Seminario nell ambito del corso di Analisi degli Investimenti INVESTIMENTI IN SOCIETA IN STATO DI CRISI. Criteri e modalità di valutazione

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1 Seminario nell ambito del corso di Analisi degli Investimenti INVESTIMENTI IN SOCIETA IN STATO DI CRISI Criteri e modalità di valutazione 13 novembre 2014 Giovanni Bandera

2 Insolvenza e fallimento in un mercato perfetto Dissesto finanziario Quando un impresa ha difficoltà a soddisfare i suoi debiti Insolvenza Quando un impresa non riesce a pagare gli interessi o a rimborsare il capitale del suo debito, o viola una clausola vincolante. Dopo che l impresa diventa insolvente, i detentori del debito acquisiscono diritti sul suo attivo e in casi estremi possono impossessarsi dei suoi beni tramite un processo chiamato fallimento. Una conseguenza rilevante del debito è il rischio di fallire. Il finanziamento con capitale proprio non comporta questo rischio: anche se gli azionisti sperano di ricevere i dividendi, l impresa non è legalmente obbligata a distribuirli. 2

3 I costi di dissesto/fallimento In presenza di mercati dei capitali perfetti il rischio di fallimento non è uno svantaggio dato dall indebitamento, ma semplicemente sposta la proprietà dell impresa dagli azionisti ai detentori del debito, mantenendo inalterato il valore per tutti gli investitori. In realtà il fallimento raramente è semplice e diretto. È spesso un processo lungo e complicato che comporta costi diretti e indiretti per l impresa e per i suoi investitori. 3

4 Costi diretti del fallimento Il processo fallimentare è complesso, lungo e costoso. Spesso la società assume professionisti esterni per fornire assistenza nel processo di fallimento. Anche i creditori possono dover affrontare dei costi durante il processo di fallimento. Possono dover attendere diversi anni per ricevere il pagamento del loro debito. Possono avere la necessità di assumere propri consulenti per assistenza legale e professionale. I costi diretti di fallimento riducono il valore dei beni che gli investitori alla fine riceveranno. I costi diretti di fallimento in media ammontano a circa il 3 4% del valore di mercato dell attivo pre-fallimento. 4

5 Costi indiretti del dissesto Anche se i costi indiretti sono difficili da misurare in modo accurato, sono spesso più elevati dei costi diretti del fallimento. Perdita di clientela Perdita di fornitori Perdita di personale Perdita di crediti Svendita di attività Liquidazione ritardata Costi per i creditori 5

6 Impatto complessivo dei costi indiretti I costi indiretti del dissesto potrebbero essere rilevanti. Si stima che la perdita potenziale dovuta al dissesto finanziario sia compresa fra il 10% e il 33% del valore dell impresa. Quando si stimano i costi indiretti, è necessario considerare due aspetti importanti. Occorre individuare l entità delle perdite per il valore totale dell impresa (e non solo delle perdite degli azionisti o dei detentori del debito o i trasferimenti fra i due). Occorre individuare le maggiori perdite dovute al dissesto finanziario rispetto a quelle che derivano dal dissesto economico. 6

7 La struttura finanziaria ottimale: la teoria del trade-off L impresa sceglie la propria struttura finanziaria bilanciando i vantaggi dello scudo fiscale del debito con i costi di dissesto e i costi di agenzia. Secondo la teoria del trade-off, il valore totale dell impresa indebitata è uguale a quello dell impresa non indebitata più il valore attuale dei risparmi fiscali derivanti dall indebitamento meno il valore attuale dei costi di dissesto/fallimento. L U V V VA(scudo fiscale degli interessi) VA(costi di dissesto/fallimento) 7

8 Determinanti del valore attuale dei costi di dissesto/fallimento Due fattori chiave determinano il valore attuale dei costi di dissesto/fallimento: 1. La probabilità che il dissesto/fallimento si verifichi. La probabilità di dissesto/fallimento aumenta con l ammontare delle passività aziendali (in relazione alle sue attività). La probabilità di dissesto/fallimento aumenta con la volatilità dei flussi di cassa dell azienda e del valore dell attivo. 2. L entità dei costi dopo che l impresa è caduta in dissesto. I costi di dissesto/fallimento variano da un settore all altro. È probabile che le imprese tecnologiche debbano sostenere costi elevati, a causa del potenziale di perdita di clienti e di figure chiave del personale, così come per la mancanza di attività tangibili da liquidare con facilità. È probabile che le società immobiliari abbiano bassi costi di dissesto, fintanto che il loro valore deriva da beni che possono essere venduti con relativa facilità. 8

9 Il rapporto d indebitamento ottimale Per bassi livelli di debito, il rischio di insolvenza resta basso e l effetto principale di un aumento del debito è l incremento dello scudo fiscale degli interessi. All aumentare del livello di debito, aumenta la probabilità di insolvenza. All aumentare del livello di debito, i costi di dissesto/fallimento aumentano, riducendo il valore dell impresa indebitata. La teoria del trade-off stabilisce che le imprese dovrebbero aumentare il loro debito fino a raggiungere il livello per cui il loro valore è massimizzato. A questo punto, il risparmio fiscale che si otterrebbe aumentando il debito risulta compensato dalla maggiore probabilità di incorrere nei costi di dissesto/fallimento. La teoria del trade-off può aiutare a spiegare: perché le imprese scelgono livelli di debito troppo bassi per sfruttare in pieno lo scudo fiscale degli interessi (a causa della presenza dei costi di dissesto); le differenze tra i diversi settori nel ricorso al debito (a causa delle differenze nell entità dei costi di dissesto/fallimento e nella volatilità dei flussi di cassa). 9

10 Indebitamento ottimale con imposte e costi di dissesto/fallimento 10

11 La legge fallimentare Gli strumenti per la soluzione delle crisi d'impresa nella legge fallimentare sono così sintetizzabili: Finalità di risanamento Finalità di liquidazione Strumenti negoziali Accordi stragiudiziali Liquidazione ordinaria Strumenti negoziali qualificati - Piani attestati di risanamento - Accordi di ristrutturazione del debito Liquidazione ordinaria Procedure concorsuali Concordato preventivo in continuità - Concordato preventivo liquidatorio - Fallimento 11

12 I metodi di valutazione delle imprese in stato di crisi I metodi di vautazione delle imprese in crisi sono i medesimi comunemente utilizzati per la valutazione aziendale, opportunamente modificati per tener conto degli effetti dello stato di crisi: Discounted Cash Flow (DCF) Adjusted Present Value (APV) Multipli Metodo delle opzioni 12

13 Probabilita di defualt e valore del capitale Per considerare gli effetti di una situazione di crisi nella valutazione di un impresa, occorre incorporare la probabilità che l impresa non sopravviva nell immediato futuro. La probabilità di default assume è rilevante, non solo ai fini della valutazione dell equity, ed in particolare nella determinazione del costo del capitale, ma anche e soprattutto ai fini della valutazione del debito, influenzando significativamente il bond rating e di conseguenza il costo del debito per l impresa. 13

14 Stima della probabilita di defualt I modelli credit scoring I modelli credit scoring sono modelli multivariati che, utilizzando come input i principali indici economicofinanziari di un impresa e attribuendo a ognuno di essi, mediante opportune tecniche statistiche, un coefficiente di ponderazione che riflette l importanza relativa di ognuno di essi nel prevedere l insolvenza, giungono a una valutazione del merito creditizio che viene sintetizzata in un unico valore numerico, rappresentativo della probabilità di insolvenza. 14

15 Stima della probabilita di defualt I modelli credit scoring I modelli credit scoring possono a loro volta essere classificati in tre principali categorie: 1. L analisi discriminante lineare, originariamente applicata alla previsione delle insolvenza da Edward Altman negli anni settanta. 2. I modelli di regressione quali probit (linear probability model) e logit (logistic probability model). 3. I piu recenti modelli induttivi di natura empirica quali le reti neurali e gli algoritmi genetici. Mentre la prima categoria di modelli (analisi discriminante, probit e logit) si fonda su un approccio deduttivo volto a identificare le relazioni causali di natura economica che spiegano il fenomeno dell insolvenza, la seconda categoria (reti neurali e algortimi genetici) segue un approccio puramente empirico di tipo induttivo. 15

16 Stima della probabilita di defualt I modelli di rating I modelli di rating determinano il tasso di insolvenza di un impresa sulla base di due informazioni e cioè la classe di rating in cui si colloca l impresa considerata e la probabilità di fallimento storicamente registrata per le società della medesima categoria di rating. 16

17 Stima della probabilita di defualt I modelli option pricing I modelli option pricing si basano sulle informazioni implicite nei prezzi di azioni e obbligazioni e derivano dal modello di pricing delle opzioni sviluppato originariamente da Black e Scholes, fondato sui principi della contingent claim analysis. In tutti i modelli basati sulla contingent claim analysis il calcolo della probabilità di insolvenza dipende dalle seguenti tre variabili rilevanti: il valore delle attività (value of asset): si tratta del valore di mercato dell attivo della società ossia del valore corrente di tutti i flussi di cassa futuri prodotti dall impresa, al lordo degli oneri finanziari ed attualizzati secondo un tasso appropriato; il valore delle passività (liabilities): consiste nel valore contabile del debito; in pratica si tratta della somma che l impresa è tenuta a rimborsare ai propri creditori; il rischio dell attivita (asset risk): si traduce nella volatilità del rendimento del valore di mercato delle attività. 17

18 Stima della probabilita di defualt I modelli option pricing Secondo i modelli standard basati sull approccio option pricing la probabilità di default, è influenzata da cinque variabili. In particolare la probabilità di default tende ad essere più elevata quando il valore corrente dell impresa tende a diminuire, il valore nominale del debito è più elevato o il rapporto EV/DEBT è più basso, la volatilità dei rendimenti è più elevata, ovvero la scadenza del debito è più vicina. 18

19 Il metodo DCF Secondo i modelli standard basati sull approccio option pricing la probabilità di default, è influenzata da cinque variabili. In particolare la probabilità di default tende ad essere più elevata quando il valore corrente dell impresa tende a diminuire, il valore nominale del debito è più elevato o il rapporto EV/DEBT è più basso, la volatilità dei rendimenti è più elevata, ovvero la scadenza del debito è più vicina. 19

20 Il metodo DCF Damodaran evidenzia che la dispersione di errore nel processo di valutazione attraverso il metodo del DCF, risulta più accentuata oltre che nel caso di una elevata probabilità di default, anche quando l accesso al capitale risulta limitato (sia per cause esterne, come quello attuale, sia per cause interne) e ove i proventi derivanti dalla cessione degli assets siano significativamente inferiori rispetto ai valori di tali asset in funzionamento. Occorre dunque ricercare i modi attraverso i quali è possibile incorporare gli effetti di una situazione di crisi nei modelli di determinazione del valore ampiamente utilizzati nella pratica professionale. Damodaran propone degli adattamenti da effettuare nel processo di valutazione DCF. Al fine di considerare gli effetti di una situazione di crisi sul valore dell impresa (EV), determinato seguendo tale metodologia, occorre apportare degli aggiustamenti sia alla stima dei flussi di cassa attesi che al tasso di attualizzazione. 20

21 Il metodo DCF Al fine di considerare gli effetti di una situazione di crisi nella logica del DCF occorre innanzitutto incorporare nel processo di determinazione dei flussi di cassa attesi la probabilità che l impresa, a causa della situazione di crisi, possa cessare di esistere. Questo comporta la necessità di considerare tutti i possibili scenari prospettabili, dal più ottimistico al più pessimistico, assegnando a ciascuno di essi una specifica probabilità di accadimento ed un determinato flusso di cassa realizzabile in ogni scenario (Scenario Analysis). Successivamente occorre stimare il flusso di cassa atteso per ciascun periodo dell orizzonte temporale di riferimento. 21

22 Il metodo DCF Occorre inoltre considerare che per effetto della grave tensione finanziaria tendenzialmente si riduce il potere contrattuale dell impresa ed il valore di mercato dei singoli asset diviene sostanzialmente inferiore a quello ipotizzabile in condizioni di funzionamento. In alcune circostanze, il valore recuperabile dalla cessione potrebbe addirittura essere negativo a causa dei vari costi di dismissione. Pertanto se, come evidenziato, l accesso al capitale è limitato ed i proventi derivanti dalla cessione degli asset sono significativamente inferiori ai valori in condizioni di continuità (going concern), anche se i flussi di cassa attesi previsti inizialmente fossero correttamente stimati, le valutazioni basate seguendo l approccio del DCF potrebbero sovrastimare il valore dell equity e dell impresa. 22

23 Il metodo DCF Anche nella stima del costo del capitale la situazione di crisi impone l adozione di correttivi. In particolare, partendo dall utilizzo del modello CAPM occorre considerare che la situazione di crisi, i riflessi sui rendimenti del titolo e il rapporto D/E presentano tendenzialmente manifestazione recente, per cui utilizzare il medesimo Beta potrebbe sottostimare il vero rischio associato all impresa. Damodaran (2009) propone pertanto due approcci per una più ragionevole stima del Beta per un impresa che affronta una situazione di crisi: CAPM Beta adjusted for distress Distress factor Models 23

24 Il metodo DCF CAPM Beta adjusted for distress Invece di usare il Beta che deriva dalla regressione, ovvero il Beta Levered, che è un coefficiente che esprime la rischiosità dell'impresa complessiva, è più ragionevole determinare la sola rischiosità operativa dell impresa, determinando quindi il Beta Unlevered e l attuale rapporto Debito/Equity che caratterizza la struttura finanziaria dell impresa in crisi. Levered Beta = Bottom-up Unlevered beta x [1+(1- tax rate) x (D/E)] 24

25 Il metodo DCF Distressed factor Models Tali modelli presuppongono l utilizzo di un beta che rifletta le caratteristiche di imprese simili a quella oggetto di valutazione ma che non si ritrovano in situazione di crisi incrementato di un premio addizionale che rifletta le condizioni di rischio dell impresa in crisi: Cost of equity (R e ) = r f + β healthy x (Equity Risk Premium) + Distressed Premium Damodaran (2009) sostiene che per calcolare il Distress Premium occorre osservare o i dati dei rendimenti realizzati investendo in titoli di imprese in crisi, oppure confrontare il costo del debito preimposte della specifica impresa oggetto di valutazione rispetto al costo medio del debito delle imprese del settore. 25

26 Il metodo DCF Distressed factor Models Per quanto concerne la stima del costo del debito (r d ) di un impresa in crisi, sarebbe corretto, ove possibile, considerato che il costo del debito aumenta all aumentare del rischio di default e che il rating dell impresa (ove esistente) si riduce passando allo stato di junk bond, utilizzare il tasso di interesse basato sul rating delle obbligazioni dell'impresa. Pre-tax cost of debt = r f + Default Spread 26

27 Il metodo DCF Distressed factor Models Se l impresa non dovesse avere titoli di debito con rating, si può procedere con una stima sintetica di tale rating. L applicazione di questo tasso consentirà comunque di ottenere un costo del debito che riflette le condizioni di più elevato rischio dell impresa, e sarà tendenzialmente piu corretto rispetto al rendimento alla scadenza che può essere stimato ipotizzando il default come imminente. In una condizione di crisi, inoltre, l EBIT si riduce fino a diventare anche negativo con la naturale conseguenza che il beneficio derivante dallo scudo fiscale conseguentemente tende ad annullarsi portando cosi il costo del debito dopo le tasse ad aumentare ulteriormente. Per calcolare, infine, il costo del capitale è necessario stimare il rapporto d indebitamento. Questo è evidentemente più alto i primi anni, in quanto riflette il debito corrente che è tendenzialmente più elevato per una impresa in crisi. Le previsioni per gli anni successivi dovrebbero riflettere le aspettative di miglioramento della redditività, pertanto occorrerà regolare il rapporto debito/equity verso livelli più ragionevoli. 27

28 Il metodo APV Damodaran evidenzia come in una situazione di crisi d impresa, tendenzialmente il beneficio fiscale della deducibilità degli interessi passivi è notevolmente ridimensionato, se non del tutto assente, poiché se l impresa presenta un EBIT decrescente o addirittura negativo, non potrà usufruire dello scudo fiscale. Questo evidentemente si rifletterà negativamente sul valore dell impresa, non apportando alcun beneficio in termini di valore aggiunto. Il metodo APV permette di rilevare l impatto negativo che crea l elevato rapporto di indebitamento sul capitale economico attraverso l effetto dei cosiddetti costi diretti ed indiretti del fallimento. A tal fine occorre procedere alla valutazione degli effetti del rapporto di indebitamento sul rischio di default dell impresa e sui costi attesi del fallimento. Questo richiede la stima della probabilità di default dato il livello di indebitamento e dei costi diretti ed indiretti del dissesto. 28

29 Il metodo APV Damodaran sostiene che per determinare i costi del fallimento si può anche considerare la differenza tra il valore dell impresa in condizioni di continuità (going concern) ed il valore di liquidazione. In definitiva, secondo la teoria dell APV, il valore dell impresa è uguale a quello dell impresa non indebitata più il valore attuale dei risparmi fiscali derivanti dall indebitamento meno il valore attuale dei costi di dissesto/fallimento. 29

30 Il metodo dei multipli Damodaran afferma che, anche se gli adattamenti a tale metodologia risulterebbero più approssimativi rispetto a quelli evidenziati adottando la logica del Discounted Cash Flow, è possibile considerare due modi per riflettere in maniera esplicita gli effetti della crisi sul valore del capitale attraverso tale metodologia di valutazione. Il primo metodo sarebbe quello di confrontare direttamente il valore dell impresa al valore di altre imprese che evidenziano tendenzialmente la medesima situazione di crisi. Il secondo metodo, oggettivamente più praticabile, sarebbe quello di scegliere come imprese del campione quelle appartenenti al medesimo settore in bonis e che presentano caratteristiche simili (dimensione, attività ecc.) a quella che affronta una situazione di crisi e che risulta oggetto del processo di valutazione, per poi procedere con la ricerca per trovare il modo di adeguare le caratteristiche dell impresa in crisi a quelle del campione esaminato. 30

31 Il metodo dei multipli Secondo Damodaran, una soluzione è quella di esaminare il multiplo dei ricavi o dell EBIT al quale sono negoziate imprese appartenenti a differenti classi di rating ed ottenere in particolare una misura dello tasso di sconto che è stato applicato dal mercato per il grado di crisi al quale l impresa risulterebbe esposta. Se ci sono abbastanza imprese nel settore di riferimento dell impresa oggetto di analisi per ogni classe di rating si potrebbero dedurre pertanto implicitamente tali informazioni ai fini della valutazione. 31

32 Il metodo delle opzioni Il payoff dell azionista in caso di liquidazione potrebbe essere cosi formulato: Payoff dell azionista in caso di liquidazione = V - D se V > D = 0 se V D dove V = Valore di liquidazione dell impresa D = Valore nominale del debito La combinazione di queste caratteristiche consente quindi all equity di assumere le peculiarità di un opzione call sul valore degli assets dell impresa (Enterprise Value) dove esercitare l opzione richiederebbe che l impresa fosse liquidata ed il valore nominale del debito (il quale corrisponde al prezzo di esercizio) fosse restituito. Gli assets dell impresa, evidentemente sono il bene sottostante nella logica delle opzioni e la scadenza dell opzione coinciderebbe con la durata del debito, ovvero con la data della sua estinzione. 32

33 Il metodo delle opzioni Questa concezione dell equity consente di evidenziare come, anche se l Enterprise Value (per effetto dei risultati negativi, della significativa incertezza riguardo il valore degli asset e del maggior profilo di rischio ad essi associati in presenza di una elevata probabilita di default) sia inferiore al valore del debito (face value) e possa pertanto condurre a un valore dell equity sostanzialmente negativo, proprio in base alle caratteristiche che determinano il valore delle opzioni si ritiene che l equity possa comunque assumere valori tendenzialmente positivi. 33

34 Il metodo delle opzioni La ragione di tale fenomeno è da ricercare principalmente nella volatilità dell Enterprise Value e nella scadenza del debito. E evidente che, anche nella logica delle opzioni, il valore intrinseco dell equity sarebbe zero se l impresa fosse immediatamente liquidata, ovvero se l intero debito dovesse essere immediatamente rimborsato. Se, tuttavia, il debito dovesse avere una scadenza successiva, il time to maturity attribuirebbe al valore degli assets sottostanti l opzione di aumentare (ed eventualmente diminuire) e divenire superiore rispetto al valore nominale del debito, prima che esso sia dovuto. Il time premium congiuntamente alla volatilità del valore degli asset sottostanti tende a far emergere, pertanto, un valore positivo all equity, anche in una situazione tecnicamente di default. In base a queste considerazioni si potrebbe dedurre che l utilizzo di un modello che consenta di stimare l intera distribuzione dei potenziali Enterprise Value e la volatilità, congiuntamente a un metodo di determinazione del prezzo delle opzioni (Black-Scholes) possa meglio determinare in base alle caratteristiche di un impresa in crisi, il valore dell equity. 34

35 Il metodo delle opzioni Un metodo che sottende ugualmente il concetto di equity come opzione call sul valore dell impresa è l approccio alla valutazione del Discounted Cash Flow basato sull analisi integrata degli scenari (Scenario Analysis). Infatti, ipotizzando diversi scenari ed analizzando in maniera congiunta, a differenza di quanto avviene nei modelli di pricing delle opzioni, gli effetti delle variazioni dei principali value driver, è possibile pervenire ad una stima dei potenziali valori dell Enterprise value. Evidentemente, sottraendo al valore cosi determinato il face value del debito si giungerebbe ad una stima del valore dell equity al verificarsi di ogni scenario. Attribuendo a ciascun scenario una probabilità di accadimento sarebbe possibile cosi stimare il valore atteso dell equity implicando pur sempre il concetto di equity come opzione call. 35

36 L inquadramento dell obiettivo del piano L applicazione dei metodi di valutazione presuppone l elaborazione di un piano, che per un impresa in stato di crisi deve assumere il carattere di un piano di risanamento. Un piano di risanamento deve avere un duplice obiettivo: risanamento della esposizione debitoria dell impresa riequilibrio della sua situazione finanziaria. La formula comunemente utilizzata è il rapporto tra l utile prima degli ammortamenti e delle svalutazioni (Ebitda) e la posizione finanziaria netta (PFN). Il punto di demarcazione tra una situazione di eccesso di debito o meno, cambia, però, a seconda della fase congiunturale in atto. Più i mercati sono in espansione, più liquidità circola nei settori produttivi, più è alto il tasso di inflazione, più il numero che identifica tale rapporto tende a salire. In questo momento recessivo, di vera e propria deflazione, il rapporto chiave è normalmente individuato in cinque volte. 36

37 L inquadramento dell obiettivo del piano L obiettivo del piano dovrà essere, dunque, fatte salve la specificità di alcuni settori, quello di riportare il rapporto PFN/Ebitda sotto la soglia di cinque volte. Laddove la PFN fosse costituita da linee di credito scadenti a fine piano, l obiettivo dovrà essere più ambizioso ed avvicinarsi a tre volte, poiché occorrerà anche assicurarsi la possibilità del rifinanziamento di quel debito in scadenza ed abbiamo prima detto come una impresa è giudicata solvibile e, dunque, finanziabile dal sistema bancario solo in presenza di un ratio non superiore a tre volte l Ebitda. 37

38 Le indagini preliminari In assenza di un Ebitda positivo qualsiasi piano di risanamento dovrà scontare l immissione di nuovo capitale di rischio da parte dell imprenditore (dei soci, degli azionisti) o dei creditori, la cui disponibilità dovrà essere preliminarmente assicurata per passare alla fase vera e propria di redazione del piano. Il secondo aspetto che dovrà essere oggetto di indagine preliminare sarà il rapporto PFN/Ebitda, poiché ove esso fosse eccessivamente squilibrato, superiore a dieci volte, ad esempio, ci troveremmo di fronte ad un eccesso di debito iniziale che dovrà trovare immediata sistemazione. Il terzo aspetto da valutare, sempre in via preliminare, sarà l affidabilità delle informazioni che provengono dall impresa, in quanto nessun serio piano può prescindere dalla adeguatezza dei dati utilizzati. 38

39 La presa di conoscenza Ultimate le indagini preliminari occorre procedere a prendere conoscenza dell azienda tramite una analisi approfondita: della sua storia recente; della sua organizzazione e dei rapporti interaziendali rilevanti; dei suoi prodotti e della loro marginalità; della sua tecnologia; del mercato e della concorrenza; dei suoi canali distributivi; delle competenze tecniche del suo management; della sufficienza degli investimenti; della composizione del debito finanziario e della sua origine. 39

40 La presa di conoscenza In questa fase conoscitiva assume un particolare rilievo l analisi del mercato, dei prodotti e dei canali distributivi, in quanto utile a comprendere la validità del progetto industriale dell impresa in termini di prodotto e in relazione alla sua capacità di soddisfare i bisogni del mercato, considerata l offerta della concorrenza. Sotto questo profilo analoga importanza va data alla individuazione della marginalità dei singoli prodotti e dei singoli stabilimenti produttivi, nonché del correlato loro consumo di capitale circolante. 40

41 La presa di conoscenza Un corretto piano dovrà verificare a monte la sostenibilità finanziaria del mantenimento in vita funzionale di certi prodotti e di certi siti produttivi, per verificare di quanto si riducono la PFN e l Ebitda in uno scenario di ablazione di quelli a minor produttività e dei prodotti a bassa marginalità. Una speciale attenzione meriterà anche l indagine della struttura di marketing dell impresa per comprenderne la sua capacità di penetrazione dei mercati e la sua attualità rispetto alla evoluzione del modo di consumare dei clienti. 41

42 Il confezionamento del piano Le definizioni delle strategie. Solo terminata la fase conoscitiva generale è possibile passare a quella ideativa del piano di risanamento, con la definizione delle opzioni strategiche riguardanti: cosa continuare a produrre; come e dove produrre; che prezzi praticare/quanto produrre; in quali mercati vendere; come distribuire; in quanto tempo sviluppare le modificazioni strutturali dell impresa. 42

43 Il confezionamento del piano Le definizioni delle strategie. Anche se l impresa è in grado di produrre redditi significativi, ma il debito è eccessivo e, magari deriva da una operazione finanziaria di acquisizione da un MLBO, che nulla ha a che vedere con la gestione ordinaria focalizzare il piano verso l obiettivo del maggior rimborso del debito possibile, nel minor tempo possibile, spesso vuol dire mettere a repentaglio il processo di risanamento stesso, in quanto l attenzione ai soli aspetti finanziari finirà per indebolire le capacità competitive dell impresa e dunque la sua capacità di ripagare il debito nel tempo. 43

44 Il confezionamento del piano I principi di redazione. I principi generali di formazione di un piano di impresa, qualsiasi finalità esso abbia, sono quelli della: Chiarezza, intesa come semplicità di lettura e comprensibilità del documento di sintesi; Completezza, nel senso che il documento di piano dovrà contenere ogni informazione rilevante per la sua effettiva e consapevole fruizione; Affidabilità, ossia che la raccolta dei dati sia documentata, la loro elaborazione sia sistematica, il modello matematico utilizzato sia controllabile; 44

45 Il confezionamento del piano I principi di redazione. Neutralità, nel senso che la sua redazione deve essere curata con criteri obiettivi e ponderati e non deve essere influenzata dal fine di voler rappresentare un progetto comunque «fattibile» e finanziariamente sostenibile; Trasparenza, nel senso che deve essere possibile verificare ogni dettaglio della sua costruzione, ossia ripercorrere a ritroso dal risultato di sintesi a ciascun singolo elemento di analisi il percorso compiuto dal suo redattore ; Prudenza, nel senso che le ipotesi sottostanti la sua redazione devono rappresentare gli scenari più probabili. In caso di scenari alternativi di pari probabilità di realizzazione è necessario adottare quello peggiore in termini di ricavi, margini e fabbisogni finanziari. Il principio della prudenza implica valutazioni ragionevoli e adeguate spiegazioni sui criteri adottati. 45

46 Il confezionamento del piano L elaborazione del piano delle vendite Definite le strategie che si intendono sviluppare per pervenire al risanamento occorre effettuare delle previsioni di vendita, ossia pervenire alla quantificazione della cosiddetta bottom line dei ricavi. Le previsioni di vendita dovranno essere analitiche ed elaborate sulla base di stime quantitative e non di valore: per singolo tipo di prodotto; per singolo canale distributivo; per paese di sbocco. 46

47 Il confezionamento del piano L elaborazione del piano delle vendite Solo dopo la determinazione quantitativa si passerà a stimare il valore delle vendite attese, applicando alle quantità considerate i prezzi che si prevedono di realizzare, sempre in via analitica per prodotto, canale e paese di sbocco. Il piano vendite è il punto di raccordo con il successivo passo, che è quello della definizione del piano degli investimenti. 47

48 Il confezionamento del piano Il piano degli investimenti. La necessità di investimenti con la connessa quantificazione del loro costo e determinazione della loro tempificazione è un elemento centrale ed imprescindibile di qualsiasi serio piano di risanamento. Consumare risorse finanziarie in una situazione in cui il fine che ci si prefigge è quello di ridurre l esposizione debitoria può apparire una contraddizione in termini, ma tagliare sugli investimenti può significare penalizzare sensibilmente le chance di successo del piano di salvataggio, sacrificare la stabilità dell impresa nel tempo e ridurre l intervento di pianificazione a mero piano finanziario. 48

49 Il confezionamento del piano Il piano degli investimenti. Entrando nel merito degli impegni strutturali che possono involgere un piano di salvataggio di una impresa in crisi possiamo distinguere tra: interventi di riduzione degli aspetti produttivi e commerciali; interventi di razionalizzazione dei medesimi; interventi di delocalizzazione delle produzioni; interventi per l apertura di nuovi mercati ed espansione della rete commerciale; interventi di manutenzione ed efficientamento dei siti produttivi e delle reti commerciali; interventi di marketing a sostegno dei marchi e dei prodotti; interventi a sostegno della ricerca e sviluppo. 49

50 Il confezionamento del piano Il piano degli investimenti. Oltre agli interventi di carattere strutturale, di centrale importanza, in un piano di salvataggio di una impresa, si rappresentano quegli investimenti di carattere ricorrente, quali quelli pubblicitari, quelli manutentivi e quelli per la ricerca e lo sviluppo. 50

51 Il confezionamento del piano La corretta determinazione dei costi e delle marginalità. Le sopravvenienze passive. E necessario che la stima dei costi e delle marginalità siano: effettuate con parametri efficacemente rappresentativi della complessità aziendale e dei suoi processi produttivi; verificate con l analisi dei corrispondenti andamenti storici; in linea con gli interventi di efficientamento e con la loro tempistica; discussi con i responsabili dei vari settori. 51

52 Il confezionamento del piano La corretta determinazione dei costi e delle marginalità. Le sopravvenienze passive. Particolare attenzione dovrà poi essere posta al tema dei costi finanziari, al tema della tassazione e a quello delle sopravvenienze passive. Spesso questi due temi sono tra loro connessi in quanto il problema delle sopravvenienze passive fiscali è un tema spesso ricorrente nei processi di ristrutturazione. Più in generale, sul tema delle sopravvenienze passive, uno speciale focus dovrà essere dedicato a tutti i contenziosi pendenti o minacciati e alla loro possibile tramutazione da rischi in esborsi futuri, individuandone la più probabile verificazione temporale. 52

53 Il confezionamento del piano La corretta determinazione dei fabbisogni finanziari e la loro copertura. Anche alla determinazione dei fabbisogni finanziari del piano si perviene per via di una ricostruzione dal basso che parte dalla: determinazione del tempo medio incasso crediti clienti (DSO), da effettuarsi non su base contrattuale, bensì sulla base di records storici; determinazione del tempo medio dei pagamenti dei fornitori, sulla base di una analisi di relativi contratti, in quanto come già affermato qualsiasi scaduto contrasta con l obiettivo del risanamento e del riequilibrio della situazione finanziaria dell impresa in crisi; determinazione del livello di stock minimo di magazzino necessario; 53

54 Il confezionamento del piano La corretta determinazione dei fabbisogni finanziari e la loro copertura. Per passare alla: individuazione di quella parte delle rimanenze di magazzino sia effettivamente utilizzabile nel processo produttivo; valore, questo, da determinarsi con criteri gestionali e non sulla base dei principi contabili; individuazione dei crediti contenziosi che, pur costituendo espressione dell applicazione corretta dei principi contabili, potrebbero non monetizzarsi nell arco di piano; individuazione dello scaduto non finanziario, che dovrà essere oggetto di immediato riequilibrio (fornitori oltre trenta giorni; imposte e contributi, ecc.); 54

55 Il confezionamento del piano La corretta determinazione dei fabbisogni finanziari e la loro copertura. individuazione delle linee autoliquidanti (anticipo ri.ba., anticipo fatture, ecc.) prive di sottostante, ossia di linee di rispetto alle quali o le fatture anticipate sono già state incassate su altri conti, o i cui crediti anticipati si riferiscono a debitori insolventi, o, ancora, come spesso capita di constatare, i crediti sono stati anticipati su più banche o si riferiscono a merce ancora da consegnare. La esistenza di tali fattispecie, infatti, produce due effetti: la indisponibilità futura di parte delle linee autoliquidanti, da una parte, e la tramutazione della linea di credito in pura linea di cassa; individuazione dei possibili apporti di nuovo equity da parte dei soci; 55

56 Il confezionamento del piano La corretta determinazione dei fabbisogni finanziari e la loro copertura. Per arrivare alla determinazione: di quanto sia il fabbisogno finanziario ulteriore del piano (la nuova finanza); della tempificazione dei fabbisogni; di quanto debito debba essere oggetto di consolidamento e riscadenziamento; della qualità delle linee di credito (linee cassa, fidimport, anticipo, bond, ecc.) necessarie all implementazione del piano; 56

57 Il confezionamento del piano La corretta determinazione dei fabbisogni finanziari e la loro copertura. E, quindi concludere: Sui tempi della generazione di cassa al servizio del debito oggetto di consolidamento e riscadenziamento ed eventualmente sulla necessità di riduzione/conversione in capitale o in strumenti finanziari partecipativi di quella parte del debito esistente, eccedente a tendere rispetto alla capacità dell impresa di generare cassa al servizio del debito. 57

58 Il confezionamento del piano La corretta determinazione dei fabbisogni finanziari e la loro copertura. L aspetto finanziario del piano si rappresenta come il momento centrale del lavoro del confezionamento di un piano di salvataggio di una impresa in crisi, perché con esso si misura la sostenibilità della continuità dell attività di impresa in un rapporto biunivoco con le esigenze di ritrovare/migliorare i profili della sua competitività. Se, infatti, le origini della crisi possono essere di tipo industriale e commerciale, la sua espressione esteriore è sempre finanziaria. Lo stesso concetto di insolvenza è un concetto finanziario. Gli obiettivi che si debbono perseguire «il risanamento dell esposizione debitoria» e il «riequilibrio della situazione finanziaria», a loro volta, sono obiettivi di natura finanziaria. 58

59 Il confezionamento del piano La corretta determinazione dei fabbisogni finanziari e la loro copertura. Alla fine sarà sempre la disponibilità di cassa a governare le scelte del «confezionatore» e anche le possibilità di successo del piano stesso. Sotto questo profilo la corretta determinazione della quantità e qualità delle linee di credito necessarie a supportare il turnaround assume una valenza fondamentale. Un aspetto delle linee di credito a supporto del piano che va tenuto in grande attenzione è anche la determinazione del funzionamento rotativo delle stesse, affinché la loro dimensione sia calcolata considerando i tempi di liberazione degli utilizzi in essere, per evitare che si generino momenti di carenza di linee utilizzabili. 59

60 Il confezionamento del piano La corretta determinazione dei fabbisogni finanziari e la loro copertura. Da ultimo, ma non certo per importanza, si dovrà affrontare il tema del costo del debito consolidato, quello della nuova finanza e quello delle linee commerciali, nella consapevolezza che il valore dello stock di debito iniziale e il suo costo sono fattori che interferiscono in via strettamente correlata tra loro sul risanamento. Infatti, più alto è lo stock di debito iniziale e più alto è il suo costo più l obiettivo di risanamento diviene complicato da raggiungere. 60

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