GIORNATA DI STUDIO MITO E REALTA. Quando si può solo agire: acting e azione terapeutica

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1 GIORNATA DI STUDIO MITO E REALTA Quando si può solo agire: acting e azione terapeutica 12 novembre 2005 C. Busana, G. Gios e S. Bardella DSM USSL 5 (Vicenza) L UTILIZZO DELLA MINI-EQUIPE NELLA GESTIONE DEGLI AGITI DEI PAZIENTI GRAVI CON DISTURBO DI PERSONALITA BORDER-LINE Per comprendere le strategie adottate dall èquipe psichiatrica del Dipartimento di Salute Mentale dell ULSS 5 del Veneto Ovest-Vicentino nella gestione dei pazienti e nello specifico delle problematiche legate al lavoro con pazienti border-line gravi è necessario spiegare brevemente l organizzazione del lavoro delle èquipe del Centro di Salute Mentale. Organizzazione del DSM e suo collegamento con il Territorio Il territorio della Azienda ulss5-ovest vicentino ha circa abitanti ed è molto industrializzato nella zona centrale di Arzignano e di Montecchio Maggiore; è montuoso a Nord, Valdagno e Chiampo, prevalentemente agricolo a Sud. Il Dipartimento di Salute Mentale. dell U.L.S.S. 5 si articola nella seguente rete dei servizi: 3 Centri di Salute Mentale (C.S.M.) con annesso Day Hospital Territoriale (D.H.T.) nei comuni di Montecchio Maggiore, Valdagno e Lonigo; 1 sede ambulatoriale periferica (A.P.) ad Arzignano; 2 Comunità Terapeutiche Residenziali Protette (C.T.R.P.) a Montecchio Maggiore e a Lonigo; 1 Comunità Alloggio (C.A.) a protezione parziale ad Arzignano; 12 Appartamenti a protezione variabile nei comuni di Arzignano, Montecchio Maggiore, Lonigo, Chiampo, Valdagno e Recoaro Terme. 2 Centri Diurni (C.D.) a Arzignano e a Valdagno. Sono collegati con il DSM: gruppi di Auto-Mutuo-Aiuto (A.M.A.) con sedi nei comuni di Arzignano, Valdagno, Lonigo, Chiampo e Montecchio Maggiore; Cooperative del privato sociale per la gestione di strutture diurne, centri educativi e occupazionali di tipo A, Cooperative di tipo B; Cooperative del privato sociale che gestiscono le 2 RR.SS.AA di Lonigo e la RSA di Montecchio. 1

2 Figure professionali in dotazione del D.S.M.: medici 1 primario e 11 medici psichiatri, psicologi 3, assistenti sociali 5, educatori della riabilitazione 2, infermieri 40, operatori socio-sanitari (OSS) 35, Personale di cooperative convenzionate: psicologi 5, educatori 2, OSS 4. Le Comunità ed i Centri Diurni sono gestiti direttamente dal DSM con personale dirigenziale e assistenziale dipendente dall Azienda ULSS. Sono affidati a cooperative ONLUS del III settore: i CEOD (cooperative di tipo A) Centri Occupazionali Diurni che sono collegati con le cooperative di tipo B per gli inserimenti lavorativi integrati, i tirocini protetti nelle aziende e i corsi di formazione al lavoro. Il tutto in collaborazione con il Servizio di Integrazione al Lavoro che si occupa dell intera area dei Servizi Sociali compreso: handicap, tossicodipendenze e svantaggio sociale. Nel territorio sono attivi una ventina di gruppi di Auto-Mutuo-Aiuto rivolti ad utenti della salute mentale, sono gestiti dagli utenti stessi con l ausilio di facilitatori appositamente addestrati e provenienti dal mondo del volontariato.gli amici soci dei gruppi, circa 350 persone, si ritrovano per gestire assieme il tempo libero, alcune attività ricreative e di sostegno. I gruppi sono un utile complemento ai servizi nei tempi di chiusura degli stessi ed efficaci a scopo risocializzante. Essi mantengono un legame debole con il D.S.M., hanno collegamenti coi famigliari e le loro associazioni, secondo un ottica di lavoro in rete. Le relazioni paritarie che si instaurano all interno dei gruppi AMA permettono di considerare la persona nella sua globalità, evidenziando così di ognuno le risorse e le potenzialità che diventano patrimonio prezioso per la persona stessa, per il gruppo e per la comunità in genere. Essi sono un naturale strumento di diffusione nella comunità di una nuova cultura della salute mentale. Presa in carico Ogni psichiatra del dipartimento, compresi i responsabili di struttura e servizio, segue nell ambito di uno dei tre CSM i pazienti provenienti da un territorio di circa 15000/20000 abitanti. La presa in carico è longitudinale e continuativa: il paziente con problematiche psichiatriche gravi ha un medico di riferimento e, in molti casi, uno psicologo di riferimento. Entrambi collaborano alla costruzione del progetto terapeutico personalizzato. Viene individuato il case-manager che segue il paziente ambulatorialmente e propone, quando necessario, il suo inserimento in una struttura intermedia curandone tutti i passaggi: lista d attesa e individuazione delle priorità, presentazione del caso agli operatori delle Comunità o del Centro Diurno, inserimento, seguimento del progetto riabilitativo, dimissione e reinserimento sociale. Quando è necessario il terapeuta di riferimento interviene direttamente predisponendo il ricovero e collaborando con il medico responsabile del reparto per stabilire gli interventi terapeutici da porre in atto, sia di tipo farmacologico che rispetto al programma postdimissione. Il dipartimento è dotato del servizio di guardia medica psichiatrica continuativo nelle 24 ore. Tutti i medici sono a conoscenza delle strutture e dei servizi del DSM; conoscono altresì quasi tutti gli ospiti delle strutture intermedie e possono fornire e consigli 24h/24h agli operatori delle stesse anche in situazioni d urgenza. Il DSM è organizzato in modo tale che gli psichiatri operano in due strutture/servizi dividendo il tempo di lavoro tra uno o più Centri di Salute Mentale e un altro Servizio di 2

3 cui sono responsabili, referenti o consulenti (Reparto, Comunità Terapeutica, Centro Diurno,..). Il paziente è seguito dal proprio psichiatra di riferimento, ma viene gestito altresì all interno dell équipe, allargata o più ristretta, che gestisce la struttura intermedia. Gli investimenti transferali sono diversificati, così pure sono più articolate le decisioni prese nella quotidianità del lavoro terapeutico. Questo modello organizzativo integrato consente a tutti i medici di avere un legame con il territorio e al tempo stesso di mantenere una stretta collaborazione con le strutture stesse del dipartimento. Si evitano le dimissioni selvagge, i disinvestimenti terapeutici ( non è affare mio ciò che succede dopo ), i ricoveri affrettati e realizzati come semplice risposta all urgenza, gli inserimenti in comunità con il solo scopo di parcheggiare il paziente con gravi problemi comportamentali, disturbante o che non si sa come trattare ( lo ricovero lì così non ci penso più ). Le priorità degli inserimenti nelle strutture intermedie sono valutate da tutta l équipe e dagli operatori di riferimento con un coinvolgimento collegiale, il singolo programma riabilitativo è collocato in un programma di cura più vasto. Si concordano gli inserimenti, le dimissioni, i trasferimenti dalle strutture comunitarie a maggiore protezione a quelle meno protette. Si valutano nella équipe allargata le criticità e le problematiche cliniche più rilevanti. Il trattamento del paziente border-line Nel caso specifico dei pazienti affetti da disturbo di personalità border-line grave il lavoro terapeutico viene gestito da una mini-équipe composta dallo psichiatra di riferimento (case-manager) e dallo psicoterapeuta individuale. Il paziente è spesso inserito in una terapia di gruppo; sono previsti inoltre interventi di sostegno e cura della famiglia. Quando la complessità del caso lo richiede la mini- équipe può confrontarsi in ogni momento con l équipe più allargata, la quale è estesa ai responsabili di struttura, comunità e centri diurni, reparto e agli operatori coinvolti a vario titolo nel caso. All interno della rete dipartimentale operano varie strutture con diverse funzioni il Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura, le Comunità e i Centri Diurni, le quali tutte entrano in gioco a vario titolo nella definizione del processo terapeutico Storicamente il reparto è il luogo dove il paziente border line veniva accolto per brevi periodi a causa delle emergenze depressive o degli acting-out tipici dovuti al discontrollo degli impulsi. Si è constatata l importanza di ridefinire il ruolo di questo luogo di cura per trasformarlo da semplice contenitore dell angoscia a strumento di costruzione di un progetto individualizzato. Condizione necessaria poichè questo si attui è una diversa utilizzazione del fattore tempo. La durata del ricovero non è più determinata dall urgenza della dimissione o dagli obblighi del DRG, ma è guidato dal tempo dei bisogni individuali. Così pure si è resa evidente l importanza di trasformare la noia della degenza da elemento disturbante ad elemento di cura. Per esempio, il paziente impara a rispettare: gli orari, la vicinanza di altre persone, le regole da rispettare per fumare, l igiene personale, la convivenza; apprende altresì come elaborare i vissuti e controllare l impulsività. In questo difficile processo ha una funzione rilevante la partecipazione alle attività di gruppo che si tengono nel reparto. Il reparto è anche il luogo dove è permessa ed utilizzata la regressione scatenata da vari tipi di crisi, che si possono verificare sia a domicilio che nelle strutture riabilitative. Perciò il reparto si assume il compito di accogliere, elaborare e nel contempo permettere al 3

4 paziente e al suo entourage di ristrutturarsi su nuovi equilibri che consentano un successivo lavoro riabilitativo. Dal canto loro i Centri diurni e le Comunità terapeutiche assumono soprattutto il compito di stimolare e incoraggiare attivamente il paziente, che deve essere sufficientemente strutturato per affrontare un lavoro evolutivo, all interno della logica deficit-conflitto (Zapparoli). Fra le varie realtà si gioca una collaborazione che permette anche nei momenti più drammatici del percorso di cura al paziente una continuità che possa dare anche al peggioramento un significato di crescita. (Ferruta Anna ) Vogliamo esemplificare con un caso clinico la funzione svolta dal reparto nel gestire i gravi acting-out autolesionistici di una paziente trentottenne. Carla è affetta da disturbo di personalità border- line che agisce su di sé feroci azioni autolesive che mettono in seria crisi la famiglia, marito e figlia adolescente. Nessuno teme per la sua vita, ma è l atrocità dell impatto visivo delle lesioni (bruciature profonde sul dorso delle mani) a mettere in scacco sia la paziente che la sua famiglia. I gesti autolesionisti sono conseguenti al tumultuoso riemergere dei vissuti di abuso da parte del nonno materno, che continuamente si ripropongono durante il lavoro psicoterapico. Non basta solo una più pressante attenzione psicoterapica a contenere l agito che comunque mette in stallo l équipe curante. Anche in questo caso il reparto, oltre ad impedire l agito, ha una funzione, di contenitore emotivo rispetto alla paziente, alla famiglia e ai curanti. Dopo un lungo periodo di degenza che allontana la paziente dalle angosce legate all intimità coniugale e alla rabbia di reincontrare una madre colpevolmente distratta, si riprendono i contatti con i famigliari che prima la vedono solo per le visite, poi si propongono dei permessi brevi, fuori dal reparto e a casa. Questo lavoro è continuamente tarato sul sentirsi capace, da parte della paziente, di riavvicinarsi all ambiente domestico. I curanti della paziente, utilizzando il reparto come luogo terapeutico di contenimento fisico ed emotivo, hanno potuto lavorare senza temere il ripetersi di gesti autolesivi. Si è così evitato di cadere nella impotenza. Si evince che, con il tempo, si allentano le pressioni emotive e si esercitano piccole spinte evolutive che incrementano l autonomia e il controllo dell impulsività. Si sottolinea che durante il ricovero è importante il confronto con i terapeuti coinvolti nel caso e con il personale infermieristico e assistenziale del reparto perché i punti di vista sull andamento della cura sono diversi e questo costituisce la ricchezza del confronto. Le parti del paziente possono essere viste e integrate nella mente dei terapeuti e restituite im modo più integrato. Attualmente Carla ha ripreso a vivere a casa, dove ha trovato un ambiente più accogliente perché anche la famiglia ha potuto realizzare questo percorso di rielaborazione e ha percepito l équipe come luogo di cura. La paziente ha messo a dura prova l emotività del gruppo curante sia medico che infermieristico, che si è trovato a dubitare alternativamente dell autenticità dei vissuti d angoscia e delle manipolazioni della paziente, suscitando situazioni controtransferali opposte. La minaccia di un comportamento autodistruttivo o suicidarlo è l aspetto di maggiore impatto nel trattamento dei pazienti borderline ed è il punto che più frequentemente porta i terapeuti a deviare dal loro ruolo nella psicoterapia (Clarking John F. et al.) È importante, che la mini équipe che lavora sul caso clinico si confronti con l équipe più allargata quando il percorso del paziente necessita di un cambiamento legato ad un ricovero o ad un progetto riabilitativo nel centro diurno perché i punti di vista sono spesso diversi. 4

5 La condivisione dei vari punti di vista fatta dagli operatori dell equipe permette loro di non restare intrappolati in una visione parziale legata agli aspetti più patologici della personalità del paziente. Un trattamento integrato (Clarking John F. et al.) del paziente con disturbo di personalità border-line scardina le trappole nelle quali un terapeuta che lavora da solo può restare invischiato. Spesso la paura di quello che potrebbe succedere paralizza il care-giver e lo rende impotente non permettendogli azioni evolutive. Nella relazione a due incombe la minaccia dell agito. Mentre in un setting diverso, come può essere quello gruppale o famigliare, emerge una visione del paziente migliore e meno regredita. Proponiamo ora il caso di Antonio, paziente molto conosciuto e a tutti noto per la sua aggressività e per il carattere collerico e iracondo, incapace di affrontare criticamente le situazioni, rabbioso. In reparto è offensivo con gli altri ricoverati. Mette in scacco gli operatori costringendoli ad intervenire spesso in maniera autoritaria. Non sembra vi siano possibilità di spazi critici e di costruzione di alleanze terapeutiche: l unica risposta è il coercitivo contenimento di istanze rivendicative e manipolatorie. Gli operatori assistenziali non si fidano e si lamentano continuamente dei suoi agiti.questa situazione di stallo si protrae per mesi. Nel reparto si svolgono varie attività gruppali, tra cui il gruppo di reparto propriamente detto,a cui Antonio partecipa attivamente, dando il meglio di sé. Esprime istanze evolutive e capacità relazionali inaspettate che permettono agli psicologi conduttori dei gruppi, di formulare una diversa visione del paziente e una speranza di cura. Egli riesce a comunicare, durante il gruppo, la sua fragilità e ambivalenza riguardo il progetto terapeutico e al tempo stesso esprime fiducia verso l équipe, pur mantenendo nel resto del tempo un atteggiamento provocatorio e negativo. Ad esempio, incoraggia i pazienti a fidarsi dei medici e delle cure. In più occasioni incoraggia altri a partecipare attivamente ai gruppi (gruppo giornali, musicoterapia, rilassamento). Inoltre il gruppo ha permesso di contenere le numerose scissioni che il paziente determinava e di sintonizzarsi in particolar modo con la drammatica solitudine che la terapeuta (care-giver) ha vissuto per un certo periodo, e la sua paura nel fronteggiare le minacce subite da Antonio. La comprensione della complessità poliedrica del paziente, messa a fuoco in supervisione, ha suggerito un potenziamento degli interventi oltre a quelli già presenti attraverso: colloqui con la famiglia (condotti da terapeuti estranei al caso) e un nuovo spazio individuale con una figura di riferimento centrale, di breve durata ma con elevata frequenza (due alla settimana) che hanno permesso di fare ordine e avvicinare le numerose e caotiche scissioni che il paziente proiettava su tutta l équipe. Questo movimento ci ha reso sempre più consapevoli della funzione del gruppo che permette ai conduttori di cogliere e trasmettere le parti sane su cui fondare il progetto di cura. Il confronto permette di elaborare il controtransfert di inadeguatezza e impotenza che pervadono l équipe e riprendere a sperare assieme al paziente, ipotizzando con lui un progetto terapeutico riabilitativo (Barone Lavinia). Al tempo stesso in una discussione allargata dell équipe è possibile che l osservazione svolta all interno del reparto apporti nell ambito di un osservazione quotidiana un punto di vista diverso da quello della mini équipe territoriale. Questo scambio di informazioni e punti di vista sul paziente permette di integrare vari aspetti della complessità della relazione terapeutica ed evitare che la solitudine relazionale di una coppia terapeuta - paziente possa determinare un elemento involutivo. Le richieste dei border-line sono numerose, spesso contradditorie e talvolta comportano un sovraccarico emotivo per i terapeuti, che può essere diluito all interno di una discussione con più figure che si occupano del paziente. Inoltre le svariate urgenze e la 5

6 necessità di risposte condivise e ragionate riduce la possibilità di errori di valutazione. E necessario individuare il reale bisogno del paziente e ridefinire la domanda (Zapparoli). Indispensabile per contenere gli agiti del paziente border-line è la capacità di controllare gli agiti controtrasferali innescati dalla paura di non poter contenere i gesti auto od etero aggressivi. Il riemergere del ricordo, che è quasi sempre legato ad abusi subito, può essere vissuto durante la relazione terapeutica come evolutivo o regressivo. In taluni casi esso evoca nei vari operatori che occupano ruoli differenti all interno della miniéquipe reazioni diverse. Il momento della degenza, anche solo in regime di Day Hospital, consente di approntare una holding, nel senso winnicotiano, (Winnicott Donald W. )che accoglie i vissuti ambivalenti permettendo di superare il blocco dovuto alla contrapposizione degli stessi. Proponiamo un caso alla vostra attenzione che esemplifica questo concetto. Daniela è una paziente che stà facendo da lungo tempo un lavoro di psicoterapia individuale, è in carico ad uno psichiatra di riferimento ed ha partecipato ad alcuni cicli di gruppo-analisi. Ha vissuto un periodo in cui i life-events che hanno sottoposto la paziente ad un elevato stress (trasloco, cambio di lavoro del marito). Durante la psicoterapia sono emersi dei ricordi molto vividi di abusi subiti in passato, talvolta assolutamente reali, talvolta drammatizzati, che la sommergono e la fanno vivere momenti di angoscia incontenibile. Ha paura di ferirsi, ha paura di uccidersi: chiede accoglienza in reparto, in day-hospital solitamente per alcune settimane. Durante la permanenza sia pure per poche ore al giorno (day.hospital) ella può distogliersi dalle responsabilità coniugali, di farsi accudire e partecipare ai vari gruppi di reparto, durante i quali esprime le sue capacità dialettiche e introspettive. Questo permette alla paziente di incontrare le sue parti più evolute e sentirsi valorizzata e ricevere un feedback di autostima che le permette di ricomporsi ed evitare l acting-out. La degenza le consente di condividere emotivamente l assalto dei ricordi, senza necessariamente condividerne i contenuti, e di trasformare in capacità costruttive la platealità che la contraddistingue. Inoltre l accoglienza in day hospital permette all equipe di elaborare il controtransfert aggressivo che la teatralità con cui la paziente si presenta suscita, e di incontrare la parti di autentica sofferenza e di entrare in empatia con queste. Ci sono situazioni in cui il senso di vergogna e colpa dei familiari impediscono qualsiasi progetto evolutivo. Identificandosi con questi stati d animo i figli ne diventano gli interpreti e drammatizzano ulteriormente la sofferenza dei genitori collaborando attivamente ad invalidare ogni progetto. L assunzione di responsabilità, all interno dell equipe più allargata, da parte dell equipe di reparto, con in testa il primario, del compito di catalizzare il processo di affrancamento della paziente dalla famiglia ha permesso di riprendere a riformulare il processo terapeutico. In altre parole, la miniéquipe di reparto si è fatta carico del bisogno della paziente: gestire il dilemma di non poter stare con la famiglia e di non poterlo dire neanche a se stessa, rinunciando così a potersi curare. Silvana è una ragazza contesa alla famiglia dai servizi sociali per un sospetto di abuso. Fin da piccola vari operatori, tra cui psichiatri, hanno cercato di allontanarla dalla famiglia che è intervenuta con ripetute azioni legali contro il provvedimento di allontanamento. Pur chiedendo aiuto per anni al CSM la famiglia ha sempre boicottato i programmi proposti. Per lungo tempo la paziente è ricoverata in SPDC quasi ininterrottamente. Dopo un ulteriore lungo ricovero, nasce la proposta di inserimento in una Comunità Terapeutica, ma la situazione si blocca per l ennesimo rifiuto della famiglia. Solo la decisa posizione assunta da tutta l equipe, in primis dal responsabile del dipartimento, che rassicura la famiglia garantendo la disponibilità del reparto ad accoglierla comunque se le cose non dovessero funzionare, permette alla famiglia di compiere un 6

7 lavoro ed elaborare finalmente i sentimenti di colpa e vergogna e di lenire la ferita narcisistica, ciò consente l ingresso di Silvana nella Comunità Terapeutica Il Girasole, struttura che appartiene al nostro dipartimento. Durante il periodo dell accoglienza viene svolto con la famiglia un lavoro di raccolta anamnesica trigenerazionale, secondo un modello propostoci dalla Dott.ssa Marta Vigorelli e da tempo collaudato. Questo permette di creare i presupposti per una alleanza terapeutica con la famiglia. Uno degli strumenti di lavoro di cui si avvale la nostra équipe sono gli incontri con gli operatori delle comunità terapeutiche e/o dei centri diurni, e le varie figure coinvolte nel caso per la discussione. In particolar modo uno strumento che si è rivelato molto utile nell affrontare i casi più complessi dei pazienti con disturbo di personalità borderline è quello della conferenza clinica il cui utilizzo ci è stato suggerito dalla dott.ssa Anna Ferruta. Alcune volte (sei - sette) durante l anno l équipe allargata si riunisce per discutere un caso clinico di particolare rilevanza. Solitamente sono i componenti della mini-équipe che relazionano sul caso clinico per un ora, poi il gruppo commenta il caso sottolineando in particolare gli aspetti controtransferali che la relazione ha suscitato. Spesso questo lavoro di supervisione autogestita da i suoi frutti già nella fase della stesura della relazione. Il dibattito è sempre molto vivace e nella mezzora conclusiva è possibile il confronto allargato fra il gruppo che ha presentato il caso e il gruppo che l ha commentato. Tutti i medici del dipartimento ruotano nei turni di guardia del reparto e spesso incontrano in urgenza i casi più impegnativi del dipartimento: lo strumento della conferenza clinica ci permette di essere più preparati rispetto alle manipolazioni che gli agiti del paziente borde-liner mette in atto. Riteniamo che questa modalità di cura e gli strumenti utilizzati si siano rivelati molto utili. Apparentemente il tempo dedicato alla discussione e al confronto può sembrare dispendioso, ma l esperienza ci ha dimostrato come sia preferibile che tutta l équipe curante dedichi un tempo a questo lavoro (Liotti Giovanni). La circolazione delle idee permette di contenere meglio gli agiti che potrebbero appesantire ed invalidare il lavoro terapeutico. Inoltre il terapeuta care-giver oltre a contenere il pensiero e le varie idee espresse dall équipe, deve agire concretamente nella relazione con il paziente borderline. È fondamentale che vengano prese delle decisioni negli aspetti organizzativi della cura e nel porre delle regole che permettano, che la funzione di integrazione di pensieri frammentati presenti nell équipe, possano essere espressi in un azione (ad es. di un dato operatore, o di un famigliare). L impulsività e il non riuscire a controllare le azioni che sono propri del bordeline induce dei corto circuiti comportamentali degli operatori assistenziali i quali possono agire a propria volta in modo irriflessivo e impulsivo.la riflessione deve essere fatta prima nella équipe nei momenti di discussione sul caso, cercando e rendendo palesi anche agli operatori assistenziali le determinanti psicologiche dei comportamenti. Spesso è necessario concordare l azione da mettere in atto nelle situazioni più critiche, inglobando, dopo averli mentalizzati, gli aspetti più scissionali che evidenziano le distrazioni e le vulnerabilità degli operatori. Il borderline è abile nel cogliere le debolezze del sistema curante ed individua l operatore che più facilmente reagirà alle sue provocazioni, oppure il più vulnerabile. Va ricordato che il borderline passa all azione in modo impulsivo e veloce, non c è tempo per pensare, è necessario reagire con un modello in testa che si costruisce nel tempo e nei vari momenti di riflessione. 7

8 Il compito del dirigente della Comunità e del terapeuta più in generale è quello di attuare un progetto educativo e didattico con gli operatori addetti alla assistenza pressoché continuo. L obiettivo è decodificare gli errori comportamentali e i meccanismi psicologici che li sottendono, affinché anche il semplice operatore ausiliario della comunità possa interagire in modo concordato. Questo intervento deve essere capillare e arrivare possibilmente a tutti coloro che a vario titolo operano nella comunità o nel centro diurno. La discussione clinica svolge un azione fondamentale poichè permette all équipe di ragionare sui comportamenti e sulle determinanti psicologiche. Bibliografia: o Barone Lavinia (28 marzo 2003) - Elementi di integrazione tra terapia individuale e terapia di gruppo attraverso l analisi di un caso clinico - Seminario sugli Stati Borderline - Vicenza o Clarking Johon F., Yeomans Frank E., Kernberg Otto F. (2000) - Psicoterapa delle personalità borderline - Editore Faffaelo Cortina - Milano o Ferruta Anna (14 e 15 aprile 2000) - Forme e varietà del contenimento - Seminari Residenziale di Mito e Realtà Protezione/accadimento ed emancipazione nel lavoro della istituzioni psichiatriche - Gargnano (BS) o Liotti Giovanni (7 aprile 2001) - Problematiche nella relazione terapeutica. Riconoscimento dei momenti critici in corso di terapia. Strategie di intervento attraverso l analisi di casi clinici. - Seminario sugli Stati Borderline - Vicenza o Vigorelli Marta (et altri) (2005) - Il lavoro della cura nelle istituzioni.progetti, gruppi e contesti nell intervento psicologico. - Editore Franco Angeli - Milano o Winnicott Donald W. (1965) - Sviluppo affettivo e ambiente - Editore Armando - Roma o Zapparoli Giovanni C. e Terregiani Gaetano (1992) - La realtà psicotica Editore Bollati Boringhieri - Torino 8

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