetto. Talvolta le strutture da confrontare non sono del tutto identiche, ma sono simili, nel senso che ciò che non coincide è una piccola porzione del complesso delle informazioni che le descrivono. Ma ciò che ci permette di cogliere la corrispondenza, quindi la regolarità, è la parte dell informazione che coincide, quindi che mostra isomorfismo strutturale. Quando la regolarità è interna, ma nascosta, significa che esistono delle operazioni di esplicitazione e/o di derivazione strutturale, che non aggiungono informazione e che permettono di passare dalle strutture di partenza ad altre dove la regolarità si manifesta in modo palese. Le cose sono un po più complicate quanto la regolarità è esterna. In questo caso non sono le strutture che costituiscono la nostra serie a contenere, al loro interno, degli isomorfismi, per quanto nascosti, che ci permettono di identificare la regolarità. In questi casi, a coincidere, quindi a manifestare isomorfismi, sono le ripetizioni delle operazioni che servono a generare la serie stessa di rappresentazioni strutturali (o alcune sue porzioni). Si può mostrare che queste ripetizioni si manifestano proprio come degli isomorfismi nelle rappresentazioni (strutturali) delle operazioni ripetute. In taluni casi le cose sono ancora più complicate perché ciò che viene ripetuto, e che genera isomorfismi strutturali, può essere l astrazione di un 20

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