ATTI 58 Convegno SUNI Udine, maggio 2009

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1 Trimestrale, Vol. 77 no. 1, 2010, Poste Italiane Spa - Sped. Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB Milano - ISSN RIVISTA INTERNAZIONALE DI CULTURA UROLOGICA DIRETTORI Sergio Cosciani Cunico Antonino Lembo SUPPLEMENTO S-16 ATTI 58 Convegno SUNI Udine, maggio 2009 VOLUME 77 NO. 1 GENNAIO-MARZO 2010, S-16 1Fondata nel 1934 DIRETTORE ASSOCIATO Pier Francesco Bassi PRESIDENTE DEL CONVEGNO Bruno Frea Wichtig Editore - Medical Publisher - Milano

2 N SU urologia ATTI 58 Convegno SUnI UdIne maggio 2009 CorSI Come imparare a fare ricerca nell infermieristica: sintesi di un esperienza applicativa... 1 A. Palese, S. Mecugni, M. Barbieri, M. Bonocore, A. Buscaroli, M. Carpanoni, S. Colognese, D. Costi, S. Di Vaio, L. Lapi, G. Lionte, AM. Nasi, C. Pellicciari, M. Quartieri, R. Ricci, K. Saguatti, M. Saragoni, S. Tarantola, E. Torri, S. Vaccari, P. Volpi, M. Vinceti Il consenso informato e la gestione del rischio: aspetti medico legali... 5 C. Moreschi, E. Leone, A. Sabot ComUnICAzIonI Riparazione trans-vaginale di fistola neovescico-vaginale C.L.A. Negro, P. Destefanis, A. Bosio, A. Bisconti, C. De Maria, M. Carchedi, A. Buffardi, L. Rolle, D. Fontana Nefropessi retroperitoneoscopica A. Buffardi, C. Ceruti, P. Destefanis, M.A. Ruffino, A. Bosio, A. Bisconti, C. De Maria, C. Negro, M. Carchedi, D. Fontana Avulsione della cute peniena: un approccio conservativo C.L.A. Negro, P. Destefanis, A. Bosio, A. Bisconti, C. De Maria, M. Carchedi, A. Buffardi, L. Rolle, D. Fontana Liposarcoma renale aspetti clinici ed anatomo-patologici. Case report e revisione della letteratura C. Manini, M. Pedalino, O.G. Di Primio, R. Vella, E. Vercesi, C. Montincone, E. Genovese, V. Dongiovanni, D. Stramignoni, A. Di Roma, G. Marino Proposta di follow-up del paziente con neovescica ortotopica P. Destefanis, D. Fontana I nuovi materiali nella chirurgia del prolasso e dell incontinenza G. Tuffu, F. Fioretti, E. Frumenzio, R. Bruno, E. Costantini Caratterizzazione biologica del carcinoma renale metastatico L. Roncati, A. Maiorana Circolo venoso paravertebrale di Batson e metastasi vertebrali singole da carcinoma renale L.Tosco, A. Palazzetti, S. Crivellaro, P. Guaitoli, M. Abbinante, B. Frea Calcifilassi e necrosi peniena: case report e revisione della letteratura M. Grande, F. Facchini, M. Larosa, M. Leone, G. Pozzoli, R. Valli, B. Monica Carcinoma dei dotti collettori del bellini: case report con metastasi cutanea come iniziale manifestazione clinica M. Grande, F. Facchini, M. LaRosa, G.L. Pozzoli, M. Leone, S. Piana, B. Monica La malattia di Fournier. Caso Clinico M. Pedalino, O.G. Di Primio, R. Vella, E. Vercesi, G. Marino Il ruolo dell urodinamica non-invasiva nella diagnosi dell ostruzione cervico-uretrale nell uomo A. Palazzetti, L. Tosco, S. Crivellaro, P. Guaitoli, M. Abbinante, B. Frea Indice Atti Udine.indd :18:44

3 Urologia 2010; 77 ( S-16 ): S1-S4 CORSO - Come imparare a fare ricerca nell infermieristica Come imparare a fare ricerca nell infermieristica: sintesi di un esperienza applicativa A. Palese, S. Mecugni, M. Barbieri, M. Bonocore, A. Buscaroli, M. Carpanoni, S. Colognese, D. Costi, S. Di Vaio, L. Lapi, G. Lionte, AM. Nasi, C. Pellicciari, M. Quartieri, R. Ricci, K. Saguatti, M. Saragoni, S. Tarantola, E. Torri, S. Vaccari, P. Volpi, M. Vinceti 1 1 Corso di Laurea Specialistica in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche Università degli Studi di Modena-Reggio Emilia VISPA s group (evaluation of the implementation Strategies of the Measurements Instruments Adopted in the Italian nursing Practice) An innovative teaching strategy focused on problem based approach rather than theorical aiming to facilitate the learning of the research methodology in advanced nursing student has been introduced. Through out a qualitative evaluation of the diary kept by the student nurses involved, advantages and disadvantages of this innovative approach have been evaluated. This paper reports a synthesis of the teaching strategy and its impact on the competences in the research methodology as it has been perceived by the students participants. Ke y w o r d s : Research, Methodology of research, Nursing, Learning, Teaching strategies Parole chiave: Ricerca, Metodologia della ricerca, Infermieristica, Apprendimento, Strategie di insegnamento Introduzione La ricerca infermieristica, anche nel contesto italiano, si sta sviluppando in molte direzioni: prende origine dalla pratica e dalle sue priorità, ma anche dalle esigenze dell organizzazione e della formazione. Una prima esposizione alla metodologia della ricerca è già possibile per tutti gli studenti infermieri a conclusione della laurea triennale, con l elaborazione della tesi a cui sono riconosciuti mediamente 6 Crediti Formativi Universitari; esperienze più avanzate sono assicurate nel Corso di Laurea Specialistica in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche e nei Master di primo e di secondo livello. Il livello di preparazione più elevato è offerto dal Dottorato di Ricerca il cui accesso agli infermieri in Italia è solo da pochi anni possibile. Malgrado gli sforzi formativi e le diffuse opportunità, insegnare ed apprendere la Metodologia della Ricerca costituisce ancora una questione critica. L approccio didattico prevalente è quello più vicino alla teoria, in cui sono descritte le potenzialità della ricerca per gli utenti, le barriere alla sua implementazione, i metodi, gli strumenti e così via. Meno diffuso è, invece, l approccio basato sui problemi che si muove dalle esperienze concrete di ricerca. Questo ultimo è stato sperimentato nel Corso di Metodologia della Ricerca della Laurea Specialistica in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche dell Università di Modena Reggio Emilia: gli studenti, hanno individuato un quesito che ritenevano rilevante per la pratica professionale, sviluppato un protocollo di ricerca (Tab. I) che successivamente hanno applicato raccogliendo i dati, elaborandoli statisticamente e discutendoli. Il percorso applicativo è stato alimentato continuamente dalla teoria ma sulla base dei problemi metodologici che gli studenti incontravano. Descrivere gli effetti di questa strategia didattica dal punto di vista degli studenti che l hanno sperimentata e derivare indicazioni/suggerimenti per come insegnare, imparare e gestire la ricerca infermieristica nei corsi di laurea specialistica in scienze infermieristiche ed ostetriche, è la finalità di questo articolo Wichtig Editore - ISSN S1

4 Come imparare a fare ricerca nell infermieristica Materiali e Metodi Hanno partecipato 19 studenti. A ciascuno, era stato chiesto di tenere un diario personale in cui annotare la propria riflessione critica sulla metodologia della ricerca che stava apprendendo. Il diario era libero e non imponeva metodologie di compilazione se non la raccolta sistematica e in forma narrativa del proprio pensiero critico sul percorso di apprendimento. Al termine, dopo quattro mesi di supervisione costante per la stesura del protocollo e la realizzazione della ricerca, i diari sono stati raccolti. Dall attenta analisi di ciascun diario, sono state categorizzate e derivate - per similitudine/differenza - alcune indicazioni all insegnamento ed all apprendimento della ricerca applicata all infermieristica. Risultati Dall analisi dei diari dei 19 partecipanti sono emersi 10 temi che costituiscono l essenza dell apprendimento della metodologia della ricerca a partire da un problema di pratica infiermeristica. Partecipare alla costruzione di un protocollo Avere la possibilità di costruire le scelte, a partire dal proprio background clinico, professionale ma anche a partire dalle conoscenze note o meno note sulla metodologia della ricerca, guidati da docenti all interno di un modello dell apprendere dall esperienza, è stato molto efficace per tutti gli studenti (19/19). La costruzione di un protocollo di ricerca, per quanto semplice (nella nostra esperienza includeva un disegno descrittivo), è uno sforzo che richiede tempo, intelligenze, riflessione critica, e continui aggiustamenti sino alle scelte definitive. L elaborazione di un protocollo è necessariamente un esperienza collaborativa e impone l attivazione di una rete di rapporti che sono cruciali per la riuscita anche della ricerca stessa. Spesso i protocolli di ricerca elaborati dagli studenti nei percorsi avanzati (Laurea Specialistica e Master) sono definiti, pur sotto la guida del relatore/correlatore, in solitudine. La scelta dell acronimo della ricerca ( VISPA ) ha creato unità di intenti, coesione ma anche sostegno ed è stata apprezzata da tutti gli studenti. Valorizzare la fase pilota È la fase in cui sono validati gli strumenti e/o la tenuta complessiva del percorso di ricerca. Di norma riservata a pochi, ovvero a coloro che sono disponibili a testare gli strumenti nella propria realtà, o che hanno rispetto ad altri maggiore facilità di accesso ai dati, se non prevede una socializzazione dei risultati, rimane un area inesplorata o di cui pochi hanno esperienza. Per questo quasi la metà dei partecipanti (7/19) ha ritenuto di cruciale importanza condividere i risultati della fase pilota per comprendere anche la successiva evoluzione degli strumenti di raccolta dati. Trasformare gli infermieri da oggetto a soggetto della ricerca. Spesso l osservazione partecipata o l intervista, soprattutto laddove non vi è una consuetudine alla ricerca, generano tensione tra gli infermieri perché si sentono valutati. Anche nella nostra esperienza abbiamo percepito questa tensione. Per questo, tutti gli studenti partecipanti hanno riconosciuto l importanza di adottare strategie di ricerca che hanno la finalità di migliorare la pratica quotidiana degli infermieri: non si tratta di valutare il loro modo di fare assistenza, ma di contribuire a conoscere l assistenza. Per questo, è cruciale il coinvolgimento degli infermieri clinici al fine di renderli protagonisti. Riconoscere i vantaggi e gli svantaggi di una raccolta dati in un ambiente conosciuti Avendo poche risorse dedicate alla ricerca, abbiamo scelto di realizzare la raccolta dati nel contesto lavorativo di ciascun studente-partecipante. Se questo ha controllato alcune barriere (la mancanza di tempo, la disponibilità, l accessibilità perché basata anche sui rapporti personali e così via) dall altra ha probabilmente minacciato l esito: a volte, le priorità organizzative hanno imposto la loro emergenza posticipando l attenzione e la cura necessaria ad un percorso di ricerca a momenti migliori (2/19); inoltre, tensioni lavorative o conflitti interni al gruppo di lavoro hanno altre volte minacciato la disponibilità alla raccolta dati (1/19). D altra parte, coloro che hanno effettuato l intervista in un contesto diverso dal proprio, anche quando concordata nei tempi, hanno dovuto rinegoziarla a causa della elevata imprevedibilità delle attività (4/19); altre volte, hanno percepito la scarsa S2

5 Palese et al disponibilità ( non è la giornata giusta, ma se è da fare allora vieni lo stesso ) (2/19). Si sono sentiti più facilitati infine coloro che, occupando ruoli trasversali nell azienda (ad esempio, unità di controllo delle infezioni ospedaliere), potevano contare sulla trasversalità delle loro relazioni (3/19). Trovare un giusto equilibrio è difficile. Gestire le proprie ansie, frustrazioni, e il senso di inutilità La prima intervista è stata concordata da tutti i partecipanti con discreta ansia (19/19). L inizio della raccolta dati ha richiesto un contatto, una sintetica presentazione del progetto, il consenso ed un accordo sul quando realizzarla: per gli infermieri clinici, contattare i coordinatori ha generato ansia (8/19); per coloro che invece avevano già un ruolo di coordinamento, o un impegno su progetti di interesse trasversale e (11/19) il processo è stato più facile. Alcuni hanno tentato diverse strategie di primo contatto (telefoniche, ) non sempre con successo (2/19); altri, non conoscevano le logiche gerarchiche della struttura e quindi hanno avuto difficoltà a capire come procedere per entrarvi (6/19). Questo ha suggerito una riflessione sulle limitate opportunità di avere relazioni più trasversali, soprattutto per gli infermieri clinici. Una volta ottenuto l appuntamento, l elevata imprevedibilità lavorativa di molti contesti, le difficoltà nel passaggio delle informazioni e i cambiamenti a volte turbolenti, hanno determinato alcuni problemi: non sempre coloro che dovevano essere intervistati erano stati informati; oppure, non sempre potevano sospendere le attività e garantire la propria collaborazione. Alcuni studenti si sono sentiti inutili quando, arrivati in reparto su intervista concordata, hanno percepito l importante carico di lavoro e l impossibilità di offrire un aiuto; altri sono rimasti colpiti dalle attenzioni di infermieri che amareggiati per la lunga attesa, si sono adoperati per facilitare il raggiungimento del risultato. Saper coinvolgere Le strategie di coinvolgimento da adottare sono state complesse. Sono state numerose, infatti, le barriere che hanno minacciato il coinvolgimento: a) quelle culturali, non tutti gli infermieri avevano avuto l opportunità di riflettere ed apprezzare la rilevanza della ricerca (4/19); b) la quantità di progetti di ricerca già presenti nel contesto: a volte lo stesso reparto era esposto ad altri progetti, condotti da altri studenti che stavano realizzando la propria tesi (5/19), c) la distanza del quesito di ricerca: a volte è molto più facile coinvolgere coloro che percepiscono il problema rilevante (3/19), d) la cultura del contesto: in alcuni contesti era percepibile la continua tensione al miglioramento ed al trasferimento nella pratica dei risultati della ricerca. In questi contesti emergeva come normale fare ricerca o contribuirvi (5/19); in altri, emergeva maggiore difficoltà. L organizzazione, i problemi relativi alla gestione del quotidiano e la carenza di risorse a volte impediscono o minacciano la possibilità di riflettere sulla pratica quotidiana e sui suoi strumenti. Questo genera già di per sé frustrazione tra gli infermieri, che aumenta di fronte ad una intervista che pone quesiti puntuali e di riflessione critica sul quotidiano. La professione infermieristica è in rapido cambiamento, sollecitata da numerose innovazioni di carattere legislativo, formativo, tecnologico e dal costante e continuo consolidarsi delle conoscenze scientifiche che sostengono la disciplina. Non tutti i gruppi, tuttavia, hanno raggiunto lo stesso livello di avanzamento: la storia di ciascun gruppo va rispettata e compresa. Il grado di evoluzione è multifattoriale e dipende dagli sforzi della dirigenza infermieristica, della direzione strategica dell ospedale, dai livelli di collaborazione con i medici, e da tanti altri fattori ancora. Riflettere sulle domande Spesso la ricerca infermieristica è basata sulla metodologia della ricerca sociale e utilizza questionari, interviste o interviste semi-strutturate. Alcune risposte ottenute sono state percepite dagli studenti come riflettenti la desiderabilità sociale: ad esempio alla domanda ritieni utile questa scala per la tua pratica?, gli infermieri rispondevano genericamente sì, probabilmente perché percepivano il desiderio di una risposta affermativa da parte nostra (4/19). Assicurare libertà di risposta, garantendo l assoluto anonimato, ed evitare di influenzare le risposte del partecipante alla ricerca (evitando ad esempio, nella premessa, di sottolineare l importanza delle scale per lo sviluppo dell infermieristica), è cruciale. Per questo abbiamo riflettuto sulla rilevanza della formazione dei rilevatori e sulla standardizzazione delle procedure di raccolta dati. S3

6 Come imparare a fare ricerca nell infermieristica Mantenere le scelte del protocollo Gli infermieri sono stati intervistati durante il loro turno ma anche al di fuori, negli spazi disponibili: l intervista in guardiola è stata trasformata, a volte, da una intervista al singolo (come indicato dal protocollo) ad una intervista di gruppo (perché gli altri infermieri presenti hanno partecipato) (3/19). Mantenere le scelte originali riportate nel protocollo è stato, in alcuni momenti, difficile. Gestire la discussione Una volta conclusa la raccolta dati e l elaborazione, la discussione dei risultati ha coinvolto tutti gli studenti partecipanti (19/19). Questo ha permesso di interpretare i risultati e dare un senso al percorso. Ciascuno ricordava le proprie interviste e ricercava nell aggregato complessivo dei dati, similitudini e differenze. Inoltre, abbiamo imparato a discutere la variabilità dei risultati e ad attribuirne un significato. Anche la costruzione della reportistica è stata effettuata insieme e questo ha permesso di imparare alcune delle regole di scrittura formale. Progettare la restituzione dei dati L esercizio di ricerca che abbiamo condotto è stato emblematico. Molti infermieri ci hanno segnalato la fatica di compilare scale di valutazione dei pazienti senza poi avere una restituzione complessiva, sull anno o sul medio periodo (ad esempio, quanti pazienti con incontinenza hanno gestito nell ultimo anno). Così come gli infermieri che raccolgono molti dati non hanno molte opportunità per comprendere l andamento dell assistenza che erogano, anche nella ricerca il rischio che si incorre è quello di raccogliere molti dati senza che questi, in modo organizzato, siano restituiti a coloro che vi hanno contribuito rispondendo alle domande e/o dedicando tempo. Tutte le azioni di ricerca devono prevedere una fase di restituzione per facilitare la riflessione, lo sviluppo della pratica infermieristica e la valorizzazione delle risorse. Discussione e Conclusioni La ricerca infermieristica sta realizzando importanti passi, ma ha bisogno di competenze metodologiche, di infermieri in grado di individuare quesiti rilevanti, e capaci di progettare e gestire protocolli di ricerca. Probabilmente le difficoltà della ricerca infermieristica italiana, sono anche legate ad una conoscenza più teorica che agita della ricerca e dei suoi ruoli. Imparare a fare ricerca è un processo complesso che richiede l attivazione di molteplici strategie formative: tra queste, quella applicativa che impegna nella sperimentazione sul campo, costituisce una tappa essenziale. Gli studenti possono sperimentandosi direttamente in un percorso di ricerca completo, ideato e gestito da loro comprendere le tappe più critiche della metodologia della ricerca ed imparare a gestirle. L esperienza pratica, quando progettata e condotta positivamente, è empowerizzante: malgrado le tante emozioni (anche negative) che nella nostra esperienza ha sollecitato, ha generato il desidero di successive esperienze che saranno, anche sul piano metodologico, progressivamente più rigorose. Come accade nelle competenze professionali, da una fase iniziale (novizio), anche nella ricerca è possibile attraversare tappe di sviluppo crescenti, fino a raggiungere competenze avanzate. Nella nostra esperienza abbiamo accompagnato il percorso classico basato sulla teoria, con una strategia basata sui problemi ed altamente applicativa che includeva anche la tenuta di un diario di bordo, compilato dai partecipanti per documentare le note sul campo, attraverso una riflessione critica sul processo di ricerca. Gli studenti hanno potuto sviluppare competenze di ricerca e individuare le minacce prioritarie della applicazione di un protocollo di ricerca. Non sono numerose le esperienze raccontate da chi ha iniziato a fare ricerca: per questo, pur nei limiti, le indicazioni emerse possono essere utili alla comunità professionale e, in particolare, a chi si sperimenta per la prima volta in un percorso di ricerca. Riassunto È stata sperimentata una metodica innovativa di insegnamento della metodologia della ricerca basata sull approccio per problemi, piuttosto che su quello teorico, in un corso di formazione avanzato per infermieri. Attraverso una valutazione qualitativa dei diari tenuti dagli studenti partecipanti del corso, sono stati individuati i punti di forza e di debolezza dell approccio didattico. Questo articolo riporta tali strategie e il loro impatto sulle competenze di ricerca percepite dai partecipanti. Indirizzo degli Autori: Alvisa Palese Professore Associato di Scienze Infermieristiche Università degli studi di Udine Viale Ungheria 20w Udine alvisa.palese@uniud.it S4

7 Urologia 2010; 77 ( S-16 ): S5-S10 CORSO - Day surgery e ambulatoriale Il consenso informato e la gestione del rischio: aspetti medico legali C. Moreschi, E. Leone, A. Sabot Sezione Dipartimentale di Medicina Legale, Università degli Studi di Udine Informed consent and risk management In every relief run, both to the goals of medical performance quality and in the optics of a therapeutic alliance, it is fundamental to create a relationship of trust among the physician and the patient, in which communication assumes a fundamental role. The informed consent is set as an integral part of the sanitary action as conclusive moment of that therapeutic alliance fundamental to face in a correct way every illness, and it legitimates the same sanitary action, as it is the demonstration of the constitutionally guaranteed right of patient s autodetermination. The A.O.U.D. of Udine has undertaken a run of accreditation to the Joint Commission International that it foresees a revision of the informative runs and an updating of the forms of informed consent, with the purpose to overcome the traditional physician-patient relationship, recognizing to all the patients an active role in the exercise of the medical action and in the care process. In fact the information must be lived as integral part of the sanitary action, with the awareness that this, private of such a part, would result incomplete and inaccurate, independently from the result. In such optics, the consent form, created absorbing legislative, ethical and deontological principles and jurisprudential orientations, will be illustrated and particular considerations about the type of information that must be given to the patient for treatments effected in day-surgery, will be formulated. Key words: Informed Consent, Risk Management, Day-Surgery Parole chiave: Consenso Informato, Rischio Clinico, Day-Surgery Il consenso all atto medico rappresenta un fondamento necessario del corretto rapporto tra medico e paziente. In Letteratura è stato più volte posto in evidenza come il rapporto fra medico ed assistito sia fortemente squilibrato, poiché si stabilisce tra soggetti con ineguali conoscenze tecniche specifiche e con uno dei due in condizione di inferiorità psicologica verso l altro. Anche la vita quotidiana, in altri campi, ci fornisce esempi di come chi detiene l informazione assume una posizione dominante su chi non ce l ha, come nei rapporti tra genitori e figli ed insegnanti e scolari. In tal senso, negli anni vi è stata una importante evoluzione del rapporto medico-paziente. Il medico, secondo la visione ippocratica, era visto come custode al quale era permesso di assolvere a questo potere al di sopra della legge e della stessa volontà del malato, secondo il principio di beneficenza e non maleficienza. Nel tempo, tale principio si è tradotto nel paternalismo medico, in cui il sanitario, in virtù del mandato da esplicare nell esercizio della professione, si sente legittimato ad ignorare le scelte e le inclinazioni del paziente e a trasgredirle quando siano in contrasto con l indicazione clinica in senso stretto (1, 2) Wichtig Editore - ISSN S5

8 Il consenso informato e la gestione del rischio La sensibilità medica di oggi vuole riconquistare, invece, una dimensione di maggiore equilibrio, ed anche equità nei ruoli, esaltando in primo luogo la necessità di fornire una accurata ed analitica informazione al paziente affinché l assistito possa essere messo in grado di recuperare gran parte di quella autonomia delle decisioni che spetta a qualsiasi persona libera, sia essa sana o malata. In ogni percorso assistenziale è basilare che si crei un rapporto di fiducia tra il medico ed il proprio assistito, nel quale assume un ruolo fondamentale la comunicazione, che favorisce il coinvolgimento nel processo di cura e la comprensione e relativa tutela dei valori morali, spirituali, psico-sociali e culturali del paziente. Il consenso rappresenta un momento particolare e delicato della comunicazione medico-paziente, è integrativo e non sostitutivo dell informazione stessa, ponendosi come momento determinante di quell alleanza terapeutica fondamentale per affrontare il modo corretto la patologia. È, infatti, obiettivo essenziale conciliare il concetto di rispetto dell autonomia del paziente con la salvaguardia dell autonomia professionale del medico, con il fine di raggiungere la collaborazione tra medico e paziente con pari dignità di giudizio sulle scelte di cura, ottenendo così una alleanza terapeutica. È abbastanza recente l idea che nessun atto medico, tranne nei casi previsti dalla legge, possa svolgersi senza il consenso del malato. È nel valido consenso dell individuo che trova, infatti, fondamento e giustificazione la liceità di qualsiasi trattamento sanitario; nessuno può essere obbligato a subire alcun trattamento terapeutico se non in casi espressamente previsti dalla legge. In tema di legittimazione giuridica dell atto medico, si è a lungo ritenuto che il principio della beneficialità dell intervento medico fosse sufficiente a creare il discrimine tra atto medico e lesione personale, ritenendosi per tale prospettiva che il sanitario che agisse per il bene del paziente potesse comunque ritenersi giustificato, indipendentemente dall esito e dall ambito di intervento della sua azione (3). In generale e, in assenza di una specifica legislazione concernete gli atti medici, la giurisprudenza fa di norma riferimento all art. 50 del codice penale che afferma la non punibilità delle lesioni fisiche provocate con il consenso della persona che può validamente disporne fermo restando che per il Diritto italiano non sempre gli atti di disponibilità del proprio corpo possono essere ritenuti pienamente liberi e sempre ammissibili, neppure in presenza del consenso dell avente diritto (art. 5 c.c. art 579 c.p.). L impossibilità per il medico di agire in assenza o contro il consenso dell avente diritto, trova riscontro nella Carta Costituzionale; in particolare nell articolo 32 si afferma che nessuno può essere sottoposto a trattamento sanitario se non per disposizione di legge e che la legge non può in alcun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. La nostra Costituzione pone come limite invalicabile della liceità del trattamento sanitario la libertà del paziente e consenso non vuol dire altro che partecipazione, consapevolezza, libertà di scelta e decisione (4-6). L articolo 13 della Costituzione, inoltre, sancisce che la libertà personale è inviolabile e che non è ammessa alcuna forma di detenzione, di ispezione o di perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall Autorità Giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. Il principio della volontarietà dei trattamenti sanitari e della necessità per il medico di munirsi del consenso preliminare della persona assistita, è riaffermato peraltro negli articoli 33 e segg. della legge 833/1978 istitutiva del S.S.N. Tale legge regola in via generale le modalità con cui qualsiasi trattamento sanitario obbligatorio deve essere erogato e sottolinea come all interno di esso, si facciano salvi il più possibile i diritti dell assistito ad esprimere la propria volontà quanto al trattamento medesimo; questo ad ulteriore dimostrazione dell importanza avvertita dal Legislatore, di preservare l inalienabile diritto di ciascuno (anche di chi vi è obbligato) ad esprimere la propria volontà sulle scelte che riguardano la salute, la sua conservazione ed il suo recupero (7). Nel 1992 il Comitato Nazionale di Bioetica ha pubblicato un documento su Informazione e consenso all atto medico, in cui si afferma il principio che soltanto il consenso legittima l atto medico, esaltando in primo luogo la necessità di fornire un accurata e analitica informazione al paziente sugli aspetti della malattia, sul decorso, sulle finalità del piano di cura proposto, sulle alternative possibili, sulle modalità, sui rischi e sui benefici dei singoli interventi terapeutici e così via, affinché il paziente possa essere in grado di recuperare gran parte dell autonomia delle decisioni che riguardano la persona (8). La necessità che ogni atto medico sia subordinato al consenso dell avente diritto è sancito inoltre dal Codice di Deontologia Medica, approvato nel 2006, dove nel Capo IV ( Informazione e Consenso ) tratta espressamente il tema dell informazione e del consenso del paziente, riprendendo S6

9 Moreschi et al non solo i principi espressi nella Convenzione di Oviedo ma anche gli orientamenti giurisprudenziali in materia. In particolare l articolo 33 descrive con chiarezza il contenuto dell informazione e la modalità con cui questa deve essere fornita al paziente, mentre nell articolo 35 si ribadisce come il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l acquisizione del consenso esplicito e informato del paziente e come il consenso è integrativo e non sostitutivo del processo informativo. La manifestazione del consenso deve essere inequivoca, risultato di una serena riflessione e motivazione di entrambi i contraenti il rapporto: il medico deve accertarsi che l assistito abbia realmente compreso la realtà della sua condizione clinica e la effettiva natura e portata della prestazione da effettuare. Il consenso dell assistito può, però, essere considerato come autentica espressione dell autonomia della persona solo se prestato sulla base di conoscenze e informazioni corrette. Non possedendo il paziente, nella generalità dei casi, sufficienti cognizioni mediche atte a consentirgli una scelta tra più soluzioni possibili, si può giungere alla conclusione che dal dovere del medico di intervenire solo a consenso dell assistito consapevolmente manifestato, deriva indirettamente l obbligo per lo stesso medico di fornire al paziente una preventiva corretta e completa informazione (9). È necessario sottolineare a tal proposito, che l acquisizione del consenso informato è un atto medico, che non può essere demandato ad altre persone, e come tale si inserisce, da un punto di vista civile, nella responsabilità contrattuale che il medico ha nei confronti del paziente (10, 11). Al di là dei suoi significati etici e deontologici, il consenso informato rappresenta uno degli elementi fondamentali della qualità in sanità che il Servizio Sanitario Nazionale, dopo la sua nascita nel 1978, sta perseguendo con sempre più decisione. Si è difatti delineata progressivamente negli anni l importanza che spetta alla promozione della qualità delle attività sanitarie, attraverso l attenzione agli effetti delle cure prestate, all erogazione delle stesse, nonché alla soddisfazione dell utente (12). Nell ottica del miglioramento qualitativo, l Azienda Ospedaliero Universitaria di Udine (AOUD) ha intrapreso un percorso di accreditamento alla Joint Commission International che prevede, tra i vari obiettivi, il rispetto di determinati standard per l acquisizione del consenso. Si è colta l occasione del processo di unificazione a Udine tra l Azienda Ospedaliera ed il Policlinico Universitario, due Aziende prima distinte con due strutture sanitarie ed am- ministrative, per revisionare il percorso informativo e la relativa modulistica presente nelle diverse realtà operative, a tutela sia del cittadino che degli operatori sanitari. L AOUD, ospedale di alta specializzazione, in base ai dati riguardanti l anno 2008, dispone di circa posti di degenza e registra circa ricoveri annui e prestazioni ambulatoriali. Gli standard richiesti dalla JCI rispondono appieno a quelli che sono i principi legislativi su cui si basa l atto medico ed il consenso informato nel nostro Paese, e sono inoltre conformi alle direttive emanate dall Agenzia regionale della Sanità del FVG nel marzo È stato elaborato un protocollo per l acquisizione del consenso informato che assorbe i principi etici, deontologici, gli standard richiesti dalla JCI (13), le direttive regionali (14) e gli orientamenti giurisprudenziali in materia. In tale documento sono state elencate tutte le procedure che richiedono uno specifico consenso informato e per le quali si è decisa l acquisizione dello stesso in forma scritta, tenendo presente che comunque verrà proposto all assistito un consenso generale al momento del ricovero. Sono stati inoltre individuati uno o più referenti, in ogni singola struttura, per le problematiche dell informazione sanitaria al paziente. Nel protocollo elaborato, che è stato fornito a tutto il personale medico e quello dell area delle professioni sanitarie delle varie strutture, si è voluto soprattutto enfatizzare il concetto di processo informativo come modalità di comunicazione bidirezionale che accompagna e sostiene il percorso di cura e che termina con la scelta del paziente concretizzata nel consenso. Il percorso delineato è composto da più tappe informative e prevede un iniziale colloquio medico-paziente, in cui avviene trasmissione dell informazione, e successive verifiche di acquisizione della stessa. È stato inoltre creato un modello standard di consenso informato, che funge da guida per la stesura dei moduli delle varie strutture, dove sono riportate le voci che secondo i principi sopra enunciati devono essere compresi in una informativa completa, con la finalità di fornire all assistito tutti gli elementi di valutazione necessari. In particolare, dopo una iniziale identificazione del paziente ed una presa di responsabilità del medico o medici che forniscono l informazione sulla specifica procedura, verranno identificate in linea generale le seguenti voci: tipo di trattamento proposto, potenziali vantaggi ed esiti prevedibili del mancato trattamento, probabilità di successo, rischi più comuni, possibili esiti cicatriziali, S7

10 Il consenso informato e la gestione del rischio periodo necessario per un recupero funzionale, con possibili problemi relativi \al recupero ed alla guarigione, ed alternative con relativi vantaggi e svantaggi. Si richiede al paziente l eventuale autorizzazione a procedure addizionali ritenute opportune, adeguatamente spiegate, e viene lasciato lo spazio per richiedere ulteriori informazioni. È inoltre previsto, laddove il paziente lo desideri, la possibilità di essere informato circa i membri dell équipe medica che potranno effettuare materialmente la prestazione. Sul punto, se è vero che per il principio della fungibilità o se si vuole di impersonalità della prestazione di cure in ambiente ospedaliero, il paziente non può scegliere chi effettuerà la prestazione, questo non vuol dire che debba essere precluso a colui che lo chiede, di conoscere i membri dell équipe o il nome del medico che si occuperà di lui. Esistendo delle differenze sostanziali tra le procedure stesse, basti pensare ad una biopsia sotto guida ecografica ed un intervento di cardiochirurgia, è stato predisposto che, per le procedure dove è maggiore il rischio di danno e dove più incerto è il risultato, essendo necessaria una maggior accuratezza dell informazione da rendere alla persona assistita, concernente soprattutto le complicanze immediate e a distanza, i vari specialisti creino dei fogli informativi, a cui sarà allegato un modulo di consenso informato semplificato. Si è così voluto, ancor di più, distinguere le due fasi, quella dell informazione e quella dell acquisizione del consenso. In base al tipo di procedura da eseguire si è voluto sottolineare ancora come sia necessario dare l informativa con un congruo anticipo rispetto alla acquisizione vera a propria del consenso. Quanto più importante è il trattamento previsto tanto sarà più opportuno un maggior tempo di riflessione sulle informazioni ricevute. In tal senso, dopo il colloquio iniziale volto all informazione, se l atteggiamento del paziente è favorevole al consenso, è previsto il rilascio al paziente della scheda informativa e del modulo di consenso da sottoporre eventualmente al suo medico di fiducia, per esaminarlo attentamente e porre eventuali domande ad un successivo colloquio. Per quanto concerne la quantità di informazione che deve essere presente nelle schede informative o moduli di consenso, ci siamo interrogati sullo scopo che deve avere l informazione, per evitare di deviare verso la medicina difensivistica o la creazione di piccoli manuali di medicina, massimizzando così il diritto del malato all informazione e alla decisione autonoma e svuotando di contenuto l al- leanza terapeutica. Una risposta chiara a questa domanda è quella fornita dal Comitato nazionale per la bioetica: l informazione è finalizzata non a colmare l inevitabile differenza di conoscenze tecniche tra medico e paziente, ma a porre un soggetto (il paziente) nella condizione di esercitare correttamente i suoi diritti e quindi formarsi una volontà che sia effettivamente tale; in altri termini, porlo nella condizione di scegliere 12. Pertanto, insieme ai diversi specialisti, si stanno creando schede informative che contengano informazioni essenziali e non eccessivamente tecniche e dettagliate, che permettano al paziente di avere una visione il più possibile chiara e completa che gli permetta di raggiungere autonomamente ad una decisione consapevole. In tal senso, ci stiamo avvalendo delle linee guida che le diverse società scientifiche forniscono, sulle informazioni significative da fornire al paziente su rischi, complicanze ed alternative. Per quanto concerne il problema su chi deve dare l informazione, è stato evidenziato come ogni professionista sia onerato dal dovere informativo in funzione delle proprie competenze professionali. L acquisizione del consenso informato è un atto medico e per tale motivo né l infermiere né altro personale assistenziale non medico, può essere delegato a sostituire il medico in questo punto. Gli altri professionisti devono improntare il loro agire al rispetto della libera determinazione del paziente, ponendolo in condizione di essere informato riguardo alle pratiche ricadenti nella loro sfera di competenza, ad esempio per quanto riguarda l attività infermieristica, l educazione sanitaria ed il piano di assistenza. Nel passaggio tra vari specialisti vi sono casi in cui il paziente non riceve alcuna informazione chiara relativa al percorso clinico che sta seguendo, questo perché l onere dell informazione viene ritenuta, da alcuni, responsabilità del medico proponente, da altri responsabilità dello specialista che effettua materialmente la prestazione. In base ai concetti espressi precedentemente, si è ritenuto corretto organizzare un percorso in cui sia il medico che propone sia quello che materialmente effettua la prestazione, forniscano l informazione, tenuto conto delle diverse conoscenze tecniche. Nel caso in cui la prestazione sia effettuata da un operatore di una struttura diversa da colui che prescrive l atto sanitario, è previsto quindi che, dopo una iniziale informazione data dal medico curante, che inquadra tale prestazione nel contesto diagnostico-terapeutico del suo assistito, la stessa sia verificata ed eventualmente completata dall operatore che effettua materialmente S8

11 Moreschi et al l atto sanitario. Entrambi i sanitari apporranno i propri dati e la firma sul modulo di consenso informato, dimostrando l avvenuta informazione. L informativa ed il modulo di consenso, utilizzando il sistema informatico intra-aziendale, saranno fornite dalla stessa struttura operativa specialistica che effettuerà materialmente l atto sanitario dando così un supporto al medico curante e fornendo all assistito l informazione prima del colloquio con l altro specialista. Anche nel caso in cui la prestazione sia effettuata in elezione, dopo un certo periodo di tempo dal colloquio informativo, una volta verificata l assenza di variazioni del quadro clinico del paziente, è prevista, per mantenere il requisito di attualità del consenso stesso, l apposizione di una ulteriore firma del paziente in uno spazio dedicato, in fondo al modulo. In tal modo, lo stesso conferma quanto precedentemente espresso e verrà inoltre messo a conoscenza sui membri dell equipe operatoria che, salvo imprevisti, effettueranno la prestazione. Si è inoltre evidenziato, con forza, come sia assolutamente necessario un luogo adeguato ed un tempo appropriato per l acquisizione del consenso, identificando in minuti in media, tenuto conto della prestazione, l attività medica che dovrà essere esclusivamente finalizzata all informazione, in quanto parte integrante dell atto medico. Per non dimenticare il contesto nel quale si opera, caratterizzato dall esecuzione di molte prestazioni sanitarie in regime di day-surgery (D.S.), è utile soffermarsi sul rischio clinico legato al consenso informato che possiede per questo regime, alcune caratteristiche particolari. Nell ambito del modello organizzativo D.S. il medico legale deve affrontare problemi delicati della catena attuativa che consistono principalmente nell accorciamento dei tempi di degenza e nel coinvolgimento responsabilizzato del paziente nelle procedure pre-ospedalizzazione e nel post-operatorio a domicilio. In base a questi presupposti appare chiaro che il consenso informato all intervento chirurgico in regime di D.S. dovrà essere caratterizzato da informazioni e considerazioni particolari inerenti le peculiarità di tale modello assistenziale, oltre a quelle già definite precedentemente e che rimangono valide. In particolare l informazione dovrà essere meticolosamente dettagliata nell illustrare il concetto stesso di D.S. come modello di assistenza si pari efficacia rispetto al tradizionale, in cui la degenza breve non significa riduzione delle cure né pregiudica la continuità assistenziale. Dovranno emergere chiaramente i criteri clinici che presiedono l arruolamento attraverso una spiegazione dettagliata della patologia riferita allo specifico paziente, gravata o meno da ulteriori patologie che modificano il rischio, che deve possedere i requisiti per essere inserita nel percorso diagnostico-terapeutico della D.S. In tal senso, dovranno risultare effettuati tutti gli accertamenti necessari per avere un quadro completo che permetta la scelta di questo piano assistenziale. In caso di contenzioso medico-legale, la scelta di intervenire in un determinato regime resta di esclusiva responsabilità del medico tenendo conto non solo della patologia in esame, del paziente in particolare, ma anche dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi delle singole strutture. In un modello clinico-gestionale di D.S. assumono una particolare valenza i rischi e le complicanze, sia intra- o immediatamente post-operatorie, suscettibili di impedire la dimissione precoce, sia quelle tardive che possono determinare un nuovo ricovero ospedaliero che, pertanto, dovranno essere adeguatamente illustrate. Altro punto cruciale riguarda la dimissione precoce e protetta. Questa è di pertinenza dell anestesista rianimatore in accordo con il chirurgo e le procedure di riferimento non sono solo legate a criteri clinici ma anche sociali, come per esempio la motivazione del paziente, la possibilità di essere accompagnato, la capacità dell assistito di comprendere le istruzioni e la disponibilità di collaborare con il medico di medicina generale (che deve essere debitamente informato attraverso una lettera di dimissione completa e dettagliata) ed eventualmente con il personale infermieristico del Servizio territoriale. Al momento della dimissione diventa fondamentale fornire al paziente tutte le informazioni riguardanti la post degenza, quali eventuali complicanze o eventi avversi, in modo da assicurare anche a domicilio una corretta assistenza (15). Per le caratteristiche intrinseche di questo regime assistenziale, è essenziale ancor di più l accertamento da parte del medico che il paziente sia in possesso di integre condizioni della capacità di comprendere e valutare, nonché di piena consapevolezza e determinazione e con un adeguato supporto familiare e del medico di famiglia. Pertanto, ancor di più il consenso informato dev essere considerato come un atto fondamentale della pratica medica, riconoscendo il suo profondo significato che sottende un cambiamento importante nella storia della relazione medico-paziente. S9

12 Il consenso informato e la gestione del rischio RIASSUNTO In ogni percorso assistenziale, sia ai fini della qualità della prestazione medica sia nell ottica di una alleanza terapeutica, è fondamentale che si crei un rapporto di fiducia tra il medico ed il paziente, nel quale la comunicazione viene ad assumere un ruolo fondamentale. Il consenso informato si pone come parte integrante dell atto sanitario in quanto momento determinante di quella alleanza terapeutica fondamentale per affrontare in modo corretto una malattia, e legittima l atto sanitario stesso essendo manifestazione del diritto costituzionalmente garantito del paziente di autodeterminarsi. L Azienda Ospedaliero Universitaria di Udine ha intrapreso un percorso di accreditamento alla Joint Commission International che prevede una revisione dei percorsi informativi ed un aggiornamento dei moduli di consenso informato, con lo scopo di superare il tradizionale rapporto medico-paziente, riconoscendo a tutti i pazienti un ruolo attivo nell esercizio dell atto medico e nel processo di cura. L informazione deve essere infatti vissuta come parte integrante dell atto sanitario con la consapevolezza che quest ultimo, privato di tale parte, ne risulterebbe incompleto e di per sé inesatto, indipendentemente dal risultato. In tale ottica, verrà illustrato il modulo per il consenso creato assorbendo principi legislativi, etici, deontologici ed orientamenti giurisprudenziali e saranno formulate considerazioni particolari per quanto riguarda il tipo di informazione che deve essere data al paziente per trattamenti effettuati in regime di day-surgery. Indirizzo degli Autori: C. Moreschi P.le S.Maria della Misericordia Udine medicina.legale@uniud.it BIBLIOGRAFIA 1. Bolino G, Bonanni E, Magliozzi M. Informed Consent e good clinical practice: un binomio inscindibile. Jura Medica 2008, (2), XXI, Altamura BM. Dal giuramento di Ippocrate ai codici deontologici moderni: continuità o superamento?. Medicina e Morale,1984, 3: Feola T, Antignani P, Durante C, Spalletta M. In: Consenso Informato, Facoltà di curare e pazienti con incerte capacità a consentire, Edizioni Minerva Medica, Torino, 2001, Macchiarelli L, Arbarello P, Di Luca NM, Feola T. Doveri e responsabilità del medico. In: Medicina Legale, Edizioni Minerva Medica, Torino 2005, Frati P, Montanari Vergallo G, Di Luca NM. Gli effetti del consenso informato nella prospettiva civilistica. Riv.It. Med.Leg, 2002; Barni M. I problemi del consenso. Aspetti medico-legali, Zacchia, Vol.XVI, ott-dic 1998, Norelli GA, Buccelli C, Fineschi V. Il diritto all autodeterminazione. In: Medicina Legale e delle Assicurazioni, Piccin Editore 2009, Comitato Nazionale per la Bioetica. Informazione e consenso all atto medico (2 giugno 1992). Riv. It. Med. Leg. XV, 2003, Longhini S, Di Felice D. Deontologia e diritto nel consenso al trattamento medico, Minerva Med Leg, 1997; 117: Gualniera P, Scurria S. Inadeguata informazione al paziente: quale risarcimento?. Med. Leg. Quad. Cam. XXVIII, 2006, n.2, Baldassarri A, Baldassarri S. La responsabilità civile del professionista. In Cedon P.(a cura di),il diritto privato oggi, Giuffrè, Milano, 1993, p Zuppiroli A, Bobbio M, Geraci E, Cartelloni M, Spinsanti S et al. Modalità di informazione ed acquisizione del consenso informato. Indagine della Commissione Etica dell ANMCO. Ital Heart J Suppl 2002; 3(1): Joint Commission International. Gli standard Joint Commission International per l accreditamento degli ospedali - Diritti del paziente e dei familiari. 14. Agenzia Regionale della Sanità. Programma di gestione e prevenzione del rischio clinico in Friuli Venezia Giulia - Consenso Informato. 15. Quaranta F. Il consenso informato nel modello assistenziale di day surgery. Zacchia ott-dic 2002, Vol. XX, S10

13 Urologia 2010; 77 ( S-16 ): S11-S15 ComUniCazionE riparazione trans-vaginale di fistola neovescico-vaginale C.L.A. Negro, P. Destefanis, A. Bosio, A. Bisconti, C. De Maria, M. Carchedi, A. Buffardi, L. Rolle, D. Fontana divisione Universitaria di Urologia 2 - ospedale San Giovanni Battista molinette - torino IntroductIon. Neobladder vaginal fistula is a known complication after cystectomy and orthotopic neobladder in women. The exact incidence is still unknown, even if in some of the largest series is reported in about 5% of female patients. We present our personal experience with a case of neobladder vaginal fistula. Methods. A fifty-year old woman affected by T2G3 bladder cancer underwent radical cystectomy and orthotopic neobladder in December Definitive pathological examination revealed pt3an0g3 urothelial cancer with squamous aspects. Two cycles of neoadiuvant chemotherapy were administered before cystectomy. Three weeks after cystectomy, a retrograde cystography revealed a fistula between vagina and neobladder. At first, the patient was treated conservatively, keeping the urethral catheter for two months. Cystographies, repeated every month, recorded a reduction in size of the fistula but not the complete closure. A surgical correction was planned. Preoperative cystoscopy showed the neobladder opening of the fistula on the posterior wall. Then a transvaginal approach with fistula excision and a two layer cross suture were performed. results. At the cystography performed 1 month after surgical repair no fistula was detected, and the patient was completely dry. At 3 months follow-up the patient was completely dry. conclusion. The development of a neobladder-vaginal fistula is a significant, even if infrequent, complication after cystectomy. In our case, we performed a transvaginal approach without tissue interposition, with good results. Such procedure is easy and effective and, in our opinion, can be tempted as first line surgical treatment. Key words: Bladder cancer, Orthotopic neobladder, Fistula, Vagina Parole chiave: Carcinoma della vescica, Neovescica ortotopica, Fistola, Vagina introduzione La fistola neovescico-vaginale è una complicanza della cistectomia radicale con confezionamento di neovescica ortotopica nelle donne, la cui incidenza è riportata intorno al 5% (1-3). L esatta incidenza non è nota; è, altresì, poco chiara l eziologia: danno iatrogeno durante la dissezione della parete vaginale, infiammazione locale e recidiva locale di malattia sono ritenute le cause più frequenti dello sviluppo delle fistole (4). Per ridurre il rischio di formazione delle fistole tra serbatoio ileale e la parete anteriore della vagina e per preservare la funzione sessuale nelle donne, sono stati proposte alcune tecniche: la cistectomia vaginal-sparing, l asportazione della cupola vaginale e la colpo-fissazione. materiali E metodi Presentiamo il caso di una donna di 55 anni con carcinoma vescicale t2g3 sottoposta nel dicembre 2007 a 2010 Wichtig Editore - ISSN S11

14 Fistola neovescico-vaginale Fig. 1 - La cistografia retrograda e minzionale aveva evidenziato una fistola ad alto flusso tra la vagina e la neovescica ileale, con opacizzazione delle vagina. cistectomia radicale con confezionamento di neovescica ortotopica a Y, secondo la tecnica già descritta (5). in precedenza era stata sottoposta a 2 cicli di chemioterapia neoadiuvante con cisplatino e gemcitabina; il trattamento chemioterapico non era stato completo per la comparsa di piastrinopenia G4 ed incremento dell estensione della malattia alla tc. L esame istologico definitivo evidenziava carcinoma uroteliale papillare con componente squamosa pt3a n0 G3. La paziente era stata sottoposta nel 2001 ad isterectomia trans-vaginale. La cistografia retrograda e eseguita tre settimane dopo la cistectomia, in previsione di rimozione del catetere vescicale, aveva evidenziato una fistola ad alto flusso tra la vagina e la neovescica ileale, con completa opacizzazione delle vagina (Fig. 1). La paziente è stata sottoposta dapprima a un approccio conservativo, per circa 2 mesi, con l intento di una chiusura della fistola spontanea a neovescica drenata. Sono state eseguite due cistografie retrograde e minzionali con evidenza di riduzione delle dimensioni della fistola senza però mai completa risoluzione. a tre mesi, quindi, dall intervento di cistectomia è stata sottoposta a correzione chirurgica della fistola per via trans-vaginale. operativamente si è proceduto ad identificazione della fistola che si trovava a livello della parete vaginale anteriore sul versante destro (Fig. 2). Le dimensioni risultavano comprabili a quelle di una piccola nocciola. Previa instillazione di adrenalina 1/ nei tessuti circostanti alla fistola è stato asportato il tragitto fistoloso per via chirurgica. È stato quindi ampiamente scollata la parete anteriore della vagina dalla neovescica e le due pareti sono state suturate una su di un piano longitudinale e l altra su di un piano trasversale, in poliglicolico 2.0, previa verifica idraulica della tenuta della sutura eseguita sulla neovescica (Fig. 3). È stato quindi posizionato un catetere vescicale Foley 20 Ch che è stato mantenuto per 1 mese. risultati La cistouretrografia retrograda e minzionale eseguita dopo 1 mese non ha evidenziato persistenza/recidiva di fistola, per cui è stato rimosso il catetere vescicale. alla rimozione del catetere la paziente era completamente continente Fig. 2 - Identificazione della fistola che si trovava a livello della parete vaginale anteriore sul versante destro. Fig. 3 - Al termine della procedura chirurgica è visibile la sutura sulla parete vaginale anteriore. S12

15 Negro et al trambi, il processo di fistolizzazione. Una volta presenti lesioni vaginali al termine della dissezione, la loro sutura, eventualmente con interposizione del grasso omentale, rappresenta il metodo più utilizzato come prevenzione delle fistole; i risultati risultano però discordanti poiché nella casistica di rapp et al le due pazienti che presentavano una fistola tra neovescica e vagina erano state sottoposte durante la cistectomia a sutura in due strati delle brecce vaginali con interposizione di grasso omentale (4). La recidiva locale della malattia neoplastica, infine, rappresenta anch esso un fattore responsabile dello sviluppo di fistole tra il serbatoio ileale e gli organi circostanti. Poche sono le casistiche in letteratura circa la gestione, sebbene la maggior parte degli autori hanno riportato buoni risultati utilizzando tecniche chirurgiche che prevedono l interposizione tra neovescica e vagina di materiale autologo (lembo di martius, muscolo retto dell addome, muscolo gracile, etc.). attualmente in letteratura sono riportati, nelle differenti casistiche, 17 casi di fistole neovescico-vaginali (1, 2, 4, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15). Solo 4 casistiche riportano anche la tecnica chirurgica adottata nella correzione della fistola. nella prima casistica pubblicata da Hautmann et al sui risultati delle derivazioni ortotopiche nelle donne, i due casi di fistola neovescico-vaginale, diagnosticati a 3 mesi dall intervento, erano stati immediatamente convertiti in uretero-ileo-cutaneo stomia (9). in 6 casi è stata adottata una tecnica trans-vaginale, senza menzione di interposizione di materiale autologo (2, 4, 12, 13); in un caso è stata eseguita una sutura in doppio strato semplice (4); di queste 6 pazienti una sola paziente ha avuto una recidiva e la neovescica è stata convertita in condotto ileale non continente due mesi dopo la riparazione per recidiva neoplastica pelvica. Queck et al, riportano una recidiva dopo tentativo di riparazione e contestuale posizionamento di sling pubo-uretrale, senza però menzionare la tecnica utilizzata. nei rimanenti casi tutte le fistole sono state trattate con l interposizione di un lembo di martius (12,13,15) oppure con l interposizione del muscolo gracile (14), con 2 casi di recidiva su 6 trattati. in caso di fistole persistenti nonostante plurimi trattamenti oppure secondarie a recidiva neoplastica sono state trattate nelle differenti casistiche con conversione a condotto ileale (4). nel caso qui presentato, abbiamo utilizzato la tecnica di riparazione senza interposizione di materiale autologo con ottimi risultati; la stessa tecnica di correzione sembra essedurante il giorno, mentre presentava una moderata incontinenza notturna con utilizzo di 2 pads durante la notte. a 3 mesi dall intervento la paziente era completamente continente (sia durante il giorno sia durante la notte) e non vi erano perdite di urina dalla vagina. discussione La cistectomia radicale nella donna prevede l asportazione degli organi contenuti nella cavità pelvica, compresa l asportazione della parete anteriore della vagina e dell uretra (6). L introduzione delle tecniche di sostituzione della vescica con una neovescica ortotopica nella donna offre potenziali benefici in termini di qualità di vita, ma la vicinanza del serbatoio ileale alla parete vaginale espone al rischio di fistola tra serbatoio e vagina. L eziopatogenesi delle fistole non è però ancora completamente chiarita. tre sono sostanzialmente i possibili fattori causali maggiormente imputati: 1) lesioni a livello della parete vaginale anteriore durante la creazione del piano chirurgico tra vescica e vagina; 2) fenomeni infiammatoriischemici; 3) recidive della patologia neoplastica. Le lesioni accidentali della parete vaginale durante la dissezione chirurgica possono svilupparsi facilmente, in particolare durante la dissezione distale a livello dell uretra; anche la sezione dell uretra stessa rappresenta un momento della cistectomia radicale nella donna, ad alto rischio di lesione della parete vaginale anteriore. Per ridurre al minimo tale rischi, e per preservare la funzione sessuale, alcuni autori eseguono la cistectomia radicale vaginal-sparing (7), che evita la creazione di soluzioni di continuo sulla parete vaginale anteriore con conseguenti linee di sutura sovrapposte, ma che d altra parte, non può essere routinariamente eseguita per motivi oncologici; un altra tecnica utilizzata, per gli scopi sopra menzionati, è l asportazione della cupola vaginale con chiusura della soluzione di continuo sulla parete posteriore, al fine di evitare la sovrapposizione di suture sul piano anteriore. infine è stata proposta anche l esecuzione di una colpo-fissazione al fine di evitare il prolasso della vagina (2, 9). rapp et al però riportano nella loro casistica tale tecnica (nello specifico le pareti vaginali laterali erano state fissate alla fascia otturatoria interna), al contrario, come favorente la formazione di fistole tra il serbatoio ileale e la vagina, poiché la tensione delle suture determinata dalla sospensione la vagina, indurrebbe una reazione infiammatoria locale e un ischemia, favorenti, en- S13

16 Fistola neovescico-vaginale re anche stata adottata da ali-el-dein B et al, che riportano una riparazione trans-vaginale senza menzione di interposizione di materiale autologo, con ottimi risultati (3 pazienti trattate senza recidive); nella casistica riportata da Quek et al invece la paziente sottoposta a riparazione transvaginale, con recidiva della fistola, era stata contestualmente anche sottoposta a posizionamento di sling pubo-uretrale per incontinenza da stress, mentre in quella di rapp et al la paziente sottoposta a chiusura della fistola in doppio strato (per impossibilità ad interporre grasso omentale) era recidivata a causa della ripresa della malattia neoplastica. il vantaggio offerto dall approccio da noi utilizzato, a fronte di tasso di recidiva (riportato nelle varie casistiche della letteratura) sovrapponibile alle tecniche che prevedono l utilizzo anche di materiale autologo e a fronte di un risultato soddisfacente (sebbene il follow-up breve), è sostanzialmente la sua maggiore semplicità, per cui a nostro giudizio, potrebbe essere utilizzato come primo approccio in casi di fistole semplici. ConCLUSioni fie eseguite mensilmente dimostravano una riduzione delle dimensioni della fistola senza completa risoluzione. a tre mesi, quindi, dall intervento di cistectomia è stata sottoposta a correzione chirurgica della fistola per via trans-vaginale. risultati. La cistouretrografia retrograda e minzionale eseguita dopo 1 mese non ha evidenziato persistenza/ recidiva di fistola. a 3 mesi dall intervento la paziente era completamente continente e non vi erano perdite di urina dalla vagina. conclusioni. nel caso qui presentato abbiamo utilizzato la tecnica di riparazione senza interposizione di materiale autologo. il vantaggio offerto dall approccio da noi utilizzato, a fronte di buoni risultati, è sostanzialmente la sua maggiore semplicità, per cui a nostro giudizio, potrebbe essere utilizzato come primo approccio in casi di fistole semplici. indirizzo degli autori: Paolo destefanis, md divisione Universitaria di Urologia 2 ospedale San Giovanni Battista molinette Corso Bramante 88, torino pdestefanis2@molinette.piemonte.it Le fistole neovescico-vaginali rappresentano un quadro clinico poco frequente e sin ora sono sempre gestite chirurgicamente come fistole dell apparato genito-urinario complicate. nel caso qui presentato la correzione della fistola è avvenuta senza interposizione di materiale autologo con buoni risultati. riassunto PreMesse. La fistola neovescico-vaginale è una complicanza della cistectomia radicale con confezionamento di neovescica ortotopica nelle donne, la cui incidenza è riportata intorno al 5%. Presentiamo la nostra casistica personale con un caso di fistola neovescico-vaginale MetodI. Presentiamo il caso di una donna di 55 anni con carcinoma vescicale t2g3 sottoposta nel dicembre 2007 a cistectomia radicale con confezionamento di neovescica ortotopica a Y. L esame istologico definitivo evidenziava carcinoma uroteliale con componente squamosa pt3an0g3. Era stata sottoposta a 2 cicli di chemioterapia neoadiuvante. La cistografia retrograda e minzionale eseguita tre settimane dopo la cistectomia, aveva evidenziato una fistola tra la vagina e la neovescica ileale. Le cistogra- BiBLioGraFia 1. Chang S, Cole E, Cookson m, Peterson m, Smith Ja Jr. Preservation of the anterior vaginal wall during female radical cystectomy with orthotopic urinary diversion: technique and results. J Urol 2002; 168: ali-el-dein B, el-sobky E, Hohenfellner m, Ghoneim ma. orthotopic bladder substitution in women: functional evaluation. J Urol 1999; 161: abol-enein H, Ghoneim m. Functional results of orthotopic ileal neobladder with serous-lined extramural ureteral reimplantation: experience with 450 patients. J Urol 2001;165: rapp de, o Connor rc, Katz EE, Steinberg Gd. neobladdervaginal fistula after cystectomy and orthotopic neobladder construction. BJU int nov;94(7): Fontana d, Bellina m, Fasolis G, et. al. Y-neobladder: an easy, fast, and reliable procedure. Urology apr;63(4): marshall F, treiger B. radical cystectomy (anterior exenteration) in the female patient. Urol Clin north am 1991; 18: Blute m, Gburek B. Continent orthotopic urinary diversion in female patients: early mayo clinic experience. mayo Clin Proc 1998; 73: S14

17 Negro et al 8. martinez-sagarra o, amon S, Conde r. radical cystectomy. Bladder substitution (in women). arch Espanoles Urologia 2002; 55: Hautmann re, Paiss t, de Petriconi r. the ileal neobladder in woman: 9 years of experience with 18 patients. J Urol 1996; 155(1): Hautmann re, de Petriconi r, Gottfried HW, Kleinschmidt K, mattes r, Paiss t. the ileal neobladder: complications and functional results in 363 patients after 11 years of follow-up. J Urol 1999;161(2): Lee Ct, Hafez KS, Sheffield JH et al. orthotopic bladder substitution in women: nontraditional applications. J Urol 2004; 171: Pruthi rs, Petrus Cd, Bundrick WS Jr. new onset vesicovaginal fistula after transurethral collagen injection in women who underwent cystectomy and orthotopic neobladder creation: presentation and definitive treatment. J Urol 2000; 164: Quek ml, Ginsberg da, Wilson S, Skinner EC, Stein JP, Skinner dg. Pubovaginal slings for stress urinary incontinence following radical cystectomy and orthotopic neobladder reconstruction in women. J Urol 2004; 172: okamoto a, Koie t, Hasimoto Y et al. Surgical repair of persistent ileal neobladder-vaginal fistula using gracilis muscolar flap: a casi report. Hinyokika Kiyo 2008; 54(10): Bestard Vallejo JE, de los Santos ao, raventòs Busquets CX et al. Closure of neobladder-vaginal fistula in patient with Studer neobladder using vaginal approach and interposition of martius flap. arch Esp. Urol. 2009; 62(1): S15

18 Urologia 2010; 77 ( S-16 ): S16-S20 comunicazione nefropessi retroperitoneoscopica A. Buffardi, C. Ceruti, P. Destefanis, M.A. Ruffino*, A. Bosio, A. Bisconti, C. De Maria, C. Negro, M. Carchedi, D. Fontana divisione Universitaria di Urologia 2 - ospedale San Giovanni Battista molinette - torino *divisione di radiologia diagnostica 6 - ospedale San Giovanni Battista molinette - torino IntroductIon. Nephroptosis has been defined as renal descent of 5 or more cm on orthostasis. This disease is more frequent in young and slim women. The patient complains pain in upright position, that regress lying down. The therapy consists of surgical treatment. We report the case of a woman treated with retroperitoneoscopic nephropexy. Methods. We present the case of a 25-years old woman, affected by lumbar pain in upright position for about 1 year. Ultrasound scan of the abdomen and RX-KUB did not show hydronephrosis nor stones. Both an orthopedic examination and a spinal MRI excluded bone or muscular diseases. Intravenous pyelography and diuretic isotope renography in upright position revealed a renal descent of more than 5 cm, without obstruction of upper urinary tract. The patient underwent a renal color doppler imaging, that showed reduction of right kidney resistive index in upright position. The patient underwent a right retroperitoneoscopic nephropexy. After complete dissection of the perirenal fat from the kidney, three nonabsorbable sutures were placed between the posterior renal capsule and the psoas muscle. results. No blood loss nor peri-operative complications have been observed. One month after the procedure, the patient did not complain any pain. Renal color doppler, performed one month after the nephropexy, showed a normalization of resistive index. conclusions. Symptomatic nephroptosis is a disease that has been questioned in the past. Nowadays, the modern imaging and functional examination available allow to identify the true cases of symptomatic nephroptosis. The treatment with retroperitoneoscopic nephropexy is an easy and effective procedure. Key Words: Kidney, Nephroptosis, Nephopexy, Laparoscopy Parole chiave: Rene, Ptosi, Nefropessi, Laparoscopia introduzione La ptosi renale o nefroptosi o rene mobile viene definita come un abbassamento del rene superiore a 5 cm (o maggiore di due corpi vertebrali) al passaggio dal clinostatismo all ortostatismo. tale patologia è più frequente nella donna (rapporto maschio/femmina pari a 1:5), generalmente giovane e magra (range di età anni) ; il rene destro è interessato nel 70% dei casi, quello sinistro nel 10%, entrambi i reni nel 20% (1-2). nella maggior parte dei casi i pazienti sono asintomatici o presentano una sintomatologia di poco conto: in questo caso il trattamento non si rende necessario (3). i pazienti sintomatici (10-20% dei pazienti affetti da nefroptosi) si presentano invece con dolori ricorrenti al fianco, recidivanti, che compaiono solitamente dopo un lungo periodo passato in ortostatismo e recedono al passaggio in clinostatismo (4). È stata riportata un associazione con infezioni ricorrenti delle vie urinarie; meno frequentemente si possono associare anche ipertensione, nefrolitiasi ed ematuria (5). il primo intervento chirurgico di nefropessi è stato eseguito da Hahn nel il primo intervento di nefropessi laparoscopica è stato descritto da Urban nel 1993 come nuova tecnica mininvasiva per il trattamento della nefroptosi. riportiamo il caso di una paziente affetta da ptosi renale trattata con nefropessi retroperitoneoscopica. S Wichtig Editore - ISSN

19 Buffardi et al materiali E metodi Presentiamo il caso di una donna di 25 anni, giunta alla nostra attenzione poiché affetta da circa un anno e mezzo da forti dolori ricorrenti a livello del fianco destro e con conseguenti importanti limitazioni nello svolgimento delle normali attività quotidiane. La paziente riferiva multipli accessi in Pronto Soccorso per colica renale, con ripetute ecografie ed rx dell addome negative per litiasi e dilatazione. La valutazione ortopedica e la rm della colonna lombo-sacrale escludevano patologie a carico dell apparato osteo-articolare e muscolare. L indagine urografica e la scintigrafia renale dinamica eseguite in ortostatismo documentavano una ptosi a carico del rene destro superiore ai 5 cm, in assenza di patologia della via escretrice e di ostruzione (Fig. 1). La paziente è stata sottoposta a ecocolordoppler renale che documentava una netta riduzione dell ir (indice di resisistività renale) in ortostatismo (0.58 in clinostatismo vs 0.36 in ortostatismo), significativo per sofferenza arteriosa condizionata dalla ptosi (Fig. 2). La paziente veniva quindi sottoposta a intervento di nefropessi. La procedura è stata effettuata con accesso retroperitoneoscopico. dopo posizionamento della paziente in decubito laterale, veniva effettuato l accesso per la prima porta a livello della punta dell undicesima costa, lungo la linea ascellare media. Successivamente è stata effettuata una dissezione del retroperitoneo mediante impiego del A Fig. 1 - L urografia: al passaggio tra clinostatismo (A) e ortostatismo (B) è ben evidente la discesa del rene destro corrispondente a più di 2 vertebre. B Fig. 2 - L ecocolordoppler renale documentava una netta riduzione dell IR (indice di resistività) al passaggio da clinostatismo (A) a ortostatismo (B), significativo per sofferenza arteriosa condizionata dalla ptosi. pallone di Gaur, con successiva esplorazione della cavità ed identificazione dei punti di repere. a quel punto sono state posizionate altre 3 porte: sulla linea ascellare posteriore a ridosso dei muscoli sacrospinosi, sulla linea ascellare media a ridosso della cresta iliaca e sulla linea ascellare anteriore, all altezza della seconda porta. La capsula di Gerota veniva incisa parallelamente al muscolo psoas. il rene veniva liberato dal grasso perirenale per permettere il riposizionamento del rene nella sua sede anatomica e per favorire la formazione di aderenze in grado di fissarlo meglio in tale sede. Si procedeva alla liberazione della faccia anteriore del muscolo psoas. Successivamente venivano quindi posizionati 3 punti con filo non-riassorbibile in poliestere intrecciato (2/0): il primo punto veniva fatto passare a livello del polo superiore del rene e fissato cranialmente al muscolo psoas; il secondo punto veniva fatto passare sulla faccia posteriore del rene a livello mesorenale e quindi fissato al muscolo psoas; il terzo punto veniva applicato a livello del polo inferiore e fissato anch esso al muscolo psoas, caudalmente e lateralmente (Fig. 3). al fine di garantire una maggior tenuta, i nodi venivano assicurati con clips e colla di fibrina. infine, veniva controllato il corretto posizionamento sul muscolo psoas nella sua sede anatomica del rene: quest ultimo risultava essere di colorito normale e privo di anomale trazioni sul peduncolo. A B S17

20 Nefropessi retroperitoneoscopica tuate dimostravano un rene destro correttamente riposizionato nella sua sede anatomica. L indagine ecocolordoppler, effettuata anch essa come controllo a distanza di un mese dalla procedura, dimostra un arteria renale destra pervia e priva di stenosi critiche, nonché una normalizzazione dei valori delle resistenze arteriolari intraparenchimali sia in clinostatismo che in ortostatismo, con ir in ortostatismo pari a 0,56 (Fig. 3). discussione Fig. 3 - Nella nefropessi retroperitoneoscopica vengono posizionati 3 punti: il primo punto è stato fatto passare a livello del polo superiore del rene e fissato cranialmente al muscolo psoas; il secondo sulla faccia posteriore del rene a livello mesorenale e quindi fissato al muscolo psoas; il terzo punto viene applicato a livello del polo inferiore e fissato anch esso al muscolo psoas, caudalmente e lateralmente. il primo intervento di nefropessi per ptosi renale è stato eseguito da Eugene Hahn a Berlino nel 1881, isolando un lembo di capsula renale lungo il margine convesso, modellando tale cappotto e fissandolo con punti di sutura al parenchima renale, alla rimanente porzione di capsula, alla muscolatura addominale, al tessuto adiposo ed alla cute. tale procedura divenne molto popolare negli Stati Uniti alla fine del diciannovesimo secolo, sebbene nel tempo siano state sviluppate numerose altre tecniche di nefropessi open (6). La tecnica di albarran e Watson cheyne, ad esempio, sfruttava il confezionamento di multipli lembi capsulari; quella di Vulliet (1895) consisteva nel fissare il rene ptosico alla muscolatura paravertebrale; la nefropessi secondo Vogel (1912) prevedeva il confezionamento di due lembi capsulari che venivano successivamente appesi alla dodicesima costa (il rene veniva così a trovarsi letteralmente sospeso); infine occorre citare la tecnica di deming, divenuta la più diffusa dal 1930: questa prevedeva la sutura della fascia perirenale al muscolo quadrato dei lombi (6). Sebbene dalla fine del 1800 fossero state sviluppate svariate tecniche di nefropessi, il tasso di complicanze postorisultati non sono state registrate perdite ematiche né durante l intervento, né durante il postoperatorio, senza necessità dunque di trasfusione di sangue o emoderivati. La completa canalizzazione ai gas è sopraggiunta in seconda giornata postoperatoria, con conseguente ripresa dell alimentazione per os. a distanza di un mese dall intervento chirurgico, la paziente non presentava più alcuna sintomatologia di tipo algico. Le indagini di imaging effet- Fig. 4 - L indagine ecocolordoppler, effettuata a distanza di un mese dalla procedura, dimostra una normalizzazione dell IR sia in clinostatismo (A) che in ortostatismo (B). A B S18

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