Organizzazione e applicazione di un intervento psicoeducazionale per la gestione della terapia farmacologica in una residenza di breve-medio degenza.

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1 Organizzazione e applicazione di un intervento psicoeducazionale per la gestione della terapia farmacologica in una residenza di breve-medio degenza. Luciana Marmai, Denis Rocchi, Silvia Gavioli, Fabrizia Pizzale, Cristina Mantoan, Maura Berlese, Enea Ronconi, Bruno Biancosino, Luigi Grassi. Sezione di Psichiatria, Università degli Studi di Ferrara INTRODUZIONE Le persone che soffrono di gravi disturbi psichiatrici necessitano in genere di terapia farmacologia per lunghi periodi di tempo e spesso per tutta la vita. Questi pazienti attraversano fasi diverse di decorso della malattia e quindi anche i loro bisogni terapeutici variano nel tempo (Harding et al. 1987). L aderenza al trattamento (compliance), anche con l utilizzo di nuovi psicofarmaci, continua a costituire uno dei problemi clinici più rilevanti specialmente nel trattamento farmacologico di lungo termine dei pazienti psichiatrici gravi. La non aderenza ai trattamenti farmacologici determina rilevanti conseguenze cliniche e sociali, in particolare un aumento delle visite psichiatriche, delle consultazioni urgenti in Pronto Soccorso, delle ricadute, della riospedalizzazione, un peggioramento del decorso e conseguentemente dei costi sanitari (Fenton et al, 1997; Rice 1999). Il rifiuto completo nei confronti dell assunzione dei farmaci (non-compliance completa), oppure modificazioni nel dosaggio o irregolarità nell assunzione delle terapie (non-compliance parziale), riguardano in genere tutte le patologie a decorso protratto e, nell ambito della psichiatria, sono ampiamente documentate sia nei disturbi schizofrenici (Serban e Thomas 1974; Weiden et al. 1996; Fenton et al1997), con percentuali di interruzione della terapia del 40% a un anno e del 70% a due anni (Perkins 1999) con gli antipsicotici tipici, e riscontrata, anche se in misura inferiore, anche nei confronti degli antipsicotici atipici (Dolder 2002), sia nei disturbi dell umore (Maddox et al. 1997; Dawson et al. 1998; Rush 1999; Pampalona et al 2002; Lingam et al. 2002; Scott e Pope 2002) con percentuali di interruzione verso gli antidepressivi (inclusi i nuovi) tra il 10 e il 60% nelle forme unipolari e il 20-66% nelle forme bipolari (Lingam e Scott 2002) e tra il 18 e il 52% verso gli stabilizzanti del tono dell umore (Scott e Pope 2002). Numerosi fattori condizionano il grado di compliance, come la diagnosi e il grado di insight, la presenza o meno di alleanza di lavoro, il tipo e la gravità degli effetti collaterali dei farmaci, la lunga durata del trattamento, il tipo di organizzazione del trattamento e condizionamenti culturali, familiari o sociali (Altamura 1996; Lingam e Scott 2002; Weiss et al. 2002) e, tra questi, un posto rilevante è stato riconosciuto alle attitudini negative verso ogni forma di medicamento (Scott e Pope 2002) e alla scarsità di corrette e complete informazioni, sia dei pazienti che dei loro familiari, riguardo al disturbo psichiatrico e alle strategie più efficaci di trattamento (Seltzer et al. 1980; Goldstein 1992; MacPherson et al. 1996; Lingam e Scott 2002). Queste premesse rendono evidente sia la rilevanza clinica del fenomeno compliance sia la necessità irrinunciabile di promuovere tutte le strategie più opportune per migliorarla. Il miglioramento del profilo degli effetti collaterali dei farmaci certamente permette una migliore aderenza al trattamento, ma uno spazio e una attenzione importane deve essere rivolta agli interventi psicosociali risultati efficaci nel migliorare l aderenza, per poter garantire costantemente una good clinical practice. Diversi studi hanno documentato l impatto del miglioramento delle informazioni nei pazienti psichiatrici gravi nel favorire la compliance (Seltzer et al. 1980; Eckman et al 1

2 1990; Myers e Calvert 1984), aumentare l insight (MacPherson et al. 1996), migliorare l atteggiamento di fiducia verso i farmaci e verso i medici e ridurre il timore negli effetti collaterali (Hornung et al. 1998), rendendo i pazienti sempre più attori partecipi, collaborativi e soddisfatti nella gestione della terapia. Uno studio condotto da Eckman et al. nel 1990 ha individuato alcune condizioni indispensabili per una corretta gestione della terapia farmacologia da parte dei pazienti schizofrenici, tra cui sono risultate particolarmente importanti l ottenere informazioni sui neurolettici, avere conoscenza sulla corretta autosomministrazione, identificare gli effetti collaterali della terapia e poter negoziare la somministrazione con i curanti e recentemente Lingam e Scott (2002) hanno incluso tra gli imperativi clinici da seguire nei programmi di cura, l incoraggiare una aperta e onesta discussione delle difficoltà col trattamento e il provvedere chiare e accessibili informazioni sulla malattia e sui trattamenti per affrontarla. La necessità di programmi tesi a migliorare i livelli di informazione sulle patologie psichiatriche e sul loro trattamento non è, d altra parte, solo un bisogno dei Servizi Psichiatrici ma risulta essere anche un bisogno specificamente espresso dagli stessi pazienti (Leese et al. 1998) a cui diventa opportuno rispondere. Scopo della seguente presentazione è di illustrare la nostra esperienza di organizzazione di un programma psicoeducazionale teso specificamente a incrementare il livello di informazione sui disturbi psichiatrici e sui trattamenti psicofarmacologici e migliorare la gestione della terapia, e descrivere i problemi clinicamente rilevanti incontrati durante la sua attuazione, al fine di stimolare una diffusione di tali esperienze nei più disparati setting di cura. L INTERVENTO EDUCAZIONALE IN PSICHIATRIA Esiste una mole importante di letteratura che riguarda l intervento psicoeducazionale in psichiatria; non avendo lo scopo di proporre una revisione sistematica della letteratura, in questo contesto ci limitiamo a riassumere brevemente alcuni aspetti clinicamente salienti. I modelli psicoeducativi sono nati dal filone di ricerche sull emotività espressa (E.E.). Questo concetto nato nei primi anni 70 sulla scia degli studi di Brown et al. (1962) e ripreso successivamente da Vaughn e Leff (1976), identificò alcuni fattori come i commenti critici, l ostilità, l empatia, l ipercoinvolgimento emotivo e l insoddisfazione, ricorrenti nei contesti familiari e che permisero di distinguere famiglie ad alta o bassa emotività espressa. La scoperta importante di queste ricerche risiedeva nel ruolo che l E. E. aveva nel decorso della patologia schizofrenica. Intorno agli inizi degli anni 80, a partire dalle indicazioni di queste ricerche si sviluppano tecniche di intervento familiare, generalmente note sotto il nome di interventi psicoeducazionali, tese a ridurre gli alti livelli di E. E. nei contesti familiari e di conseguenza i tassi di ricaduta dei pazienti psichiatrici (Vaughn e Leff 1976; Leff et al. 1982; Faloon et al. 1982; Hogarty et al. 1986). Questo tipo di programmi classicamente è stato rivolto ai nuclei familiari (con o senza la presenza del paziente); solo negli ultimi anni sono stati progettati e valutati interventi psicoeducazionali centrati su problematiche più specifiche e rivolti ai soli pazienti in gruppo o singolarmente, e tra di essi alcuni programmi hanno riguardato il miglioramento delle conoscenze e della gestione della terapia farmacologia. In questo senso sono stati condotti alcuni importanti studi sia sui pazienti schizofrenici sia sui pazienti affetti da disturbi dell umore. Per quanto riguarda i pazienti schizofrenici ci limitiamo a descrivere solo due studi, abbastanza recenti, per la loro importanza clinica. In uno studio del 1996, MacPherson et al. hanno reclutato 64 pazienti con diagnosi di schizofrenia, almeno sei mesi di esposizione a neurolettici e buona stabilità clinica e li hanno assegnati in modo random a tre gruppi, due di trattamento e uno di controllo. Il primo 2

3 gruppo ricevette una singola sessione psicoeducativa, il secondo tre sessioni psicoeducative a cadenza settimanale e il terzo, di controllo, non ricevette alcuna seduta educativa. La sessione psicoeducativa prevedeva un incoraggiamento alla partecipazione e alla discussione, una fase informativa didattica, esercitazioni pratiche con domande e risposte e tecniche di modeling. I risultati ottenuti al termine degli interventi mostrarono un significativo incremento del livello di conoscenze tanto nel primo che nel secondo gruppo rispetto al controllo. Al follow-up ad un mese il primo gruppo evidenziò, tuttavia, un calo del livello di conoscenze che invece, non si riscontrò nel secondo gruppo. Gli autori conclusero indicando come la diagnosi di schizofrenia di per sé non impediva un apprendimento significativo da parte dei pazienti, che le sessioni per essere maggiormente efficaci dovevano essere prolungate nel tempo e dovevano essere interative, individualizzate e incorporare tecniche come il modeling. Questo studio mostrò inoltre un incremento del livello di consapevolezza di malattia nel secondo gruppo mentre la compliance al trattamento non subì significative variazioni. Hornung et al. in un lavoro del 1998, hanno analizzato gli effetti di un training psicoeducazionale per la gestione dei farmaci, desumendone i dati da uno studio più ampio volto a valutare l efficacia di diverse forme di trattamento psicosociale nella prevenzione delle ospedalizzazioni (Buchkremer et al. 1997). Nello specifico, il training psicoeducazionale di gestione della terapia era costituito da 10 sessioni educative, 5 a cadenza settimanale e 5 a cadenza quindicinale, nelle quali venivano fornite dettagliate ed individualizzate informazioni sulla schizofrenia e sul suo trattamento e venivano promosse abilità di gestione della terapia. I risultati a un anno evidenziarono una migliore compliance, una maggiore capacità di gestione della terapia e di contrattazione con i curanti rispetto al gruppo di controllo. Questi importanti risultati confermavano l impatto positivo dei programmi psicoeducazionali nel migliorare la compliance dei pazienti schizofrenici come era emerso da precedenti ricerche (Seltzer et al. 1980; Eckman et al. 1990). Per quanto riguarda i disturbi depressivi, diversi studi hanno documentato come i pazienti informati avevano una migliore compliance al trattamento farmacologico sia per quanto riguarda gli stabilizzanti del tono dell umore che per gli antidepressivi (Fawcett e Krawitz 1985). Uno studio Randomizzato Controllato condotto su 120 pazienti affetti da depressione (Myers e Calvert 1984), suddivisi in gruppi di pazienti che ricevevano informazioni e pazienti non informati, confermava la migliore aderenza al trattamento del gruppo informato rispetto ai controlli, confermando l utilità di questa tipologia di intervento anche nell ambito dei disturbi depressivi. Si possono rapidamente riassumere le evidenze scientifiche più significative emerse: a)l impatto positivo di un programma psicoeducazionale nella gestione della terapia su un ampia tipologia di disturbi psichiatrici b)la necessità che tali programmi siano costituiti da un numero di sedute prolungato nel tempo e strutturato in modo interattivo e comprensivo di tecniche di modeling. Malgrado le evidenze positive disponibili, paradossalmente gli interventi psicoeducazionali risultano una pratica clinica ancora scarsamente utilizzata nei servizi psichiatrici per la maggior parte dei pazienti (Drake et al. ), e per questo abbiamo ritenuto utile illustrare in dettaglio l organizzazione di un programma di intervento psicoeducazionale mirato alla gestione della terapia farmacologia, applicato da noi routinariamente in un contesto psichiatrico di ricovero di breve-medio termine e riproducibile in contesti similari con relativa semplicità. UN PROGRAMMA DI INTERVENTO PSICOEDUCAZIONALE PER LA GESTIONE DELLA TERAPIA PSICOFARMACOLOGICA IN UNA RESIDENZA PSICHIATRICA Il programma di seguito descritto viene condotto presso la Residenza Sanitaria 3

4 Psichiatrica La luna, struttura dell Unità Operativa di Clinica Psichiatrica dell Università degli Studi di Ferrara e del Dipartimento di Salute Mentale dell AUSL di Ferrara. La Residenza La luna, come più dettagliatamente descritto altrove (24), è una struttura residenziale in cui vengono ricoverati pazienti psichiatrici con differenziate patologie (schizofrenia, disturbi dell umore, disturbi di personalità), bisognosi di ricovero e inviati da diversi punti operativi del DSM di Ferrara (CSM territoriali, Ospedale Generale, SPDC) per ricoveri di breve-medio termine e con programmi specificamente indirizzati al trattamento degli scompensi psicopatologici e non primariamente rivolti al trattamento della disabilità, come avviene in genere nelle Residenze Psichiatriche italiane De Girolamo et al. 2002). La nostra Residenza, per tanto, si propone come effettiva alternativa alla ospedalizzazione di un ampia categoria di pazienti psichiatrici, coniugando insieme i modelli di cura delle Comunità Terapeutiche con quelli, necessariamente più medicalizzati, di un reparto psichiatrico ospedaliero. La decisione di attivare un programma psicoeducazionale finalizzato a migliorare le conoscenze dei pazienti riguardo ai loro disturbi e la gestione della terapia farmacologia è nata da una rivalutazione della letteratura psichiatrica sull efficacia di questi interventi e dall accoglimento di una espressa richiesta dei pazienti di poter essere maggiormente informati sui loro disturbi e sulle terapie che assumevano, spesso da molto tempo. Durante la fase di progettazione vennero evidenziate alcune problematiche legate alle caratteristiche intrinseche della Residenza. Innanzi tutto, a causa delle diverse tipologie cliniche dei pazienti, non era possibile focalizzare l attenzione solo su uno specifico disturbo e per questo si decise di trattare in diverse sedute tutte le principali classi di disturbi psichiatrici (schizofrenia, disturbi dell umore, ecc.) e tutte le principali categorie di psicofarmaci (antidepressivi, stabilizzanti dell umore, ansiolitici e neurolettici). Ogni argomento prevedeva un incontro interattivo in cui dare informazioni relative ad uno specifico disturbo psichiatrico ed un incontro successivo riservato al trattamento farmacologico specifico per quel disturbo. Vennero programmati in questo modo 8 incontri a cadenza settimanale, della durata di 45 minuti ciascuno, tenendo conto anche della necessità segnalata dalla letteratura di strutturare un intervento prolungato nel tempo. Infine sono stati preparati lucidi e materiale didattico scritto da distribuire al gruppo, che vengono utilizzati nelle fasi più specificamente educative della sessione. Un secondo problema consistette nella durata della attività che veniva a ricoprire un ampio lasso di tempo (circa due mesi) poiché la residenza è caratterizzata da una degenza medio-breve (durata media del ricovero di circa 40 giorni) e quindi con un significativo turn-over di pazienti. La durata prolungata poteva non riuscire a garantire la frequenza dei pazienti a tutto il ciclo di sessioni educative; pertanto abbiamo deciso di invitare tutti i pazienti in dimissione a mantenere la frequenza settimanale agli incontri fino al termine del ciclo e di permettere a tutti i nuovi ingressi di partecipare alle sessioni educative anche a programma iniziato. Per quest ultima ragione, negli incontri successivi al primo, viene fatta all inizio dell incontro una rapida ricapitolazione degli argomenti illustrati negli incontri precedenti. Questo programma, dalla iniziale fase di progettazione, viene replicato periodicamente in modo da poter coinvolgere tutti i pazienti ricoverati annualmente. La strutturazione del programma è stata organizzata nei seguenti incontri: I incontro. Nel primo incontro non viene affrontato alcun argomento specifico, ma consiste essenzialmente in un incontro di presentazione.viene soprattutto incoraggiata la partecipazione attiva attraverso domande rivolte al gruppo. Innanzitutto vi è l autopresentazione degli operatori e di tutti i pazienti che partecipano alla sessione. Viene proposto sinteticamente il calendario e i contenuti degli incontri successivi. Viene chiesta e discussa l opinione del gruppo riguardo alla utilità 4

5 degli incontri e si propongono gli obiettivi del programma che consistono in un miglioramento delle conoscenze sui disturbi psichici, sulle varie terapie e sulla necessità della aderenza alle cure che aiuta a prevenire le ricadute, la migliore capacità di trattare attivamente con i curanti, ad esempio segnalando tempestivamente gli effetti collaterali delle cure, e l acquisizione della capacità di formulare correttamente altre richieste di informazione. Vengono illustrate alcune piccole regole (non fumare, non alzare la voce, cercare di prestare attenzione alle opinioni di tutti e parlare con ordine, uno per volta). II incontro. Nella seconda sessione si inizia la fase educativa vera e propria. Il primo argomento riguarda il disturbo depressivo. Si inizia raccogliendo l opinione dei pazienti proponendo la domanda Che cos è secondo voi la depressione?. Si inizia a chiarire la differenza tra i normali sentimenti di tristezza e la depressione vera e propria, caratterizzata da un malessere più intenso e prolungato e che compromette la vita quotidiana. Sempre partendo dalle opinioni del gruppo e possibilmente riprendendone gli stessi termini vengono elencate le più comuni manifestazioni sintomatologiche del disturbo depressivo e il decorso nel tempo. Al termine c è un breve riassunto dell incontro fatto da un operatore e una ulteriore breve fase di discussione. III incontro. Il terzo incontro è riservato alla informazione sui farmaci antidepressivi. Innanzitutto, come premessa, vengono presentate le due classi di farmaci (ansiolitici e antidepressivi) più comunemente utilizzati nella cura dei disturbi depressivi. Attraverso una serie di domande rivolte al gruppo si cerca di stabilire quali siano, per esperienza diretta dei pazienti, gli effetti positivi di questi farmaci, di individuarne i più comuni nomi commerciali, l importanza della regolare assunzione, quali siano i più comuni effetti collaterali e come comportarsi in caso di comparsa. Vengono quindi riassunti in una fase più didattica gli effetti degli antidepressivi sulle varie dimensioni sintomatologiche della depressione, le classi più utilizzate nella pratica clinica, la latenza di azione di circa due settimane, vengono elencati gli effetti collaterali più comuni e la loro utilità anche nella prevenzione delle ricadute. Al termine dell incontro c è un ultima breve discussione. IV incontro. Nel quarto incontro si ripuntualizzano le informazioni sugli antidepressivi e si tratta il tema degli stabilizzanti dell umore. Vengono discusse col gruppo quelle particolari forme di disturbi dell umore definiti bipolari, in cui si alternano fasi di tristezza profonda con fasi di immotivata e eccessiva euforia, sempre facendo riferimento il più possibile alle esperienze dirette dei pazienti. Vengono poi illustrati i farmaci impiegati per stabilizzare la ciclicità di queste forme morbose, i loro effetti collaterali e si puntualizza la necessità della loro regolare e monitorata assunzione perché abbiano effetto. V incontro. Terminato il pacchetto psicoeducazionale riservato al disturbo affettivo, si inizia ad affrontare il nuovo tema: I disturbi d ansia. Attraverso le opinioni e le esperienze personali del gruppo, che possono essere incoraggiate anche da qualche esempio del conduttore (es. a me è capitato di andare in ansia per un esame ) si cerca di dare una definizione dell ansia intesa come una vasta gamma di stati emotivi che costituiscono un fondamentale e normale meccanismo di allerta di fronte a particolari situazioni stimolo, e in alcuni casi necessaria per migliorare la risposta alle situazioni esterne. La distinzione tra ansia normale e patologica viene proposta in termini di frequenza, intensità e durata dello stato ansioso e in funzione della compromissione delle abilità del vivere quotidiano. In termini più didascalici, viene successivamente inquadrata 5

6 l ansia sia come manifestazione caratteristica di quadri clinici ben definiti (es. disturbo da attacco di panico) sia come sintomo comune anche in altre manifestazioni psicopatologiche (depressione, schizofrenia). Vengono infine individuati ed elencati i diversi sintomi psichici (apprensione, senso di attesa, ecc.) e fisici (irrequietezza motoria, sudorazione, tachicardia, ecc.) che caratterizzano gli stati ansiosi. VI incontro. Dopo un rapido riassunto dei temi precedenti, per permettere ai pazienti nuovi di avere una informazione sufficientemente esauriente degli argomenti affrontati, vengono discussi i farmaci ansiolitici. Con la abituale ricognizione delle esperienze dei pazienti, vengono individuati i tre tipi di azione (ansiolitica, miorilassante, ipnoinducente) di tali farmaci e vengono elencati i loro nomi commerciali facendo riferimento alla distinzione proposta. In seguito vengono affrontati i principali effetti collaterali e le necessarie precauzioni da prendere durante la loro assunzione (es. astensione dall alcol per il potenziamento dell azione sedativa). VII incontro. Il penultimo incontro è finalizzato alle informazioni relative ai disturbi schizofrenici. Per prima cosa, attraverso alcuni esempi, si cerca di porre l accento sulla profonda difficoltà, che incontrano spesso le persone affette da questi disturbi, di poter distinguere chiaramente la realtà dalle proprie esperienze patologiche soggettive. Vengono poi affrontati i principali sintomi di tale patologia (allucinazioni, delirio, autismo, ecc.) e si cerca di delinearne il decorso e le compromissioni della vita sociale che comporta. Una breve finestra è dedicata all argomento della violenza che può essere, a volte anche indebitamente, associata a queste manifestazioni patologiche. Una fase finale è dedicata alla discussione di questi importanti e delicati argomenti. VIII incontro. Una breve ricapitolazione dei vari argomenti trattati apre l ultima sessione. Viene infine affrontato l ultimo argomento del programma che riguarda i farmaci neurolettici. Vengono individuati i principali nomi commerciali di questi farmaci e ne vengono illustrati gli effetti benefici facendo riferimento ai sintomi sui quali agiscono, a quelli che migliorano più sensibilmente e a quelli che sembrano più resistenti al trattamento, costantemente coinvolgendo il gruppo a confrontarsi con le proprie esperienze dirette. Vengono discussi gli effetti collaterali, cercando di distinguere quelli più comuni da quelli più rari e si prendono in esame i comportamenti più corretti da seguire nel caso della loro comparsa. Infine vengono presentati i neurolettici atipici e le loro nuove caratteristiche. Particolarmente sottolineata e discussa è l aderenza al trattamento e i vari fattori che possono comprometterla. La parte finale della sessione è dedicata alle risposte ad eventuali e conclusivi chiarimenti richiesti sugli argomenti affrontati. CONCLUSIONI La ricerca scientifica ha robustamente evidenziato l efficacia degli interventi psicoeducazionali per vari aspetti del trattamento psichiatrico. Malgrado ampie e solide evidenze di ricerca, tali interventi non vengono ancora diffusamente applicati e praticati nei contesti abituali di cura e assistenza dei pazienti psichiatrici (Drake et al. ). Nel caso specifico gli interventi psicoeducazionali per la gestione della terapia farmacologica agiscono efficacemente nel migliorare le informazioni dei pazienti, la loro consapevolezza di malattia e quindi l adesione al trattamento con conseguenti positive ricadute riducendo la quantità degli interventi psichiatrici programmati e urgenti, le ricadute, le ospedalizzazioni, migliorando il 6

7 decorso dei disturbi e conseguentemente riducendo i costi sanitari. Per ottenere risultati apprezzabili è necessario attenersi ad alcune indicazioni importanti emerse dalla letteratura, come organizzare un programma ben strutturato, che abbia una durata sufficientemente prolungata, che le sessioni siano interattive e non semplicemente didattiche, con un forte coinvolgimento dei pazienti. Abbiamo voluto illustrare la nostra esperienza per illustrare e proporre la fattibilità di un tale programma anche in un contesto inusuale come una struttura di ricovero di breve-medio termine che, pertanto, si caratterizza per disomogeneità di pazienti e elevato tournover, descrivendo le modalità organizzative e i progressivi adattamenti richiesti dalle caratteristiche intrinseche del contesto. Gli adattamenti richiesti, che inevitabilmente si possono rendere necessari quando programmi nati in un setting di ricerca vengono esportati nel setting reale di cura, non hanno nel nostro caso costituito un impedimento ma una sfida stimolante tesa a migliorare, alla luce dei risultati scientifici, i livelli di cura dei nostri pazienti. In ultimo, l attivazione di questo programma non è stata solo un esperienza di prova; si è rivelata infatti altamente interessante e arricchente, oltre che per i nostri pazienti, anche per l equipe, costituendosi come momento di integrazione di varie competenze e profili professionali (infermieri, educatori, psicologo, medici), di coesione multidisciplinare e, non ultimo, di aggiornamento e formazione interna permanente. BIBLIOGRAFIA Altamura AC (ed) : Argomenti di clinica e farmacoterapia delle psicosi maggiori; McGraw-Hill, Milano, Brown GW, Monck EM, Carstairs GM, Wing JK: Influence of family life on the course of schizophrenic illness. British Journal of Preventive Social Medecine, 16: 55-68, Buchkremer G, Klingberg S, Holle R, Shulze Monking H, Hornung WP: Psychoeducational psychotherapy for schizophrenic patients and their key relatives or care-givers: results of a 2-year follow-up. Acta Psychiatrica Scandinavica, 96: , Dawson R, Lavori PW, Coryell W, Endicott J, Keller MB: Maintenance strategies for unipolar depression: an observational study of levels of treatment and recurrence. Journal of Affective Disorders, 49: 31-41, De Girolamo G, Picardi A, Micciolo R, Falloon I, Fioritti A, Morosini P. Residential care in Italy. British Journal of Psychiatry, 2002; 181: Dolder CR, Lacro JP, Dunn LB, Jeste DV. Antipsychotic medication adherence: is there a difference between typical and atypical agents?. American Journal of Psychiatry, 2002; 159: Drake RE, Goldman HH, Leff HS, Lehman AF, Dixon L, Mueser KT, Torrey WC: Eckman TA, Libermann RP, Phipps CC, Blair KE: Teaching medication management skills to schizophrenic patients. Journal of Clinical Psychopharmacology, 10: 33-38, Falloon IRH, Boyd JL, McGill CW, Razani J, Moss HB, Gilderman AM: Familiy management in the prevention of exacerbation of schizophrenia: a controlled study. New England Journal of Medicine, 306: , Fawcett J, Krawitz HM: The long-term management of bipolar disorders with lithium, carbamazepine, and antidepressants. Journal of Clinical Psychiatry, 46: 58-60, Fenton WS, Blyler CR, Heinssn RK: Determinants of medication compliance in schizophrenia: empirical and clinical findings. Schizoprenia Bulletin, 1997; 4: Goldstein MJ: Psychosocial strategies for maximizing the effects of psychotropic 7

8 medication for schizophrenia and mood disorder. Psychopharmacological Bulletin, 28: , Grassi L, Biancosino B, Marmai L, Barbui C: Dalla Comunità Terapeutica al trattamento residenziale intensivo. Rivista Sperimentale di Freniatria, in corso di stampa. Harding CM, Brooks GW, Ashikaga T, : The Vermont longitudinal study of persons with severe mental illness, I: methodology, study sample, and overall status 32 years later. American Journal of Psychiatry, 144: , Hogarty GE, Anderson CM, Reiss DJ, Kornblith SJ, Greenwald DP, Javna CD, Madonia MJ and the EPICS Schizophrenia Research Group: Family psychoeducational social skills training and maintenance chemotherapy in the aftercare treatment of schizophrenia. I: One-year effects of a controlled study on relapse and expressed emotion. Archives of General Psychiatry, 42: , Hornung WP, Klingberg S, Feldmann R, Schonauer K, Schulze Monking H: Collaboration with drug treatment by schizophrenic patients with and without psychoeducational training: results of a 1-year follow up. Acta Psychiatrica Scandinavica, 97: , Leese M, Johnson S, Slade M, Parkman S, Kelly F, Phelan M, Thornicroft G: User perspective on needs and satisfaction with mental health services. British Journal of Psychiatry, 173: , Leff JP, Kuipers L, Berkowitz R, Eberlein- Fries R, Sturgeon D: A controlled trial of intervention in the families of schizophrenic patients. British Journal of Psychiatry, 141: , Lingam R, Scott J. Treatment non-adherence in affective disorders. Acta Psychiatrica Scandinavica, 2002; 105: MacPherson R, Jerrom B, Hughes A: A controlled study of education about drug treatment in schizophrenia. British Journal of Psychiatry, 168: , Maddox JC, Levi M, Thompson C: The compliance with antidepressants in general practice. Journal of Psychopharmacoterapy, 8: 48-53, Myers ED, Calvert EJ; Information, compliance and side effects: a study of patients on antidepressant medication. British Journal of Clinical Pharmacology, 17: 21-25, Pampalona S, Bollini P, Tibaldi G, Kupelnick B, Munizza C. Patient adherence in the treatment of depression. British Journal of Psychiatry, 2002; 180: Perkins DO. Adherence to antipsychotic medications. Iournal of Clinical Psychiatry, 1999; 60(suppl. 12): 25-30). Rice DP. The economic impact of schizophrenia, Journal of Clinical Psychiatry, 1999; 60: 4-6. Rush AJ: Strategies and tactics in the management of maintenance treatment for depressed patients. Comprehensive Psychiatry, 60 (suppl.): 21-26, Scott J, Pope M. Nonadherence with mood stabilizers: prevalence and predictors. Journal of Clinical Psychiatry, 2002; 63: Seltzer A, Rincari I, Garfinkel P: Effect of patient education on medication compliance. Canadian Journal of Psychiatry, 25: , Serban G, Thomas A: Attitudes and behaviors of acute and chronic schizophrenic patients regarding ambulatory treatment. American Journal of Psychiatry, 136: , Tarrier N, Barrowclough C, Vaughn CE, Bamrah JS, Porceddu K, Watts S, Freeman H: The community management of schizophrenia. A controlled trial of a behavioural intervention with families to 8

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