DIPINTI E STAMPE. Dipinti secolo XVI. Schede a cura di Salvatore Ferrari

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1 DIPINTI E STAMPE Dipinti secolo XVI Schede a cura di Salvatore Ferrari Pittore d area emiliana (o veneta?) della seconda metà sec. XVI Madonna con Bambino e San Giovannino Olio su tela/ 83x70,5cm / Inv. 567 Il bel dipinto raffigura al centro la Madonna - con veste rossa e manto blu - che tiene in braccio il Bambino, dal volto fortemente caratterizzato, in atto di benedire il San Giovannino, a sua volta intento ad accarezzare e baciare il piedino del Redentore. Alle spalle delle tre figure, ritratte secondo uno schema piramidale, si staglia un tendaggio rosso fissato ad un bastone. Nello spazio in alto a sinistra si apre uno scorcio di paesaggio, fatto di terra, di cielo e di nuvole. Il bambino parzialmente coperto da un morbido panno bianco siede su un cuscino bianco e rosso appoggiato sopra un tavolino coperto da un tappeto orientale - decorato con motivi floreali bianchi. La stessa decorazione compare sull orlo superiore della camicia della Vergine. Maria, con la testa leggermente piegata verso destra, rivolge uno sguardo benevolo al piccolo Battista dai capelli rossicci, ritratto a mezza figura e di tre quarti, con il volto di profilo. Giovannino tiene sul braccio destro un lembo della sua veste di pelli, mentre con la sinistra stringe la consueta crocetta con il cartiglio bianco avvolto nella parte superiore. Sopra i corti capelli castani Maria porta un sovrabbondante velo color ocra, movimentato di pieghe, che le scende sulla spalla sinistra. Il dipinto di alta qualità è orchestrato secondo uno schema classicista, con il gruppo delle tre figure sistemato armonicamente al centro della composizione, in primo piano, e con il fondale drappeggiato, di tradizione rinascimentale. Nei volti della Madonna, ma soprattutto del Battista, si ritrovano echi dei volti di Parmigianino e di Correggio. In generale il dipinto richiama molti elementi della pittura emiliana del secondo Cinquecento (la robustezza del Giovannino, la raffinatezza coloristica, il plasticismo del modellato), ma presenta altri elementi che sfuggono ad una precisa collocazione geografica e culturale. La fisionomia del Bambino o la presenza di un velo sovrabbondante potrebbe essere d ascendenza nordica, mentre il tappeto orientale si ritrova spesso in opere veneziane della seconda metà del XVI secolo. L anonimo artista, sicuro nel disegno, si dimostra audace nel giocare tutta la raffigurazione quasi esclusivamente sul rosso, usato in varie sfumature. Realistica ed efficace è la resa del tendaggio, come poetica è l illustrazione del paesaggio, che sembra rimandare ad atmosfere tizianesche. Rimane difficile individuare il nome dell artista, così come sfugge una precisa collocazione in uno spazio geograficoculturale, vista la compresenza di elementi derivati da scuole pittoriche diverse, in bilico tra l Emilia e il Veneto, e forse in relazione con esempi nordici. L autore è, quindi, da ricercare tra coloro che fanno da raccordo tra queste diverse esperienze figurative. Maarten de Vos (cerchia di), fine sec. XVI - inizi sec. XVII Visitazione Olio su tela/ 54,2x58 cm/ Inv. 541 Bibliografia: Religiosità popolare 1980, p. 98; Bellini, Esposizioni: Pordenone Il dipinto raffigura l episodio evangelico della Visita di Maria alla cugina Elisabetta (Luca, 1,39-56). La scena è ambientata all aperto, davanti alla casa di Zaccaria collocata di scorcio, a sinistra, insieme ad altre architetture urbane e sullo sfondo (a destra) di un paesaggio nordico, caratterizzato da una fitta vegetazione, da una fortezza in cima ad un altura rocciosa e da una casetta accanto ad un corso d acqua. Maria ed Elisabetta si abbracciano in primo piano, mentre leggermente arretrati avviene il saluto tra i mariti: Zaccaria ritratto come un vecchio con barba e capelli lunghi e bianchi, con addosso un abito verde e un manto viola, accoglie sulla porta di casa l anziano Giuseppe al quale stringe la mano, togliendosi il cappello in segno di rispetto. Lo sposo di Maria con barba e capelli più corti indossa una veste viola e un mantello scuro e porta la bisaccia alla cintura. Elisabetta rappresentata come una donna piuttosto anziana, in contrasto con la giovane cugina, è avvolta in un abito rosa coperto da un manto dorato, mentre in testa

2 porta un lungo velo bianco. Maria vestita di rosso e di blu, come di consuetudine, ha sul capo un velo bianco e ai piedi calza i sandali. Il dipinto è una libera riduzione di un opera cinquecentesca del pittore fiammingo Maarten de Vos (Anversa ), probabilmente conosciuta tramite l incisione (cfr. Bellini, 1995, p. 644, ill. 30) realizzata nel 1582 da Jan Sadeler (Bruxelles 1550-Venezia 1600) e oggi conservata nella Biblioteca di Hollstein (n. 161). Anche nel dipinto Ciceri ritroviamo, oltre alle componenti nordiche (le architetture fortificate e il paesaggio), quel colorismo brillante di stampo veneziano (il bianco bassanesco dei veli e i rosa-rossi tizianeschi o tintoretteschi), che caratterizzò la produzione di de Vos dopo il soggiorno italiano e la collaborazione con Tintoretto. La composizione si articola in gruppi ben distinti: Giuseppe e Zaccaria e la loro muta stretta di mano; Maria ed Elisabetta e il loro caloroso abbraccio, che esprime un più affettuoso senso di intimità. Non è evidenziata, qui, la gravidanza di entrambe, come indicato nel racconto di Luca. I personaggi sono saldati tra loro da precisi richiami coloristici; i valori cromatici delle vesti sembrano dati secondo una struttura a chiasmo. Il dipinto non presenta quella qualità e precisione di disegno (il paesaggio, ad esempio, è più abbozzato) che si riscontra nell incisione di Sadeler; va quindi ricondotto ad un pittore nordico, forse della stessa cerchia di De Vos, attivo tra la fine del 500 e i primi decenni del 600. Pittore di area veronese della fine sec. XVI inizi sec. XVII La Flagellazione di Cristo Olio su tavola/ 52,5x78,8 cm/ Inv. 458 Iscrizioni: sul retro della tavola: Tiziano, Lotto, Palma il Giovane. Il dipinto raffigura la scena evangelica della Flagellazione di Cristo in un ambientazione notturna. Dallo sfondo nerissimo emerge il gruppo di tre figure, illuminato di striscio dalla luce artificiale prodotta dalla fiaccola portata dallo sgherro di destra. Cristo dai tratti sinuosi e con il volto di profilo è immobile al centro della composizione, con le mani in avanti legate ad un bassa colonna, che ripete nella forma la reliquia venerata nella basilica romana di Santa Prassede. Il soldato di destra, ripreso di schiena, con la corazza dorata e cinto in vita da un panno rosato, lo sta per colpire col flagello. Il muscoloso aguzzino di sinistra, a petto nudo, con il corpo in torsione, è pronto ad infierire sul Redentore. In primissimo piano, in basso al centro, accanto ai bastoni della tortura, è abbandonata la tunica di un rosa-violetta di matrice tintorettesca. In alto un angioletto pare precipitare dal cielo. Il dipinto sembra riprendere, semplificandola e riducendola al gruppo essenziale dei tre personaggi, la Flagellazione di Cristo dipinta da Felice Brusasorci (1539/ ) per la chiesa veronese della Madonna della Campagna (ca. 1590). La stessa scelta cromatica, giocata su colori freddi (il grigio metallico dell elmo del soldato, il rosa del panno dello sgherro e della tunica, il bianco del perizoma di Cristo), è ripresa pari pari dal pittore veronese. Le figure richiamano la plastica veneziana di ispirazione manierista; così lo splendido notturno trova i suoi modelli nella tradizione veneta di Tiziano e di Bassano. Questa iconografia del Cristo alla colonna trovò molta fortuna tra gli artisti veronesi, allievi o imitatori di Brusasorci, quali Turchi o Claudio Ridolfi. Il nostro anonimo artista sembra risentire di quel clima manierista dell ambiente veronese. La realizzazione dell opera va, quindi, circoscritta al periodo Sul retro della tavola alcune scritte - probabilmente di mano di Luigi Ciceri - individuano gli improbabili autori: Tiziano, Lotto, Palma il Giovane. La tavola è incorniciata da una imponente cornice lignea intagliata ed è provvista di passpartou in raso rosso.

3 Dipinti secolo XVII Schede a cura di Salvatore Ferrari e Gabriella Schiaulini Giovanni Andrea Voraio (doc.a Venzone ) (prima metà del sec. XVII, 1624?) Madonna Annunciata Olio su tela/ 80x115,5 cm/ Inv. 576 Iscrizioni: GIAN ANDREA VORAIO FECE. /16?4 XII AGOS. Bibliografia: Religiosità popolare 1980, p. 98. Esposizioni: Pordenone In un interno domestico caratterizzato dalla cappa del camino con mensole modanate, da un tavolino con tovaglia variopinta (a sinistra della raffigurazione) e dal pavimento a scacchi grigi e neri è ambientata la scena dell Annunciazione. Il dipinto raffigura solo la Vergine Maria non l Arcangelo Gabriele - con le mani incrociate sul petto, vestita di rosa, avvolta da un manto azzurro e con un velo bianco annodato ai capelli. La Vergine, il cui volto è ritratto di profilo, siede ad uno scrittoio, posto in tralice, sopra il quale sono appoggiati due libri, uno aperto e l altro, rilegato in rosso, chiuso. Accanto allo scrittoio fiori bianchi sono raccolti in un vaso decorato, mentre un pesante tendaggio verde illuminato dalla luce che viene dall alto, è collocato sullo sfondo. L aver rintracciato - nella pagina sinistra del libro aperto sullo scrittoio il nome accanto alla data di esecuzione dell opera in parte rovinata, ma con buona probabilità da leggere come 1624 permette di inquadrare con precisione il luogo di produzione (Venzone) e la cultura pittorica di riferimento di questo pittore poco noto. Giovanni Andrea Voraio (doc. a Venzone ), figlio di Giovanni Battista, è ricordato dalle fonti come pittore e come magistrato cittadino, tesoriere nel 1617 (Clonfero 1971, p. 381). Nel 1607 fu coinvolto in un processo del Santo Ufficio di Udine per aver dipinto come recitano le cronache una figura per un sortilegio amoroso ordito da un frate eremitano, che rubò nella chiesa parrocchiale di Venzone (Sereni 1971, p. 458). Il 6 gennaio 1613 intimò agli Agostiniani di Venzone di pagare l icona con S. Lucia ed altri santi fatta per il loro monastero (Biasutti 1973, p. 33). Nel 1618 firmò e datò la pala di San Michele per un altare della chiesa venzonese di San Giovanni (presbiterio di sinistra) raffigurante la Madonna di Loreto tra San Francesco e San Carlo, in alto e l Arcangelo Michele tra la Veronica e San Giovanni Battista, in basso (Clonfero 1978). Nella composizione, nel panneggio, nella resa coloristica (il bianco del velo di bassanesca memoria) ritroviamo alcune caratteristiche della pittura veneziana del Cinquecento, reinterpretate in maniera forse un po impacciata, dal nostro autore. Un confronto con una stampa raffigurante l Annunciazione appartenente alla raccolta Bertarelli (Achille Bertarelli 2001, pp ), donata alla biblioteca civica di Trieste, porta a pensare che il nostro artista si sia rifatto per la composizione a modelli di questo tipo. Pittore di area emiliana della prima metà sec. XVII San Giovanni Battista Olio su tela/106,8x79,5 cm./ Inv. 463 Iscrizione: sul dorso del telaio CAGNA DA T CORREGGIO San Giovanni Battista è ritratto di tre quarti, con la testa quasi profilata e lo sguardo rivolto all osservatore. Il santo a dorso nudo, appena coperto da una veste di pelle e da un manto rosso, sta indicando con la mano destra verso destra, mentre con la sinistra trattiene la croce disposta in diagonale e accarezza l agnello, suo consueto attributo. La tradizionale scritta latina ECCE AGNUS DEI compare sul cartiglio attorcigliato alla parte sommitale della croce. Sopra la testa, coperta da una chioma di ricciolo castanobiondi, è visibile l aureola. A destra, in secondo piano, si apre uno scorcio di paesaggio con alberi frondosi, con lontane alture ai piedi delle quali sorge un borgo e con un pezzo di cielo pieno di nuvole. L autore della scritta che compare sul dorso del telaio voleva forse indicare il pittore romagnolo Guido Cagnacci ( ). Sicuramente nella raffigurazione del Battista ritroviamo molte affinità con il classicismo emiliano della scuola dei Carracci e di Reni. Una certa sensualità della figura, il plasticismo del modellato, le scelte cromatiche, lo scorcio di paesaggio sulla destra fanno pensare ad un artista di discreta qualità formatosi o influenzato dall arte emiliana della prima metà del Seicento. Nella composizione si può

4 notare una disposizione a linee incrociate, determinate dal corpo del Battista sporto in avanti e dalla croce collocata trasversalmente. Poco riuscita, forse perché ridipinta, appare la mano sinistra, che pare più grande dell altra. Pittore di area friulana degli inizi sec. XVII Ritratto di bambina con fiore Olio su tela incollata su faesite/ 45x37 cm/ Inv. 544 Il dipinto ritrae una bambina, a più di mezza vita, leggermente di tre quarti, con la testa rivolta a sinistra. La figura è stata privata del braccio destro, di cui rimane solo la mano, in seguito ad un drastico taglio della parte sinistra della tela. La bimba, di pochi anni, con un viso paffutello e capelli castani mossi, indossa un vestito viola, di foggia tardo cinquecentesca, a maniche corte, con ampio colletto bianco bordato di pizzi. Della camicia sottostante compare la manica sinistra rigata e decorata con motivi variopinti. Nella mano sinistra inanellata stringe un fiore bianco dallo stelo lungo. Il dipinto è stato probabilmente ritagliato da una composizione più ampia, forse un quadro di famiglia. È ipotizzabile che la persona ritratta, una volta cresciuta e uscita dal nucleo familiare, abbia voluto portare con sé il ritratto della sua infanzia, estrapolandolo dalla sua collocazione originaria. Il ritratto, ben delineato nelle linee fisionomiche, è una gustosa testimonianza della moda nobiliare, spagnoleggiante, diffusa negli ultimi decenni del 500. L anonimo artista dipinge secondo un gusto realistico, calibrando le ardite scelte cromatiche (la raffigurazione è dominata dal viola dell abito). L opera è ascrivibile ai primi decenni del XVII secolo. Pittore di area austriaca del sec. XVII Il ritorno dall Egitto Olio su tela/ 57,7x97 cm/ Inv. 564 Bibliografia: Religiosità popolare 1980, p. 98. Esposizioni: Pordenone Il dipinto raffigura la Sacra famiglia mentre ritorna dall Egitto. Il gruppo, che procede a piedi, sta attraversando un ponte piastrellato. Giuseppe tiene per mano Gesù fanciullo - dai boccoli biondi e con una veste verde - e rivolge lo sguardo verso Maria, che sta posando un curioso copricapo rosso sulla testa del figlio. La Madonna, ripresa di profilo, indossa una veste scura sormontata da un mantello blu; porta un cinturino rosa in vita, un cappello di paglia sulle spalle, e i sandali ai piedi. Lo sposo veste un abito scuro con un manto marroncino; nella sinistra tiene il bastone da pellegrino e porta in spalla un cesto di vimini, coperto da un candido panno e appoggiato su un asta di legno terminante con una sporgenza metallica (pare un portasecchi in uso nelle comunità alpine). La scena è illuminata da un sole dal volto umano, che spunta dall estremità destra della tela, mentre nel cielo compaiono nuvole scure. Sullo sfondo un paesaggio con colline e montagne e pochi alberi dal tronco esile e dalle fronde scheletriche. Il racconto evangelico, sinteticamente riportato da Matteo, trova nei Vangeli apocrifi maggiori dettagli; qui gli artisti hanno trovato la fonte per le loro rappresentazioni. Il dipinto, vista la presenza di Gesù fanciullo e non più infante, non raffigura con tutta probabilità una scena della Fuga in Egitto, come indicato da Ciceri, ma un episodio del ritorno in Palestina. L assenza dell immancabile asinello testimonia l assunzione di modelli iconografici della Controriforma. Il dipinto, di cui non si conosce la provenienza, potrebbe appartenere, per cifre stilistiche, all ambiente austriaco seicentesco. L anonimo artista riesce a creare un atmosfera di intimità familiare, che si concretizza nell affettuosa gestualità di Maria. La raffigurazione è giocata su tinte scure, interrotte dal rosso del berretto, e dalla luminosità del sole con occhi, naso e bocca marcati di rosso e dell aureola del Bambino. La pittura di gusto popolare desta interesse in modo particolare per l invenzione compositiva. La fortuna di questo soggetto, con il gruppo che procede a piedi, continua in ambito friulano anche nei secoli successivi. Si veda, ad esempio, la tela della prima metà dell Ottocento conservata nella chiesa parrocchiale di Zovello (Ravascletto).

5 Pittore di area friulana del sec. XVII La Trinità Olio su tela/ 68,5x58 cm/ Inv. 523 Bibliografia: Religiosità popolare 1980, p. 98. Esposizioni: Pordenone Dio Padre a braccia aperte, ritratto come un vecchio patriarca con barba fluente e capelli bianchi, è avvolto in una candida veste ricoperta da un ampio mantello rosso e regge con ambo le mani la traversa orizzontale della croce. Il Cristo crocifisso appare sproporzionato nelle dimensioni rispetto alla monumentalità dell Eterno, seduto su un trono non visibile e circondato da nuvole. L aureola triangolare fa brillare lo sfondo di una luce rosso-arancio. Sopra la testa di Cristo volteggia la colomba dello Spirito Santo. La Trinità è raffigurata secondo uno schema iconografico, di tradizione nordica, indicato con il nome di Trono di grazia. Tale iconografia, che comincia a svilupparsi con l arte gotica, trova in Friuli una grande diffusione nel corso del 500, sia in cicli affrescati che in opere su tela o tavola. Celebre la pala del Pordenone ispirata ad un incisione di Durer per il Duomo di San Daniele (1535), ampiamente copiata, tra gli altri anche da Amalteo. Il prototipo pordenoniano è completamente frainteso dal nostro anonimo artista, mediocre epigono seicentesco della tradizione pittorica friulana del XVI secolo. Il Padre Eterno giganteggia al centro della composizione, mentre il Cristo è ridotto al ruolo di figurina senza vigore e tragicità. Geometricamente non corretta appare la traversa orizzontale della croce, mentre un eccessivo rilievo è assegnato all aureola. La gamma cromatica è dominata dal rosso del manto di Dio Padre. Dal punto di vista iconografico è possibile stabilire confronti con gli affreschi cinquecenteschi di Thanner e con il dipinto raffigurante la Trinità (1623 ca), collocato sulla cimasa dell altar maggiore della chiesetta della Vergine del Monte Castellano a Raveo, attribuito, insieme alla sottostante pala, a Bernardino Grando (Bergamini 1990, ill. p. 313). Pittore di area friulana del sec. XVII Ritratto di bambina in preghiera Olio su tela/ 71x59 cm/ Inv. 545 Il dipinto raffigura su un fondale scuro una bambina in preghiera, ritratta quasi frontalmente, a mezza figura, con le mani giunte e il capo circondato dall aureola. In testa, sopra i capelli corti e castani, ha dei fiori rossi, e al collo porta una collana di perle rosse. Indossa una veste verde, aperta sul petto, con maniche rosse foderate di bianco. La presenza dell aureola, più che a una piccola santa, fa pensare ad una bambina, morta in tenera età. Gli occhi espressivi, il sorriso appena accennato, la posa aggraziata, l atmosfera di religiosa compostezza sono tutti elementi che traspaiono dal ritratto, realizzato da un pittore locale, nel corso del Seicento. La raffigurazione mantiene un tono popolare; la composizione è ridotta all essenziale, concentrando l attenzione sul personaggio, e lasciando spoglio lo sfondo; la cromia è giocata sull alternanza di pochi colori (rosso, verde, bianco, marrone). Il dipinto è stato pubblicato a colori sulla copertina di un numero unitario delle riviste Ce Fastu? e Sot la nape (n. 2-3, 1981) con la seguente didascalia: Orante ritratto ad olio del Friuli centrale sec. XVII, Coll. Ciceri, Foto O. Pellis. Pittore di area friulana del sec. XVII San Pietro Olio su tela/ 78,5x62,5 cm/ Inv. 551 Bibliografia: Religiosità popolare 1980, p. 98. Esposizioni: Pordenone L apostolo Pietro riconoscibile dalle consuete chiavi - è ritratto a mezza figura, in lacrime e con le mani giunte in atto di contrizione dopo il rinnegamento di Cristo. Il santo, quasi calvo, con una folta barba grigia e dal volto molto espressivo, porta una camicia aperta sul petto e indossa una veste verde coperta da un manto marrone. Alle sue spalle, sul ramo di un albero, il gallo evangelico sta cantando (Marco, 14, 66-72). In lontananza, sulla destra, al di là di una sorta di muretto, si intravede una veduta di città dai toni sfumati.

6 Il pianto di San Pietro dopo il ripetuto rinnegamento di Gesù è un tema frequente nella pittura italiana della Controriforma, ove è trattato come immagine devozionale, nell intento di valorizzare il sacramento della penitenza. Il presente dipinto è un esempio di questa tipologia. L anonimo pittore locale, oltre ad una discreta resa anatomica della figura, riesce a cogliere anche gli aspetti psicologici, in modo da trasmettere efficacemente il messaggio del pentimento e del dolore. Meno accurato appare il disegno delle case della città come anche dello scorcio arboreo. Pittore di area friulana del sec. XVII Madonna col Bambino dormiente Olio su tela/ 56x51 cm/ Inv. 555 Bibliografia: Religiosità popolare 1980, p. 98. Esposizioni: Pordenone Su uno sfondo neutro è raffigurata - a mezzo busto - la Madonna vestita di rosso e con un mantello blu, che tiene in braccio il Bambino addormentato. Maria è ritratta con il capo dolcemente inclinato verso sinistra e coperto da un velo color ocra in parte nascosto da un lembo del manto - da cui spunta la scriminatura dei capelli. Una parte del velo, con motivi rigati, le drappeggia la spalla destra e il petto. Il Bambino appare fasciato e protetto da un candido velo che la Madre solleva con leggerezza, stringendo un orlo tra il pollice e l indice della mano sinistra. Diffusissima tra XVII e XVIII secolo è l iconografia della Madonna con il Bambino dormiente. La Vergine che veglia sul figlio addormentato si mostra seria e allo stesso tempo serena. Belle le mani sottili, mentre più squadrati appaiono i lineamenti del viso. Gesù pare un bambino di cera. La gamma cromatica è giocata sul contrasto tra il rosso e il blu della veste di Maria e il bianco pallido che caratterizza il Bambino e i panni che lo rivestono. Il dipinto, pensato per la devozione privata, si presenta come opera di qualche pittore locale, impegnato a replicare stancamente un soggetto tanto comune, con risultati di modesta qualità. Pittore di area friulana del sec. XVII San Cristoforo Olio su tela/ 85x61 cm/ Inv. 557 Bibliografia: Religiosità popolare 1980, p. 98. Esposizioni: Pordenone Il dipinto raffigura San Cristoforo con il Bambino Gesù sulle spalle, approdati sulla riva dopo l attraversamento dell impetuoso specchio d acqua, che pare un mare perso all orizzonte piuttosto che il consueto fiume del racconto agiografico. Il gigante Cristoforo, dal bel volto barbuto, appoggia un piede sulla roccia sulla quale spuntano ciuffi d erba e stringe con la destra il robusto bastone, ricoperto di foglie e di fiori come una palma da datteri, mentre con la sinistra tiene sollevata la veste rossa, in cui è avvolto, in modo da non bagnarla nell acqua. Sull altra sponda si profila una città con torri, guglie e palazzi. Il grigio delle nuvole in cielo e delle onde sull acqua crea un atmosfera plumbea. La raffigurazione rispetta la tradizionale iconografia, tranne che per la presenza di uno scorcio marino al posto del fiume. Il mantello svolazzante di Cristoforo restituisce una certa vivacità ad una composizione altrimenti rigida e ingessata. L anonimo pittore locale esegue questa teletta per la devozione privata con modesti risultati. Pittore di area friulana del sec. XVII San Paolo eremita Olio su tela/78,2x57,2 cm./inv. 559 Bibliografia: Religiosità popolare 1980, p. 98. Esposizioni: Pordenone San Paolo eremita è ritratto a mezza figura, a torso nudo, appoggiato ad un ripiano orizzontale lapideo sopra il quale è collocato un teschio rovesciato - mentre è raccolto

7 in meditazione con la testa appoggiata alla mano destra e con un rosario stretto nella sinistra. Il santo dai capelli mossi e dalla lunga barba grigia porta in vita un panno rosso. Alle sue spalle, in uno scorcio di cielo racchiuso tra alberi dall alto fusto, compare un corvo nero con un tozzo di pane in bocca. La figura del santo anacoreta ritorna pressoché identica, ma invertita, in un incisione (n ) dalla difficile storia attributiva raffigurante San Girolamo, conservata nella raccolta di stampe Angelo Davoli della biblioteca Panizzi di Reggio Emilia (Davoli 2000, IV, pp e ill. p.103). La posa e la fisionomia del santo, il teschio sulla lastra di pietra, il rosario in mano sono gli stessi; il leone di Girolamo è stato invece sostituito da un ceppo d albero con corteccia ed anelli. Il frammento di paesaggio con alberi dai tronchi intrecciati e dalle foglioline minuziosamente descritte sembra rinviare a modelli fiamminghi (lo stile dell incisione è avvicinato alla scuola del Goltzius). Va sottolineata la buona capacità del pittore nel modellare il corpo muscoloso del santo, ma anche nell uso studiato della gamma cromatica (il rosso del panno). Pittore di area friulana del sec. XVII San Gerolamo Olio su tela/ 88x67 cm/ Inv. 561 Bibliografia: Religiosità popolare 1980, p. 98. Esposizioni: Pordenone Il dipinto raffigura San Gerolamo, dottore della Chiesa, in atto di scrivere la Vulgata. Il Santo a mezza figura è mostrato a petto nudo, con un manto rosso scivolato dalle spalle, con la penna d oca nella mano destra e con il libro aperto posto in verticale trattenuto dalla sinistra. Una fitta barba incornicia il volto, mentre la testa si presenta calva. Il capo è leggermente piegato a sinistra e lo sguardo è rivolto verso l alto. Alle spalle spunta una testa di leone dagli inconsueti lineamenti umani. In alto a sinistra come sospeso nell aria è sistemato il rosso cappello cardinalizio decorato con due nappe, inseparabile attributo di Gerolamo. Il dipinto, ovviamente opera di devozione privata date le ridotte dimensioni, è interessante per la rara iconografia del leone dal volto umano. È necessario sottolineare l evidenza data alla muscolatura, che risulta in verità un po gonfiata. Precisa e minuziosa appare la resa dei peli della barba, come anche la raffigurazione dei lacci di chiusura del libro. La tela va collocata in ambito veneto nel corso del XVII secolo. L anonimo artista potrebbe essersi ispirato d una stampa per la composizione. Pittore di area friulana del sec. XVII La Carità Olio su tela/ 85x73,5 cm/ Inv. 572 Iscrizioni: CARITA. Bibliografia: Religiosità popolare 1980, p. 98. Esposizioni: Pordenone In uno sfondo di nubi bigie - illuminate da una luce giallastra che viene da sinistra e assisa sul trono si staglia la figura allegorica della Carità, la principale delle Virtù teologali come vuole San Paolo (Corinti, I, 13,13). La giovane donna, ritratta a mezza figura, vestita d azzurro con un manto rosso sulle spalle e un lungo velo ocra, tiene nella mano destra un cuore sormontato da una fiamma ardente, mentre con la sinistra trattiene uno dei due bambini che le sono accanto. Il bambino di destra, con il volto di profilo, appoggia la mano sinistra sopra un libro posto in verticale - sulla cui copertina compare la scritta CARITA. L altro bimbo, coperto solo da un panno bianco in vita, è raffigurato frontalmente con un libro aperto tra le mani; sembra intento a spiegarne il contenuto. Il dipinto non segue il tradizionale modello di Ripa; qui i bambini ai piedi della Virtù sono due, non tre e nessuno di questi è allattato dalla Carità. L artista ha reso umana, quasi materna l immagine della Carità circondata dai bambini e con il cuore fiammeggiante, pronto per essere offerto a Dio. Quest opera è forse la meno riuscita delle tre Virtù; un po goffa la figura del bambino di destra, meno curata la resa dei volti e delle mani, poco indovinata la scelta coloristica. La serie delle tre tele è comunque importante come documento della diffusione di questa

8 importante tematica della teologia cristiana in contesti periferici e per una committenza privata. Pittore di area friulana del sec. XVII Incoronazione della Vergine Olio su tela/ 104x84,5 cm/ Inv. 574 Bibliografia: Religiosità popolare 1980, p. 98. Esposizioni: Pordenone Il dipinto raffigura l episodio finale della vita di Maria: la solenne incoronazione da parte della Trinità. Sulle nubi, costellate da teste di cherubini, appare Maria inginocchiata, a mani giunte e vestita, come di consueto, di rosa e di blu e con un velo sul capo, leggermente inclinato in avanti. Alle spalle di Maria il Cristo (a sinistra) avvolto in un manto rosso e reggente la croce e Dio Padre (a destra) in abito bianco e manto ocra, con scettro e globo, stanno per porle sul capo una preziosa corona. Sulla sommità, in uno squarcio di cielo, vola la colomba dello Spirito Santo immersa in una luce color giallo acceso. L assegnazione del dipinto al XVI secolo, proposta da Ciceri, non pare condivisibile. Verosimilmente si tratta di un opera seicentesca di un pittore locale, che riprende schemi rinascimentali. La composizione risulta equilibrata, le pennellate sono compatte, rigidi e geometrici i lineamenti del volto di Cristo, più dolci quelli della Vergine. Pittore di area friulana del sec. XVII Madonna con Bambino e Santi Olio su tela/ 113x93,5 cm/ Inv. 577 Al centro della composizione una Sacra Conversazione la Madonna con il capo leggermente girato a destra e con lo sguardo rivolto in basso trattiene un vivace Bambino, proteso verso una Santa raffigurata a destra, di cui non rimane che il volto. Nella parte sinistra della tela era stata dipinta un altra figura, ormai illeggibile, ai piedi della quale sembra di scorgere un libro aperto. La testa del Bambino appare coperta da un panno; anche Maria vestita di rosso e d azzurro porta un velo sul capo e stringe nella sinistra un oggetto da dare a Gesù. Il dipinto il cui cattivo stato di conservazione non permette una precisa lettura riprende gli schemi cinquecenteschi delle Sacre Conversazioni di area veneta. I delicati lineamenti di Maria, la.realistica raffigurazione del Bambino in movimento, con la gamba sinistra allungata, l equilibrato inserimento delle figure, fanno pensare ad un originale discreta qualità dell opera. Pittore di area friulana del sec. XVII La Speranza Olio su tela/ 80,5x72,8 cm/ Inv. 584 Bibliografia: Religiosità popolare 1980, p. 98. Esposizioni: Pordenone Il dipinto ritrae - in un fondale azzurro arricchito da nubi grigie - la figura allegorica femminile della Speranza, individuabile dall antico simbolo cristiano dell ancora stretta tra le mani. La giovane donna, avvolta da una veste dorata ricoperta da un mantello rosso e con un cinturino in vita appena segnato, è disposta quasi frontalmente con il capo inclinato leggermente verso sinistra.raggi di luce che scendono dall alto fanno brillare il velo quasi trasparente che le copre il capo e che scende, insieme ai capelli, sulle spalle. L ancora come simbolo della speranza compare in vari passi delle lettere di San Paolo (Corinti ed Ebrei), mentre è assente nella figura descritta da Cesare Ripa. Il nostro dipinto, della stessa mano delle altre due tele raffiguranti le Virtù teologali (Cfr. inv. 572, 585), si differenzia per il bel modellato delle mani e per i delicati lineamenti del viso, oltre che per l abile resa del panneggio movimentato. Il gioco di chiaroscuri e l uso di tocchi di bianco per la resa dell ancora metallica e del velo rinviano alla lezione coloristica veneziana del XVI secolo.

9 Pittore di area veneta del sec. XVII Deposizione dalla Croce con San Francesco (copia da Orazio Farinati) Olio su tela/ 40x58,7 cm/ Inv. 461 Il dipinto raffigura tre momenti della Deposizione dalla Croce. Al centro della scena appoggiata ad un cumulo di rocce, che fa da sfondo, sta la croce inclinata dalla quale si sta staccando il corpo del Salvatore. L Evangelista Giovanni e un altro discepolo lo sostengono, mentre la Maddalena - riconoscibile dal vaso degli olii - accarezza il piede piagato. Ai piedi della croce stanno (a destra) la Vergine piangente dalle mani giunte, avvolta in una veste rosata con un lungo manto azzurro, e ( a sinistra) San Francesco d Assisi con il saio e i gigli bianchi accanto. A destra dell episodio centrale tre uomini si affaticano a sollevare la pietra che copre il sepolcro aiutati da bastoni. A sinistra della Deposizione, sotto un albero, le Marie dolenti insieme con la Veronica - raffigurata di spalle, con un panno bianco tra le mani (il sudario?) confabulano. Il dipinto appare come una precisa derivazione da un incisione di Orazio Farinati, pittore ed incisore veronese, realizzata nel Il soggetto era stato eseguito dal padre Paolo nel 1573 per la chiesa dei Padri Cappuccini di Verona. L anonimo pittore della tela Ciceri, di probabile formazione veneta, riprende fedelmente l invenzione compositiva di Farinati, ma si differenzia nello stile. Le figure non hanno la forza e la corposità delle immagini tardomanieriste del Farinati anche se risultano ben disegnate e caratterizzate da colori freddi (rosa, azzurro, ocra). Pittore di area friulana del sec. XVII La Fede Olio su tela/ 83,5x75,5 cm/ Inv. 585 Bibliografia: Religiosità popolare 1980, p. 98. Esposizioni: Pordenone In uno sfondo grigio - illuminato dai raggi di luce che promanano dall ostia - è inserita la figura femminile che impersona la Virtù teologale della Fede, riconoscibile dai consueti attributi della croce (nella mano sinistra) e del calice sormontato dall ostia santa (nella mano destra).la Fede indossa una veste candida ricoperta da un manto rosso; sul capo, delicatamente inclinato verso sinistra, è sistemato un velo ocra che scende sulle spalle. La figura allegorica della Fede potrebbe esser stata a ripresa da stampe seicentesche; non segue il modello descritto da Ripa nella sua Iconologia. Il profilo delicato del viso, il gioco dei colori (bianco-rosso), la morbidezza del panneggio, le pennellate corpose, rimandano ad una formazione veneta di questo anonimo pittore locale. Il dipinto fu eseguito insieme alle altre due Virtù della collezione Ciceri (Cfr. inv. 572, 584). Pittore di area veneta del sec. XVII Testa di vecchio Olio su tela/ 40x34,5 cm/ Inv. 1 Su uno sfondo scuro è ritratto un uomo anziano, a mezzo busto, con il capo girato a destra e leggermente inclinato verso il basso. Solo il volto, caratterizzato dalla barba grigia e dalle rughe sulla fronte, è illuminato da una luce proiettata da destra. A sinistra emerge il rosso del mantello che l avvolge. Il notevole oscuramento cromatico rende difficile una buona lettura dell opera. Emerge, comunque, con chiarezza la precisa descrizione realistica del personaggio. L anonimo pittore, influenzato dalla pittura veneziana del XVI secolo, riesce felicemente a riprodurre - con pennellate corpose e con una scelta cromatica ridotta a pochi colori questa testa di vecchio modellata dal tempo, che trasmette serenità e saggezza. Pittore di area veneta del sec. XVII Ritratto di donna Olio su tela/ 40,4x34,8 cm/ Inv. 2 Una figura femminile è ritratta quasi a mezzo busto, con il capo girato a destra e con gli occhi rivolti verso l alto. Sopra i capelli, intrecciati da fili di perle e con un piccolo

10 diadema centrale, porta un velo quasi trasparente (si vedono solo i bordi), che le tocca le spalle nude. Dell abito azzurro-verde che indossa è visibile solo il grande scollo centrale, orlato con motivi a pietre preziose. Un prezioso orecchino dorato pende dal suo orecchio destro. Il volto assorto appare dominato da un pallore appena attenuato dal rosa flebile delle guance. Il ritratto femminile, dai lineamenti delicati e con un acconciatura curata e abbellita dalle perline, ricorda la ricercata preziosità di certe teste di Paolo Veronese. Chi ha scritto sul dorso del telaio forse lo stesso Ciceri il nome di Sebastiano Ricci, può aver avuto la stessa sensazione, visto il revival veronesiano presente in parte della produzione riccesca. Il dipinto sembra essere pendant di un altra tela Ciceri, delle stesse dimensioni (variano di pochi millimetri) raffigurante una Testa di Vecchio (inv. 1). L opera da assegnarsi al XVII secolo potrebbe appartenere ad un discreto artista d area veneta, influenzato dalla pittura veneziana del Cinquecento. Sul dorso del telaio è annotato a mano Sebastiano Ricci. Pittore di area veneta del sec. XVII San Giacomo maggiore Olio su tela/ 42x34 cm/ Inv. 518 Il dipinto presenta su uno sfondo grigio l apostolo San Giacomo maggiore a mezza figura con la mano destra sul petto e con lo sguardo rivolto verso l alto. Con la sinistra trattiene una crocetta astile da cui pendono alcuni oggettini (sembra di riconoscere un cappello da pellegrino in miniatura). Indossa una veste rosso-violetto ricoperta da un mantello marrone chiaro decorato con la conchiglia, simbolo tradizionale del santo. Lunghi capelli incorniciano il volto dal profilo delicato e dagli occhi espressivi; il capo è circondato da un aureola luminosa. Il dipinto, molto rovinato, lascia comunque emergere la precisa definizione del disegno e la mano non disprezzabile dell anonimo pittore seicentesco di area veneta, ancora influenzato dalle composizioni e dal colorismo cinquecentesco. Pittore di area veneta del sec. XVII Porto con fortificazioni Olio su tela/ 54,5x74 cm/ Inv. 539 Il dipinto raffigura un porto di mare in cui approdano varie imbarcazioni. A destra è visibile un ingresso fortificato al porto, costituito da una spessa parete, aperta al centro da una grande apertura e collegata alle estremità a due torri. Sopra la muratura corre un cammino di ronda percorso da minuscole figure. In primo piano a destra le strutture lignee dove attraccano le imbarcazioni. A sinistra si nota un grande galeone, popolato da marinai vestiti di rosso e di blu, che sta per giungere a riva a vele spiegate. Parte di una piccola barca con rematori fa da quinta all estrema sinistra della tela. Altre piccole navi popolano un mare calmissimo, che si perde all orizzonte nel cielo grigio, rischiarato in lontananza da una luce soffusa. La piacevole teletta, esempio di opere decorative di salotti e case di nobili e borghesi, richiama nella composizione con le architetture a destra e le barche a sinistra varie Marine e Porti di mare della tradizione nordica, soprattutto olandese, ma anche la produzione del francese Claude Lorrain, maestro, durante tutto il Seicento, della pittura di paesaggio. La tavolozza è giocata su poche tonalità (l ocra delle fortificazioni e degli scafi delle navi, il bianco delle vele, il grigio del cielo e del mare, i tocchi di blu e rosso che delineano le figure umane). Il dipinto va assegnato ad un anonimo pittore del XVII secolo Pittore di area veneta del sec. XVII Annunciazione Olio su tela/ 68x90 cm/ Inv. 548 Bibliografia: Religiosità popolare 1980, p. 98. Esposizioni: Pordenone In un interno domestico è ambientata la scena dell Annunciazione.

11 Maria, a destra, inginocchiata con le mani giunte al petto e il capo reclinato lievemente verso il basso, ascolta l annuncio dell Arcangelo Gabriele, inginocchiato di fronte a lei, con consueti gigli nella mano sinistra. L arcangelo alato indossa una veste bianca decorata con motivi floreali, avvolta al centro - da una fascia variopinta che termina con uno svolazzo rosso. Con la destra indica la colomba dello Spirito Santo che scende in un fascio di luce. Maria, vestita di rosso e d azzurro, tiene il libro con il testo di Isaia sul piano dell inginocchiatoio ligneo intagliato. Quest ultimo appare coperto, nella parte anteriore, da una pergamena srotolata con la scritta evangelica: ECCE ANCILLA DOMINI... (Luca, 1, 58). Alle spalle di Maria emerge un frammento di colonna su alto basamento dal chiaro valore simbolico, mentre il centro della composizione è occupato da una sedia impagliata e da un cesto di vimini contenente lana, un panno bianco e gli utensili per filare. Sullo sfondo, attraverso una finestra aperta, si scorge uno scorcio di paesaggio alberato. L iconografia del dipinto è quella tradizionale con i tre elementi essenziali - l angelo, Maria dai dolci tratti giovanili, e la colomba -, ma arricchita da numerosi elementi simbolici ripresi dai vangeli apocrifi e dalla Legenda aurea: la colonna, il cesto, la sedia. La composizione, equilibrata nella disposizione delle figure e delicata negli accostamenti cromatici, si rifà a modelli della cultura pittorica veneto-friulana d età rinascimentale, ancora apprezzati nel XVII secolo. Pittore di area veneta del sec. XVII Il sogno di Innocenzo III Olio su tela/ 62x84,8 cm/ Inv. 556 Bibliografia: Religiosità popolare 1980, p. 98. Esposizioni: Pordenone Il dipinto raffigura il famoso episodio del sogno del Laterano cadente. La composizione, ambientata nella stanza da letto di papa Innocenzo III, è divisa in tre parti. Da sinistra verso destra vediamo il papa in camicia da notte bianca, con la testa girata verso sinistra e sostenuta dalla mano destra, che dorme sotto le coperte di colore verde - in un letto posto in tralice e riparato da un tendaggio-baldacchino rosso. Al centro della scena è sistemato un tavolino coperto da una tovaglia lilla, sopra il quale sono appoggiati un prezioso orologio a forma di piccola torre, un campanello, un crocefisso, la tiara. Seduto vicino sta un giovane addetto con berretto nero da prelato e tonaca rossa - al servizio del pontefice, che sembra appena uscito dal sonno e che si regge la testa con la mano destra. Sempre nella stanza, accanto alla finestra da cui si scorge Castel Sant Angelo con la bandiera issata sul pennone e il ponte che attraversa il Tevere, è raffigurato San Francesco visto in sogno che regge con le mani la basilica lateranense che sta crollando. Nell angolo inferiore destro si vede di profilo un tavolino intagliato con sopra un libro. Sul dorso del telaio (listello superiore) è riportata la scritta: Orzano, forse il nome della località di provenienza dell opera. Si sa che nel 1912 la chiesa di S. Maria Maddalena nei pressi di Orzano fu spogliata degli arredi. Proveniva forse da qui il nostro dipinto? Il soggetto è tratto dagli episodi della vita di San Francesco raccontati nella Leggenda maggiore di Bonaventura da Bagnoreggio. Il dipinto presenta una composizione complessa, costruita su vari piani prospettici, con le figure che rimpiccioliscono passando dal primissimo piano al fondo. Audace l inserimento in diagonale del letto papale. L iconografia è stata forse ripresa da qualche stampa. L opera sembra intrisa di cultura tardomanierista. Il colorismo deriva dalla tradizione pittorica veneziana del Cinquecento. Il volto papale risulta un felice inserto ritrattistico. Pittore di area veneta del sec. XVII Terra e cosmo Olio su tela/ 121,3x79,7 cm/ Inv. 581 Bibliografia: Religiosità popolare 1980, pp.6, 98. Esposizioni: Pordenone 1980; Udine 2002.

12 Il dipinto raffigura, nella parte centrale ed inferiore, il cosmo di forma circolare al cui interno trovano spazio la terra - con l Europa, l Asia e l Africa e gli oceani stretta da una fascia azzurra con i simboli dei segni dello Zodiaco e i simboli delle costellazioni. Ci sono inoltre le indicazioni dei solstizi e degli equinozi. Nella parte superiore della composizione, racchiuso in una serie di cerchi concentrici, sta il Dio Giudice, assiso in trono e circondato dai simboli degli Evangelisti. Più sotto, in una sorta di disposizione piramidale, incontriamo l Agnus Dei e la Vergine trionfante dell Apocalisse immobile sulla falce di luna e che diffonde raggi di luce. A sinistra e a destra si vedono le schiere dei santi che porgono corone in direzione del Padreterno. Negli angoli superiori del dipinto altre schiere di credenti, molto più numerose, aspettano il giorno del Giudizio, immerse in un atmosfera d attesa. Nella parte inferiore della tela compare un cartiglio esplicativo che illustra gli innumerevoli segni, simboli e significati di questa raffigurazione. Il dipinto si distingue per l originalità e l invenzione dell iconografia di Terra e Cosmo. L anonimo artista d area veneta costruisce sulla tela una rete di legami tra elementi reali ed immaginari, tra le reali terre del mondo e le simboliche immagini dei segni zodiacali. Figure umane, vegetali e animali animano confusamente la composizione. L azzurro è, ovviamente, il colore che domina. Alla descrizione geografica della terra, e a quella astronomica dell empireo, che si riassume nel titolo riportato nel cartiglio Emispherium Cosmographicum, si aggiunge la definizione delle stagioni. Su tutta questa geografia dello spazio campeggia la figura creatrice e regolatrice di Dio. Alla visione cosmologica si accosta la visione cristiana della fine del mondo, del giudizio universale e del passaggio alla vita ultraterrena, l altro mondo. Se ricercato e ricco di significati appare il soggetto, meno attenta e poco realistica è la definizione delle figure, di gusto popolare, evidenti segnali di una mano di non eccelsa qualità. Pittore di area veneta della seconda metà sec. XVII (copia da Bartolomeo Biscaino) Sacra Famiglia con San Giovannino Olio su tela/ 103,5x77,5 cm/ Inv. 575 Bibliografia: Manzitti 1971, pp ; Newcome 1978, pp La Vergine, vestita di rosa con il manto blu e uno scialle bianco, è raffigurata seduta a sinistra mentre sta allattando il Bambino adagiato su un panno bianco - alla presenza di San Giuseppe inserito alle sue spalle e del piccolo San Giovanni Battista posto di fronte, all estremità destra della tela. San Giovannino, solo in parte coperto da pelli, trattiene con la destra la consueta crocetta, e silenziosamente assiste alla scena dell allattamento così come fa il vecchio Giuseppe barbuto dagli occhi socchiusi. A destra delle quattro figure disposte in diagonale è collocata una base di colonna classica disposta su di un alto basamento. La composizione è ripresa da un incisione del pittore genovese Bartolomeo Biscaino ( ) conservata presso il Teylers Museum di Haarlem (F 14). Rispetto alla bella invenzione dell incisione il dipinto si differenzia per la mancanza dell agnello, attributo del Battista, per l illustrazione solo parziale della colonna e per la riduzione spaziale della figura di San Giuseppe. Il dipinto di discreta qualità evidenzia una buona capacità dell anonimo artista di cultura veneta - nella resa degli incarnati e nel disegno delle figure, con qualche caduta di tono (la mano sinistra di Maria). I delicati accostamenti di colori degli abiti dei protagonisti sono ormai poco leggibili dato il precario stato conservativo. Pittore lombardo della seconda metà sec. XVII Natura morta con pesce Olio su tela/ 68x83 cm/ Inv. 553 In primo piano sopra un tavolo posto orizzontalmente e coperto da uno splendido tappeto con decori geometrici rossi bianchi e gialli su fondo scuro è collocato entro un piatto ovale - un grande pesce. In secondo piano, dietro il pesce, spuntano due vasi vitrei: quello di destra contiene tre fiori rosa, mentre quello di sinistra appare vuoto.

13 In origine anche il vaso di sinistra conteneva dei fiori, come testimonia l ombra nera impressa sulla tela; la decorazione vegetale è stata in seguito cancellata oppure la pellicola pittorica si è alterata. Il tappeto appartiene al genere a comparti ed è stato classificato da J. Mills Mills 1982, pp.17-19) come tappeto del Mediterraneo orientale. Questa tipologia compare in molti dipinti veneziani della fine del XVI secolo, ma un identico tappeto è raffigurato anche da Evaristo Baschenis ( ) nell opera Strumenti musicali (Milano, Museo Teatrale della Scala). Al maestro bergamasco va avvicinato il nostro dipinto, non solo per la somiglianza del tessuto (Rossi 1996, pp ), ma anche per l impaginazione della scena con la natura morta in primo piano, analiticamente descritta, e per la gamma cromatica orchestrata sui toni intensi dei rossi e dei neri del tappeto e su quelli delicati (rosa) dei fiori. Ricercati anche i tocchi di bianco sul vetro dei vasi, che danno consistenza materica agli oggetti. Ad un maestro lombardo influenzato dalla pittura del Prevarisco o della sua cerchia va ipoteticamente ricondotta la nostra tela, esempio della diffusione del genere della natura morta nella seconda metà del XVII secolo. Scuola di Antonio Carneo, seconda metà sec. XVII Mosè fa scaturire l acqua dalla rupe Olio su tela/ 106,8x134 cm/ Inv. 467 Il dipinto raffigura l episodio biblico - raccontato nel libro dell Esodo (17, 7-11) - in cui Mosè fa scaturire l acqua dalla roccia per dissetare il popolo ebraico, durante l attraversamento del deserto. Al centro della composizione campeggia la maestosa figura di Mosè, nelle vesti del Patriarca, con i due raggi luminosi simili a corna - che gli spuntano dal capo. Il volto senile è incorniciato da una barba grigia ben curata e il capo è coperto da un cappuccio, parte dell ampio mantello che lo avvolge. Nella mano destra tiene con leggerezza una lunga e sottile bacchetta con la quale fa sgorgare l acqua dalla roccia, collocata all estremità destra della tela. Lo sguardo è rivolto verso il bambinetto, ritratto di profilo in basso a sinistra, in primissimo piano, in atto di porgere a Mosè il piattino per la raccolta dell acqua provvidenziale. Il bambino ricciuto, dal volto espressivo, indossa una veste blu con risvolti color ocra. La madre alle sue spalle lo trattiene con la mano destra, mentre con l altra indica il punto in cui fuoriesce l acqua. In secondo piano si affastellano altre figure a gruppi di due: a sinistra due figure femminili, a destra due vecchi quasi calvi che dialogano tra loro. La donna che fa da quinta sulla sinistra e che in questa direzione volge lo sguardo indossa una veste rossa bordata di bianco con ampia scollatura e porta due orecchini a goccia; allo stesso modo è abbigliata la figura femminile in primo piano: Quest ultima, inoltre, tiene i capelli intrecciati da fili di perle. Sullo sfondo un cielo azzurro in parte velato da nuvole e rischiarato dalla luce miracolosa emessa dallo zampillio dell acqua. Tutta una serie di elementi tipologici e compositivi rimandano alla produzione di Antonio Carneo ( ), in particolare a quella influenzata dai modi di Pietro Muttoni: il formato bislungo, l esuberanza corporea dei protagonisti, le figure stipate in secondo piano, la caratterizzazione fisionomica realistica ed espressiva (inserti ritrattistici), l uso di tonalità bruno-ocra e bianche (quasi eccezioni gli inserti blu e rossi), le pennellate robuste e fluide. Le teste dei vecchi paiono appena abbozzate, non finite. La disposizione affollata della scena richiama ad esempio il Cristo della moneta o Rachele e Labano. L opera, che si può far risalire alla seconda metà del Seicento, va assegnata alla cerchia di Carneo, ad uno di quegli apprendisti che il pittore di Portogruaro educò e che tenne con sé. La qualità è però lontana dagli esiti più felici del maestro; si possono ritrovare alcune cadute di tono ed imperfezioni, come la resa delle spalle di una delle figure femminili. Pittore dell Italia Settentrionale della fine sec. XVII- inizi sec. XVIII Natura morta con fiori e frutti Olio su tela/ 72,5x100 cm/ Inv. 570

14 La natura morta raffigurata nel dipinto è costituita da composizioni di fiori e di frutta. La struttura del quadro risulta schiacciata verso il basso, dove trovano spazio - seguendo un taglio orizzontale - i piani d appoggio. Sul basso tavolino di sinistra - che occupa in lunghezza i due terzi della tela - è sistemata, in primissimo piano, una varietà disordinata di frutti, tra cui si riconoscono dei melagrani, e alcuni fiori di campo. In secondo piano, quasi al centro del dipinto, campeggia un piatto metallico con grappoli d uva bianca e nera e altri prodotti della terra. A sinistra alcuni fichi in un cesto. Sul piccolo tavolo di destra, leggermente rialzato rispetto al primo, è posato un cesto di fiori, bianchi e rossi principalmente. Il contenitore di vimini è decorato da due giri di cordoncini. Un altro grappolo d uva pende dal ripiano del tavolo. Ancora più spostati verso lo sfondo appaiono due mazzetti di fiori (campanule bianche quelli di destra), che fanno da quinta a destra e a sinistra. I vasi che contengono i fiori non sono più percepibili dato il grave inscurimento della tela. Una luce artificiale, che sembra provenire dall alto, lambisce gli oggetti. La composizione appare equilibrata nonostante l affollamento di oggetti, disposti alternativamente in ordine sparso o raccolti in gruppi (il piatto, il cesto). La descrizione realistica e precisa dei prodotti della terra si ritrova in buona parte della pittura italiana di questo tipo tra Seicento e Settecento. L anonimo artista, probabilmente attivo in Nord Italia, con rapidi tocchi di pennello e con una tavolozza ridotta a poche tonalità riesce a fornire un dipinto di discreto livello qualitativo Pittore dell Italia Settentrionale della fine sec. XVII- inizi sec. XVIII Il signor Mangiabene Olio su tavola/ 118x86 cm/ Inv. 586 Iscrizioni: SON MANGIABEN, CHE ALCUNO A ME COMPAGNO, / NON TROVO IN SACCHEGGIAR FORNI E CUCINE / DEL MIO VALOR LA FAMA OGNI CONFINE / SENTE ONDE VANTO TITOLO DI MAGNO. In uno spazio ovale e su uno sfondo azzurro è ritratto a mezza figura il signor Mangiaben, riconoscibile per l iconografia e per la scritta che corre entro un cartiglio dallo sfondo bianco nella parte inferiore del dipinto. La figura, dai tratti marcatamente caricaturali e grotteschi, tiene i grandi occhi spalancati e la bocca aperta, così che si notano alcuni denti. Indossa un cappello con falda rivolta a destra e una veste rossa col colletto bianco. Nella mano sinistra tiene una ciotola, mentre con la destra stringe un cucchiaio colmo di cibo. Il soggetto dal carattere schiettamente realistico, fa parte di quella pittura di genere, in cui emerge un umanità umile, fatta di poveri, emarginati, pitocchi, vagabondi e che trova celebri esempi nel lombardo Ceruti, nei Bamboccianti romani, ma anche in Carneo (Il Giramondo). Il nostro quadro, che ricorda alcune opere di Annibale Carracci degli anni ottanta del XVI secolo, quali Il mangiapolenta e Il mangiafagioli, si caratterizza per la decisa espressività fisionomica e per i vivaci accostamenti cromatici, ma il dipinto va assegnato ad un pittore di cultura lombardo-veneta e si può collocare cronologicamente tra la fine del Seicento e la prima metà del Settecento. Il supporto, formato da due tavole accostate, è interessato da fessurazioni orizzontali. La superficie pittorica presenta varie cadute di colore, concentrate in particolare in prossimità della parte inferiore della figura di Mangiaben. Pittore di area friulana della fine sec. XVII inizi sec. XVIII Giosuè ferma il sole Olio su tela/34,2x42,8 cm/inv. 8 Iscrizioni: sul retro del telaio appare la scritta: Pitt. Bibliografia: Religiosità popolare 1980, p. 98. Al centro della scena è raffigurato Giosuè a cavallo, con la spada sguainata nella mano destra, nell atto d impartire l ordine famoso: Fermati, o sole. Il personaggio biblico, vestito di blu con uno svolazzante mantello rosso sulle spalle, allarga le braccia e rivolge lo sguardo verso destra, in direzione del sole raggiato, che occupa l estremo angolo in alto della composizione. Il primo piano è occupato dal combattimento tra i soldati ebrei e gli Amorrei: uomini armati di spade e lance uccidono i nemici già caduti a terra. In secondo

15 piano, a sinistra, un cavaliere sorregge una bandiera; a destra un soldato stringe la spada appena sfoderata. Sullo sfondo si stagliano i profili, appena abbozzati, delle alture. Il dipinto raffigura, in modo semplificato e popolare, l episodio biblico in cui Giosuè chiede al sole di arrestare il suo corso per consentirgli di vincere la battaglia di Ganaon prima del cader della notte. La scena appare movimentata: armi e braccia s incrociano in un gioco di linee prospettiche. Quà e là tocchi di colore, di rosso e di blu o di bianco, e sugli elmi piumati, illuminati dai raggi del sole, le lumeggiature veloci e guizzanti. L opera faceva probabilmente da pendant ad un altra raffigurazione veterotestamentarie, e precisamente al Mosè salvato dalle acque, anch esso comprato da Ciceri dai Pitt di Cercivento (cfr. inv. 4). L anonimo pittore, probabilmente attivo tra la fine del XVII secolo e la prima metà del secolo successivo, va ricercato in ambito locale tra quegli artigiani del colore, impegnati nella produzione di dipinti devozionali per le committenze private. Nella mostra Religiosità popolare in Friuli era esposto un dipinto con il titolo Costantino in battaglia (cat. n. 22), assegnato al XVIII secolo, che potrebbe coincidere viste le dimensioni (44x36) e la scena di battaglia illustrata con la nostra tela. Scuola di Jacques Courtois, (detto il Borgognone)della fine sec. XVII - inizi sec. XVIII Scontro di cavalieri cristiani e turchi Olio su tela/ 44,2x36,8 cm/ Inv. 6 Il dipinto raffigura un episodio di battaglia tra cavalieri turchi e cristiani. In primo piano un cavaliere cristiano, visto di spalle, in groppa ad un cavallo marrone spara al cavaliere turco, vestito con uno sgargiante abito rosso, con turbante bianco in testa e montato su un cavallo grigio, che si difende con la sciabola. In secondo piano altri cavalieri in combattimento. All orizzonte bizzarri picchi montani sfumati e costellati di piccoli borghi sono delineati con preziosi tocchi di bianco. In un cielo blu cupo si stagliano, sulla destra, ingombranti nubi grigie. Il dipinto fa da pendant con un altra opera della collezione Ciceri delle stesse dimensioni e raffigurante lo stesso soggetto (inv. 7). La pittura, che alterna colori caldi e freddi, dosando sapienti tocchi di bianco, lascia emergere alla superficie degli impasti la trama grafica dal ductus veloce e corsivo. Il pittore va individuato in uno dei numerosissimi seguaci del Borgognone attivi nell Italia settentrionale, e in particolare a Venezia, tra l ultimo quarto del XVII secolo e la prima metà del 700. Questo soggetto ebbe molta fortuna nella seconda metà del XVII secolo, quando si intensificarono le reali battaglie tra i cristiani d Occidente e i Turchi, culminate con l assedio di Vienna del I nostri pendants, di piacevole valore decorativo, rientrano in una produzione di tipo commerciale, particolarmente ricercata dai collezionisti contemporanei. Scuola di Jacques Courtois (detto il Borgognone), sec. XVII sec. XVIII Battaglia di cavalleria Olio su tela/ 44,2x36,8 cm/ Inv. 7 Il piccolo dipinto raffigura un episodio di battaglia combattuto tra cavalieri cristiani e turchi. In primo piano, al centro, ripreso di spalle, un soldato turco a cavallo con una veste blu e con turbante bianco in testa affronta, armato di spada, un cavaliere cristiano - ritratto frontalmente - che spara con la pistola. In secondo piano altri cavalieri, raffigurati di schiena, combattono tra una miriade d armi e bandiere. Avvolto in una luce chiara si distingue, in lontananza, un piccolo villaggio dai contorni sfumati, posto ai piedi di un monte. Il dipinto che fa da pendant con un altra opera della collezione Ciceri delle stesse dimensioni e raffigurante lo stesso soggetto (inv. 6), è un esempio di quella vasta produzione per la committenza privata, che caratterizza la maggior parte dei battaglisti attivi in Italia centro-settentrionale tra la seconda metà del XVII secolo e i primi decenni del Settecento. La tela va confrontata, per tipologia e stesura pittorica, con un quadretto (cm 25x33) conservato presso il Museo Civico di Padova (inv. n. 862) e assegnato da Moretti alla scuola del Borgognone,...in direzione di Brescianino delle Battaglie ( /13)... ((Da Padovanino a Tiepolo, 1997, ill. 903). La pennellata guizzante e sfrangiata, la vivace gamma cromatica, l uso della luce chiarissima per illuminare

16 l orizzonte, fanno della teletta una delicata testimonianza della pittura di battaglia, sulla scia degli esempi del Courtois. Scuola di Jacques Courtois (detto il Borgognone), sec. XVII sec. XVIII Battaglia di cavalieri Olio su tela/ 87,2x121,3 cm/ Inv. 468 Il bel dipinto raffigura truppe di cavalieri che si stanno dirigendo verso il campo di battaglia. In primo piano al centro sono raffigurati due trombettieri con cappelli piumati, su cavalli rampanti, impegnati nel suonare la carica. Li segue una figura in veste rossa in sella ad un bianco destriero. A sinistra un gruppo di cavalieri con corazza, capeggiati dal comandante con l elmo decorato da pennacchio. In primissimo piano, nell estremità sinistra della tela, si vede un soldato a piedi, armato di alabarda, e accanto un cane che osserva la scena. A destra un cavaliere con armatura, a cavallo, è ritratto di spalle. Il secondo piano è caratterizzato da brulle colline, da masse di cavalieri al galoppo, da scaramucce e dal fumo d esplosioni. In lontananza, illuminati da una luce chiara, rosacea, che domina anche il cielo, si intravedono villaggi, tende di accampamenti, scene di combattimento. Sul retro del dipinto compare la scritta: Borgognone, allusiva al presunto autore, identificato in Jacques Courtois ( ) detto il Borgognone, dal nome della terra d origine, attivo in Italia centro-settentrionale a partire dal 1636ca. e considerato già dai contemporanei il più grande pittore di battaglie del secolo (Dell Agli 1989, p. 703). La composizione è orchestrata su vari piani: l artista è abile nell attrarre l attenzione su episodi diversi, organizzati secondo diagonali. La buona qualità del quadro è data dalla cura minuziosa e realistica dei dettagli: dall abbigliamento dei cavalieri, ai cavalli, alle armi. Il dipinto si presenta come una cronaca verosimile di un fatto d arme, accaduto nel corso del Seicento. I giochi di luce sulle armature, l uso di una gamma cromatica dominata dai rossi, dai bianchi, dall ocra, dai neri, l attenta descrizione topografica, la verità descrittiva rimandano al repertorio di Borgognone. E possibile, in proposito, stabilire un confronto con un quadro intitolato Dopo la battaglia conservato nei depositi della Pinacoteca dell Accademia dei Concordi di Rovigo, proveniente dalla collezione Casilini. (Romagnolo 1991, p , ill. n. 158, p. 395). Ù Il dipinto, in mancanza di dati documentari, può essere assegnato alla seconda metà del XVII secolo, ad uno dei pittori della cerchia di Courtois, forse d area veneta, che probabilmente ebbe occasione di ammirare qualcuna delle 12 battaglie commissionate a Venezia da Niccolò Sagredo (Mazza 1995, p. 133, ill, p. 135). Pittore di area friulana, XVII sec. San Leonardo appare a due carcerati Olio su tela/ 85x53 cm/ Inv.1458 All interno di una cella due prigionieri incatenati e seduti assistono all apparizione di San Leonardo, in piedi davanti a loro con un bastone e una catena con lucchetto. San Leonardo, vissuto nel VI sec., è protettore dei carcerati (oltre che dei fabbri, degli agricoltori, dei minatori e delle puerpere), che aiutava a liberarsi dal vizio e dal peccato ( In Friuli è da segnalare la presenza del comune di San Leonardo, in provincia di Udine, al confine con la Slovenia. Nello stesso comune è presente una chiesa dedicata al Santo, edificata nel 1351 ( Le linee del dipinto sono fluide e costruttive, prevalgono andamenti sovrapposti; i colori sono scuri e sfumati. Le forme sono piuttosto semplificate. In generale si può accostare il dipinto a Inv L opera è in stato conservativo mediocre; presenta macchie di umidità e cadute cromatiche Pittore di area alpina, sec. XVII XVIII Madonna del Buon Consiglio Olio su tela/ 38,2x27,6 cm/ Inv In questa tela è raffigurata, nella sua tipica iconografia, la Madonna del Buon Consiglio: ritratta a mezzo busto la Madonna tiene in braccio il Bambino. I due si abbracciano

17 amorevolmente; il Bambino guarda le Madre mentre Lei rivolge lo sguardo verso lo spettatore. Entrambi indossano una veste rossa con decorazioni dorate, manti blu con bordi dorati e aureole. Un aureola più grande, con i colori dell arcobaleno, sta sopra alla coppia. In basso la scritta S. Maria De Bono Consilgio. Questa iconografia è antica, si fa risalire attorno al IV sec. e fu promossa nel corso dei secoli dai frati agostiniani ( La composizione, quasi ieratica, ricorda le icone bizantine. Le linee sono tendenzialmente verticali e rigide, i volti non sono perfettamente simmetrici e tutte le forme sono contornate da linee scure che producono un effetto stilizzato. Un gioco di luci e ombre crea le pieghe delle vesti. Nel complesso la composizione non sembra essere posteriore al XVIII secolo e comunque riprende modelli precedenti. Lo stato di conservazione è discreto; presente qualche caduta dello strato di colore. Pittore di area friulana, XVII XVIII sec. Sant Antonio e il Bambino Olio su tela/ 68x64 cm/ Inv Sant Antonio tiene in braccio il Bambino, il quale ha in mano un grande giglio bianco e porge la mano sinistra verso il volto del Santo; per l iconografia si rimanda a Inv La lettura del dipinto è molto difficile per via del pessimo stato in cui versa la pellicola pittorica, ma si può ad ogni modo riconoscere un opera di fattura locale, databile tra la fine del XVII e l inizio del XVIII secolo. Dipinti secolo XVIII Schede a cura di Salvatore Ferrari e Gabriella Schiaulini Pittore della prima metà sec. XVIII Ritratto dell imperatore Carlo VI Olio su tela/ 59,5x42 cm/ Inv. 524 Iscrizioni: Sul dorso del telaio è indicata la località di provenienza del dipinto: Cercivento. L imperatore Carlo VI d Asburgo-Lorena è raffigurato a più di mezza figura entro un ovale. E posto frontalmente su uno sfondo grigio e piega il capo di tre quarti verso destra. Il volto è incorniciato da una lunga parrucca grigia, in parte coperta dal raffinato copricapo di piume blu, impreziosito da un diadema. Indossa un suntuoso abito rosso con ornamenti e pizzi dorati, al collo porta una sciarpa bianca, il toson d oro e una piccola croce. Alle sue spalle, a sinistra, su un tavolino è riposta la corona del Sacro Romano Impero. Carlo VI di Asburgo-Lorena ( ), padre di Maria Teresa e marito di Elisabetta Cristina di Brunswick-Wolfenbuttel, fu imperatore del Sacro Romano Impero. Lo schema compositivo è ancora pienamente barocco. Il dipinto Ciceri è confrontabile con due ritratti dell imperatore conservati ai Musei Civici di Trieste (Maria Teresa 1980, p. 12, inv ) e alla Galleria degli Uffizi a Firenze (Gli Uffizi 1980, p. 745, inv ). In tutte tre le opere Carlo VI indossa lo stesso abito di gala ed è affiancato dalla corona imperiale. La datazione del dipinto fiorentino al quarto decennio del XVIII secolo può quindi essere estesa al nostro ritratto. Pittore di area austriaca della prima metà sec. XVIII Ritratto di dignitario Olio su tela/ 76x54,5 cm/ Inv. 512 Il personaggio maschile, ritratto a mezza figura, di tre quarti e con il capo rivolto leggermente a sinistra, campeggia su fondo grigio, occupando buona parte della superficie

18 pittorica. Indossa una corazza in parte ricoperta da un mantello rosso foderato d ermellino e decorata da una fascia trasversale nera bordata di bianco. Al collo porta le insegne del toson d oro rette da un nastro rosso, mentre sul mantello spicca una grande croce nera bordata di bianco (come la fascia) di un ordine cavalleresco (Malta?). Sul capo tiene una parrucca grigia tipicamente settecentesca, mentre lo jabot di pizzo bianco ingentilisce la divisa militare. Lo sguardo appare fiero e risoluto, proprio di un uomo d armi. L uomo ritratto, probabilmente un alto dignitario imperiale, è identificabile come il consorte di una nobildonna raffigurata in un altro dipinto Ciceri (inv. 513) con il quale fa pendant. L anonimo artista, forse d area austriaca, illustra dettagliatamente l armatura metallica investita di luce, mentre appare più superficiale nella definizione del mantello. Realistica è la resa fisionomica connotata dal mento sporgente, dagli occhi marcati e dalle sopracciglie arcuate. La cromia è giocata sulla contrapposizione tra il nero della fascia e della corazza e il rosso del mantello e del nastro. Pittore di area austriaca della prima metà sec. XVIII Ritratto di nobildonna con orologio Olio su tela/ 76x53,5 cm/ Inv. 513 Il personaggio femminile è ritratto frontalmente a più di mezza figura e con la testa rivolta leggermente verso sinistra su fondo grigio. Indossa un elegante abito blu foderato d ermellino, sotto il quale porta una camicia di un violetto tenue, foderata di rosso, con ricami in oro e terminante con i polsini di pizzo bianco. L abbigliamento è completato da un candido corpetto scollato, orlato di pizzo e decorato in alto con gemme colorate. Secondo una moda attestata già nel tardo Seicento, l acconciatura è arricchita da fili di perle e da un diadema intrecciati ai lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle. Con la mano destra inanellata trattiene un orologio con le ore segnate in numeri romani e fissato ad una catenella. Un braccialetto stringe il polso destro, mentre dall orecchio sinistro pende un orecchino con grosse perle a goccia. La nobildonna dallo sguardo freddo è probabilmente la moglie del nobile raffigurato in un altro dipinto della collezione Ciceri (inv. 512) con il quale fa pendant. Il ritratto di carattere popolare, a tratti quasi caricaturistico, fa pensare ad un pittore di modeste qualità, forse di area austriaca, attivo nella prima metà del XVIII secolo. Dettagliata è la descrizione delle vesti e dei gioielli, debole è, invece, la resa dei lineamenti del viso, caratterizzati da occhi castani fortemente marcati. Pittore austriaco della prima metà sec. XVIII Madonna della cintura col Bambino Olio su tela/ 43x32,5 cm/ Inv. 563 Bibliografia: Religiosità popolare 1980, p. 98; Giusa-Villotta Esposizioni: Pordenone Entro uno spazio centinato, dipinto su una teletta rettangolare, è raffigurata una Madonna dall aspetto giovanile con la testa leggermente inclinata alla sua destra e coperta da una cuffietta blu orlata di rosso circondata da raggi di luce e da dodici stelle luminose. Maria indossa una veste rosata ricoperta da un prezioso manto blu con bordi dorati e decorato da una stellina; alla vita è stretta una cintola scura. Al collo porta un pendaglio con una pietra a forma di rombo. In braccio tiene il Bambino adagiato su un cuscino - dai riccioli biondi che stringe nella destra una cintura nera e ha il corpicino in parte coperto da un panno bianco. Ciceri segnala il dipinto come proveniente da Cercivento piccola realtà della Carnia, dove era molto diffusa la devozione alla Madonna della Cintura. Nella Pieve di San Martino, infatti, si conservano due dipinti seicenteschi, tra cui un ex voto del 1655, con lo stesso soggetto. (Bergamini 1999, p. 85). La tela va confrontata con un ex voto della collezione Ciceri (inv. 11) datato 1733 che sembra una diretta derivazione dal nostro quadro, o forse più semplicemente, si rifà ad un modello comune, diffuso forse attraverso le stampe. Esempio di devozione privata (un ex voto?) il dipinto rivela una discreta fattura sia nella disposizione della scena, sia nella scelta cromatica giocata sul contrasto tra il blu (il manto, la cuffia) e il rosa-rosso (la veste, gli angoli superiori della tela).

19 Pittore di area veneta della prima metà sec. XVIII Paesaggio con cascatella Olio su tela/ 46x63,5 cm./inv. 540 Il dipinto risulta costruito attorno a due piani: uno orizzontale, in primo piano, definito da una leggera quinta arborea a sinistra e da una robusta quinta rocciosa a destra, l altro che dal secondo piano si perde all orizzonte, dando il senso della vastità e profondità panoramica. Al centro della composizione è raffigurato un torrente, che scava la valle con il suo corso, mentre sulla sponda destra, sopra un colle, si erge una casa con il camino fumante affiancata da una bassa torre circolare e da una costruzione ad arco. Sullo sfondo le montagne digradanti illuminate da una luce chiarissima. In primissimo piano a sinistra, quasi confusi nei colori del sottobosco, si notano due viandanti in cammino. Dalla rupe raffigurata sulla destra sgorgano le acque zampillanti di una cascatella. Lo sfondo luminoso, la vivace invenzione dell inserto architettonico centrale dominato dalla consueta torre circolare i tronchi contorti, le fronde rigogliose, lo scintillio degli zampilli d acqua sono tutti elementi ricorrenti nella pittura veneta di paesaggio della prima metà del Settecento. Il colore modulato in tenui variazioni giocate sui verdi, bruni e avorio e le pennellate corpose ma delicate, fanno pensare ad uno stretto legame con la pittura della cerchia riccesca, all interno della quale va rintracciato il nostro artista. Pittore friulano della prima metà sec. XVIII Madonna della cintura col Bambino (1733) Olio su tela/ 34x28 cm/ Inv. 11 Iscrizioni: al di sotto delle figure compare su fondo bianco una scritta in caratteri rossi: Regina Consolationis P.P.F.F. / Ex Voto Bibliografia: Segni della devozione 2005, p. 134 Esposizioni: Udine 2005 In uno sfondo scuro è raffigurata una Madonna dai dolci lineamenti con il Bambino in braccio. Veste di rosa (la veste) e di blu (mantello, con orli dorati finemente lavorati) e porta sul capo aureolato una cuffietta blu. Un pendaglio con una pietra preziosa le scende sul petto, mentre la vita è stretta da una cintola nera. Gesù - col corpicino nudo appena coperto da un panno bianco - appare seduto su di un soffice cuscino verde posto sulla gamba destra della madre. Con la destra stringe una cintura nera in cuoio. Dalla scritta che accompagna il piccolo ex-voto sappiamo l anno di esecuzione (1733) e le iniziali (P.P) del committente che Fece Fare l opera. Il soggetto risulta identico ad un altro dipinto Ciceri (inv. 563), forse il modello di riferimento. La protezione del vetro ha mantenuto brillanti i colori usati dall anonimo pittore locale. Anche questo ex-voto come scrive Andreina Ciceri (1997) proviene da Cercivento e fu commissionato da un membro della famiglia Pitt, probabilmente da Pietro ( ), padre del chirurgo Gio Pietro ( ) e cramars impegnato nei traffici di Germania (Nicoloso Ciceri 1997, p. 114). Ancora una volta è la Carnia, territorio dove era molto diffusa la devozione alla Madonna della cintura, il luogo di provenienza di questo dipinto. Tra 600 e 700 troviamo varie Confraternite intitolate alla Beata Vergine della cintura (Salino di Paularo, Enemonzo). La cintura, che consisteva in una striscia di cuoio, veniva benedetta e poi consegnata ai membri della Congregazione; se indossata sotto i vestiti proteggeva dal malocchio e dalle streghe. (Moro 1999, p. 165) Nella chiesa pievana di Cercivento un dipinto raffigurante la Madonna della cintura era collocato sull altare della Vergine della Consolazion Scuola di Marco Ricci, prima metà sec. XVIII Paesaggio con alcuni viandanti Olio su tela/40,3x57 cm./inv. 459 In un paesaggio scenografico, delimitato a sinistra da fitte alberature attorte, squassate dai venti, e a destra da alberi a fronde rade che si stagliano contro il cielo, sono inseriti due viandanti ritratti di spalle, incamminati lungo un sentiero e seguiti da un animale da soma (un asino? un cavallo?) carico di bisacce e bagagli. Le figurette umane - eseguite con tocchi rapidi e corsivi - e illuminate da una luce chiara, risaltano nelle loro vesti azzurre e ocra, non disturbando affatto la solitudine che avvolge l ambiente naturale. Un torrentello, reso visibile dai riflessi bianchi della luce sull acqua, serpeggia fino al primo

20 piano, mentre in lontananza emergono i profili delle montagne e di una torre circolare, velati in una suggestiva prospettiva atmosferica. Uno stormo di uccelli neri punteggia un cielo blu pieno di morbide nuvole. Il dipinto fa pendant con un altra tela della collezione Ciceri di uguali dimensioni e con una simile ambientazione paesistica (cfr. inv. 460). I due quadri rispecchiano il gusto di una committenza privata, attenta a soddisfare le esigenze dell arredamento interno della propria dimora. Ritroviamo anche qui alcuni elementi del repertorio riccesco: l uso dei marroni bruciati e delle terre di Siena, la scenografia movimentata da quinte alberate e rocciose, l inserimento narrativo delle macchiette, l evocazione sfumata dei fondi, la molteplicità dei piani prospettici. L artista, appartenente alla cerchia di Marco Ricci, pare conoscere bene i temi e il lessico pittorico del maestro arrivando a risultati di buona qualità. Scuola di Marco Ricci, prima metà sec. XVIII Paesaggio con Piramo e Tisbe Olio su tela/ 40,3x57,7 cm/ Inv. 460 In uno splendido paesaggio di alberi lussureggianti e di rocce nude, che accompagnano il corso di un fiume solcato da un ponticello in pietra a due arcate, è ambientato il racconto mitologico di Piramo e Tisbe, ritratti in primo piano come macchiette, che riecheggiano la lezione di Magnasco ( ). Tisbe nuda, solo in parte coperta da un mantello azzurro, piange accanto a Piramo morente disteso ai suoi piedi. In lontananza si scorge il profilo dei monti illuminati da una luce bianco-azzurra, mentre il cielo carico di nuvole vaporose è punteggiato dal volo di uccelli. Le quinte laterali degli alberi e delle rocce, la composizione organizzata secondo piani orizzontali digradanti, la gamma cromatica giocata sui colori caldi dell autunno (ocra e verde), la luce che fa brillare i colori delle figure umane in primo piano sono tutti elementi del linguaggio riccesco. Il dipinto di buona qualità, attribuito da Ciceri come riporta una scritta autografa sul dorso del telaio a Marco Ricci ( ), può essere ricondotto, più cautamente ad un artista della scuola del pittore bellunese, con una possibile datazione verso la metà del XVIII secolo. Il dipinto fa da pendant ad un altra tela della collezione Ciceri (inv. 459) di identiche dimensioni. Il soggetto mitologico è tratto dalle Metamorfosi di Ovidio (4, ). Nel 1651 Nicolas Poussin realizzò un dipinto con il medesimo soggetto ambientato in un paesaggio per Cassiano Dal Pozzo (Merot 1990, ill. p. 164). Clemente Venceslao di Sassonia (?-?), sec. XVIII Paesaggio con soldati e popolani, 1757 Olio su cartoncino/ 6,3x11,7 cm./inv. 211 Iscrizioni: sul retro del cartoncino: CLEMENTE WENCESLAS PRINCE DE SAXE F. [ecit] Il dipinto, dalle dimensioni microscopiche, raffigura un piccolo esercito di soldati a piedi, guidato da un comandante a cavallo, che avanza da destra verso il centro della composizione. Qui una donna in ginocchio accoglie le truppe, mentre altre figure una a dorso d asino portano ceste e gerle. A sinistra una figura è ritratta inginocchiata presso un corso d acqua. In secondo piano al centro un grande albero è posto su un piccolo dosso, circondato da altra vegetazione. In lontananza si vedono i rilievi sfumati dei monti (a destra) e un piccolo borgo (a sinistra). L antica scritta sul retro del cartoncino rivela il nome dell autore. Non conosciamo nulla su questo misterioso principe di Sassonia dedito alla pittura. La piccola opera di tono narrativo, eseguita con intento miniaturistico e con pennellate veloci e sfrangiate, rientra in quella serie di esemplari decorativi diffusi in area nordica e francese per tutto il XVIII secolo. La scena dominata dalle macchiette rosse e blu descrive una scena quotidiana, o forse illustra un episodio mitologico o storico. Il dipinto è pendant di un altra opera della collezione Ciceri (inv. 212) raffigurante un Paesaggio con popolani, di uguali dimensioni.

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