agriregionieuropa Convegno: I beni pubblici e la riforma della PAC Roma, 12 Luglio 2011

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1 associazionealessandrobartola studi e ricerche di economia e politica agraria agriregionieuropa Selezione di articoli Agriregionieuropa Indice Una Politica agricola comune per la produzione di beni pubblici Europei Gruppo di 22 economisti agrari europei Una politica agricola comune per la produzione di beni pubblici europei. La risposta del Copa-Cogeca Pekka Pesonen Il contributo della PAC alla produzione di beni pubblici: lo studio dell IEEP Francesco Vanni Per una politica dei sistemi agricoli e alimentari dell'ue Angelo Frascarelli, Franco Sotte Agricoltura, selvicoltura e cambiamenti climatici Davide Pettenella, Lorenzo Ciccarese Modelli scientifici e modelli di policy per l adattamento ai cambiamenti climatici Carlo Giupponi I cambiamenti in itinere dei programmi di sviluppo rurale per contrastare i cambiamenti climatici Luca Cesaro Politica agricola comune e paesaggio: quali opportunità dopo l Health check? Raffaele Cortignani, Aurora Natali Agricoltura ad alto valore naturale: i sistemi agricoli a tutela della biodiversità Antonella Trisorio, Andrea Povellato, Andrea Borlizzi L impatto della riforma della PAC sulla sostenibilità di un area irrigua Raffaele Cortignani, Simone Severini Realizzazione e distribuzione: Associazione Alessandro Bartola Studi e ricerche di economia e di politica agraria Selezione di articoli a cura di Valentina C. Materia, Roberto Esposti *Gli articoli e i contributi ai convegni Agriregionieuropa rappresentano il pensiero dei singoli autori e relatori. Essi non riflettono in alcun modo la posizione dell Unione europea. La Commissione non è responsabile dell uso delle informazioni qui contenute. Iniziativa realizzata con il contributo di Unione Europea DG Agricoltura e Sviluppo Rurale L evento rientra nell ambito di un azione specifica della PAC dal titolo Una nuova PAC per un futuro migliore - Incontri Agriregionieuropa per comprendere le nuove proposte di riforma sulla PAC e gli sviluppi futuri di fronte alle nuove esigenze di mercato e della collettività (Agreement Number AGRI ) Convegno: I beni pubblici e la riforma della PAC Roma, 12 Luglio 2011 Nell attuale dibattito sul futuro della Politica agricola comunitaria (PAC) il tema dei beni pubblici ha assunto una posizione centrale. E quanto emerge con evidenza non solo nella riflessione accademica ma anche nei documenti prodotti dalle istituzioni comunitarie e nelle uscite pubbliche dello stesso Commissario all agricoltura, Dacian Cioloş. Certamente minore, invece, è l attenzione al ruolo dei beni pubblici nelle posizioni espresse dal mondo agricolo e dallo stesso governo italiano. C è da chiedersi il perché di questa diversa enfasi e, soprattutto, c è da chiedersi se la centralità della produzione, promozione e difesa di beni pubblici nell attività agricola sia davvero una nuova frontiera su cui ripensare la PAC e i suoi strumenti o, piuttosto, un argomentazione di grande presa sull opinione pubblica dietro cui celare una sostanziale conservazione dell esistente. Su tali questioni si interroga questo Convegno Agriregionieuropa realizzato in collaborazione con Legacoop Agroalimentare. Il convegno è organizzato congiuntamente da Legacoop Agroalimentare, da Spera - Centro Studi Interuniversitario sulle politiche economiche rurali e ambientali, da Agriregionieuropa, la rivista elettronica di economia e politica agraria dell Associazione Alessandro Bartola, con il contributo dell Unione Europea DG Agricoltura e Sviluppo Rurale. A conclusione del convegno, tutti i materiali dell evento (presentazioni, video streaming e registrazioni audio e video, materiale fotografico e documenti) saranno consultabili nel sito nelle pagine della rubrica Eventi ARE. Una Politica agricola comune per la produzione di beni pubblici europei Presa di posizione di un gruppo di eminenti economisti agrari Giovanni Anania, Lubica Bartova, Stephan v. Cramon-Taubadelì, Francisco Xavier Miranda de Avillez, Tomáš Doucha, Emil Erjavec, Gerrit Faber, Søren Elkjaer Frandsen, José-Maria Garcia Alvarez-Coque, Dinu Gavrilescu, Markus. Hofreither, Irena Kriščiukaitiené, Alan Matthews, Andris Miglavs, Plamen Mishev, Kyösti Pietola, József Popp, Ewa Rabinowicz, Alan Swinbank, Johan Swinnen, Rando Värnik, Jerzy Wilkin, Valentin Zahrnt in Agriregionieuropa n.19 La Politica agricola comune (Pac) dell Unione europea (UE) ha bisogno di essere riformata. L imminente negoziato che porterà alla definizione del bilancio dell UE per il periodo dopo il 2013 offre un opportunità concreta per introdurre i cambiamenti necessari. Se vogliamo che l Europa faccia le scelte giuste è di vitale importanza che si sviluppi un ampio dibattito pubblico su questo tema. Con questa nota vogliamo portare il nostro contributo a questo dibattito. Fin dal 1992 i meccanismi di sostegno dei prezzi sono stati progressivamente trasformati in pagamenti diretti agli agricoltori disaccoppiati dalla produzione (il cosiddetto Pagamento Unico Aziendale). Ciò ha ridotto gli effetti negativi indiretti della Pac. La Pac attuale genera minori distorsioni nell agricoltura Europea ed in quella mondiale e minori danni per gli agricoltori poveri dei paesi in via di sviluppo. Essa determina anche minori incentivi alla realizzazione di attività produttive che danneggiano l ambiente. C è anche da dire che il Pagamento unico aziendale ha costi rilevanti e determina benefici fortemente ineguali tra i Paesi membri e tra gli agricoltori, senza peraltro conseguire nessun obiettivo chiaro in termini di distribuzione del reddito, sviluppo rurale o protezione dell ambiente. Il sostegno

2 agriregionieuropa accordato allo sviluppo rurale ed alla protezione dell ambiente è spesso giustificato in maniera poco convincente e posto in essere in maniera inefficace. Inoltre, gli elementi degli strumenti di sostegno dei prezzi della vecchia Pac che ancora sopravvivono continuano a costituire un problema per i partner commerciali dell UE (per esempio, i sussidi all esportazione per i prodotti lattiero-caseari, o alcune tariffe all importazione particolarmente elevate), indebolendo la posizione negoziale dell UE nel suo tentativo di smantellare le politiche eccessivamente protezionistiche su scala globale e di assicurare una conclusione positiva del Doha round. E venuto il momento di ridisegnare la Pac per rafforzare i suoi effetti positivi. Soltanto una Pac in grado di promuovere in maniera efficace gli interessi della società nel suo insieme sarà legittimata agli occhi dei cittadini ed in grado di sopravvivere nel lungo periodo. E necessario che l Unione europea sia coinvolta nel finanziamento e nella regolamentazione del settore soltanto nella misura in cui ciò sia associato al raggiungimento di questi obiettivi più generali e, in particolare, soltanto quando gli effetti delle politiche agricole si estendano al di là dei confini nazionali. Quando ciò non avviene le politiche dovrebbero essere coerenti con il principio della sussidiarietà. Le politiche sociali e redistributive dovrebbero essere lasciate alle autorità nazionali e sub-nazionali, che si trovano in una posizione certamente migliore per perseguire, con una responsabilità finanziaria diretta, i desiderata degli attori locali. Una concorrenza non distorta sul mercato interno può essere ottenuta con un azione di controllo da parte dell UE, e non necessita di cospicui finanziamenti da parte di questa. Gli obiettivi della Pac del futuro Si possono individuare quattro gruppi di obiettivi potenziali per la Pac: migliorare l efficienza economica e la competitività, garantire la sicurezza alimentare, modificare la distribuzione del reddito, e promuovere la produzione di beni pubblici. Soltanto l ultimo di questi obiettivi costituisce però una base sostenibile per la Pac del futuro. Efficienza economica e competitività In generale, mercati ben funzionanti, non l intervento pubblico, sono il modo migliore per avere un settore agricolo orientato al soddisfacimento della domanda, innovativo e competitivo. L UE è legittimata a giocare un ruolo per incoraggiare attività di ricerca e sviluppo, tanto nel settore privato che in quello pubblico, visto che i benefici che derivano dalle attività di ricerca e sviluppo spesso si distribuiscono oltre i confini nazionali ed i Paesi membri possono trarre benefici dal mettere assieme i loro sforzi di ricerca. E preferibile che questo sostegno sia parte integrante dell attuale politica per la ricerca dell UE, che ha tutte le competenze necessarie, piuttosto che una componente della Pac. Sicurezza alimentare L UE è ricca ed ha il potere d acquisto necessario ad approvvigionarsi sui mercati mondiali, anche quando i prezzi mondiali sono alti. Questo vuol dire che in questo momento la sicurezza alimentare nell UE non è messa in discussione. Certamente le famiglie povere sono colpite durante periodi di prezzi alti, ma il modo migliore per aiutarle è attraverso il ricorso alle politiche sociali di welfare. Inoltre, se ce ne fosse bisogno in futuro, l UE potrebbe decidere di intervenire per far crescere la sua produzione interna. In risposta a prezzi elevati gli agricoltori espanderebbero le superfici coltivate, ricorrerebbero a tecniche produttive più intensive, e modificherebbero l organizzazione della produzione allo scopo di aumentare le rese. Tenere pronta l UE a fronteggiare eventuali minacce future, e mantenere in vita una capacità produttiva che possa facilmente essere riattivata in presenza di una scarsità persistente di alimenti, costituiscono ancora obiettivi legittimi. A questo fine, però, pagamenti mirati - ad esempio per preservare la fertilità dei suoli e le risorse idriche, e per mantenere al di sopra di una soglia critica le attività produttive - sarebbero più efficaci che sussidi a pioggia con l obiettivo di mantenere ai livelli attuali la produzione o l occupazione. In un contesto internazionale caratterizzato dal problema del riscaldamento globale, da risorse idriche limitate e da una popolazione mondiale che continua a crescere, la sicurezza alimentare a livello mondiale è un problema. Non è però plausibile giustificare l attuale Pac con i problemi di sicurezza alimentare su base mondiale. I soldi destinati a ridurre la fame e la povertà nel mondo sarebbero meglio spesi investendoli in ricerca agricola ed infrastrutture nei paesi in via di sviluppo, che non distribuendoli tra gli agricoltori Europei. Distribuzione del reddito Nonostante che in alcuni Paesi membri i redditi delle famiglie agricole siano al di sotto di quelli medi negli altri settori e, in qualche caso, siano addirittura al di sotto della soglia nazionale della povertà, i sussidi all agricoltura non costituiscono uno strumento efficace di politica sociale. Se il sostegno pubblico è legato alla produzione agricola o alla proprietà della terra, agricoltori non poveri e proprietari terrieri raccoglieranno gran parte degli aiuti, mentre i poveri che non sono agricoltori saranno penalizzati. Gli aiuti pubblici dovrebbero, invece, essere mirati verso le famiglie con un reddito basso, indipendentemente dal settore in cui i loro membri lavorano.le differenze nei redditi tra i Paesi e tra le regioni Europee sono ancora marcate. La coesione è un principio importante in una UE di 27 membri diversi tra loro, ma l esperienza della Pac dal punto di vista della sua capacità di incidere positivamente su questo problema appare deludente. Il sostegno accordato all agricoltura non è mirato verso le regioni o i paesi più poveri, e la spesa agricola non è necessariamente ciò di cui coloro che la ricevono avrebbero più bisogno per sviluppare le loro economie. Beni pubblici rurali Spesso gli agricoltori producono dei beni pubblici, cioè dei beni o dei servizi che hanno un valore per la collettività ma che non sono sufficientemente remunerati sul mercato. Questi beni pubblici possono includere la protezione dell ambiente, la conservazione della biodiversità, della fertilità dei suoli e della qualità delle acque, la conservazione del paesaggio, la salubrità degli alimenti, la salute degli animali e delle piante, e lo sviluppo rurale. Alcuni di questi beni pubblici sono, per la loro stessa natura, più globali di altri, come nel caso della biodiversità, e giustificano un intervento da parte dell UE. Altri, come nel caso del conservazione del paesaggio, sono per loro natura locali ed è più appropriato che siano oggetto di attenzione da parte delle autorità nazionali o locali. Protezione dell ambiente Alcuni beni pubblici ambientali possono giustificare un sostegno da parte dell UE. Un esempio evidente è la battaglia contro il cambiamento climatico, che costituisce una sfida globale che giustifica una risposta sovra-nazionale. Il monitoraggio delle emissioni di gas serra per poter applicare schemi che prevedano quantità massime di emissione associate alla possibilità di acquistare e vendere diritti, o l imposizione di tasse direttamente legate alle emissioni di biossido di carbonio, sono di difficile implementazione in agricoltura. Per questa ragione sarà probabilmente necessario ricorrere ad incentivi all uso di pratiche produttive che abbiano effetti positivi sul cambiamento climatico, rendendo conveniente per gli agricoltori andare oltre gli standard minimi fissati dalla legge. Anche la protezione della biodiversità giustifica un intervento di sostegno da parte dell UE perché gli animali, gli ecosistemi e l inquinamento che mette a

3 agriregionieuropa Pagina 3 rischio la biodiversità travalicano i confini nazionali. Allo stesso modo, mantenere l acqua pulita ed evitare la penuria d acqua o le inondazioni sono problemi che devono essere considerati a livello dell UE perché i cittadini Europei condividono fiumi, laghi e mari. Conservazione del paesaggio La maggior parte dei benefici che derivano da un paesaggio diversificato, tradizionale e ben conservato vengono goduti all interno del Paese - attraverso un godimento diretto, in quanto esso costituisce un vantaggio per attirare risorse umane qualificate, o grazie al turismo. Questi costituiscono in via prioritaria beni pubblici nazionali, non Europei. Ma i cittadini Europei godono anche dei paesaggi di Paesi membri diversi dal proprio, e questo può giustificare qualche intervento di natura collettiva da parte dell UE. Standard per i prodotti alimentari Talvolta viene sostenuto che i sussidi sono erogati per mettere in condizione gli agricoltori dell UE di soddisfare la legislazione in vigore sulla sicurezza degli alimenti, che è più restrittiva che altrove, evitando che la produzione degli alimenti consumati in Europa venga demandata a fornitori di prodotti di qualità inferiore localizzati all estero. I prodotti alimentari importati devono però sottostare agli stessi standard qualitativi cui sono soggetti quelli prodotti nell UE e, quindi, da questo punto di vista devono sostenere costi analoghi. Ciononostante, vi sono certamente problemi di non facile soluzione associati ad aspetti dei metodi di produzione utilizzati relativi al loro impatto ambientale, al benessere degli animali ed a questioni di natura etica. L UE dovrebbe esercitare maggior impegno nelle negoziazioni internazionali, per esempio per assicurare che i prodotti possano recare in etichetta informazioni appropriate, o per ottenere l armonizzazione degli standard etici ed ambientali dei processi di produzione. Se gli elettori Europei decidono di imporre standard più restrittivi agli agricoltori Europei, allora c è bisogno che i consumatori Europei vengano informati in maniera adeguata sulle caratteristiche dei prodotti importati. Sviluppo rurale Un paese può voler incentivare una distribuzione della popolazione sul suo territorio più decentralizzata; si tratta però di una scelta nazionale piuttosto che di un bene pubblico Europeo. Ciononostante, il principio della coesione ha assegnato all UE un ruolo nell aiutare le regioni in ritardo di sviluppo a realizzare appieno le loro potenzialità. Questo obiettivo può essere perseguito in maniera più efficace attraverso la politica regionale dell UE, che non si limita all agricoltura e può adottare un approccio più integrato all economia rurale. Lo sviluppo rurale può essere parte di queste politiche nelle aree più remote e scarsamente popolate, ma i programmi per lo sviluppo rurale dell attuale Pac non sono mirati alle aree che ne hanno più bisogno e individuano gli agricoltori come beneficiari privilegiati, senza una visione globale dello sviluppo locale. Il profilo della Pac del futuro Siamo d accordo sul fatto che l Europa ha bisogno di una politica agricola, ma riteniamo che abbia bisogno di una politica agricola che si concentri sui temi dove un intervento a livello Europeo è in grado di generare maggior valore. La Pac non è l insieme di politiche giusto per aumentare l efficienza dell agricoltura, cambiare la distribuzione del reddito nell UE e al di fuori di questa, promuovere la sicurezza alimentare a livello globale, o incoraggiare lo sviluppo rurale. Il ruolo che la Pac dovrebbe avere in futuro è quello di fornire agli agricoltori incentivi adeguati a produrre beni pubblici Europei richiesti dai suoi cittadini, soprattutto nell area dei beni ambientali. Questi includono la lotta contro il cambiamento climatico, la protezione della biodiversità, e la gestione delle risorse idriche (evitandone l inquinamento, i fenomeni di scarsità e le inondazioni). Una Pac del futuro in linea con questi obiettivi risulterebbe fondamentalmente diversa dalla Pac attuale. Il primo pilastro dovrebbe essere progressivamente cancellato. Introdotto originariamente per compensare gli agricoltori della riduzione del sostegno dei prezzi, lo strumento principale del primo pilastro - il Pagamento Unico Aziendale - non contribuisce a promuovere interessi collettivi. Deve essere progressivamente eliminato e devono essere definiti nuovi strumenti che prevedano aiuti basati, non su comportamenti passati, ma su comportamenti futuri. E necessaria una riconsiderazione attenta delle politiche che oggi ricadono sotto il secondo pilastro. Dovrebbero essere mantenute soltanto quelle politiche che promuovono beni pubblici genuinamente Europei, che sono mirate in maniera efficace agli obiettivi che con esse ci si propone di perseguire e che non determinano pagamenti in eccesso rispetto a quelli necessari per conseguire quegli obiettivi. Come già sostenuto più sopra, in futuro alcuni beni pubblici prodotti dal settore agricolo dovranno essere finanziati dai bilanci nazionali piuttosto che dall Unione europea. C è però un pericolo concreto che le autorità nazionali e sub-nazionali possano realizzare politiche che introducono distorsioni nel mercato interno. Per questa ragione è necessario che un ulteriore crescita della flessibilità accordata all intervento dei Paesi membri sia controbilanciata da una supervisione più severa da parte dell UE dell implementazione da parte dei Paesi membri tanto dei programmi che vedono il coinvolgimento finanziario dell UE, che delle politiche nazionali. Ciò necessita di regole a livello di UE chiare e forti, di estese attività di monitoraggio e valutazione, e di regole applicative efficaci e coerenti. I cambiamenti delle politiche proposti faciliterebbero già di per sé una competizione meno distorta sul mercato interno. Le distorsioni attuali sono consistenti a causa delle differenze nel livello dei sussidi relativi al primo ed al secondo pilastro tra i Paesi e tra gli agricoltori, e perché alcuni Paesi continuano ad investire nella modernizzazione delle aziende agricole mentre altri preferiscono utilizzare le risorse finanziarie per promuovere la protezione dell ambiente e la qualità della vita nelle aree rurali. Una scelta coerente che coinvolga l intera UE a favore di sussidi agricoli che promuovano la produzione di beni pubblici potrebbe, quindi, contribuire ad eliminare le attuali distorsioni nella competizione tra le imprese ed i territori. Una concentrazione eccessiva di potere di mercato nelle mani del settore distributivo o in quelle dell industria alimentare può determinare svantaggi tanto per i consumatori che per gli agricoltori. E necessario che l UE prenda in esame qualsiasi evidenza di abuso di posizione dominante di mercato nelle filiere alimentari per assicurare che tutti gli attori coinvolti ricevano una remunerazione equa per il loro contributo. Come risultato delle riforme delle politiche agricole, in Europa ed altrove, e di fenomeni atmosferici resi più incerti dal cambiamento climatico, dobbiamo attenderci nei prossimi decenni una maggiore instabilità dei prezzi sui mercati mondiali. Quando si ha una caduta dei prezzi, i governi sono oggetto di forti pressioni affinché intervengano per proteggere gli agricoltori; questo può mettere a rischio il futuro della Pac riformata. L UE deve resistere a queste pressioni, specialmente quando la protezione degli agricoltori Europei si avrebbe a scapito degli agricoltori nei Paesi in via di sviluppo. Ma l UE deve anche riconoscere i problemi reali che prezzi bassi determinano. Questo vuol dire che l ulteriore riforma della Pac deve essere accompagnata da nuove politiche che mettano in condizione gli agricoltori di fare ricorso a strumenti di gestione del rischio e, probabilmente, prevedere anche reti di sicurezza contro la contrazione dei redditi degli agricoltori, per fronteggiare cadute dei prezzi mondiali di natura eccezionale. Una riforma della Pac in linea con queste raccomandazioni produrrà un offerta di alimenti più affidabile, minori emissioni di

4 Pagina 4 agriregionieuropa gas serra, una maggiore biodiversità, ed una gestione dei suoli e delle risorse idriche più responsabile ed a minori costi. Aiuterà anche ad assicurare una competitività tra gli agricoltori sul mercato interno meno distorta e faciliterà politiche commerciali responsabili che rafforzeranno l autorevolezza dell UE nella comunità globale. Inoltre, potrebbe consentire un riorientamento dell allocazione della spesa in tutte le linee del bilancio verso beni pubblici Europei. La riforma della Pac è quindi un passaggio importante nella costruzione di un Unione Europea più efficace, in grado di assicurarsi e conservare il sostegno dei suoi cittadini. Una politica agricola comune per la produzione di beni pubblici europei. La risposta del Copa- Cogeca Pekka Pesonen, in Agriregionieuropa n.19 Introduzione 1 Bruxelles, 18 novembre 2009 Di recente, un gruppo di influenti economisti agrari ha elaborato il documento Una politica agricola comune per la produzione di beni pubblici europei. Si tratta di una dichiarazione interessante che offre un contributo al dibattito sul futuro della Pac. Il gruppo di economisti presenta nella sua presa di posizione tre raccomandazioni principali: in primo luogo, la fornitura di beni pubblici dovrebbe essere al centro della Pac del futuro; in secondo luogo, tutti i meccanismi d intervento del mercato ancora in essere andrebbero aboliti e, infine, tutti i pagamenti a titolo della Pac dovrebbero essere cofinanziati dagli Stati membri. Da parte del Copa-Cogeca si avverte la necessità di chiarire un certo modo di pensare errato ma comune, come pure certe argomentazioni fuorvianti avanzate in merito alla riforma della Pac. Cerco dunque di spiegare il motivo per cui al centro della Pac del futuro si dovrebbe ritrovare piuttosto la sicurezza alimentare e, inoltre, chiarire perché avremo ancora bisogno degli strumenti di gestione del mercato e la ragione per la quale il pagamento unico aziendale dovrebbe continuare a essere integralmente finanziato dall Unione europea. La sicurezza alimentare dovrebbe essere al centro della Pac del futuro L UE ha un ruolo da svolgere per soddisfare il fabbisogno alimentare mondiale Secondo le previsioni della Fao, nutrire una popolazione mondiale crescente con un reddito pro-capite che si registrerà in aumento, richiederebbe un incremento della produzione alimentare complessiva di circa il 70% entro il Il mese scorso, i capi di Stato e di governo si sono riuniti a Roma per discutere proprio la questione della sicurezza alimentare. Quindi, il problema dell insicurezza alimentare oggi è in cima alla lista delle priorità fissate a livello internazionale, come pure di quelle europee. La presa di posizione nega che l Unione europea abbia un ruolo da svolgere in rapporto alla sicurezza alimentare mondiale. Questa opinione ignora il fatto che, secondo le previsioni, l impatto negativo del cambiamento climatico in agricoltura sarà molto più dannoso per i paesi in via di sviluppo e che l Africa sub-sahariana sarà la più colpita. Per questo motivo un approccio globale nei confronti della sicurezza alimentare deve riconosce il ruolo strategico esplicato dalla produzione agricola nelle zone temperate, come l Unione europea. Come già accade per l energia, i prodotti alimentari diverranno uno strumento strategico per il controllo del pianeta. L UE deve sviluppare la propria sicurezza alimentare Nella presa di posizione, si legge che in questo momento, la sicurezza alimentare nell UE non è messa in discussione e che l UE può approvvigionarsi sui mercati mondiali. Questa visione è troppo semplicistica: l UE è già un importatore netto di prodotti agricoli e non è autosufficiente per alcuni prodotti essenziali come il frumento duro, le proteine vegetali, lo zucchero, le carni bovine, il pollame e le carni ovi-caprine. Se una parte eccessiva dell offerta alimentare mondiale si concentra solo in poche regioni del mondo, essa sarà pericolosamente vulnerabile alle turbative causate dalle malattie o dalle condizioni climatiche avverse. Le restrizioni all esportazione introdotte da trentuno paesi al mondo per reagire alla crisi alimentare del 2007 rappresentano solo uno degli esempi recenti del rischio che l UE correrebbe se dovesse dipendere dalle importazioni, sui cui metodi di produzione può esercitare, nella migliore delle ipotesi, un controllo limitato o altrimenti del tutto inesistente. A questo proposito, in Europa è stato il ricco Regno Unito a sollevare preoccupazioni circa l aumento dei prezzi alimentari, che in quel momento si aggirava sul 5%. Quindi, non va sopravvalutata la disponibilità delle nazioni ricche a pagare un giusto prezzo per i loro alimenti. L UE non può permettersi che i suoi agricoltori abbandonino i loro terreni e che la produzione sia trasferita nelle zone più competitive e industrializzate del mondo e, pertanto, essa ha la responsabilità di utilizzare il proprio potenziale agricolo per sviluppare il suo approvvigionamento alimentare. Gli strumenti di gestione del mercato fanno parte della strategia per la sicurezza alimentare Negli ultimi cinquant anni, la Pac ha assicurato un approvvigionamento alimentare stabile ai consumatori. Oggi, purtroppo, ciò non può più essere dato per scontato. Lo smantellamento della Pac ha fatto dell agricoltura europea un settore maggiormente orientato verso il mercato, che è sostenuto dagli agricoltori. Tuttavia, le forze di mercato non possono garantire da sole la sicurezza e la stabilità della produzione alimentare. Una maggiore volatilità dei prezzi si tradurrà in più forti oscillazioni dell approvvigionamento. Inoltre, i fenomeni legati al clima e le malattie vegetali e animali minacceranno con forza crescente la sicurezza alimentare. Di conseguenza, questo non è il momento più opportuno per indebolire ulteriormente gli strumenti di gestione del mercato, poiché gli agricoltori hanno bisogno di un quadro stabile per pianificare in anticipo i loro investimenti e assicurare un approvvigionamento alimentare costante. Le conseguenze della diminuzione dei prezzi e della crisi di mercato potrebbero rivelarsi disastrose in quanto, in assenza di una protezione, gli agricoltori potrebbero abbandonare la produzione con il rischio di compromettere la capacità di produzione alimentare dell UE, talvolta in maniera irreversibile. Di questa situazione, chi ne soffrirà di più saranno i consumatori e soprattutto le famiglie più povere. Per tutti questi motivi, la sicurezza alimentare dovrebbe essere al centro della Pac del futuro. La produzione agricola dell UE: rispetto dei criteri di sicurezza e di sostenibilità La Pac garantisce sia la sicurezza alimentare, sia che gli alimenti soddisfino le aspettative della società in termini di sicurezza, qualità e sostenibilità. Innanzitutto, la Pac stabilisce le misure di sicurezza alimentare

5 agriregionieuropa Pagina 5 in assoluto più severe e rigorose intese a rassicurare i consumatori che possono nutrire la massima fiducia negli alimenti che acquistano e garantisce anche un offerta diversificata di prodotti di qualità elevata. Inoltre, in risposta alle preoccupazioni dei cittadini, l UE ha optato per un modello di agricoltura capace di garantire che tutta la produzione soddisfi criteri di sostenibilità come il rispetto dell ambiente, il benessere degli animali, la biodiversità e il mantenimento di aziende di tipo familiare al centro dell agricoltura europea come pure di zone rurali attrattive e vitali. Infine, per rispondere alle preoccupazioni della società, i responsabili politici dell UE hanno deciso che i produttori europei non dovrebbero fare un uso illimitato delle tecniche intese a migliorare la produttività (biotecnologie, ormoni, clonazione, stimolatori della crescita, ecc.) di cui si avvalgono i loro concorrenti, ricavandone un forte vantaggio competitivo. Da tutto questo si evince che l UE, per sua scelta, ha optato per una politica di lungo periodo che prevede un tipo di agricoltura più costosa rispetto a quella praticata dalla maggior parte dei suoi concorrenti. Gli agricoltori rispettano le scelte effettuate dalla società europea, ma è necessario che la Pac tenga conto del loro impatto. Se così non fosse, l agricoltura europea sarebbe delocalizzata e i consumatori finirebbero con il comprare prodotti che non soddisfano le loro aspettative in termini di metodi di produzione. Il primo pilastro consente agli agricoltori di garantire che tutta la produzione comunitaria soddisfi criteri sostenibili rigorosi e sia allo stesso tempo competitiva sui mercati mondiali. Grazie alla Pac, l Europa è riuscita a mantenere il proprio stile di agricoltura pur con una diversità sia di produzione sia di sistemi di agricoltura. Le aziende agricole dell UE danno lavoro a 30 milioni di addetti e l agricoltura è la principale attività svolta nelle campagne. Qualsiasi taglio al bilancio sarebbe fonte di enormi squilibri sociali ed economici, oltre che di disoccupazione; le regioni rurali sarebbero totalmente spopolate e tornerebbero a essere zone selvatiche. Basti analizzare la recente crisi del mercato del latte. Permettere agli agricoltori di fornire servizi pubblici aggiuntivi Attraverso le misure di sviluppo rurale, la Pac incoraggia inoltre gli agricoltori a mettere a frutto le loro capacità di gestione del territorio per fornire servizi pubblici supplementari a vantaggio delle zone rurali, come le attività agrituristiche, la tutela della biodiversità e la preservazione del patrimonio rurale. Ad esempio, se le uniche parole d ordine fossero economia ed efficienza, le siepi, i boschi cedui e gli stagni sarebbero già scomparsi dalle nostre campagne ma, grazie al sostegno finanziario della Pac, gli agricoltori ne sono i custodi. Le misure introdotte per incoraggiare gli agricoltori a fornire servizi pubblici supplementari andrebbero mantenute e rafforzate nella Pac del futuro. Raccogliere le nuove sfide Come già indicato, la popolazione e la ricchezza crescenti si tradurranno in un aumento della domanda mondiale di prodotti alimentari. Per garantire in futuro una produzione alimentare a prezzi ragionevoli, la Pac dovrà aiutare gli agricoltori a diventare più competitivi sui mercati mondiali, promuovendo l innovazione e la modernizzazione. Tenuto conto di ciò, abbiamo iniziato a preoccuparci per i recenti sviluppi verificatisi nell UE, dove la produttività agricola dava segni di stagnazione. Una situazione del genere è pericolosa poiché è difficile che il settore economico primario possa prosperare se la produttività è in declino. Occorre anche una distribuzione più equa dei margini tra gli operatori che intervengono nelle diverse fasi della catena alimentare, condizione che, di fatto, non si è verificata ultimamente. Per far fronte alla crescita demografica, gli agricoltori dovranno massimizzare la loro resa produttiva, minimizzando però il ricorso ai fattori di produzione per offrire alimenti accessibili e di qualità elevata, secondo i metodi di sostenibilità ambientale. Gli agricoltori sono anche in prima linea quando si parla di adattamento al cambiamento climatico. Il settore agricolo è riuscito a ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 20% tra il 1990 e il 2006, mentre in altri settori si è registrata una riduzione di appena il 6%. Va aggiunto inoltre che gli agricoltori svolgono un ruolo vitale per mitigare gli effetti negativi del cambiamento climatico attraverso la cattura del carbonio, la produzione di energie rinnovabili, ecc. Su questo fronte la scienza potrebbe fornire, ancora una volta, delle risposte che ci aiutino a capire come sviluppare la produzione e il Copa-Cogeca è pronto a collaborare in tal senso. Con il passare del tempo, il declino dei prezzi dei prodotti agricoli ha incentivato sempre meno la ricerca in campo agricolo e alimentare, ma gli sviluppi recenti sui mercati delle commodity hanno messo in risalto l esigenza di maggiori investimenti, sia pubblici che privati e l importanza che i risultati della ricerca siano efficacemente messi in pratica in ambito agricolo. Se l UE intende garantire la propria sicurezza alimentare e contribuire a rispondere alle nuove sfide rappresentate dall aumento della domanda alimentare e dal cambiamento climatico, la prerogativa sarà quella di assistere gli agricoltori e le loro cooperative a fare dell agricoltura un settore dinamico e competitivo. Osservazioni conclusive Negli ultimi cinquant anni l abbondanza dell offerta alimentare in Europa ci ha cullato in un falso senso di sicurezza. Sembra che siano stati dimenticati velocemente gli eventi che hanno influenzato il mercato delle commodity e il mercato alimentare negli ultimi due anni. Tutte le situazioni di fronte alle quali ci troviamo oggi, come l atteso aumento della domanda alimentare, l impatto del cambiamento climatico e la volatilità dei prezzi, indicano che non può più essere data per scontata la sicurezza alimentare. I governi hanno quindi la responsabilità di elaborare una strategia che serva a scongiurare il peggio. E la Pac è proprio quella strategia. Oggi più che mai occorre che la Pac del futuro metta gli agricoltori nelle condizioni di svolgere il loro ruolo economico primario di garanti dell approvvigionamento alimentare di 500 milioni di consumatori e consenta loro di farlo nel rispetto di criteri di sicurezza e di sostenibilità molto severi. D altro canto, oltre 15 milioni di agricoltori e di silvicoltori si occupano del mantenimento di tre quarti del territorio e se gli agricoltori abbandonassero la terra, ne conseguirebbero il degrado del paesaggio e la scomparsa di aree a elevata biodiversità. Pertanto, se gli ambientalisti vogliono ottenere ciò che reclamano, devono prevedere degli incentivi e collaborare con gli agricoltori, rispettando il fatto che gli agricoltori devono anzitutto produrre derrate alimentari. Altrimenti chi lo farebbe? Dunque, nonostante quanto affermato nel documento citato inizialmente e che ci si è proposti di confutare, il primo pilastro serve in realtà a promuovere gli interessi della società e a realizzare gli obiettivi di protezione dell ambiente. Ed è per questo motivo che in futuro avremo bisogno di un primo pilastro forte. Infine, la Pac rimarrà una politica comune con regole comuni intese a garantire una concorrenza non distorta, pur continuando sempre a tenere conto della diversità dell agricoltura europea. Analogamente, anche il bilancio continuerà a essere comune, perlomeno per finanziare le misure di mercato e i pagamenti diretti e per assicurare che all interno del mercato unico europeo non si verifichino tra i produttori pericolose distorsioni della concorrenza.

6 Pagina 6 agriregionieuropa Il contributo della PAC alla produzione di beni pubblici: lo studio dell IEEP Francesco Vanni, in Agriregionieuropa n.21 Introduzione Istituto Nazionale Economia Agraria L IEEP 1 ha recentemente pubblicato Provision of public goods through agriculture in the European Union (Cooper et al., 2009), uno studio finanziato dalla Direzione generale agricoltura e sviluppo rurale della Commissione europea con l obiettivo di analizzare il ruolo delle politiche europee, ed in particolare della politica agricola comunitaria, nel promuovere la produzione di beni pubblici da parte dell agricoltura. È evidente la rilevanza di questa ricerca, soprattutto da un punto di visto strategico, in una fase in cui il dibattito sulla PAC post-2013 e sulla revisione di bilancio è fortemente incentrato sulla necessità di vincolare maggiormente il sostegno comunitario ai beni pubblici che il settore primario e i territori rurali sono in grado di fornire. Nell ambito di questo dibattito, lo studio dell IEEP rappresenta certamente uno dei contributi più completi, in quanto ha cercato di coniugare il quadro teorico sulle relazioni tra beni pubblici e attività agricole con una valutazione dell impatto delle politiche a livello locale. L analisi teorica, basata sulla letteratura scientifica e su diversi studi di valutazione, è stata supportata da un analisi delle banche dati europee e nazionali riguardanti gli impatti ambientali e socio-economici dell agricoltura, mentre la ricerca di campo ha previsto lo svolgimento di otto casi studio regionali nei seguenti stati membri: Repubblica Ceca, Francia, Germania, Italia, Romania, Spagna, Svezia e Regno Unito 2. Oltre ai principali risultati della ricerca, in questo articolo saranno brevemente descritti il tipo di approccio utilizzato e gli elementi più innovativi dello studio rispetto all attuale dibattito istituzionale e accademico sul futuro della PAC. I beni pubblici ambientali e la necessità dell intervento pubblico Nello studio dell IEEP vengono descritte nel dettaglio le forti connessioni tra l attività agricola e tutti quei beni e servizi, volti alla salvaguardia dell ambiente e all aumento del benessere sociale, per i quali il mercato non riesce ad assicurare una corretta remunerazione. Questi beni presentano diversi gradi di non-escludibilità e di non-rivalità, e di conseguenza un diverso grado di publicness (Tabella 1), che in qualche modo determina la necessità e le diverse modalità con cui deve essere articolato l intervento pubblico. Tabella 1 - Classificazione dei beni secondo il loro grado di publicness Tipo di bene Rivalità Basso Medio Alto Bene privato Rivale Bene di club Non rivale per una piccola comunità Escludibilità Escludibile Escludibile Esempi Grano, legname Parco privato, campo da golf Bene pubblico impuro Non rivale Escludibile solo a costi elevati e soggetto a congestione Accesso pubblico a terreni agricoli, paesaggio Bene pubblico puro Non rivale Non escludibile Stabilità climatica, biodiversità, paesaggio (valore non d uso), aria pulita Dal punto di vista analitico, la ricerca ha esplorato in modo particolare le relazioni tra l agricoltura e i beni pubblici ambientali, come la salvaguardia del paesaggio, la conservazione della biodiversità, la lotta al cambiamento climatico, la qualità e la disponibilità di risorse idriche e la funzionalità dei suoli. La necessità di un intervento pubblico volto ad assicurare un adeguata fornitura di questi beni è stata valutata sia sulla base di indicatori che ne descrivono l attuale stato di conservazione, sia rispetto alle aspettative della società. L analisi di 36 indicatori ambientali a livello europeo 3 ha fatto emergere un quadro piuttosto critico per la maggioranza dei beni pubblici considerati: i dati evidenziano il declino della biodiversità, l inadeguato stato di conservazione della maggior parte dei siti Natura 2000, l incremento dell erosione e della perdita di sostanza organica dei suoli, l eccessivo sfruttamento delle risorse idriche e infine la semplificazione - ed in alcuni casi la scomparsa - dei paesaggi agrari tradizionali (EEA, 2007 e OECD, 2008). Esistono comunque importanti eccezioni positive, come il miglioramento della qualità dell aria e del suolo e una complessiva riduzione delle emissioni di gas serra da parte del settore zootecnico, dovuta prevalentemente alla riduzione del numero di animali allevati. I cambiamenti socio-economici che il settore primario europeo ha affrontato negli ultimi decenni hanno determinato profondi cambiamenti nelle relazioni tra agricoltura e ambiente, con una crescente richiesta di alimenti e di bioenergie che, unitamente alle pressioni per l utilizzo alternativo dei terreni (a scopi urbani e industriali), ha spinto le aziende agricole a una continua ricerca dell efficienza economica, al raggiungimento di economie di scala, a incrementare lo sviluppo tecnologico e a intensificare le produzioni. L incremento di queste pressioni esterne va di pari passo con l aumento del costo-opportunità delle azioni in favore dell ambiente, un costo che risulta più alto proprio nelle aree più produttive e laddove le attività agricole sono più redditizie. Diventa così particolarmente strategico un sostegno pubblico volto a favorire il mantenimento, e se possibile l espansione, delle pratiche agronomiche e delle tecniche di allevamento che hanno un impatto positivo, o meno negativo, sui beni pubblici ambientali. La necessità e il tipo di intervento dipendono inoltre dal tipo di bene pubblico in oggetto, che per sua natura può avere caratteristiche globali, come la stabilità del clima e la biodiversità, oppure locali, come il controllo delle inondazioni e degli incendi. Mentre nel primo caso un azione esclusivamente locale può essere del tutto ininfluente e spesso è necessario un ventaglio di interventi a diversi livelli, per la fornitura di beni che presentano caratteristiche strettamente locali, come ad esempio una fascia tampone lungo un corso d acqua od uno spazio ricreativo in un area naturale, i meccanismi di fornitura e gestione del bene spesso assumono una dimensione locale. Questa differenziazione appare particolarmente importante in una fase in cui il concetto di sussidarietà è al centro del dibattito sul futuro delle politiche agricole, nelle quali probabilmente si vedrà un maggiore coinvolgimento delle istituzioni nazionali e locali nella definizione e nel finanziamento degli strumenti, in modo da rendere la componente dei pagamenti rivolti alla remunerazione dei beni pubblici più selettiva e più adattabile alle esigenze locali. Nonostante l IEEP evidenzi più volte la necessità di articolare l intervento pubblico in relazione alle diverse caratteristiche dei territori rurali, è opportuno sottolineare come dallo studio emerga un approccio piuttosto orientato a dimostrare la necessità di un intervento a livello europeo, considerato il più appropriato per attenuare l impatto ambientale della attività agricole e per favorire la salvaguardia e la valorizzazione dei beni pubblici, sia globali che locali. Fonte: Cooper et al. (2009), p. 4

7 agriregionieuropa Pagina 7 Tabella 2 - Le politiche europee e la fornitura di beni pubblici ambientali Politiche e misure dirette esclusivamente alla fornitura di beni pubblici PAC - Sviluppo Rurale: Asse 2 PAC - Condizionalità: BCAA PAC - Art. 68 PAC - Condizionalità LIFE + Fondi strutturali Fonte: Cooper et al. (2009), p. 88 Pagamenti agroambientali (misura 214); sostegno ad investimenti non produttivi (misura 216) Norme nell ambito delle Buone condizioni agronomiche e ambientali più restrittive della legislazione esistente: mantenimento degli elementi caratteristici del paesaggio, creazione e/o conservazione di habitat, protezione e gestione delle risorse idriche, mantenimento della struttura del suolo. Sostegno specifico per: i) specifici tipi di agricoltura che sono importanti per la tutela o il miglioramento dell'ambiente - Art. 68(1)(a)(i) ii) specifiche attività agricole che comportano benefici agroambientali aggiuntivi - Art. 68(1)(a)(v) Mantenimento delle terre a pascolo permanente, come stabilito dall Art. 6(2) del Reg. 73/2009 Progetti incentrati sull agricoltura Settore d intervento Tutela ambientale nel contesto della conservazione del territorio, delle foreste e del paesaggio, nonché miglioramento del benessere degli animali (codice 1312) Misure parzialmente dirette alla fornitura di beni pubblici PAC - Sviluppo Rurale Misure su: formazione professionale e consulenza aziendale (111, 114, 115); ammodernamento aziende agricole (121); miglioramento infrastrutture (125); indennità zone svantaggiate (211, 212); Natura 2000 (213); tutela e riqualificazione del patrimonio rurale (323); formazione e informazione (331) Misure non dirette alla fornitura di beni pubblici, ma con potenziali effetti positivi PAC - Sviluppo Rurale PAC - Pagamenti diretti e BCAA PAC - Art. 68 Misure su: incremento valore aggiunto dei prodotti agricoli (123); diversificazione (311); incentivazione di attività turistiche (313). Stabilizzazione redditi agricoli. Norme nell ambito delle BCAA più restrittive della legislazione esistente sulla propagazione di vegetazione indesiderata sui terreni agricoli, densità di bestiame minime e/o regimi adeguati Sostegno per far fronte a svantaggi specifici a carico degli agricoltori dei settori lattiero-caseario, delle carni bovine, delle carni ovine e caprine e del riso in zone vulnerabili dal punto di vista economico o sensibili sotto il profilo ambientale,o, negli stessi settori, per tipi di agricoltura vulnerabili dal punto di vista economico - Art. 68(1)(b) contribuito a prevenire l abbandono di molte aree rurali, a diffondere una maggiore consapevolezza ambientale tra gli agricoltori e soprattutto ne ha influenzato molte decisioni, favorendo la coltivazione di vaste superfici con metodi estensivi. Tale giudizio si è basato su un analisi piuttosto dettagliata dei possibili approcci alternativi, alcuni dei quali già adottati in alcuni stati membri (approcci basati sui risultati ambientali raggiunti, misure a priorità ambientali, aste e contratti), da cui è emerso come il ruolo congiunto della condizionalità e delle misure agroambientali rappresenti un compromesso accettabile sia al punto di vista degli effetti ambientali che dal punto di vista della verificabilità e monitoraggio degli stessi. Nonostante questo approccio sia stato giudicato positivamente rispetto agli strumenti effettivamente applicabili su larga scala, l evidenza empirica mostra però come i risultati ottenuti siano stati piuttosto deludenti, e soprattutto come non siano commisurati né alla portata degli obiettivi preposti, né alle aspettative dei cittadini europei. Il motivo principale di questo fallimento è rappresentato dall inadeguatezza delle risorse finanziarie, a cui si aggiungono le difficoltà di implementazione di molte misure (tra cui quelle agro-ambientali) e la capacità istituzionale e di governance a livello degli Stati membri. In questo modo, nello studio vengono identificate sei sfide che la PAC del futuro dovrà affrontare se vorrà rafforzare la sua efficacia nella produzione di beni pubblici ambientali: una maggiore integrazione degli obiettivi ambientali al proprio interno, costruendo una solida struttura che consenta di superare le tensioni tra la dimensione economica, sociale e ambientale dell agricoltura; una definizione più chiara ed esaustiva degli obiettivi ambientali, stabilendo specifici target; un rafforzamento dell efficacia e dell efficienza delle misure implementate, selezionando le misure sulla base del raggiungimento dei target a livello europeo; una migliore implementazione delle politiche, incrementando la capacità istituzionale e di governance a livello locale; una maggiore efficacia delle attività di monitoraggio e valutazione, in modo da migliorare costantemente il design ed il targeting delle misure implementate; maggiori risorse finanziarie a supporto della fornitura di beni pubblici, visto l attuale divario tra le risorse disponibili e i fondi necessari per raggiungere i principali obiettivi ambientali stabiliti a livello comunitario. La PAC e la fornitura di beni pubblici Nel quadro delle politiche europee esistono molti strumenti, prevalentemente all interno della politica agricola comunitaria, che potenzialmente rivestono un ruolo strategico nel favorire una gestione sostenibile delle risorse naturali, e di conseguenza nella fornitura di beni pubblici ambientali (Tabella 2). Mentre alcuni di questi strumenti sono stati espressamente implementati per questo obiettivo (condizionalità e misure agro-ambientali), lo studio sottolinea come molti obiettivi ambientali siano stati raggiunti attraverso misure ideate e implementate per altri scopi (pagamenti diretti, articolo 68, alcune misure degli assi 1 e 3 dei programmi di sviluppo rurale). Questo implica un riconoscimento della rilevanza strategica di tutte quelle misure che, avendo un effetto diretto sui cambiamenti strutturali e sulla redditività del settore, di fatto ne influenzano anche le performance ambientali. Un percorso virtuoso di questo tipo è stato identificato per gli interventi nell ambito delle politiche di sviluppo rurale che contribuiscono alla sostenibilità economica, e quindi alla sopravvivenza, di molte aziende localizzate in aree svantaggiate e marginali, dove la fornitura di beni pubblici è strettamente legata alla presenza dell attività agricola sul territorio. Da questo punto di vista la strategia attuata attraverso la PAC è stata giudicata appropriata e soddisfacente, poiché ha La rilevanza dello studio nel dibattito sul futuro della PAC Il dibattito istituzionale sul futuro della PAC è sempre più incentrato sulla necessità di orientare maggiormente il sostegno al settore primario e alle aree rurali alla produzione di beni pubblici. Il Commissario europeo Dacian Cioloş ha recentemente dichiarato che l agricoltura europea dovrà soddisfare la domanda del mercato e le aspettative della società riguardo i beni pubblici, l ambiente ed il cambiamento climatico. Analogamente il Parlamento Europeo, con la relazione presentata da Lyon (2010), ha riconosciuto che gli agricoltori forniscono una gamma di beni pubblici che il mercato non ricompensa; essi pertanto devono essere giustamente ricompensati e ulteriormente incentivati per continuare a offrire prodotti di qualità più elevata, migliori condizioni relative al benessere degli animali e altri benefici ambientali. È innegabile, infatti, che la produzione di beni pubblici, oltre ad essere uno dei principali obiettivi e ragioni d essere delle politiche, rappresenti soprattutto una giustificazione valida e convincente su cui costruire solide basi, anche negoziali, della futura politica agricola comunitaria. A questo scopo, negli ultimi mesi, la Commissione europea ed il Parlamento europeo hanno promosso numerosi studi sugli obiettivi e le modalità di

8 Pagina 8 agriregionieuropa intervento della PAC del futuro in relazione ai beni pubblici, a cui si sono aggiunti altrettanti studi indipendenti da parte della comunità scientifica, nonché alcuni position paper e studi dei principali stakeholders 4. Se questi contributi condividono in larga parte la necessità di un cambiamento che consenta alla PAC di ottenere una nuova legittimità, in molti casi le soluzioni operative proposte sono molto diverse tra loro, poiché rimandano a due tipi di approccio profondamente diversi. Il primo è relativo alle proposte di un cambiamento radicale dell attuale assetto della PAC, con un consistente ridimensionamento finanziario e strategico di questa politica. Da questo punto di vista il documento più significativo è la dichiarazione di un gruppo di economisti agrari europei Una Politica Agricola Comune per la produzione di beni pubblici europei (AA.VV., 2009), dove viene proposta l eliminazione progressiva del primo pilastro, il trasferimento ai bilanci nazionali di alcune politiche per la valorizzazione dei beni pubblici locali e la costituzione di un unico pilastro ambientale, che assicuri la produzione di beni pubblici di natura transfrontaliera, come le questioni climatiche, la biodiversità, la gestione sostenibile delle risorse idriche 5. Il secondo approccio, all opposto, riguarda quei contributi che propongono un cambiamento più graduale della PAC, volto a correggere le inefficienze degli strumenti attualmente in uso. Questi studiosi hanno formulato proposte che tengono maggiormente conto del quadro evolutivo delle politiche (la cosiddetta path dependency), enfatizzando la necessità di semplificare e modificare alcuni strumenti, ma soprattutto di vincolarli in maniera più stringente al livello di beni pubblici effettivamente forniti. Bureau e Mahé (2009), ad esempio, propongono tre livelli di accesso ai pagamenti diretti: un pagamento di base per tutte le aziende che rispettano determinati parametri ambientali (condizionalità), un secondo livello finalizzato a compensare gli svantaggi fisici e naturali, ed un terzo livello basato su contratti finalizzati alla esplicita produzione di beni pubblici ambientali (come estensivizzazione, agricoltura biologica, prodotti tradizionali, ecc.). Questo approccio è alla base anche dello studio dell IEEP, da dove emerge una visione piuttosto ottimistica sul percorso evolutivo della PAC e sulle potenzialità di questa politica nel saper conciliare gli obiettivi di mercato con gli obiettivi sociali e ambientali dell agricoltura. Se da un lato queste soluzioni appaiono certamente più realistiche e flessibili, dall altro lato rischiano di favorire il perpetuarsi di strumenti inefficaci ed inefficienti all interno di una politica che, con il suo budget annuale di 53 miliardi di euro, dovrebbe avere un impatto ben maggiore sulla gestione delle risorse naturali dell UE e di conseguenza sull entità dei beni pubblici forniti dal settore agricolo nel suo complesso. Riferimenti bibliografici AA.VV. (2009), Una Politica Agricola Comune per la produzione di beni pubblici europei, Agriregionieuropa, n. 19 BirdLife International, European Environmental Bureau, European Forum on Nature Conservation and Pastoralism, International Federation of Organic Agriculture Movements - EU group, WWF (2010), Proposal for a new EU Common Agricultural Policy, BirdLife International Bureau J.C. e Mahé L.P. (2009), CAP payments after 2013 and rural public goods, QA - Rivista dell Associazione Rossi- Doria, 4. pp Cooper, T., Hart, K. and Baldock, D. (2009), Provision of Public Goods Through Agriculture in the European Union, Report for DG Agriculture and Rural Development, Institute for European Environmental Policy, London EEA (2005), Agriculture and environment in the EU-15: The IRENA indicator report, EEA Report No 6/2005, European Environment Agency, Copenhagen EEA (2007), Europe s environment: The forth assessment, European Environment Agency, Copenhagen EEA (2009), Progress towards the European 2010 biodiversity target - indicator fact sheets, Technical Report No 5/2009, European Environment Agency, Copenhagen ELO-BirdLife (2010), Proposals for the future CAP: a joint position from the European Landowners Organisation and BirdLife International, January e u / E U _ p o l i c y / A g r i c u l t u r e / eu_agriculture_elo_joint_proposal.htm Lyon, G. (2010), Progetto di relazione sul futuro della PAC dopo il 2013, Commissione Agricoltura e sviluppo rurale, Parlamento europeo, 24 marzo OECD (2008), Environmental performance of agriculture since 1990, OECD Publications, Paris RISE (2009), Task force su beni pubblici da terreni privati, Rural Investment Support for Europe, Dicembre 2009, Swinnen J. (2009), The Future of Direct Payments: Better targeting, Phasing-out, New Objectivesf Or a Time for a Great Deal for EU Agriculture?, Bepa Workshop on Reflections on the Common Agricultural Policy from a long run perspective, February, Bruxelles Zahrnt V. (2009), Public money for public goods: winners and losers from CAP reform, Working Paper n. 08, European Centre for International Political Economy, Brussels Note 1 L IEEP (Institute for European Environmental Policy) è un istituto indipendente con sedi a Bruxelles e a Londra che si occupa di valutazione e analisi di politiche agricole e ambientali. Per maggiori informazioni: 2 Le regioni oggetto di studio sono Brno District (Repubblica Ceca), Auvergne (Francia), Black Forest e Kraichgau, Baden Württemberg (Germania), Veneto (Italia), Transilvania del Sud con aree di Alba, Sibiu, Mures, Brasov, Harghita e Covasna (Romania), Andalusia (Spagna), Östergötlands län (Svezia), Inghilterra dell Est (Regno Unito). Il caso di studio italiano è stato condotto dall INEA, progetto PUBGOODS. Per maggiori informazioni: 3 Gli indicatori ambientali utilizzati derivano dai principali progetti sullo stato dell ambiente in Europa, come IRENA (EEA, 2005), SEBI (EEA, 2009), Environmental performance of agriculture since 1990 (OECD, 2008), nonché dal Quadro comune di monitoraggio e valutazione della Commissione Europea (QCMV). 4 Tra questi si segnala la proposta congiunta sul futuro della PAC delle principali organizzazioni ambientaliste europee (Birdlife International et al., 2010), lo studio della fondazione di pubblica utilità per il sostegno agli investimenti rurali in Europa (RISE, 2009) e dell organizzazione dei proprietari terrieri europei (ELO, Birdlife, 2010). 5 Per una descrizione più articolata delle proposte in linea questo approccio, si rimanda agli studi di alcuni dei firmatari del documento (Swinnen, 2009; Zahrnt, 2009). Aiuta AGRIREGIONIEUROPA con un tuo contributo a crescere e ad offrire nuovi servizi Carta di credito ( Bonifico bancario Beneficiario: Associazione Alessandro Bartola - Studi e Ricerche di Economia e di Politica Agraria Istituto di credito: Banca di Ancona - Credito Cooperativo - Agenzia n.2 c/c Codice ABI: Codice CAB: CIN Y IBAN IT35Y Si prega di scrivere nella causale del pagamento: "Contributo Agriregionieuropa"

9 agriregionieuropa Pagina 9 Per una politica dei sistemi agricoli e alimentari dell'ue Angelo Frascarelli, Franco Sotte, in Agriregionieuropa n.21 Premessa Queste riflessioni e proposte per la riforma della PAC dopo il 2013 e nella prospettiva dell Unione Europea 2020, sono frutto di una collaborazione con Legacoop Agroalimentare, che ha coinvolto la propria direzione operativa, costituita dai responsabili nazionali dei singoli settori produttivi, attraverso un percorso interno di analisi e valutazione. Un particolare ringraziamento a Mario Campli, consigliere del Comitato Economico e Sociale Europeo. Ogni responsabilità per le opinioni e le tesi espresse è comunque esclusivamente degli autori. La visione Questa proposta di riforma parte da due assunti: il primo, è necessario dotare l Europa di una politica per i sistemi agricoli e alimentari; il secondo, questa politica deve essere rivolta al futuro svolgendo un ruolo pro-attivo nel governare l evoluzione e nell orientare i comportamenti degli attori del settore agroalimentare e del mondo rurale. Affrontare l agricoltura con un approccio sistemico Il primo assunto prende le mosse dal riconoscimento della profonda trasformazione, forse addirittura una rivoluzione, in atto in agricoltura e più in generale nelle filiere agroalimentari. Essa è l effetto dell apertura dei mercati a livello globale in cui, al tempo stesso, entrano nuovi potenti concorrenti e, per la prima volta, si affacciano enormi masse di nuovi consumatori (e di vecchi consumatori con nuovi bisogni). Questo sconvolge i tradizionali equilibri competitivi. L accresciuta turbolenza offre l occasione per un intensificazione dell attività speculativa sulle commodity. La volatilità dei mercati viene ulteriormente alimentata dalle scelte neoprotezioniste di alcuni paesi, in assenza di un governo della sicurezza alimentare globale. La trasformazione è anche il risultato delle opportunità offerte, oggi e presumibilmente ancora di più nel prossimo futuro, dalle nuove applicazioni tecnologiche. Integrando neuroscienze, nanotecnologie, genetica e TCI, esse offrono la possibilità di produrre su vasta scala (muovendosi tra naturalità, funzionalità e convenienza), una varietà praticamente infinità di prodotti alimentari personalizzati e adattati alle più disparate esigenze del consumatore. Queste trasformazioni si accompagnano ad una profonda ristrutturazione nell assetto dei sistemi agro-alimentari nel quale, tanto sul fronte della trasformazione industriale che su quello della distribuzione, operano nuove forme, spesso inedite, di concentrazione oligopolistica. Dalla diversa capacità di controllo lungo le filiere consegue una più squilibrata distribuzione del valore tra i singoli operatori a svantaggio degli agricoltori e dei consumatori. L agricoltura in Europa, d altra parte, vive anch essa una fase di complessiva ristrutturazione segnata in particolare: dall ulteriore diminuzione dell occupazione, dal consistente invecchiamento degli addetti mentre stenta a prodursi il ricambio generazionale, dall ingresso in forze di manodopera immigrata, specie nelle forme di agricoltura a maggiore intensità di lavoro. Nell Europa allargata, d altra parte, coesistono aziende agricole così differenti tra di loro (imprese familiari, imprese capitalistiche classiche, imprese a forte caratterizzazione finanziaria, imprese conto-terziste, aziende part-time a carattere accessorio o di prevalente autoconsumo, subsistence farm, ecc.) da richiedere politiche specifiche che si adattino alle differenti esigenze e potenzialità. In questo contesto non ha senso una politica agricola isolata dalle altre politiche e che non si integri ad esse investendo contemporaneamente la globalità e la complessità delle interrelazioni sistemiche. In un quadro economico globale, costituito da mercati aperti, nuovi scenari competitivi, innovazioni continue, nuove relazioni con i consumatori e con i cittadini, la politica per l agricoltura e per le filiere agro-alimentari deve adeguarsi. Una PAC che concentri il suo sostegno sulla singola azienda agricola, indipendentemente dal contesto nel quale si inserisce e con il quale interagisce, è un esercizio di governo parziale e inefficace. E come occuparsi dell albero senza tenere conto della foresta di cui fa parte. Per questo motivo occorre che si rompa l isolamento della PAC ed essa si integri in una politica più complessiva per i sistemi agricoli e alimentari dell Unione europea, nel quadro di tutte le altre politiche europee. Lo status e i comportamenti La PAC attuale è prevalentemente una politica rivolta all indietro, al passato. Essa fornisce il proprio sostegno agli agricoltori non sulla base dei comportamenti futuri che essi si impegnano a mettere in atto, quanto piuttosto sulla base di attributi personali, di status (la proprietà o l uso della terra, la titolarità dell azienda, il riconoscimento di un diritto acquisito nel passato, altri attributi personali). Infatti, la PAC attuale è fortemente contraddistinta dal pagamento unico aziendale, che assorbe il 74% di tutta la spesa. Oltretutto il pagamento unico aziendale, sia su base storica che in forma regionalizzata, a parte la blanda ecocondizionalità, non è commisurato a specifici impegni ai quali adempiere. Ma anche altre misure del primo pilastro, così come del secondo pilastro, premiano piuttosto lo status anziché i comportamenti che ci si obbliga ad adottare, cioè il progetto che si intende realizzare. In queste circostanze, la spesa agricola, sia pure disaccoppiata, appare inefficiente e inefficace, mentre contribuisce a costituire inique posizioni di rendita che spesso si traducono in elevati valori d uso della risorsa terra a danno dell allargamento delle imprese e del ricambio generazionale. Una buona politica deve invece essere fondata su precisi impegni contrattuali. Essa deve essere finalizzata (targeted), cioè deve mirare a determinare specifici comportamenti ed essere proporzionata (tailored), commisurata cioè ai costi necessari perché essi siano realizzati. In una nuova politica agricola anche i termini utilizzati contano. Nel futuro della PAC debbono essere abbandonati termini come: sussidio, aiuto, premio, compensazione, contributo. Essi appartengono ad un passato di dipendenza e marginalità dell agricoltura e dei sistemi agricoli e alimentari. Quei termini debbono essere sostituiti da pagamento e incentivo che implicano un approccio contrattualizzato nella relazione tra l agricoltore e l Autorità pubblica. Una politica per far funzionare i mercati Una buona politica per i sistemi agricoli e alimentari dell UE deve innanzitutto far funzionare i mercati, non sostituendosi ad essi, ma regolandoli in un quadro internazionale guidato da istituzioni autorevoli, norme condivise e un sistema di controlli e sanzioni tempestivo ed efficace contro ogni forma di free riding a livello internazionale e contro la speculazione sulle commodity agricole, a tutela dei soggetti più deboli delle filiere: consumatori e produttori agricoli. Per questo motivo, è importante che l Unione europea operi

10 Pagina 10 agriregionieuropa attivamente per il rilancio delle istituzioni internazionali, a cominciare dal WTO. E questo un obiettivo che non si realizza soltanto attraverso cambiamenti limitati o operazioni di make up sulle proprie politiche di sostegno, tali da consentire il loro trasferimento dalle scatole gialla o blu, in quella verde. Si tratta anche, soprattutto, di riconoscere che occorre operare attivamente contro il ritorno di posizioni neo-protezionistiche e per il superamento dell attuale condizione di stallo del WTO. Spetta all UE un ruolo attivo in questo contesto, soprattutto nella presente situazione di crisi economico-finanziaria, i cui contraccolpi sulla tenuta dell euro non si superano nell isolamento o facendo leva sulla domanda interna, ma aprendosi ai mercati internazionali con strategie di valorizzazione delle produzioni di qualità. Un analoga iniziativa regolativa dei mercati è necessaria anche all interno dell UE con particolare riferimento alla tutela della sanità e della salvaguardia della qualità delle produzioni agricole e alimentari. Essa deve al tempo stesso garantire i consumatori e i produttori agricoli, assicurando ai primi prodotti controllati e certificati, e un buon rapporto qualità-prezzo, e ai secondi una remunerazione economica adeguata agli sforzi compiuti nel miglioramento qualitativo dell offerta e nella certificazione delle qualità prodotte. Su questo piano, il ruolo delle OP e, in generale, delle forme di autogestione dei produttori è fondamentale anche in altri comparti oltre a quelli (es.: ortofrutta) nei quali esse sono già presenti. Una politica contro i fallimenti del mercato Una volta messo in pratica l obiettivo di far funzionare i mercati e di assegnare ad essi i compiti di regolazione della domanda e dell offerta, la politica per i sistemi agricoli e alimentari deve concentrare le sue risorse e limitarsi ad intervenire contro i fallimenti del mercato. Questi sono di due tipi e riguardano, in primo luogo, quei beni e servizi per i quali il mercato non esiste (è il caso dei beni pubblici) e, in secondo luogo, tutte le circostanze in cui il mercato c'è, ma presenta attriti o asimmetrie informative tali da non offrire soluzioni accettabili, in tempi accettabili. Quando il mercato non c è Il mercato non si forma in tutti quei casi in cui i beni o servizi prodotti e consumati hanno la caratteristica di essere contemporaneamente non escludibili (tutti possono liberamente fruirne) e non rivali (la fruizione del bene da parte di qualcuno non ne esclude la fruizione anche da parte di altri). Questa è la condizione generale di tutti i cosiddetti beni (o mali ) pubblici: beni ambientali e biodiversità, paesaggio, risorse idriche, cambiamento climatico, ecc. In tutti questi casi, in mancanza di regolazione e/o di valorizzazione pubblica (come costo o ricavo), il valore di mercato del bene pubblico è di fatto nullo. Ne consegue che il bene pubblico sarà eccessivamente sfruttato tutte le volte che nei processi produttivi dovesse entrare come input: si pensi alla biodiversità, o all acqua; mentre non verrebbe preso in considerazione se dovesse rappresentare un output: si pensi ancora all acqua, o al paesaggio. Stabilire un valore pubblico ai beni pubblici è dunque la soluzione necessaria perché sia attutito l impatto delle esternalità negative e contemporaneamente sia stimolata la produzione di beni pubblici. Questa soluzione è particolarmente conveniente in tutti quei casi in cui, come nell esercizio dell agricoltura, i benefici pubblici sono ottenuti attraverso processi produttivi multifunzionali. In questi casi la convenienza a produrre si giova della congiunzione tra bene privato, remunerato dal prezzo di mercato, e bene pubblico, remunerato dallo Stato. L alternativa sarebbe socialmente molto più costosa, in quanto per produrre i suddetti beni pubblici (o per evitare i mali pubblici) dovrebbe essere attivato un programma alternativo all agricoltura con l impiego di manutentori professionali del paesaggio, operatori ecologici, protezione civile, vigili del fuoco, impiegati e operai dei parchi, giardinieri, ecc. Una soluzione praticamente impossibile su vasta scala. Sulla necessità di una politica agricola comune europea volta a pagare con remunerazioni pubbliche la produzione di beni e servizi pubblici da parte del settore primario, si registra già in Europa la massima convergenza. D altra parte, la remunerazione dei beni pubblici è già tra gli obiettivi della PAC fin dalle misure di accompagnamento della riforma MacSharry del Essa è oggi richiamata a giustificazione dell intervento pubblico sia del primo pilastro della PAC (eco-condizionalità, art.68), che del secondo pilastro (asse 2: miglioramento dell'ambiente e dello spazio rurale ). Il problema non è tanto quello di riaffermare la necessità di una tale politica a livello europeo e dei relativi finanziamenti, quanto di rivendicare la necessità di una sua razionalizzazione, al fine di una maggiore efficacia, in termini di obiettivi e di strumenti e, contemporaneamente, di un suo più finalizzato adeguamento sia in termini di obiettivi da perseguire, che di fondi da impegnare. Quando il mercato non funziona I fallimenti del mercato si registrano anche in presenza di mercato tutte le volte che, per varie motivazioni (squilibri di mercato, presenza di esternalità, asimmetria informativa), esso produce, o non risolve in tempi e condizioni socialmente accettabili, situazioni di squilibrio. Il rischio è che gli equilibri perversi inneschino effetti indesiderabili a catena, tali da minare i livelli di competitività complessiva dei sistemi agricoli e alimentari e perfino la loro stessa sopravvivenza. Numerosi sono i casi di fallimento del mercato, per risolvere i quali è fondamentale l intervento pubblico a livello dell Unione Europea. Essi comprendono i problemi dell ammodernamento strutturale delle imprese e del corrispondente adeguamento infrastrutturale e organizzativo dell ambiente in cui collettivamente operano; le difficoltà del ricambio generazionale in agricoltura; la debolezza strutturale dell agricoltura e dei rapporti contrattuali squilibrati nelle filiere a danno soprattutto degli agricoltori nella distribuzione del valore e dei consumatori nella determinazione dei prezzi; la struttura atomistica dell offerta agricola che rende difficile la programmazione delle produzioni; la stagionalità e della variabilità dell offerta agricola; la lotta alle soluzioni speculative e alle rendite nell uso della risorsa terra. L obiettivo centrale, che riassume e comprende queste forme di fallimento del mercato, è il rilancio della competitività complessiva dei sistemi agricoli e alimentari dell Unione nel quadro di una strategia che anche nel settore primario e nell intero sistema agro-alimentare, si ponga il problema di contribuire alla creazione di nuove opportunità occupazionali. Per alcuni di questi casi di fallimento del mercato, l attuale PAC prevede già delle forme di incentivo: è il caso dell ammodernamento strutturale delle imprese e del ricambio generazionale, attraverso l Asse 1 della politica di sviluppo rurale; è anche il caso dell azione delle Organizzazioni di Produttori nel settore ortofrutticolo a vantaggio del riequilibrio dei rapporti nelle filiere e della programmazione delle produzioni. Ma è evidente anche, in questa circostanza, che la futura politica per i sistemi agricoli e alimentari dell UE deve e può fare di più, soprattutto favorendo l aggregazione delle imprese. Sotto questo profilo, la forma cooperativa, nel quadro delle diverse soluzioni associative, si offre come ottima opportunità, anche in prospettiva futura. Un altra forma di fallimento del mercato è quella connessa alla volatilità dei prezzi. Il fenomeno è particolarmente presente nei mercati agricoli in ragione della peculiare rigidità delle curve di domanda e offerta, dalla stagionalità delle produzioni; della dipendenza delle produzioni da variabili non controllabili (es.: l andamento climatico), in alcuni casi dalla deperibilità delle produzioni e, in ogni caso, dai costi di stoccaggio, ecc. La speculazione sulle commodity agricole, con le crescenti incursioni dei capitali finanziari, spesso accentua il problema,

11 agriregionieuropa Pagina 11 come si è osservato dal 2007 ad oggi, prima a danno dei consumatori, specie di quelli a più bassi livelli di reddito per effetto dei prezzi alti e della penuria di offerta e, più di recente, a danno degli agricoltori, per effetto dei prezzi dei prodotti eccessivamente bassi, mentre rimangono sostenuti quelli dei fattori di produzione. Il rischio è che gli aggiustamenti imposti nel breve periodo alle famiglie e alle imprese siano tali da minarne lo sviluppo o perfino la sopravvivenza nel lungo periodo. La PAC del passato, attraverso l isolamento del mercato interno e i prezzi garantiti, forniva una soluzione al problema, per quanto perversa per gli effetti collaterali che si producevano (in termini di eccessi di offerta, di creazione di sacche di inefficienza, di prezzi più elevati imposti ai consumatori, di accentuazione degli squilibri di mercato a danno soprattutto delle economie più povere del mondo, ecc.). Nella PAC di oggi manca una soluzione. Il pagamento unico aziendale, rappresentando un reddito certo e non soggetto ad oscillazioni, contribuisce effettivamente alla stabilizzazione del reddito ma, a parte le considerazioni sulle sue modalità di calcolo e sulla fondatezza della misura, esistono numerose altre soluzioni più efficienti ed efficaci: prezzi minimi di intervento, stoccaggio, assicurazioni pubbliche o private, aiuti alimentari per i meno abbienti, creazione di un fondo di stabilizzazione dei mercati, rafforzamento delle regole all interno delle filiere per una più equa distribuzione del valore aggiunto complessivo. Gli obiettivi della politica per i sistemi agricoli e alimentari dell UE La politica che c'è oggi L'attuale distribuzione della spesa tra le politiche agricole e di sviluppo rurale è rappresentata in figura 1. I tre quarti circa sono destinati al finanziamento del pagamento unico aziendale. La soluzione è frutto dell opportuno passaggio dalla precedente politica del sostegno accoppiato ai prezzi di mercato, al disaccoppiamento operato nel 2003 con la riforma Fischler e completato nel 2009 a seguito dell Health check. Ma, nella prospettiva del dopo 2013, questa politica ha ormai fatto il suo tempo sia per l inconsistenza delle sue giustificazioni che per l iniqua distribuzione della spesa che ne risulta. Essa va sostituita, orientando il sostegno all agricoltura in misura più efficiente, più efficace e più equa, mentre la spesa erogata in base all art. 68 va integrata in un disegno strategico più ordinato e complessivo. Il passaggio dalla politica disaccoppiata ad una diversa politica potrà anche essere graduale, ma sulla necessità di cambiamenti radicali e coraggiosi che investano non soltanto le forme della politica, ma anche la distribuzione delle sue risorse non ci possono essere dubbi. Il 20% circa della spesa è dedicata alla politica di sviluppo rurale. In figura 1 questa è distribuita in tre differenti politiche: le prime due (Asse 1: competitività e Asse 2: politiche agroambientali) hanno caratterizzazione settoriale e raccolgono rispettivamente il 7% e il 9% della spesa complessiva; la terza (Asse 3: diversificazione e qualità della vita e Asse 4 approccio Leader ) ha prevalentemente carattere territoriale e raccoglie il solo 4% della spesa complessiva. Anche la politica di sviluppo rurale, ancorché le sue giustificazioni e la distribuzione della sua spesa siano ben più coerenti con gli obiettivi generali dell UE, va riconsiderata e adeguata nell ottica di una politica per i sistemi agricoli e alimentari dell UE. In primo luogo, occorre prendere atto della scarsa riuscita del tentativo di conciliare in un unica politica obiettivi settoriali e territoriali e della sostanziale separatezza ancora presente nella generalità dei PSR tra i primi due Assi e gli altri due ai quali, anche in termini di risorse, è dedicato un peso residuale. Molto meglio allora concentrarsi esclusivamente sulla politica per i sistemi agricoli e alimentari a caratterizzazione settoriale e affidare il compito della politica a base territoriale alle competenze della politica regionale prevedendo le opportune forme di coordinamento e di integrazione. Una politica per i sistemi agricoli e alimentari per il dopo 2013 Una politica per i sistemi agricoli e alimentari dell UE è una politica che innanzitutto supera la logica della divisione della PAC in due pilastri e che affronta i fallimenti del mercato con due macro-obiettivi: la valorizzazione, attraverso opportune e proporzionate forme di pagamento, dei beni e servizi pubblici prodotti dall agricoltura; il rilancio della competitività dei sistemi agricoli e alimentari nell UE. A ciascuno di questi obiettivi, riconducibili alle due categorie di fallimenti del mercato sopra individuate, e richiamate nel documento Strategy Europe-2020 (dove si parla di promuovere un'economia più efficiente sotto il profilo delle risorse, più verde e più competitiva ) corrisponde una politica alla quale, come rappresentato in figura 2, può essere destinato in linea di massima un pari volume di finanziamenti. Figura 2 - La spesa della Politica dei sistemi agricoli e alimentari dell UE Beni pubblici; 50% Figura 1 - L attuale ripartizione della spesa PAC Pagamento unico Interventi di mercato Sviluppo rurale assi 3/4 Sviluppo rurale asse 2 Sviluppo rurale asse 1 7% 2,9% 4% 6% 74% Competitività; 50% La politica per i sistemi agricoli e alimentari dell'ue ora soltanto delineata e i cui strumenti sono specificati nel seguito di questo documento, si fonda principalmente sulle risorse fin qui dedicate alla vecchia PAC e ne assume le funzioni di stimolo e guida al settore primario. Ma una politica per i sistemi agricoli e alimentari dell UE non può limitarsi a gestire questa torta. Essa deve opportunamente integrarsi con le altre politiche dell Unione. I due obiettivi della competitività e della cura dei beni pubblici non possono essere adeguatamente affrontati se non nel quadro di un azione trasversale. Una strategia per i beni pubblici è anche competenza della politica per l ambiente, della politica energetica, della politica per la salute e per i consumatori, della politica della ricerca, della politica regionale. Così una strategia per la competitività dei sistemi agricoli e alimentari è frutto anche della politica della ricerca, della politica per l occupazione, della politica regionale, della politica per la concorrenza, della politica

12 Pagina 12 agriregionieuropa per la sicurezza alimentare, della politica energetica. Da questo punto di vista occorre che la politica agricola (Figura 3) esca una volte per tutte dal ghetto della sua specificità, della differenziazione rispetto al complesso di tutte le altre politiche dell UE, e della sua separatezza (come questione di spettanza delle istituzioni agricole e di esclusivo interesse delle lobby agricole). Essa deve inserirsi nel progetto complessivo della costruzione dell UE come questione europea che, pur guidata da un Commissario e da una Direzione Generale ad essa preposti, coinvolge tutte le competenze della Commissione che gli Stati membri hanno affidato al livello comunitario. Figura 3 - Una politica per i sistemi agricoli e alimentari integra la PAAC con tutte le politiche dell UE Politica della ricerca Politicaper occupazione Politica regionale Politica salute e consumi Politica per l ambiente Politica concorrenza Politica Sicurezza alimentare Politica energetica Politica forestale In questo quadro va affrontata e risolta la questione dello sviluppo delle aree rurali. Non si affronta il problema dell integrazione tra aspetti settoriali e territoriali dello sviluppo agricolo-rurale affidandoli entrambi alla stessa competenza. L esperienza dimostra che il processo di integrazione perseguito in questo modo resta del tutto squilibrato: sul fronte agricolo, un effettiva strategia territoriale è penalizzata dallo scarso impegno e da scarse risorse (solo il 4% della spesa complessiva della PAC va agli Assi 3 e 4); mentre, sul fronte delle politiche di sviluppo territoriale, l impegno e la spesa si orientano verso altre priorità (aree urbane; aree, settori e grandi imprese in crisi; grandi infrastrutture) rispetto a quelle dello sviluppo rurale. La politica di sviluppo rurale a base territoriale (Assi 3 e 4) ha allora la sua collocazione più appropriata in seno alle competenze più generali della politica regionale, mentre specifica attenzione va riservata al ruolo dell integrazione tra politiche nelle aree rurali Gli strumenti della politica per i sistemi agricoli e alimentari dell UE La scelta degli strumenti più idonei per il raggiungimento degli obiettivi è un passaggio cruciale. La scarsa efficacia ed efficienza degli strumenti è infatti la prima causa del fallimento della politica. Gli strumenti di politica agraria si dividono in due grandi tipologie: Interventi diretti dell Autorità pubblica, volti al controllo delle importazioni, alla stabilizzazione e garanzia dei prezzi agricoli alla produzione, al controllo e gestione degli stock, all aggiustamento della produzione, al sostegno dei redditi, al pagamento dei beni pubblici; Interventi indiretti, volti a facilitare il protagonismo sia delle imprese agricole e agroalimentari (concentrazione dell offerta, ammodernamento delle imprese, ricambio generazionale, introduzione delle innovazioni, crescita del capitale umano, miglioramento del rapporto tra produttori e primi acquirenti tramite la cooperazione, l associazionismo, l interprofessione), che degli attori del mondo rurale (promozione territoriale, integrazione intersettoriale, qualità delle vita nelle zone rurali, sviluppo delle economie rurali). Le numerose e successive riforme della PAC hanno portato allo sviluppo di una serie di strumenti ibridi, classificabili in entrambe tipologie, riguardanti temi importanti come la qualità, gli standard ambientali, il sostegno specifico di aree o comparti vulnerabili. L evoluzione di tali strumenti è avvenuta in modo disordinato e contraddittorio. Tuttavia, l Unione Europea, fino ad oggi, ha privilegiato nettamente gli strumenti diretti, che nell attuale PAC raccolgono circa l 88% della spesa, lasciando il 12% restante agli strumenti indiretti (Assi 1 e 3 della politica di sviluppo rurale, sostegno alle Organizzazioni dei Produttori nell ortofrutta fresca). Nella nuova PAC è auspicabile un maggiore equilibrio tra strumenti diretti e indiretti. In particolare, gli strumenti diretti (sotto forma di pagamenti contrattualizzati) sono preferibili per l obiettivo della produzione di beni pubblici, mentre gli strumenti indiretti (sotto forma di incentivi e di servizi) per l obiettivo della competitività. Gli strumenti indiretti sono più complessi, ma sono in grado di introdurre miglioramenti strutturali nei sistemi agricoli e alimentari dell UE. Soprattutto l obiettivo della competitività richiede il coinvolgimento e il protagonismo delle imprese (agricole ed agroalimentari) e degli attori del mondo rurale (imprese rurali, popolazione rurale, istituzioni locali), allo scopo di uscire dalla logica del sussidio e dell aiuto per passare a quella dell incentivo. Strumenti per la Politica per i sistemi agricoli e alimentari dell UE Il progetto di riforma della PAC, che viene qui proposto, si fonda sui seguenti aggiustamenti: il riposizionamento della PAC nell ambito di una politica per i sistemi agricoli e alimentari; il superamento dell attuale logica dei due pilastri; la riconversione degli attuali aiuti diretti, riaccoppiandoli rispetto a precisi obiettivi, preventivamente dichiarati e scrupolosamente valutati (rilegittimando in questo modo la spesa agricola agli occhi dei contribuenti); la fuoriuscita dalla politica comune per l agricoltura di interventi che devono essere collocati in nuove politiche comuni (clima, energia, ecc.); la ricollocazione degli interventi da area rurale nelle politiche regionali e di coesione territoriale. Alla luce di queste considerazioni, si ritiene necessaria una riformulazione degli strumenti dell attuale PAC secondo un nuovo schema obiettivi-misure-strumenti, come rappresentato nella tabella 1. Di seguito, si riporta una breve descrizione delle motivazioni che giustificano le varie misure, dei relativi strumenti e dei risultati attesi dalla loro implementazione. Tabella 1 - Schematizzazione della Politica per i sistemi agricoli e alimentari dell UE OBIETTIVI MISURE STRUMENTI A. Beni pubblici (quando il mercato non c è) B. Competitività (quando il mercato non funziona) A1. Produzione di beni pubblici europei A2. Agricoltura in territori con handicap e squilibri naturali A3. Produzione di beni pubblici differenziati territorialmente B1. Produzione di alimenti, adeguamento dell offerta e promozione di filiere organizzate B2. Interventi e regolamentazione dei mercati a livello europeo B3. Ammodernamento, innovazione e capitale umano nei sistemi agroalimentari e rurali Pagamento disaccoppiato regionalizzato e condizionalità Maggiorazione graduata del pagamento disaccoppiato nelle zone con handicap naturali (montagna, zone svantaggiate, Natura 2000) Pagamenti agro-ambientali e silvoambientali e/o contratti agroambientali e silvo-ambientali Programmi Operativi delle Organizzazioni dei Produttori (cooperative ed altre forme) e delle Imprese Agricole Aggregate Interventi diretti sui mercati: controllo delle importazioni, reti di sicurezza, gestione degli stock Incentivi all ammodernamento, all introduzione di innovazioni e al ricambio generazionale. Incentivi alle filiere territoriali e/o contratti collettivi tra gli attori del mondo rurale a livello territoriale. Incentivi per l aggregazione

13 agriregionieuropa Pagina 13 Misura A1: Produzione di beni pubblici europei I beni ambientali, la biodiversità, il paesaggio, la gestione sostenibile delle risorse idriche, il contrasto ai cambiamenti climatici sono beni pubblici che interessano la collettività dell UE. Per la produzione di tali beni pubblici europei è indispensabile la presenza dell agricoltura anche nei territori più marginali (es. altipiani e colline dell Italia centro-meridionale, aree siccitose dell Italia meridionale) ove il mercato non è in grado di garantirne la sussistenza, se non in condizioni di prezzi elevati che generalmente non si rilevano nei mercati. Di contro, nelle aree più fertili (es. pianura padana, pianure dell Italia centromeridionale), la diffusione dell agricoltura intensiva genera esternalità negative per cui il bene pubblico è eccessivamente sfruttato. Il pagamento disaccoppiato e regionalizzato, associato alla condizionalità, rappresenta il migliore strumento per questo obiettivo. Si tratta dell adattamento di uno strumento attuale (l anacronistico e inefficiente PUA storico) con l obiettivo virtuoso della produzione di beni pubblici europei. Il pagamento disaccoppiato regionalizzato erogato per unità di superficie ad un livello relativamente basso ed eventualmente corretto da altri parametri quale, ad esempio, la manodopera utilizzata diviene, in primo luogo, un corrispettivo per la condizionalità, in particolare per il mantenimento delle Buone condizioni agronomiche e ambientali dei terreni (Bcaa). Garantisce un livello minimo di presidio su tutto il territorio rurale dell Unione Europea. Tutta la superficie agricola europea sarebbe coltivata e/o mantenuta in buone condizioni agronomiche, a vantaggio del paesaggio e dell equilibrio idrogeologico, a tutela dall erosione del suolo, del paesaggio e della biodiversità. In altre parole, la soluzione qui proposta determinerebbe una serie di effetti positivi e desiderabili per la collettività. Il pagamento disaccoppiato e regionalizzato assume rilevanza diversa in territori diversi: nelle aree marginali si giustifica maggiormente per il mantenimento dei terreni a rischio di abbandono, nelle regioni più fertili per assicurare un agricoltura meno impattante sull ambiente. In entrambi i casi, il sostegno favorirebbe la produzione agricola e dunque, in una situazione di aumento della domanda mondiale, l approvvigionamento di derrate alimentari a prezzi ragionevoli per i consumatori: anche questo è un effetto desiderabile per la collettività. Il Pua regionalizzato non risponde solamente alla produzione di beni pubblici, ma assolve anche la funzione di sostegno al reddito, che è importante per il mantenimento dell economia agricola su tutto il territorio dell UE. Misura A2: Agricoltura in territori con handicap e squilibri naturali Il pagamento disaccoppiato e regionalizzato non è sufficiente ad assicurare il mantenimento dell agricoltura in zone montane, zone svantaggiate, aree con vincoli paesaggistici, aree Natura 2000, parchi nazionali o regionali. Pertanto, è fondamentale compensare gli agricoltori che operano in zone con handicap e squilibri naturali o alto valore ambientale. Lo strumento più efficace ed efficiente è rappresentato da una maggiorazione graduata del pagamento disaccoppiato. La graduazione del pagamento è direttamente proporzionale agli handicap nello svolgimento dell attività agricola. Lo strumento del pagamento disaccoppiato maggiorato è più efficace ed efficiente dell attuale indennità compensativa, prevista dall Asse 2 della politica di sviluppo rurale, in quanto garantisce una maggiore semplicità e certezza nell erogazione. Inoltre la gestione a livello comunitario assicura omogeneità di applicazione su tutto il territorio dell UE, eliminando l incertezza e la diversità di trattamento delle diverse scelte nazionali e regionali. Misura A3: Produzione di beni pubblici differenziati territorialmente Il Pua disaccoppiato e regionalizzato, anche associato ad una maggiorazione graduata per le aree con handicap e squilibri naturali, non è in grado di tener conto delle specificità e delle esigenze locali, che rappresentano la diversità e la ricchezza dei territori e delle agricolture europee. Basti pensare alla grande diversità dell agricoltura europea e italiana, dalla Lapponia alle Fiandre, dall isola di Creta al Delta del Po, dagli oliveti secolari della Puglia alla viticoltura montana delle Cinque Terre in Liguria. La produzione di beni pubblici differenziati territorialmente deve essere compensata con pagamenti agroambientali e silvoambientali, contrattati territorialmente, tali da indurre o premiare comportamenti specifici, mirati a soddisfare i fabbisogni territoriali con politiche selettive, nella logica della sussidiarietà. Misura B1: Produzione di alimenti, adeguamento dell offerta e promozione di filiere organizzate Le specificità del settore agricolo, che rendono difficile il rapporto tra l agricoltore e il mercato, sono numerose: bassa elasticità dell offerta nel breve periodo e conseguente incapacità di programmare l offerta in funzione della domanda, con la conseguenza delle frequenti crisi di mercato; struttura atomistica dell offerta e conseguente sfruttamento da parte degli altri anelli della filiera, dove la domanda è più concentrata; rigidità della domanda al prezzo, che causa fluttuazioni inesistenti in altri settori; rigidità della domanda anche nei confronti del reddito, che penalizza l agricoltura nello sviluppo economico; stagionalità dei flussi di produzione. Queste specificità del settore agricolo sono ben comprensibili per la collettività (come confermano i risultati di Eurobarometro) e giustificano una politica agricola nell interesse sia dei produttori che dei consumatori, al fine di stabilizzare i prezzi agricoli alla produzione e i prezzi alimentari al consumo. L intervento della politica agraria consente anche di limitare gli effetti negativi della speculazione sulle commodity agricole. Gli strumenti della vecchia politica di garanzia (prezzi fissati preventivamente, dazi, contingenti, sussidi all esportazione, tasse all esportazione, ammasso pubblico, quote, set aside, ecc.) hanno mostrato tutti i loro limiti e non sono più applicabili nella prospettiva dell UE Tuttavia l obiettivo della stabilizzazione dei prezzi e dei mercati rimane ancora attuale, ma richiede nuovi approcci operativi. Anziché la vecchia politica di garanzia, la nuova politica deve favorire gli strumenti di regolazione dei mercati gestiti direttamente dagli operatori economici, sostenendo il protagonismo delle imprese agricole e agroalimentari, attraverso la concentrazione dell offerta, il miglioramento del rapporto tra produttori e primi acquirenti tramite la cooperazione, l associazionismo, l interprofessione. La Politica per i sistemi agricoli e alimentari dell UE promuove le filiere organizzate, in modo da creare relazioni stabili attraverso forme associative dei produttori (imprese agricole aggregate, cooperative di conduzione, cooperative di trasformazione e commercializzazione) e dei consumatori (cooperative di consumo), finalizzate alla stabilizzazione dei prezzi agricoli alla produzione e dei prezzi alimentari al consumo. A tal fine, uno strumento della Pac finalizzato a premiare gli agricoltori che commercializzano i loro prodotti nell ambito di una filiera autogestita è in grado di stimolare gli agricoltori che si organizzano per migliorare il funzionamento del mercato e la stabilizzazione dei prezzi agricoli, anche tramite il trasferimento di informazioni ai consumatori su una serie di aspetti quali la qualità, le caratteristiche dei prodotti e i metodi di produzione. Un esempio di politica che va in tale direzione è quello del cofinanziamento dei Programmi Operativi delle Organizzazioni dei Produttori e delle Imprese agricole aggregate. Questo strumento, attualmente in vigore per il settore degli ortofrutticoli freschi, può essere esteso agli altri settori dell agricoltura. Il sostegno della Pac potrebbe essere fissato ad una adeguata

14 Pagina 14 agriregionieuropa percentuale del valore della produzione commercializzata dalle Organizzazioni dei Produttori; l obiettivo è la concentrazione dell offerta, finalizzata alla stabilizzazione dei prezzi agricoli, al miglioramento del funzionamento del mercato e delle filiere e alla qualificazione dei prodotti Le azioni messe in atto per le suddette finalità potrebbero essere cofinanziate dai produttori, come già avviene oggi per il Fondo di esercizio delle Organizzazioni dei Produttori ortofrutticoli. Misura B2: Interventi e regolamentazione dei mercati a livello europeo La gestione della volatilità dei mercati e la protezione contro le crisi di mercato richiedono il mantenimento di alcune politiche di mercato gestite a livello comunitario. Non si tratta del ritorno alla vecchia politica di garanzia, piuttosto il mantenimento di alcune reti di sicurezza e l introduzione di nuove politiche di gestione dei rischi tramite strumenti assicurativi. Tra le reti di sicurezza gestite a livello comunitario, conservano la loro utilità il controllo delle importazioni, il mantenimento di alcune forme di intervento in situazioni di crisi grave e la gestione degli stock. Una politica del tipo qui proposto può comportare anche l introduzione di misure di stabilizzazione da attivarsi soltanto occasionalmente in circostanze eccezionali (una politica questa per la quale la PAC e l UE non ha esperienza, ma che consentirebbe di impegnare risorse in modo efficiente solo saltuariamente, nelle circostanze specifiche in cui ce ne fosse bisogno). Misura B3: Ammodernamento, innovazione e capitale umano nei sistemi agroalimentari e rurali La debolezza strutturale dell agricoltura, i rapporti contrattuali squilibrati nelle filiere a danno soprattutto degli agricoltori nella distribuzione del valore e dei consumatori nella determinazione dei prezzi, le difficoltà del ricambio generazionale, l incapacità di generare un flusso autonomo di innovazione e progresso tecnico, sono fenomeni specifici del settore agricolo e dei territori rurali. Il sostegno alla competitività complessiva dei sistemi agricoli, alimentari e rurali dell Unione Europea è fondamentale per rimuovere le debolezze specifiche. Una Politica per i sistemi agricoli e alimentari che intenda uscire dalla logica assistenziale deve promuovere lo sviluppo di imprese agricole e agroalimentari sempre più competitive, ovvero capaci di rapportarsi con il mercato. Analogamente per i territori rurali, deve promuovere l azione degli attori locali che operano nella promozione territoriale, nell integrazione intersettoriale, nel miglioramento della qualità della vita e nella creazione di imprese nelle aree rurali. A tal fine, per le imprese agricole e agroalimentari, è necessario un flusso costante e permanente di incentivi selettivi all ammodernamento, all introduzione di innovazioni, alla qualificazione delle produzioni, alla crescita del capitale umano e al ricambio generazionale, già presenti attualmente nell Asse 1 della politica di sviluppo rurale. Analogamente, per le imprese e gli attori dei sistemi rurali, è utile proseguire con la politica di incentivazione alle filiere territoriali e/o contratti collettivi tra gli attori del mondo rurale a livello territoriale, compresa la diversificazione e la creazione di microimprese, già presenti attualmente nell Asse 3 della politica di sviluppo rurale. Particolare importanza a questo riguardo ha l introduzione di forme di premialità volte a favorire in ogni forma l aggregazione delle imprese, nel territorio e nelle filiere. Politiche e strumenti integrati, flessibili e mirati La nuova Politica per i sistemi agricoli e alimentari dell UE deve possedere congiuntamente tante caratteristiche. Essa deve: essere poliedrica, ovvero capace di rispondere ai molteplici obiettivi assegnati dal mondo agricolo e agroalimentare (stabilizzazione dei redditi e dei mercati, efficienza delle filiere, sviluppo rurale), dai contribuenti (produzione di beni pubblici) e dai consumatori (sicurezza alimentare, prezzi ragionevoli al consumo); fornire una risposta specifica alle diverse tipologie di destinatari: imprese professionali, imprese part-time, imprese di sussistenza; essere capace di adattarsi alle diverse tipologie territoriali, che rappresentano una grande ricchezza dell Unione Europea; affrontare problemi di natura sia strutturale che congiunturale; integrarsi con le altre politiche comunitarie, in particolare con la politica di coesione, ma anche con la politica della ricerca, la politica ambientale, la politica energetica e così via. Per queste ragioni gli strumenti devono essere flessibili, mirati, polifunzionali, integrabili, efficienti ed efficaci. Nello stesso tempo, ogni misura va rapportata ad uno specifico obiettivo. È attraverso la somma complessiva dei singoli interventi che si realizza il sostegno complessivo alle imprese, alle filiere e all intero settore (Figura 4). Figura 4 - Una Politica per i sistemi agricoli e alimentari dell UE che si sviluppa in modalità differenziate sul territorio sul quale si sommano i singoli interventi Euro / unità Incentivi alla competitività Pagamenti per i beni pubblici B3 - Incentivi per ammodernamento, innovazione e capitale umano B2 - Interventi e regolamentazione dei mercati a livello europeo A2 - Maggiorazione per handicap naturali A1 - Pagamento unico regionalizzato e disaccoppiato Pianura Collina Fonte: Ns. elaborazioni su index.html?lang=fr Politiche congiunturali e strutturali A3 - contributi per la produzione di beni pubblici differenziati territorialmente B1 - Produzione di alimenti, adeguamento dell offerta e promozione di filiere organizzate Montagna diversa marginalità Natura 2000 Fonte: ns. elab. su La politica per i sistemi agricoli e alimentari dell UE identifica un mix di strumenti che risponde sia alle esigenze di una politica congiunturale che strutturale. Nel quadro degli obiettivi congiunturali, essa deve rispondere alle esigenze di stabilizzazione dei mercati, soprattutto nei periodi, come l attuale, caratterizzati forti crisi di mercato. A questo scopo (Tabella 2), sono dedicate, principalmente, le misure B2 - Interventi e regolamentazione dei mercati a livello europeo e B3 - Produzione di alimenti e adeguamento dell offerta e promozione di filiere organizzate. Anche il pagamento disaccoppiato della misura A1 - Produzione di beni pubblici europei, che risponde agli obiettivi ambientali e sociali, può contribuire alla stabilizzazione dei redditi, che è fondamentale per il mantenimento dell economia agricola nel breve periodo.

15 agriregionieuropa Pagina 15 Tabella 2 - Riferimenti temporali per la politica per i sistemi agricoli e alimentari dell UE Misure Congiunturali Miste (congiunturali e strutturali) Strutturali Politica B2. Interventi e regolamentazione dei mercati a livello europeo B1. Produzione di alimenti, adeguamento dell offerta e promozione di filiere organizzate A1. Produzione di beni pubblici europei A2. Agricoltura in territori con handicap e squilibri naturali B3. Ammodernamento, innovazione e capitale umano nei sistemi agroalimentari e rurali A3. Produzione di beni pubblici differenziati territorialmente Inoltre la Politica per i sistemi agricoli dell UE deve affrontare i fabbisogni di innovazione, di ricambio generazionale e di ammodernamento delle filiere e deve creare le condizioni per lo sviluppo duraturo delle zone rurali (politica strutturale). A questo scopo, sono dedicate le misure B3 - Ammodernamento, innovazione e capitale umano nei sistemi agroalimentari e rurali e tutte le misure A - Produzione di beni pubblici. Le prime migliorano il funzionamento dei mercati, favoriscono l adeguamento infrastrutturale e organizzativo dell ambiente in cui operano le imprese, rimuovono le difficoltà del ricambio generazionale in agricoltura. Le seconde mirano al mantenimento dei terreni a rischio di abbandono, mentre nelle regioni più fertili assicurano un agricoltura meno impattante sull ambiente. In altre parole, il mix di misure assicura un agricoltura competitiva e sostenibile nel lungo periodo. Una politica nel rispetto della sussidiarietà La Politica per i sistemi agricoli e alimentari dell UE, qui proposta, identifica una serie di strumenti coerenti con il principio di sussidiarietà, in base al quale la definizione e la gestione viene svolta dall'entità territoriale amministrativa più vicina ai cittadini (gli Stati membri e le Regioni), mentre viene esercitata dai livelli amministrativi superiori (Unione Europea) solo se questa può rendere il servizio in maniera più efficace ed efficiente; solo se assicura, in altre parole, un valore aggiunto europeo. Per queste ragioni, alcune misure sono a regia comunitaria, mentre altre sono a regia congiunta: comunitaria, nazionale e/o regionale (Tabella 3). Tabella 3 - La regia della politica per i sistemi agricoli e alimentari dell UE Misure A regia comunitaria A regia comunitaria e regionale: UE e Stati membri (e Regioni) Politiche A1. Produzione di beni pubblici europei A2. Agricoltura in territori con handicap e squilibri naturali B2. Interventi e regolamentazione dei mercati a livello europeo B1. Produzione di alimenti, adeguamento dell offerta e promozione di filiere organizzate B3. Ammodernamento, innovazione e capitale umano nei sistemi agroalimentari e rurali A3. Produzione di beni pubblici differenziati territorialmente La misura A1 - Produzione di beni pubblici europei, A2 - Agricoltura in territori con handicap e squilibri naturali e B2 - Interventi e regolamentazione dei mercati a livello europeo sono misure a regia comunitaria, in quanto, secondo il principio della sussidiarietà, gli obiettivi di tali misure non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti, essere realizzati meglio a livello comunitario (come previsto dal Trattato dell UE). Una politica a regia comunitaria non è, tuttavia, in grado di tener conto delle specificità e delle esigenze locali, per cui dovrà essere completata territorialmente con gli interventi a regia mista (comunitaria e nazionale e/o regionale), tali da indurre o premiare comportamenti specifici, mirati a soddisfare i fabbisogni territoriali con misure selettive, nella logica del modello attualmente vigente per la politica di sviluppo rurale. Per questi motivi, le misure B1 - Produzione di alimenti e adeguamento dell offerta e promozione di filiere organizzate, B3 - Ammodernamento, innovazione e capitale umano nei sistemi agroalimentari e rurali e A3 - Produzione di beni pubblici differenziati territorialmente devono svilupparsi da indirizzi a livello comunitario, ma la loro implementazione e la loro gestione deve prevedere un ampio ruolo degli Stati membri e delle Regioni. Il finanziamento delle politiche La questione del finanziamento delle politiche, e quella connessa del cofinanziamento, è una delle questioni aperte nel dibattito sul futuro della Pac. Nell ipotesi di un superamento della logica dei due pilastri, le competenze, le procedure e il regime di finanziamento possono essere differenziati in relazione ai diversi obiettivi e alle diverse misure. In linea di principio (Tabella 4), le misure a regia comunitaria sono orizzontali, rispondono a interessi europei e, pertanto, sono finanziate totalmente dall Unione Europea. All opposto, le altre politiche sono cofinanziate dagli Stati membri, nel caso della produzione di beni pubblici, e cofinanziate dagli Stati membri e dalle imprese nel caso di politiche finalizzate alla competitività. Tabella 4 - Il finanziamento della politica per i sistemi agricoli e alimentari dell UE Misure Politiche Finanziamento Beni pubblici Competitività A1. Produzione di beni pubblici europei A2. Agricoltura in territori con handicap e squilibri naturali A3. Produzione di beni pubblici differenziati territorialmente B1. Produzione di alimenti, adeguamento dell offerta e promozione di filiere organizzate B2. Interventi e regolamentazione dei mercati a livello europeo B3. Ammodernamento, innovazione e capitale umano nei sistemi agroalimentari e rurali 100% Ue 100% Ue Cofinanziamento degli Stati membri Cofinanziamento degli Stati membri e delle imprese 100% Ue Cofinanziamento degli Stati membri e delle imprese La figura 5 raccoglie una proposta complessiva di ripartizione delle risorse di bilancio tra i due macro obiettivi e le sei misure proposte in questo documento. Ovviamente si tratta di un tentativo coraggioso di fornire una qualche quantificazione sulla quale imbastire il confronto e con la quale entrare in ulteriori dettagli. Figura 5 - Una proposta di massima per la distribuzione delle risorse tra i macro obiettivi e misure nella politica per i sistemi agricoli e alimentari dell UE B3 - Innovazione; B3 - Innovazione; 25% 25% A1 - Beni pubb europei; A1 - Beni 30% pubb europei; 30% B2 Stabilizz B2 - Stabilizz mercati; 10% mercati; 10% A. A. Beni Beni pubblici A2 - Handicap; 10% A2 - Handicap; 10% A3 - Beni pubb differenz; A3 - Beni 10% pubb differenz; 10% B. Competitività B1 - Filiere e offerta; B1 - Filiere e offerta; B1 15% - Filiere e offerta; 15%

16 Pagina 16 agriregionieuropa Una proposta aperta e coraggiosa Completata la riforma Fischler con l Health Check, il dibattito sul futuro della PAC si è arrestato e ha attraversato una lunga fase di stallo in attesa delle elezioni europee, dell entrata in vigore del Trattato di Lisbona e della nomina della nuova Commissione. Dopo la lunga pausa, esso è ripreso recentemente con vigore e notevole impegno. E indubbiamente merito del Commissario Cioloş l aver innescato questa accelerazione, aprendo una breve ma intensissima fase di consultazione e mettendo a calendario una serie di appuntamenti ravvicinati (il più importante, quello del luglio a Bruxelles) che consentirà di arrivare in autunno, e comunque prima della fine dell anno, a delle proposte organiche e massimamente condivise. La posta in gioco è enorme, anche se spesso non sembra ci sia piena consapevolezza. Se questo processo dovesse ritardare o non concludersi positivamente, sul tavolo parallelo della riforma del bilancio mancherebbe un fondamentale contrappeso alle reiterate richieste di una sostanziale riduzione del bilancio della PAC (oggi il 43% del bilancio complessivo dell UE). Tante altre politiche, pure necessarie e urgenti in Europa, infatti, chiedono maggiori risorse, anche in relazione alle nuove priorità dettate dalla crisi economica e finanziaria. In tal caso, la riforma della PAC potrebbe essere più dettata dai tagli nel budget, che da una genuina riflessione sul ruolo dell agricoltura e delle aree rurali nella costruzione europea. In questi tempi di ristrettezze finanziarie e di pesantissime manovre di bilancio a carico dei cittadini, realisticamente si può supporre che il taglio al bilancio della politica agricola possa non esserci (o comunque essere contenuto) se si dispone di una proposta ragionevole e condivisa, ma che esso possa anche raggiungere e superare il - 50% nell ipotesi opposta. È questa la posta in gioco, anche se è difficile fare previsioni. E così che, da relativamente poco tempo, il dibattito sulla riforma della PAC si è riacceso e non passa settimana che nuove analisi e nuove proposte vedano la luce. I contributi alla consultazione voluta dal Commissario Cioloş sono alcune migliaia. Nuovi siti internet favoriscono la comunicazione e la diffusione delle prese di posizione. Si organizzano convegni e giornate di studio. Numerosi economisti si sono pronunciati con proprie considerazioni e nuovi suggerimenti. Si fa fatica addirittura ad essere aggiornati, tanto rapide e incalzanti sono le novità. E difficile così anche tentare un bilancio. Alcune considerazioni comunque sembrano acquisite e attorno ad esse si concentra gran parte dei documenti e le proposte, tanto che, pur nella diversità delle posizioni e degli accenti, si direbbe che i tanti contributi convergano in una direzione che li accomuna: la dotazione di spesa agricola diminuirà certamente; questo influirà soprattutto sui livelli del pagamento unico, riguardo al quale il calcolo su base storica verrà sostituito da qualche forma di regionalizzazione; la politica agricola tenderà a concentrarsi sui beni pubblici (meno chiare sono le modalità e gli strumenti della loro valorizzazione); sarà necessario introdurre alcune forme di intervento volte ad assicurare maggiore stabilità nei mercati. Non molto di più viene detto. L impressione complessiva è che, nonostante l impegno, l elaborazione muova su strade già battute, proponga soluzioni già sperimentate e manchi uno sforzo rivolto a trovarne di nuove. Il tema della competitività in particolare (nel quadro di una visione sistemica come qui proposto), pur centrale nel documento Strategy EU-2020 e che legherebbe la politica agricola e agro-alimentare alla strategia europea per uscire dalla crisi economica favorendo sviluppo e occupazione, è molto spesso trascurato e trattato riduttivamente senza immaginare, come invece qui si propone di impegnare anche consistenti risorse nella sua direzione. Il rischio è che, nel tavolo del confronto con le altre politiche dell UE, la proposta di riforma della PAC sia interpretata come un ulteriore tentativo di muoversi nel senso della conservazione dello status quo per minimizzare i cambiamenti o attenuare l impatto redistributivo di nuove scelte. Questo atteggiamento non è nuovo. Nel passato ha consentito la conservazione della vecchia PAC oltre ogni più ottimistica previsione. Ma oggi potrebbe essere suicida e aprire uno scontro sul bilancio tra interessi agricoli e non agricoli dal quale l agricoltura potrebbe uscirne sconfitta. E quindi tempo di avanzare proposte coraggiose di una riforma della PAC che non sia soltanto di facciata, ma che ne investa la sostanza. Siamo consapevoli che la proposta qui ancora soltanto abbozzata rappresenta una cesura con l attuale PAC e si differenzia sostanzialmente, puntando decisamente, e con pari impegno, su beni pubblici e competitività, rispetto a tante delle proposte finora avanzate. Per queste ragioni essa va correttamente intesa come un contributo alla riflessione e all ulteriore elaborazione. Riferimenti bibliografici AA. VV. 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Da allora, un uso massiccio e un aumento incessante delle fonti fossili d energia e la continua distruzione e degradazione degli habitat naturali hanno liberato in atmosfera enormi quantità di CO 2 prima fissata nei giacimenti geologici e negli ecosistemi vegetali. A scala globale, negli ultimi dieci anni, le emissioni antropiche di CO 2 e di altri gas ad effetto serra sono cresciute al ritmo di circa 0,9 miliardi di tonnellate (Gt) di anidride carbonica equivalente (CO 2 eq) l anno, fino a raggiungere 32,3 GtCO 2 eq nel corso del L aumento della CO 2 e di altri gas-serra, tra cui metano (CH 4 ) e protossido di azoto (N 2 O) 1 è, secondo quanto dimostrato dall Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC, 2007), inequivocabilmente alla base del riscaldamento globale e dei susseguenti cambiamenti climatici. Il settore primario gioca un ruolo fondamentale in questi processi, sia nel ruolo attivo di emettitore (da cui la necessità di politiche di mitigazione), sia in quello passivo per le trasformazioni che il cambiamento climatico induce nella disponibilità, distribuzione e stabilità dei fattori produttivi e quindi nei prodotti e nei servizi offerti (da cui la necessità di politiche di adattamento). Nelle pagine successive si cercherà di offrire una lettura, necessariamente molto sintetica, delle relazioni tra cambiamento climatico e settore primario al fine di inquadrare e collegare in un quadro logico gli articoli pubblicati in questo numero della rivista. Il ruolo del settore primario nelle emissioni di gas di serra L agricoltura mondiale - estesa su circa il 45% delle terre emerse del pianeta - rilascia in atmosfera una quantità considerevole di CO 2, CH 4, e N 2 O (Cole et al., 1997; IPCC, 2001a; Paustian et al., 2004, Smith et al., 2007). Secondo il Quarto Rapporto di Valutazione dell IPCC (vd. in particolare Denman et al., 2007), nel 2005, questi tre gas di origine agricola contribuivano per 5,1-6,1 GtCO 2 eq, pari al 10-12% alle emissioni globali di gas di serra di natura antropica (Tabella 1) 2. (Va ricordato, nondimeno, che le emissioni derivanti dall uso dell elettricità e dei combustibili del comparto agricolo sono imputate, ai fini del conteggio nazionali delle emissioni, rispettivamente, ai settori delle costruzioni e dei trasporti) La CO 2 si forma essenzialmente dalla degradazione microbica, dalla combustione delle piante e dei residui vegetali e dall ossidazione della sostanza organica del suolo (Smith, 2004; Janzen, 2004). Dai suoli agricoli si generano grandi flussi di CO 2 verso l atmosfera. Questi output sono però quasi interamente controbilanciati da quelli diretti dall atmosfera verso suolo, attraverso i processi esaminati nel capitolo redatto da Jandl su questo numero della rivista. Il bilancio netto delle emissioni di CO 2 è pari a circa 0,04 GtCO 2 eq, meno dell 1% delle emissioni globali di CO 2 di natura antropogenica. Viceversa il CH 4 e il N 2 O hanno un ruolo ben più significativo sull effetto serra 3. Il CH 4 (circa 3,3 GtCO 2 eq l anno, il 47% delle emissioni globali di questo gas) è prodotto dalla decomposizione della sostanza organica in condizioni anaerobiche e, in particolare, dai processi digestivi (fermentazione enterica), dalla degradazione anaerobica delle deiezioni degli allevamenti

18 Pagina 18 agriregionieuropa zootecnici (emissioni derivanti dalla gestione delle deiezioni) e dalle coltivazioni di riso in sommersione (che in Italia è concentrata in una limitata area della Pianura Padana, che comprende le province di Pavia, Milano, Novara e Vercelli). L N 2 O (2,8 GtCO 2 eq l anno, il 58% emissioni globali di questo gas) è generato dalla trasformazione microbica dell azoto nei suoli, in condizioni sia aerobiche sia anaerobiche, e particolarmente quando l azoto disponibile eccede la richiesta delle piante e in condizioni di eccesso di umidità. Tabella 1 - Aumento della concentrazione dei principali gas-serra dall era preindustriale al 2005 (ppm: parti per milione; ppb: parti per bilione) Gas-serra Anidride carbonica (CO 2) (ppm) Metano (CH 4) (ppb) Protossido di azoto (N 2O) (ppb) Fonte: IPCC, 2007 Era preindustriale 2005 Variazione ,4% % emissioni di ogni singolo gas del settore agricoloforestale sul totale delle emissioni antropogeniche al % ca. (di cui l 1% dal settore agricolo) ,1% 47% ca ,1% 58% ca. Globalmente, le emissioni agricole di gas-serra sono aumentate del 17% dal 1990 al 2008; viceversa, nell EU-27 sono diminuite del 20% (EEA, 2010). Anche in Italia, come evidenziato da Condor e Vitullo in questo numero della rivista, il peso dell agricoltura sull effetto serra è diminuito in maniera considerevole dal 1990 al Attualmente essa contribuisce per il 6,6% ai 541,5 milioni di tonnellate (Mt) di CO 2 eq emessi nel nostro paese. Il calo delle emissioni di gas di serra è il risultato di diversi fattori, tra cui: l aumento della produttività e la riduzione della popolazione degli allevamenti, il miglioramento delle pratiche gestionali dei suoli agricoli, lo sviluppo e l implementazione delle politiche agricole e ambientali (ISPRA, 2009). Il ruolo e la dinamica delle foreste nelle emissioni di gas di serra sono caratterizzati da pattern diversi rispetto all agricoltura. Tra il 2000 e il 2010 sono stati distrutti circa 13 milioni di ettari (M ha) di foreste l anno, la maggior parte dei quali nella regione tropicale (2,6 M ha in Brasile e 2,5 M ha in Indonesia) (FAO, 2010). A causa di ciò, nello stesso periodo sono state liberate in atmosfera circa 1,6 GtC o 5,9 GtCO 2 l anno, pari al 18% delle emissioni antropogeniche globali. Ciò dipende evidentemente dal fatto che le foreste sono il bioma con la maggiore densità di carbonio, da poche decine a diverse centinaia di tonnellate di carbonio ad ettaro, che sono liberate in atmosfera totalmente al momento della loro distruzione o parzialmente in presenza di fenomeni di degradazione. Le nuove piantagioni e l espansione naturale delle foreste sui terreni agricoli abbandonati a causa dell esodo dalle aree rurali (un fenomeno ormai decennale che interessa tutti i paesi più ricchi e industrializzati del pianeta) hanno parzialmente compensato questa diminuzione, portando il dato medio a livello globale della superficie netta deforestata intorno a 5,2 M ha l anno. Tuttavia, quanto la creazione di nuove foreste e la crescita degli stock nelle foreste rimaste tali, siano in grado di compensare le emissioni dovute alla deforestazione rimane ancora un processo rispetto al quale i dati delle diverse fonti non concordano. Gurney et al. (2002) ritengono che negli anni 90 il bilancio tra le emissioni e gli assorbimenti sia stato in equilibrio nell emisfero nord e negativo nei tropici. Denman et al. (2007), per lo stesso decennio, riportano un residual terrestrial sink pari a 9,5 GtCO 2 l anno, mentre le loro stime relative alla deforestazione tropicale portano a valutare una quantità di emissioni pari a 5,8 GtCO 2 l anno. Gli impatti dei cambiamenti climatici su agricoltura e foreste Il già citato Quarto rapporto di valutazione dell IPCC (vedi in particolare Fischlin et al., 2007) e una serie innumerevole di studi successivi (di cui Campbell et al., 2009, presentano una ricca rassegna) dimostrano che i cambiamenti climatici stanno producendo alterazioni significative sugli ecosistemi agricoli e forestali, le specie e i genotipi che li costituiscono. Ciò avviene principalmente attraverso l aumento delle temperature medie, la modificazione dei modelli di precipitazione, la maggior frequenza di eventi estremi (uragani, tempeste, ondate di caldo). L articolo curato da Gaudioso in questo numero della rivista tratta le basi scientifiche di questi fenomeni. Le anomalie climatiche fin qui registrate hanno portato a modificazioni dei processi fisiologici (fotosintesi, respirazione, crescita delle piante, efficienza di utilizzo dell acqua, composizione dei tessuti, metabolismo e decomposizione, ecc. - Araújo e Rahbek, 2006). Numerose recenti ricerche, basate su osservazioni dirette, su esperimenti e su modelli, dimostrano che i cambiamenti climatici hanno prodotto impatti significativi sia a livello di ecosistemi (in termini di distribuzione, composizione, struttura, funzione, fenologia, servizi ecosistemici), sia di specie (con variazioni di fenologia, distribuzione, popolazione) e genetici (Sala et al., 2000; Peñuelas e Filella, 2001; Chuine et al., 2005; Thuiller, 2008; Campbell et al., 2009). Esiste anche in Italia una corposa letteratura a dimostrazione degli impatti dei cambiamenti climatici sui sistemi agricoli e forestali già in corso (Bindi et al., 1996; Maracchi, 2005; Maracchi et al., 2005; Stanisci et al., 2005; Moriondo e Bindi, 2007; Cannone et al., 2007; Cannone et al., 2008; Carraro e Sgobbi, 2008; Orlandini et al., 2009). Essi includono lo spostamento verso Nord e verso quote più elevate del range geografico di molte specie, sia agricole sia forestali. L estensione della stagione vegetativa ha determinato un aumento della produttività nella regione bio-geografica alpina, mentre condizioni climatiche più secche e calde sono state responsabili di una più ridotta produttività agricola e forestale e di un aumento degli eventi e della severità degli incendi nella fascia mediterranea. Per il futuro, gli impatti e le risposte degli ecosistemi agricoli e forestali ai trend dei cambiamenti climatici diventeranno sempre più acuti, anche se di entità diversa, a seconda delle regioni geografiche e dei tipi di vegetazione (Thuiller, 2005; Dormann et al., 2008). Per quanto riguarda l agricoltura, gran parte delle ricerche indica che i cambiamenti climatici avranno effetti generalmente negativi sulla capacità produttiva del settore (Nelson et al., 2009). Gli impatti più significativi interesseranno le regioni più povere del pianeta, dove anche variazioni minime del regime climatico potranno avere effetti sensibili sulle popolazioni locali (Altieri e Koohafkan, 2008). Anche la regione alpina e gli ecosistemi montani sono considerati particolarmente vulnerabili agli impatti dei cambiamenti climatici (Campbell et al., 2009). Possibili variazioni potranno riguardare la struttura delle comunità vegetali montane e la migrazione a quote maggiori e a nord di animali e piante. Per la regione mediterranea, a fronte di scenari climatici di riduzione delle precipitazioni (specialmente nel periodo estivo) e dell aumento della temperatura al di sopra dei valori previsti per la scala globale, si prevede un espansione degli adiacenti sistemi aridi e semi-aridi. Gli esperti prevedono una variazione della distribuzione spaziale della flora e la contrazione della distribuzione delle foreste, specialmente nel Meridione d Italia; le specie endemiche mediterranee affronteranno le minacce maggiori, a causa della prevista riduzione delle precipitazioni, la maggiore intensità degli incendi, l aumento dei fenomeni erosivi, l alterazione della fenologia e della stagione vegetativa, della funzione e della produttività degli ecosistemi. Gli effetti positivi della fertilizzazione carbonica potrebbero essere neutralizzati

19 agriregionieuropa Pagina 19 dalla limitata disponibilità di acqua e dalle più elevate temperature. I cambiamenti climatici, infine, avranno inevitabilmente un impatto sui servizi ecosistemici che l agricoltura e le foreste offrono, con importanti conseguenze economiche e sociali per il settore. Il contributo di Palatnik e Nunes in questo numero della rivista evidenzia che anche in termini di perdita di biodiversità gli impatti nei paesi ad economia povera saranno più significativi, per la loro maggiore vulnerabilità rispetto ai paesi sviluppati, una vulnerabilità che dipende dalla combinazione di alti livelli di esposizione e sensibilità. Il ruolo di mitigazione delle attività agricole e forestali Considerando tutti e tre gas di serra agricoli (CO 2, N 2 O, CH 4 ), il potenziale tecnico globale di mitigazione del settore agricolo (escludendo l effetto sostitutivo della bio-energia sulle fonti fossili), al 2030, è considerato pari a Mt CO 2 eq l anno (Smith et al., 2007 e 2008). Al prezzo rispettivamente di 20, 50 e 100 US$ per tco 2 eq, il potenziale economico è stimato pari a , , Mt CO 2 eq l anno, sempre al Gran parte di questo potenziale (70%) si concentra nei paesi in via di sviluppo, il 20% nei paesi industrializzati e il 10% nei paesi con economia in transizione. Come evidenziato nell articolo di Jandl in questo numero della rivista, gran parte del potenziale economico di mitigazione è legato alle pratiche di fissazione di carbonio nel suolo, vale a dire a quelle pratiche (quali la minima e la non-lavorazione, la rotazione e l avvicendamento colturale, il sovescio, l uso di ammendanti, l inerbimento, il miglioramento della gestione dei pascoli, la gestione integrata degli elementi nutritivi, il set-aside) che consentono il ritorno del carbonio nei suoli agricoli. È noto infatti che, soprattutto nei paesi industrializzati, la maggior parte dei suoli agricoli ha perso da 30 a 40 tonnellate di carbonio per ettaro e che in generale l attuale stock di carbonio organico è molto al di sotto della capacità potenziale. In questo senso, una strategia valida di aumento degli stock di carbonio è il recupero di suoli degradati o desertificati, attraverso interventi di afforestazione o rivegetazione. È evidente che non esiste una singola pratica o tecnica agronomica per tutti i tipi di suoli, di condizioni climatiche, di sistema di coltivazione. Occorre invece individuare, di volta in volta, quelle pratiche e tecniche agronomiche che meglio si adattano alle specifiche condizioni stazionali per massimizzarne la capacità di fissazione di carbonio nel suolo. A titolo indicativo, quest ultima può variare da 1 tco 2 ad ettaro l anno nelle regioni caldo-aride a 2 tco 2 ad ettaro l anno nelle regioni temperatoumide. È opportuno infine evidenziare che le opzioni prima indicate contengono forti sinergie con la produttività delle colture, con la resilienza e l adattamento dei sistemi agricoli agli impatti dei cambiamenti climatici, con gli obiettivi di riduzione delle emissioni di N 2 O e CH 4 e di fornitura di biomasse per energia (Bellarby et al., 2008; Niggli et al., 2008; CEC, 2009). Questo volume, inoltre, presenta un lavoro di Coderoni e Bonati, in cui sono esaminate alcune diverse modalità di incentivazione alla mitigazione delle emissioni zootecniche, con particolare attenzione al recupero di biogas. A scala globale, ai prezzi di 20, 50 e oltre 100 US$ per tco 2 eq, rispettivamente, il potenziale economico al 2030 di mitigazione della bio-energia da colture è valutato in , e 2720 Mt CO 2 eq l anno (Smith et al., 2007 e 2008). Il settore forestale può offrire validi strumenti di mitigazione, sia sul lato della riduzione delle fonti di emissione di gas-serra, sia sul lato degli aumenti degli stock di carbonio (Nabuurs et al., 2007). Essi possono essere raggruppati in tre categorie: tutela delle superfici forestali e loro espansione, attraverso il contenimento della deforestazione e la realizzazione di nuove foreste (afforestazione e riforestazione); mantenimento o aumento della densità a scala stazionale della biomassa (e del carbonio), attraverso l allungamento dei turni forestali, la difesa antincendio, gli interventi di contenimento dei danni biotici (insetti, patogeni, ecc.) e abiotici (agenti meteo-climatici, ecc.), i rinfittimenti, la conversione della forma di governo; produzione di materiali ad accumulo di carbonio (prodotti con lunghi cicli di vita, quali travi, infissi, pavimenti e mobili) o con effetti sostitutivi delle fonti fossili d energia e a base di cemento. Per valutare il potenziale economico delle attività forestali nelle politiche di stabilizzazione climatica è opportuno rifarsi alle stime del Quarto rapporto di valutazione dell IPCC. Al 2030, considerando uno scenario di politiche di stabilizzazione climatica con prezzi di 100 US$ per tco 2 eq, le opzioni offerte dalle tre categorie di interventi sopra ricordate possono contribuire a compensare le emissioni per 3,1 GtCO 2 eq l anno (Nabuurs et al., 2007). Sempre l IPCC stima che in Europa il sink concretamente attuabile dalle opzioni forestali sia compreso, da qui al 2040, tra i 90 e 180 Mt CO 2 l anno. Le politiche climatiche: la Convenzione quadro e il Protocollo di Kyoto La prima risposta politica della comunità internazionale al problema dei cambiamenti climatici è stata l adozione nel 1992 della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (United Nations Framework Convention on Climate Change -UNFCCC). L UNFCCC ha definito un quadro operativo basato su tre linee d azione per pervenire a una stabilizzazione della concentrazione dei gas-serra in atmosfera, per non causare pericolose interferenze antropogeniche con il sistema climatico : la riduzione dei consumi di combustibili fossili, il miglioramento dell efficienza energetica, lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili. Inoltre, l UNFCCC ha contemplato, tra gli altri interventi, l adozione di pratiche agronomiche e zootecniche che riducano le emissioni di CO 2 e, soprattutto, di N 2 O e CH 4 come strumenti validi per mitigare l effetto serra. Infine, l UNFCCC ha riconosciuto che le attività di utilizzo dei suoli agricoli e forestali, definite Land-Use, Land-Use Change and Forestry (LULUCF), hanno un ruolo specifico nella riduzione della concentrazione di gas di serra in atmosfera, che deriva dalla capacità delle piante di assorbire CO 2 e fissarla per periodi più o meno lunghi nella biomassa viva e morta e nel suolo, di produrre biomassa in sostituzione di fonti fossili di energia e di materiali energyintensive, quali acciaio e cemento. I sistemi di monitoraggio e le modalità di reporting relativi all UNFCCC sono descritti nell articolo di Byrne e Ciccarese in questo numero della rivista. L UNFCCC, entrata in vigore nel 1994 e approvata da ben 192 paesi, è stata integrata nel dicembre del 1997 dal Protocollo di Kyoto, un trattato che impegna 40 paesi industrializzati e con economia in transizione a contenere le loro emissioni di gasserra entro limiti ben definiti. Questi paesi, elencati nell Allegato I della Convenzione 4, si sono impegnati a ridurre le emissioni complessive di sei gas-serra del 5,2% rispetto a quelle registrate nel 1990, entro il periodo (conosciuto come primo periodo d impegno ). Il Protocollo di Kyoto è entrato in vigore il 16 febbraio 2005 e, al momento, è stato ratificato da 177 paesi, tra cui un certo numero di paesi industrializzati che totalizzano il 63,7% delle emissioni al 1990 dei paesi dell Allegato I. Il Protocollo ha previsto tre strumenti di mercato (noti come meccanismi flessibili ) a cui i paesi possono ricorrere per raggiungere i loro target nazionali di riduzione delle emissioni di gas di serra in maniera efficiente. Essi sono: Il Clean Development Mechanism (CDM), che consente ai paesi dell Allegato I di investire in progetti da realizzare nei paesi in via di sviluppo, in grado di ridurre le emissioni di gas-serra, ma anche di favorire in questi paesi lo sviluppo

20 Pagina 20 agriregionieuropa tecnologico, economico e sociale; Il Joint Implementation (JI), che ammette la possibilità per i paesi dell Allegato I di realizzare progetti per la riduzione delle emissioni di gas-serra in un altro paese dello stesso gruppo e di utilizzare i crediti derivanti, congiuntamente con il paese ospite; l Emissions Trading (ET), che riconosce la possibilità di organizzare un commercio di crediti di emissione tra i paesi dell Allegato I (per esempio tra un paese che abbia conseguito una diminuzione delle proprie emissioni di gas serra superiore al proprio obiettivo e un paese che viceversa non sia stato in grado di rispettare i propri impegni di riduzione). Il Protocollo di Kyoto contempla anche una serie di attività LULUCF come modalità che i paesi possono impiegare per raggiungere gli obiettivi di riduzione o contenimento delle emissioni di gas-serra (Schlamadinger et al., 2007). Specificatamente, per il periodo , così come deciso nelle diverse Conferenze delle Parti da Kyoto a Marrakech (UNFCCC, 2002), il Protocollo di Kyoto stabilisce che gli inventari nazionali dei gas di serra debbano essere integrati dai dati relativi a una serie di attività LULUCF e in particolare: 1. le variazioni degli stock di carbonio tra il 2008 e il 2012 su foreste di nuova costituzione e sulle aree deforestate dal 1990 in poi; 2. le variazioni degli stock di carbonio nelle superfici forestali sottoposte a gestione, fino a un tetto massimo specifico per ogni nazione, che, in molti casi è solo una frazione della presunta capacità fissativa; 3. le variazioni degli stock di carbonio e delle emissioni non- CO 2 tra il 2008 e il 2012 sulle superfici agricole e pascolive sottoposte a gestione e sulle superfici interessate da fenomeni di rivegetazione. Tabella 2 - Sintesi delle attività LULUCF nel primo periodo di impegno ( ) del Protocollo di Kyoto Uso iniziale del suolo Foresta Uso finale del suolo Coltura agraria Pascoli Foresta Gestione forestale Deforestazione Deforestazione Coltura agraria Pascoli Afforestazione* e Riforestazione* Afforestazione* e Riforestazione* Gestione di coltura agraria Gestione di coltura agraria Gestione di pascoli Gestione di pascoli * Attività LULUCF ammesse anche come progetti Clean Development Mechanism (CDM). Nella tabella non è segnalata una attività LULUCF, la rivegetazione, perché essa non è associata a una specifica categoria di uso del suolo. La rivegetazione può realizzarsi su aree agricole e pascolive, come pure su aree urbane e insediative, ma non su foreste. Fonte: Schlamadinger et al. (2007) mod. Le attività al punto 1 (art. 3.3 del Protocollo) devono essere contabilizzate obbligatoriamente, mentre le attività ai punti 2 e 3 (art. 3.4) possono essere contabilizzate su base volontaria. L Italia, per il periodo , ha deciso d includere la sola gestione forestale e di escludere la gestione dei suoli agricoli, dei prati e dei pascoli e la rivegetazione dalle attività opzionali previste dal Protocollo di Kyoto. Detta esclusione è stata motivale con la difficoltà di disporre di dati e informazioni sufficientemente affidabili e consistenti per costruire i bilanci tra assorbimenti ed emissioni di gas-serra (in sostanza i dati sulle variazioni del carbonio nel suolo) del 1990 (anno di riferimento) e il periodo , anche per il metodo prescritto nella contabilizzazione: il net-net accounting 5. Viceversa, il metodo gross-net accounting (che nel primo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto sarà applicato al reporting per la sola Gestione forestale) considera gli assorbimenti e le emissioni nel periodo , senza fare riferimento agli assorbimenti e alle emissioni di un anno (o di un periodo) base. Per i paesi europei il ruolo attribuito al settore agricolo-forestale nell orizzonte del primo periodo di impegno è, nel complesso, molto limitato. Di fatto, per effetto delle regole e delle restrizioni introdotte dal Protocollo di Kyoto e dagli Accordi di Marrakech (Schlamadinger et al., 2007), le attività LULUCF previste dagli articoli 3.3 e 3.4 del Protocollo di Kyoto nei paesi dell UE-15 - sulla base delle previsioni fatte dagli stessi paesi - dovrebbero generare 42,4 MtCO 2 l anno (EEA, 2009), pari a una riduzione dell 1,0% delle emissioni del 1990 o al 17% dell impegno di riduzione dell EU-15 (che corrisponde a 341 MtCO 2 in meno l anno rispetto alle emissioni del 1990). Il ruolo attribuito al settore agricolo-forestale è, invece, nel caso dell Italia, di una certa rilevanza. A seguito del Consiglio dei Ministri dell Ambiente dell UE del 17 giugno 1998, con il cosiddetto Burden Sharing Agreement, è stato previsto che l Italia nel periodo riduca le proprie emissioni nella misura del 6,5% rispetto ai livelli del Essendo il livello delle emissioni del 1990 pari 519,5 Mt CO 2 eq, il target per il nostro paese è pari a 485,7 Mt CO 2 eq. Nel 2008 le emissioni italiane hanno raggiunto quota 541,5 Mt CO 2 eq, per un incremento pari al 4,7% rispetto a quelle del 1990 (517 Mt CO 2 eq). Ciò significa che, da qui al 2012, l impegno del momento è di ridurre le emissioni dell 11,2% (4,7%+6,5%), per una quantità pari a 58,0 MtCO 2 eq l anno nel corso del quinquennio Nel 2009 l effetto congiunto della crisi economica, dell aumento della quota delle rinnovabili nei consumi energetici nazionali e del miglioramento dell efficienza energetica dovrebbe portare il nostro paese molto vicino alla possibilità concreta di raggiungere entro il 2012 il target di Kyoto, un obiettivo che negli anni immediatamente precedenti la crisi, quando il target di riduzione era superiore al 15%, sembrava irraggiungibile. Il ruolo che il settore forestale gioca in questa strategia è rilevante sia in termini relativi che assoluti: le variazioni degli stock di carbonio previste dall uso delle attività LULUCF (nella sostanza le sole attività forestali, dal momento che quelle agricole non sono state selezionate dal Governo italiano) sono pari a 10,2 Mt CO 2. Questo dato è confermato anche dalla V Comunicazione Nazionale all UNFCCC (Contaldi, 2009). I 10,2 Mt CO 2 dell Italia rappresentano ben il 24,0% di tutte le attività LULUCF dell UE-15 e il 33,7% di quel 6,5% di riduzione delle emissioni che rappresenta il target nazionale per il primo periodo d impegno. In comunicazioni ufficiali precedenti presentate dall Italia all UE (EEA, 2008) il contributo delle attività LULUCF era stato addirittura previsto pari a 25,3 Mt CO 2. Sembra, in effetti, di percepire che le attività forestali giochino un ruolo di buffer nel reporting della strategia italiana di riduzione delle emissioni, venendo in parte a coprire le difficoltà a migliorare il nostro modello energetico quando l economia è in fase espansiva, riducendosi di importanza quando le emissioni, per cause diverse, diminuiscono. Se questa ipotesi fosse corretta, si tratterebbe di un uso strumentale delle attività LULUCF che poco ha a che fare con una corretta valorizzazione delle potenzialità del settore agricolo e forestale nazionale in una strategia di riduzione delle emissioni di gas di serra. Il ruolo strumentale delle attività LULUCF sembra peraltro coerente con le scelte del Governo italiano di non attivare meccanismi di compensazione per i gestori di attività agricole e forestali che abbiano effetti di riduzione delle emissioni di gas di serra. Mentre per il settore industriale si sono andati consolidando meccanismi che concretizzano il principio chi inquina paga (polluters pays principle), in primis tramite il sistema istituito nel 2005 dall UE per lo scambio di quote di emissione, noto come Emissions Trading Scheme, il principio complementare chi fornisce benefici ambientali viene remunerato (provider gets), sembra ben lungi da avere pratica attuazione quando nel settore primario vengono aumentati gli stock di carbonio nelle biomasse e nei suoli. È peraltro vero che, per coerenza, l internalizzazione degli impatti sul clima nelle attività agricole e forestali dovrebbe comportare anche l inclusione delle esternalità negative quali le emissioni di metano con le attività zootecniche o di carbonio nei processi di

21 agriregionieuropa Pagina 21 degrado dei suoli, un opzione politicamente e operativamente complessa. In effetti, come evidenzia Cesaro nel suo contributo in questo numero della rivista, gli interventi finanziari più significativi per promuovere ad attività di riduzione delle emissioni di gas di serra nel settore primario sono quelli attivati dai Programmi di Sviluppo Rurale, soprattutto tramite le misure dell Asse 2. Si tratta di misure solo molto genericamente motivate da obiettivi di mitigazione (CEC, 2009). Cesaro ricorda, infatti, che una chiara ed esplicita considerazione degli obiettivi climatici dello sviluppo rurale si è avuta solo con l approvazione dell Health Check. Ai cambiamenti climatici è stato peraltro in Italia destinato solo il 17,3% dei circa 743 milioni di euro attivati dall Health Check (incluse le risorse del Recovery Plan ) per rispondere alle sei sfide 6. Questi problemi, come le interazioni tra investimenti privati e interventi di regolamentazione pubblica, tra politiche climatiche, politiche energetiche e politiche di sviluppo rurale, possono essere affrontati con l aiuto di modelli di supporto alle decisioni, come evidenziato nell articolo di Giupponi in questo volume. Verso nuovi accordi e strumenti di governance L approccio seguito per l inclusione tra le attività possibili nel primo periodo d impegno delle tre categorie di interventi sopra ricordate (vedi artt. 3.3 e 3.4) era solo uno dei tanti possibili. Tale impostazione che ha comportato l esclusione di altri tipi di attività LULUCF è stata decisa alla terza Conferenza delle Parti in tempi ridotti e in mancanza d una solida base scientifica. In effetti, dall entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, sono state proposte varie ipotesi di modifica del set di attività LULUCF per il post Esse vanno da una leggera modifica dell attuale sistema (ad esempio la ridefinizione del tetto massimo di fissazione che i paesi possono rendicontare per la gestione forestale) all approccio land-based, dove il settore LULUCF è trattato come un qualsiasi altro settore emissivo (energia, processi industriali, rifiuti, eccetera). Secondo questo approccio gli assorbimenti e le emissioni dei gas di serra di tutto il territorio nazionale e i processi correlati ad essi verrebbero contabilizzati negli inventari nazionali (Cowie et al., 2007). La Conferenza delle Parti di Copenaghen del 2009 ha prodotto una bozza di decisione 7 per esplorare la possibilità di seguire un approccio land-based, ma solo a partire dal terzo periodo di impegno ( ). Inoltre, è stata valutata la possibilità di rivedere le procedure di contabilizzazione delle emissioni dei gas di serra e degli assorbimenti di CO 2 e di inserire altre attività LULUCF nel Clean Development Mechanism rispetto a quelle già previste di afforestazione e riforestazione. A questo proposito, un tema attualmente fortemente dibattuto è quello relativo all inclusione delle misure di contenimento delle emissioni di gas-serra legate alla deforestazione e alla degradazione forestale globali (nel gergo Reduced Emissions from Deforestation and Forest Degradation - REDD) tra le misure di mitigazione dei cambiamenti climatici. Al momento è in discussione una bozza di decisione 8 che presenta ancora qualche questione tecnica da risolvere. Di questo tema, divenuto un elemento chiave del negoziato sul clima, si occupano Brotto e Pettenella nel contributo presentato in questo numero della rivista. Per un'altra opzione aperta nella trattativa del set di attività per il post-2012, quella relativa alla capacità di fissazione dei prodotti forestali e al contributo che questi possono dare al raggiungimento degli obiettivi nazionali di contenimento delle emissioni di gas di serra, si rimanda all articolo di Ciccarese e Kloehn. Gli strumenti di governance nella gestione dei problemi e delle potenzialità del settore agricolo e forestale relativi ai cambiamenti climatici non si esauriscono, tuttavia, nel processo avviato dalla UNFCCC e dei successivi accordi. Come messo in luce nell articolo di Romano, esiste un altro strumento per una valorizzazione economica della funzione di carbon sink del settore primario: il mercato volontario dei crediti di carbonio. La necessità di ridurre o annullare le emissioni legate ad un attività, ad un evento o ad un prodotto, spesso accompagnata da un azione di informazione (uso di marchi: Emissioni zero, Go neutral, CO 2 free, ecc.) motiva imprese, enti pubblici, associazioni e perfino singoli operatori economici all acquisto, presso una serie molto ampia di broker, di crediti di carbonio. Tali scelte sono legate a motivazioni ideali, ma anche a considerazioni pragmatiche connesse all utilizzo di tecniche di green marketing (Ciccarese e Pettenella, 2008). La realizzazione di interventi di carattere volontario consente ai diversi investitori pubblici e privati una maggior flessibilità e una maggior gamma di interventi non essendo necessariamente soggetti alle limitazioni e regole imposte dal Protocollo di Kyoto. Ad esempio, possono essere acquistati i crediti relativi a progetti REDD, ad attività di agricoltura biologica, alla fissazione di carbonio nei prodotti legnosi, alla sostituzione di combustibili fossili con biomasse, alla produzione di biochar (carbonio agricolo come fertilizzante), ecc. È interessante rilevare che, rispetto ai mercati istituzionali delle quote, in quello volontario il ruolo degli investimenti nel settore primario è percentualmente molto maggiore. Peraltro molti passi in avanti, anche nel nostro paese, devono essere fatti per dare a questo mercato elementi di trasparenza e di efficienza tramite la diffusione di requisiti minimi, standard e sistemi di controllo indipendenti. Non permanenza degli interventi, mancanza di addizionalità, double counting dei crediti, effetti di leakage sono problemi comuni di questo mercato in fase di forte sviluppo. Diversi sono inoltre i casi di iniziative volontarie di riduzione delle emissioni non basate su investimenti compensativi, ma sul contenimento delle emissioni stesse legate alla produzione e distribuzione dei prodotti; si pensi ai prodotti agricoli climate friendly o a km zero e a quelli in cui nell etichettatura vengono forniti dati sull impronta ecologica (carbon footprint). Anche in questo caso si impongono problemi legati all introduzione di standard, sistemi di garanzia e di corretta informazione dei consumatori. Problemi nuovi di governance sono posti anche dallo sviluppo del mercato dei biocarburanti, una componente fondamentale della strategia comunitaria di lotta ai cambiamenti climatici (CEC, 2009). Anche in questo caso, come pone in luce Zezza nel suo contributo a questo numero della rivista, si pongono non semplici problemi di definizione di standard e di coordinamento di iniziative volontarie tra i privati e iniziative di regolamentazione che gli operatori pubblici devono metter in atto per evitare che una politica di sviluppo delle rinnovabili sia accompagnata da una serie di policy failures (degrado dei suoli e della biodiversità nei paesi produttori di biomasse, altri costi energetici nei trasporti delle stesse, riduzione della disponibilità di terreni per produzioni agricole, ecc.). L allargamento degli strumenti di governance dai tradizionali meccanismi di incentivazione a quelli basati sulla creazione di nuovi mercati è ben documentato nell articolo di Povellato sul meccanismo di "floor and trade" basato sull'emissione di permessi negoziabili collegati all utilizzo di terreni agricoli in grado di offrire determinati servizi ambientali, tra i quali potrebbe essere ipotizzato lo stoccaggio di carbonio. Come evidenziato in queste pagine, il settore dell uso del suolo è destinato ad avere un ruolo preminente in un futuro accordo internazionale per contrastare i cambiamenti climatici. Ciò rappresenta un opportunità per migliorare l attuale sistema di valutazione delle emissioni e degli assorbimenti di gas-serra del settore agricolo e forestale, come indicano Byrne e Ciccarese in questo volume, e rendere più trasparenti gli inventari. Conclusioni Le nuove domande di utilizzo dei terreni agricoli e forestali, la crescita della componente dei beni pubblici tra i servizi offerti

22 Pagina 22 agriregionieuropa dall agricoltura, lo sviluppo di diverse politiche interessate al settore e di nuovi strumenti di incentivazione e compensazione degli operatori danno la sensazione che alla fase dei mille fiori che fioriscono debba ora seguire quella della razionalizzazione e del coordinamento nella governance delle politiche climatiche che interessano il settore primario. Nell esame congiunto delle misure attivate dalle politiche di sviluppo rurale, climatiche, forestali ed energetiche si ritrovano molte sinergie e condizioni win-win (ad esempio: conservazione della fertilità e produttività dei suoli e fissazione di carbonio), ma anche dei trade-off che stanno in alcuni casi diventando significativi. È il caso della diffusione spontanea del bosco su terreni agricoli che, se migliora le condizioni di C sink, può avere effetti sulla riduzione della biodiversità o la diffusione di tecniche di zero tillage che possono indurre maggior impiego di erbicidi o lo sviluppo dei grandi impianti energetici a biomasse che possono indurre un maggior ricorso all importazione di materie prime dall estero (CEC, 2009). Una capacità di azione coordinata, nella logica della razionalizzazione e della riduzione della spesa pubblica in agricoltura, dovrebbe ispirare le politiche di gestione delle risorse agricole e forestali. Note 1 Il Protocollo di Kyoto contempla, oltre a CO 2, CH 4 e N 2O, tre gruppi di gas di origine industriale: idrofluorocarburi (HFC), i perfluorocarburi (PFC) e l'esafluoruro di zolfo (SF 6). 2 Circa un quarto (25,9%) delle emissioni totali è causato dai combustibili fossili utilizzati per la produzione di energia elettrica. Vengono poi le emissioni causate dall industria (19,4%); dalla distruzione e dal degrado delle foreste (17,4%), dagli edifici commerciali e residenziali (7,9%); infine dalla gestione dei rifiuti solidi e liquidi (2,8%)( 3 I gas-serra hanno diversi effetti sui fenomeni di riscaldamento globale. Essi sono misurati tramite il Global Warming Potential (GWP), l indicatore che viene impiegato, per esigenze di omogeneizzazione, per convertire i diversi gas in CO 2 equivalenti. Nell arco di 100 anni una molecola di CH 4 ha un GWP 21 volte superiore a quello di una molecola di CO 2, una molecola di N 2O ha un GWP di 310 volte superiore. 4 Vd. 5 In sostanza, il metodo net-net accounting confronta le variazioni degli stock di C ascrivibili alle attività agricole prima citate nel corso del periodo d impegno con quelle dell anno di riferimento. In questo modo un credito viene prodotto se nelle zone interessate dall attività c è stato un assorbimento netto di emissioni. Con questa metodologia, per usare una metafora finanziaria, è come se si confrontasse il saldo medio delle entrate-uscite in un conto corrente bancario di un periodo ( ) con quello di un anno-base di riferimento (1990). Nel gross-net accounting è come se si misurasse non il saldo, ma l ammontare di un conto corrente bancario alla fine del periodo (2012, in questo caso) con l ammontare all inizio dello stesso periodo (2008) 6 Le sei priorità individuate sono: cambiamenti climatici, energia rinnovabile, gestione delle risorse idriche, biodiversità, misure di accompagnamento della ristrutturazione del settore lattiero caseario, innovazioni connesse alle prime 4 priorità elencate. 7 Vedi FCCC/KP/AWG/2009/L.15 l15.pdf 8 Vedi Riferimenti bibliografici Altieri M.A., Koohafkan P. (2008). Enduring farms: Climate change, smallholders and traditional farming communities. TWN Environment and Development Series 6. Third World Network, Penang Araújo M.B., Rahbek C. (2006). 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23 agriregionieuropa Pagina 23 Contribution of Working Group II to the Fourth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change. Cambridge University Press, Cambridge, Gullison R.E., Frumhoff P.C., Canadell J.G. et al. (2007). Tropical Forests and Climate Policy. Science 316: Gurney K.R., Law R.M., Denning A.S. et al. (2002). Towards robust regional estimates of CO 2 sources and sinks using atmospheric transport models. Nature 415: IPCC (2007). Climate Change 2007: The Physical Science Basis. Contribution of Working Group I to the Fourth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change. Cambridge University Press, Cambridge, UK and New York, USA, 996 p ISPRA (2009). Agricoltura e Selvicoltura (Coordinatori: Ciccarese L., Lucci S.). In: Annuario dei dati ambientali Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ISPRA (2010). 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Report on the Conference of the Parties on its Seventh Session, held in Marrakech from 29 October to 10 November 200. Addendum. Part two: Action taken by the Conference of the Parties. United Nations, Geneva. 69 p. resource/docs/cop7/13a01 Modelli scientifici e modelli di policy per l adattamento ai cambiamenti climatici Carlo Giupponi, in Agriregionieuropa n.21 Nuove sfide nella gestione delle risorse in un mondo che cambia La gestione delle risorse naturali da sempre richiede di integrare conoscenze disciplinari diverse e, fra queste, in particolare quelle relative alla gestione dei complessi e dinamici sistemi ecologici e sociali variamente distribuiti nel territorio. Il campo agro-forestale è forse quello nel quale questa necessità si è manifestata maggiormente e prima che in altri settori. Per questa ragione esso è spesso la fonte di proposte innovative, applicate anche altrove. Tradizionalmente, le diverse discipline hanno affrontato il problema della complessità dei sistemi sviluppando procedure di calcolo (modelli matematici) che permettono di simulare le varie componenti del sistema: ad esempio modelli di equilibrio generale per l economia di intere nazioni, modelli idrologici per analizzare il ciclo delle acque a livello di bacino, modelli di crescita per simulare i cicli della vegetazione naturale o le colture agrarie. In questi approcci del passato ha generalmente prevalso un approccio di tipo riduzionistico. Nuovi paradigmi sono però stati proposti che mirano ad una sempre maggiore integrazione fra discipline; si parla di interdisciplinarità, o anche transdisciplinarità, oppure di approccio olistico, intendendo lo sviluppo di nuove teorie e metodi a cavallo fra le tradizionali discipline, che condividono l ambizione di affrontare i problemi secondo l ottica dell analisi dei sistemi. Un esempio di tali nuovi paradigmi è quello dell'approccio integrato per l'adattamento ai cambiamenti climatici, ovvero

24 Pagina 24 agriregionieuropa l insieme delle azioni, misure, strategie volte a contribuire a rendere i sistemi sociali ed ecologici più adatti a situazioni attuali o future che sono la conseguenza degli effetti di tali cambiamenti (in analogia ad un concetto di fitness ecologica), limitandone i possibili impatti, o sfruttandone le opportunità. A questi nuovi paradigmi si stanno uniformando anche approcci ormai consolidati, come quello della gestione integrata delle risorse idriche (Integrated Water Resources Management, IWRM), che, nella definizione della Global Water Partnership viene espresso come un processo che promuove lo sviluppo e la gestione coordinati dell acqua, del suolo e delle altre risorse ad essi connesse, con il fine di massimizzare i risultanti benefici economici e di benessere sociale, con equità e senza compromettere la sostenibilità degli ecosistemi (Global Water Partnership, 2000). L approccio adattativo e la nuova dimensione dell operare in condizioni di cambiamento e non più di relativa stabilità spingono, come si è accennato, verso paradigmi innovativi e revisioni dei metodi e degli strumenti attuali, tant è che, nell esempio citato, vari autori preferiscono oggi parlare di Integrated Adaptive Water Management (es. Pahl Wostl, 2007), in un contesto nel quale la prospettiva dei cambiamenti attesi per il futuro assume una rilevanza particolare. Con il crescere dell attenzione per i fenomeni di cambiamento globale, alla necessità di integrare in modo sistemico conoscenze diverse, si affianca quindi quella di proiettare nel tempo tendenze attuali, o possibili conseguenze di fenomeni in corso o delle nostre decisioni o azioni, per cui gli strumenti modellistici di simulazione diventano una scelta obbligata, abbinandosi generalmente a tecniche di analisi di scenario. Un altro aspetto fondamentale dell evolversi degli approcci per lo sviluppo sostenibile sta nel ruolo sempre più rilevante che assume la partecipazione pubblica e quindi la cultura della gestione dei processi decisionali attraverso un efficace coinvolgimento di molteplici attori. Sulla spinta di interessi crescenti per problemi legati allo sviluppo sostenibile e ai cambiamenti climatici, è cresciuta così l ambizione di disporre di strumenti in grado di analizzare l insieme delle componenti antropiche ed ambientali nelle loro interazioni. Hanno preso quindi piede concetti relativamente nuovi come quello di socio-eco-sistema (Berkes e Folke, 1998), ossia di un complesso sistema adattativo dove agenti sociali (antropici) ed ecologici (biofisici) interagiscono in molteplici scale spaziali e temporali, quello di modelli di valutazione integrata (in inglese Integrated Assessment Models, IAM), ossia di strumenti di simulazione in grado di rappresentare dinamicamente le interazioni fra le componenti naturali e antropiche a diverse scale (Parker et al., 2002), e quello di modelli partecipativi (participatory modelling; Siebenhuner e Barth, 2005), con lo scopo di elaborare metodi e strumenti di simulazione capaci di gestire l attiva collaborazione fra molteplici attori (stakeholder) coinvolti a vario titolo nei processi decisionali, ad esempio come portatori di interessi o di conoscenze. Un aiuto alla gestione di processi e di problemi complessi come quelli citati può venire da un altra famiglia di strumenti chiamati sistemi di supporto alle decisioni, o DSS, dall acronimo inglese per Decision Support Systems (Giupponi e Sgobbi, 2007), che forniscono la cornice (in particolare quella ICT, per facilitare l integrazione e la gestione delle diverse componenti disciplinari e dei diversi strumenti (in particolare simulazione e valutazione), assieme anche, talvolta, alla facilitazione della partecipazione pubblica. Come detto, un campo di grande interesse e in continua crescita è quello dell adattamento ai cambiamenti climatici. E di dominio comune il relativo spostamento dell interesse dalle politiche della mitigazione (ossia quelle rivolte alla riduzione delle emissioni di gas serra) a quelle di adattamento ai cambiamenti in corso e attesi negli anni a venire, o meglio ancora all integrazione fra le due politiche. Non è questa la sede per esplorare le motivazioni di tutto ciò, ma possiamo citare per lo meno il riconoscimento del fatto che molti fenomeni sono comunque in atto e in grado di determinare impatti sui nostri sistemi ecologici e sociali, assieme ad un crescente pessimismo rispetto all effettiva possibilità di raggiungere accordi internazionali cogenti ed efficaci in tempi relativamente brevi. Molti paesi hanno sviluppato e approvato appositi piani nazionali per l adattamento, nei quali si propongono misure per affrontare le diverse tipologie di rischio e di impatto, mentre altri ci stanno lavorando attualmente; gli approcci e gli strumenti citati stanno trovando quindi applicazione sempre maggiore. Adattamento ai cambiamenti climatici: integrazione, simulazione e partecipazione In estrema sintesi, da quanto sopra esposto si può ricavare il crescente interesse per approcci integrati per simulare, valutare e decidere nel contesto di piani e programmi per l adattamento ai cambiamenti climatici. Tali approcci dovrebbero includere strumenti per: (a) identificare, analizzare e coinvolgere nel progresso decisionale i portatori di interesse e di conoscenze necessari; (b) esplorare, analizzare e strutturare i particolari problemi in questione nelle diverse applicazioni; (c) costruire modelli concettuali che permettano di condividere la descrizione del problema, del socio-ecosistema in questione e delle principali dinamiche di interesse; (d) integrare varie fonti di informazione e in particolare conoscenze e preferenze degli attori coinvolti e modelli di simulazione con i loro risultati, nel processo di valutazione. Esistono molte proposte metodologiche per affrontare una parte o l insieme delle funzioni elencate (vi veda ad esempio Giupponi et al., 2008) per la presentazione della metodologia NetSyMoD (Network Analysis, Creative System Modelling and Decision Support); una trattazione complessiva esula dai limiti di questa breve nota, per cui è preferibile piuttosto focalizzarsi di seguito su un aspetto di particolare interesse, che è quello relativo alla necessità di disporre di modelli concettuali condivisi, come base di comunicazione e interazione fra i diversi attori del processo decisionale o pianificatorio. Infatti, un elemento che troppo spesso non è tenuto in adeguato conto è la necessità di strumenti evoluti ed efficaci per gestire i rapporti fra le diverse tipologie di attori; tra queste in particolare: ricercatori e/o tecnici, decisori e/o policy maker, e infine i portatori di interessi e conoscenze. Per affrontare in modo efficace l integrazione di ruoli ed esperienze diverse, attraverso il coinvolgimento e la comunicazione con i portatori di interesse, si sono proposti vari approcci basati generalmente su workshop partecipativi (esempio focus group), nei quali si instaura un dialogo fra i diversi attori utilizzando ad esempio tecniche di brainstorming assieme ad altre più strutturate per costruzione di visioni condivise del problema (es. mappe cognitive) e per la costruzione di modelli concettuali (ossia rappresentazioni schematiche e sintetiche degli elementi principali del sistema e del problema in questione), che successivamente si possono eventualmente sviluppare in modelli matematici formalizzati. Nelle diverse situazioni, in funzione delle risorse e del tempo a disposizione, del numero di persone da coinvolgere, si utilizzano differenti varianti di approcci partecipativi. Esistono molti casi di successo e almeno altrettanti che testimoniano un ridotto impatto di questi processi sull effettiva adozione dei risultati da parte dei decisori, ci si focalizzerà brevemente di seguito sul ruolo dei modelli concettuali per favorire la comunicazione e l interazione fra attori diversi. Modelli concettuali e sistemi di supporto alle decisioni Molti e diversi problemi possono condizionare negativamente i processi partecipativi con attori così diversi come quelli sopra citati; tipicamente, ad esempio, l integrazione fra discipline diverse si scontra generalmente con grossi problemi derivanti da linguaggi e gerghi differenti, diversi usi della stessa terminologia, rigidità e scarsa disponibilità alla condivisione di sfere di

25 agriregionieuropa Pagina 25 influenza, ecc. Nello specifico delle interazioni tra ricercatori/ tecnici e decisori, un aspetto spesso trascurato per ottenere un efficace comunicazione e collaborazione è la necessità di condividere dei modelli concettuali per lo meno simili, con i quali affrontare la formalizzazione dei sistemi socio-ecologici e le loro dinamiche, oltre che i vari aspetti di particolare rilevanza per il caso in questione, ad esempio i meccanismi di impatto e le modalità di intervento. In particolare, in passato la comunità scientifica non ha generalmente considerato l opportunità, o meglio la necessità, di conformare i propri strumenti ai modelli concettuali più diffusi e utilizzati da parte dei decisori (in questo caso pubblici). Nella nostra esperienza, troppo spesso si assiste, infatti, a tentativi di portare i decisori e i policy maker verso l adozione di schemi sviluppati precedentemente dai ricercatori, molto spesso in modo indipendente dallo specifico contesto applicativo e senza che esista un efficace interfaccia per gli utilizzatori e per la comunicazione dei risultati. Succede così spesso che i modelli scientifici siano percepiti dai decisori come scatole chiuse non trasparenti (black box) i cui risultati devono essere accettati o semplicemente rigettati, cosa non infrequente in particolare quando vadano nella direzione opposta a quella auspicata. I sistemi di supporto alle decisioni possono essere di grande aiuto in questo contesto, fornendo strumenti di comunicazione e più efficaci interfacce utente, rispetto a quelle che generalmente hanno i modelli matematici come quelli che si utilizzano per la simulazione dei fenomeni di interesse nel caso dell adattamento ai cambiamenti climatici: modelli di circolazione atmosferica per la simulazione delle tendenze evolutive del clima, modelli per la stima degli impatti e dei danni, modelli di vulnerabilità, ecc. b) framework DPSIR adattato al contesto del adattamento, da EEA (1999). Trattandosi di due schemi concettuali molto diffusi e persone noti a chi si occupi delle tematiche ambientali e dell adattamento, si presenta quindi l opportunità di adottarli nelle interfacce dei modelli, o meglio dei DSS che si intendono proporre all attenzione dei policy maker, in modo che almeno una delle barriere alla comunicazione e uno dei limiti nell utilizzazione dei prodotti della ricerca possano essere superati. Figura 2 - Adattamento ai rischi idrologici legati ai cambiamenti climatici nell alto fiume Brahmaputra: a) Modello di simulazione di vulnerabilità e adattamento ai cambiamenti climatici implementato in ambiente system dynamics, Due esempi Secondo quanto proposto, i modelli di simulazione e valutazione esistenti e quelli futuri dovrebbero essere ulteriormente sviluppati dotandoli di interfacce conformi ai modelli concettuali abitualmente adottati dai policy maker. Tali modelli, generalmente molto semplificati, tipicamente derivano dai riferimenti normativi e dai documenti di riferimento delle politiche in questione e sono quindi ben conosciuti dai decisori. Se adottati, i modelli di policy, svolgerebbero quindi il ruolo di interfacce fra i contenuti e le procedure più solidamente scientifici e i vari utenti, in modo che, con adeguati strumenti DSS, le diverse forme e fonti di conoscenza possano essere efficacemente integrate negli schemi e nei processi decisionali previsti dai riferimenti normativi. Due esempi classici nel campo dell adattamento sono il modello concettuale DPSIR (Determinanti, Pressioni, Stato dell ambiente, Impatti, Risposte, ossia politiche e misure; EEA, 1999) e il modello di vulnerabilità ai cambiamenti climatici, rappresentata come risultante della combinazione fra impatti potenziali capacità adattative locali, con le misure di adattamento che possono limitarla agendo di volta in volta su uno o più dei nodi a monte. La figura 1 riporta entrambi gli schemi tratti da un manuale UNEP-IISD-UNITAR (2009) per la valutazione di impatti e vulnerabilità per l adattamento ai cambiamenti climatici. b) interfaccia del DSS con evidenziati indicatori e possibili fonti di informazioni per lo stesso caso studio. Figura 1 - a) Modello concettuale di vulnerabilità e adattamento ai cambiamenti climatici, da UNEP, IIESD e UNITAR (2009) Nelle ricerche condotte negli ultimi dieci anni abbiamo sviluppato vari strumenti mirati in questa direzione, due esempi sono riportati in figura 2, con riferimento ad un caso applicativo nel

26 Pagina 26 agriregionieuropa contesto di misure di adattamento ai cambiamenti climatici nell alto bacino del fiume Brahmaputra, nell Himalaya. Come si può vedere nel confronto fra le due figure, gli strumenti di simulazione e di supporto alle decisioni sviluppati presentano un interfaccia e riporta complessi strumenti di elaborazione e calcolo ad una coerenza visiva e anche concettuale, con gli schemi più familiari ai policy makers, contribuendo quindi a rendere tali strumenti di più facile comprensione ed utilizzazione da parte dei potenziali interessati. Nota conclusiva Nella ricerca mirata a supportare i processi di adattamento ai cambiamenti climatici si incontrano numerosi problemi applicativi legati fra l altro alla molteplicità degli attori e alla complessità dei sistemi coinvolti. I modelli di simulazione e le analisi di scenario sono divenuti strumenti indispensabili per i decisori pubblici, ma molto spesso sono poco sfruttati, a causa di varie barriere relative alla comunicazione e all usabilità, come quelle citate in questo articolo. Problemi di formulazione concettuale e comunicazione sono molto frequenti e per essi non esistono soluzioni semplici e di validità generale, ci sono però anche errori comuni che si possono evitare, fra questi la divergenza fra i modelli concettuali adottati dai decisori e quelli dei tecnici/ricercatori, che potrebbe essere superata con strumenti di supporto alle decisioni di nuova generazione. Riferimenti bibliografici Berkes F., Folke C., eds. (1998). Linking Social and Ecological Systems: Management Practices and Social Mechanisms for Building Resilience. Cambridge, UK: Cambridge Univ. Press E.E.A. (1999) Environmental indicators: Typology and Overview (European Environmental Agency, Copehagen). p. 25 ( ) Giupponi C., Sgobbi A., (2007) Models and decision support systems for participatory decision making in integrated water resource management. In: Koundouri, P. (Ed.), Coping with water deficiency. From research to policy making. Springer, pp Giupponi C, Sgobbi A, Mysiak J, Camera R, & Fassio A (2008) NetSyMoD: an integrated approach for water resources management. Integrated water management: practical experiences and case studies, eds Maire P, Coenen M, Lombardo C, Robba M, & Sacile R (Springer), pp G.W.P. (2000). Integrated Water Resources Management. GWP Pahl-Wostl, C. (2007): Transitions towards adaptive management of water facing climate and global change. Water Resources Management 21(1), pp Parker P. et al.,(2002). Progress in integrated assessment and modelling. Environmental Modelling and Software 17, Siebenhuner B., Barth V. (2005) The role of computer modelling in participatory integrated assessments. Environmental Impact Assessment Review 25(4), UNEP, IIES, UNITAR (2009) Vulnerability and Impact Assessment for adaptation to climate change. IEA Training Manual Vol.2. UNEP I cambiamenti in itinere dei programmi di sviluppo rurale per contrastare i cambiamenti climatici Luca Cesaro, in Agriregionieuropa n.21 Premessa Istituto Nazionale Economia Agraria Il fatto che il settore primario giocasse un ruolo importante nell attuazione del Protocollo di Kyoto e nella mitigazione dei cambiamenti climatici era chiaro fin dalle prime discussioni sull applicazione del Protocollo stesso. Come è ben noto il Protocollo di Kyoto è entrato in vigore il 16 Febbraio 2005, ma la sua approvazione formale è avvenuta solo dopo gli accordi di Marrakesh, alla fine di novembre 2005, con la ratifica del Protocollo stesso. Sul ruolo del settore primario nella mitigazione dei cambiamenti la discussione è stata piuttosto complessa ed articolata; solo recentemente si è giunti alla definizione ed accettazione delle azioni che possono essere contabilizzate come sink di carbonio; queste sono fondamentalmente riconducibili agli articoli 3.3. e 3.4 del Protocollo di Kyoto. Il primo fa riferimento alla contabilizzazione dei sink di carbonio risultanti dalle attività di afforestazione e riforestazione (al netto degli eventuali fenomeni di deforestazione o perdita di provvigione forestale, quali incendi), mentre il secondo fa riferimento alla fissazione di carbonio ottenuta attraverso la gestione forestale ed agricola. È opportuno ricordare come l articolo 3.4 riguardi 4 diverse tipologie di attività, 3 agricole ed una sola forestale (gestione forestale). Solo quest ultima è stata considerata dal governo Italiano, che non ha ritenuto opportuno contabilizzare le attività di tipo agricolo. Senza voler entrare nel dettaglio degli impegni del Protocollo e delle misure attuabili ed attuate, si ritiene comunque opportuno ricordare alcuni elementi fondamentali: mentre i crediti generati da azioni riconducibili all articolo 3.3, vale a dire forestazione e riforestazione sono contabilizzabili al 100%, quelli relativi all articolo 3.4 sono contabilizzabili solamente al 15%. Inoltre, per ogni paese dell Annesso 1 con obblighi di riduzione, è stato definito un limite massimo ( cap ) di crediti contabilizzabili con la gestione forestale; per l Italia tale cap è fissato in 2,78 milioni di tonnellate all anno. Dal conteggio dei sink rimangono per il momento escluse tutte le misure di sostituzione di combustibili fossili con biomasse forestali e quelle che comportano una fissazione del carbonio nei prodotti legnosi (mobili, legname per uso edilizio etc.). Lo sviluppo rurale e le politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici A livello europeo, e conseguentemente anche a livello nazionale, le politiche di sviluppo rurale sono state inizialmente formulate sulla base di obiettivi ben diversi rispetto alla mitigazione dei cambiamenti climatici. La suddivisione in assi individua infatti la competitività, la protezione dell ambiente e lo sviluppo delle aree rurali come obiettivi prioritari di intervento. Ciò non toglie, ovviamente, che alcune delle misure e delle azioni programmate nell ambito dei Programmi di Sviluppo Rurale (PSR) siano caratterizzate da obiettivi che fanno riferimento alla mitigazione dei cambiamenti climatici o, in alcuni casi, all adattamento degli ecosistemi agrari e forestali ai cambiamenti del clima. Va ricordato, tra l altro, che l applicazione del Protocollo di Kyoto non prevede finanziamenti specificamente indirizzati alle misure

27 agriregionieuropa Pagina 27 di fissazione di carbonio; anche l attivazione di mercati interni delle quote (crediti da attività agricole e forestali) o di un registro nazionale dei serbatoi di carbonio sembra piuttosto improbabile nell immediato futuro. In questo contesto si può affermare che il principale strumento di politica agraria e forestale capace di incentivare interventi per la fissazione del carbonio atmosferico o la riduzione delle emissioni di gas di serra, sia, nel settore primario, la politica di sviluppo rurale. Oltre alle misure tradizionalmente considerate di tutela dell ambiente, anche altre misure, nell asse 1 - competitività, hanno valenza in termini di riduzione delle emissioni di CO 2 ed altri gas che contribuiscono all innalzamento della temperatura. Una chiara ed esplicita considerazione degli obiettivi climatici nelle politiche di sviluppo rurale si è avuta solo con l approvazione dell Health Check. La verifica dello stato di salute della politica agricola comune (PAC) era già prevista espressamente dalla riforma Fischler del 2003 ed aveva il principale scopo di verificare le modalità di attuazione dei due pilastri della PAC ed apportarne i necessari aggiustamenti. Nel gennaio 2009, con l approvazione del regolamento 74/2009, l Unione Europa (UE) ha apportato una serie di modifiche alle politiche di sviluppo rurale che consentono alle Autorità di gestione dello sviluppo rurale (caso per l Italia le Regioni e le Provincie Autonome) di modificare i PSR prevedendo una nuova misura di sostegno alle aziende agricole in ristrutturazione a causa della riforma delle Organizzazioni Comuni di Mercato (OCM) e, cosa in questo contesto più interessante, prevedendo una revisione dei PSR che individui una serie di operazioni che rispondano alle seguenti priorità ( sfide ): cambiamenti climatici; energia rinnovabile; gestione delle risorse idriche; biodiversità; misure di accompagnamento della ristrutturazione del settore lattiero caseario; innovazione connesse alle prima 4 priorità elencate. A seguito dell approvazione della riforma ha preso avvio un processo a cascata che ha visto anzitutto l adeguamento dei documenti strategici a livello nazionale, in particolare il Piano Strategico Nazionale per lo sviluppo rurale e, a seguire, l avvio del processo di modifica dei PSR. Per quanto concerne la modifica dei PSR va detto che questa non comporta necessariamente una introduzione di nuove misure, quanto piuttosto l individuazione di operazioni 1 coerenti con le sfide dell Health Check. Lo stesso regolamento propone una lista di operazioni che possono essere prese come riferimento ed adattate alle diverse situazioni regionali. La modifica del Piano Strategico Nazionale (PSN) è avvenuta attraverso un processo di consultazione pubblica basato, per quanto riguarda le sfide relative ai cambiamenti climatici, sulla pubblicazione dei due documenti tematici, il primo è un contributo relativo alle energie rinnovabili (Rete Rurale Nazionale, 2009a), mentre il secondo riguarda i cambiamenti climatici (Rete Rurale Nazionale, 2009c). Dopo la fase di consultazione pubblica si è quindi proceduto alla modifica del PSN, parallelamente le Regioni hanno avviato il processo di revisione dei PSR. Tale processo si è concluso tra la fine del 2009 e i primi mesi del 2010 per tutte le Regioni italiane. Peraltro va ricordato come le revisioni ai PSR non abbiano riguardato solo la sfida relativa ai cambiamenti climatici, ma tutte le sfide previste dall Health check. Le risorse aggiuntive mobilitate dall Health Check (complessivamente circa 743 milioni di euro se si considerano anche le risorse del Recovery Plan ) si sono concentrate soprattutto sulle altre sfide. Ai cambiamenti climatici è infatti stato destinato il 17,3% delle risorse aggiuntive, mentre alle energie rinnovabili è andato solamente il 5,8% delle risorse aggiuntive. Su un totale di 128,9 milioni di euro di risorse aggiuntive assegnate alle Regioni italiane contrastare i cambiamenti climatici, il 59% è stato assegnato alle Regioni dell obiettivo competitività e il 41% alle Regioni dell obiettivo convergenza, una ripartizione simile si nota anche per la sfida relativa alle risorse rinnovabili, dove le Regioni dell obiettivo competitività assorbono il 66,5% delle risorse mentre il rimanente 33,5% va alle Regioni dell obiettivo convergenza. È da notare che i fondi messi a disposizione per l Health Check hanno un tasso di partecipazione del FEARS pari al 60% per tutte le Regioni italiane, a differenza della dotazione ordinaria iniziale dei PSR, che prevedeva un tasso di cofinanziamento comunitario mediamente pari al 44% nelle Regioni dell obiettivo competitività e del 57,5 % nelle Regioni dell obiettivo convergenza. L adozione di tali misure comporta pertanto una contrazione del cofinanziamento nazionale e, conseguentemente, del livello di spesa pubblica italiana. In termini assoluti le risorse aggiuntive non sono particolarmente rilevanti, nel complesso sono pari al 4% circa del budget iniziale delle misure interessate (Tabella 1). Peraltro le risorse aggiuntive sono di un certo rilievo per alcune misure che erano finanziariamente poco rilevanti nella programmazione iniziale. La tabella 2 riporta un elenco delle operazioni previste dalle Regioni che hanno attivato la sfida cambiamenti climatici. Come si può vedere le nuove misure sono relativamente poche, in considerazione del fatto che molte delle misure esistenti avevano obiettivi riconducibili alla mitigazione dei cambiamenti climatici o alle strategie di adattamento. Le Regioni che hanno attivato la sfida cambiamenti climatici sono complessivamente 15, e le misure utilizzate sono soprattutto concentrate negli assi 1 e 2. Per quanto riguarda l asse 1 (competitività) le operazioni riguardano principalmente la razionalizzazione dell uso di concimi azotati, il miglioramento dell efficienza energetica (macchine, fabbricati, processi di trasformazione) e la prevenzione degli effetti di eventi estremi conseguenti ai cambiamenti climatici. Anche nel secondo asse le operazioni sono riconducibili alla razionalizzazione dell uso di concimi azotati, che viene ottenuta soprattutto grazie all adozione di tecniche di gestione del suolo che limitino le perdite di sostanza organica, a modificazioni dell uso del suolo che favoriscano colture con maggiori capacità di fissazione di carbonio (ad esempio la conversione da seminativi a prati stabili) e, infine, all estensivizzazione dell allevamento bovino. Tabella 1 - Risorse aggiuntive Health Check (valori in migliaia di euro) Cod. Misura A risorse ordinarie B risorse aggiuntive Health Check Fonte: Rete Rurale Nazionale, Le nuove sfide della PAC, aprile 2010 (B/A) % 111 Formazione professionale , Modernizzazione imprese agricole , Miglioramento valore economico foreste , Accrescimento valore aggiunto prodotti agricoli e forestali Cooperazione per nuovi prodotti processi e tecnologie , , Infrastrutture relative allo sviluppo , Pagamenti Natura , Pagamenti Agroambientali , Investimenti non produttivi , Primo imboschimento terreni agricoli , Sistemi agroforestali , Primo imboschimento terreni non agricoli , Ripristino potenziale produttivo foreste , Investimenti non produttivi , Diversificazione attività non agricole , Creazione e sviluppo imprese , Servizi di base per l'economia e la popolazione rurale , Conservazione e miglioramento del patrimonio rurale , Strategie di sviluppo locale - qualità della vita ,53 Totale misure interessate da Health Check ,88

28 Pagina 28 agriregionieuropa Tabella 2 - Operazioni attivate sulla priorità cambiamenti climatici nei PSR delle regioni italiane Cod. Misura Operazione Piemonte Trento Bolzano Veneto Ligura Emilia Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia 111 Formazione professionale 121 Ammodernamento Accrescimento valore aggiunto prodotti agricoli e forestali Cooperazione per nuovi prodotti processi e tecnologie 214 Pagamenti Agroambientali Formazione e consulenza in relazione ai CC N Razionalizzazione uso concimi azotati N E E Miglioramento efficienza energetica N E N Prevenzione effetti eventi estremi connessi ai CC N Miglioramento efficienza energetica N N E Miglioramento efficienza energetica N Uso più razionale dei concimi azotati E E N Pratiche di gestione del suolo N E N E N E Modificazione dell'uso del suolo E N N Estensivizzazione dell'allevamento E 221 Imboschimento Imboschimento N E E 222 Primo impianto di sistemi agroforestali su terreni agricoli Impianto di sistemi agroforestali 223 Imboschimento sup. non agricole Imboschimento N N 226 Ricostituzione potenziale produttivo forestale ed interventi preventivi Azioni di prevenzione contro gli incendi boschivi e calamità naturali E E E E E 227 Investimenti non produttivi Conversione a tipi di foreste più resistenti ai CC Legenda: N= Nuova operazione attivata, E= operazione esistente. Fonte: Rete Rurale Nazionale, Le nuove sfide della PAC, aprile 2010 E Tra le operazioni nel settore forestale rientrano tutte le misure di imboschimento (piantagioni in terreni agricoli e non agricoli, introduzione di sistemi agroforestali), ma anche gli interventi di prevenzione/protezione dagli incendi, la ricostruzione del potenziale produttivo forestale e gli investimenti non produttivi. Non sono invece previste operazioni riconducibili alla misura silvo-ambientale. È opportuno ricordare al riguardo che la misura è stata attuata solo da poche Regioni italiane. Le proposte di misura silvo-ambientale presentate dalle Regioni nella fase di negoziazione con la Commissione Europea sono state considerate non accettabili per la mancanza di una chiara definizione della baseline e del contesto normativo a livello nazionale. Successivamente, per rendere possibile l approvazione delle misure, un gruppo di lavoro interistituzionale costituito nell ambito delle attività della Rete rurale nazionale ha redatto un documento tecnico che definisce, a livello nazionale, la base giuridica (baseline), mediante la quale può essere concesso un pagamento ad ettaro di superficie forestale a quei beneficiari che assumono volontariamente, nel rispetto delle vigenti norme in materia, impegni silvo-ambientali al di là dei pertinenti requisiti obbligatori. Il documento guida "Criteri e buone pratiche di gestione forestale - Baseline per l'attuazione della misura silvoambientale" (Rete Rurale Nazionale, 2009b) è stato successivamente formalizzato con la pubblicazione sulla gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 74 del 30 marzo 2010 del decreto ministeriale "Criteri minimi concernenti le buone pratiche forestali ai fini dell'applicazione della misura pagamenti silvoambientali". Il documento tecnico ed il collegato decreto ministeriale fissano le principali prassi di gestione forestale ed individuano le operazioni che potrebbero essere oggetto di misura silvoambientale. Per ogni operazione viene inoltre chiaramente definito l obiettivo principale. Tra questi sono compresi sia gli obiettivi di mitigazione dei cambiamenti climatici, per i quali le principali azioni riguardano l allungamento del turno e la rinuncia ad effettuare tagli economici su boschi disetanei o disetaneiformi, ma riguardano anche misure di adattamento ai cambiamenti climatici, quali l utilizzo di specie con maggiore resistenza ai cambiamenti climatici e agli eventi estremi, la dimensione delle tagliate, gli interventi colturali per i boschi di neoformazione. Conclusioni In un contesto di quasi totale assenza di azioni di incentivazione ed indirizzo direttamente collegate al Protocollo di Kyoto la politica di sviluppo rurale rappresenta uno dei principali strumenti di finanziamento di azioni indirizzate alla mitigazione dei cambiamenti climatici e alle strategie di adattamento per il settore primario, seppure l impegno finanziario sia ancora piuttosto scarso. La recente riforma di medio periodo ha comunque dato maggiore coerenza e un più chiaro indirizzo alle politiche di sviluppo rurale, introducendo tra le principali sfide la lotta ai cambiamenti climatici e lo sviluppo delle energie rinnovabili. Lo sviluppo delle energie rinnovabili, che rappresenta una delle sfide dell Health Check, pur non essendo ammesso a compensazione delle emissioni, è indirettamente considerato nell ambito del Protocollo di Kyoto, dal momento che i fenomeni di sostituzione sono inglobati nei report nazionali. IL Protocollo di Kyoto esplicitamente afferma che risparmio e uso delle rinnovabili sono strumenti fondamentali. Purtroppo allo stato attuale non esiste uno strumento di monitoraggio specifico, ma questo non rappresenta un vincolo all erogazione di incentivi all utilizzo di energia rinnovabile che, come noto, vengono previsti nel conto energia ed in una serie di aiuti agli investimenti erogati a livello regionale. E probabile pertanto che il livello complessivo di contribuzione alle bioenergie sia dello stesso ordine di grandezza delle misure forestali del PSR, purtroppo alla stato attuale non sono disponibili dati affidabili sul costo degli investimenti e degli aiuti diretti.

29 agriregionieuropa Pagina 29 Note 1 Per operazione si intende un progetto, contratto o accordo o altra azione selezionata secondo criteri stabiliti dal programma di sviluppo rurale e attuato da uno o più beneficiari in modo da contribuire agli obiettivi del sostegno allo sviluppo rurale. Riferimenti bibliografici Rete Rurale Nazionale, Le nuove sfide della PAC e le misure di rilancio dell economia nei programmi di sviluppo rurale analisi delle scelte dei PSR nel quadro dell Health Check e del Recovery Plan. Roma, Rete Rurale Nazionale Rurale Rulare Nazionale, 2009a. La sfida delle energie rinnovabili, contributo tematico al Piano Strategico Nazionale. Roma, Rete Rurale Nazionale Rete Rurale Nazionale, 2009b. Criteri e buone pratiche per la gestione forestale - Baseline per l attuazione della misura silvo-ambientale. Roma, Rete Rurale Nazionale Rete Rurale Nazionale, 2009c. Cambiamenti climatici, contributo tematico al Piano Strategico. Nazionale, Roma, Rete Rurale Nazionale Politica agricola comune e paesaggio: quali opportunità dopo l Health check? Raffaele Cortignani, Aurora Natali, in Agriregionieuropa n.19 Poiché gran parte (75%) del territorio italiano è a carattere agricolo e forestale è fondamentale per la conservazione e valorizzazione del paesaggio che le attività del settore primario siano indirizzate verso un modello di sviluppo sostenibile. La politica agricola comunitaria (Pac) incide in modo diretto sulle scelte degli agricoltori sia in termini di ordinamenti colturali che di tecniche produttive. A seguito delle varie riforme della Pac e considerando anche altri aspetti quali in particolare la meccanizzazione, la diffusione degli input chimici e lo sviluppo tecnologico in generale, nel corso degli anni è cambiato il modo di fare agricoltura e indirettamente si è assistito ad una evoluzione del paesaggio. La convenzione europea sul paesaggio di Firenze (2000) ha sancito che la valorizzazione di questa risorsa è una delle sfide più importanti a cui le politiche nazionali e comunitarie devono rispondere; la Pac ha fatto propria questa esigenza, e con il pieno riconoscimento dell agricoltura multifunzionale avvenuto con Agenda 2000 e poi rafforzato ulteriormente con la riforma Fischler e l Health check, ha individuato la conservazione e la valorizzazione del paesaggio come uno dei principali obiettivi da raggiungere. Normativa nazionale e Convenzione europea sul paesaggio A partire dagli anni 80 nei paesi occidentali, tra cui l Italia, è cominciato a crescere l interesse verso l ambiente, le sue problematiche e il paesaggio, che un economia di tipo industriale aveva trasformato. È in questo periodo, infatti, che si comincia a parlare di protezione e conservazione del paesaggio e si hanno cambiamenti importanti anche dal punto di vista normativo. In Italia con la Legge 431 del 1985 ( Legge Galasso ) il "vincolo paesaggistico" non viene più imposto caso per caso con specifici decreti, ma esteso ope legis, ovvero fino all approvazione del Piano paesaggistico, su vasti ambiti che, presuntivamente, rivestono valore paesistico, concorrendo a formare la morfologia del Paese. Con l applicazione di tale legge, le Regioni hanno l obbligo di sottoporre a specifica normativa d uso e valorizzazione ambientale tutto il territorio, attraverso la redazione di piani paesistici o urbanistici territoriali, con particolare attenzione ai valori paesistici ambientali. Tale legge, inoltre, stabilisce pesanti sanzioni penali per le violazioni. Nel 2002 con l entrata in vigore del Codice dei beni culturali e del paesaggio, chiamato Codice Urbani, si sono introdotte sostanziali novità, tra cui l estensione a tutto il territorio del concetto di paesaggio superando la precedente applicazione che lo limitava ad alcune categorie di beni ritenuti di maggior valore estetico paesaggistico. Una tappa fondamentale, che ha sancito un nuovo modo di vedere e considerare il paesaggio, è rappresentata dalla Convenzione europea sul paesaggio di Firenze (2000), dove nell art.1, il paesaggio viene definito come parte di territorio, cosi come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni. Da tale definizione deduciamo: (a) l importanza della percezione del paesaggio da parte degli abitanti del luogo e da parte dei suoi fruitori; (b) i caratteri identificativi del luogo, in quanto, sono determinati da fattori naturali e/o culturali, per cui il paesaggio è visto in evoluzione nel tempo, per effetto di forze naturali e/o per l azione dell uomo; (c) l insieme unico interrelato di elementi naturali e culturali, che vanno considerati simultaneamente. Tale Convenzione inoltre, nell art.3, si prefigge lo scopo di promuovere la salvaguardia, la gestione e la pianificazione dei paesaggi e di organizzare la cooperazione europea in questo campo. Emerge con chiarezza la concezione del paesaggio come un prodotto sociale e come bene dinamico. In base a queste caratteristiche, il paesaggio è sempre relazionato all'azione dell'uomo: in quest ambito, l attività agricola ha un ruolo rilevante. Caratteristiche ed evoluzione del paesaggio rurale Un recente lavoro (2009) della Rete Rurale Nazionale evidenzia che il 95% del territorio nazionale è rappresentato da due tipologie di paesaggio: in una domina una matrice agricola, nell altra una matrice a boschi ed altri ambienti seminaturali. Per quanto riguarda la matrice agricola si ha una predominanza dei paesaggi con seminativi-prati permanenti e dei paesaggi composti da aree agricole eterogenee con minore incidenza delle colture arboree. In generale i paesaggi a matrice agricola sono costituiti nel 50% dei casi da una classe di uso del suolo prevalente, capace di caratterizzarne la copertura per almeno il 70% ( IDPagina/1717, 2009) Questa situazione è il risultato di un evoluzione che ha coinvolto il paesaggio negli ultimi 150 anni. Dopo una iniziale riduzione, dai primi anni del 900 ad oggi si è assistito ad una estensione della superficie boschiva a scapito di quella agricola soprattutto nelle aree di montagna e collina. Oltre alla perdita dei terreni coltivati, dal dopoguerra in poi altri fenomeni hanno modificato il paesaggio rurale come la specializzazione delle colture a pieno campo a scapito delle colture promiscue e l espansione della monocoltura. Ciò ha determinato tra le altre cose, accorpamenti, eliminazione di ostacoli per la meccanizzazione (es. fossi ed alberi) e coltivazioni in zone non vocate (es. pendii). In generale, quindi, si è assistito ad una progressiva omogeneizzazione e semplificazione del paesaggio considerando anche la perdita di alcuni caratteri tipici dell agricoltura quali per esempio la piantata oppure i maceri per la produzione della canapa, o, ancora, le piantagioni del gelso. Quindi si è visto scomparire ogni essenza d'alto fusto, sia naturale che produttiva, lasciando libero l'orizzonte con le radure piatte dei seminativi. Allo stesso tempo bisogna considerare i fenomeni di esodo che

30 Pagina 30 agriregionieuropa hanno interessato le aree rurali a partire dal dopoguerra con lo sviluppo industriale e il boom economico in generale. Infatti la nascita di industrie a ridosso dei centri abitati ha determinato una migrazione delle popolazioni dai territori rurali con conseguente espansione delle aree urbane a scapito della superficie agricola. Modelli di sviluppo, Pac e paesaggio Il crescere di interesse verso la questione ambientale in particolare nel corso degli ultimi 20 anni ha portato a rivedere il modello di sviluppo tradizionale che aveva obiettivi solo di natura economica e un rapporto di correlazione inversa con l ambiente naturale. Si comincia quindi a parlare di sostenibilità e sviluppo sostenibile e il modello viene rivisto tenendo conto che, oltre alla crescita economica, vanno considerati anche aspetti ambientali e sociali. Anche la Pac è stata interessata da questo cambiamento e se infatti nasce con il Trattato di Roma con obiettivi produttivistici ed economici, con le varie riforme avutesi a partire dal 1992 in poi (Mac Sharry, Agenda 2000 e Fischler) cresce l interesse verso l ambiente e le funzioni (secondarie) svolte dal settore primario nei confronti della società. In merito al paesaggio ed alla sua evoluzione sono essenzialmente due gli aspetti delle varie modifiche apportate alla Pac che hanno determinato più di altri cambiamenti in merito. Un primo aspetto interessa le modifiche della modalità di sostegno al settore agricolo che hanno influenzato le scelte degli agricoltori e il modo di fare agricoltura. Infatti inizialmente l elevato sostegno dei prezzi ha comportato la specializzazione e la semplificazione degli ordinamenti colturali, con l estensione in particolare della monocoltura. Con la riduzione del sostegno ai prezzi prima e, in particolare, con il disaccoppiamento poi si è tornati ad una maggiore diversificazione e a ordinamenti colturali meno intensivi (Thiene et al., 2006). Ciò è dovuto anche ad una maggiore diffusione di pratiche agronomiche eco-compatibili grazie in particolare alle misure agro-ambientali dei programmi di sviluppo rurale. L altro aspetto riguarda la valorizzazione della risorsa paesaggio che è progressivamente divenuta una delle sfide più importanti a cui le politiche nazionali e comunitarie devono rispondere. In particolare, per quanto riguarda la Pac, con il riconoscimento dell agricoltura multifunzionale avvenuto nelle ultime riforme (Agenda 2000 e Fischler), se in passato il paesaggio era il prodotto indiretto dell attività agricola, ora è considerato come un obiettivo diretto da raggiungere. Infatti, tra i numerosi effetti esterni positivi dell attività agricola, un ruolo di primo piano spetta alla conservazione e alla realizzazione di paesaggi agrari gradevoli sul piano estetico, maggiormente diversificati dal punto di vista ecologico e in grado di conservare testimonianze storico-culturali del passato. Recentemente la Pac è stata sottoposta a verifica ed è stata modificata con l obiettivo di completare in modo coerente la riforma Fischler e di consolidare la cornice normativa fino al 2013 (Health check). Tale valutazione dello stato di salute della PAC ha l obiettivo di fare il punto sull esperienza della riforma precedente del 2003 e di apportare adeguamenti ed aggiustamenti intesi a semplificare e razionalizzare la Pac in modo da cogliere le nuove opportunità di mercato e affrontare le cosiddette nuove sfide. Essendo un completamento della riforma Fischler, con l Health check si continua in generale a sostenere e garantire la redditività dell'agricoltura nelle diverse regioni dell'ue incoraggiando al tempo stesso gli agricoltori a continuare a svolgere un ruolo positivo nella salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio. Le novità dell Health check per il paesaggio e il loro recepimento in Italia I regolamenti relativi all Health check sono stati promulgati il 19 gennaio Come già nella riforma del 2003, anche nell Health check, applicando il principio di sussidarietà sono state demandate alla libertà di scelta degli Stati membri le competenze in merito a vari elementi chiave della riforma. Entro il 30 giugno 2009 gli Stati membri dovevano comunicare il nuovo Piano di sviluppo nazionale (Psn) ed entro il 1 agosto dovevano prendere le decisioni in merito ai pagamenti diretti e agli interventi di mercato. In Italia, tra le varie decisioni prese, alcune hanno interessato direttamente la risorsa paesaggio mentre altre avranno un influenza indiretta. Per quanto riguarda il primo pilastro, due strumenti che potrebbero giocare un ruolo importante per la conservazione e la valorizzazione del paesaggio sono l art. 68 e la condizionalità. L art. 68, infatti, prevede anche un aiuto ai produttori delle regioni centro-meridionali che praticano l avvicendamento triennale, a condizione che nel ciclo di rotazione sia presente, nella medesima parcella, almeno per un anno, una coltura proteica od oleaginosa. Tale misura di natura agro-ambientale, introdotta anche per alleviare l esclusione del grano duro dai finanziamenti previsti tramite l art. 68, se ben gestita e finanziata, potrebbe diversificare gli ordinamenti colturali e quindi determinare anche una certa differenzazione paesaggistica. Alcuni aspetti della condizionalità sono stati modificati per ottenere uno strumento più semplice ma allo stesso tempo più efficace. In particolare, per quanto riguarda i criteri di gestione obbligatori (Cgo), relativamente ad alcuni atti è intervenuta una semplificazione delle prescrizioni, con l esclusione dagli impegni di condizionalità di risvolti normativi che non interessano in modo diretto le aziende agricole; per altri atti si è proceduto a modificare/integrare le normative comunitarie emanate successivamente al Reg. 1782/2003. Per quanto riguarda le buone condizioni agronomiche ambientali (Bcaa) le modifiche apportate interessano il quadro normativo o l ambito di applicazione delle norme e, tra i vari cambiamenti, alcune riguardano proprio aspetti relativi al paesaggio. Infatti, in merito all obiettivo 4 Livello minimo di mantenimento la norma sul mantenimento degli elementi caratteristici del paesaggio, se del caso, anche mediante il divieto di estirpazione degli olivi è stata modificata in mantenimento degli elementi caratteristici del paesaggio, compresi, se del caso, siepi, stagni, fossi, alberi in filari, in gruppi o isolati e margini dei campi. Nella nuova formulazione, quindi, si pone particolare attenzione all elenco dei singoli elementi caratteristici del paesaggio. Da sottolineare è il fatto che questo cambiamento potrebbe determinare una sovrapposizione con gli impegni agroambientali e in particolare con la misura 214 Pagamenti agro-ambientali (Rete rurale nazionale, 2009b). Per quanto riguarda il secondo pilastro, come per il vecchio Psn elaborato nel 2005 a seguito della riforma Fischler, anche nel recente Psn rivisitato per tener conto delle nuove sfide (cambiamenti climatici, bioenergie, gestione delle risorse idriche e biodiversità) il tema paesaggio ha un ruolo centrale in vari passaggi del documento (Torquati, 2007; Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, 2009). In particolare, il paesaggio è stato inserito fra gli obiettivi stratetici del Psn e ciò mette in evidenza l importanza di riconoscere la pertinenza del paesaggio con gli obiettivi e le azioni della nuova Pac e dello Sviluppo Rurale (Rete Rurale nazionale, 2009a). Sulla base del nuovo Psn, i Programmi di sviluppo rurale (Psr) delle varie regioni sono stati recentemente modificati ed integrati. È da sottolineare come tutti i nuovi Psr contengano riferimenti al paesaggio all interno delle misure dei diversi Assi; ciò testimonia la crescente importanza della risorsa per il settore agricolo e forestale o più in generale per il territorio rurale. Nonostante questo, però, ci sono ancora aspetti da rivedere e migliorare. Nell Asse I, per esempio, nessuna regione ha messo in atto misure che valorizzano il ruolo del paesaggio per aumentare la competitività dei prodotti tipici o il turismo rurale. Infatti le misure dell Asse I con riferimenti al paesaggio riguardano soprattutto formazione ed informazione e non tutte sono chiaramente descritte.

31 agriregionieuropa Pagina 31 Le misure più numerose e specifiche alla risorsa paesaggio sono quelle dell Asse II ed in particolare la misura 214 (Pagamenti agro-ambientali) e la misura 216 (Sostegno agli investimenti non produttivi). Potenzialmente dannose per il paesaggio potrebbero essere le misure correlate con l aumento dei territori boscati (misura 221 Imboschimento di terreni agricoli e misura 223 Imboschimento di superfici non agricole ). Per quanto riguarda l Asse III, la misura più largamente utilizzata a favore del paesaggio è la numero 323 (Tutela e riqualificazione del territorio rurale) la quale è orientata al recupero del patrimonio architettonico del paesaggio rurale. Per concludere, qualche possibilità potrebbe essere offerta anche dall Asse IV a patto che non si definisca un generico sostegno alla tutela del paesaggio ma bensì si riconosca magari la necessità di conservare e valorizzare il paesaggio per accrescere il valore aggiunto dei prodotti tradizionali e migliorare l attrattività del territorio. Conclusioni La risorsa paesaggio è un aspetto rilevante nei nuovi regolamenti della Pac in entrambi i pilastri che sono alla base di questa politica. Lo strumento della condizionalità potrebbe avere un ruolo importante e fondamentale a meno che non si commetta l errore della precedente applicazione dove sono state attivate norme poco restrittive che rientrano nella normale pratica agricola e che quindi non determinano nessun vantaggio ambientale e paesaggistico. Nonostante il paesaggio sia stato inserito fra gli obiettivi stratetici del Psn e tutti i Psr regionali contengano riferimenti in merito, c è ancora molto da fare sia in termini di una migliore specificazione delle misure, delle azioni specifiche e degli obiettivi da raggiungere e sia in termini di una maggiore integrazione con gli altri settori e le altre politiche. Infatti manca in generale un progetto del territorio rurale che armonizzi gli aspetti economici, sociali ed ambientali che producono il paesaggio agrario all interno di una strategia complessiva che possa integrarsi con la pianificazione territoriale. In merito alle nuove sfide da affrontare si deve considerare come l aumento della frequenza e dell intensità di eventi climatici estremi possa determinare fenomeni di erosione, di dissesto idrogeologico e, più in generale, impatti negativi su strutture agricole e infrastrutture. Tutto questo determina un deterioramento del paesaggio agricolo e quindi si devono assumere azioni volte alla mitigazione degli effetti negativi dei cambiamenti climatici. Per quanto riguarda la biodiversità, inoltre, viene messo in risalto il fatto che per mantenere il consistente patrimonio di biodiversità della penisola italiana, vanno diffuse pratiche agricole finalizzate alla riduzione della perdita di biodiversità e quindi al mantenimento del paesaggio agrario tradizionale. Per concludere, quando si parla in particolare di politiche di sviluppo rurale non può essere trascurato l aspetto finanziario. Infatti per far si che le buone intenzioni dei vari regolamenti e degli altri documenti successivi si tramutino in risultati concreti, c è bisogno di incentivare i comportamenti virtuosi degli agricoltori nella giusta maniera utilizzando nel miglior modo possibile le risorse finanziarie disponibili. Riferimenti bibliografici Gruppo di lavoro paesaggio: pages/serveblob.php/l/it/idpagina/1717 Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, Piano Strategico Nazionale, 13 luglio 2009 Rete Rurale Nazionale, 2009a. Paesaggio e Sviluppo Rurale. Il ruolo del paesaggio all interno dei Programmi di Sviluppo Rurale. Documento realizzato nell ambito delle attività della Rete Rurale Nazionale - Task Force Paesaggio Rete Rurale Nazionale, 2009b. Proposta operativa di applicazione della condizionalità in Italia alla luce delle novità introdotte dall Health check della PAC. Documento realizzato dalla Rete Rurale Nazionale nell ambito della Task Force Ambiente e Condizionalità - SVIRIS III, luglio 2009 Torquati B., Il paesaggio nel Piano Strategico Nazionale per lo Sviluppo Rurale, AgriRegioniEuropa, Anno 3, Numero 8 Thiene M., Bazzani G. M., Tempesta T., Le conseguenze della riforma di Politica Agricola Comunitaria sul paesaggio rurale, Economia e Diritto Agroalimentare, n. 3/2006 Agricoltura ad alto valore naturale: i sistemi agricoli a tutela della biodiversità Antonella Trisorio, Andrea Povellato, Andrea Borlizzi in Agriregionieuropa n.22 Introduzione 1 Istituto Nazionale Economia Agraria Il concetto di agricoltura ad alto valore naturale (AVN), introdotto agli inizi degli anni Novanta (Baldock et al., 1993; Beaufoy et al., 1994) per evidenziare il ruolo positivo svolto dall attività agricola nella tutela della biodiversità, ha acquisito, col tempo, una crescente rilevanza grazie all integrazione dei temi ambientali nella Politica Agricola Comune (PAC). Le aree agricole ad alto valore naturale sono riconosciute come quelle aree in cui l agricoltura rappresenta l uso del suolo principale (normalmente quello prevalente) e mantiene o è associata alla presenza di un elevata numerosità di specie e di habitat, e/o di particolari specie di interesse comunitario. Queste sono distinte in tre tipi (Andersen et al., 2003): Tipo 1: aree con un elevata proporzione di vegetazione semi-naturale (es. pascoli naturali); Tipo 2: aree con presenza di mosaico di agricoltura a bassa intensità e elementi naturali, semi-naturali e strutturali (es. siepi, muretti a secco, boschetti, filari, piccoli corsi d acqua, ecc.); Tipo 3: aree agricole che sostengono specie rare o un elevata ricchezza di specie di interesse europeo o mondiale. Sulla base di questa definizione, sono stati sviluppati (Andersen et al. (2003) tre approcci complementari per l individuazione delle aree AVN: 1) uso del suolo, 2) sistemi agricoli e 3) distribuzione delle specie (in particolare di uccelli). Come successivamente specificato da Cooper et al. (2007), infatti, è la combinazione di un appropriato uso del suolo e del paesaggio ("stato") insieme ad un appropriata gestione ("forza determinante") che crea le condizioni affinché un sistema agricolo sia ad alto valore naturale. Nell approccio dei sistemi agricoli, un ruolo centrale è attribuito all'azienda agricola e, quindi, agli agricoltori che, attraverso la scelta delle modalità di gestione delle pratiche agricole, determinano pressioni dinamiche sullo stato (in termini, ad esempio, di biodiversità). Le scelte imprenditoriali derivano dalle interazioni tra prezzi di mercato, tecnologia e condizioni ambientali, dove i primi due fattori hanno ormai assunto un ruolo preminente rispetto ai vincoli determinati dalla dotazione di risorse naturali presenti in azienda. I processi di intensificazione e specializzazione innescati dall'evoluzione tecnologica separano sempre più le

32 Pagina 32 agriregionieuropa aziende agricole da una gestione sostenibile delle risorse naturali, necessaria al mantenimento delle aree AVN. La comprensione dei meccanismi che portano le aziende agricole ad allontanarsi da percorsi "virtuosi" risulta, pertanto, essenziale al fine di implementare misure di politica agroambientale appropriate. A questo riguardo si ricorda che il mantenimento dei sistemi agricoli e forestali AVN rientra tra gli obiettivi prioritari della politica di sviluppo rurale, per la valutazione del cui raggiungimento uno specifico indicatore è stato inserito nel Quadro comune di monitoraggio e valutazione per lo sviluppo rurale Questo contributo intende fornire una prima analisi economica delle aree agricole AVN in Italia, individuate attraverso l approccio dei sistemi agricoli. Le aree agricole ad alto valore naturale in Italia La superficie delle aree agricole ad AVN in Italia è stata stimata per la prima volta da Andersen et al. (2003), sulla base sia dell approccio dell uso del suolo sia dei sistemi agricoli: da questo esercizio è emerso che, in media, circa il 21% della superficie agricola utilizzata (SAU) è ad AVN, con percentuali che variano dal 12%, in base all approccio dei sistemi agricoli, al 30%, in base all approccio dell uso del suolo. Altre stime (Paracchini et al., 2006), basate sui dati di Corine Land Cover in combinazione con informazioni ambientali (es. siti Natura 2000 e Important Bird Areas) e sulla biodiversità, hanno prodotto stime più affidabili (per l'italia la quota ad AVN sarebbe del 31%), ma si riconosce la necessità di ulteriori analisi e, soprattutto, di una maggiore disponibilità di dati georeferenziati. Stime dell estensione delle aree agricole ad AVN sono state effettuate anche a livello regionale, in occasione della redazione dei programmi di sviluppo rurale. Tuttavia, un valore complessivo basato sulle stime regionali non darebbe una rappresentazione coerente, dal momento che le Regioni non hanno adottato la stessa metodologia. Nel presente lavoro, la stima della consistenza dei sistemi agricoli ad AVN si è basata sull'elaborazione dei dati dell Indagine ISTAT sulle strutture agricole del 2005 (Trisorio et al., 2010) che, oltre a fornire informazioni sulle colture e sugli allevamenti, consentono di avere, in prima approssimazione, alcune indicazioni sulle pratiche agricole adottate e sugli elementi seminaturali presenti in azienda. Sono state identificate sei macro-categorie di sistemi agricoli sulla base della presenza/ assenza di allevamenti e della prevalenza, in termini di SAU, di seminativi, legnose agrarie e foraggere permanenti (prati e pascoli). In seguito, le sei macro-categorie individuate sono state suddivise nelle due sottotipologie AVN e non-avn in base al carico di bestiame e alla presenza o assenza delle seguenti caratteristiche: irrigazione, metodi di produzione biologica, lavorazioni minime, rotazione colturale, sovescio, inerbimento, elementi semi-naturali (Tabella 1). Queste caratteristiche sono state considerate, dunque, come proxy dei livelli di intensità dell attività agricola e di protezione della biodiversità osservati in azienda. Tabella 1 - Sintesi delle tipologie aziendali AVN in Italia Aziende SAU Aziende SAU n. ha (% sul totale) Seminativi prevalenti ,4 5,9 Colture permanenti prevalenti Foraggere permanenti prevalenti 14,5 13, ,0 87,9 Policoltura ,3 20,5 Allevamenti e foraggicoltura ,2 47,8 Allevamenti e colture ,2 6,9 Totale AVN ,7 23,6 Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT, Struttura delle produzioni agricole, 2005 Osservando la tabella 1, si nota che circa tre milioni di ettari di SAU sono potenzialmente ad AVN, pari al 24% della SAU totale italiana e quasi al 15% delle aziende. Tali superfici ricadono principalmente in aree montane (51% del totale), all incirca equamente distribuite tra l arco alpino e la dorsale appenninica, e in aree collinari (42%). Nelle regioni centrali e meridionali le maggiori estensioni ricadono in aree collinari. Oltre il 70% delle aree agricole AVN è costituito da prati permanenti e pascoli, con punte decisamente superiori nelle regioni settentrionali e nelle aree montane, mentre seminativi e colture permanenti rappresentano, rispettivamente, il 18% e il 10%. Tra le tipologie dei sistemi agricoli precedentemente descritti, il sistema Foraggere permanenti è il sistema più rappresentato (il 43% del totale dell area agricola AVN) assieme al sistema "Allevamenti e foraggere". Va aggiunto che poco meno dei due terzi di questa superficie sono costituiti da terreni collettivi gestiti da enti pubblici, che in molti casi concedono i terreni in affitto nei mesi estivi. Caratteristiche socio-economiche e strutturali delle aziende ad alto valore naturale L'identificazione dei tipi di sistemi ad AVN è un primo passo nella comprensione dei meccanismi che governano le scelte imprenditoriali e determinano il sentiero di sviluppo dell'impresa verso modelli a diversi livelli di sostenibilità. Una prima analisi comparativa delle caratteristiche economiche e strutturali delle aziende AVN e non-avn è stata realizzata utilizzando i dati della Rete di informazione contabile agricola (RICA). Le aziende AVN, individuate attraverso indicatori di intensità dell attività agricola e indicatori di uso del suolo, sono state analizzate dal punto di vista economico e in termini di sostegno pubblico ricevuto (Trisorio et al., 2008). Le maggiori dimensioni economiche e la possibilità di allocare i fattori produttivi in modo più efficiente determinano una notevole differenza in termini di produttività del lavoro e della terra: la produttività del lavoro di un azienda non- AVN è in media superiore del 33% a quella di aziende AVN, con differenze ancora maggiori nelle aree montane e nelle regioni settentrionali (Tabella 2). Tabella 2 - Produttività e sussidi alle aziende agricole AVN e non-avn Fonte: nostre elaborazioni su dati RICA, Italia AVN non-avn Totale Valore aggiunto netto per ha (euro) Valore aggiunto netto per ULA (euro) Sussidi (euro) % Sussidi su valore aggiunto netto 42,7 19,8 21,5 Distribuzione dei sussidi (%): Pagamenti diretti 74,3 87,7 85,7 Pagamenti agro-ambientali 13,2 5,2 6,4 Pagamenti per le aree svantaggiate 5,5 1,2 1,9 Altre misure di sviluppo rurale 4,5 4,4 4,5 Altri sussidi 2,5 1,4 1,6 Sussidi per ettaro (euro) Sussidi per ULA (euro) Valore aggiunto netto per ULA (senza sussidi, euro) Quanto al ruolo dei contributi della PAC, il totale dei pagamenti comunitari ricevuti dalle aziende AVN è solo leggermente superiore a quelli ricevuti dalle aziende non-avn (Tabella 2). Tuttavia, la spesa pubblica gioca un ruolo più importante nelle prime, poiché rappresenta il 43% del valore aggiunto netto, contro il 20% registrato in aziende non-avn. La fonte dei finanziamenti varia in misura non indifferente tra aziende AVN e non-avn: mentre queste ultime si basano soprattutto su

33 agriregionieuropa Pagina 33 pagamenti diretti, le aziende AVN ricevono una parte più significativa di finanziamenti attraverso i pagamenti agroambientali e gli aiuti per le zone svantaggiate, a seguito della maggiore percentuale di aziende AVN in aree montane e marginali. La scelta di adottare sistemi produttivi meno intensivi potrebbe essere a sua volta favorita dai pagamenti agroambientali, tuttavia ulteriori analisi sono necessarie al fine di stabilire una relazione in tal senso. I dati sembrano confermare il ruolo fondamentale giocato dai contributi della PAC ai fini della vitalità economica delle aziende AVN. I sussidi per ULA sono maggiori nelle aziende AVN. Confrontando la produttività del lavoro al netto dei sussidi la differenza tra i due tipi di aziende si evidenzia chiaramente: la produttività del lavoro senza sostegno pubblico delle aziende AVN (derivante dal mercato) è pari a circa la metà della produttività del lavoro delle aziende non-avn. Considerazioni finali L analisi condotta rivela che i sistemi agricoli ad AVN sono prevalentemente estensivi, spesso tradizionali, che includono elementi non-coltivati e vegetazione semi-naturale. La copertura del suolo principale è rappresentata da pascoli semi-naturali localizzati in aree montane e collinari caratterizzate da bassi livelli di redditività ed elevati sussidi per unità di lavoro. Va aggiunto, inoltre, che le terre collettive rappresentano una parte considerevole di queste superfici. Le caratteristiche che rendono queste aree di valore per la biodiversità sono, tuttavia, le stesse che ne riducono la vitalità economica rendendole, nella maggior parte dei casi, a rischio di abbandono e, più raramente e nelle aree più produttive, a rischio di intensificazione. A livello europeo è ormai riconosciuto che i sistemi agricoli ad AVN forniscono una gamma molto ampia di beni pubblici (Cooper et al., 2009), il che fornisce una motivazione più che sufficiente per giustificare misure volte alla loro conservazione, che contrastino i rischi in precedenza descritti. Ma le misure di compensazione finanziaria sono soltanto uno degli strumenti su cui concentrare l'intervento pubblico. Anche le politiche a favore del capitale umano e sociale (ricambio generazionale, consulenza e ricerca, azioni collettive) possono contribuire in modo incisivo al recupero di una gestione sostenibile dei sistemi agricoli. Quanto alle misure agro-ambientali dovrebbero essere rafforzate le azioni che incrementano la fornitura di servizi ambientali o che favoriscono la conservazione di elementi seminaturali, o naturali, incluso il ripristino di strutture ecologiche in aree ad agricoltura intensiva. Andrebbero, cioè, favorite le misure i cui risultati sono facilmente verificabili, anche se la compensazione dovrebbe tenere conto delle ulteriori perdite di reddito dovute alla riduzione della SAU. In alcuni casi, è probabile che una struttura ecologica ben mantenuta possa contribuire a caratterizzare come ad AVN anche aree in cui sono praticate attività agricole relativamente intensive (es. risaie). La conservazione di aree agricole AVN è ottenibile solo attraverso l adozione di pratiche agricole che vadano al di là della gestione ordinaria, quindi, l inclusione della loro conservazione tra gli obiettivi degli interventi di pianificazione per lo sviluppo rurale non si dovrebbe trasformare in misure obbligatorie che limitano le scelte degli agricoltori o impongono nuovi vincoli sulle aziende agricole a bassa intensità, ma dovrebbe essere perseguita su base volontaria. Al fine di ottenere risultati efficaci, sarebbe necessario fornire agli agricoltori informazioni adeguate e servizi di ricerca applicata, così da metterli nelle condizioni di poter confrontare la conoscenza scientifica con la conoscenza locale, che rappresenta la base della competenza nei sistemi agricoli a bassa intensità. È necessaria, innanzitutto, una riqualificazione del capitale umano, attraverso misure volte a favorire il ricambio generazionale, specialmente in aree montane e nelle piccole aziende, che aiuterebbero, indirettamente, a contrastare l abbandono delle superfici agricole AVN, insieme a misure di aiuto per gli investimenti e per le zone svantaggiate, e a un uso più mirato ed efficace dei sistemi di consulenza aziendale. Da un indagine di campo (tuttora in corso) è emerso che gli agricoltori percepiscono come scarse o nulle le attività di consulenza sulle tematiche di conservazione della biodiversità. Nell insieme, tali misure potrebbero contribuire in maniera determinante alla vitalità di lungo periodo delle aziende agricole AVN, anche se altre misure di più ampia portata, quali investimenti in servizi pubblici e infrastrutture, potrebbero essere necessarie per contrastare definitivamente il problema dell abbandono. Va, inoltre, ricordato che gli utilizzatori di aree agricole AVN gestite da enti pubblici, prevalentemente pastori e allevatori ai quali è concesso un uso stagionale, potrebbero essere compensati per i servizi forniti attraverso accordi collettivi (BirdLife International et al., 2009). Un ultimo appunto riguarda l'attuale capacità di indagine sui rapporti agricoltura-biodiversità. Al fine di utilizzare al meglio le informazioni economiche e finanziarie contenute nella banca dati della RICA, è sempre più necessario integrare i dati riguardanti le pratiche agricole, l uso delle superfici agricole e la gestione delle superfici non utilizzate a fini agricoli ricadenti all interno delle aziende. Questo non rappresenta un compito facile, a causa dell insufficiente disponibilità delle risorse finanziarie e umane necessarie per la realizzazione di un indagine di siffatte dimensioni. Di notevole importanza e, pertanto, un tema che richiede futuri approfondimenti, è la geo-referenziazione dei dati aziendali che consentirebbe un più diretto confronto con i risultati dell approccio uso del suolo. La complessità del processo di georeferenziazione - a dispetto dei progressi ottenuti in anni recenti in termini di tecnologia dell informazione e disponibilità di dati amministrativi - amplifica ulteriormente le difficoltà correlate alla disponibilità di risorse necessarie per l esecuzione dell indagine. Il confronto tra i costi dell indagine e i presunti benefici derivanti da una migliore informazione ai fini della programmazione offre, peraltro, un interessante spunto di riflessione. Note 1 Il presente lavoro è stato svolto nell ambito delle attività della Rete Rurale Nazionale - Task Force Ambiente e Condizionaltà. Riferimenti bibliografici Andersen, E., Baldock, D., Bennet, H., Beaufoy, G., Bignal, E., Brower, F., Elbersen, B., Eiden, G., Godeschalk, F., Jones, G., McCracken, D.I., Nieuwenhuizen, W., van Eupen, M., Hennekes, S., and Zervas, G. (2003), Developing a high nature value indicator. Report for the European Environment Agency, Copenhagen Baldock, D., Beaufoy, G., Bennett G., Clark, J. (1993), Nature conservation and new directions in the EC Common Agricultural Policy, Institute for European Environmental Policy (IEEP), London Beaufoy, G., BaldocK, D. E ClarK, J. (1994), The nature of farming. Low intensity farming systems in nine European countries Report IEEP/WWF/JNCC, London, Gland, Peterborough BirdLife International, EEB, EFNCP, IFOAM and WWF (2009), Proposal for a new EU Common Agricultural Policy, Cooper, T., Arblaster, K., Baldock, D., Farmer, M., Beaufoy, G., Jones, G., Poux, X., McCracken, D., Bignal, E., Elbersen, B., Washer, D., Angelstam, P., Roberge, J.M., Pointereau, P., Seffer, J., and D., Galvanek (2007), Final report for the study on HNV indicators for evaluation, Institute for European Environmental Policy (IEEP), London Cooper, T., Hart, K. and Baldock, D. (2009) The Provision of Public Goods Through Agriculture in the European Union,

34 Pagina 34 agriregionieuropa Report Prepared for DG Agriculture and Rural Development, Institute for European Environmental Policy, London Paracchini, M.L., Terres, JM., Petersen, J.E., and Y. Hoogeveen (2006), Background document on the methodology for mapping High Nature Value farmland in EU27, EU JRC Trisorio, A., Povellato, A., Bortolozzo, D. (2008), High Nature Value Farming Systems in Italy: an Economic Perspective, in Proceedings of the International conference Using Evaluation to Enhance the Rural Development Value of Agri-environmental Measures Pärnu (Estonia), June 17-19, 2008 Trisorio, A., Povellato, A., Borlizzi, A. (2010), High Nature Value Farming Systems in Italy: a Policy Perspective, paper presented at the OECD Workshop on OECD Agrienvironmental Indicators: Lessons Learned and Future Directions, March, 2010, Leysin, Switzerland L impatto della riforma della PAC sulla sostenibilità di un area irrigua Raffaele Cortignani, Simone Severini, in Agriregionieuropa n.23 Introduzione La Politica Agricola Comunitaria (PAC) ha avuto un impatto significativo sulle scelte produttive degli agricoltori e sui risultati economici complessivi delle aziende agricole. Infatti, sono questi i due aspetti su cui generalmente si è concentrata la maggior parte delle analisi empiriche condotte. Tuttavia, per avere un quadro più articolato sull effetto della PAC sulle realtà agricole sembra importante considerare anche alcuni aspetti relativi alla sostenibilità sociale ed ambientale dell attività agricola. Non a caso negli ultimi decenni è stato fatto un notevole sforzo per associare ai concetti di sostenibilità e multifunzionalità delle attività agricole un insieme di indicatori adeguati a cogliere questi aspetti (Buysse, Van Huylenbroeck, Lauwers, 2007; Gomez-Limon, Sanchez-Fernandez, 2010; OECD, 2001). Questo lavoro cerca di valutare il possibile impatto di un pacchetto di riforme della PAC sulla sostenibilità economica, sociale ed ambientale di un area irrigua dell Italia Centrale attraverso un modello di Programmazione Matematica Positiva (PMP). Ciò è stato fatto tenendo conto non solo dell evoluzione dei risultati economici aziendali, ma anche di alcuni indicatori relativi alle dimensioni della sostenibilità sociale ed ambientale. Le riforme considerate Negli ultimi anni la PAC è stata interessata da importanti mutamenti e tra questi il disaccoppiamento degli aiuti con l introduzione del Regime di Pagamento Unico (RPU) varato con il Reg. (CE) n del Tale disaccoppiamento ha interessato successivamente altri settori tra cui quelli dello zucchero e dell ortofrutta. Nel 2009, nell ambito della verifica dello stato di salute della PAC, è stato varato il Reg. (CE) n. 73/2009 che sancisce il disaccoppiamento anche dell aiuto qualità erogato dal 2005 a favore dei produttori di grano duro in base alle superfici coltivate e la sua integrazione nel RPU. Nel settore saccarifero, con il Reg. (CE) n. 318/2006 si è deciso di ridurre gradualmente il supporto al prezzo dello zucchero (e delle barbabietole) e di compensare gli agricoltori con pagamenti disaccoppiati. Nel settore ortofrutta, con il Reg. (CE) n. 1182/2007 si è deciso di disaccoppiare i pagamenti diretti concessi ad alcune colture orticole e, in particolare, quello concesso al pomodoro da industria. Tali cambiamenti hanno modificato (generalmente ridotto) la convenienza di queste attività colturali particolarmente importanti in alcune aree irrigue dell Italia, compresa quella considerata. Queste colture sono importanti non solo in termini di risultati economici, ma anche dal punto di vista della domanda di lavoro, dell utilizzo dell acqua irrigua e degli input chimici. La metodologia di analisi L analisi del possibile impatto degli aspetti di riforma considerati su questi aspetti è stata effettuata utilizzando la metodologia della Programmazione Matematica Positiva (PMP) (Howitt, 1995; Arfini e Paris, 1995; Paris e Howitt, 1998). Dalla sua prima presentazione ad oggi, la PMP è stata migliorata dal punto di vista metodologico ed è stata adattata a vari settori in modo tale da utilizzare in modo più efficiente i dati disponibili e per catturare alcuni aspetti rilevanti del comportamento degli agricoltori (Heckelei e Britz, 2005). In particolare, un nuovo metodo che calibra e stima i modelli di programmazione matematica, basato sulle condizioni di primo ordine del problema specificato, è stato recentemente proposto ed applicato (Heckelei, 2002; Arfini e Donati, 2008). Successivamente, la PMP è stata adattata per analizzare anche l uso delle risorse tra cui l acqua irrigua (Blanco, Cortignani e Severini, 2008; Cortignani e Severini, 2009). L approccio utilizzato nello studio ha caratteristiche simili a quelli di Heckelei e Wolff (2003) e di Arfini e Donati (2008) ed è stato sviluppato per tenere conto di aspetti relativi all utilizzo dell acqua irrigua e per considerare alcuni aspetti attinenti alla sostenibilità economica, sociale ed ambientale. Analisi empirica L analisi empirica è stata condotta in un area agricola del comprensorio del Consorzio di Bonifica ed Irrigazione Maremma Etrusca di Tarquinia (VT). In questa area operano approssimativamente aziende agricole per un totale di circa ettari di superficie. Il Consorzio, tramite tre sistemi non completamente connessi tra loro, fornisce acqua irrigua a tre sub-aree del comprensorio o lotti irrigui (lotti III, V e VI). Il modello è stato calibrato rispetto all annata agraria che corrisponde alla situazione precedente a quella in cui sono state varate le tre modifiche del sistema di aiuti avvenute successivamente al varo dell RPU e precedentemente richiamate. In quel periodo più della metà della superficie disponibile era coltivata a grano duro e più di un terzo era irrigata: le colture irrigue più rilevanti in termini di superficie disponibilie era coltivata a grano duro e più di un terzo era irrigata: le colture irrigue più rilevanti in termini di superficie erano il pomodoro, il cocomero ed il melone. Nell area di studio le attività zootecniche sono poco presenti per cui non sono state considerate. Utilizzando i risultati del modello di PMP ottenuti in fase di simulazione, sono stati calcolati tre gruppi di indicatori: a) il margine lordo totale, b) l utilizzazione di lavoro e c) l uso di acqua e di input chimici nelle attività agricole. Il margine lordo totale è la differenza tra i ricavi ed i costi variabili specifici e può essere considerato come una proxy della profittabilità privata dell attività agricola di breve periodo 1. Il fabbisogno di lavoro aziendale è stato ricavato sommando i fabbisogni di lavoro che ogni attività produttiva richiede nei diversi periodi dell anno. Questo indicatore può essere utilizzato per valutare il contributo dell attività agricola ai fini del mantenimento dei livelli occupazionali nell area rurale considerata. Infine, l utilizzo di input chimici deriva dalla combinazione tra le varie attività colturali realizzate e il rispettivo utilizzo di fertilizzanti, erbicidi e pesticidi.

35 agriregionieuropa Pagina 35 Questi indicatori, insieme al livello di acqua irrigua utilizzata, danno una prima e grossolana indicazione della potenziale pressione esercitata sull ambiente da parte del settore agricolo. Da una parte è infatti necessario considerare che, nelle aree mediterranee, l acqua è in genere considerata una risorsa scarsa. Pertanto, per assicurane un uso sostenibile, si ritiene utile contenere i fenomeni di sovra-utilizzazione di acqua e di suo inquinamento (UNECE, 2001). Inoltre, indicatori relativi al semplice livello d uso di questi fattori sono comunemente inclusi tra gli elenchi degli indicatori di sostenibilità ambientale proposti a livello internazionale (OECD, 2001). D altra parte, è assodato che l impatto sull ambiente dell uso di input questi fattori non dipende solo dal livello d uso, ma anche dalle modalità con cui esso si realizza. L idea alla base del calcolo di questi indicatori è che l analisi della loro evoluzione possa, pur nella consapevolezza della parzialità dell analisi svolta, fornire una indicazione dell effetto delle riforme considerate su alcuni aspetti importanti della sostenibilità economica, sociale ed ambientale. Lo scenario di simulazione post-riforma applicato al modello ha tenuto conto dei seguenti aspetti: il disaccoppiamento dell aiuto al pomodoro da industria; la riduzione del prezzo della barbabietola da zucchero e l introduzione di un pagamento disaccoppiato compensativo; l abrogazione dell articolo 51 del Reg. 1782/2003 che proibiva la coltivazione di colture orticole e frutticole sulla superficie eleggibile al pagamento unico; l abrogazione del premio qualità per il grano duro. Risultati L applicazione dello scenario di simulazione determina una riduzione considerevole della coltivazione del pomodoro rispetto al Baseline (2007). Viceversa, la barbabietola da zucchero, che già nell anno precedente a quello analizzato aveva subito un drastico ridimensionamento, mostra una bassa riduzione percentuale (Tabella 1). Tabella 1 - Impatto dell applicazione dello scenario post riforma sugli ordinamenti colturali: valori assoluti in ettari (Baseline) e variazioni % rispetto al Baseline (Scenario post riforma) Baseline Scenario post riforma Cereali, Oleaginose, Proteiche (COP) di cui: ,7 Orzo Grano duro ,4 Mais Ortive di cui Anguria 267 3,9 Melone 231 5,3 Pomodoro ,6 Foraggere di cui: ,9 Trifoglio ,9 Altre colture di cui: 568-2,2 Barbabietola da zucchero 21-54,7 Superficie irrigata totale ,2 La simulazione effettuata indica che la superficie lasciata libera dal pomodoro viene utilizzata da colture foraggere, da cereali, oleaginose e proteiche (COP) e, in minor misura, da altre colture irrigue. Tuttavia i cambiamenti indicati comportano una riduzione sostanziale della superficie irrigata. Questa estensificazione degli ordinamenti colturali determina una diminuzione dell utilizzo di lavoro (probabilmente più di quello stagionale che di quello familiare) (Tabella 2). Inoltre si determina una contrazione dei volumi di acqua irrigua nonché degli input chimici utilizzati anche se, rispetto a questi ultimi, si notano alcune differenze importanti tra le varie categorie considerate. Questi ultimi due fenomeni, sembrano indicare che le riforme considerate potrebbero determinare un riduzione della pressione del settore agricolo sull ambiente. Tabella 2 - Impatto dell applicazione dello scenario post riforma sull utilizzo di lavoro, acqua ed input chimici: valori assoluti in 1000 h, 1000 m3 e 100 Kg^ (Baseline) e variazioni % rispetto al Baseline (Scenario post riforma) Pesticidi 86-24,7 ^ Azoto (N); Fosforo (P2O5); Potassio (K2O); Erbicidi (prodotto commerciale); Pesticidi (prodotto commerciale) L applicazione dello scenario post-riforma genera un significativo aumento dei margini lordi aziendali. Questo è dovuto principalmente al fatto che l aumento degli aiuti disaccoppiati compensa in modo più che proporzionale la perdita degli aiuti accoppiati. Inoltre l estensificazione degli ordinamenti colturali causa una contrazione dei ricavi da vendita che, nella realtà, potrebbe essere attenuata qualora si verifichino recuperi nei livelli dei prezzi di vendita dei prodotti. Inoltre, si evidenzia anche una sostanziale riduzione dei costi specifici variabili (Tabella 3). Tabella 3 - Impatto dell applicazione dello scenario post riforma sui risultati economici: valori assoluti in 1000 (Baseline) e variazioni % rispetto al Baseline (Scenario post riforma) Conclusioni Baseline Scenario post riforma Lavoro 508-4,5 Acqua ,5 Azoto ,5 Fosforo Potassio ,6 Erbicidi 40-6,7 Baseline Scenario post riforma Ricavi totali ,2 - ricavi da vendita ,3 - aiuti ,4 di cui disaccoppiati ,1 accoppiati ,6 Costi specifici variabili ,4 Margini lordi ,3 Margini lordi senza aiuti ,2 Il lavoro ha cercato di valutare l impatto del disaccoppiamento totale di alcuni aiuti considerando, in particolare, le riforme riguardanti i settori dello zucchero e dell ortofrutta e del grano duro, (relativamente al premio di qualità). Lo studio, che si concentra su di un area irrigua dell Italia centrale, ha cercato di misurare l impatto delle riforme utilizzando un set di indicatori selezionati al fine di esplorare varie dimensioni della sostenibilità: economica, sociale ed ambientale. L esercizio svolto, pur nella consapevolezza dei suoi numerosi limiti, appare utile per cercare di valutare in che modo le recenti riforme considerate in questo lavoro possono determinare risultati coerenti o meno con alcuni obiettivi della PAC che appaiono, a volte, in contrapposizione tra loro. L analisi ha mostrato, infatti, che i cambiamenti considerati determinano un miglioramento dei risultati economici delle aziende. Questo fenomeno, dovuto essenzialmente all erogazione di aiuti disaccoppiati ed alla estensificazione dei processi produttivi, appare coerente con l obiettivo della PAC finalizzato al sostengo del reddito degli operatori agricoli. L analisi ha anche mostrato che il processo di estensificazione evidenziato determina una riduzione sostanziale dell utilizzo degli input chimici e dell acqua irrigua. Quest ultimo dato è in linea con i risultati di altri studi effettuati sul tema (EEAC Working Group on Agriculture and Rural Development, 2007) e sembra coerente con l obiettivo della riduzione della pressione esercitata dal settore agricolo sull ambiente. Tuttavia, a fronte di questi cambiamenti, le riforme considerate potrebbero comportare anche un decremento della domanda di lavoro generata dal settore agricolo. Questo fenomeno, che è in grado di condizionare negativamente il tessuto economico e

36 Pagina 36 agriregionieuropa sociale dell area di studio, evidenzia che le riforme considerate potrebbero avere conseguenze negative sulla dimensione sociale della sostenibilità. Ciò appare in netto contrasto con gli obiettivi del sostegno alle aree rurali e, quindi, delle politiche di sviluppo rurale. L analisi svolta, pur nella sua estrema semplicità, evidenzia come l analisi delle politiche agricole condotta mediante modelli di programmazione matematica, può arricchirsi quando sia possibile inserire delle informazioni addizionali che aiutino ad analizzare alcuni aspetti della sostenibilità dell attività agricola che sono generalmente ancora poco considerati. Note 1 In assenza di previsioni relative alla possibile evoluzione dei prezzi dei prodotti interessati dalla riforma, è stata adottata l ipotesi di costanza dei prezzi. È opportuno considerare che questa ipotesi risulta tendenzialmente pessimistica in termini di impatto sui risultati economici delle aziende considerate. È infatti possibile che la contrazione dell offerta determinata dal disaccoppiamento degli aiuti possa avere l effetto di incrementare il livello dei prezzi dei prodotti coinvolti. Riferimenti bibliografici Arfini F., Donati M., (2008), Health check and farm efficiency: a comparative assessment of four European agricultural regions. Paper presented for the 109 th Seminar of the EAAE The CAP after Fischler Reform: national implementations, impact assessment and the agenda for future reforms, November , Viterbo Arfini F., Paris Q. (1995), A positive mathematical programming model for regional analysis of agricultural policies. In Sotte, F. (Ed): The Regional Dimension in Agricultural Economics and Policies, EAAE, Proceedings of the 40th Seminar, June 26-28, Ancona, Italy, pp Blanco M., Cortignani R., Severini, S. (2008), Evaluating Changes in Cropping Patterns due to the 2003 CAP Reform. An Ex-post Analysis of Different PMP Approaches Considering New Activities. Paper prepared for presentation at the 107th EAAE Seminar Modeling of Agricultural and Rural Development Policies. Sevilla, 2008 Buysse J., Van Huylenbroeck G., Lauwers L. (2007), Normative, positive and econometric programming as tools for incorporation of multifunctionality in agricultural policy modelling. Agricultural, Ecosystems and Environment 120 (2007) Cortignani R., Severini S., (2009), Modeling farm-level adoption of deficit irrigation using Positive Mathematical Programming. Agricultural Water Management 96 (2009) , doi: /j.agwat Cortignani R., Severini S. (2010), The impact of reforming the Common Agricultural Policy on the sustainability of the irrigated area of Central Italy. An empirical assessment by means of a Positive Mathematical Programming model. Paper presented at the 120th EAAE Seminar: "External cost of farming activities: economic evaluation, risk considerations, environmental repercussions and regulatory framework". Chania (Crete), Greece September 2010 EEAC Working Group on Agriculture and Rural Development (2007), Globalisation, Land Use Change and the Common Agricultural Policy. Activity Report 2007 Gómez-Limón J.A., Sanchez-Fernandez G. (2010), Empirical evaluation of agricultural sustainability using composite indicators. Ecological Economics 69 (2010), Heckelei T. (2002), Calibration and estimation of programming models for agricultural supply analysis, University of Bonn Heckelei T., Britz W. (2005), Model based on Positive Mathematical Programming: state of the art and further extensions. In Arfini, F. (Ed.): Modelling agricultural policies: state of the art and new challenges. Monte Università Parma Editore, Parma, Italy, pp Heckelei T., Wolff H. (2003), Estimation of constrained optimisation models for agricultural supply analysis based on generalised maximum entropy. European Review of Agricultural Economics, 30 (1): Howitt R.E. (1995), Positive Mathematical Programming. American Journal of Agricultural Economics, 77: OECD (2001), Environmental Indicators for Agriculture. Methods and Results.Organisation for Economic Cooperation and Development. Paris, 2001 Paris Q., Howitt R. (1998), An analysis of Ill-Posed Production Problems Using Maximum Entropy. American Journal of Agricultural Economics, 80 (February 1998): pag UNECE - United Nations Economic Commission for Europe. Agri-environmental indicators to describe agricultural sustainability. Working Paper No. 21. Conference of European Statisticians. Available at: documents/2001/10/env/wp.21.e.pdf associazionealessandrobartola studi e ricerche di economia e di politica agraria Ultime iniziative dell Associazione Alessandro Bartola Convegni AGRIREGIONIEUROPA Convegno Agriregionieuropa "I beni pubblici e la riforma della PAC", 12 Luglio 2011, Roma Convegno Agriregionieuropa "T-winning Day: le opportunità del Programma Europeo per i Cittadini", 30 Giugno 2011, Ancona Lezione Alessandro Bartola 2011, Prof.ssa Maria Sassi, I mercati dei prodotti agricoli nei nuovi scenari mondiali, 28 Aprile 2011, Ancona Convegno Agriregionieuropa "Lo sviluppo rurale tra valutazione e riforma della PAC", 19 Aprile 2011, Mosciano Sant Angelo - Teramo Nella rubrica eventi del sito sono disponibili le presentazioni power point, le registrazioni audio e gli altri materiali distribuiti. Tutti i materiali dell evento (presentazioni, video streaming e registrazioni audio e video, materiale fotografico e documenti) saranno consultabili nel sito

37 agriregionieuropa Pagina 37 SPERA - Centro Studi Interuniversitario sulle Politiche Economiche Rurali e Ambientali associazionealessandrobartola studi e ricerche di economia e di politica agraria Rete Rurale Nazionale Iniziativa realizzata con il contributo dell Unione Europea DG Agricoltura e Sviluppo Rurale Convegno agriregionieuropa I BENI PUBBLICI E LA RIFORMA DELLA PAC ROMA 12 LUGLIO 2011 Legacoop - Sala Basevi - Via Guattani, 9 - Roma 10:00 10:30 INTERVENTO DI APERTURA Teodoro Bolognini Responsabile Settore Silvicoltura Legacoop Agroalimentare RELAZIONI I beni pubblici nelle proposte di riforma della PAC Franco Sotte Università Politecnica delle Marche Direttore di Agriregionieuropa Beni pubblici, esternalità e politiche agricole Roberto Esposti Università Politecnica delle Marche La politica forestale e l offerta di beni pubblici Davide Matteo Pettenella Università degli Studi di Padova 12:30 13:00 Agricoltura e beni pubblici. Riorientamento delle politiche e governance territoriale Francesco Vanni Istituto Nazionale di Economia Agraria - INEA DIBATTITO INTERVENTO CONCLUSIVO Giovanni Luppi Presidente Legacoop Agroalimentare L evento rientra nell ambito di un azione specifica della PAC dal titolo Una nuova PAC per un futuro migliore Incontri Agriregionieuropa per comprendere le nuove proposte di riforma sulla PAC e gli sviluppi futuri di fronte alle nuove esigenze di mercato e della collettività Agreement Number AGRI SEGRETERIA ORGANIZZATIVA SEGRETERIA TECNICA asssociazionealessandrobartola studi e ricerche di economia e di politica agraria c/o Dipartimento di Economia Università Politecnica delle Marche Piazzale Martelli, Ancona Telefono e Fax aab@univpm.it Sito web: Gina Bolini Via G. A. Guattani, Roma Telefono Fax info@ancalega.coop Sito web: Gli articoli e i contributi ai convegni Agriregionieuropa rappresentano il pensiero dei singoli autori e relatori. Essi non riflettono in alcun modo la posizione dell Unione europea. La Commissione non è responsabile dell uso delle informazioni qui contenute.

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