Indice: Presentazione... pag.1 Docente: Dr.ssa Maria Maffia Russo Responsabile del Progetto Dafne

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2 Indice: Presentazione... pag.1 Docente: Dr.ssa Maria Maffia Russo Responsabile del Progetto Dafne Le difficoltà a misurare il fenomeno della violenza contro le donne e la necessità di emersione del problema... pag.8 Docente: Dr.ssa Imma Tromba Ricercatrice Centro Antiviolenza Trieste L accoglienza alla donna vittima di violenza sessuale... pag.13 Docente: Dr.ssa Daniela Gerin Ginecologa Responsabile del Progetto Salute Donna dell Azienda per i Servizi Sanitari n 1 Triestina Violenza alle donne: esperienza di un medico di famiglia... pag.18 Docente: Dr.ssa Margherita De Marchi Medico di Medicina Generale, Belluno Aspetti legislativi ed obblighi giuridici... pag.23 Docente: Daniela Abram Avvocato, Bologna Aspetti medico-legali della violenza sessuale e del maltrattamento contro la donna... pag.27 Docente: Susi Pelotti Medico Legale, Università di Bologna Il maltrattamento in famiglia: un potente fattore di rischio per la salute mentale della donna... pag.32 Docente: Dr.ssa Elvira Reale Psicologa e Psicoterapeuta Centro Prevenzione e Salute Mentale donna, Azienda U.S.L. Napoli 1 Prospettive per l anno 2006 del Progetto Dafne... pag.41 Docente: Dr.ssa Maria Maffia Russo Responsabile del Progetto Dafne Allegato 1: Percorso Sanitario... pag.43 Allegato 2: Legge n.66 del 1997 Norme contro la violenza sessuale... pag.54 Allegato 3: Percorso Sociale... pag.58 Foto di copertina: Gian Lorenzo Bernini Particolare di Apollo e Dafne ( ) Marmo di Carrara cm. 243 Galleria Borghese - Roma

3 Si ringraziano per la collaborazione: - l'ass. Sociale Elisabetta Pillai, la Dr.ssa Michela Salucci e la Dr.ssa Tamara Battistini. - La Dr.ssa Agnese Sacchetta per l'impostazione degli articoli. - I conduttori dei gruppi: la Dr.ssa Augusta Barbieri, l'ass. Sociale Daniela Bascucci, l'ass. Sociale Elisabetta Pillai e il Dr. Sergio Tarducci. - Tutti gli operatori che hanno contribuito con la loro partecipazione alla realizzazione dei seminari.

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5 LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE Prima giornata: 4 Ottobre 2005 Presentazione del Progetto Dafne Rimini Docente: Dr.ssa Maria Maffia Russo U.O. di Psicologia e Tutela Minori Responsabile del Progetto Dafne La questione della violenza alle donne, si apre in Italia circa 20 anni fa e nasce sulla spinta di alcuni gruppi di donne impegnate in campo giuridico, sociale e culturale. Nascono, sulla scia di esperienze europee, i Centri contro la violenza alle donne, per offrire sostegno e solidarietà a donne violentate e maltrattate. Uno dei primi Centri è stato aperto a Bologna e in seguito in tutte le province della regione Emilia Romagna. L iniziativa che ha condotto alla creazione di queste strutture è sempre stata nelle mani delle associazioni di donne: le istituzioni delle città le hanno appoggiate e finanziate. L impegno diretto del mondo della Sanità su questa tematica è recentissimo: si deve all OMS l indicazione che la violenza contro le donne è anche un problema di Sanità Pubblica per due ordini di questioni: Alta incidenza e prevalenza in tutto il ciclo vitale della donna, in tutti gli strati socio-economici e in tutte le culture. Gravità delle conseguenze psicofisiche sia a breve che a lungo termine. Nel 1995/96 l OMS ha lanciato l allarme sulla violenza come fattore eziologico e di rischio in una serie di patologie: sono stati condotti studi sulle patologie ginecologiche, gastro-enterologiche e mentali, in particolare depressione, disturbi alimentari e di ansia. Per quanto riguarda la depressione dati internazionali e nazionali, mostrano che le donne maltrattate ricorrono a trattamenti psichiatrici con una frequenza 4 o 5 volte maggiore rispetto alle donne non maltrattate. Il 10% delle vittime di violenza domestica inoltre tenta il suicidio. Si stima inoltre che, dei casi di disturbo gastrointestinale, il 30-60% delle pazienti ha vissuto una storia di violenza fisica e/o sessuale. Nella provincia di Rimini non sono presenti centri antiviolenza gestiti da associazioni. L Azienda USL di Rimini ha attivato un Progetto orientato all individuazione di strategie e interventi che si configurino come risposte a questo specifico target di utenza e alle problematiche e bisogni di cui è portatore. 1

6 Proprio per la delicatezza e la complessità del fenomeno, il Progetto è caratterizzato da multidisciplinarietà e multiprofessionalità degli attori coinvolti. Gli obiettivi del Progetto sono: Promuovere la conoscenza del fenomeno. L Azienda USL di Rimini ha sviluppato una indagine che è stata svolta nel periodo Settembre Settembre 2004 con l obiettivo di potere ottenere una rilevazione del fenomeno: dai risultati emerge che 171 donne si sono rivolte ai nostri servizi (P.S., P.I., U.O. Ostetricia e Ginecologia, Consultori) per episodi di violenza connotati come maltrattamento e abuso sessuale; altre 25 donne si sono rivolte ai centri antiviolenza gestiti da associazioni nelle province limitrofe (Linea Rosa - Ravenna, Telefono Donna - Cesena). Dall indagine sono emerse alcune criticità sentite dai professionisti come rilevanti: tempo insufficiente per l ascolto, ambiente inadeguato, mancanza di un assistente sociale come figura di riferimento, mancanza di assistenza medico legale, mancanza di un percorso sanitario chiaro, univoco e condiviso per donne che hanno subito violenza. Definire il percorso sanitario. Definire e documentare un Percorso Sanitario che, a fronte dell accesso presso il presidio ospedaliero o Consultorio familiare di una donna che ha subito violenza, veda l attivazione di un iter definito e condiviso, fino alla dimissione ed attivazione delle risorse territoriali finalizzata ad una presa in carico tempestiva e alla pianificazione di un progetto individuale di intervento. Le linee guida licenziate l 8/3/2005 elaborate dal gruppo degli operatori dei servizi attengono: continuità assistenziale, tempestività di attivazione della risposta, evitare i passaggi rindondanti, omogeneizzare la procedura, garantire un setting idoneo per l accoglienza e la visita. Definire il percorso sociale. Definire e documentare un percorso sociale che, a fronte dell accertamento di una violenza subita e con il consenso della donna, veda l attivazione di un iter definito e condiviso che preveda la presa in carico della stessa attraverso l apertura di un progetto individuale, una valutazione tempestiva del caso, l individuazione della/delle risposte più appropriate in rapporto al bisogno specifico dell utente, fino alla chiusura del progetto a seguito di verifiche periodiche pianificate ed eseguite. 2

7 Le linee guida licenziate il 19/3/2004 elaborate dal gruppo degli operatori dei servizi attengono: continuità assistenziale, presa in carico percorso emergenza e non emergenza, definizione di un progetto individualizzato, pianificazione del percorso. Un passo importante nei due percorsi è stato quello dell individuazione della figura di un assistente sociale di riferimento, disponibile tutte le mattine dalle 8:30 alle 9:30, quale figura di collegamento tra i servizi sanitari e quelli sociali, la cui attivazione è a cura del medico. Nel caso in cui la situazione della donna si configuri, con gli indicatori individuati, di emergenza con rischio al rientro a casa, la donna può essere trattenuta in ospedale sino al mattino seguente, per poi essere inviata direttamente dall assistente sociale di competenza. Per quanto riguarda il percorso sociale, l attenzione è stata posta prioritariamente alla costruzione di un percorso per le donne in situazioni di emergenza/urgenza. E stata attivata una convenzione con una struttura che mette a disposizione del Progetto Dafne posti letto dedicati. Progettare e realizzare un percorso formativo con i seguenti obiettivi: ampliare le competenze attraverso la conoscenza del fenomeno, promuovere la capacità di rilevare i segnali indiretti di una violenza subita, fare connessioni nella relazione tra lo stato di salute e la violenza subita, instaurare rapporti istituzionali tra le diverse figure professionali. Costruire la rete di contrasto alla violenza attraverso il coordinamento di tutti gli autori istituzionali e non presenti sul territorio. 3

8 Le difficoltà a misurare il fenomeno della violenza contro le donne e la necessità di emersione del problema Docente: Dr.ssa Imma Tromba - Ricercatrice Centro Antiviolenza Trieste Sono Presidente del Centro Antiviolenza di Trieste, centro composto da un gruppo di donne che negli anni 80 hanno organizzato il primo progetto per le donne, partito come Telefono Rosa e trasformatosi poi in Centro. Il gruppo ha seguito un percorso di formazione a Bologna e a Milano, poi negli anni 90 ha aperto il Centro, una struttura protetta a indirizzo segreto ed un altra sede per le emergenze. La storia dei Centri in Italia va di pari passo con la storia dei movimenti femministi. Quando parliamo di donne che creano un Associazione, dobbiamo sempre considerarne il valore simbolico, il significato legato al fatto che esse, organizzandosi, possano dare una risposta al fenomeno. Un Associazione è formata da un gruppo di donne solidali, senza gerarchie di ruoli: le operatrici e le utenti sono sullo stesso piano dal punto di vista personale; questa è la differenza principale che esiste con i Centri organizzati dalle Istituzioni, dove sono presenti persone che si trovano a lavorare per questo fenomeno senza averlo scelto come impegno personale. Tutti hanno subito, almeno una volta nella vita un episodio di violenza di vario tipo e quindi, all interno del gruppo di lavoro delle donne entra la storia personale, il vissuto è presente: nell Associazione sono attivi dei gruppi che lavorano insieme sull autostima. Le donne tendono a minimizzare la violenza subita e gli operatori devono stare molto attenti a non rinforzarne la convinzione, perché altrimenti il cambiamento non avverrà mai; un altro aspetto al quale bisogna porre molta attenzione è il linguaggio usato per descrivere l uomo violento, parlarne come di colui che ha dei problemi, che è malato o nervoso vuole dire decolpevolizzarlo. Le donne spesso arrivano all Associazione con l obiettivo di delegare tutto agli altri perché si sentono vittime, è importante fare in modo che questo non accada rendendole anzi, protagoniste del percorso. Un altro aspetto importante è quello di insegnare loro a continuare a parlare della violenza con i figli anche quando non esiste più una situazione di rischio, perché la violenza divide e si tende troppo spesso a fare finta che non sia mai stata presente. Quando si parla di violenza contro le donne ci si riferisce a diverse forme della stessa: violenza da parte del partner (fisica, psicologica, sessuale, economica); stupro; violenza organizzata: stupro di guerra; traffico di donne; prostituzione coatta; 4

9 aborti selettivi; violenza fisica e sessuale contro le prostitute; dipendenza da debiti contratti; deliberata trascuratezza delle bambine e infanticidio femminile; mutilazioni genitali; sfruttamento nel lavoro. Per quanto riguarda, invece, la violenza di genere: é esercitata dal genere maschile su quello femminile; ha le radici nella disuguaglianza sessuale; serve a mantenere la disuguaglianza; é un meccanismo di subordinazione; viene usata come strategia nel conflitto; é una forma di controllo sulle donne. Questo meccanismo aumenta nelle società dove l uso della violenza contro le donne è socialmente accettato e tollerato e aumenta dove la cultura della società è sessista (le leggi esistono, ma non vengono fatte rispettare). La violenza di genere si attua: Nell oggettività (divisione del lavoro, ordine familiare e domestico). Nella soggettività (strutture mentali, categorie di percezione e di valutazione). E solo in quest ottica che si può comprendere perché si ritiene che le donne diventino complici/vittime del sistema di dominio. Gli stereotipi che si riferiscono alle donne che se la cercano sono ancora oggi molto forti. La rottura del rapporto di complicità che le dominate stabiliscono con i dominanti può essere attuata solo attraverso una trasformazione così radicale che porti le donne a non assumere più su se stesse il punto di vista dei dominanti. Ciò che si fa in un Associazione è un analisi di genere: una statistica di genere è una statistica che riflette adeguatamente la situazione di donne e uomini in tutte le aree della vita. Analizzare un fenomeno in un ottica di genere significa capire quali ricadute ha quel fenomeno sul genere femminile e/o su quello maschile e misurare le disparità tra un genere e un altro. Nel 1993 le Nazioni Unite, hanno emesso la seguente definizione di violenza contro le donne: Ogni atto di violenza di genere che arreca sofferenza fisica, psicologica, sessuale alle donne, incluse minacce di esercitare tali atti; coercizione o arbitraria deprivazione della libertà sia nella vita. 5

10 Quali sono i gruppi di donne maggiormente a rischio di violenza? donne appartenenti a gruppi di minoranza; donne rifugiate; immigrate; donne istituzionalizzate o detenute; bambine; donne con disabilità; donne anziane; donne nei conflitti armati. Quello delle donne immigrate è un problema emergente, numerose sono le testimonianze di violenze ed alti i livelli di schiavitù alle quali sono sottoposte; si tratta di donne spesso sole, senza una rete di supporto. Rispetto alle donne anziane, invece, le situazioni di violenza non sono quasi mai riconosciute. Amnesty International ha promosso una campagna contro la violenza alle donne che riporta dati allarmanti. In un campione demografico del villaggio globale di 1000 persone, le donne sono 500: sarebbero 510, ma 10 non sono mai nate; 300 donne sono asiatiche; 167 saranno picchiate o esposte alla violenza nel corso della vita; 100 saranno vittime di stupro o tentato stupro. Mancano all appello 60 milioni di ragazze a causa degli aborti selettivi o cure inadeguate perché meno importanti dei ragazzi. Gli studi su campioni di popolazione permettono di conoscere l estensione di un fenomeno all interno della società: sono particolarmente utili per monitorare il trend nel tempo, costruire consapevolezze e sviluppare politiche. Nella seconda metà degli anni novanta sono stati condotte molte indagini di rilevazione del fenomeno. Una pubblicazione che passa in rassegna più di 50 paesi (Hellsberg & Heise, 2005) indica che una percentuale compresa tra il 10 e 60% di donne sposate o che sono in una relazione intima hanno fatto esperienza di almeno un episodio di violenza fisica da un loro partner. La maggior parte degli studi indica una prevalenza di violenza dal partner in una percentuale tra 20 e 50% nel corso della vita. Le indagini ci dicono che una % tra il 20% e il 40% di donne ha subito tentativi di violenza sessuale da uomini conosciuti o partner. Una rassegna di 25 studi indica che una % tra 11 e 32% di donne ha subito un abuso sessuale nell infanzia. 6

11 ALCUNI DATI La violenza domestica nel mondo: Almeno una donna su tre è stata picchiata, costretta a rapporti sessuali, o ha subito qualche forma di abuso. Nel mondo, fino al 70% degli omicidi femminili avvengono per mano del partner o dell ex. Più della metà in Europa (OMS 2002). In Kenya viene uccisa più di una donna alla settimana; in Zambia 5 donne alla settimana; In Egitto il 35% delle donne ha subito violenza dal marito; negli Stati Uniti una donna viene picchiata dal partner ogni 15 (U.N. Study on the World s women, 2000); in Nuova Zelanda il 20% delle donne dichiara di aver subito violenza (Unicef 2000); nella Federazione Russa, donne vengono picchiate ogni giorno (OMCT 2003, Ong); in Canada i costi della v.c.d. ammontano a circa un miliardo e mezzo di dollari, inclusi costi cure mediche e costi minore produttività. La violenza domestica in Europa dati del Consiglio d Europa: Nei paesi europei la percentuale delle donne che subisce violenza domestica va dal 20% al 50%, a seconda del paese. 1 donna su 5 ha subito violenza da un partner, il 95% delle volte l episodio è accaduto a casa. In Portogallo il 52,8% delle donne hanno dichiarato di essere state vittime di gravi violenze dai loro partner; in Spagna più dell 11% delle donne; nel Regno Unito il 26% delle intervistate è stata vittima di violenza domestica; in Austria, la violenza contro le donne è causa di separazione nel 50% dei casi; in Olanda il 20% delle donne ha subito violenza domestica; il 42.4% di donne in Lituania è stata vittima di violenza fisica e/o sessuale dal partner; in Turchia il 32% delle donne; in Ungheria il 10% delle donne dichiara di aver subito violenza sessuale in un contesto domestico; nella Repubblica Ceca il 32%. L Austria è uno dei paesi più avanzati per quel che riguarda le legislazioni, quando una donna denuncia un episodio di violenza, l uomo viene immediatamente allontanato da casa, mentre in Italia è la donna che se ne deve andare. 7

12 La violenza domestica in Italia: Ricerca Urban condotta in 25 città italiane su un campione totale di donne e uomini sulla percezione del fenomeno della violenza contro le donne. Una percentuale compresa tra 9,5% e 22,3% delle donne intervistate ha dichiarato di aver subito violenza da parte del partner nel corso della propria vita. Le donne sono restie a denunciare l accaduto per motivi sociali e culturali. La violenza sessuale: 1 donna su 7 in Europa ha subito uno stupro o è stata costretta a un rapporto sessuale. Francia: 1 donna su 5 ha subito un aggressione sessuale; l età della vittima va da 2 a 90 anni il 90% sono uomini di cui la metà è sposato o in una relazione stabile; il 70% sono stupri premeditati; solo il 3% degli uomini ha un disturbo psichiatrico; (Consiglio d Europa, 2000); Germania: il 14,5% ha subito violenza sessuale da un amico o da un parente; (EWL study, 1999); Ungheria: 10% delle donne ha subito uno stupro; Italia: 9 milioni e mezzo di donne di età anni ha subito almeno una molestia sessuale; hanno subito uno stupro o un tentativo di stupro nel corso della vita (ISTAT, 1997/98). Gli omicidi (Consiglio d Europa): Ogni anno più di 600 donne vengono uccise nei 15 paesi membri dell Unione Europea. Francia: 6 donne al mese; Spagna: 1 donna ogni 4 giorni; Regno Unito: 2 donne alla settimana; Finlandia: 27 donne all anno; Germania: 300 donne all anno; Romania: 12,62 per milione di donne ogni anno; in Norvegia il 6,58; 5,56 in Lussemburgo; in Danimarca il 5,42 e in Svezia il 4,59. I fattori di rischio: I fattori di rischio sulla violenza sono difficilmente isolabili. Le ricerche hanno invece messo in luce che esistono fattori di rischio che possono aumentare la probabilità che una donna venga maltrattata. Fattori socioculturali: cultura patriarcale con ruoli di genere rigidi. Fattori socio-strutturali: povertà o basso reddito del violento; dipendenza economica della donna; disponibilità e qualità dei servizi di prevenzione e di intervento. 8

13 Familiarità: Aver assistito o aver vissuto situazioni di violenza intra-familiare (donne che hanno subito violenze fisiche da bambine hanno un rischio 2 o 3 volte superiore di avere una relazione con un violento). Donne che lasciano il violento. Impunità del violento. National Institute of Justice U.S.A Istituto di ricerca, sviluppo e valutazione, Ricerca comparata svolta in Svezia, Norvegia e Finlandia 2001 Campione: donne di età anni La violenza rilevata è continuata SVEZIA FINLANDIA NORVEGIA Violenza nel corso della vita 46% 40% 51% Violenza nella relazione attuale 11% 22% 9% Relazione precedente 35% 50% 36% Rapporto differenza violenza ieri/oggi 3/1 2/1 4/1 La rilevazione dei dati nei servizi: servono a identificare l incidenza della violenza in una popolazione specifica; contribuiscono a stabilire i costi che sostiene la società nel dover rispondere al problema; sono utili a fare una stima di quanta formazione sia necessaria tra i professionisti dei servizi; contribuiscono alla valutazione della risposta data dal servizio e a monitorarne l efficacia: dati da cui partire per formulare nuove procedure e nuove politiche per rispondere al maltrattamento domestico. Strategie di intervento nei casi di violenza contro le donne all interno dei servizi indagati nella città di Trieste. L indagine effettuata su 100 operatrici/ori dei servizi ha rilevato che: Il 70,3% delle/gli operatori/trici dichiarano che non esistono protocolli nei casi di violenza domestica; sono in fase di attuazione (10%); il 28,7% delle/gli operatrici/ori si sono dati una procedura personale di intervento. 9

14 Rete antiviolenza: La Rete è importante, è il coordinamento permanente di tutti quei soggetti istituzionali e non che tra le loro finalità hanno il contrastare il fenomeno della violenza contro le donne. La Rete promuove e avvia processi e politiche di cambiamento sociale. La Rete formale e informale delle risorse: Al centro della Rete c è la donna. Tutti i soggetti istituzionali e non che sono chiamati a intervenire nel momento in cui una donna decide di mettere fine alla situazione di violenza sono coinvolti nella rete: le forze dell ordine, il tribunale, i servizi sanitari, i servizi sociali, la rete relazionale e il centro antiviolenza. Le donne che non riescono ad attivare un percorso di uscita dalla violenza hanno paura, hanno bisogno di essere protette. Una donna che vuole uscire da una situazione di violenza deve interagire su un piano: personale (aveva fatto un investimento sul matrimonio, è in una situazione di dipendenza psicologica, non riesce a rappresentarsi mentalmente una vita da sola, ecc.), istituzionale (servizi sociali, sanitari, tribunali, ecc.), socio-culturale (spesso la famiglia non aiuta, ma è importante indagare per capire se può rappresentare una risorsa o un ostacolo). Tutti i piani dovrebbero interagire con la visione condivisa che la violenza contro le donne è un atto inaccettabile che va considerato un crimine. Una donna che subisce violenza ha bisogno di protezione, la richiesta di protezione è uno dei maggiori bisogni. In un Centro Antiviolenza, solitamente, arrivano donne che riconoscono di aver subito violenza. Esiste un ciclo della violenza che ha le caratteristiche di una exalation che va da una prima fase di nervosismo ad una seconda fase in cui si ha un esplosione di violenza contro la donn; si passa quindi alla fase della luna di miele, delle richieste di perdono Scusami, ma è colpa tua perché mi fai arrabbiare, Ero nervoso, Non lo farò più... Tra un episodio di violenza e un altro possono passare anche anni, poi però lo spazio tra essi diminuisce ed il motivo e l oggetto per le successive e sempre più frequenti esplosioni diventa futile, la fase della luna di miele, a questo punto scompare e la donna inizia a rendersi conto che non può essere colpa sua. Una risposta non coerente con l idea che la violenza è un crimine avvantaggia il violento che continua ad esercitare violenza, molto spesso anche dopo la separazione. 10

15 Malgrado le denunce l uomo violento sembra sfuggire ad ogni controllo del sistema giudiziario, sociale, sanitario. I Centri Antiviolenza devono agire a livello individuale, istituzionale e politico per sostenere (advocacy) ed essere solidali. ADVOCACY parte dal presupposto che: le donne hanno o dovrebbero avere certi diritti basilari (diritto ad essere protette, diritto a non essere picchiate ecc.), i diritti sono rafforzabili attraverso le procedure amministrative, giudiziarie (accedere a risorse economiche, ottenere decreti di allontanamento del violento, ottenere la certezza della pena), gli sforzi sono focalizzati sugli errori istituzionali che producono o aggravano i problemi della donna maltrattata (segnalare l inadeguatezza delle risposte istituzionali). Gli strumenti fondamentali: l affiancamento alla donna in tutte le fasi, la formazione degli operatori, la promozione dell uscita da una situazione di violenza e la promozione della cultura di genere. 11

16 Lavori di gruppo I vari gruppi, grazie ai numerosi e differenti professionisti di cui erano composti, hanno avuto la possibilità di avere una visione ampia e multipla del fenomeno. Alcune osservazioni emerse: le persone che hanno subito violenza si trovano spesso sole per paura, pregiudizi socio-culturali, ecc.; le donne che arrivano ai servizi, solitamente, non hanno consapevolezza della violenza ed il tipo di violenza che viene visto dagli operatori è solo quello macroscopico; le donne straniere vivono le denunce come delle auto-denunce; sarebbe importante attuare un percorso di prevenzione rivolto agli uomini; accordo sull importanza del lavoro di rete. Tutte le strutture dell Azienda dovrebbero diventare un punto di riferimento per le situazioni di violenza, ogni operatore dovrebbe essere in grado di dare delle risposte. Tutti i partecipanti condividono l importanza del progetto e l importanza di offrire anche uno spazio neutro di accoglienza (Comune di Rimini) in cui poter accogliere le donne. 12

17 LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE Seconda giornata: 21 Ottobre 2005 L accoglienza alla donna vittima di violenza sessuale Docente: Dr.ssa Daniela Gerin Ginecologa Responsabile del Progetto Salute Donna dell Azienda per i Servizi Sanitari n 1 Triestina Le tematiche che approfondirò in questo incontro riguarderanno: La violenza ed i rischi per la salute e L accoglienza della donna vittima di violenza. Quando si parla di accoglienza è essenziale avere presente una metodologia di lavoro ben definita, ma è altrettanto importante possedere una consapevolezza reale della situazione. Può accadere che alcuni operatori trovandosi di fronte a casi di violenza, siano soggetti a banalizzazioni: Se l è cercata, Tanto arriva qui ogni settimana, E un problema di tipo sociale... questi ed altri sono atteggiamenti che potremmo definire di scaricamento del problema. Oggi per fortuna, le cose sono cambiate e la formazione degli operatori ha permesso di fare grandi passi in avanti. L ottica di genere è un importante strumento di lettura, bisogna tenere conto del fatto che esiste una patologia ed una sofferenza fisica e psichica che appartiene soltanto al genere femminile. Cercherò di darvi un inquadramento del problema: La violenza sulle donne è una delle forme di violazione dei diritti umani più diffusa ed occulta nel mondo (Irene Khan, Segretaria Generale Amnesty International). Negli anni Amnesty International ha presentato un programma nel quale si sottolinea che: la violenza sulle donne è parte di una cultura globale che nega alle donne pari opportunità e pari diritti e legittima la violenta appropriazione del loro corpo per gratificazione individuale o scopi politici. Milioni di donne nel mondo sono terrorizzate da violenze domestiche, schiavizzate in matrimoni forzati, comprate e vendute per alimentare il mercato della prostituzione, violentate come trofei di guerra o torturate in stato di detenzione. Il Consiglio d Europa ha dichiarato che la violenza domestica è la principale causa di morte e di invalidità per le donne di età compresa fra i 16 e 44 anni, con un incidenza maggiore di quella provocata dal cancro o dagli incidenti automobilistici (Assemblea settembre 2002). Nel 1999 negli Stati Uniti l 85% delle vittime di violenza domestica era costituito da donne (Documento ONU febbraio 2003). In tutto il mondo oggi mancano all appello più di 60 milioni di donne quale risultato dell aborto e dell infanticidio selettivo (Amartya Sen Nobel per l Economia 1998). 13

18 Vi illustrerò ora la legge Regionale 17/2000 del Friuli Venezia Giulia ad indicare l atteggiamento di attenzione al problema e l importanza della legislazione locale. - art. 1 - Principi La Regione Friuli Venezia Giulia riconosce che ogni tipo e ogni grado di violenza sessuale, psicologica, fisica ed economica contro le donne costituisce un attacco all inviolabilità della persona e alla sua libertà alle donne è assicurato il diritto eventualmente con i propri figli ad un sostegno temporaneo al fine di ripristinare la propria inviolabilità - art. 2 - Finalità 1. La Regione promuove, coordina, stimola iniziative per contrastare il ricorso all uso della violenza tra i sessi, intervenendo con azioni efficaci in tutti gli ambiti sociali a partire da quello familiare 2. La Regione riconosce e valorizza i percorsi di elaborazione culturale e le pratiche di accoglienza autonome e autogestite dalle donne 3. La Regione favorisce e promuove interventi di rete con l insieme delle istituzioni, associazioni, organizzazioni, enti pubblici e privati 4. E fondamentale che la rete abbia una visione globale del problema. Parliamo ora di ciò che è necessario sapere sulla violenza. La violenza è spesso nascosta, è importante domandare alle donne se ne sono mai state vittime, anche se ci si troverà spesso a dovere fare i conti con la paura, la vergogna, il senso di colpa. La paura è un segno di consapevolezza (al rientro a casa la punizione potrebbe essere maggiore, ecc.), la vergogna nasce perchè ci si sente incapaci di reagire ed il senso di colpa è legato all incapacità di uscirne. La violenza è intrafamiliare e cronica, è la cronicità a generare e a rappresentare la violenza, non è mai un episodio sporadico. Spesso il corpo parla da solo, i sintomi fisici e non (gli attacchi di panico, i dolori, le depressioni, l abuso di alcool, i danni fisici...) sono sempre presenti in queste persone. La violenza causa gravi danni in gravidanza e numerosi studi riportano percentuali allarmanti: tra il 4 e l 8% delle donne in gravidanza sono vittime di abuso. Ogni ora una donna in gravidanza subisce violenza nel mondo. I danni sono legati a nascite di bambini con basso peso, ecc. la violenza avrà, inoltre, una grossa influenza rispetto alle capacità genitoriali. Di fronte ad una donna in gravidanza una domanda su eventuali esperienze di violenza subita dovrebbe sempre essere fatta e, se posta con delicatezza è anche, solitamente, ben accettata. 14

19 I fattori di rischio per la violenza sono considerati la giovane età, l avere subito violenze precedenti, gravidanze indesiderate, ecc. Il picco sembra collocarsi tra i 16 e i 18 anni d età. Vorrei illustrarvi quelli che possono essere definiti i nostri limiti: La difficoltà a credere: alcuni racconti sono così particolari ed esagerati che spesso sono difficili da credere (accade spessissimo con gli abusi sui minori). Il racconto deve essere comunque sempre vagliato come possibile. Questa difficoltà è legata a limiti culturali e conoscitivi, conoscere vuole dire leggere, informarsi, partecipare a corsi di formazione, ecc. Il secondo limite è di facile risoluzione, ma diventa complicato se non si riesce a risolvere il primo. La paura del troppo coinvolgimento: la paura che spesso emerge è quella di entrare dentro, di mettersi in gioco, occorrono invece, nella giusta misura empatia e solidarietà. La paura della responsabilità. Cosa, invece, è importante non fare? Giudicare: questo accade di frequente, ad esempio, nei confronti di prostitute che si presentano con un abbigliamento provocante; non bisogna dimenticare che niente e nessuno autorizza qualcuno alla violenza. Sottovalutare: al pianto, all agitazione, ecc. non viene posta sufficiente attenzione. Psicologizzare : si tratta di un mancato rispetto dei diritti umani. Non avviene con il genere maschile perché non esiste parità (ottica di genere). Psicologizzare vuole dire, ad esempio, pensare che sia la donna ad avere dei problemi, visto che, uscita da una storia di violenza si lega di nuovo ad un uomo abusante In realtà sappiamo che più si vive nella violenza più aumenta l isolamento, la dipendenza e più si pensa che non possa esserci dell altro, ci si trova in un tunnel che è lontano dall essere una scelta della donna ed è, ancora una volta, un tunnel di genere. Ritenere che il problema non è mio. Scaricare : affidare ad un altro servizio, delegare il più in fretta possibile, è questo l atteggiamento messo in atto di frequente dagli operatori. Accontentarsi di segnalare al superiore. Cosa, invece, è importante fare? Ascoltare: la metodologia di lavoro indicata è quella che insegna ad ascoltare e a recepire. Credere: è possibile che si presentino donne che raccontino storie inventate, ma nella maggior parte dei casi si tratta di situazioni reali. Il punto di partenza deve essere quello di credere senza sospetto. Dare priorità e disponibilità all ascolto. 15

20 Consultare (colleghi, servizi, professionisti). Segnalare o denunciare. La violenza contro le donne è caratterizzata da due momenti, quello del riconoscimento e quello del non riconoscimento della stessa. Il riconoscimento è fondamentale ed una buona formazione può aiutare in questo senso, anche se, in ogni caso, il problema può comunque essere negato o sottovalutato dagli operatori. Una cosa da non dimenticare è che non è vero che se non esiste un riscontro medico allora non c è stata violenza, questo non si può mai dire. Quando il problema viene riconosciuto, occorre considerarlo e fornire delle risposte adeguate; le risposte inadeguate si hanno quando si inceppano o non esistono raccordi con la rete. Ognuno di noi dovrebbe dare il proprio contributo, ognuno è importante per combattere il fenomeno della violenza e per aiutare le tante donne che ne sono vittime. Questa campagna è diversa da tutte le altre, in quanto chiede ad ognuno di noi di assumersi la propria responsabilità. La violenza sulle donne (e sui minori ) cesserà soltanto quando ciascuno di noi sarà pronto ad assumersi l impegno a non commetterla, a non permettere che altri la commettano, a non tollerarla, a non arrendersi finché essa non sarà eliminata in ogni parte del mondo. Irene Khan, Segretaria Generale Amnesty International. Vorrei spiegarvi meglio cos è l ottica di genere: è un modo per analizzare il problema, per creare e organizzare percorsi adatti alle donne. E importante conoscere il fenomeno e la sua origine, capire che ad agirlo per vari motivi, è il genere maschile. Riprendendo le parole chiave dei Percorsi che avete realizzato, desidererei soffermarmi sulla parola triage: per le donne abusate che si recano al Pronto Soccorso, il codice di priorità dovrebbe sempre essere rosso. Questo codice è giustificato dai tempi obbligati che ha la donna (dover ritornare a casa, ad esempio, per riuscire a preparare il pranzo) e dalla segretezza (fare tutto in modo che l uomo non lo venga a sapere, nemmeno dai bambini). Un altro elemento di fondamentale importanza è la riservatezza. L anamnesi dovrebbe essere fatta in un contesto protetto e in rapporto a due con l operatrice, anche per liberare la donna dal controllo spesso esercitato da chi la accompagna. Un altra situazione delicata è data dalla donna immigrata: è importante che ci sia rispetto per l altra cultura, ma la metodologia deve rimanere sempre la stessa. Il colloquio deve sempre essere a due (anche nel caso di persone di 16

21 religione mussulmana) ed il dialogo deve essere lo stesso per ogni cultura. Attenzione al razzismo ed alla compassione. E importante offrire alla donna la possibilità di trattenersi in ospedale per un ricovero, ma è necessario considerare i tempi giusti e soprattutto, dare alla donna l opportunità di scegliere. Il fatto di rimanere fuori casa può essere, in alcune situazioni, molto rischioso. Ciò che bisogna fare sempre e comunque, è offrire informazioni chiare a proposito di dove rivolgersi, chi poter contattare, ecc. Vorrei rivolgermi ora agli Assistenti Sociali: il linguaggio tipico che viene utilizzato in questi casi è quello del conflitto familiare. Il rischio è di scambiare il conflitto con la violenza; bisogna distinguere i singoli ruoli ed i singoli comportamenti. 17

22 Violenza alle donne: esperienza di un medico di famiglia Docente: Dr.ssa Margherita De Marchi Medico di Medicina Generale, Belluno Mi presento, sono un Medico di Base, lavoro presso l Azienda USL di Belluno e come Presidentessa e Operatrice di un Centro Antiviolenza. Il mio impegno a favore delle donne vittime di violenza è nato nel 1999 in maniera casuale, leggendo un articolo che riportava statistiche allarmanti del fenomeno. Questi dati mi hanno colpita e mi sono resa conto che a Belluno non esisteva un servizio specifico così, iniziai a pensare ad una ricerca sull argomento che realizzai insieme ad altri 5 Medici di Base. Seguimmo un percorso di formazione guidati dalla dr.ssa Patrizia Romito e iniziammo a somministrare nei nostri ambulatori un questionario anonimo sulla violenza fisica, sessuale e psicologica (modificato da un altro già utilizzato in una precedente ricerca a Trieste) ad un campione di circa 500 donne. I dati ottenuti concordano con quelli maggiormente presenti in letteratura. Più dell 80% delle donne ha accettato di rispondere al questionario pur sapendo che era sulla violenza. Un quarto delle intervistate ha subito violenze fisiche e/o sessuali da parte di un uomo nel corso della propria vita e una su dieci le ha subite da parte del partner o ex partner; se si parlava di violenza psicologica le percentuali aumentavano notevolmente. Per quanto riguarda la violenza sessuale, nel 6% dei casi si trattava di uno sconosciuto, nel 63% dei casi di un partner o di un ex partner, nel 20% dei casi di un familiare; alcune donne hanno subito violenza anche in gravidanza. La ricerca ha permesso di indagare (grazie all utilizzo di una scala sulla depressione) la presenza di depressione e l utilizzo di psicofarmaci. Una donna su due tra quelle che hanno subito violenza soffre di depressione. Il 23% di coloro che non hanno subito violenza fa uso di psicofarmaci, contro il 44% di coloro che hanno subito violenza. E interessante sottolineare che la maggior parte delle donne desidera parlare delle violenze subite, nel questionario avevamo aggiunto una domanda: Secondo lei, è giusto che il medico di base faccia a tutte le donne che affluiscono all ambulatorio una domanda su possibili violenze? L 83% aveva risposto di si. Terminata la ricerca la mia vita è cambiata, ho iniziato ad accorgermi della violenza intorno a me e nella vita professionale, per molte ragazze, troppe ancora oggi, il primo rapporto sessuale è a tutti gli effetti un atto di violenza. Ho iniziato a porre attenzione a tutte quelle donne che si presentavano di frequente nel mio ambulatorio lamentando stanchezza o dolori di vario genere; una di queste un giorno mi raccontò che il marito la picchiava con una certa sistematicità ed io le chiesi se in tutti questi anni aveva mai pensato di andarsene la donna non mi rispose e cambiò medico. Ho capito in seguito, che non era stato il modo giusto per aiutarla. 18

23 Vorrei ora raccontarvi il caso di una paziente psicotica la cui madre un giorno mi raccontò che la figlia le aveva confidato di una violenza subita da parte di un insegnante, io le chiesi se, invece, la violenza non fosse avvenuta all interno della famiglia. Soltanto a distanza di anni, quando il padre morì per un tumore, la sorella maggiore raccontò di essere stata stuprata da piccola dal padre. E possibile che alla ragazza creasse troppa sofferenza raccontare che si trattava del padre, e che abbia in qualche modo attenuato il dolore parlando dell insegnante. Questo ci dice che anche le pazienti psichiatriche hanno il diritto di essere credute, sappiamo che una violenza può essere una situazione scatenante, ma anche una determinante la malattia psichiatrica. A seguito della ricerca realizzata a Belluno, numerosi colleghi a me vicini sono diventati più sensibili a questa problematica, una mia amica psichiatra mi racconta oggi, che una su due delle sue pazienti ha subito violenze. Ho un amico radiologo che mi ha raccontato di avere visto in Pronto Soccorso una donna che aveva due costole rotte, si è accorto però, che tutte le altre erano state rotte in passato, si vedevano pregresse fratture, l ha segnalato nel referto. Per quanto riguarda le mie pazienti, prima della ricerca ne avevo 4 che avevano subito violenze, oggi ne ho 38: 20 hanno subito violenza fisica, 15 violenza sessuale, 6 molestie sessuali (anche da parte di medici), 1 minacce da parte di un ex compagno, 2 violenze in gravidanza (entrambe conclusesi con l aborto), 1 caso di minacce con tentativi di estorsione. Molte donne hanno subito più tipi di violenza. Molte di loro avevano subito la violenza quando erano bambine o adolescenti, una ragazzina di 15 anni è stata stuprata da 3 coetanei, uno era un amico di famiglia; una bambina di 7 anni dal vicino di casa, un altra dai 14 ai 16 anni ha subito violenze e molestie sessuali da parte del padre in occasione dell assenza temporanea della madre per motivi di salute. Per quanto riguarda gli autori, solo in un caso era uno sconosciuto, quasi sempre si trattava del partner, uomini normali, insospettabili, solo 6 gli stranieri, nessuno con problemi psichiatrici. Vi racconto un caso che mi ha colpita particolarmente, si tratta di una donna che conosco da sempre, solo dopo 42 anni mi sono accorta che aveva subito violenze. A 7 anni è stata stuprata dal vicino di casa, non l ha mai raccontato a nessuno fino a quando ha deciso di confidarlo al marito che ha iniziato a stuprarla e a picchiarla; questo aspetto è da sottolineare, spesso si sottovaluta quanto una donna stuprata per molti uomini sia una donna che si può ancora stuprare, come se il precedente abuso autorizzasse i successivi. Dopo la realizzazione di questa ricerca abbiamo creato un gruppo di lavoro ed abbiamo aperto nel 2003 a Belluno un Associazione; da un anno è attivo anche un Telefono Rosa. La formazione continua è molto importante, deve essere una costante in un gruppo che si occupa di violenza e serve, prima di tutto, a liberarsi dai pregiudizi. 19

24 La mia formazione è stata estremamente facilitata dalla conoscenza di donne come Daniela Gerin, Patrizia Romito e altre, Patrizia Romito è una delle più grosse ricercatrici italiane. Il primo caso di violenza che mi sono trovata di fronte come medico di base è stata una donna straniera che ho accompagnato in questura e che ha dichiarato di venire picchiata dal marito due, tre volte la settimana; ricordo che l ispettrice continuava a chiederle il perché, secondo lei, doveva esserci un motivo ho calcolato che in quattro anni di matrimonio questa donna è stata picchiata dalle 400 alle 500 volte. La violenza contro le donne è un problema politico, sociale, culturale, ma anche medico, perché le conseguenze sulla salute psicofisica sono devastanti. La donna che subisce violenza utilizza tre volte di più i servizi socio-sanitari, gli psicofarmaci, perde giorni di lavoro e va più facilmente incontro a invalidità permanente, costa quindi alla società molto di più ed è uno dei motivi per cui l Organizzazione Mondiale della Sanità ha cominciato ad occuparsene. Una donna che ha subito violenza può andare incontro a tutti i tipi di malattie. I sintomi che ci possono mettere maggiormente in allarme sono: ematomi, traumi cranici, rottura del timpano, tagli, bruciature, abrasioni, ecc. (le lesioni vanno ricercate perché spesso sono nascoste, raramente l uomo colpisce dove si vede e di fronte a testimoni); è importante effettuare un esame completo e dettagliato. Le conseguenze della violenza sessuale possono portare a infezioni nell apparato genitale, a disturbi della sfera sessuale urinaria, a gravidanze non volute, ecc. Numerose donne muoiono a seguito di una violenza o tentano il suicidio (una ricerca francese riporta che il rischio di suicidio è 26 volte maggiore in casi di violenza sessuale subita). Le conseguenze psicologiche riscontrate nella maggior parte dei casi sono: disturbo post-traumatico da stress, disturbi alimentari, disturbi d ansia, depressione, abuso di alcool, psicofarmaci e/o sostanze stupefacenti, ecc. La domanda sulla violenza subita deve essere posta sempre e da tutti i professionisti, perché non esistono disturbi tipici che possano segnalarcene la presenza e nella maggior parte dei casi la donna risponde molto serenamente. 20

25 Discussione Domanda: Lavoro al Pronto Soccorso, un osservatorio di certo privilegiato. Credo che sia necessario fare emergere il sommerso nella pratica quotidiana, ma come fare?. Per quanto riguarda il codice rosso è difficile che venga applicato in casi di questo tipo, un altro limite è dato, secondo me, dalla necessità di fotografare i segni della violenza. Risposta: L importante è che venga data una certa priorità alla donna, perché è molto grave lasciare che se ne vada via. Per quanto riguarda la fotografia, in caso di impossibilità o di difficoltà si dovrebbe sostituire almeno, con una descrizione dettagliata. Domanda: Per donne immigrate, di cultura diversa, può essere difficile trovarsi di fronte ad un professionista di sesso maschile. Risposta: Infatti, in molte situazioni è opportuno coinvolgere la mediatrice culturale che può rappresentare una risorsa importante, è fondamentale che anche questa figura sia adeguatamente sensibile, accogliente e formata. Domanda: Credo che l aggancio non possa essere istituzionale e che l idea dello sportello sia ottima, ci vuole un luogo neutro dal punto di vista degli obblighi istituzionali. Risposta: La violenza alle donne è un problema di sanità pubblica. La donna dovrebbe potere avere la possibilità di scegliere se rivolgersi ad un centro antiviolenza o ad un servizio. Diversificazione e specializzazione dei punti d ascolto. Il Sistema Sanitario è quello che può permettere la costruzione della rete. Risposta: Per concludere vorrei introdurre il concetto di Resilienza: la donna ha attivato sempre e dovunque risorse per rispondere alla violenza. Si tratta di una capacità di elaborare la violenza, di viverla e di uscirne. Esistono situazioni in cui le donne sono così deboli da necessitare di uno sportello sociale per occuparsi dei figli, in tali casi attivare i servizi è fondamentale. 21

26 LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE Terza giornata: 14 Novembre 2005 Presentazione Docente: Dr.ssa Maria Maffia Russo U.O. di Psicologia e Tutela Minori Responsabile del Progetto Dafne Prima di dare la parola alla dr.ssa Daniela Abram e alla dr.ssa Susi Pelotti che ringrazio per essere venute, vorrei illustrarvi il taglio che avrà il loro lavoro. Riguarderà il tema della sicurezza, relativamente all uso degli strumenti medico legali e giuridici finalizzati da una parte a dare protezione alla donna, dall altra a permettere agli operatori sociosanitari l esercizio dei propri doveri e delle proprie responsabilità. Nella presentazione della prima giornata del corso abbiamo parlato del Progetto Dafne come di un progetto che acquista senso solo se è articolato in una dimensione di rete, se è collocato in un territorio in cui ci siano degli spazi affinché le donne possano essere ascoltate, credute, prese in carico, anche se non hanno bisogni che si caratterizzano specificatamente come sanitari, di tipo medico, psicologico e di tipo psicosociale. E stato aperto a tal fine uno sportello Dafne presso la Casa delle Donne del Comune di Rimini. Lo sportello ha un numero di telefono: al quale si possono rivolgere le donne, risponde un operatrice esperta ed è aperto il mercoledì dalle 15 alle 18. Questo spazio offre oltre all ascolto, alle informazioni e ad un eventuale presa in carico, anche l opportunità di avere un orientamento di tipo legale, una volta ogni 15 giorni sarà presente un avvocatessa. E un luogo nel quale le donne possono accedere autonomamente e spontaneamente. A noi preme molto che si diffonda la notizia dell apertura dello sportello perché l informazione è cruciale quando si parla di queste problematiche. E aperto da due pomeriggi ed abbiamo già ricevuto telefonate da donne che chiedono aiuto. Passo ora la parola alla dr.ssa Daniela Abram, buon lavoro a tutti noi. 22

27 Aspetti legislativi ed obblighi giuridici Docente: Daniela Abram Avvocato, Bologna Buongiorno a tutti, vi ringrazio di questa occasione perché ritengo che siano sempre molto importanti questi incontri, offrono la possibilità di valutare da punti di vista diversi, quello legale, quello medico, quello psicologico, quello dell assistenza, una realtà che sta prendendo sempre più visibilità anche in Italia. Credo che sia fondamentale confrontare i saperi pur nel rispetto delle diverse professionalità, perché il fenomeno del maltrattamento può avere una via d uscita se si mettono insieme competenze diverse. Il primo punto è quindi quello di costruire una rete di sostegno e di sicurezza per la donna vittima di violenza. Sappiamo che il maltrattamento familiare ha delle dinamiche sue proprie che ne fanno un fenomeno estremamente particolare; quando la violenza domestica si innesta in una relazione, diventa una sorta di pendolo che oscilla tra momenti di crisi e momenti di speranza di recupero. Solo da poco tempo, dagli anni 90, lo stesso mondo giudiziario prima che normativo, si è fatto carico di questo importante fenomeno e del suo contenuto. Di questo va dato merito agli operatori sociali, agli operatori del terzo settore, alle associazioni di volontariato che costruendo una scienza, un sapere specifico del fenomeno, hanno consentito a noi giuristi di potere tradurre nel processo questa realtà. Pensate cosa poteva essere parlare di maltrattamento psicologico venti anni fa, non aveva alcun rilievo giuridico processuale. Esiste quindi, un sapere scientifico sul fenomeno che deve essere un punto di riferimento per tutti, anche in ambito giuridico Il Diritto non ha le gambe se non ci sono altri saperi che lo fanno camminare. Andiamo ora ad affrontare l argomento della tradizione normativa e giuridica del fenomeno del maltrattamento e della violenza. Gli ambiti giuridici sono due, non sempre si incontrano e si intrecciano, ma è importante conoscerli. L ambito apparentemente per eccellenza è l ambito penale, dove esistono delle figure di previsione di reato che se accertate portano alla punizione del colpevole; ha per scopo istituzionale l accertamento del reato, delle prove, l obbedienza alla condanna e interviene quando il reato è già accaduto. L ambito civile è il più vivace, il più trascurato per certi versi, ma consente di mettere in gioco alcune strumentazioni che direttamente o indirettamente mirano tutte a tutelare la persona da situazioni violente. Come dicevo, è in questo ultimo ambito che vi è una strumentazione più vivace, ma anche una strumentazione specifica, significativa, direttamente mirante al maltrattamento familiare. Ai fini di una corretta valutazione della strumentazione sia penale che civile, occorre tenere presente e sapere 23

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