PERCORSO DI RIABILITAZIONE POST-ICTUS NEGLI ULTRASETTANTACINQUENNI
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1 PERCORSO DI RIABILITAZIONE POST-ICTUS NEGLI ULTRASETTANTACINQUENNI Documento a cura di: Struttura Complessa di Neurologia - A.O. Istituti Ospitalieri di Cremona Struttura Complessa di Neurologia - A.O. Ospedale Maggiore di Crema Dr. Antonio Squintani, Rappresentante M.M.G. Dipartimento ASSI, Struttura Complessa Servizio Cure Sociosanitarie - ASL della provincia di Cremona Dipartimento Programmazione, Acquisto e Controllo - ASL della provincia di Cremona 17 dicembre 2014
2 INTRODUZIONE IL CONTESTO EPIDEMIOLOGICO Nei Paesi Occidentali l ictus è, per dimensioni epidemiologiche e rilievo sociale, uno dei più gravi problemi sanitari e assistenziali: rappresenta la prima causa d invalidità permanente (ad un anno dall evento il tasso di invalidità grave è del 15% e di invalidità lieve del 40%), la seconda causa di demenza, la terza causa di morte dopo infarto e tumore (è responsabile del 10-12% dei decessi). In Italia si contano ogni anno circa ricoveri per ictus (l 80% dei quali sono nuovi episodi e il 20% recidive) oppure attacchi ischemici transitori (TIA); oggi nel nostro paese sono oltre le persone colpite da ictus, un terzo delle quali con una disabilità che ne riduce l autonomia. L ictus è una patologia che riconosce differenti eziologie e multiformi meccanismi patogenetici; da un punto di vista nosografico si distinguono una forma ischemica ed una emorragica. - L ictus ischemico è caratterizzato dall improvvisa comparsa di segni e/o sintomi riferibili a deficit focale e/o globale (coma) delle funzioni cerebrali, di durata superiore alle 24 ore e non attribuibile ad altra causa apparente se non a vasculopatia cerebrale. - L ictus emorragico è invece un ictus con evidenza radiologica di lesione puramente emorragica. Il rischio di ictus aumenta con l età: - raddoppia ogni 10 anni a partire dai 45 anni; - il 75% degli ictus colpisce i soggetti di età superiore ai 65 anni; - il rischio di recidiva varia dal 10% al 15% nel primo anno e dal 4 al 9 % per ogni anno nei primi 5 anni dall episodio iniziale. I dati relativi alla distribuzione per genere ed età dei pazienti ricoverati per ictus nelle strutture ospedaliere presenti nella provincia di Cremona, sono in linea con quanto descritto in letteratura. Nel 2013, sono stati ricoverati 609 pazienti con diagnosi riconducibile ad ictus (fonte: Schede di Dimissione Ospedaliera); solo il 17% dei ricoverati aveva età inferiore ai 65 anni, mentre il 60% della casistica era ultrasettantacinquenne e quasi il 25% aveva 85 anni o più. Per quanto riguarda la distribuzione per genere, le donne rappresentano il 54% dei pazienti, con un andamento crescente in relazione all età: dal 37% dei 247 pazienti sotto i 75 anni, al 66% dei 362 ultrasettantacinquenni, con un picco di oltre il 76% dopo gli 85 anni. 2
3 Il grafico seguente mostra il numero di pazienti ricoverati per ictus nel 2013, per genere e classe d età, ed evidenzia l inversione di tendenza tra maschi e femmine nella frequenza dei ricoveri dopo i 75 anni Età F M Un analisi condotta utilizzando il flusso delle riabilitative residenziali sociosanitarie SDO-FAM nella provincia di Cremona per l anno 2013, ha permesso di identificare pazienti neurologici di provenienza ospedaliera. Le diagnosi, classificate all interno dei capitoli VI e VII dell ICD9-CM come riportato nella tabella seguente, rappresentano quadri morbosi riconducibili ad eventi cerebrovascolari acuti. Con questi criteri sono stati identificati 195 pazienti neurologici (pari a 266 ricoveri) provenienti dall ospedale per Acuti verso la Riabilitazione Residenziale sociosanitaria nel corso del
4 Codice Diagnosi Emiplegia flaccida ed emiparesi a sede emisferica non specificata Emiplegia flaccida ed emiparesi dell'emisfero dominante Emiplegia flaccida ed emiparesi dell'emisfero non dominante Emiplegia spastica ed emiparesi a sede emisferica non specificata Emiplegia spastica ed emiparesi dell'emisfero dominante Emiplegia spastica ed emiparesi dell'emisfero non dominante Emiplegia non specificata ed emiparesi a sede emisferica non specificata Emiplegia non specificata ed emiparesi dell'emisfero dominante Emiplegia non specificata ed emiparesi dell'emisfero non dominante Quadriplegia, non specificata Quadriplegia,c5 - c7,incompleta 3441 Paraplegia 3449 Paralisi, non specificata 430 Emorragia subaracnoidea 431 Emorragia cerebrale 4321 Emorragia subdurale 4329 Emorragia intracranica non specificata Trombosi cerebrale con infarto cerebrale 436 Vasculopatie cerebrali acute, mal definite 4371 Altre vasculopatie ischemiche cerebrali generalizzate Emiplegia a sede emisferica non specificata Emiplegia dell'emisfero dominante Emiplegia dell'emisfero non dominante Altre sindromi paralitiche a sede emisferica non specificata Altre sindromi paralitiche dell'emisfero non dominante Altre sindromi paralitiche, bilaterali Come prevedibile, anche in relazione alla diversa epidemiologia dell evento neurologico cerebrovascolare acuto, i pazienti presentano una divisione di genere marcatamente sbilanciata verso il sesso femminile, ed un età media molto diversa. 4
5 Nel sesso femminile si evidenziano tempi di degenza più lunghi (media di 55 giorni versus 53) ed una maggiore tendenza a proseguire il ricovero verso un altra area riabilitativa (numero di ricoveri per paziente pari a 1.39 versus 1.32). Analizzando la prima area di ricovero successivamente alla degenza nell Ospedale per acuti, si rilevano alcune differenze di genere; in particolare si evidenzia un maggiore utilizzo della Specialistica per i maschi e delle aree geriatrica e di stabilizzazione nelle femmine. L età media più alta nelle donne comporta la maggiore presenza di patologie concomitanti che possono influenzare il potenziale riabilitativo ed in alcuni casi, controindicare un trattamento specialistico intensivo. Analogamente, le degenze nelle varie aree di ricovero e le durate medie, presentano alcune differenze. 5
6 In termini di causale di dimissione, il 39% dei ricoveri dei maschi esita in un rientro al domicilio, a fronte del 33% nelle femmine; viceversa, il passaggio in RSA nelle donne è quasi il doppio rispetto agli uomini (17% vs. 9%). 6
7 È verosimile che le differenze nella distribuzione per stato civile tra i generi, con la mancanza del coniuge (principale caregiver) nel 66% delle donne vedove, riducano la possibilità di indirizzare queste ultime verso un setting assistenziale domiciliare anticipando l istituzionalizzazione definitiva. In termini di continuità assistenziale e di possibilità di mantenere il luogo di cura domiciliare, per gli stessi pazienti è stata verificata l eventuale attivazione di assistenza domiciliare integrata entro 1 mese dalla dimissione dalla struttura riabilitativa. Coerentemente con quanto già descritto, si rileva una marcata differenza di genere in termini di fruizione dei servizi domiciliari socio-sanitari (22% nei maschi vs. 7% nelle femmine). Attivazione ADI 22,20% 7,10% In termini di intensità assistenziale, nel sesso maschile prevalgono i bisogni a bassa intensità, ma con un prolungamento dell assistenza anche superiore ad un anno; nel 7
8 sesso femminile c è, invece, una necessità di prestazioni più intensive ma per un periodo decisamente più breve. Questo dato sembra riconducibile non tanto all esito dell ictus, riportato in letteratura come più favorevole nei maschi (e che appare peraltro in linea anche con il profilo più intensivo di cure domiciliari nelle femmine), quanto piuttosto ad una minore compliance - in termini di persistenza - alla riabilitazione domiciliare. Intensità assistenziale 63% 50% 13% 25% 25% 25% Profilo Prestazionale continuativo Profilo Assistenziale 1 Profilo Assistenziale 3 Durata assistenza domiciliare 50% 38% 25% 25% 13% 13% 13% 13% 13% 1 MESE 2 MESI 3 MESI 4 MESI 5 MESI 6-12 MESI >12 MESI LA GESTIONE DELLA FASE ACUTA La complessità della malattia cerebrovascolare richiede un intervento articolato ed esaustivo sia sul piano diagnostico-clinico-strumentale che su quello terapeutico. Nel tempo si è passati da una prospettiva in cui l obiettivo era salvare la vita alle persone colpite da ictus, ad un approccio sempre più attento a preservare le funzioni cerebrali e quindi le capacità fisiche e cognitive, successivamente all intervento d urgenza in fase acuta. In questa ottica, gli interventi tempestivi in unità 8
9 specializzate e multidisciplinari (Stroke Unit) si sono rivelati e si dimostrano sempre più di vitale importanza. Per quanto riguarda la fase acuta, la fibrinolisi (trombolisi) sistemica rappresenta lo strumento farmacologico in grado di favorire la ricanalizzazione dell arteria occlusa nello stroke ischemico, e quindi la riperfusione del tessuto cerebrale altrimenti condannato alla necrosi definitiva. Il trattamento specifico approvato per l'ictus ischemico è la terapia riperfusiva con Alteplase (Actilyse ) per via endovenosa entro 4 ore e mezza dall esordio dei sintomi nei pazienti di età inferiore o uguale agli 80 anni (1). Questa consente la ricanalizzazione arteriosa, con risparmio di mortalità e disabilità, pur in presenza di un modesto eccesso di emorragie sintomatiche. Va sottolineato come tale trattamento sia possibile solo in pazienti ricoverati in Ospedali dotati di Stroke Unit (SU); inoltre, è decisiva la tempistica degli interventi alla comparsa dei primi sintomi per ottimizzare l esito di ricanalizzazione delle arterie occluse e, quindi, ridurre significativamente l impatto negativo (disabilità) dell ictus ischemico. Eparina non frazionata (UFH), eparina a basso peso molecolare (LMWH) ed eparinoidi non sono indicati in modo sistematico nella fase acuta, ad eccezione di casi selezionati. Per tutti i pazienti in fase acuta, qualora non candidabili a terapia trombolitica/anticoagulante, è indicata terapia antiaggregante. Non esiste terapia specifica per l ictus emorragico, a parte l utilizzo di vitamina K, plasma fresco congelato e/o concentrati di protrombina nei pazienti con emorragia cerebrale in corso di terapia anticoagulante. Come già anticipato, è importante che il paziente con ictus in fase acuta sia gestito nella Stroke Unit, in quanto questo è il setting assistenziale più adeguato per ridurre la mortalità e la disabilità dell ictus e quindi contenere non solo il danno in termini clinico-funzionali, ma anche i costi che gravano sulle famiglie e la collettività quando una persona è colpita da ictus. Sono numerosi infatti gli studi e le pubblicazioni scientifiche attestanti l efficacia delle SU, e l esperienza maturata in questi anni in numerosi paesi - compresa l Italia - conferma la validità di tali strutture e l utilità della concezione multidisciplinare che sta dietro ad esse. In particolare, il ricovero in SU permette rispetto alle cure tradizionali un risparmio assoluto - in termini di mortalità e disabilità - di circa il 9%, come documentato dallo studio PROSIT, il più importante effettuato su questo modello assistenziale in Italia (2). La SU è quindi una struttura di ricovero per il trattamento e cura dei pazienti con ictus in fase acuta (entro 48 ore) e subacuta; è gestita da personale medico ed infermieristico esclusivamente preposto alla cura di questi pazienti. 9
10 Gli elementi costitutivi della SU sono: - Numero di letti programmato in relazione alle reali risorse dell ospedale e all incidenza degli ictus nella popolazione che costituisce il bacino di utenza dell ospedale stesso. - Monitoraggio continuo di: ECG, frequenza cardiaca, pressione arteriosa, frequenza respiratoria, saturimetria dell ossigeno, temperatura corporea. - Percorso preferenziale con accesso facilitato ad indagini strumentali quali TAC, RMN, Doppler TSA, angio-tac, angio-rmn Ecocardiogramma transtoracico e transesofageo, angiografia cerebrale. - Utilizzo di protocolli diagnostici ed assistenziali integrati con l apporto di scale di valutazione e quantificazione della disabilità e del deficit neurologico. - Approccio coordinato e multidisciplinare al paziente. o È uno degli elementi caratterizzanti la SU e rappresenta il presupposto necessario per assicurare un alto livello di capacità diagnostica ed intraprendere terapie mirate ed efficaci. o A tal fine è necessaria la presenza e la cooperazione di diverse figure professionali: neurologo, cardiologo, fisiatra, fisioterapista, logopedista, infermiere, terapista occupazionale. - Assistente sociale, a cui fare riferimento sia per una valutazione dei bisogni sociosanitari e le relative scelte in fase di dimissione, sia per organizzare il trasferimento del paziente presso strutture di riabilitazione o lungodegenza quando ciò si rende necessario. Le due Aziende Ospedaliere pubbliche dislocate sul territorio della provincia di Cremona ( Istituti Ospitalieri di Cremona e Ospedale Maggiore di Crema) sono entrambe dotate di SU, rispettivamente nei presidi ospedalieri di Cremona e Crema. Come gran parte degli ospedali dotati di SU, anch esse hanno definito e messo in atto delle procedure interne il cui scopo principale è quello di uniformare la linea di condotta nei confronti del paziente con ictus cerebri, indipendentemente dall'operatore, in particolare per quanto riguarda: - ottimizzazione della tempistica gestionale dei pazienti potenzialmente candidabili a terapia riperfusiva; - definizione del percorso diagnostico volto alla definizione eziopatogenetica dell evento ischemico o esami ematochimici di routine e screening trombofilico nei pazienti <65 anni; imaging con TAC o RMN encefalo; studio dei vasi con EcoColorDoppler TSA, angiotc e/o angiormn, studio cardiologico con ECG e/o Holter ECG, ecocardio TT e/o TE; - monitoraggio e gestione parametri vitali o PA, FC, SatO2, TA, glicemia; 10
11 - gestione delle complicanze della fase di stato o es. febbre, infezioni, decubiti, crisi epilettiche, TVP/PE, - impostazione della corretta terapia di prevenzione secondaria; - redazione del piano riabilitativo individuale ed impostazione percorso riabilitazione motoria/logopedia/terapista occupazionale; - impostazione del percorso di dimissione e attivazione dell assistente sociale per dimissioni protette; - prescrizione dei controlli post-dimissione. Le procedure si basano sulla revisione critica della letteratura più recente sull argomento e sono il risultato di una condivisione tra tutti gli attori coinvolti: Centrale Operativa 118, Pronto Soccorso, UO di Neurologia e Neurochirurgia, UO di Radiologia, Laboratorio Analisi, UO di Fisiatria, Servizio Sociale, etc I PERCORSI RIABILITATIVI La riabilitazione è un processo educativo e di soluzione dei problemi finalizzato a ottimizzare il funzionamento dell individuo, sia mediante il contenimento del danno e della disfunzione emergenti in seguito all ictus, sia attraverso un intervento sull ambiente, tenendo conto delle limitazioni imposte dalle risorse disponibili e dalla condizione morbosa sottostante. Analogamente alla gestione della fase acuta, anche il percorso riabilitativo successivo alla dimissione e la continuità assistenziale sono cruciali per il recupero funzionale fisico e cognitivo, oltre che per il reinserimento sociale dei pazienti. Infatti per ogni ictus fatale ve ne sono da tre a quattro non fatali in grado di provocare gradi diversi di compromissione clinica e di limitazione funzionale; questi richiedono approcci assistenziali e processi riabilitativi differenziati per modalità e setting. I bisogni di cura di un soggetto colpito da ictus possono essere diversi in ragione non solo delle caratteristiche del danno cerebrale e delle condizioni cliniche precedenti e/o correlate all evento, ma anche del contesto sociale e familiare dei pazienti nella misura in cui questi possono modificare l outcome del processo riabilitativo. Un documento prodotto nel 2012 dal Ministero della Salute illustra bene gli aspetti clinico-assistenziali ed organizzativi dei percorsi riabilitativi nei pazienti colpiti da ictus, sinteticamente descritti nei paragrafi successivi (3). In linea generale, le finalità degli interventi possono essere distinte in relazione alla tempistica rispetto all ictus: a) fase di acuzie, prevenzione dei danni conseguenti all immobilità e alla compromissione funzionale = fase di prevenzione del danno secondario ; 11
12 b) fase immediatamente successiva all acuzie, dopo la stabilizzazione del quadro clinico = fase della riabilitazione intensiva ; c) fase di completamento del processo di recupero delle attività della vita quotidiana e di adattamento all ambiente = fase della riabilitazione estensiva ; d) fase del mantenimento e/o di prevenzione della progressione della disabilità che si protrae per tutta la sopravvivenza residua, finalizzata al mantenimento delle prestazioni acquisite. Da un terzo a un quarto dei pazienti sopravvissuti all ictus necessitano di riabilitazione intensiva intraospedaliera. Una volta stabilizzata la situazione clinica funzionale, non appena le condizioni generali e psicologiche lo permettano, si provvede alla dimissione verso il domicilio o altre forme di degenza e all impostazione delle modalità di prosecuzione del trattamento. In caso di grave limitazione con compromissione persistente e immodificabile dell autonomia è necessaria l accoglienza presso una struttura residenziale o riabilitativa sociosanitaria o nell ambiente familiare opportunamente adattato. Nelle condizioni di limitazione funzionale emendabile in seguito a trattamento riabilitativo senza esigenza di assiduo controllo medico, così come nel caso di esiti di scarsa o nulla rilevanza e in altre situazioni nelle quali l organizzazione assistenziale consente di erogare cure idonee e validi processi riabilitativi nell ambiente di residenza, è invece giustificato il ritorno a casa in fase precoce dopo l ictus. Nei pazienti con disabilità medio-lieve è raccomandata una dimissione riabilitativa precoce con la prosecuzione ambulatoriale e/o domiciliare del trattamento riabilitativo, tramite un team multidisciplinare territoriale, preferibilmente collegato al Reparto dal quale il paziente è stato dimesso. Il ritorno al domicilio e la prosecuzione del trattamento, pur se impegnativi dal punto di vista organizzativo, sono importanti per un precoce ritorno a una situazione di vita la più vicina possibile a quella precedente l ictus; il paziente presenta tuttavia presenta una serie di bisogni: - proseguimento della cura e dell assistenza; - monitoraggio programmato dell evoluzione della patologia; - monitoraggio delle eventuali complicanze; - reinserimento nella vita quotidiana della famiglia e della comunità. Nel dare una risposta a queste necessità intervengono: - i servizi di assistenza domiciliare, per assicurare continuità alla cura; - il Medico di Medicina Generale (MMG), per garantire il monitoraggio della patologia; 12
13 - il medico specialista, in accordo con il MMG, per rispondere ai bisogni di cura intercorrenti (gestione delle patologie secondarie osteoarticolari, neurologiche, spasticità, disturbi cognitivi, patologie psichiatriche e internistiche); - il paziente stesso e la sua famiglia, nel determinare il riadattamento e l inserimento sociale. Occorre pertanto mettere in atto procedure in grado di assicurare appropriatezza e continuità nel percorso di cura, considerando l assistenza all interno di un sistema di servizi territoriali integrati, al fine di - realizzare la convergenza tra i bisogni sanitari e socioassistenziali del paziente e i servizi disponibili; - assicurare il coordinamento e la pianificazione della dimissione e del follow-up. Il risultato atteso è il miglioramento complessivo degli esiti delle cure erogate al paziente e un utilizzo più efficiente delle risorse disponibili. In questo scenario sono cruciali, al momento della dimissione: - la corretta valutazione dei bisogni di cura per il proseguimento del percorso assistenziale; - un efficace comunicazione tra i soggetti e i servizi coinvolti. Il passaggio dall ospedale ai servizi territoriali è uno degli snodi critici di questo percorso, e deve essere ispirato dall orientamento alla persona, in modo che l organizzazione coordini i propri servizi con quelli forniti da altre strutture e soggetti presenti sul territorio al fine di assicurare la continuità dell assistenza. Al rientro del paziente al domicilio dal reparto per acuti o dalla struttura riabilitativa, è quindi necessario organizzare le dimissioni in modo protetto, cosi da colmare la distanza - anche attraverso l assistenza domiciliare integrata - tra ospedale e servizi territoriali. La dimissione protetta può avvalersi di protocolli condivisi tra i vari soggetti coinvolti, che definiscono in modo preciso criteri di ammissibilità, fasi, tempi e responsabilità nel percorso di continuità assistenziale, a partire dai criteri di individuazione dei pazienti eleggibili. In generale, l assistenza domiciliare in fase di dimissione dall ospedale è proponibile ai pazienti che hanno necessità di proseguire il percorso terapeutico-riabilitativo iniziato presso la struttura ospedaliera in modo da stabilizzare il recupero funzionale, mantenere i risultati raggiunti e/o prevenire complicanze e recidive entro un arco di tempo prestabilito. L avvio della dimissione deve avvenire in tempo utile per predisporre gli interventi propedeutici necessari, evitando dimissioni improvvise, specialmente nel fine settimana. La continuità dell assistenza va anche assicurata nel caso in cui, se non è possibile - per la complessità assistenziale legata alle condizioni cliniche o al contesto familiare 13
14 del paziente - il rientro al domicilio, sia necessario procedere a un trasferimento in una struttura riabilitativa o in RSA. Nella fase di dimissione dalla struttura ospedaliera assume particolare importanza anche il trasferimento delle informazioni ai servizi territoriali, primo fra tutti al MMG. Questi rappresenta un importante snodo della rete dei servizi per pazienti con esiti di ictus e svolge spesso il ruolo di case manager del paziente cronico, tra cui quello con esiti invalidanti di ictus. I pazienti con esiti di patologie acute cerebrovascolari sono tra i principali destinatari delle prestazioni riabilitative domiciliari; queste sono, infatti, previste per tutti i pazienti affetti da una patologia sub-acuta o cronica riacutizzata tale da determinare la perdita dell autonomia. In particolare, sono eleggibili a cure riabilitative domiciliari: - soggetti dimessi da reparti ospedalieri, non deambulanti, con patologia sub-acuta o cronica riacutizzata che necessitano del proseguimento di un trattamento riabilitativo per un breve periodo (di norma < 60 giorni), con piano terapeutico dello specialista ospedaliero e con l impossibilità di accedere al trattamento ambulatoriale; - soggetti in cura a domicilio, affetti da patologia sub-acuta o da patologia cronica riacutizzata determinante la perdita dell autonomia, ma suscettibile di miglioramento e stabilizzazione; in presenza dei seguenti criteri: - assenza di grave deterioramento intellettivo tale da compromettere le possibilità di recupero funzionale oppure presenza di decadimento cognitivo con previsione di recupero, con autonomia motoria e funzionale antecedente l evento acuto; - presenza di collaborazione dell interessato; - presenza di patologie compatibili con trattamenti riabilitativi, tra cui l ictus e le sindromi da allettamento, in alcuni casi secondarie; - assenza di patologie associate rilevanti (es. gravi cardiopatie scompensate o gravi insufficienze respiratorie scompensate) o, se presenti, ben compensate; - assenza di controindicazioni specifiche che possono peggiorare con il trattamento riabilitativo. Possono risultare efficaci anche l addestramento e l istruzione di familiari, volontari, conoscenti, all esecuzione della mobilizzazione e dei trasferimenti del paziente ed all utilizzo dei presidi. Il monitoraggio e il trattamento delle persone con esiti di ictus inizia già alla dimissione ospedaliera, con l indicazione, rafforzativa della comune prassi, da parte del medico di reparto di rivolgersi al MMG. 14
15 La successiva presa in carico del paziente da parte del MMG, accanto agli interventi terapeutici ritenuti più appropriati, deve mirare a responsabilizzare l assistito sull importanza di: seguire attentamente la terapia consigliata: o per prevenire un nuovo ictus (antiaggreganti e anticoagulanti), o per controllare i fattori di rischio per l ictus (farmaci antipertensivi, antidiabetici, ipolipemizzanti ecc.); eseguire scrupolosamente i controlli prescritti dal MMG stesso; controllare periodicamente la pressione arteriosa; adottare corretti stili di vita. Il counseling e la prevenzione delle recidive devono innanzitutto fare leva sull acquisizione da parte del paziente della consapevolezza che: la vita deve riprendere dopo l ictus; non serve vivere con il timore di un altro episodio; occorre evitare il fai da te ; è anche necessario non sottovalutare e minimizzare quanto accaduto; i miglioramenti ottenuti durante il ricovero in ospedale possono essere consolidati, seguendo alcune semplici indicazioni. Le indicazioni, riguardanti fondamentalmente la modifica delle proprie abitudini, devono essere fornite in modo schematico, utilizzando appositi strumenti contenenti consigli essenziali, quali: 1) cambiare alcune abitudini di vita, come smettere di fumare, fare attività fisica quotidiana; 2) se necessario, eseguire i cicli di fisioterapia riabilitativa; 3) seguire una dieta povera di grassi saturi; 4) in caso di diabete, seguire la dieta e la terapia e controllare la glicemia; 5) misurare la pressione arteriosa con regolarità; 6) assumere con regolarità i farmaci prescritti; 7) recarsi periodicamente dal medico di famiglia; 8) effettuare tutti gli esami che il medico di famiglia e lo specialista richiederanno; 9) segnalare al proprio medico eventuali cambiamenti o disturbi: aumento della pressione, disturbi della vista, perdita di equilibrio o della forza, cefalea, cambiamenti dell umore; 10) uscire di casa il più possibile riprendendo tutte le vecchie abitudini e amicizie. Accanto agli interventi strettamente sanitari sono di grande importanza sia interventi di riabilitazione psicologica e sociale per aiutare il paziente a riprendere una vita sociale, sia azioni di supporto ai familiari/caregiver. 15
16 I pazienti con ictus presentano infatti una marcata riduzione della socializzazione; anche quando il recupero fisico è ottimale, rimane la necessità di una riabilitazione sociale e psicologica, anche per la percezione dello stigma associato al mutamento dell immagine corporea e al senso di ridotto status sociale. Pertanto, accanto alle convenzionali misure di riabilitazione, deve essere posta attenzione alla soggettiva esperienza di disabilità del paziente. ICTUS IN UNA PROSPETTIVA DI GENERE La malattia cerebrovascolare differisce negli uomini e nelle donne sia negli aspetti epidemiologici che in quelli clinici. Nelle donne, i fattori di rischio per ictus in età fertile differiscono da quelli del periodo post-menopausa, anche in relazione a gravidanza, puerperio e climaterio (4). - La gravidanza ed il puerperio rappresentano un periodo di maggiore fragilità, dal momento che cambiamenti ormonali, alterazioni emodinamiche, ipercoagulabilità del sangue e fluttuazione della pressione arteriosa possono interagire e aumentare il rischio di ictus. Inoltre, fenomeni locali come la stasi vascolare e i traumatismi durante il parto, possono provocare fenomeni tromboembolici o dissecazioni delle arterie dei vasi pre- ed intra-cerebrali in donne a rischio. - Dopo la menopausa, ai fattori di rischio convenzionali si aggiunge l impiego della terapia ormonale sostitutiva. Mentre gli estrogeni a basso dosaggio utilizzati durante il climaterio e nel periodo immediatamente successivo non comporterebbero un aumento del rischio di carcinoma della mammella e dell utero, infarto del miocardio, ictus o altre malattie TEV, la terapia ormonale sostitutiva protratta con farmaci estro-progestinici ad alto dosaggio può invece incrementare, tra gli altri, il rischio per eventi vascolari cerebrali. Le donne hanno un rischio di ictus, nell arco della vita, maggiore che negli uomini. Per quanto riguarda le stime di frequenza, la relazione tra età ed incidenza o mortalità per ictus è complessa: sono entrambe più elevate nei maschi sino ai 75 anni, mentre negli ultrasettantacinquenni si registra non solo un incremento dei tassi in termini assoluti, ma anche un inversione con valori più alti nelle femmine. Questa differenza di genere è destinata a crescere nei prossimi decenni, e l incidenza di ictus nella donna è ormai divenuto un problema di sanità pubblica (5-8). Al momento dell ictus le donne hanno in media 4-5 anni di più degli uomini e questa differenza d età potrebbe incidere sulla diversa gestione dell ictus, sia in fase acuta che - anche indirettamente - nella fase post-acuta. Sebbene la consapevolezza di cosa è l ictus e di quali sono le manifestazioni all esordio sia maggiore nelle donne che negli uomini, nelle prime i sintomi tendono ad essere sottostimati; le donne si 16
17 recano in ospedale tardivamente, presentano più frequentemente sintomi non tradizionali e hanno meno accesso a cure tempestive e di maggiore efficacia quali la trombolisi (4,9-13). Nelle donne è maggiore il rischio per la depressione post-ictale e per la demenza vascolare; inoltre, gli esiti tendono ad essere più gravi e disabilitanti (10,14,15). Sono state riportate anche una più alta mortalità ed una minore frequenza di dimissioni al domicilio (quest ultimo dato confermato anche dai nostri dati relativi alla provincia di Cremona); in ultima analisi, in generale, la qualità di cura nelle donne con ictus ischemico acuto appare più bassa che nell uomo (16-18). Va peraltro considerato che, tra gli anziani, la presenza di un caregiver è più frequente per gli uomini che per le donne, queste ultime più spesso vedove senza coniuge a supporto (come documentato anche nella nostra analisi). Ciò spiega, almeno in parte, la maggiore frequenza nelle donne di assistenza residenziale nei percorsi post-ictali e - più in generale - il loro più basso livello di compliance al trattamento delle patologie croniche cardiovascolari. Le differenze di genere nella malattia cerebrovascolare nelle donne rafforzano quindi ulteriormente la necessità non solo di personalizzare le cure ma anche di predisporre percorsi clinici e diagnostici che tengano conto delle peculiarità dei pazienti, al fine di consentire alle persone affette da ictus una qualità di vita sempre più adeguata alle loro esigenze. OBIETTIVO Proprio alla luce delle evidenze descritte nelle sezioni introduttive in merito all esito meno favorevole dell ictus nelle donne, al loro più frequente ricorso al successivo ricovero in strutture residenziali piuttosto che all assistenza domiciliare ed alla loro minore compliance in ADI; in considerazione del diverso profilo demografico della casistica e dell evidente condizione a rischio di fragilità delle donne, più anziane e più spesso senza un caregiver di riferimento, l ASL della provincia di Cremona, in collaborazione con le Aziende Ospedaliere Ospedale Maggiore di Crema e Istituti Ospitalieri di Cremona, ha avviato un percorso assistenziale ispirato ad una prospettiva di genere, che ha come obiettivo il supporto al percorso riabilitativo dei pazienti ultrasettantacinquenni (prevalentemente donne) nella fase post-acuta successiva ad un episodio di ictus, con particolare riferimento al potenziamento dell assistenza domiciliare. 17
18 INTERVENTO Target: pazienti di età 75 anni ricoverati per evento cerebrovascolare acuto (ictus) nei reparti di neurologia o neurochirurgia delle aziende ospedaliere di Cremona e di Crema. Materiali e metodi: adozione della scheda di segnalazione di cui all Allegato A. Azioni: Sono previste azioni da tutti i soggetti coinvolti nel progetto. A) AZIONI DA PARTE DELLE AZIENDE OSPEDALIERE 1. Compilazione dell apposito modello di scheda di segnalazione contenente le informazioni utili per una prima analisi; 2. predisposizione del progetto di continuità assistenziale e definizione del setting riabilitativo più appropriato, con scelta della Struttura riabilitativa residenziale; 3. nel setting domiciliare è indispensabile la stesura del Piano Riabilitativo Individuale (PRI) in fase di dimissione; 4. acquisizione della segnalazione dei nuovi casi di pazienti colpiti da ictus che possano essere inclusi nel progetto da parte del personale Ospedaliero dedicato al percorso di dimissioni protette (Infermiera e Assistente Sociale Ospedaliera); 5. in caso di setting domiciliare, condivisione della segnalazione con il personale CeAD dell ASL; 6. Inoltro di tutte le segnalazioni al Servizio Cure Socio-Sanitarie per una presa in carico specifica (azione di tutoraggio) sul percorso riabilitativo. B) AZIONI DA PARTE DELL ASL 1. Identificazione all interno del Servizio Cure Socio-Sanitarie della figura del Mental Coach con il ruolo di facilitatore di un percorso riabilitativo organizzato attraverso un approccio relazionale con: a. il paziente b. la sua famiglia c. lo specialista prescrittore inviante d. il Medico di Medicina Generale. Tale metodo dovrebbe portare ad una condivisione del setting di cura scelto in termini di luogo (domiciliare o residenziale) e di tempistica (durata del percorso riabilitativo). 2. Affiancamento della persona e della famiglia con un rapporto proficuo ai fini di un monitoraggio degli obiettivi a breve e a lungo termine e, in caso di paziente ricoverato, dell evoluzione funzionale finalizzata ad un rientro al domicilio. 18
19 3. Al domicilio: l azione di tutoraggio dovrebbe prevedere verifiche periodiche (es. monitoraggio dell aderenza al progetto riabilitativo ed alle visite specialistiche prescritte), nell arco di un anno dall evento indice, con cadenza differenziata in relazione ai bisogni. 4. L azione di tutoraggio si sostanzia anche nella valutazione dei pazienti utilizzando la scala Inter Rai Home Care e nella valutazione dell ambiente di vita e delle risorse disponibili ed attivabili. 5. In fase di dimissione da una Struttura riabilitativa, stesura di un progetto a medio/lungo termine condiviso con la persona, la famiglia e la struttura riabilitativa, inclusivo di percorsi facilitati per la fornitura di presidi ed ausili. 6. Contatto con il MMG e con il CEAD distrettuale per la prosecuzione del percorso riabilitativo a livello domiciliare e raccordo periodico per il monitoraggio dello stesso. 19
20 BIBLIOGRAFIA 1. Hacke W, Kaste M, Bluhmki E, Brozman M, Dávalos A, Guidetti D, Larrue V, Lees KR et al. for the ECASS Investigators. Thrombolysis with Alteplase 3 to 4.5 Hours after Acute Ischemic Stroke. NEJM 2008, 359;13: Candelise L, Gattinoni M, Bersano A, Micieli G, Sterzi R, Morabito A, per il PROSIT Study Group. Stroke-unit care for acute stroke patients: an observational followup study. Lancet 2007, 369;9558: Criteri di appropriatezza strutturale, tecnologica e clinica nella prevenzione, diagnosi e cura della patologia cerebrovascolare. Quaderni del Ministero della Salute, n. 14, marzo-aprile Direzione Generale Comunicazione e Relazioni Istituzionali, Ministero della Salute, Roma. 4. Jamieson DG, Skliut M. Gender Considerations in Stroke Management. The Neurologist 2009;15: Go A, Mozaffarian D, Roger VL, Benjamin EJ et al, on behalf of the American Heart Association Statistics Committee and Stroke Statistics Subcommittee. Heart Disease and Stroke Statistics 2014 Update. Circulation. 2013;129:e28- e Reeves MJ, Bushnell CD, Howard G, Gargano JW, Duncan PW, Lynch G, Khatiwoda A, Lisabeth L. Sex differences in stroke: epidemiology, clinical presentation, medical care, and outcomes. Lancet Neurol Oct;7(10): Petrea RE, Beiser AS, Seshadri S, Kelly-Hayes M, Kase CS, Wolf PA. Gender differences in stroke incidence and poststroke disability in the Framingham heart study. Stroke. 2009;40: Lofmark U, Hammarstrom A. Evidence for age-dependent education-related differences in men and women with first-ever stroke: results from a communitybased incidence study in northern Sweden. Neuroepidemiology. 2007;28: Reeves M, Bhatt A, Jajou P, Brown M and Lisabeth L. Sex Differences in the Use of Intravenous rt-pa Thrombolysis Treatment for Acute Ischemic Stroke: A Meta- Analysis. Stroke 2009;40; Di Carlo A, Lamassa M, Baldereschi M, Pracucci G, Basile AM et al, per lo European BIOMED Study of Stroke Care Group. Sex Differences in the Clinical Presentation, Resource Use, and 3-Month Outcome of Acute Stroke in Europe. Data From a Multicenter Multinational Hospital-Based Registry. Stroke. 2003;34: Gargano JW, Wehner S, Reeves M. Sex Differences in Acute Stroke Care in a Statewide Stroke Registry. Stroke. 2008;39: Giralt D, Domingues-Montanari S, Mendioroz M, Ortega L, Maisterra O, Perea- Gainza M, Delgado P, Rosell A, Montaner J. The gender gap in stroke: a metaanalysis. Acta Neurol Scand: DOI: /j x 20
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