Integrazione per patente entro le 12 miglia a vela

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1 Integrazione per patente entro le 12 miglia a vela Lezione 10 GLI ARMI Cat Cutter sloop 7/8 sloop Ketch Yawl Goletta Schooner Nomenclatura 1

2 Accessori principali dello scafo Battagliola, è formata da candelieri e draglie Pulpito di prua Pulpito di poppa Albero Boma Vang Manovre fisse (strallo, paterazzo, sartie) Manovre correnti (scotte, drizze) Gallocce Passauomo, oblò Verricelli Strozzascotte Tientibene La barca a vela Sfruttare la spinta del vento per fare avanzare la barca è stato per l'uomo, sin dall'inizio della navigazione, la più grande scoperta per spingersi attraverso l'acqua. Le prime vele erano costruite con materiale vegetale, come la stuoia, e sia per la loro forma che per il sistema con cui erano armate, su alberi rudimentali, permettevano certamente di seguire delle limitate direzioni, in quanto ben difficilmente era possibile risalire la direzione dalla quale il vento spirava. In mancanza di altri sistemi propulsivi, ad eccezione dei remi, i viaggi erano un alternarsi di voga e navigazione a vela. Anche durante le grandi epoche dei vascelli a vela, risalire il vento doveva essere alquanto difficile e le navi erano costrette a dirigere cercando di seguire delle rotte possibilmente compatibili con la meta da raggiungere. Oggi le forme, i materiali e il taglio particolare delle vele permettono di "stringere il vento" con angolazioni tali che praticamente si riesce quasi a risalirlo. L'alberatura Gli alberi prendono i nomi secondo il loro numero e la loro posizione; su di un veliero a tre alberi il primo è detto trinchetto, quello centrale e più alto maestro e quello a poppavia mezzana. Su di un veliero a due alberi il maggiore è sempre detto maestro, mentre se il minore se a poppavia è detto mezzana, se a proravia è detto trinchetto. Albero e manovre fisse L'Albero (Antenna) sostiene la velatura di un veliero ed è, a sua volta, fissato in coperta e spesso passante direttamente fino a poggiare sulla chiglia. E' inoltre sostenuto verticalmente 2

3 dal sartiame. Fatto di legno o di metallo, la sua parte terminale è detta varea e, in quelli in legno, il rinforzo posto in testa, a difesa di infiltrazioni, è detto formaggetta. Lateralmente all'albero sono fissate le crocette che servono a dare maggiore quartiere alle sartie, cioè ad aumentare l'angolo tra la parte alta dell'albero e le sartie, aumentando la tenuta e diminuendo lo sforzo. All'albero è fissato il boma, con un sistema a snodo detto trozza. In assenza della vela che lo sostiene, il boma rimane appeso tramite un cavo detto amantiglio e, in certi casi, quando non lavora, poggia la parte finale su di un sostegno detto capra. Nei velieri a vele quadre, queste erano inferite ai pennoni che erano delle antenne sistemate perpendicolarmente all'albero. Sartiame (manovre fisse o dormienti): è l'insieme dei cavi, normalmente in acciaio, che sostengono gli alberi delle imbarcazioni a vela. È composto da: a) Sartie: sostengono l'albero lateralmente e si dividono in sartie alte, basse e sartiole. b) Stralli: sostengono l'albero in senso longitudinale e sono fissati sulle estremità di prora e di poppa. Nelle barche a vela i due stralli di poppa si dicono paterazzi. Manovre correnti o volanti: sono gli altri cavi che servono ad issare o ammainare le vele (drizze), regolare il boma, il tangone, i pennoni, oppure a bordare i fiocchi (scotte). Bompresso: antenna, spesso fissa, che sporge di prora, sulla quale sono armate le vele. I cavi che lo sostengono, lateralmente e inferiormente, si dicono venti o briglie. Sotto il bompresso può essere montata una rete di protezione detta delfiniera. Tangone: asta leggera utilizzata nella navigazione a vela per tenere scostato da bordo il fiocco, un genova, o lo spinnaker e fargli prendere meglio il vento. Paranco: sistema funicolare, composto da due bozzelli e una cima, necessario a diminuire lo sforzo nel sollevare un peso, o nel regolare una manovra (regolazione della scotta del boma). Maggiori sono i passaggi del cavo tra le pulegge dei due bozzelli, minore è lo sforzo. Le vele Le vele, per la loro forma, si dividono in vele di taglio, che sono issate e disposte longitudinalmente al piano della barca e, secondo l'andatura della barca, prendono il vento o su di un lato, o sull'altro; fiocco, Genova, randa Marconi, vela latina, aurica, ecc., oppure in vele quadre, che sono issate sul piano trasversale della barca e ricevono il vento sempre su di un unico lato; trevi, quadra, al terzo, a tarchia, portoghese, ecc. Secondo la posizione nella quale sono armate sull'alberatura, si dividono in: vele prodiere, issate a proravia dell'albero (fiocco, trinchetta, genova), vele poppiere issate a poppavia dell'albero (randa Marconi o bermudiana e mezzana) e vele di strallo issate tra un albero e l'altro. Le vele si compongono di numerose strisce di tessuto (ferzi), tagliate in maniera particolare e tra loro saldamente cucite. A seguito di questo sistema di composizione le vele non risultano piatte, ma concave, per sfruttare meglio il vento che le colpisce. Se ha maggiore o minore concavità e detta più o meno grassa. Una vela grassa rende meglio, tranne che nelle andature strette. Le parti della vela Angolo di penna o tavoletta: è l'angolo superiore dove s'incoccia il cavo (drizza) con cui è possibile issarla o ammainarla. Angolo di scotta: è l'angolo inferiore a poppavia del quale s'incocciano i cavi (scotte) per regolare (bordare) la vela. Angolo di mura: E' l'angolo inferiore a proravia che è incocciato alla base dello strallo di prora in un fiocco, o al punto di unione tra albero e boma per la randa. Balumina o caduta poppiera: è il bordo compreso tra l'angolo di penna e quello di scotta. Bordame o base: è il bordo compreso tra l'angolo di mura e quello di scotta. Inferitura: è il bordo compreso tra l'angolo di penna e quello di mura. Ralinga: è il cavo di rinforzo cucito ai bordi delle vele, quello relativo alla base è detto gratile. Terzarolo: è una parte della vela, la quale, con un apposito sistema, è in grado di venire ripiegata o arrotolata su se stessa per diminuire la superficie esposta in caso di vento eccessivo. Ogni parte di randa ripiegata, o arrotolata e tolta al vento, è una mano di terzaroli. La vela ripiegata è tenuta chiusa con borose e matafioni, che sono delle cimette, passanti attraverso una linea di occhielli (brancarelle) praticati nella vela, avvolte attorno al boma, e bloccate con un nodo piano. Per ridurre anche la concavità della vela (per smagrirla) si utilizza una seconda brancarella detta Cunningham hole (dal nome del suo inventore). Il sistema permette di raccogliere una o più fette orizzontali della base della vela e tenerle piegate al boma, diminuendo così la superficie velica. E' possibile avvolgere la vela in eccedenza anche con un altro sistema, che richiede un boma che sia in grado di ruotare per mezzo di una manovella. Il boma ruotando avvolge su se stesso la vela. Vaine: sono delle tasche strette e lunghe nelle quali sono inserite le stecche, che sono delle sottili aste piatte, di legno o plastica, che servono a tenere tesa la randa dal lato della balumina. Per la sua forma, la randa, dal lato esterno (balumina) ha una forma allargata detta allunamento, che, senza le stecche, rischierebbe di ripiegare su se stessa. La base dei fiocchi o dello spinnaker, con un forte allunamento, è detta grembiule. 3

4 Le vele, un tempo fatte di canapa o cotone, sono ormai costruite in filati sintetici come il nailon e il dacron; oggi si utilizzano materiali ancora più all'avanguardia come il kevlar. Il sistema velico prodiero. E' composto da una o più vele, fiocchi, di forma triangolare, armate a prora e secondo la loro forma e superficie, oltre che dal materiale con il quale sono costruite, assumono nomi diversi. Con esclusione dello Spinnaker, sono armate allo strallo di prora con garrocci, moschettoni, oppure inferite in uno strallo cavo che può essere anche munito di avvolgifiocco. Fiocco intermedio o da lavoro: utile per venti medi o sostenuti, può avere varie misure. Tagliato diagonalmente alla base con il punto di scotta alto, copre il triangolo di prora senza superare, con l'angolo di scotta, la poppavia dell'albero. Genova (genoa): fiocco di dimensioni maggiori per venti medi e leggeri, a base orizzontale, con il punto di scotta a poppavia dell'albero. Ha varie misure e normalmente termina in testa d'albero, fatto di materiali pesanti, o leggeri, secondo la forza del vento. Il genova grande, in dacron leggero, si arma con venti molto leggeri, raggiunge con il punto di scotta l'estrema poppa. Yankee: fiocco di grandi dimensioni e leggero per venti deboli, con punto di scotta alto, inferiore, per dimensioni, al genova, va accoppiato alla trinchettina di un cutter. Trinchettina: fiocco armato su cutter, ketch e yawl. In certi casi può essere dotata di un boma, trinchettina bomata. Tormentina o tempestina: fiocco di piccole dimensioni in materiale molto resistente (un tempo di tela olona). E' armata durante situazioni di vento molto forte, tempeste. Spinnaker (abbr. Spi): Fiocco di grandi dimensioni e materiale leggerissimo, ha forma radiale, non è ingarrocciato allo strallo di prora. Utilissimo nelle andature portanti, con l'angolo di penna in testa d'albero, l'angolo di mura incocciato al tangone e sostenuto da una drizza. Nato per le regate, è oggi utilizzato in ogni occasione di venti leggeri. Il sistema velico poppiero Nelle imbarcazioni da diporto è composto dalla randa, una vela triangolare armata a poppavia dell'albero, inferita sullo stesso e sul boma, secondo il tipo e l'uso prende nomi diversi. Marconi: è la più comune perché si dimostra facilmente manovrabile e con ottime caratteristiche aerodinamiche. Il nome, nato con la nascita dell'antenna di Guglielmo Marconi, era, un tempo, detta bermudiana, perché molto simile alla vela armata dalle barche da pesca delle Isole Bermuda. Aurica: richiede un picco in testa d'albero che sostenga il suo angolo di penna. Poco utilizzata se non negli armi più vecchi. Randa di cappa o di fortuna: di materiale molto resistente e di piccole dimensioni, non è inferita nel boma, si utilizza come la tormentina in caso di tempesta e per rimanere alla cappa. Randa svedese: resistente e con una balumina senza allunamento e senza stecche, con una mano di terzaroli è in grado di sostituire quella di cappa. Dal numero di alberi e dal tipo di vele usate le barche a vela (velieri) si distinguono in: Sloop, ha un solo albero ed è armato con un fiocco, o genova, a prora e una randa a poppa. Quando il numero degli stralli di prora permette di armare più fiocchi, fiocco e trinchetta assieme, si chiama Cutter. Ketch: ha due alberi (maestra e mezzana) ed è armato con randa, mezzana e fiocchi. L'asse del timone è a poppavia dell'albero di mezzana. Quando l'asse del timone sta a proravia dell'albero dell albero di mezzana, tra lo stesso e quello di maestra, si chiama Yawl. L'avanzamento di una barca a vela (la spinta velica). La condizione assoluta, perché una barca a vela avanzi sotto la spinta del vento, è che a tale spinta sulle vele si opponga una forte resistenza in senso laterale (minore scarroccio) e una minima resistenza all'avanzamento. Il punto d'applicazione della risultante di tutte le forze esercitate dal vento sulla superficie velica, è il Centro velico (CV), il punto d'applicazione di tutte le forze laterali che si oppongono allo scarroccio è il Centro di deriva (CD), posto sull'opera viva dello scafo. La spinta del vento sulla superficie delle vele, tende a spostare lateralmente lo scafo sull'acqua, mentre la superficie immersa, della deriva, trova resistenza nella massa d'acqua nella quale tenderebbe a spostarsi, e si oppone sia allo scarroccio sia allo sbandamento della barca. La forza del vento (V) applicata sulla vela nel suo Cv, si scompone in una forza (P), detta portanza, e in una forza (R), scarroccio, detta resistenza. La portanza è la forza che determina il movimento in avanti della barca, il suo avanzamento. Essa dipende dalla velocità del vento relativo (quello risultante tra il vento reale e quello provocato dal moto della barca), dalla forma e dalla superficie delle vele. Sul piano di deriva, nel Cd, la spinta dell'acqua (S) si scompone in due forze, la forza (L) che si oppone all'avanzamento, dovuta alla resistenza dell'acqua nel moto in avanti, e la forza (T) che si oppone allo spostamento laterale, quindi allo scarroccio. I fattori che caratterizzano la resistenza applicata alla deriva dipendono dalla sua forma, dalle dimensioni, dai filetti fluidi dovuti alla velocità della barca e dall'orientamento, rispetto allo scarroccio, del piano di deriva. 4

5 L'equilibrio velico e l'effetto del vento sulla barca a vela. I movimenti della barca a vela, rispetto alla provenienza del vento, si definiscono come segue: Orzare: Portare la prora verso la direzione dalla quale proviene il vento, (venire al vento, all'orza); si ottiene agendo sul timone e regolando le vele. Poggiare o puggiare: portare la prora lontana dalla direzione dalla quale proviene il vento; si ottiene agendo sul timone e sulle vele. Secondo la posizione del Centro velico e del Centro di deriva e quindi dell'equilibrio tra i due, la barca, sotto la spinta del vento, tende a rimanere in equilibrio, ad orzare, oppure a poggiare. L'equilibrio di una barca a vela dipende dalla posizione che assumono il Centro Velico ed il Centro di Deriva, infatti, sotto la spinta del vento, il sistema velico prodiero tende a fare poggiare la barca, mentre quello poppiero tende a farla orzare. Per avere una barca equilibrata, vale a dire in grado di mantenerla in stabilità di rotta con il timone al centro, sia il Cv sia il Cd dovrebbero trovarsi sullo stesso piano trasversale; se il Cv si trova a proravia del Cd, la barca tende a poggiare, ed è quindi poggiera, mentre nel caso opposto, con un Cv a poppavia del Cd, la barca tende ad orzare ed è quindi orziera. Quanto più è equilibrata la barca, tanto minore è lo sforzo sul timone creando così una situazione ottimale. E' meglio comunque che la barca sia un po orziera perché nel caso non si agisca più sul timone la stessa, lasciata libera, porta la prora al vento fermandosi, con le vele che fileggiano. Ovviamente, questa tendenza deve essere dolce e graduale e non costringere il timoniere ad agire continuamente sul timone, per mantenere la barca in rotta. Le mura. Una barca a vela quando procede al vento ricevendolo dal lato di dritta, si dice che naviga con mure a dritta e ha le vele bordate a sinistra, mentre quando procede al vento ricevendolo dal lato di sinistra, si dice che naviga con le mura a sinistra e ha le vele bordate a dritta. Lezione 11 Non vi spaventate se asseriamo che la vela è lo sport della fluidodinamica. Certo può apparire poco romantico, ma la comprensione dei fenomeni fluidodinamici è di grande aiuto nell'imparare ad andare a vela. I fluidi che c interessano sono l'acqua e l'aria. Siamo forse poco abituati a considerare l'aria un fluido, ma lo è, è un fluido molto meno denso dell'acqua. Quando si naviga a vela le vele deviano l'aria, mentre le superfici portanti, immerse, della barca, dette anche appendici, ovvero la deriva e il timone, deviano l'acqua. Il moto della barca deriva proprio dalle spinte create da queste deviazioni di fluidi. La navigazione a vela è, in sostanza, l'operazione di deviare correttamente il vento con le vele, e nello stesso tempo, l'acqua con le appendici immerse, ed equilibrare le forze così prodotte. Questi concetti rappresentano il pensiero dominante dei campioni del mondo, dei navigatori oceanici come del velista della domenica, e devono diventare il pensiero dominante anche dei neofiti. Le Andature VENTO MURE A DRITTA MURE A SINISTRA andature di bolina Angolo morto bordeggio Bolina stretta Bolina Traveso andature portanti Lasco Poppa Gran lasco La navigazione a vela è anche il regno della geometria, cioè della relazione fra angoli e punti di riferimento. Se non è possibile materializzare il vento, è possibile cercare di visualizzare l'angolo fra la direzione del vento e l'asse longitudinale della barca. 5

6 Questo angolo determina le andature, come si vede in figura: andatura di bolina (la prua della barca ha un angolo di 40/45 circa dal vento), bolina larga (50/60 circa), traverso (90 ), lasco ( ') e poppa (170 '-180 '). Il vento non è visibile, ma fortunatamente il mondo è pieno di indicatori della direzione del vento, sia naturali che artificiali. Fra questi citiamo le onde, che normalmente, ma non sempre, si propagano nella direzione del vento. Ricordate, quando si parla di vento, che prende nome sempre dalla direzione da cui proviene. Se parliamo di vento occidentale, intendiamo un vento che proviene da occidente e cioè da ovest, quindi soffia da ovest verso est. Altri indicatori della direzione del vento sono le barche ancorate e le banderuole, che normalmente si dispongono nella direzione del vento. Anche le bandiere, il fumo delle ciminiere e il movimento delle nuvole, nonché l andatura delle altre imbarcazioni, sono validi aiuti per individuare la direzione del vento. (spesso, ma non sempre, i gabbiani sono appollaiati con la faccia al vento; attenzione alle eccezioni!) A bordo abbiamo poi i segnavento, nastrini attaccati al sartiame, o le banderuole (windex) poste in testa d'albero, per non parlare degli indicatori elettronici di direzione del vento e di rotta, analogici o digitali. I venti Maestrale Tramontana N NW nnw nne NE Grecale wnw Ponente W wsw ene E Levante ese Libeccio SW ssw S Ostro sse SE Scirocco Se non siete in grado di capire da dove proviene il vento, bisogna che affiniate i sensi. Spesso l attenzione alle sensazioni corporee ci può dire molto. Il vento sul collo o sulla faccia è l indicatore più semplice ed efficace. Si deve solo imparare ad utilizzarlo. In maniera analoga, i velisti percepiscono le variazioni, di vento e di moto ondoso, dalle sensazioni trasmesse alle loro mani dalla ruota o dalla barra del timone; sentono naturalmente l'angolo di sbandamento dell imbarcazione. Ascoltano il vento: il fischio che produce nel sartiame e il rumore sulle vele. Una vela non sufficientemente cazzata, cioè non abbastanza tesa, dà un suono simile a quello di una bandiera agitata dal vento, e ciò è particolarmente ben avvertibile con vento forte. Un buon velista, quindi, anche senza guardare, sa che deve cazzare una vela solo sentendone il rumore. I ciechi possono andare a vela e ci riescono utilizzando al meglio i sensi di cui dispongono. Chi ci vede, anche se non è in grado di vedere il vento, imparerà a navigare, o comunque migliorerà le proprie capacità, utilizzando meglio i propri sensi. Questo è il segreto della vela. Il movimento della barca La navigazione alle andature portanti, ovvero nella stessa direzione del vento, risulta facilmente comprensibile. Come il volo di un aquilone in un giorno ventoso o il movimento delle foglie portate dal vento. Un aquilone, le foglie o una vela frenano il vento e ne ricevono una spinta nella sua direzione. 6

7 A B C D Dalla posizione A, con vele lasche e fileggianti (rendimento nullo) si passa, cazzando successivamente, alla posizione B in cui una parte delle vele fileggia ed una parte è a segno (rendimento basso), alla posizione C in cui le vele sono a segno ossia si stabilisce un giusto flusso laminare (rendimento massimo), sino alla posizione D in cui le vele troppo cazzate impediscono un buono scorrimento del vento. Si creano le turbolenze (rendimento basso). Anche una barca a vela va naturalmente nella direzione del vento, a meno che voi non vogliate espressamente farla andare controvento. Il movimento nella direzione del vento è un movimento naturale. La navigazione controvento, o meglio a 45 dalla direzione del vento, è di comprensione meno evidente. E grazie a questa apparentemente magica abilità di risalire il vento, cioè di bolinare, che i velisti possono tornare al punto di partenza e addirittura attraversare gli oceani indipendentemente da dove soffia il vento. La navigazione di bolina è possibile grazie al seguente meccanismo: il vento incontra la vela e la vela lo divide. Una parte passa sopravvento, mentre la rimanente passa sottovento. Se la vela è mantenuta al giusto angolo, rispetto al vento, essa fa quindi mutare la direzione del vento, senza che si creino turbolenze (ossia il vento rimane aderente ad entrambe le facce della vela). Quando il vento passa sui due lati di un profilo curvo, qual è la vela, non mantiene la stessa velocità, sui due lati. In pratica, viaggia più velocemente sul lato sottovento e più lentamente sul lato sopravvento. Questa differenza di velocità, sui due lati di una vela, così come su un'ala d aereo, crea una differenza di pressione e, riassumendo ed approssimando, crea la forza propulsiva (portanza) che spinge la barca. Decine di pagine di libri di ingegneria e fisica sono dedicate a questi argomenti. La spiegazione scientifica esula dagli scopi di queste righe. La cosa importante da fissare e ricordare è che esiste un angolo ottimale di incidenza del vento, sulle vele, che permette la creazione della forza propulsiva ottimale. A B C D Notate, nello schema, come le vele siano regolate, nelle andature in cui è necessario flusso laminare, con un angolo di incidenza al vento molto simile. Le forze FORZE SULLE VELE + FORZE SULLE APPENDICI = BOLINA Con la forza, o portanza, creata dalle vele, la nostra barca si mette in moto, ma non ancora in direzione controvento. Anzi, incomincia a slittare e a muoversi nella direzione del vento come succede con le foglie. Per guadagnare terreno nella direzione del vento, occorre una seconda forza, che si opponga a quella prodotta dalle vele, che sia quindi in direzione differente. deriva flusso d'acqua La deriva compie una deviazione dell acqua simile a quella delle vele con il vento. 7

8 Probabilmente non sarete, ora, sorpresi udendo che questa seconda forza proviene dalla variazione di direzione dell'acqua causata dalle appendici della barca: la deriva e il timone. Le appendici, avanzando, dividono l'acqua, deviandola, e danno luogo a portanza, cioè a una forza perpendicolare ad esse. E utile pensare alle appendici come a un piano velico rovesciato e immerso in acqua. Complessivamente la forza prodotta dalle appendici sorregge la barca impedendole di scarrocciare. LE FORZE IN GIOCO Portanza della deriva Portanza della vela (con buona APPROSSIM AZIO N E) Lo schema riporta in modo approssimativo le forze durante la bolina: le vele spingono in avanti e sottovento la barca; la deriva le impedisce invece di scadere sottovento. E come quando si schiaccia un semino di anguria fra pollice e indice e questo schizza in avanti. La compressione della barca, fra le forze prodotte dalle vele, e quelle prodotte dalle appendici, consente di navigare fino a 40/45 rispetto alla direzione di provenienza del vento, di navigare, cioè, nell'andatura che abbiamo chiamato di bolina. Perché la barca non può avvicinarsi di più alla direzione del vento? Perché se la barca cerca di stringere di più, per esempio a 30 dal vento, le vele si svuotano e l'effetto combinato delle due forze si annulla. Vele vuote equivale a serbatoio vuoto in automobile: in entrambi i casi non si procede. La partenza Iniziamo con un po di vocabolario Ricordate che cazzare significa tirare una cima e lascare significa mollarla. Si dice anche cazzare e lascare le vele; significa ovviamente cazzare e lascare le loro scotte (le cime che ne regolano l orientamento). O R Z A R E andare verso il vento a llo n ta n a r s i d a l v e n t o PO GGIA RE al traverso sx ORE 12 a poppavia DI POPPA ORE 9 SOPRAVENTO al giardinetto sx all'orza ORE 3 a proravia DI PRUA al mascone dx alla poggia SOTTOVENTO ORE 6 al traverso dx Per partire: ci troviamo nella posizione di attesa, in cui più o meno una barca si dispone se le scotte sono mollate (lascate) e le vele in bando (fileggiano libere nel vento). Aggiungiamo che per stare fermi occorre un po di timone all orza. 8

9 Per partire è sufficiente bordare il fiocco e mettere il timone al centro. La barca partirà (prenderà abbrivio) avanzando e scarrocciando sottovento. Bordando anche la randa avremo un ulteriore accelerazione della barca, che nel frattempo avrà smesso di scarrocciare, perché, come abbiamo visto, la deriva avrà iniziato (grazie al movimento nell acqua) a sviluppare la portanza necessaria a sostenere la barca. A questo punto metteremo le vele a segno. A B C D Mettere a segno le vele significa, una volta in rotta, lascare il fiocco fino a veder pungere la vela (ossia vedere l inferitura fileggiare leggermente) quindi richiamarla (cazzarla) quanto basta, per togliere il leggero sfarfallio. Si esegue l operazione prima sul fiocco e poi sulla randa. Ricordarsi di eseguire spesso quest operazione per evitare di navigare con le vele troppo cazzate (cosa che avviene spessissimo!). VENTO a e NO b d f c Possiamo raggiungere tutti i punti del nostro specchio d acqua. Per raggiungere i punti b, c, d, e, f, possiamo adottare una rotta diretta, ossia possiamo dirigere la barca direttamente verso questi, e regolare di conseguenza le vele. Per raggiungere a dobbiamo, invece, bordeggiare. Dobbiamo cioè compiere una serie di bordi di bolina (la più stretta possibile) prima di raggiungere il nostro punto. Si deve notare che la strada (lunghezza percorsa) per raggiungere un punto bordeggiando è sempre la stessa sia che si compiano due o più bordi. La sola differenza sta nel tempo impiegato a compiere le virate necessarie. La lunghezza delle traiettorie a e b è la medesima!! a b E molto importante ricordare che, nonostante la portanza sviluppata dalla deriva, la barca tende a scarrocciare leggermente. Lo scarroccio è tanto più marcato quanto si stringe di più la bolina. Per raggiungere un punto non si deve mettere la prora sul punto stesso, ma la si deve orientare leggermente più al vento di questo. Sarà l esperienza, e la conoscenza delle barche, a fornire l occhio necessario a valutare l angolo di scarroccio 9

10 a Virare Nella condotta di un'imbarcazione, le virate costituiscono momenti particolari: sia con vento in prua che con vento in poppa, la barca supera il letto del vento e cambia le mura. Le vele, che sotto le stesse mura, erano sottoposte soltanto a cambiamenti progressivi di orientamento, passano, più o meno rapidamente, da un bordo all'altro della barca. In questo movimento c'è uno iato, un istante di incertezza, di cui bisogna controllare l'ampiezza e le conseguenze. Il letto del vento è una sorta di muro. Bordeggiare significa progredire, da una parte e dall'altra, di questo muro, virare significa saltare il muro di slancio. La preoccupazione della velocità, qui come di bolina, è essenziale. Per virare in poppa (o strambare), la velocità, invece, non ha molta importanza. Bisogna piuttosto preoccuparsi di controllare rigorosamente la propria rotta, dato che le sbandate possono rovinare tutto: in poppa, la barca fila in equilibrio sulla sommità di un muro, se così si può dire. Si tratta di non oscillare né da una parte né dall'altra. I due sistemi di virata sono dunque estremamente differenti. Virata in prua Virare con vento in prua è una manovra sicura: la barca sta avanzando di bolina, si orza per superare il letto del vento e ci si ritrova di bolina sulle altre mura. Apparentemente è una cosa semplice! Tuttavia, durante quest evoluzione, le vele fileggiano, la barca percorre un angolo di circa 90, senza forza propulsiva, sull'abbrivio, se quest abbrivio è insufficiente, o mal utilizzato, la barca può rifiutarsi di superare il letto del vento; in tal caso la virata è fallita, non abbiamo virato. Talvolta è semplicemente ridicolo, qualche volta, può essere pericoloso. Consentiteci di affermare che una virata non può fallire. Il fallimento della virata, con vento fresco e magari sopravvento ad una costa, è senza dubbio una delle cause più frequenti di incidenti, anche gravi. Rivela, se non una cattiva conoscenza della propria barca, e del mare, almeno un errata valutazione delle condizioni del momento. In realtà, perché una virata riesca perfettamente, entrano in gioco numerose condizioni. Bisogna principalmente: avere una barca correttamente invelata, ben equilibrata; tener conto dello stato dei mare, saper scegliere il momento adatto; iniziare la manovra partendo dalla bolina, mentre la barca ha velocità; manovrare correttamente la barra e le scotte, saper utilizzare lo sbandamento della barca. Con tempo bello, è possibile virare seguendo semplicemente due o tre di queste regole, ma, con vento e mare formato, non ci sì può permettere di sbagliare la virata. Vediamo una virata con vento fresco. Mettersi di bolina Il vento è fresco, c'è poco mare, la costa si avvicina, e cominciamo a dire che bisognerebbe virare. Per prima cosa ci mettiamo di bolina, se non lo siamo già. In effetti, se cominciamo la virata partendo da un'altra andatura, l'angolo morto, che la barca deve attraversare senza spinta propulsiva, è troppo grande, rischiamo, perciò, di esaurire lo slancio, prima di raggiungere la posizione controvento. Bisogna, soprattutto agli inizi, mettersi di bolina e mantenersi un momento in quest andatura, il tempo necessario per assicurarsi d essere in assetto e con sufficiente abbrivio. 10

11 A L'angolo da superare è più grande e serve più abbrivio La barca è a proprio agio Le vele sono ben regolate, al limite del fileggiamento, la sartia volante sopravvento, se ce n'è una, è ben tesata; non ci sono membri dell'equipaggio a prua, abbiamo la velatura adatta al vento, non siamo né sottoinvelati (la barca non ha abbastanza potenza), né soprainvelati (inclinazione eccessiva). In breve il timoniere sente la barca. Abbiamo abbastanza velocità La velocità è tanto più preziosa quanto più la barca è leggera e dunque ha meno inerzia. Assicurarsi che siano presenti tutte le condizioni, significa assicurarsi che si può virare, quando avremo scelto di farlo. Ci sforzeremo tuttavia di scegliere, per iniziare la manovra, un momento in cui il mare non rischi di rompere l'abbrivio e di essere contro l'evoluzione della barca, per esempio in un momento in cui è particolarmente mosso, o tagli la rotta della barca con brio. Bisogna saper aspettare, se si è prodotto un rallentamento per un motivo qualsiasi. La velocità è veramente la condizione essenziale per la buona riuscita della virata. Ma la riuscita è anche legata ad un perfetto coordinamento dell'equipaggio: ciascun membro ha un ruolo preciso da svolgere in un preciso momento. Per ottenere questo coordinamento, è auspicabile che il capobarca dia ad alta voce gli ordini per la manovra. Il modo di procedere più corrente comporta tre ordini successivi: Pronti a virare! Viro! Fila la scotta! Ci sembra utile cominciare a descrivere la manovra partendo da questi ordini, dal momento che ciascuno di essi corrisponde ad una serie di azioni. Pronti a virare! E la sveglia generale! Ci si assicura che tutte le manovre siano in chiaro: La scotta del fiocco sopravvento deve essere in bando e in chiaro. Ci si assicura che la manovella del winch sia a portata di mano. Le scotte sottovento sono pronte ad essere lascate e filate facilmente; se esse hanno abbondanti giri sul winch, se ne possono disfare uno o due per lascare più rapidamente al momento giusto. Se è possibile, tesare le sartie volanti sottovento, senza deformare troppo la randa. Altrimenti, saranno tesate all'inizio del movimento, al primo fileggiamento della randa. Si lascherà l'altra sartia volante dopo aver virato. Quando sono pronti, i membri dell'equipaggio lo scandiscono: Pronto al fiocco (Pronto alla trinchetta). Allo stesso modo si comporterà il timoniere se non è lui che comanda la manovra. Potrebbe essere saggio, quando è vicina l'ora del pranzo, assicurarsi che anche in basso, sotto coperta, tutto sia pronto. Rimane da scegliere il momento propizio. Per questo bisogna che il capobarca abbia ben assimilato il ritmo del mare e che quindi non faccia iniziare la manovra nel momento in cui arriva una serie di onde: niente di peggio che un'onda mal presa per annullare l'abbrivio di una barca e rinviarla alle mura di partenza. Con un mare molto formato, è necessario iniziare la virata dietro un'onda, proprio appena è passata la cresta, per trovarsi nel cavo al momento in cui si supera il letto del vento e farsi aiutare dall'onda successiva per poggiare sul bordo nuovo. Viro! E un imperativo categorico, un ordine assoluto, irreversibile. S indirizza al timoniere, all'equipaggio, alla barca, all'universo. Quando si dice Viro! bisogna che la virata avvenga e tutto ciò che è necessario per virare deve essere fatto. Precisiamo i ruoli. 11

12 Ruolo del timoniere. Un brutale colpo di barra lascia sovente la barca senza fiato: da una parte il timone agisce come un freno, dall'altra, per la virata troppo brusca, l'abbrivio si disperde. Viceversa, un tocco troppo timido di barra comporta un'orzata troppo lenta, nel corso della quale l'abbrivio si esaurisce. Bisogna che il timoniere spinga prima la barra dolcemente, senza innervosirsi, poi ampli a poco a poco il movimento: si dice che accompagna il movimento alla barra. Ma spesso la barra se la cava molto bene, ed anche meglio, da sola. TROPPO TIMONE BARRA AL CENTRO PRESTO Si creano vortici sulla pala, il timone diventa un freno Non si compie tutta l'evoluzione e la barca si ferma al vento Ruolo dei membri dell'equipaggio Un membro dell'equipaggio cazza a ferro la randa (che per vari motivi potrebbe non essere perfettamente cazzata al centro). La randa agisce allora come un vero timone aereo, fa orzare la barca, fa anche sbandare il monoscafo, che orza ancora di più ed in questo movimento, l'inerzia della parte alta dell'albero fa sì che esso orzi ancora un po'. Un altro cazza il fiocco a ferro, tirando la scotta, come un ossesso (che per vari motivi potrebbe non essere perfettamente cazzato). Fila la scotta, passa fiocco Questa volta l'ordine riguarda i membri dell'equipaggio che si occupano del fiocco. Questi per il momento non hanno toccato la loro scotta ad eccezione dell eventuale cazzata. Non lascate troppo presto! Il fiocco deve portare il più a lungo possibile, durante l'orzata. In effetti, il movimento di rotazione, ha un effetto particolare sul fiocco, che porta più a lungo (per la randa non è così), quasi fino al vento in prua, utilizzando il vento apparente. MOLLARE FIOCCO PRESTO B Il fiocco non aiuta si perde propulsione Non si deve dunque lascare la scotta prima del momento in cui il fiocco è bruscamente sventato ed è solo in quel istante che deve risuonare l'ordine: Fila la scotta! Non cazzate troppo in fretta Un membro dell'equipaggio fila la vecchia scotta completamente. Durante questo tempo la barca continua a evoluire sul proprio abbrivio. Essa supera il letto del vento, poggia, la randa ha ripreso anch'essa vento sulle nuove mura, il timoniere comincia a riportare la barra nel suo asse, per frenare la rotazione. Ce l'abbiamo fatta? Sì, senza dubbio, se abbiamo aspettato che la barca avesse superato il letto del vento per cazzare il fiocco. Voler cazzare il fiocco subito, sulle nuove mura, può essere ingannevole! 12

13 C Il fiocco cazzato in anticipo impedisce la virata Si constata, a volte con stupore, che il fiocco riprende vento sotto le mura vecchie, si gonfia a collo bloccando l'evoluzione della barca. Abbiamo semplicemente dimenticato che il punto di scotta del fiocco non è nell'asse della barca, ma decisamente sul lato. Per poter cazzare, bisogna aspettare che la linea che congiunge il punto di mura con il punto di scotta abbia anch'essa superato il letto del vento; praticamente che il punto di scotta sia all'altezza delle sartie. Non cazzare troppo tardi! Quando, infine, il fiocco è ben passato, si può non solamente cazzarlo, ma bisogna farlo in fretta. In effetti, dal momento in cui avrà ripreso vento, diventerà difficile padroneggiarlo. L ideale è cazzarlo e fissare la scotta nel momento preciso in cui, essendo passato, non può ancora lavorare. Questo momento è abbastanza breve, ma lo si trova facilmente con l'abitudine. Se non ne approfittiamo, forza con winch e braccia! Potrebbe, anche, essere necessario fare una decisa poggiata: lo scorrimento dell'aria diviene turbolento ed il fiocco oppone meno resistenza. Questo modo di procedere è soltanto un ripiego, ma è sicuramente meglio fare così che ritornare prua al vento e perdere completamente la propria velocità. Nel caso di un genova Difficoltà particolari possono sopraggiungere nel caso in cui si abbia un genova. Un fiocco di questo tipo, il cui punto di scotta viene ad essere molto indietro rispetto all'albero, da solo fa fatica a passare davanti all'albero durante la virata. Bisogna dunque che un membro dell'equipaggio lo aiuti a passare. La soluzione più efficace è che un membro dell'equipaggio parta da poppa, al momento in cui il fiocco è stato liberato, e l'accompagni in tutto il suo percorso tenendolo dal punto di scotta, avendo ben cura di non abbandonarlo mai. RIASSUMENDO 1) Pronti a virare! La barca è di bolina La velocità è sufficiente La volante sottovento è pre-tesata Le scotte sono in chiaro L equipaggio è pronto Le acque sono libere 2) Viro! Il timoniere orza I due tailer cazzano a morte randa e fiocco 3) Non è il momento di lascare il fiocco, anche se la randa sbatte già. Il nuovo tailer inizia a pre-cazzare la scotta 4) Lascare! Passa fiocco Il vecchio tailer libera il fiocco (e accompagna la scotta) Il nuovo tailer recupera. Il timoniere affonda l orzata Si lasca la volante sottovento e si cazza quella sopravvento 5) Il nuovo tailer finisce di cazzare e da volta. Il timoniere riporta la barra al centro 6) E tutto finito, il timoniere si mette di bolina Sarà ovviamente cura del timoniere prestare attenzione affinché l angolo di virata sia quello necessario e sufficiente a portare la barca nell andatura simmetrica sulle mura opposte (e non 13

14 abbondante!). Con barche grandi (grandi vele di prua) si può terminare la virata, leggermente più abbondanti (senza essere subito in bolina stretta) per dare tempo, all equipaggio, di cazzare sufficientemente la vela e permettere alla barca di ripartire con maggior potenza, ricercando successivamente il miglior angolo al vento. CONTROLLARE TRAMITE LA SCIA OK NO LA QUALITA' DELLA VIRATA!! Virata in poppa o strambata Virare in poppa significa cambiare mura, con vento in poppa, senza necessariamente cambiare rotta. La randa, completamente lascata, in questa andatura, passa da un bordo all'altro compiendo una rotazione di circa 160, il fiocco deve ugualmente essere portato sul nuovo bordo sopravvento. Questa è la manovra più delicata, quando c'è un po' di vento, e dipende dal fatto che non si possono, in nessun momento, neutralizzare le vele. In caso di virata in prua, la randa, che era stata cazzata a ferro, fileggiava superando il letto del vento e perdeva qualsiasi azione propulsiva. Con vento in poppa, anche se è cazzata a ferro, la randa porta sempre. Anche il fiocco ha un comportamento altalenante; dapprima si sventa, poi si rigonfia ed ovviamente tende ad incaramellarsi sullo strallo di prua. La difficoltà maggiore riguarda soprattutto i rischi di sbandate. Questo rischio, che è una costante della condotta di un'imbarcazione con vento in poppa, si trova qui aggravato dalle modificazioni dell'equilibrio prodotte dal movimento delle vele. In poppa, come abbiamo già detto, la barca sta in equilibrio sulla sommità di un muro e non deve cadere né da una parte né dall'altra. Il pericolo è che la barca parta in straorza, senza che sia possibile trattenerla, o, al contrario, poggi prematuramente oltre l'andatura in poppa, ed avvenga una strambata involontaria ed incontrollata, nel corso della quale il boma spazzi il ponte, seminando confusione al suo passaggio, e trascinando la barca in una straorzata sul nuovo bordo,o peggio, picchiando violentemente sulla sartia con rischio di disalberare Per evitare fatti così spiacevoli, in caso di virata in poppa, bisogna porsi in queste condizioni: La barca deve essere al gran lasco e conservare questa andatura in modo stabile. Il monoscafo deve essere mantenuto rigorosamente dritto: è soprattutto necessario evitare l'instaurarsi del rollio ritmico. Più che mai, tutto deve essere in chiaro a bordo. bisogna circondare di cure la scotta della randa, che deve poter filare liberamente al momento voluto. Infine, non è necessario precipitarsi. Al contrario di quanto capitava nella virata in prua, qui la velocità della barca non ha importanza ed un rallentamento non compromette assolutamente la riuscita della manovra. Come per la virata, descriveremo una strambata, su una barca da crociera, con vento abbastanza fresco e mare formato, perché è, evidentemente, in questo caso, che succedono cose interessanti. Portarsi al gran lasco Non è facile governare al gran lasco, in questa andatura non si sente bene il vento, le indicazioni date dai segnavento sono quanto mai evasive, non si constatano grandi differenze nel comportamento della barca nell'arco di alcuni gradi. Tuttavia, è necessario, per strambare, tenere un'andatura precisa. Come arrivarci? Indicazioni approssimative ci sono fornite dal fiocco, se è ben regolato per l'andatura. Orzando troppo sentiremo la tendenza orziera della barca aumentare in modo pronunciato (con vento fresco è molto evidente). Viceversa, se il fiocco è lasco e tende a sgonfiarsi, significa che 14

15 probabilmente abbiamo poggiato troppo e che navighiamo già in poppa piena, o peggio, sulle altre mura. Infatti, questi punti di riferimento, sono ancora un po' grossolani, la vera andatura, è molto più precisa, è una questione di allineamento. Per il timoniere si tratta di sentire il vento sulle orecchie o di guardare il windex, di osservare la direzione delle onde, di sentire bene la sua barca. La decisione di strambare è stata presa. E il momento di riprendere il proprio promemoria, per evitare quelle piccole dimenticanze che producono le grandi catastrofi: Il vang è perfettamente tesato? Bisogna che lo sia, per limitare lo svergolamento della randa e, dunque, il rollio, e per evitare la pericolosa strambata cinese; Il cursore del carrello di scotta è stato perfettamente bloccato al centro? E necessario che lo sia, se vogliamo poter cazzare la randa al centro al momento della strambata, ed è meglio, in ogni caso, evitare che il carrello fili a tutta velocità da una parte all'altra, nel momento in cui la vela cambia bordo; Poi, ripensandoci, abbiamo lascato l'eventuale ritenuta del boma? E una dimenticanza più frequente di quanto non si pensi. Durante tutte queste verifiche, il timoniere lavora la sua andatura. Durante tutta la manovra, è necessario che egli abbia una visione chiara della situazione, per sentire meglio che può la sua barca e contrastare vivacemente gli squilibri che gli spostamenti, della randa e del fiocco, possono generare. Contemporaneamente, sui monoscafi, quando ci sono delle onde, il timoniere deve stare attento a non lasciare installare il famoso rollio ritmico, o pendolare, che può essere all'origine delle più belle straorzate. Questo rollio può essere combattuto con la barra. Si può, ora, iniziare la manovra. Ogni membro dell'equipaggio deve avere un ruolo preciso. Utilizzeremo una sequenza che tende a frammentare, in molti momenti, la strambata, per poter analizzare e controllare meglio ogni avvenimento. Pronti a strambare. Come già detto tutto è pronto ed il capo barca ha verificato la situazione, sotto tutti i punti di vista. Poggia (lasca randa e fiocco). Il timoniere inizia a poggiare per portarsi in poppa piena, i tailer iniziano a lascare randa e fiocco, prestando attenzione al coordinamento col timoniere. Si recupera la volante sottovento. Randa al centro. E più una verifica che un ordine. Significa che si è giunti in poppa piena e, simultaneamente, la randa deve essere stata cazzata perfettamente al centro (è una pausa brevissima che ci permette il controllo del coordinamento). Si può già mettere in forza la volante recuperata. Stramba (passa randa e fiocco). Il timoniere inizia a orzare sulle nuove mura ed i tailer lascano randa e richiamano fiocco, attenzione alla velocità della randa (vedi seguito). Si lasca la volante sottovento. Contropoggia. E una manovra che deve diventare automatica per il timoniere. Si interrompe il moto della barca all orza con un colpo di timone alla poggia. Serve per evitare che la barca tenda a scappare all orza (cosa che avviene appena il vento rinforza un po ). ERRORI CLASSICI Straorzata prima della virata. La barca non si trova perfettamente in andatura (è più orzata). Quando si cazza la vela, la tendenza della vela ad orzare è fortissima e difficilmente controllabile alla barra (il timoniere deve contropoggiare). Strambata involontaria. La barca ha superato il fil di ruota senza che ce ne rendessimo conto e naviga sulle altre mura. La vela passa brutalmente senza che ce l'aspettiamo. La strambata può essere molto violenta, causare avarie anche molto gravi., colpire violentemente qualche membro dell equipaggio Strambata cinese. Il caricabasso, o vang, non è stato tesato, il boma si solleva, la parte bassa della vela passa mentre la parte alta rimane trattenuta da una stecca o da una crocetta. Rischiamo di strappare la vela. Unica soluzione è quella di ristrambare immediatamente affinché tutta la vela si trovi dalla stessa parte. Straorzata dopo la virata. Essa si verifica in conseguenza di una strambata se la scotta della randa si trova pizzicata da qualche parte (per esempio, sotto un piede), se il timoniere non compensa a tempo il movimento della barca (contropoggia) e talvolta anche sotto il semplice effetto di un'onda. E molto importante che la randa venga lascata velocemente per diminuire 15

16 la sua spinta orziera (attenzione a non esagerare e buttare randa e boma violentemente sulle sartie sottovento!). Lezione 12 VENTO REALE E VENTO APPARENTE Il vento che riceviamo su una barca in movimento non è il vento che spira sullo specchio d acqua in cui ci troviamo, ma dipende anche dalla velocità e direzione della barca. Definiremo: VV VR VA VR VV VR vento reale: è il vento effettivamente presente sullo specchio d acqua. Quello che percepiremmo se fossimo fermi. VV vento di velocità: è il vento dovuto al movimento della barca. Ha intensità uguale e verso opposto alla velocità della stessa. VA vento apparente: E il vento che si percepisce in barca ed in funzione del quale regoliamo le vele. E pari alla somma vettoriale del vento reale e del vento di velocità. VA VR VV VA VA VR VA VV VR VV VV Il vento apparente è orientato sempre più verso prua di quello reale. E più forte di bolina e minore alle andature portanti. Rispetto al vento reale l intensità può variare, dall 80% in più, sino al 50% in meno! Notiamo come al diminuire della velocità della barca diminuisce (quindi anche VV) il vento apparente, diminuendo cambia notevolmente la propria direzione (meno appruato), sarà necessaria, di conseguenza, una nuova regolazione delle vele. UOMO A MARE Qualunque discorso sull'uomo a mare ne implica uno più ampio sulla sicurezza, intesa come prevenzione. Usando il buonsenso, e valutando bene i rischi, infatti, possiamo ridurre al minimo la possibilità che ci capiti un incidente come questo (il buonsenso, in barca, è necessario come il vento). Prevenire è quindi la cosa più importante, dal momento che curare, poi, è molto difficile. In questa lezione non ci occuperemo di sicurezza. Ci limiteremo a dire come l'equipaggio deve affrontare l'emergenza, ed analizzeremo due manovre, a vela, diverse, per recuperare l'uomo a mare, che hanno però lo stesso obbiettivo: recuperare l'uomo senza procurargli lesioni. Questo, per chi esegue la manovra, significa arrivare con la barca più ferma possibile il più vicino possibile all uomo. Un membro dell'equipaggio è caduto in mare, vediamo quali sono le cose da fare in barca per affrontare l'emergenza. Innanzitutto mantenere la calma - Lanciare immediatamente boetta luminosa con cima, o sagola, galleggiante e salvagente 16

17 - Non perdere mai di vista il naufrago: un membro dell'equipaggio ha il compito di mantenere il contatto visivo, segnalandone continuamente la posizione. Agire in fretta, per allontanarsi il meno possibile dal punto in cui è caduto l'uomo. RECUPERO UOMO A MARE CON VENTO IN PRUA In qualunque andatura si stia navigando, è necessario portarsi in una zona sottovento all'uomo e mettersi di bolina per iniziare la manovra. Ci si avvicina quindi da sottovento, di bolina, e si regola la velocità lascando le vele, fino a trovarsi con la barca ferma, le vele sventano e l'uomo si deve trovare sopravvento, lungo la fiancata. Il fatto di non arrivare esattamente prua al vento, ma di bolina con le vele sventate, fa sì che l'uomo sia sempre in sicurezza sopravvento: una barca, prua al vento, può abbattere improvvisamente da un lato o dall'altro (soprattutto con vento forte e onda), travolgendo il naufrago, mentre una barca di bolina rimane sulle mura scelte. In che punto della fiancata deve trovarsi l'uomo? Al mascone, a mezza barca o all'altezza del pozzetto? Su barche di una certa dimensione ci sono delle differenze: vediamo quali sono. 3- Si arriva fermi e si recupera il naufrago 2- Si regola la velocità lascando le vele 1- Ci si porta di bolina sottovento al naufrago Se si arriva sull'uomo con il mascone, ci si trova a doverlo far salire dal punto più alto del bordo della barca e da dove il beccheggio è maggiore; d'altronde, se si arriva un po' lunghi e lo si oltrepassa con il mascone, si ha ancora tutta la lunghezza della barca come margine. Se ci si ferma con il naufrago a mezza barca o all'altezza del pozzetto, invece, è più comodo issarlo a bordo, ma c'è un minor margine nel caso di arrivo lungo. In ogni caso, in una situazione come questa, non è importante dove e come: l'importante è recuperare il naufrago e basta. È invece fondamentale che, durante l'esercitazione, una volta che il timoniere ha deciso di fermarsi con il naufrago al mascone, la barca si fermi con l'uomo al mascone. Solo in questo modo la manovra sarà utile per affinare la nostra sensibilità e capire i comportamenti e le reazioni della barca. Esiste anche una scuola di pensiero che preferisce arrivare sul naufrago tenendolo sottovento. In questo caso è sicuramente più facile issare l uomo in barca e, con la barca, lo si protegge dalle onde. Per contro si rischia di scarrocciargli sopra o di abbattergli sopra, se la manovra è mal fatta. Si consiglia quindi di utilizzare questa tecnica solo se si possiede un ottima padronanza della barca. SCHEMA CLASSICO DI MANOVRA (quello per l esame) Riportiamo di seguito lo schema classico (prova di esame patente) del recupero uomo a mare. Ipotizzando di perderlo di bolina, facendo un giro completo per ritornare sull uomo, ancora di bolina, ma sulle mura opposte. Ovviamente sarà necessaria una strambata, e si dovranno compiere dei bordi di uguale lunghezza, per trovarsi sottovento all uomo sulle giuste mura e di bolina (attenzione a non scendere troppo ed andare al di là della bolina possibile). 17

18 Poggio e mi mi porto al lasco 30 m. circa a 30 m. circ 30 m. circa 30 m. circa Strambo Sono fermo 30 m. circa 30 m. circa 30 m. circa ca 30 m. cir Orzo e mi porto di bolina La superficie velica e la regolazione dell'albero e delle vele Nella navigazione a vela è molto importante che la superficie della velatura sia proporzionata alla forza del vento, perché andare a vela è un piacere da godere nelle belle giornate e durante una crociera. Non si dovrebbe mai chiedere troppo alla barca, e neppure a se stessi. Non si desidera assolutamente fare un discorso che tenda a scoraggiare, o peggio intimorire chi, dalla vela, si attende emozioni, soddisfazione ed esaltanti navigazioni. L'uso appropriato delle vele, "giuste vele per giusto vento", una buona regolazione, e soprattutto una giusta valutazione delle possibilità della barca e delle proprie capacità, conserveranno la passione della vela per sempre. La superficie velica (quantità di tela al vento) deve essere tale che la barca possa procedere senza che il suo sbandamento sia eccessivo, infatti, una barca, con scafo comune, troppo sbandata non acquista velocità ma la perde, perché le linee dello scafo si modificano nella parte immersa obbligandolo a spostare, nel suo passaggio, una maggiore parte d'acqua a discapito della velocità. L'equipaggio è costretto a posizioni d'equilibrio scomode e difficoltose, se non pericolose; inoltre gli sforzi dell'attrezzatura aumentano con il rischio di qualche cedimento, anche se tutto a bordo dovrebbe essere sempre in perfetta efficienza e proporzionato alle condizioni, anche estreme, per le quali la barca è stata progettata. Una barca, bene invelata e con le vele ben regolate, è in grado di procedere dando il meglio in velocità e stabilità. E' in grado, con una buona mano al timone, di affrontare un groppo di vento senza rischi. Ovviamente questo è un discorso generico, ma indirizzato soprattutto a barche da crociera, per barche da regata il discorso sarebbe molto più complesso e meriterebbe approfondimenti particolari. Chi intende regatare seriamente deve richiedere alla barca prestazioni particolari in condizioni particolari. Le giuste regolazioni, sia delle manovre fisse, e quindi dell'albero, che delle vele stesse, permettono al timoniere di condurre la barca con la minore fatica e la maggiore soddisfazione, infatti, la barca, se equilibrata, non tenderà a spostare la prora di sua iniziativa, rivelandosi poggiera o troppo orziera, ma si comporterà docilmente sotto l'effetto del timone, con una buona stabilità di rotta e minime, se non nulle, deviazioni e minimo sforzo del timoniere. Fiocco e randa devono lavorare assieme senza che l'uno possa sventare l'altra o influenzarla con la turbolenza provocata dal vento sulla sua superficie. Regolazione dell'albero: L'albero si regola longitudinalmente con gli stralli e lateralmente con le sartie. La regolazione longitudinale è importante perché agendo sugli arridatoi degli stralli, tirando o allentando, si modifica l'inclinazione dell'albero, spostando il centro velico a proravia, o a poppavia e la barca diventa di conseguenza equilibrata, orziera o poggiera. Se risulta poggiera si recupera sullo strallo di poppa, o lascando quello di prora, portando così la 18

19 testa dell'albero verso poppa e quindi il centro velico; se la barca risulta orziera si opera al contrario. I cavi degli stralli di prora e degli stralli, o paterazzi, di poppa devono comunque essere sempre tesati e gli arridatoi in perfetta efficienza, e di grandezza tale che la vite interna sia sempre sufficiente per eventuali modifiche e lavori, su tutta la parte filettata. La regolazione laterale avviene mediante la regolazione delle sartie alte, basse e delle sartiole ed è fondamentale che l'albero, regolato, sia perfettamente diritto e, ovviamente, verticale rispetto il piano orizzontale della coperta. Né privo di vele né sotto vela deve arcuarsi lateralmente, oppure formare una "S". Deve essere assolutamente rigido per evitare deformazioni della vela, oppure che si rompa sotto sforzi eccessivi. Regolazione del fiocco: Il rendimento del fiocco dipende innanzi tutto da quanto sia ben tesata la drizza, se è poco tesata si presenta a "cappe" tra un garroccio e l'altro, mentre se è troppo tesata si creano delle pieghe molto evidenti nella zona dell'angolo di mura. Regolato bene presenta una superficie liscia. Dipende anche dallo strallo che sostiene il fiocco che deve essere ben tesato e non cedere sotto il peso del fiocco che prende il vento. Quando il vento non lo gonfia bene, e sventa verso l'angolo di penna, bisogna spostare verso prora il punto di scotta (passascotta), cioè il punto d'attacco del bozzello, o carrello, che sostiene la scotta che dal fiocco raggiunge il winch, a poppa. Sulle barche moderne il punto di scotta è regolabile spostando il carrello, munito di puleggia, lungo una rotaia che corre sulla falchetta o lungo il passavanti; ovviamente c'è una rotaia per lato, ognuna con il suo carrello. Se il fiocco sventa verso l'angolo di mura, bisogna spostare il punto di scotta più a poppa. Per sapere se è ben tesato, basta portare la barca all'orza e osservare se il fiocco sventa lungo l'intera ralinga, segno che va bene. Se il fiocco sbatte lungo la sua balumina si deve tendere ulteriormente la ralinga. Per ogni diversa andatura è diversa la regolazione del punto di scotta e così sarà necessario cazzare più o meno la scotta. Più è avanzato il passascotta maggiore è la concavità della vela. Ogni fiocco secondo le sue dimensioni ha bisogno di punti di scotta diversi. Regolazione della randa: La randa deve essere ben tesata dalla drizza e rimanere nell'inferitura dell'albero senza pieghe e, per ottenere la sufficiente tensione, si utilizza un winch posto sull'albero sopra la castagnola, dove si assicura la drizza, oppure sulla parte poppiera della tuga, se è possibile issare la randa direttamente dal pozzetto. Anche il boma è generalmente regolabile in altezza, nel punto in cui è collegato all'albero, scorrendo su di una rotaia grazie ad un carrello fissabile a varie altezze detto caricabasso (alabasso). Agendo col caricabasso, a randa già tesata con la drizza, è possibile regolarla ulteriormente. Anche sul boma si deve tendere bene la randa portando l'angolo di scotta verso l'estremità del boma, dove, con un sistema a paranco, si può cazzarla, ma anche regolarla, perché di bolina deve essere ben tesa, mentre nelle andature portanti conviene lascarla per ottenere una maggiore concavità. La scotta della randa spesso scorre in un sistema a paranco nel quale un bozzello è agganciato alla varea (fine) del boma, o in un punto più a proravia, se il boma, per lunghezza, supera a poppa il pozzetto, mentre l'altro bozzello è agganciato ad un carrello (punto di scotta) che scorre su di una rotaia fissata al trasto, che è un baglio trasversale al pozzetto. Con andature portanti il punto di scotta si deve spostare sottovento impedendo così alla randa di svergolare, mentre di bolina va portato maggiormente verso il centro. Con il vento in poppa il boma va assicurato con una ritenuta, che impedisca che lo stesso si sollevi sventando la randa. Molte barche hanno un sistema idraulico, in sostituzione di un piccolo paranco usato un tempo. Questo sistema detto vang (ritenuta del boma) trattiene il boma nelle andature portanti e, soprattutto in poppa, è fissato alla base di poppavia dell'albero e circa a metà del boma. Ridurre la velatura: Si riduce la velatura quando il vento è eccessivo per la superficie della vela esposta. Si sostituisce il genova armando un fiocco di dimensioni minori e, se la forza del vento e lo sbandamento della barca lo richiedono, si da una o più mani di terzaroli alla randa. Sia la sostituzione della vela di prua, che prendere le mani di terzaroli, andrebbero decisi per tempo, certamente quando ci si rende conto che il vento sta aumentando e la vela a riva sarà sicuramente troppa. Più tardi si deciderà l'intervento, più forte soffierà il vento e maggiori saranno le difficoltà e i pericoli nell'esecuzione della manovra. Terzarolare la randa: La manovra nel suo insieme non dovrebbe essere difficoltosa se il sistema adottato è pratico. Quello del boma che ruota, avvolgendo attorno a se stesso la randa, è pratico e veloce, ma sul boma la randa è difficile da sistemare, senza formare delle pieghe, a causa della forma triangolare e concava della vela. Il sistema tradizionale con un ampio gancio sopra la trozza del boma, una castagnola e una puleggia dalla parte finale del 19

20 boma, si rivela più pratico ed egualmente veloce. Bisogna portare la barca di bolina, molto stretta e, allentando la drizza della randa, portare la borosa del nuovo punto di mura fino al gancio sulla trozza, per agganciarla, trattenendo la drizza perché non si sganci; contemporaneamente si deve tesare bene la borosa sulla balumina, corrispondente al nuovo angolo di scotta, legandola ben cazzata alla castagnola sul boma, quindi tesare la drizza bene (a ferro). A questo punto gli angoli di mura, di penna e di scotta sono ben tesi e si può raccogliere, piegandola lungo il boma, la tela che avanza assicurandola con i matafioni con un nodo piano, in seguito facile da sciogliere. Se la randa non ha già sistemati i matafioni è necessario passare un cavo attraverso le brancarelle e sotto il boma per tenere raccolta la vela ammainata. Ci si deve ricordare di togliere le stecche di questa parte di vela per non romperle e per non danneggiare la randa. Terminata l'operazione si borda la vela. Ridurre la velatura in navigazione deve essere un'operazione ben coordinata, soprattutto quando si prende una mano di terzaroli, sarebbe il caso di provare esercitandosi in una giornata di vento leggero. Quando si è costretti a farlo, con vento forte e con mare formato, è bene che tutti coloro che devono operare sulla coperta, a prora per sostituire il fiocco, o sulla tuga per terzarolare, siano assicurati, con una speciale imbracatura, concepita apposta, e formata da robuste cinghie, che trattengono le spalle e il torace, e con una cimetta agganciata al petto e all'altra estremità munita di un moschettone, per fissarla in un punto sicuro dell'attrezzatura di bordo. Qualche golfare alla base dell'albero, o dei cavi d'acciaio che lo sostengono, sarebbero i punti più sicuri. Evitare di assicurarsi alle draglie e ai candelieri, perché spesso non sono abbastanza robusti, inoltre è importante non cadere fuori bordo rimanendo appesi e in acqua, la barca in moto e il peso della persona bagnata renderebbero veramente difficoltoso il suo recupero. Nelle navigazioni più impegnative è opportuno sistemare un robusto cavo (life line) ben teso, da prora all'albero e da questo a poppa, per potervi agganciare il cavo dell'imbracatura, così da potersi muovere liberamente lungo la barca e restare nello stesso tempo sempre assicurati. Le manovre per ormeggiare e ancorare a vela. Ormeggiare a vela, oppure lasciare l'ormeggio, sono manovre non sempre facili o possibili; sono spesso proibite dai regolamenti portuali, sono impossibili perché l'ormeggio per la sua posizione non è raggiungibile a vela, o le dimensioni della barca non permettono la manovra. Quando è possibile, conoscere bene la barca e avere pratica sono condizioni essenziali. Oggi, quasi tutte le barche a vela sono dotate di un motore ausiliario e le marine sono sempre congestionate e pertanto, a meno che la manovra sia necessaria per un avaria al motore, è consigliabile ammainare le vele fuori dell'ambito portuale, raccogliendole e prestando attenzione che non vi siano drizze o scotte in mare, procedere a motore verso l'ormeggio. Le vele non andrebbero mai tolte completamente dalle loro inferiture, e non si dovrebbero sciogliere le drizze e le scotte, ma tenere le vele solamente ammainate e raccolte per non ingombrare la coperta; si devono potere issare immediatamente nel caso il motore ci pianti prima che la manovra d'ormeggio sia conclusa e a distanza tale da terra da non poter nemmeno lanciare una cima. Anche l'ancora dovrebbe essere sempre pronta nel caso in cui la forza del vento eccessiva, o un'avaria al motore, ci costringa a fermare la barca in manovra con il pericolo di scarrocciare velocemente e finire violentemente contro terra o addosso alle barche ormeggiate. Se si procede con le sole vele è importante prepararsi prima per non avere problemi in manovra, controllando che scotte e drizze siano date volta in maniera tale che si possano liberare facilmente, senza che rimangano bloccate (incattivate), le vele devono essere proporzionate alla forza del vento e se il fiocco rischia di intralciare, ammainarlo procedendo solamente con la randa. Mezzomarinaio, parabordi e cavi d'ormeggio devono essere pronti e a portata di mano, mentre sulla coperta, e soprattutto in pozzetto (centro della manovra), nulla deve poter intralciare lo scorrimento delle scotte e la barra del timone, nemmeno eventuali ospiti poco pratici. Le condizioni migliori avvengono quando il punto d'attracco è sopravvento e il vento non troppo forte; si arriva per abbrivo contro vento, con le vele che fileggiano. Se l'ormeggio non è temporaneo e s'intende sostare a lungo bisogna ormeggiarsi, di prora o di poppa, con un'ancora filata in mare prima di raggiungere il punto d'attracco. Si dovrebbe sempre ormeggiare con la poppa, per ripartire virando sull'ancora e uscendo dall'ormeggio con la prora verso fuori, liberi di regolare le vele al vento e muoversi, perché potrebbe essere necessario lasciare l'ormeggio di fretta, per un maltempo imprevisto, se l'ormeggio non è sicuro. Con vento o mare già formati, uscire di poppa risulta molto più lungo e complesso. Ormeggio di poppa alla banchina (a vela): Con il vento che soffia verso la banchina la barca si trova sopravvento. Per raggiungere l'ormeggio si deve dirigere verso la banchina e, alla distanza giusta, dare fondo all'ancora, virare, mettendo la prora al vento, calare l'ancora e filare la catena retrocedendo con la poppa verso l'ormeggio spinti dal vento. Senza fiocco e con 20

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