EFFETTI DELLA DIETA SULL INFIAMMAZIONE

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1 EFFETTI DELLA DIETA SULL INFIAMMAZIONE (tratto da:the Effects of Diet on Inflammation Emphasis on the Metabolic Syndrome Giugliano et al Journal of the American College of Cardiology Vol.48 n.4 anno 2006, presente in versione PDF nella cartella articoli allegata) Numerosi studi hanno permesso di affermare che la riduzione delle malattie coronariche attraverso la dieta è possibile. La principale strategia dietetica comprende: assunzione di adeguate quantità di acidi grassi omega-3, di adeguate quantità di frutta, verdura, noci, cereali interi o poco raffinati, riduzione nell assunzione di acidi grassi saturi e di acidi grassi insaturi di tipo trans. Ognuna di queste strategie può essere associata con una minor generazione di infiammazione. Diete ricche di amidi raffinati, zuccheri, di acidi grassi saturi e insaturi di tipo trans, povera di antiossidanti naturali e fibre della frutta, dei vegetali, dei cereali interi e povera di acidi grassi omega 3, possono causare una attivazione del sistema immunitario innato, molto probabilmente attraverso un eccessiva produzione di citochine proinfiammatorie associate con una ridotta produzione di citochine antiinfiammatorie. Una dieta con un basso contenuto di grassi ( 30% delle calorie totali) è ancora considerata da molti fisiologi come una scelta salutare per la prevenzione sia primaria che secondaria delle malattie cardiovascolari. Tuttavia, una conseguenza non voluta dell enfatizzare una dieta povera di grassi potrebbe essere la promozione di un consumo di carboidrati eccessivo che aumenta i livelli di trigliceridi, esacerbando le manifestazioni della sindrome dell insulino-resistenza, anche conosciuta come sindrome metabolica. Tre strategie dietetiche possono aiutare a prevenire le malattie coronariche: 1) aumentare il consumo di acidi grassi omega 3 presenti nel pesce; 2) sostituire i grassi saturi e insaturi di tipo trans con acidi grassi insaturi; 3) consumare frutta, verdura, noci, cereali interi e cereali poco raffinati. Gli effetti negativi di una cattiva dieta sulle malattie cardiovascolari, in particolare sulle cardiopatie coronariche (CHD) possono ripercuotersi, oltre che sui livelli dei lipidi sierici, su vari pathway biologici, che possono indurre stress ossidativo, infiammazione subclinica, disfunzione endoteliale, alterazione della sensibilità all insulina e della pressione sanguigna. Le attuali evidenze supportano un ruolo centrale dell infiammazione in tutte le fasi del processo aterosclerotico. I marcatori di infiammazione presenti in circolo quali: la proteina C reattiva (PCR), il TNF-α e alcune interleuchine (IL-6, IL-18) correlano con la propensione a sviluppare eventi ischemici, inoltre, in alcuni casi, possono contribuire direttamente alla patogenesi. Molta attenzione è stata rivolta agli effetti vascolari diretti esercitati dalle proteine plasmatiche prodotte dagli adipociti, specialmente la adiponectina che esibisce una potente azione anti-infiammatoria e antiaterosclerotica. Bassi livelli di adiponectina sono un fattore di rischio per lo sviluppo di diabete di tipo 2, mentre alti livelli di

2 adiponectina sono associati con un minor rischio di infarto del miocardio negli individui di sesso maschile. E ormai chiaro che l infiammazione correla con la disfunzione endoteliale e l insulino-resistenza, la migliore evidenza deriva dai pazienti con la sindrome metabolica. Quindi si è fatta strada l ipotesi che ogni strategia dietetica associata con un minor rischio di CHD sia associata con una minor generazione di infiammazione. Aumentare il consumo di acidi grassi omega-3 I benefici degli ω-3 nel ridurre i rischi di morte improvvisa sono stati dimostrati negli animali e in trial clinici. Questi composti sono stati da tempo riconosciuti come molecole con attività anti-infiammatoria, il loro uso sta aumentando nelle terapie di malattie infiammatorie croniche quali l artrite reumatoide e il morbo di Crohn. Gli acidi grassi ω-3 riducono il contenuto di acido arachidonico nelle membrane cellulari, questo determina una sintesi di eicosanoidi (l acido arachidonico, che è un ωè -6, il precursore di prostaglandine, trombossano e leucotrieni) che hanno minori proprietà infiammatorie di quelli derivati dagli ω-6. Inoltre gli acidi grassi ω-3 possono inibire la sintesi di citochine proinfiammatorie quali: TNF-α, IL-1 e IL-2; fanno diminuire l espressione delle molecole di adesione sull endotelio. Ridurre gli acidi grassi trans. In uno studio che ha coinvolto donne si è osservato che l assunzione di elevate quantità di acidi grassi trans o di acidi saturi era associata con un aumentato rischio di CHD (Nurses Health Study, mentre il consumo di acidi grassi polinsaturi (non idrogenati) o monoinsaturi era associato con una diminuzione del rischio. L assunzione di acidi grassi trans determina un aumento dei livelli di Proteina C reattiva, un aumento dei marcatori di attivazione endoteliale (selettiva E, ICAM-1 e VCAM-1 solubili) suggerendo che l assunzione di elevate quantità di acidi grassi trans può favorire l infiammazione e influenzare negativamente la funzione endoteliale. E stata trovata una correlazione positiva anche tra il consumo di acidi grassi saturi e colesterolo e i biomarcatori di infiammazione. Consumare colesterolo provoca un aumento di PCR nei soggetti in salute, ma non nei soggetti obesi insulino-resistenti, in cui i livelli di PCR sono già più rispetto ai valori di riferimento. In 35 pazienti con ipercolesterolemia primaria, una dieta di 8 settimane con basse quantità di colesterolo e di acidi grassi saturi (30% grassi totali, di cui 5% saturi e colesterolo <200 mg/giorno) era associata con una significativa riduzione della rigidezza delle grandi arterie che a sua volta è correlata con i livelli di proteina C reattiva. Un problema con questo tipo di studi è che la perdita di peso, che si può osservare con tale dieta, può creare confusione in quanto essa stessa determina una riduzione dell infiammazione e un miglioramento della funzione endoteliale. Diete ristrette con pochi grassi e pochi carboidrati determinano un significativo calo

3 di marcatori di infiammazione quali PCR, TNF-α, IL-6 e ICAM-1 suggerendo, che nel breve termine, la perdita di peso può essere la forza motrice alla base della riduzione della maggior parte dei biomarcatori infiammatori. CONSUMARE UNA DIETA RICCA DI FRUTTA, VERDURA, NOCI, CEREALI INTERI Da vari autori è stata osservata una associazione inversa tra il consumo di vegetali e frutta e le malattie cardiovascolari. Tuttavia solo pochi studi hanno messo in relazione il consumo di frutta e verdura con lo stato infiammatorio. Dati ottenuti dal Massachusetts Hispanic Elders Study su 445 ispanici e 154 non ispanici bianchi anziani hanno mostrato che assumere con maggiore frequenza frutta e verdura determinava una diminuzione della proteina C reattiva e dell omocisteina. E opinione comune che siano i flavonoidi e le vitamine, noti composti antiossidanti contenuti in questi cibi, ad esercitare gli effetti antinfiammatori. Anche l assunzione di fibre può avere un ruolo protettivo, in uno studio, che ha coinvolto 3920 partecipanti e si è svolto dal 1999 al 2000, hanno evidenziato che le fibre della dieta erano inversamente associate con la concentrazione sierica di PCR. Perché le noci? Le noci sono ricche di acidi grassi monoinsaturi e poliinsaturi e questo le rende un appetibile scelta di grassi salutari. I grassi monoinsaturi possono contribuire a diminuire il rischio di malattie cardiovascolari migliorando il profilo lipidico, riducendo la concentrazione di trigliceridi post-prandiale e diminuendo le molecole di adesione solubili in pazienti con ipercolesterolemia. Inoltre il contento relativamente alto di arginina nelle noci si pensa possa avere un ruolo per l effetto cardioprotettivo esercitato dalle noci; si è visto che il consumo di cibi ricchi di arginina è associato con livelli più bassi di proteina C reattiva.

4 Ridurre i cereali raffinati I carboidrati, o meglio il tipo di carboidrati, influenzano il rischio di malattie cardiovascolari. I carboidrati raffinati sono altamente processati per cui vengono rimosse fibre, vitamine, minerali, fitonutrienti e acidi grassi essenziali. L iperglicemia acuta in soggetti sani altera la vasodilatazione dipendente dall endotelio e riduce la biodisponibilità di ossido nitrico. Attraverso la sua azione di massa, l iperglicemia post-prandiale porta ad un aumento da parte dei tessuti dell uptake (dell assunzione) di glucosio e del metabolismo attraverso pathway minori. Una conseguenza di questa attivazione è la produzione di radicali liberi che possono promuovere l aterogenesi attraverso vari meccanismi. Strettamente correlato a questo è l emergente evidenza che le cardiopatie coronariche sono più strettamente in relazione all iperglicemia derivata da un carico di glucosio anziché all iperglicemia a digiuno. Tuttavia i meccanismi alla base di questa relazione non sono ancora chiari. Dati recenti indicano che una iperglicemia acuta nel breve termine può provocare un aumento dei livelli circolanti di radicali liberi e di citochine proinfiammatorie quali IL-6, IL-18 e TNF-α, questo fatto fornisce una spiegazione plausibile per gli effetti deleteri di onde di rapida iperglicemia sull albero vascolare.

5 Il contenuto di fibre di un pasto ricco di carboidrati può influenzare i livelli plasmatici di adiponectina e IL-18: più è alta la quantità di fibre, maggiore è l inibizione di IL-18 e la stimolazione di adiponectina. Approccio dietetico globale E stato dimostrato che la composizione dietetica complessiva ha un ruolo nel predire i rischi di cardiopatie coronariche nel lungo termine. In pratica, una dieta prudente è caratterizzata dalla scelta di cibi che soddisfino tutte le strategie discusse finora. Questa dieta prevede: elevata assunzione di frutta, verdura, legumi, cereali interi, carni bianche e pesce. Inutile dire che questa dieta è associata ad un minor rischio di CHD rispetto alle diete occidentali (alto introito di carni rosse e lavorate, dolci e dessert, patate e patatine fritte, cereali raffinati) che ovviamente sono associate ad un maggior rischio di CHD. La dieta delle moderne società industrializzate genera una perenne fase post-prandiale durante tutto l arco della giornata con una conseguente attivazione cronica del sistema immunitario innato nella maggior parte della giornata. Lo stile dietetico mediterraneo può essere considerato un buon esempio di dieta prudente. LA SINDROME METABOLICA: EFFETTI DELL INTERO APPROCCIO DIETETICO La sindrome metabolica è strettamente associata all infiammazione sub-clinica. William et al hanno mostrato che regimi dietetici strettamente associati alla dieta mediterranea, cioè ricchi in frutta e verdura e con grassi monoinsaturi, sono negativamente associati con le componenti della sindrome metabolica. Esposito et al hanno sottoposto in modo randomizzato 180 pazienti (99 uomini e 81 donne con la sindrome metabolica ad una dieta di intervento stile mediterraneo (consumo giornaliero di cereali interi, verdura, frutta, noci ed olio di oliva) per il gruppo di intervento, e ad una dieta protettiva per il cuore in cui veniva ridotto l apporto di grassi a meno del 30% (gruppo di controllo). Dopo 2 anni il peso corporeo era diminuito di più nel gruppo di intervento rispetto al gruppo di controllo, i marcatori dell infiammazione quali IL-6, IL-7, IL-18, PCR e l insulino-resistenza erano diminuiti di più nel gruppo di intervento che nel gruppo di controllo; anche la funzionalità endoteliale risultava migliorata maggiormente nel gruppo di intervento. Solo 40 soggetti del gruppo di intervento aveva ancora la sindrome metabolica dopo due anni rispetto ai 78 del gruppo di controllo. La prevalenza della sindrome metabolica si è ridotta della metà nel gruppo di intervento! Vedi figura

6 CONCLUSIONI Diete caratterizzate dal consumo di amidi raffinati, zucchero, acidi grassi saturi e insaturi di tipo trans e povera di antiossidanti naturali, di fibre della frutta e delle verdure, di cereali interi possono causare una attivazione del sistema immunitario innato, probabilmente attraverso la produzione eccessiva di citochine proinfiammatorie associata ad una riduzione della produzione di citochine antinfiammatorie. Questo sbilanciamento può favorire la generazione di un mezzo pro-infiammatorio, che di conseguenza genera disfunzione endoteliale e predispone i soggetti suscettibili all aumento dell incidenza della sindrome metabolica e di CHD. Tutte le strategie dietetiche in grado di ridurre il rischio di malattie cardiovascolari determinano una riduzione dell infiammazione, che può in parte spiegare il loro benefico effetto a livello vascolare. Un basso consumo di frutta e verdura, insieme con l inattività fisica sono ora tra le principali 10 cause di mortalità nelle società industrializzate. Dal momento che le malattie cardiovascolari, varie forme di cancro e il diabete sono responsabili del 70% delle morti negli Stati Uniti e che questo trend è destinato ad aumentare nel prossimo

7 futuro data la crescente epidemia di obesità, diventa fondamentale adottare uno stile di vita salutare per prevenire i rischi di tali patologie. Un regime dietetico salutare va associato a regolare attività fisica. Questo è particolarmente importante per gli individui affetti da diabete di tipo2, obesità e sindrome metabolica in quanto determina, oltre alla perdita di peso, la riduzione dello stato infiammatorio cronico.

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