Marco Giustini & Franco Taggi, "I dati europei della sicurezza stradale: confronti
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1 ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ DIPARTIMENTO AMBIENTE E CONNESSA PREVENZIONE PRIMARIA REPARTO AMBIENTE E TRAUMI OSSERVATORIO NAZIONALE AMBIENTE E TRAUMI (ONAT) Marco Giustini & Franco Taggi I dati europei della sicurezza stradale: confronti e riflessioni [2003] Pubblicato in Aspetti sanitari della sicurezza stradale, a cura di Franco Taggi, Istituto Superiore di Sanità, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Roma, 2003, pp Il contenuto di questa pubblicazione può essere utilizzato citando la fonte nel modo seguente: Marco Giustini & Franco Taggi, "I dati europei della sicurezza stradale: confronti e riflessioni", in Aspetti sanitari della sicurezza stradale, a cura di Franco Taggi, Istituto Superiore di Sanità, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Roma, 2003, pp
2 I dati europei della sicurezza stradale: confronti e riflessioni* Marco Giustini & Franco Taggi Reparto di Metodologie e Modelli Biostatistici, Istituto Superiore di Sanità Introduzione Quando si vogliono confrontare dati che provengono da rilevazioni differenti, la prima cosa che è necessario fare è accertarsi che dette rilevazioni siano standardizzate secondo ben determinati criteri, in modo tale da evitare che possano essere introdotte nell analisi delle distorsioni dipendenti dalla particolarità dei metodi di rilevazione stessi. Questo fenomeno, ben conosciuto in epidemiologia, prende il nome di bias, ovvero errore sistematico. Il bias in genere induce deviazioni o distorsioni in una determinata direzione e può riscontrarsi quando, ad esempio, tra due gruppi, uno nel quale viene sperimentata una nuova cura, l altro (gruppo di controllo) nel quale ai pazienti viene somministrata una cura tradizionale, c è una differente distribuzione di alcune variabili (ad esempio sesso ed età) che caratterizzano i soggetti e che possono essere in relazione stretta con la risposta studiata; un bias può introdursi quando si è in presenza di una diseguale perdita di soggetti al follow-up nei diversi gruppi studiati; e si è certo in presenza di un potenziale bias anche quando e questo è il nostro caso c è una differente metodologia di rilevazione dei dati. Sulla mortalità per incidenti stradali, due sono le fonti di dati in Italia: le statistiche sanitarie delle cause di morte e le Statistiche degli incidenti stradali. Come è noto, le Statistiche degli incidenti stradali si basano sui verbali che le forze dell ordine compilano al momento dell incidente e che inviano, poi, all ISTAT. La quantità di dati che pervengono all ISTAT, tuttavia, non rispec- * Il presente lavoro è stato realizzato nell ambito del progetto DATIS (Dati Incidenti Stradali, finanziato dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) e del progetto EPIV (Epidemiologia e Prevenzione degli Incidenti e della Violenza, finanziato dall Istituto Superiore di Sanità). 76
3 chia la totalità degli eventi che si verificano perché in questo modo vengono presi in considerazione solo i morti entro i 30 giorni successivi all incidente. Rispetto ai dati desumibili dalle statistiche sanitarie delle cause di morte (basate sui certificati di morte) che considerano tutti i decessi che accadono entro l anno, la sottostima è dell ordine del 30%. Inoltre può verificarsi il caso che per qualche annualità possano mancare dati di alcune zone, talvolta anche importanti. Questi problemi, peraltro strutturali con queste procedure di rilevamento dati, rendono deboli i confronti internazionali per due ordini di motivi: trasversalmente, perché questi problemi sono comuni a tutti i sistemi di rilevazione basati sui verbali degli incidenti stradali, e il loro peso varia da Paese a Paese; longitudinalmente, perché nel tempo la qualità del dato può variare anche nello stesso Paese. Un approccio più sicuro per evitare di trarre false conclusioni è quello di prendere in considerazioni dati certamente omogenei, la cui copertura del fenomeno sia totale. Anche se, per problemi legati al controllo di qualità di un enorme volume di dati, non sono disponibili in tempi brevi, le statistiche sanitarie relative alle cause di morte offrono un sicuro banco di prova per monitorare, anche se a distanza di qualche anno, l andamento della mortalità per incidente stradale. Queste statistiche evitano i problemi sopra evidenziati in quanto assicurano nel tempo l assoluta copertura di tutti gli eventi mortali che si verificano entro l anno solare (almeno per i principali Paesi occidentali), attribuendo ad ogni causa di morte un codice preciso che fa riferimento all International Classification of Disease, IX revision (è ora in corso di apllicazione una ulteriore revisione della ICD, la X). In base a questa classificazione, gli incidenti stradali sono identificabili in maniera univoca dai codici di causa esterna (ovvero l evento che ha provocato il trauma mortale) che vanno da a Per le ragioni ora segnalate, nel seguito faremo riferimento a questo insieme di dati, costituito dalle statistiche di mortalità annuale di diversi Paesi, raccolte dall OMS. Analisi dei dati europei e confronti internazionali: risultati e discussione Nel 1999, ultimo anno per il quale ad oggi si dispongono in Italia dei dati sanitari di mortalità, nei paesi dell Unione Europea (UE) sono decedute in seguito ad incidente stradale circa persone, il 70% delle quali sulle strade di Francia, Germania, Spagna, Italia. Certamente queste cifre sono di per sé sufficienti a delineare uno scenario 77
4 FIG.1 Tassi standardizzati di mortalità per incidente stradale nei Paesi dell'unione Europea (anno 1999) tassi per res./anno Greece Portugal Spain France FONTE: elaborazione ISS su dati WHO Luxembourg Belgium Italy Austria EU average Ireland Denmark Germany Finland Netherlands United Kingdom Sweden di notevole gravità, che apparentemente può indurre a ritenere che vi sia un Europa a due velocità: da una parte i quattro Paesi citati, ove la circolazione è intrinsecamente pericolosa, e gli altri, dove tutto sommato si può stare ragionevolmente tranquilli. Questa conclusione, basata sul concetto di rischio, seppur non del tutto errata, rappresenta con scarsa precisione il fenomeno dell incidentalità stradale nei Paesi dell UE. Infatti, un approccio più corretto nei confronti internazionali è quello di rapportare il numero di morti alla popolazione sottostante dai quali questi morti provengono, esprimendo il fenomeno in termini di tassi di mortalità. In altri termini, se Francia, Germania, Spagna e Italia insieme avessero il 70% della popolazione dell UE, non vi sarebbe nulla di anomalo se producessero anche il 70% della mortalità per incidente stradale, anche alla luce di una situazione abbastanza spalmata in termini di motorizzazione e delle relazioni profondamente non-lineari tra motorizzazione e mortalità per incidente stradale. Viceversa, se la popolazione complessiva dei 4 Paesi fosse, ad esempio il 30% di quella dell UE, quella stessa percentuale della mortalità per incidente stradale in essi registrata (70%) rappresenterebbe un fatto inaspettato ed allarmante. Fortunatamente, la realtà si colloca molto vicino alla situazione descritta nel primo esempio, poiché nei quattro Paesi considerati risiede il 63% della popolazione dell UE. Esprimendo, quindi, la mortalità in termini di tassi di popolazione, si può 78
5 notare come l Italia presenti dei valori contigui quelli propri dell Unione Europea (fig.1), con un tasso di mortalità di 12,1 morti per residenti/anno contro i 10,5 morti dell UE. Parlando, quindi, in termini di tassi di mortalità (ovvero facendo riferimento ad un indicatore più legato al vero rischio che non il numero assoluto dei morti), si può già osservare come l Italia sia, per così dire, nel mezzo del gruppo e come, con l eccezione della Grecia, vi sia una certa omogeneità nelle differenze tra un Paese e l altro. Seguendo nel tempo i tassi di mortalità osserviamo come nella gran parte dei Paesi, le politiche di contrasto degli incidenti stradali hanno avuto, sia pur con efficacia differente, degli effetti positivi (fig.2), visto che quasi ovunque i tassi di mortalità sono diminuiti negli ultimi 30 anni di un ordine di grandezza che oscilla dal 40 al 75%. Per inciso si osservi come anche in questo caso la diminuzione osservata in Italia sia della stessa entità di quella che mediamente si è riscontrata in tutta l Unione Europea (-50,9% vs 52,9%). Meno rosea appare la situazione se facciamo riferimento non già ad un periodo molto ampio, nel quale oltretutto è cambiata con dei ritmi assolutamente differenti la motorizzazione dei singoli Paesi, e concentriamo l analisi ai 5 anni che vanno dal 1995 al In questo caso si possono avere le ultime tendenze del fenomeno e constatare se per caso non vi siano delle allarmanti inversioni di tendenza rispetto ad un trend trentennale. L analisi dei dati relativi a quest ultima finestra temporale conferma alcune situazioni, ma ne ribalta altre. Usando una metafora mutuata dal gergo FIG.2 Variazione percentuale dei tassi standardizzati di mortalità per incidente stradale nei Paesi dell'unione Europea (periodo ) differenza percentuale Greece Spain Ireland France Portugal Italy EU average Luxembourg Belgium United Kingdom Denmark Austria Sweden Finland Germany Netherlands FONTE: elaborazione ISS su dati WHO 79
6 FIG.3 Variazione percentuale dei tassi standardizzati di mortalità per incidente stradale nei Paesi dell'unione Europea (periodo ) differenza percentuale Spain Finland Sweden France Belgium Italy United Kingdom EU average Ireland Greece Denmark Netherlands Austria Germany Luxembourg Portugal FONTE: elaborazione ISS su dati WHO ciclistico, l Italia ultimamente appare mostrare dei segni di stanchezza e staccarsi dal grosso del gruppo. Paesi molto virtuosi come Finlandia e Svezia sembrano aver raggiunto un livello al di sotto del quale stentano a scendere e si trovano, per così dire, a raschiare il fondo. Viceversa Grecia e, soprattutto, Portogallo (ovvero i Paesi a più recente motorizzazione) stanno compiendo in fretta sostanziali progressi. Tuttavia si osservi che questo spiccato calo riflette in parte un effetto nonlineare di sistema, come ben mostrato dalla Legge di Smeed (1944), in base alla quale la crescita dei veicoli circolanti è spesso accompagnata da una diminuzione fisiologica del numero dei decessi. Ad esempio in Italia nel 1972, quando circolavano circa 13 milioni di veicoli, i morti erano più di ; attualmente, con oltre 40 milioni di veicoli sulle nostre strade, i morti sono quasi Va tuttavia osservato che un confronto più interessante dovrebbe essere fatto tra aree omogenee, ovvero tra Paesi nei quali le problematiche in seno alla circolazione stradale possono in via di principio considerarsi simili. In altri termini dire che l Italia presenta un tasso di mortalità 3 volte e mezzo superiore a quello che si registra a Malta può certamente costituire uno spunto di riflessione; tuttavia è necessario rendersi conto che il paragone con una realtà completamente differente dalla nostra, quanto a dimensioni, disponibilità di risorse economiche, parco circolante, sviluppo e variabilità delle caratteristiche della rete viaria, condizioni climatiche, ecc., se preso acriticamente può portare a delle conclusioni semplicistiche ed erronee. Prendendo in considerazione aree omogenee per vastità geografica, 80
7 dimensioni della popolazione e del parco circolante nonché sviluppo delle rete viaria (Italia, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna), sembrano delinearsi tre situazioni differenti: Italia, Francia e Spagna hanno dei tassi di mortalità assai contigui tra loro, leggermente superiori a quelli della Germania, la quale a sua volta si posizione ad un livello intermedio tra il Regno Unito e i Paesi dell area mediterranea, anche se più vicini a questi ultimi. In altri termini, i Paesi più popolosi dell Unione Europea sembrano essere soggetti a dinamiche simili. Da questo quadro si discosta nettamente il Regno Unito nel quale la cultura della sicurezza stradale ha radici così profonde ed antiche da produrre effetti macroscopici su vasta scala. L andamento nel tempo relativo ai 5 paesi dell Unione Europea che abbiamo identificato in base ai criteri di omogeneità scelti, mostra come esso sia in progressivo e costante calo (fig.4). Si osservi la sovrapposizione tra i tassi di mortalità dell Italia e quelli della Francia, una nazione che, perlomeno nell accezione comune, viene ritenuta più avanti del nostro Paese quanto a politiche di contrasto dell incidentalità stradale (uso dei dispositivi di sicurezza più elevato, maggior numero di controlli dell alcolemia dei conducenti, vasto utilizzo di rotonde stradali, ecc ). Eclatante è, invece, la differenza tra questi Paesi ed il Regno Unito ove sinergiche strategie di prevenzione sono messe in atto da decenni e quindi hanno avuto modo e tempo di manifestare i propri benefici effetti. Conclusioni Pur rimanendo il nostro parere quello di considerare tutte le possibili fonti informative della sicurezza stradale, integrandole e relazionandole quanto prima e quanto meglio possibile, per quanto riguarda la mortalità crediamo che un gold standard sia costituito da quanto derivabile dai dati ora descritti. Ma se questa opinione può aver valore anche per altri, allora è necessario insieme riflettere sulla netta differenza che ben può osservarsi tra il nostro paese e il Regno Unito. Non può certo consolare il fatto di essere in questo in buona compagnia, affiancati come siamo da Francia, Germania e Spagna: quello su cui bisogna fissare l attenzione è quanto sono riusciti ad ottenere nel tempo gli inglesi. E risultati di questo tipo non nascono per caso o per occasione, come funghi dopo una forte temporale: sono frutto di un intenso lavoro, sul piano normativo, sul quello delle opere pubbliche, sul piano culturale, in particolare con operazioni di informazione-educazione della popolazione. Il nuovo scenario che si è determinato a livello internazionale con le precise indicazioni dell Organizzazione Mondiale della Sanità e dell Unione Europea per ridurre il fenomeno degli incidenti stradali e delle loro conseguenze, come pure l adozione da parte del nostro paese di un Piano Nazionale della Sicurezza Stradale e di chiare raccomandazioni nel Piano 81
8 Sanitario Nazionale, lasciano ben sperare in un raggiungimento di quei livelli di sicurezza che il Regno Unito, con tenacia e pragmatismo, ci ha mostrato possibile raggiungere. RICONOSCIMENTI Alla realizzazione del presente lavoro ha collaborato Gianni Fondi. 82
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