TEORIA RELATIVISTICA DELLA GRAVITAZIONE

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1 Capitolo 11 TEORIA RELATIVISTICA DELLA GRAVITAZIONE Quando i campi gravitazionali diventano molto intensi, cosicché la velocità di fuga p 2GM/R tende alla velocità della luce c, la teoria della gravitazione newtonianadeveesseremodificata per adattarsi al limite relativistico. In questo Capitolo ne descriveremo i principali concetti da utilizzare nei problemi del presente corso. Una trattazione approfondita si può trovare nei testi classici di Weinberg [1] e di Misner, Thorne e Wheeler [2] La Relatività Generale La teoria relativistica della gravitazione è la Relatività Generale formulata da Einstein nel 1916 per rendere relativistica la teoria classica di Newton. Nel precedente Capitolo abbiamo visto come il campo gravitazionale nel caso newtoniano venga espresso attraverso il potenziale scalare Φ definito dalla densità locale di materia attraverso l equazione di Poisson: 2 Φ =4πGρ 0 (11.1) dove ρ 0 è la densità della materia; ricordiamo anche che l accelerazione gravitazionale è data da Φ. Peraltro dal principio di equivalenza tra massa ed energia risultato della relatività speciale consegue che ogni forma di energia e non solo la massa contribuisca al campo gravitazionale; cioè ρ 0 dovrà contenere oltre alla densità della massa a riposo anche la densità dovuta alle varie forme di energia. La densità di energia del campo gravitazionale nel limite newtoniano è proporzionale a ( Φ) 2. Possiamo quindi prevedere che, trasferendo il termine di massa legata all energia gravitazionale a primo membro, l equazione di Poisson debba assumere la forma: F (g) GT (11.2) 281

2 282 CAPITOLO 11. TEORIA RELATIVISTICA DELLA GRAVITAZIONE dove g è appunto una grandezza che esprime il campo gravitazionale (Φ nel limite newtoniano), F è un operatore differenziale nonlineare ( 2 nel limite newtoniano), G una costante di accoppiamento e T una grandezza che esprime le forme non-gravitazionali di energia di cui la densità di massa è quella dominante nel caso non relativistico. L idea fondamentale di Einstein fu quella di costruire la Relatività Generale come una teoria geometrica della gravitazione. Infatti l equivalenza tra massa gravitazionale e massa inerziale, provata dall esperimento di Galileo sulla caduta dei gravi, comporta che sia possibile trattare le forze gravitazionali alla stregua di forze non-inerziali riducendole ad un effetto geometrico attraverso un opportuna scelta del riferimento fisico. Nella Relatività Speciale viene introdotto il concetto di spazio-tempo, che consiste di eventi che sono caratterizzati da quattro numeri, tre coordinate spaziali e una temporale. In tale schema lo spazio-tempo è rappresentato come una "superficie" a quattro dimensioni, ciascun elemento della superficie corrisponde ad un evento. Mentre nella fisica classica i fenomeni vengono seguiti nello spazio e nel tempo separatamente (per esempio per il moto si dà la traiettoria e poi la legge oraria su di essa), l evoluzione dei fenomeni viene descritta globalmente sia nello spazio, sia nel tempo attraverso le loro traiettorie nello spazio-tempo chiamate world-lines (linee di mondo). Un osservatore fa le misure nello spazio-tempo, cioè assegna coordinate agli eventi scegliendo un sistema di riferimento quadridimensionale. In relatività speciale esistono osservatori preferenziali, quelli per cui una particella non soggetta a forze (gravitazionali, elettromagnetiche, deboli e forti) si muove di moto inerziale a velocità costante, senza accelerazione. Gli osservatori inerziali si trasmettono informazioni secondo quanto prescritto dalle trasformazioni di Lorentz. I sistemi di coordinate degli osservatori inerziali sono i sistemi di coordinate inerziali o sistemi lorentziani. La distanza tra due eventi vicini, l intervallo, nei sistemi lorentziani è: ds 2 = c 2 dt 2 + dx 2 + dy 2 + dz 2 (11.3) ed è eguale per tutti gli osservatori inerziali, cioè è un invariante lorentziano. In forma tensoriale con x 0 = ct, x 1 = x, x 2 = y, x 3 = z, questa relazione può essere scritta: ds 2 = η αβ dx α dx β (11.4) dove η αβ è la matrice diagonale: η αβ = (11.5) e nella (11.4) si assume la sommatoria sugli indici ripetuti. La matrice η αβ èil tensore metrico dello spazio-tempo in relatività speciale e ne definisce completamente la geometria. Lo spazio-tempo in relatività speciale è pseudo-euclideo,

3 11.1. LA RELATIVITÀ GENERALE 283 perché uno degli elementi delle diagonale ha segno opposto agli altri, ed è anche chiamato spazio di Minkowski. Naturalmente è possibile descrivere lo spazio-tempo in sistemi non-inerziali, usando quindi coordinate non-lorentziane. Per esempio si possono usare coordinate polari per la metrica spaziale, oppure si può usare il sistema di coordinate di un osservatore accelerato. Se la relazione tra coordinate lorentziane x α e non-lorentziane y α è: x α = x α (y α ) (11.6) la (11.4) diventerà: ds 2 = g αβ (y γ ) dx α dx β (11.7) con il tensore metrico: g αβ (y γ )= xλ x σ y α y β η λσ. (11.8) Sebbene la scrittura si sia complicata, tuttavia la trasormazione (11.6) è globale, cioè la stessa per tutti i punti dello spazio-tempo: in altre parole lo spazio-tempo èsemprepiatto, o pseudo-euclideo, in quanto applicando la trasformazione inversa della (11.6) si può sempre ritornare allo spazio pseudo-euclideo dovunque. In relatività generale lo spazio-tempo è ancora una "superficie" quadridimensionale di eventi la cui geometria è definita dalla (11.7), ma non esiste più una trasformazione che riduca lo spazio-tempo alla forma (11.4) dovunque perché in tal caso la trasformazione (11.6) dipende dal punto dello spazio-tempo: lo spazio-tempo è curvo. Iltensoremetricog αβ è usato per esprimere le variabili del campo gravitazionale e quindi il campo gravitazionale definisce la geometria. L intervallo ds è ancora un invariante per cui le trasformazioni delle componenti di g αβ dalle coordinate x α alle coordinate x α sono: g αβ = xλ x σ y α y β ḡλσ. (11.9) Come in relatività speciale, l intervallo ds misurato lungo la world-line (linea di mondo) di una particella, cioè nel sistema che si muove con la particella, misura il tempo proprio dτ: ds 2 = c 2 dτ 2. (11.10) In forma più compatta si può scrivere: ds 2 = dx dx (11.11) ricordando dal calcolo tensoriale che per quadrivettori A e B si definisce il prodotto scalare in metrica qualunque attraverso il tensore metrico: e anche: A B =g αβ A α B β = A α A α (11.12) A α g αβ A β (11.13) A α g αβ A β (11.14)

4 284 CAPITOLO 11. TEORIA RELATIVISTICA DELLA GRAVITAZIONE dove g αβ è la matrice inversa di kgαβ k,lea α sono le componenti controvarianti del vettore (proiettate sugli assi tangenti alle coordinate), mentre le A α sono le componenti covarianti (proiettate su assi perpendicolari alle superifici coordinate). Le coordinate corrispondono sempre a grandezze misurabili, distanze misurate con regoli, tempi misurati con orologi. Però, mentre in relatività speciale esistono riferimenti privilegiati (inerziali), in relatività generale qualunque riferimento è, in linea di principio, equivalente. Tra questi in relatività generale sono fisicamente utili i sistemi localmente inerziali. Ciò perché non esiste un unica trasformazione globale che diagonalizzi il tensore metrico ovunque; tuttavia ciò è possibile localmente, per cui possiamo associare ad ogni punto, preso come origine del riferimento, una geometria del tipo η αβ di Minkowski. Anzi si può richiedere che le derivate prime della g αβ siano nulle intorno all origine. In altre parole si sviluppa in serie di Taylor il tensore metrico intorno all origine: h ³ 2 i ds 2 = η αβ + O x dx α dx β (11.15) (la dimostrazione di tale condizione è nella bibliografia citata). Ogni zona dello spazio-tempo entro cui vale quello sviluppo è detto appunto riferimento localmente inerziale. Un osservatore farà misure come in un riferimento inerziale in relatività speciale, purché l estensione del suo apparato di misura sia sufficientemente piccola: vi saranno differenze soltanto su scale definite dalla derivata seconda delle g αβ ; naturalmente ci si può aspettare che maggiore sia il gradiente del tensore metrico, minore sia la scala concessa. Un osservatore localmente inerziale o localmente lorentziano esegue quindi le misure come in relatività speciale. La relatività generale asserisce dunque che tutte le leggi fisiche non-gravitazionali sono le stesse nei sistemi localmente inerziali, ed equivalenti a quelle di un osservatore inerziale in relatività speciale. Questo è il Principio di Equivalenza ed è basato sull equivalenza tra massa gravitazionale e inerziale. Einstein lo formulò attraverso il famoso esperimento ideale dell ascensore in caduta libera. Si consideri un osservatore all interno di una scatola che viene accelerata verso l alto con accelerazione uniforme; l osservatore non può distinguere sperimentalmente questa situazione da quella cui sarebbe sottoposto se la scatola fosse ferma ma in presenza di un campo gravitazionale rivolto verso il basso. Di conseguenza in un ascensore in caduta libera in un campo gravitazionale uniforme l osservatore non sperimenterebbe alcuna forza gravitazionale. Quest ultimo esempio chiarisce anche il significato di sistema localmente inerziale. In un campo uniforme l osservatore in caduta libera non sperimenta alcun effetto gravitazionale; invece in un campo non uniforme gli effetti gravitazionali compaiono oltre una certa distanza. L osservatore nell ascensore può sperimentare localmente che due palline inizalmente in quiete rispetto alle pareti rimangono in quello stato; cadendo però verso il centro della Terra si avvicineranno progressivamente perchè tutta la materia tende verso il centro. Il Principio di Equivalenza è una generalizzazione della constatazione che le leggi della meccanica non permettono di distinguere campi gravitazionali da

5 11.1. LA RELATIVITÀ GENERALE 285 forze non-inerziali: asserisce che nessuna legge fisica permette tale distinzione. Gli effetti gravitazionali scompaiono in un sistema in caduta libera o localmente inerziale. Possiamo quindi formulare le leggi fisiche in presenza di campi gravitazionali ricorrendo alla metrica del sistema di riferimento localmente inerziale per poi generalizzarla ad un riferimento qualunque. Si scriva ad esempio la legge di conservazione dell energia-momento in relatività speciale; si pone che T αβ ρ 0 U α Uβ, tensore energia-momento abbia divergenza nulla: α T αβ =0 (11.16) dove α x α. (11.17) Il Principio di Equivalenza stabilisce che la (11.16) debba valere nei sistemi localmente inerziali con metrica data dalla (11.15). Possiamo scrivere la (11.16) in una forma che sia valida per un sistema di coordinate qualunque. Ciò può essere fatto attraverso la geometria differenziale e/o calcolo tensoriale, come illustrato nei testi citati. Qui ci limiteremo a dire che occorre definire gli operatori differenziali del tipo (11.17) utilizzando le derivate covarianti. Queste derivate presentano dei termini che tengono conto del fatto che le quantità fisiche variano non solo per effetto del loro cambiamento locale, ma anche per effetto della geometria la cui g αβ non è costante né uniforme. Questa variazione della geometria è proprio l effetto del campo gravitazionale. La rappresentazione matematica del Principio di equivalenza è chiamata Principio di Covarianza Generale: le equazioni scritte in forma covariante in relatività speciale o localmente inerziale rimangono le stesse in qualunque riferimento, inerziale e non. Tornando al punto di partenza di questo paragrafo possiamo ora illustrare come ricavare la geometria dello spazio-tempo a partire dalla distribuzione di massa ed energia, in estensione relativistica dell equazione di Poisson classica. Questo è il grande contributo della teoria di Einstein e si realizza nella formulazione dei principi che debbono permettere di scrivere il legame tra materia e geometria in modo covariante: G αβ =8π G c 4 T αβ (11.18) dove il tensore di Einstein G αβ è un operatore differenziale simmetrico nonlineare del second ordine che agisce sulle componenti di g αβ,mentret αβ èil tensore energia-momento non-gravitazionale. Questa equazione si deve ridurre all equazione di Poisson nel caso di campi gravitazionali deboli. L insieme di queste condizioni su G αβ sono soddisfatte da un opportuna combinazione di

6 286 CAPITOLO 11. TEORIA RELATIVISTICA DELLA GRAVITAZIONE contrazioni del tensore di curvatura di Riemann-Christoffel: Rµνκ λ = Γ λ µν,κ Γ λ µκ,ν + Γ η µνγ λ κη Γ η µκγ λ νη (11.19) R λµνκ = g λρ Rµνκ ρ (11.20) R µκ = g λν R λµνκ tensore di Ricci (11.21) R = g µκ g λν R λµνκ (11.22) dove si usano i simbolidichristoffel: Γ αβγ = 1 2 (g αβ,γ + g αγ,β g γβ,α ) (11.23) e gli indici dopo la virgola definiscono la semplice derivata rispetto alla variabile indicata. Con tali definizioni si ottengono le equazionidicampodieinstein: R µν 1 2 g µνr = 8π G c 4 T µν (11.24) o in forma alternativa: R µν = 8π G c 4 µt µν 1 2 g µνt ρ ρ. (11.25) Con queste equazioni è quindi possibile ricavare il tensore metrico a partire dalle sorgenti, cioé dalla distribuzione di materia e interazioni non-gravitazionali Campi gravitazionali statici a simmetria sferica Utilizzando le equazioni di campo della relatività generale si calcola la metrica all esterno di una massa M statica a simmetria sferica. In coordinate sferiche si ricava la seguente metrica di Schwarzschild (1916): ds 2 = µ 1 2GM rc 2 c 2 dt 2 + µ 1 2GM rc 2 1 dr 2 + r 2 dθ 2 +sin 2 θdϕ 2. (11.26) Le coordinate r, θ, ϕ, t sono le coordinate misurate da un osservatore all infinito. Le misure di un osservatore locale sono invece dτ = dr loc = µ 1 2GM rc 2 µ 1 2GM rc 2 1/2 dt (11.27) 1/2 dr (11.28) Si consideri un orologio a riposo alla coordinata spaziale r; il suo tempo proprio batte al ritmo: τ = s µ c = 1 2GM 1/2 rc 2 t< t

7 11.2. CAMPIGRAVITAZIONALISTATICIASIMMETRIASFE-RICA 287 cioè il tempo scorre più lentamente vicino alla massa. Similmente la misura di distanza tra due posizioni fatta al punto r sarà µ r loc = 1 2GM 1/2 rc 2 r> r cioè la misura locale è più grande, come se i regoli fossero più piccoli. Dunque la presenza della massa dilata i tempi e contrae le lunghezze. Questo effetto è ancora, come nella relatività speciale, legato alla velocità finita della luce ealfatto,specifico della relatività generale, che in uno spazio-tempo curvo l informazione, cioè la luce, deve seguire traiettorie non più rettilinee, laddove questa curvatura diventi molto forte cioè per r 2GM/c 2. La metrica è singolare per r =2GM/c 2, detto appunto raggio di Schwarzschild. In pratica a questo raggio la durata di eventi visti dall infinito diventa infinita: un osservatore che cada verso il raggio di Schwarzschild impiega, per l osservatore all infinito, un tempo infinito per raggiungerlo. Al contrario l osservatore locale non incontra nessun particolare ostacolo nell attraversare tale raggio, anche se comunque andrà infine verso una singolarità a r =0. È interessante calcolare la velocità dei fotoni emessi da sorgenti nelle vicinanze del raggio di Schwarzschild come misurata da un osservatore all infinito. Per i fotoni l intervallo è per definizione nullo ds =0, per cui: µ 1 2GM µ rc 2 c 2 dt GM 1 rc 2 dr 2 + r 2 dθ 2 +sin 2 θdϕ 2 =0 (11.29) e per moti puramente radiali dθ = dϕ =0si può scrivere la velocità del fotone emesso al punto di coordinata r misurato dall osservatore all infinito come: µ dr dt = c 1 2GM rc 2 (11.30) che si annulla per r = r s =2GM/c 2. Eventi che avvengono a r = r s sono quindi congelati per l osservatore all infinito perché l informazione viaggia a velocità nulla. Eventi che si verifichino a r<r s corrispondono a velocità immaginarie e non possono quindi essere causalmente connessi con osservatori esterni. In tal senso si parla di r s =2GM/c 2 come dell orizzonte degli eventi. La metrica intorno alla massa dipende quindi solo da M. Va precisato che per massa M si intende la massa totale misurata dall osservatore all infinito: M =4π Z R 0 r 2 ρ(r)dr (11.31) che include quindi anche la massa dovuta all energia potenziale gravitazionale (negativa); il contenuto di materia è invece: M mat =4π Z R 0 µ r 2 ρ(r) 1 2GM 1/2 rc 2 dr > M. (11.32)

8 288 CAPITOLO 11. TEORIA RELATIVISTICA DELLA GRAVITAZIONE 11.3 Equilibrio idrostatico delle stelle relativistiche Risolvendo le equazioni di Einstein all interno di una distribuzione di massa a simmetria sferica e statica, si ricava la metrica interna; essa ha la stessa forma della metrica di Schwarzschild salvo che il contributo alla massa totale viene dalla sola materia all interno del raggio r Z r M(r) =4π 0 r 2 ρ(r)dr. (11.33) Oppenheimer e Volkoff hanno usato la metrica interna per ricavare le equazioni dell equilibrio stellare relativistiche (1939) nella forma: dp dr = GM(r)ρ(r) r 2 1+ P (r) c πr3 P (r) ρ(r) c 2 1 2GM(r) 1 M(r) rc 2 (11.34) Chiaramente queste equazioni si riducono al caso newtoniano per c 2 À P/ρ e c 2 À GM/r. Le prime due parentesi quadre a destra della (11.34) sono correzioni legate al contributo dell energia di agitazione termica alla massa e sono un effetto di relatività speciale; l ultima tiene invece conto della curvatura dello spazio-tempo ed è un effetto di relatività generale. I modelli di stelle di neutroni che incontreremo più avanti debbono essere calcolate con queste equazioni Redshift gravitazionale Si consideri una sorgente di fotoni nel punto r in uno spazio-tempo con metrica statica, ad esempio la metrica di Schwarzschild, che emetta alla frequenza ν em = 1 dτ em = c ds = 1 (1 r s /r) 1/2 dt. (11.35) Un osservatore che si trovi nel punto r 0 riceverà i fotoni e ne misurerà la frequenza con il proprio orologio: ν ric = 1 dτ ric = c ds = 1 (1 r s /r 0 ) 1/2 dt. (11.36) dove il dt risulta lo stesso all emissione e alla ricezione se lo spazio-tempo è statico, perché la traiettoria seguita dai fotoni è la stessa indipendentemente dal momento in cui sono stati emessi. Pertanto la frequenza emessa e quella ricevuta dipenderanno dall orologio locale con cui vengono misurate: ν ric ν em = (1 r s/r) 1/2 (1 r s /r 0 ) 1/2. (11.37)

9 11.5. BUCHI NERI 289 Se consideriamo ad esempio il ricevitore lontano dalla massa, r 0,risulta ν ric =(1 r s /r) 1/2 ν em (11.38) cioè il ricevitore misura una frequenza più bassa di quella misurata dall emettitore: si parla di redshift gravitazionale, i fotoni provenienti da un campo gravitazionale intenso sono "arrossati" rispetto a quelli emessi. Questa predizione della teoria gravitazionale di Einstein è stata misurata da Pound e Rebka confrontando le frequenze di fotoni a diverse altezze rispetto alla superficie della Terra ed è una delle prove sperimentali della teoria Buchi neri Come vedremo nei prossimi Capitoli, stelle di grande massa al termine della loro evoluzione subiscono un collasso che le porta a concentrarsi a raggi molto piccoli, minori del raggio di Schwarzschild. Oggetti di questo tipo sono causalmente disconnessi dall universo esterno in quanto non possono inviare alcun segnale luminoso, e perciò sono stati soprannominati buchi neri. Il concetto di buco nero risale all astronomo dilettante George Mitchell che nel 1783, discutendo le conseguenze della teoria corpuscolare della luce proposta di Newton, si rese conto che per una massa M contenuta in un raggio minore di 2GM/c 2 la velocità di fuga sarebbe stata maggiore della velocità della luce e quindi l oggetto, non potendo far uscire i corpuscoli luminosi, sarebbe stato "nero". Fu molto più tardi nel 1935 che Eddington propose che le stelle dovessero nella loro evoluzione contrarsi a raggi sempre più piccoli e raggiungere quell ipotetica situazione, cui la teoria della relatività generale aveva nel frattempo dato un significato formalmente più preciso. Negli anni 1950 John Archibald Wheeler e la scuola di Princeton avviarono un approfondito studio teorico del problema utilizzando la relatività generale: nel 1968 Wheeler coniò il termine "buco nero", o in inglese "black hole" (nel seguito useremo appunto la scrittura BH). Le proprietà di un BH possono essere esaminate attraverso il calcolo della metrica da esso generata. Il caso più semplice è il BH di Schwarzschild con la metrica (11.26); esistono poi la soluzione di BH rotante di Kerr con momento angolare, e la soluzione di BH di Newman con carica elettrica. Discutiamo alcune proprietà del BH di Schwarzschild. Al centro del BH per r =0esiste una singolarità fisica dove la materia della stella che collassa raggiunge densità infinita in un volume nullo: lo spazio-tempo ha in tal punto raggio di curvatura nullo (in termini newtoniani diremmo che il campo gravitazionale diverge). Il raggio r s =2GM/c 2 copre questa singolarità chenonpuòessereosservataperchèifotoni non ne possono uscire: esiste un teorema che predice che non possano esistere singolarità nude, cioè senza un orizzonte degli eventi che lo circondi. È istruttivo immaginare alcuni esperimenti fisici ideali intorno ad un BH. Supponiamo che un radioastronomo invii un segnale radio da un punto lontano dal BH verso un astronave in orbita intorno a un BH e quindi attenda che esso

10 290 CAPITOLO 11. TEORIA RELATIVISTICA DELLA GRAVITAZIONE gli ritorni dopo esservi riflesso; assumendo che i segnali viaggino radialmente tra r 1 (astronave) e r 2 (radioastronomo) si può calcolare il tempo di viaggio in andata e ritorno: Z r 2 dr t = 2 dr/dt =2 r 1 = 2 r 2 r 1 c Z r 2 r 1 dr c (1 r s /r) +2 r s c ln r 2 r s r 1 r s (11.39) da cui si ricava immediatamente che per r 1 = r s risulta t =. Cioè per il radioastronomo il fotone non raggiungerà mai l astronave. Qualunque oggetto, non solo il fotone, seguirà la stessa sorte: visto da lontano anche il collasso di una stella avrà durata infinita, cioè il BH in accrescimento è una stella congelata nel tempo. Va tuttavia notato che all avvicinarsi a r s anche la frequenza dei fotoni emessi viene modificata, spostata a frequenze sempre minori finoadiventare invisibile. Consideriamo ora un astronauta temerario che voglia verificare questa predizione lasciandosi cadere verso il buco nero e trasmettendo segnali a intervalli regolari verso il radioastronomo lontano. Il radioastronomo vede l astronauta cadere a velocità dr/dt verso l orizzonte; l astronauta accelera la sua caduta e manda segnali ogni secondo, secondo il suo orologio. Naturalmente essi vengono ricevuti dal radioastronomo con frequenza che decresce nel tempo: sia per effetti di relatività speciale (la velocità relativa aumenta) sia per effetti di relatività generale (il tempo dell astronauta è visto rallentare nel campo gravitazionale). Inoltre per il radioastronomo il segnale diventa sempre più debole perché all avvicinarsi dell astronauta all orizzonte l intervallo tra segnali diventa sempre più lungo e i fotoni vengono spostatio a basse frequenze. Questi effetti diventano molto forti quando l astronauta giunge a r < 2r s. L intervallo di tempo tra i segnali cresce senza limite e i segnali diventano invisibili, mentre la velocità dell astronauta tende a zero, l astronauta è congelato nel tempo. L andamento delle velocità è dato in Fig Che cosa sperimenterà invece l astronauta ormai in caduta libera a velocità che si avvicina a c? Nel suo riferimento all inizio non sente la gravità, ma quando si approssima al BH si sente stirare nella direzione radiale e comprimere nelle direzioni perpendicolari. Infatti il forte gradiente della curvatura dello spaziotempo (o della forza gravitazionale) crea forze di marea. In pochi millisecondi supera lo spazio verso l orizzonte e lo attraversa e continua a cadere fino a raggiungere la superficie fisica della stella collassata tanto tempo prima (Fig. 11.2). Tuttavia i segnali che continua ad inviare verso l osservatore esterno non possono più uscire: vengono deviati verso la singolarità dalla curvatura dello spazio-tempo. Anzi non può neppure osservare la singolarità perché i fotoni che provengono da essa sono deviati all indietro. L unica luce che può vedere è quella che gli cade alle spalle dall esterno. In milionesimi di secondo raggiunge la singolarità e... qui anche la teoria della relatività generale non può andar oltre.

11 11.5. BUCHI NERI 291 Fig. 11.1: Velocità di un corpo S in caduta libera radiale verso un BH misurate dall osservatore all infinito e dall osservatore comovente. Fig. 11.2: L astronauta in caduta libera verso l orizzonte degli eventi di un BH: forze mareali.

12 292 CAPITOLO 11. TEORIA RELATIVISTICA DELLA GRAVITAZIONE 11.6 Moto di una particella test intorno a un buco nero L energia gravitazionale rilasciata da una particella m che cada dall infinito verso il BH, fino all orizzonte degli eventi, corrisponde all energia di legame dell ultima orbita stabile intorno al BH. Nel caso di un BH di Schwarzschild è dell ordine di 0.05 mc 2, mentre per un BH di Kerr può essere dell ordine di 0.42 mc 2. L accrescimento su BH rotanti è pertanto la più efficiente sorgente di energia in natura e in astrofisica dà origine a intensa emissione alle alte energie nello schema di formazione di un disco di accrescimento (Fig. 11.3). Fig. 11.3: Disco di accresimento intorno ad un buco nero. Diamo di seguito gli elementi fondamentali per calcolare l energia liberata dall accrescimento intorno ad un BH che per rappresentare una sorgente di energia su tempi lunghi deve avvenire con la formazione di un disco quasi-kepleriano con orbite circolari stabili ad opera del momento angolare posseduto dalla materiainaccrescimento. Studiamoatalepropositolacadutadiparticelletest su un BH di Schwarzschild, usando quindi la metrica (11.26) con coordinate all infinito r, θ, φ, t. Le misure di un osservatore localmente inerziale sono fatte attraverso la tetrade ortonormale di versori (indicati con loc) legati a quelli usati dall osservatore all infinito dalle relazioni: e t,loc = e r,loc = ³ 1 r s r ³ 1 r s r 1/2 et 1/2 er e θ,loc = 1 r e θ e φ,loc = 1 r sin θ e φ. (11.40) Le equazioni del moto di una particella test possono essere calcolate con le

13 11.6. MOTO DI UNA PARTICELLA TEST INTORNO A UN BUCO NERO293 equazioni di Eulero-Lagrange a partire dalla lagrangiana: L = 1 ds 2 2 dλ 2 = 1 2 g αβ ẋ α ẋ β = = 1 ½ ³ 1 r ³ s c 2 ṫ r 1 s 2 r r ṙ2 + r 2 ³ θ2 2 ¾ +sin 2 θ φ dove λ è una coordinata generica lungo la linea di mondo e x α =[r, θ, φ, t], ẋ α = dx α /dλ. Le equazioni di Eulero-Lagrange sono: µ dl dẋ α = dl dx α che permettono quindi di ricavare le seguenti equazioni del moto: g αβ p α p β = m 2 c 4 (11.41) d ³ r 2 θ = r 2 sin θ cos θ dλ φ 2 (11.42) d ³ r 2 sin θ dλ φ = 0 (11.43) d h³ 1 r i s c 2 ṫ = 0. (11.44) dλ r In realtà l equazione per la coordinata r è stata sostituita con la condizione che la lagrangiana dia come energia totale all infinito l energia di massa a riposo della particella (le p α sono le componenti del quadri-momento). Scegliendo le coordinate in modo che θ 0 = π/2 e θ 0 =0si ottiene che il moto rimane vincolato sul piano equatoriale perché la seconda equazione diventa un identità. La terza equazione esprime la conservazione del momento angolare, la quarta la conservazione dell energia: r 2 φ = pφ = costante = l (11.45) ³ 1 r s ṫ = pt = costante = E (11.46) r e si ricava dalle relazioni di confronto delle tetradi ortonormali locali con quelle all infinito che l ed E sono il momento angolare e l energia della particella test all infinito: E loc = ³ 1 r 1/2 s E r (11.47) l = E loc rv φ,loc. (11.48) Si consideri ora il caso di particelle test con massa m 6= 0. Si può quindi porre: Ẽ = E l l = mc 2 (11.49) mc

14 294 CAPITOLO 11. TEORIA RELATIVISTICA DELLA GRAVITAZIONE e, ponendo λ = τ/mc 2, riscrivere le equazioni del moto (a parte l identità in θ) nella forma: µ "!# 2 dr ³ = c 2 Ẽ 2 1 r 2 s l Ã1+ dτ r r 2 (11.50) dφ = c l dτ r 2 (11.51) dt Ẽ = dτ 1 r s /r. (11.52) Queste equazioni sono risolubili, la r(τ) è un integrale ellittico. Sono interessanti alcuni casi speciali dello studio del moto intorno all orizzonte di Schwarzschild Velocità di caduta radiale La velocità misurata dall osservatore locale è: v r,loc = pr,loc p t,loc = p r,loc p t,loc = p e r,loc = (1 r s/r) 1/2 p r E loc E loc " = 1 dr Ẽ dτ = c 1 1 ³ 1 r 2 s l Ã1+ Ẽ 2 r r 2 = pr E =!# 1/2. (11.53) per cui quando r r s,risultav r,loc c, cioè un osservatore locale stazionario vedrà la velocità radiale della particella tendere alla velocità della luce al raggio di Schwarzschild Moto geodetico radiale Imponendo φ = costante e l =0, l equazione del moto radiale diventa: dr hẽ2 dτ = c 1+ r i 1/2 s (11.54) r i cui risultati dipendono dal valore di Ẽ 2 (si sceglie la velocità negativa per indicare la caduta). Il caso Ẽ 2 < 1 corrisponde ad una caduta verso l orizzonte dalla posizione di riposo a R = r s (1 Ẽ2 ). Si può invece partire dalla posizione di riposo all infinito per Ẽ2 =1.Infine il caso Ẽ2 > 1 corrisponde ad una caduta dall infinito già con velocità iniziale verso l orizzonte. Con riferimento al caso Ẽ 2 < 1 si integra l equazione del moto cn le condizioni iniziali τ =0, r = R, ottenendo: µ R 3 1/2 µ µ r τ = 4c 2 2 r s R r2 2r R 2 +arccos R 1. (11.55)

15 11.6. MOTO DI UNA PARTICELLA TEST INTORNO A UN BUCO NERO295 Fig. 11.4: Coordinata r(t) di un corpo S in caduta libera vista da un osservatore all infinito e r(τ) misurata dall osservatore comovente. Il tempo proprio di caduta della particella test da R all orizzonte è dunque finito. Per avere invece il tempo di caduta misurato da un osservatore all infinito si integra l equazione per dt/dτ conl espressione oraottenutae si ricavaunacomplessa relazione implicita: " # t = r s c ln (R/r s 1) 1/2 +tan(η/2) + (R/r s 1) 1/2 tan (η/2) + r µ 1/2 s R 1 η + R (η +sinη) c r s 2r s (11.56) r = R 2 (1 + cos η) che nel limite r r s comporta tan (η/2) = (R/r s 1) 1/2 e quindi t. Il tempodicadutamisuratodaunosservatoreall infinito da R all orizzonte è dunque infinito. In Fig è riportata la legge oraria del moto radiale in funzione del tempo proprio o del tempo dell osservatore all infinito Moto in condizioni generali Nel caso di moto non puramente radiale si possono avere informazioni sui tipi di orbite anche senza risolvere tutto il sistema di equazioni, ma facendo riferimento

16 296 CAPITOLO 11. TEORIA RELATIVISTICA DELLA GRAVITAZIONE Fig. 11.5: Rappresentazione schematica del potenziale effettivo per una particella di massa m non nulla che orbita un BH di Schwarzschild di massa M (in unità di GM/c 2 ). Le tre linee orizzontali sono relative a differenti valori di Ẽ 2 e corrispondono a stati (1) non-legato, (2) di cattura e (3) legato. alla (11.50) per una discussione in funzione del potenziale effettivo: µ 2 dr h = c 2 Ẽ 2 V (r)i dτ! ³ V (r) = 1 r 2 s l Ã1+ r r 2 (11.57) (11.58) con V (r) rappresentato in Fig per un dato valore di l. Le tre linee orizzontali corrispondnono a differenti valori di Ẽ 2 eladistanzatralacurvadel potenziale e tali linee rappresenta (dr/dτ) 2. Il caso 1 rappresenta una particella con velocità reale che proviene dall infinito e alla minima distanza radiale A dal BH dove la sua velocità si annula e si inverte, per cui la particella ritorna all infinito: si tratta di uno stato non-legato. Il caso 2 rappresenta il caso di cattura: la particella giunge dall infinito e attraversa l orizzonte. Il caso 3 è invece uno stato legato in cui la particella orbita tra il punto A 1 ea 2. Naturalmente questa discussione si riferisce solo al moto radiale, le altre componenti di moto sono ricavabili dalle relative equazioni. La novità di questa analisi rispetto a quella newtoniana è la configurazione di cattura, per cui una particella di energia superiore ad un certo valore può superare la barriera del momento centrifugo ed essere catturata dal BH; una tale soluzione non esiste nella teoria gravitazionale classica, la particella test raggiunge r =0solo nel caso di totale assenza di momento angolare. Il massimo della barriera centrifuga si ottiene calcolando

17 11.6. MOTO DI UNA PARTICELLA TEST INTORNO A UN BUCO NERO297 V/ r =0: r s r 2 2 l 2 r +3 l 2 r s =0 (11.59) che comporta che non ci sono massimi per l < 3r s. In Fig è mostrato Fig. 11.6: Profili del potenziale effettivo per vari momenti angolari l. I punti indicano i minimi cui corrispondono orbite circolari stabili (in unità di GM/c 2 ). l andamento del potenziale al variare di l. Si hanno orbite circolari intorno al BH quando V/ r =0e r/ τ =0. Si calcola che ciò si verifica per: l2 = r s r 2 2r 3r s (11.60) Ẽ 2 = 2(r r s) 2 r (2r 3r s ) (11.61) Pertanto esistono orbite circolari fino a r =(3/2) r s cui corrisponde un energia Ẽ = E/mc 2. Le orbite sono stabili per 2 V/ r 2 > 0, cioèperr>3r s.su queste orbite stabili l energia di legame è: Ẽ legame = mc2 E mc 2 =1 µ 1/2 8 = (11.62) 9

18 298 CAPITOLO 11. TEORIA RELATIVISTICA DELLA GRAVITAZIONE che rappresenta l energia gravitazionale liberata nella caduta dall infinito fino a tale orbita e trasformata quindi in energia cinetica disponibile per dissipazioni e irraggiamento. Nel caso di un BH rotante definito dalla metrica di Kerr con il massimo momento angolare possibile (J/Mc = r s /2) un analogo studio permette di ricavare un energia di legame sull ultima orbita stabile retrograda (rispetto alla rotazione del BH) ancora maggiore, precisamente: 11.7 Moto dei fotoni Ẽ legame,kerr = (11.63) La relatività generale comporta che anche le particelle di massa nulla subiscano l effetto della curvatura dello spazio. Possiamo esaminare il comportamento di un fotone in orbita intorno a un BH di Schwarzschild seguendo lo stesso procedimento usato per le particelle dotate di massa. Per m =0le equazioni del moto (11.41) - (??) - (11.44) diventano: µ 2 dr ³ = E 2 l2 dλ r 2 1 r s (11.64) r dφ dλ = l r 2 (11.65) dt dλ = E 1 r s /r. (11.66) Introducendo la nuova coordinata λ nuova = lλ e il nuovo parametro b = l/e si ottiene (tralasciando l indice "new"): µ 2 dr = 1 dλ b 2 1 ³ r 2 1 r s (11.67) r dφ dλ = 1 r 2 (11.68) dt dλ = 1 b (1 r s /r). (11.69) che mostra come in tal caso le equazioni non dipendano da energia e momento separatamente, ma dalla loro combinazione in b, detto parametro di impatto. Possiamo studiare il moto dei fotoni con il metodo del potenziale effettivo: µ 2 dr = 1 dλ b 2 V f(r) (11.70) V f (r) = 1 ³ r 2 1 r s (11.71) r Il potenziale è illustrato schematicamente in Fig Anche in questo caso la distanza dalla linea orizzontale 1/b 2 rappresenta il quadrato della velocità. Il

19 11.7. MOTO DEI FOTONI 299 Fig. 11.7: Schema del potenziale effettivo di una particella di massa nulla intorno ad un BH di Schwarzschild (in unità di GM/c 2 ). Solo due traiettorie sono possibili: non legata e di cattura. potenziale ha un massimo V f =2/ (27r s ) per r =(3/2)r s. Esistono solo due possibili tipi di moto, quello di cattura per b<(3/2) 3r s e quello non-legato per b>(3/2) 3r s. Possiamo calcolare l emissione da un gas nelle vicinanze di un BH definendo le direzioni di propagazione misurate da un osservatore stazionario tali che un fotone emesso al raggio r possa sfuggire al BH. Con riferimento alla Fig possiamo scrivere le componenti radiale e tangenziale della velocità del fotone nella forma: v φ,loc = c sin ψ v r,loc = c cos ψ (11.72) e dalla (11.48) si ottiene: v φ,loc = b ³ 1 r 1/2 s. (11.73) r r Dal metodo del potenziale sappiamo che fotoni emessi a r>(3/2)r s possono sfuggire se hanno velocità radiale positiva verso l esterno, oppure anche se negativa purchè corrisponda a b>(3/2) 3r s. Un fotone che si muova verso il BH non sarà catturato se: sin ψ> 3 r ³ s 3 1 r 1/2 s. (11.74) 2 r r Inoltre anche fotoni emessi a r<(3/2)r s possono sfuggire se hanno velocità verso l esterno e b<(3/2) 3r s : sin ψ< 3 r ³ s 3 1 r 1/2 s. 2 r r

20 300 CAPITOLO 11. TEORIA RELATIVISTICA DELLA GRAVITAZIONE Fig. 11.8: Cattura gravitazionale della radiazione da un BH di Schwarzschild. I fotoni emessi a ogni dato raggio (in unità di GM/c 2 ) possono sfuggire dal BH solo nei coni delimitati dalle aree nere. Si ottiene che per r =1.25r s dev essere ψ<68 eperr = r s si ha ψ =0,cioè nessun fotone può sfuggire. È questa la dimostrazione del significato di BH.

21 Bibliografia [1] S. Weinberg - Gravitation and Cosmology - Wiley (1972) [2] C.W. Misner, K.S. Thorne e J.A. Wheeler - Gravitation - Freeman (1973) 301

22 302 BIBLIOGRAFIA

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