Europa Creativa Presentazione del Programma dell Unione Europea per i settori culturale e creativo

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1 Europa Creativa Presentazione del Programma dell Unione Europea per i settori culturale e creativo Firenze, 11 maggio 2012 Palazzo Vecchio, Salone de Dugento FINAL REPORT CRISTINA GIACHI Il Convegno si inserisce nell ambito del Maggio d Europa 2012; con questo titolo vogliamo raccogliere un mese di eventi dedicati al protagonismo europeo delle città e di Firenze come esempio di città tipo; avere oggi qui Silvia Costa che ci illustra il Programma Creative Europe è per noi un grande privilegio e una grande occasione; contiamo di fare qualche ora di lavoro serrato nello spirito di affrontare il tema della cultura e del sostegno finanziario alla cultura in una prospettiva realmente contemporanea; al tavolo ci sono portatori d interessi e protagonisti del mondo dell industria creativa; perché è giusto usare questa parola, inteso che noi oggi vogliamo affermare con decisione, da Firenze, che con la cultura si lavora e si da lavoro, che la cultura rappresenta una grande occasione di rilancio non soltanto delle istituzioni e tra questi gli enti locali, ma soprattutto del tessuto economico e culturale dei territori; uno dei cardini è infatti proprio quello di attivare risorse locali, di mettere in movimento soggetti privati, istituzioni, fondazioni, associazioni, che possano, collaborando tra loro e soprattutto tenendo per mano le istituzioni, insieme costruire un tessuto di novità che produca e che consenta nuove opportunità di lavoro e di crescita e soprattutto nuove opportunità per i giovani; questo è lo spirito della nostra giornata: confrontarsi, ricevere e dare più spunti possibili in una dimensione molto libera e informale in cui ciascuno si senta libero di dare suggestioni; il panel dei nostri relatori è di assoluto rilievo e, per quanto riguarda Firenze, abbiamo cercato di offrire a Silvia il contorno di coloro che sono maggiormente attivi e che producono innovazione culturale a Firenze. SILVIA COSTA Intanto, ringrazio l Ass. Cristina Giachi per questo invito; inoltre essere in un luogo come questo dice molte cose; voglio dire il senso della cultura e dell intreccio tra cultura, buon governo architettura e soprattutto anche capacità di parlare alle nuove generazioni; tra l altro tornare a Firenze nella mia città natale, mi fa particolarmente piacere e sono anche molto felice del panel di grandissima qualità che hai organizzato, perché alcuni di essi li

2 conosco direttamente; alcuni di loro li ho anche personalmente coinvolti nel lavoro che sto cercando di fare come relatore di Europa Creativa per preparare la relazione che dovrò fare a ottobre sulla proposta della Commissione Europea; mentre altri li conosco per fama, per quello che hanno realizzato e per quello che hanno scritto e quindi mi sento in una compagnia di qualità; inoltre, per quanto mi riguarda, per me questa è anche una forma di audizione e trarrò sicuramente molti spunti e molte idee da questa tavola rotonda, da questa discussione e credo che così dovrò fare nei prossimi mesi; tra l altro vi dico che il 18 giugno a Roma farò un seminario su questo tema, allargato alle istituzioni, al quale spero possa intervenire anche il Ministro per i Beni Culturali. Intanto una precisazione: Europa Creativa è il nome del nuovo programma pluriennale che la Commissione Europea, per voce della Commissaria Androulla Vassiliou, ha presentato al Parlamento e al Consiglio dei Ministri. Il 2012 è un anno cruciale in Europa, perché tutte le commissioni del Parlamento Europeo e il Consiglio dei Ministri, con questi orientation papers che sta producendo in questo mese, esamineranno le proposte della Commissione su tutta la gamma delle politiche comunitarie; penso ai fondi strutturali, cioè alla politica di coesione, penso a Horizon 2020, che sarebbe la politica sulla ricerca, penso a Erasmus for all, che vorrebbe dare un forte supporto, sostegno, incentivo alle politiche di circolazione, di mobilità ma non soltanto dei giovani, per quanto riguarda l apprendimento, la formazione e l inserimento lavorativo, penso alle nuove politiche per il turismo. Tutte le commissioni del Parlamento Europeo sono adesso impegnate in questo lavoro e entro il prossimo autunno, diciamo, entro la fine dell anno, saranno licenziati i rapporti che noi presenteremo nelle commissioni e quindi si andrà all anno prossimo, penso entro metà anno, alla definizione di questi programmi, che scatteranno nel Questo è l orizzonte in cui noi ci inseriamo. Prima di questo, l Unione Europea ha licenziato quella che viene chiamata Europa 2020 e cioè la strategia complessiva, che non dovrebbe parlare solo di rigore, anche se necessario, ma anche di crescita, di sviluppo e di competitività del sistema Europa in tutti campi, attraverso tre parole chiave: 1. crescita intelligente 2. crescita inclusiva 3. crescita sostenibile Si capisce bene cosa c è dietro queste tre parole; sicuramente Europa Creativa. Insieme a tutto il tema educational, per non parlare anche della ricerca, rispondono perfettamente almeno a due, se non a tre dei punti citati, perché la sostenibilità è anche culturale - e credo che su questo tema della sostenibilità, che è cultura e natura, a mio giudizio dovremmo fare una riflessione un po più approfondita; anche RIO 2020, la prossima conferenza mondiale sulla sostenibilità ambientale ha inserito il tema dei benefici sociali, il tema dell attenzione allo sviluppo umano (e l umano è fatto anche di cultura) e non soltanto il pur importante sviluppo ambientale, coerenza e sostenibilità ambientale. Ritengo che questo programma debba meritare molta attenzione nel nostro Paese, perché il nostro Paese ha una potenzialità e una realtà di patrimonio culturale più importante di tutta Europa, se non del Mondo; ma anche di grande capacità di produzione creativa, di innovazione, di settori che si stanno intrecciando in modo interdisciplinare, multimediale oltre a una importante storia di cinematografia e di produzione radio visiva: pensiamo soltanto che l Italia è fra i 5 maggiori paesi nella produzione in questo settore; lo scorso hanno l Italia è stata seconda alla Francia in questa produzione, contribuendo insieme a quella francese alla quota di mercato della produzione europea pari al 27%-28%. Vi sono, però, anche elementi di debolezza, che si manifestano in vari aspetti. Questi approfondimenti, discussioni, che faremo a livello nazionale più ampio possibile su questo progetto europeo, devono essere anche l occasione in cui l Italia si da nuovi strumenti, nuovi approcci e da una maggiore possibilità di competere al sistema complessivo delle piccole e medie imprese culturali, in una logica anche di valorizzazione in modo innovativo del patrimonio culturale e materiale di cui siamo ricchi e anche della prospettiva nuova che la rete, la sfida digitale, pongono, sia nell incrociare i settori degli spettacoli dal vivo, riprodotti, sia per la televisione e l audiovisivo; è chiaro che i paesi che

3 si presenteranno all appuntamento del 2014 meglio attrezzati come sistema e che hanno già capito che devono rafforzare le reti che ci sono, che devono dare delle risposte già qui e ora alle piccole imprese, che sono spesso molto innovative, molto fatte di giovani, saranno avvantaggiati; questo è infatti l unico settore in controtendenza per la crescita dell occupazione e la crescita del fatturato; prima parlavamo della moda: da questo punto di vista nella proposta si parla di 12 settori, dove non c è la moda e la moda dovrebbe esserci; ma la risposta è che è ricompresa nel tema del design industriale; quindi se ne può discutere, basta che sia chiaro che è inclusa. Dunque oggi dobbiamo lavorare su Europa Creativa e visto che abbiamo anche la visibilità di essere relatori della proposta (un italiana relatrice della proposta non succedeva da tempo) dobbiamo giocarla anche nel nostro Paese: l Europa spesso é stata l opportunità di una crescita complessiva. Seconda precondizione per illustrarvi questo progetto: ieri a Bruxelles c è stato il Consiglio dei Ministri della Cultura che ha dato un ok di massima, parziale (perché ha chiesto ancora alcuni chiarimenti alla Commissione Europea su alcuni aspetti) approvando un orientation paper che poi è stato approvato dal Consiglio dei Ministri; io ho avuto l opportunità di incontrare il Ministro Lorenzo Ornaghi e insieme abbiamo creato, lo spero, la condizione per un dialogo molto forte e per una alleanza, che spero sarà fortissima, fra il Parlamento e il Consiglio dei Ministri (che sono i co-legislatori) che avranno molta voce in capitolo nel modificare, integrare e apportare, spero, anche miglioramenti a questo testo; questa è la condizione in cui siamo. Terza condizione di cornice (che non va sottovalutata): quando parliamo del Programma Europa Creativa, parliamo di un programma che rappresenta l 1,7% di tutto il bilancio europeo (che tra l altro è sempre stato in aumento) e per la prima volta, la Commissione ha preso sul serio gli impegni, gli appelli, le richieste, che venivano sempre dal Parlamento Europeo, perché sulla cultura, sull educazione, sull alta istruzione, sulla ricerca, si desse un segnale di controtendenza rispetto a quella che è la situazione attuale; e devo dire che gli unici comparti, che pure in un momento di crisi (e poi staremo a vedere se il Consiglio dei Ministri, come qualcuno annuncia, procederà a qualche taglio rispetto alla proposta della Commissione Europea il Parlamento difende il budget proposto dalla Commissione Europea come non riducibile e vediamo se su questo troveremo un accordo) noi abbiamo per la prima volta sull educazione + 72% rispetto al settennio precedente, sulla Cultura + 37% rispetto al precedente e su Horizon 2020, cioè la ricerca, da 50 a 80 miliardi; quindi il segnale di aumento di budget, di attenzione a settori che sono effettivamente più competitivi è venuto. Tutti noi diciamo che non è abbastanza, ma io vi assicuro che di questi tempi è un segnale che dovremo raccogliere e spero che questo porti a cascata dei segnali anche a casa nostra dove avendo, invece, in questi ultimi anni disinvestito in questi settori, possa già con questo governo puntare su quello che è strategico e quindi sul capitale umano, sulle competenze, sull innovazione, ecc. e, quindi, mi auguro che anche in questo campo sia un segnale che diamo anche a casa nostra. La quarta condizione è questa: 1.8 miliardi è il bilancio di questo programma; ma ricordiamoci che il Trattato di Lisbona dice che tutte le politiche europee devono valorizzare la dimensione culturale; noi abbiamo fatto un grande lavoro in commissione con i colleghi delle altre commissioni, perché quello che sto vedendo è che, mentre si da un segnale importante su Europa Creativa, c è una contraddizione molto grave nel fatto che il nuovo programma pluriennale in discussione in Parlamento sui fondi strutturali europei non mette la cultura, patrimonio culturale, materiale e immateriale (perché è lì che sono il grosso dei fondi, impiegati per attività sui beni culturali, valorizzazione del patrimonio, ecc.) fra gli undici obiettivi prioritari; il mio gruppo politico insieme anche con altri stiamo cercando di rovesciare questa situazione e far inserire invece fortemente questo tema nella nuova politica di coesione; secondo, Horizon 2020, ricerca, non dice una parola (sulla cultura), per es. nel nuovo comparto sfide sociali, ma nemmeno nel comparto che punta molto sulle eccellenze (come se la cultura non potesse essere un soggetto) non c è una parola specifica sulla cultura, ma solo sulla parola tecnologia, che

4 non basta, anche perché la tecnologia è al servizio di qualcosa; e allora anche lì - e mi è piaciuto il Ministro Lorenzo Ornaghi perché l ha detto in Consiglio dei Ministri con molta forza - in Horizon, politiche di coesione, noi proporremo come Paese oltre che come Parlamento questo (la cultura). Altro punto: c è un altro campo che è quello della digital agenda in cui noi siamo molto indietro; sulla banda larga e tutto quello che riguarda l innovazione digitale siamo tremendamente indietro anche perché c è stato un abbandono totale del governo precedente del coordinamento dell agenda digitale per cui era previsto che ogni paese facesse il suo desk sull agenda digitale. Questo è il quadro, al netto della crisi. Se queste condizioni sono assicurate anche Europa Creativa trova meglio il suo specifico (ruolo, collocazione), aggiunge il suo valore aggiunto in quella sfida di intrecciare cultura, industrie culturali e creative, rafforzando MEDIA e gioca la sua partita con la possibilità di fare sinergie con gli altri programmi; questo è l obiettivo in cui inseriamo questa relazione. Cosa propone Europa Creativa? Molto sinteticamente: l anno scorso noi abbiamo licenziato il libro verde sulle industrie culturali e creative, che è uno dei presupposti teorici e di ragionamento complessivo e strategici della nuova proposta della Commissione Europea. Europa Creativa sostituisce, innova quello che prima veniva chiamata Cultura 2000 (poi fu fatta l agenda della cultura del 2007), nel senso che mette insieme in un unico programma tre strands, cioè Cultura e Industrie Culturali e Creative, un settore trasversale e MEDIA. Su questo io, personalmente, sono assolutamente d accordo e cioè nell accettare la sfida di una maggiore integrazione, della messa in rete, dei partenariati, di uscire dalle divisioni solo settoriali (verticali); quindi cultura e industria culturale e creativa: è interessante che ci sia questa apertura ma ritengo che però sia più utile (e questa potrebbe essere una proposta di mediazione) che rimangano due sub programmi, quello di MEDIA (che ha una sua storia, struttura, expertise e soggetti abbastanza dedicati) rispetto a Europa Creativa, ecc.. Quali sono le novità? 1) Le industrie culturali e creative entrano a pieno titolo nel Programma di Europa Creativa, insieme però al no profit, in quanto in Italia, ma anche in Europa, le imprese sono piccolissime, sono micro, nemmeno medie e spesso nemmeno imprese e qui c è bisogno di creare un azione forte, anche a livello governativo, istituzionale, perché ci sia una comprensione da parte di questo mondo, che è conveniente cominciare a ragionare anche in termini imprenditoriali, manageriali e, di nuovo, di integrazione di campi e di discipline, considerando anche la sfida del digitale, che è anche un modo per allargare i pubblici, che è un modo per fare dialogo a livello europeo; ma la cosa importante è però, ed è la seconda condizione che noi porremo, che non si perda anche la dimensione che la cultura non è solo produttività in termini economici; cioè l approccio che io vedo in questa proposta della Commissione Europea e che abbiamo già sollevato è che per ottenere l attenzione di tutta la Commissione Europea, in momenti di crisi, per metterci più fondi, ecc., hanno dovuto stressare moltissimo il concetto dell industria; questo è però a detrimento di due questioni: la prima è che molti soggetti in questo campo sono no profit e secondo che c è poca attenzione al dato della valorizzazione del patrimonio culturale, materiale e immateriale e, per l Italia e per il sud dell Europa e non solo, è troppo importante che non si perda di vista, accanto alla parte di industria creativa anche come valorizzare (i territori), la digitalizzazione, le smart cities, ciò che avviene a livello di glocal, gli itinerari culturali, cioè tutto ciò che è filiera, messa in rete e che anche coinvolge i territori, anzi che vede spesso i territori essere i bacini, degli incubatori di novità in ambito creativo e culturale; quindi noi vogliamo che non si perda la dimensione del glocal, che qui non c è minimamente, che non si perda la dimensione del patrimonio culturale (materiale e immateriale), anche se accettiamo e vogliamo che si vada più avanti nella sfida che invece è alla base del concetto di industria culturale e creativa. 1) Seconda novità è quella del settore trasversale, che è ancora un po un oggetto misterioso, nel senso che ancora alcune cose vanno definite; però l intuizione è di questo tipo: accanto ai bandi (che da 9 sono ridotti a 4 e questo dovrebbe favorire

5 l interdisciplinarità e una certa orizzontalità e i paesi coinvolti sono quelli UE membri + paesi di vicinato + i paesi EFTA + la Confederazione Elvetica con un accordo bilaterale) c è poi, invece, MEDIA, che accorpa anche MEDIA Mundus e che anche su base bilaterale può fare accordi con molti paesi anche per creare non solo dialogo interculturale, non solo co-distribuzione del nostro prodotto europeo in quei paesi, ma anche viceversa per tutto ciò che attiene alla rete degli operatori; il punto è però che noi abbiamo una parte tran settoriale, che introduce due cose: finanzierà e sosterrà tutte quelle azioni orizzontali, tipo la media literacy, la culture literacy, le agenzie territoriali nazionali (che dovranno cambiare un po il loro modo di lavorare) sostenere tutte quelle azioni di ricerca, di studio, di analisi e di innovazione sperimentata, progetti pilota. La novità è nello strumento finanziario; in vari programmi, l Unione Europea, la Commissione Europea, anche di fronte alle difficoltà di dare contributi, perché i fondi sono quelli che sono, ha creato questa stessa tipologia di strumento finanziario, ovvero un Fondo di Garanzia Europeo (FGE), che sarà gestito dal FEI (Fondo Europeo degli Investimenti), che darà la possibilità di avere prestiti per quelle imprese (parliamoci chiaro chi chiede il prestito invece di partecipare alle calls, che invece danno contributi, sia pure cofinanziamento, mai finanziamento intero, è chiaro che saranno, probabilmente, o le imprese che hanno fatto un progetto di ritorno di un certo tipo, o cinema, oppure medio grandi; però è anche interessante cominciare a diversificare gli investimenti, lo strumento del garante, lo strumento del contributo, lo strumento di MEDIA che è ancora una cosa diversa, che sono vari: lo sviluppo, la distribuzione, la coproduzione, ecc. e, invece, uno strumento di prestito, che qualcuno ha molto criticato; ma io ho detto: se è aggiuntivo come fondo e se quei 210 milioni di euro messi per la garanzia, nel caso non fossero utilizzati, noi chiediamo che rimangano al settore cultura: questa è la condizione che noi mettiamo; non di non voler provare uno strumento nuovo; perché se questo strumento serve ad irrobustire la parte industriale del mondo della cultura e creativo, penso che invece sia uno strumento da sperimentare; quello su cui richiamo l attenzione di tutti è questo: l esperienza di questo strumento è stata fatta da un anno con il Programma MEDIA, cioè il FGE per assistere; il FGE dura 10 anni, per la possibilità di essere recuperato, ecc.; andamento: così così; il problema qual è? Cosa deve fare la FEI? Individuare ai livelli nazionali; cioè fa un bando europeo, in cui chiede alle istituzioni finanziarie nazionali di rispondere a questo bando. Cosa devono dimostrare queste istituzioni finanziarie? Di essere in grado di creare un portfolio, come si dice, adeguato alle industrie culturali e creative. Voi sapete che le industrie culturali e creative e le associazioni culturali hanno una grande difficoltà a chiedere prestiti, perché non hanno le garanzie, perché le loro garanzie sul progetto, sulla competenza, sulla capacità innovativa, ecc. non ci sono; e un expertise molto forte su questo nel nostro Paese non c è, o ce n è poca, o non si è ancora palesata. Nemmeno banche famose, che sono specializzate nel settore cinematografico, hanno risposto al bando dell Europa; hanno risposto soltanto due istituzioni finanziarie, una francese e una spagnola e quest ultima non sta nemmeno andando benissimo; il che significa che qui c è un problema che riguarda noi e di cui ne ho parlato col Ministro; noi dobbiamo attrezzarci di qui al 2014 a creare quelle situazioni che possono aiutare poi a rispondere a questi appelli europei, sia sul fronte dell interlocuzione con un mondo che è più intrecciato e non è soltanto il cinema, la televisione, ecc. e, dall altra, a rispondere a una sfida che è quella di attrezzarci anche noi ad avere la possibilità di avere uno sportello, uno strumento finanziario; portfolio vuol dire che devi saper dare delle risposte in termini di prestiti e di capirne la capacità, ecc. a mondi molto diversi, a grandezze molto diverse, al no profit come al profit, anche se sappiamo che andranno di più chi è più attrezzato industrialmente; il fatto che non abbiano risposto a MEDIA mi ha molto preoccupato e quindi vuol dire che ci dobbiamo attrezzare. Che cosa sostiene Europa Creativa? A che cosa è finalizzata? Intanto i soggetti che possono accedere sono tutti i soggetti che sono in questi dodici settori, quindi c è tutto: va dalle biblioteche, agli archivi, alle industrie culturali e creative nel campo del design, delle associazioni culturali, festivals, arti dello spettacolo, radio, arti visive, l audiovisivo naturalmente, il patrimonio culturale, l artigianato artistico, ecc..

6 Due sono gli obiettivi strategici di Europa Creativa: 1) sostenere la capacità di settori culturali e creativi ad operare a livello transazionale: quindi si rivolge a tutti coloro che partecipano a progetti fatti in partenariato con altri paesi, oppure che dimostrano una capacità diffusiva in ambito europeo; promuove la circolazione transazionale delle opere e degli operatori, la capacità finanziaria dei settori culturali e creativi, il sistema di politica transazionale per sviluppare anche nuovi modelli di business e nuovi mercati e aprire a nuovo pubblico; la sfida vera è aprire a più pubblico; 1) nuovi modelli di business, perché? C è tutto un fiorire, un attesa e anche una capacità innovativa che spesso non trova interlocutori, spesso nemmeno a livelli territoriali: i fondi strutturali potrebbero essere utilizzati per innovare, anzi dovrebbero servire a questo, anche a livello regionale, cioè per fare innovazioni anche digitali applicate anche a settori dello spettacolo dal vivo; questo è ormai fondamentale; l obiettivo di Europa Creativa è infatti un po diverso dal programma passato, perché mira a rendere competitivo l intero sistema, ad individuare altre forme di investimento (non soltanto pubbliche, ma anche private), a creare partenariati che possono rimanere stabili, a creare delle piattaforme, anche digitali, su scala europea, accessibili, nel rispetto di una cosa fondamentale, che è un po sullo sfondo di questo programma, ma che a mio giudizio va messo, che è il tema del diritto d autore: grande questione controversa; c è chi la chiama pirateria, c è chi la chiama diritto del popolo di internet; nel mezzo c è il fatto che quelle opere devono essere comunque retribuite e i fondi reinvestiti: questo tema oggi si pone in modo diverso dal passato e abbiamo bisogno anche di innovare in questo; siamo in attesa della direttiva del Commissario Barnier sul diritto d autore, la proprietà intellettuale, che un po tarda perché è un argomento difficilissimo; certamente un ragionamento su questo va fatto anche a partire da molti discorsi che sono stati fatti in Italia, ma non ancora trovando il bandolo: dalle licenze collettive, da una partecipazione parziale, dalla community che decide quale parte cedere e quale non cedere, ecc.; certamente questa sfida c è perché altrimenti il principio di auto remunerazione della creatività rischia di essere un tema nel quale non c è una risposta. I tre settori in cui si divide la proposta della CE e cioè Industrie Creative e Culturali, MEDIA e MEDIA Mundus e il settore intersettoriale saranno divisi percentualmente più o meno nel 55% a MEDIA, nel 30% al Settore Culturale e Creativo, nel 15% allo strumento finanziario + le azioni trasversali che andranno fatte. Un altro punto importante: tutto questo avviene in un momento in cui noi siamo di fronte ad alcune questioni che riguardano un po il mercato anche della produzione, ecc.. Per quanto riguarda MEDIA, il Programma già prima, ma anche adesso, non finanzia le produzioni, bensì la diffusione europea, la distribuzione, i progetti di sviluppo, il tema delle agenzie di vendita transazionali, la capacità con MEDIA Mundus anche di investire e di promuovere il prodotto italiano, la cinematografia italiana nel mondo e forme di collaborazione con la televisione: questo delle televisioni è un punto non del tutto chiarito (lo lascio con un?), in quanto le televisioni, attualmente, non possono accedere direttamente a Europa Creativa, ma solo i produttori indipendenti, o distributori, ecc., che insieme con le televisioni fanno un progetto; le televisioni possono accedere solo in due condizioni: se sono partner di coproduzioni europee, ma di produttori indipendenti e se fanno diffusione europea; noi abbiamo dei nodi in Italia su questo, che ho illustrato anche al Ministro: in genere in Italia quando i produttori indipendenti co-producono con le televisioni, poi tutti i diritti li prendono le televisioni; avendo poi noi un duopolio, questo fa sì le televisioni non possono accedere al fondo per la diffusione delle opere in Europa; questo è un nodo italiano di cui dovremo trovare la soluzione, perché noi siamo spesso fuori da questa possibilità, cioè coproduzioni che avrebbero anche una vocazione europea rimangono nel cassetto perché poi non vengono distribuite dalle televisioni che sono i titolari dei diritti; L altro tema è l annunciato disinvestimento nella produzione di film da parte delle televisioni nazionali e che è avvenuta in questi ultimi mesi; questo significa che in prospettiva, al di là di Europa Creativa in cui non sussiste la produzione, noi abbiamo un problema abbastanza urgente da affrontare e sul quale bisognerà elaborare una nuova

7 politica probabilmente anche comunitaria su questo, anche nel rapporto col service provider, cioè di chi restituisce l investimento in produzione, perché noi abbiamo dei networks, dei grandi soggetti, in questo caso statunitensi, da Google, ecc., che mangiano moltissima produzione; i guadagni, però, vanno altrove, non restano in Europa. La Francia su questo ha fatto qualcosa perché si sa benissimo che su questo terreno è stata sempre un po particolare; però questo è un ragionamento che prima o poi noi dovremo affrontare anche noi perché il rischio che ci sia un forte disinvestimento nei prossimi anni è fortissimo, in una situazione in cui il nostro cinema è ancora molto, nella produzione, dipendente dalla televisione; questo è un tema grande che non riguarda esattamente il contenuto di Europa Creativa, bensì il contesto industriale; la sfida grande fra rete, internet, video on demand, web tv e produzione culturale e cinematografica è la grande questione; su questo ci sono due tendenze estreme: quella di chi sostiene che la televisione sparirà nel giro del prossimo decennio e quindi attrezziamoci a capire che tutto sarà sulla rete. Il Centro Europeo dell Audiovisivo sostiene, invece, una cosa ben diversa: non sarà soltanto di nicchia il tema del video on demand, così come le altre forme di fruizione, di produzione o di distribuzione attraverso la rete anche di prodotti culturali prototipi, ma ancora, per un bel pezzo, l industria vera, culturale, che reinveste in produzione fatta da professionisti, sarà molto legata all industria culturale televisiva e, quindi, dobbiamo sostenerla (questo è il punto vero, delicato di questo programma) ed essere precisi nel definire certi obiettivi, tuttavia sapendo che ci sarà una tale trasformazione che andrà interpretata e accompagnata di continuo; quello che qui manca in questo programma: è tutto lasciato, nella programmazione annuale della Commissione Europea; l esecutivo diventa titolare delle decisioni che si faranno anno per anno, salvo sapere le grandi cifre; noi su questo non ci stiamo e chiediamo che il Parlamento possa interloquire di più, anno per anno, per verificare anche rispetto ai risultati attesi, agli obiettivi e alle strategie, effettivamente quali sono i risultati, anche per aggiustare il tiro. Alle spalle di questo ragionamento, Industrie Creative che ha creato questo progetto sull Europa Creativa, in Italia c era stata un elaborazione, messa nel cassetto dal Governo precedente; l elaborazione fu fatta durante il Governo Prodi, dal Ministro della Cultura, ed era il Libro Bianco il cui autore era il Prof. Santagata, che con un equipe molto interessante, aveva elaborato una strategia che doveva già essere messa in campo, per cominciare anche a attrezzare anche la nostra interlocuzione con questo mondo in grande cambiamento anche nel nostro Paese; abbiamo perso quattro anni; l Italia è in ritardo su queste questioni importanti, non solo del finanziamento dei settori, non solo sull agenda digitale che si era fermata, ma anche su questo importante contributo di ripensamento delle politiche culturali e che è rimasto fermo a quel libro bianco. Io sono molto tributaria al Libro Bianco, perché, quando abbiamo fatto il Libro Verde a livello europeo sulle industrie culturali, avevamo alle spalle questo respiro di riflessione; dunque, spero che si riprenda quel cammino e chi si possa anche anticipare, anche prima del 2014, alcune organizzazioni stesse del Ministero, perché possa essere un interlocutore di questo mondo che sta cambiando totalmente, ma che non trova ancora dei riferimenti istituzionali adeguati. La sfida come sempre in Europa è doppia: è in Europa ma è anche qui e noi dobbiamo accoglierle entrambe. ANTONIO SCUDERI Quello appena illustrato dall On. Silvia Costa ci fa conoscere un nuovo strumento importante per la produzione e la valorizzazione del nostro capitale culturale ; uno strumento ampio, dal punto di vista concettuale dei temi che tocca che rappresenta un punto d inizio dal punto di vista delle risorse finanziarie che intende mettere a disposizione; uno strumento importante e anche con una certa quota di creatività dal punto di vista della differenziazione degli strumenti che mette a disposizione, per aumentare le nostre

8 prestazioni come operatori dell industria culturale e soprattutto sui territori in Italia e in Europa in termini di competitività. Questo per il Gruppo 24 Ore è uno dei momenti importanti del nostro percorso, che si inserisce in una strada che non si ferma e non si fermerà più che è quella del nostro manifesto per una Costituente della Cultura, che è partito il 19 febbraio scorso e che avrà molti momenti di lavoro e di azione, politica, informativa e di servizio; il nostro manifesto ha inteso essere, con 5 punti programmatici larghi, un momento di discontinuità forte nel sonno della ragione nel quale vive ancora l Italia, che non inserisce il nostro principale vantaggio competitivo nel Mondo, che è il capitale culturale: dal patrimonio, alla cultura immateriale che le nostre imprese generano ogni giorno; questo è il vantaggio competitivo più grande che abbiamo nel mondo, sul quale però non c è un azione coordinata. Abbiamo indicato 5 punti larghi programmatici che diventeranno (attraverso un lavoro di ascolto) 5 proposte concrete, operative e realizzabili, che vogliamo presentarle prima dell estate, seguite da un momento di valutazione, nel mese di Novembre, a Firenze con la Fondazione Florens e che sarà il momento in cui, per una settimana, questo Paese accenderà i riflettori su questi temi. Quello che abbiamo sentito fin ora se, da un lato, ci da uno strumento in più a livello europeo, sullo scenario italiano, il dato positivo è che stiamo tutti assieme creando più rete e quindi moltiplicando il potenziale di sinergia e alleanze sui territori, perché questo Paese ha una consapevolezza totalmente matura del fatto che il capitale culturale sia l asset più importante sul quale dobbiamo lavorare; dall altro ci dispiace notare che anche nell azione dello sviluppo dell attuale Governo la parola cultura, o capitale culturale, non è affatto nominata: quindi avere un interlocuzione anche col mondo della politica è fondamentale perché questo invece accada. ALBERTO DEL BIMBO La presentazione (attraverso delle slides) si concentra sulle tendenze delle tecnologie dell informazione (aspetti informatici); vengono, invece, tralasciate le tendenze delle tecnologie delle comunicazioni che sono una parte fondamentale dello sviluppo del digitale. Vengono presentate alcune esperienze fatte in giro per il mondo nei musei e più in generale nelle istituzioni culturali; alcune slides presentano poi le iniziative del Media Integration and Communication Center di Firenze, che è un centro di eccellenza fondato dal MIUR nel 2001, che ha avuto un finanziamento per il suo start-up presso l Università degli Studi di Firenze (ed è un centro di eccellenza nazionale, che fa parte dell Università degli Studi di Firenze) che ormai da 11 anni ha una presenza importante sul piano nazionale ma, soprattutto, internazionale, tanto che lo scorso anno abbiamo ospitato la Conferenza mondiale del Multimedia qui a Firenze e organizzata proprio dal Media Integration and Communication Center. Andando alle tendenze dell Information Technology, la prima sicuramente è il cd social web, cioè quello che i tecnici chiamano il web 2.0 e che dovrebbe preludere alla terza versione del web, il 3.0. In questa slide ho cercato di riassumervi un po le tendenze di questa tecnologia evolutiva che è il web; una tendenza che riguarda l asse orizzontale, la connettività sociale e, l altra, l asse verticale che riguarda la connettività di tipo informativo, cioè l informazione; come si vede il web si sta evolvendo verso queste due direttrici. La prima riguarda l informazione; fino ad oggi siamo stati abituati ad accedervi per via sintattica e l esempio più classico è il motore di Google (immettendo una stringa di caratteri il motore ci porta indietro l informazione che la stringa contiene); ora stiamo evolvendo verso un web di tipo semantico, cioè con una parolona intelligente, non soltanto ritroviamo i documenti che hanno gli stessi contenuti della parola chiave che noi digitiamo ma anche contenuti in qualche modo collegabili a questa. Invece, la connettività sociale sta evolvendo da un web di individui ad un web di insieme di individui; quindi le cd comunità che oggi sperimentiamo in maniera matura, attraverso Facebook, Twitter, Linkedin e reti sociali delle più varie e che evolverà, ma già oggi lo sta facendo, verso un web di sensori, in cui non soltanto le persone ma anche oggetti materiali elettronici, come

9 telecamere piuttosto che sensori di altri tipi, saranno collegati al web e forniranno altra informazione che dovrà essere elaborata dal web; qui ho riportato anche alcuni numeri che sono abbastanza impressionanti: di utenti mensili dichiarati da Facebook, di utenti attivi su Twitter, sono numeri che, al di la di una moda, sono invece una vera e propria realtà. Un altro trend importante è l affermarsi dei dispositivi mobili; anche qui ci sono numeri che fanno comprendere che sia una tendenza irreversibile: si stima che nel 2014, già il numero degli utenti collegati al web via dispositivi mobile superi il numero di utenti collegati via desktop-computers. Collegarsi via dispositivi mobili, significa anche ottenere informazione personalizzata e, soprattutto, dovunque noi ci possiamo trovare; quindi, si apre uno scenario importantissimo dall unione del dispositivo mobile all internet delle comunità, ciò che rappresenta la congiunzione tra il social e il mobile; queste slides evidenziano un progetto che ha fatto il Media Integration and Communication Center di una semplice applicazione in cui una persona può andarsene in giro e grazie al suo posizionamento può trovare elementi (in questo caso i negozi) d interesse ma anche gli amici a cui è collegata e scambiare con questi amici bonus per gli acquisti che quei negozi possono offrire. Altra tendenza molto importante è rappresentata dalla cd interazione di tipo naturale; da qualche anno ormai cominciamo a vedere dispositivi che, in realtà, prima di essere dispositivi, erano oggetti, come pareti, tavoli, ecc. che, grazie alle opportunità che la tecnologia offre, diventano interattivi; quindi la possibilità di utilizzare questi elementi come se fossero quelli che una volta erano gli schermi dei computers e, quindi interagire con gesti, cioè con azioni che noi facciamo tutti i giorni. Questo è il senso delle interfacce naturali. Qui ho riportato una frase, che ha scritto un signore del Massachusetts Institute of Technology di Boston in tempi non sospetti: Instead of making computer interfaces for people, it is of more fundamental value to make people interfaces for computers (M. Cohen MIT, 1998), cioè fare in modo che i computers abbiano interfacce umane; questo ovviamente rende più facile l interazione, ma soprattutto da possibilità notevolissime; ad es. qui a Firenze, a Palazzo Medici Riccardi, il Media Integration and Communication Center ha fatto un installazione per visitare la Cappella di Benozzo Gozzoli (straordinario affresco del Rinascimento italiano, complicatissimo, che racconta, in modo allegorico, la storia dell incontro tra le due Chiese (di Roma e di Costantinopoli) qui a Firenze nel tentativo di resistere alle pretese di conquista dei turchi) realizzando una versione digitale dell affresco, in cui il visitatore può indicare con la mano, senza alcun dispositivo, parti di esso e ottenere la spiegazione di ciò che sta guardando. Un altra tendenza è il 3D, che è una sfida antica dell essere umano; infatti, da sempre l uomo ha cercato, attraverso la scultura o la pittura, di riprodurre il 3D della realtà; adesso il digitale offre opportunità interessantissime e qui (nella slide) ve ne ho indicate alcune; al di la degli schermi stereoscopici (che personalmente non ritengo una novità di particolare interesse), assai più interessanti sono i terminali olografici: qui (nella slide) si vede un terminale che getta elio nell aria che, illuminato ovviamente, può proiettare forme prodotte da un computer; forme a misura umana, per es.; forme a 3D; ma ancora più interessanti sono dispositivi in fase avanzata di sperimentazione, che consentono non soltanto di avere forme 3D sospese nell aria, ma fare in modo che queste forme producano sensazioni, come le gocce d acqua che cadono sulla mano, come nell esempio che si vede (nella slide); questo viene fatto attraverso l invio di ultrasuoni che, semplicemente, monitorando la posizione della mano possono produrre sensazioni in modo che l oggetto grafico sia meno immateriale; ma, ancora più interessante è questo dispositivo sulla sinistra (della slide) che è il kinect della Microsoft; dispositivo interessantissimo, perché ha un costo bassissimo e consente di catturare in tempo reale una forma 3D in movimento. Quindi, si possono immaginare le possibilità applicative che questo offre, cioè fare in modo che una persona interagisca con il suo corpo, con i suoi gesti, con la realtà. Infine i cd sensor networks, cioè la possibilità di avere sensori che si collegano tra loro in rete e, quindi, si parlano, si sincronizzano; qui (nella slide) si vede un esempio di una sperimentazione fatta, su un progetto dell Unione Europea, a novembre 2011, in cui c è un light show che viene fatto, semplicemente, collegando tra loro sensori in internet che si

10 auto sincronizzano. Il fenomeno dei sensori è destinato a crescere; si stima che oggi ce ne siano 6 miliardi, ma che, nel 2020, si arrivi a 50 miliardi. Allora, tutta questa quantità di informazione che è prodotta dai sensori, in parte dai soggetti umani, dall altra, necessità di capacità di trasmissione, di banda trasmissiva straordinaria e di capacità di calcolo altrettanto straordinaria. Quindi ci sono grandi sfide per gli operatori delle comunicazione e la banda larga non è più un opzione, ma diventa una criticità assoluta, se non risolta in tempi brevissimi e diventa altrettanto importante la possibilità che nella rete non esista soltanto una infrastruttura di tipo tecnologico, ma anche una struttura di interpretazione di tutta questa quantità d informazione. Questo è quello che noi, con un termine estremamente riassuntivo chiamiamo smart city; ma, non ci solo le smart cities, ci sono gli smart environments, più in generale applicabili a qualunque cosa, dove tutta questa informazione può essere elaborata e restituita in forma più sintetica. Questi, dunque, sono alcuni trends, non esaustivi, dell Information Technology. Cosa fanno le istituzioni culturali? Qui (nelle slides) ho usato il termine Museo in senso omnicomprensivo. Non fanno, a mio avviso, molto rispetto a quello che potrebbero fare. Sicuramente, c è ormai una tendenza diffusa alla digitalizzazione dei contenuti culturali; questo ha, ovviamente, dei vantaggi e qui ho cercato di elencarne alcuni: meno costoso inviarli, sicuramente si può renderli disponibili a una grande quantità di persone e, soprattutto, si offre una varietà di modi di interazione con questi; questi esempi sono ormai ampiamente diffusi e qui ne vede alcuni, dalle visite virtuali a, anche, motori di ricerca, cd intelligenti, che confrontano non solo contenuti di testo, ma anche immagini. Alcuni musei stanno sperimentando il fenomeno del social museum; cosa che è estremamente interessante e che è, praticamente, l affiancamento del luogo fisico convenzionale che è il museo, ad un luogo non fisico, ma nella rete, in cui persone, soggetti diversi, interessati ovviamente ai contesti culturali si confrontano su esposizioni, mostre, organizzano, mediati, mostre, aprono dibattiti. Qui (nella slide) ho riportato questa esperienza molto interessante del MOMA di New York; il MOMA Video, dove si organizzano in rete sperimentazioni, mostre, dibattiti, ecc.; qui (nella slide) è riportato un elenco delle prime cinque posizioni di musei che sperimentano il social museum: circa Facebook followers per il MOMA, per il Metropolitan Museum, ecc.; sfortunatamente, nei primi cinquanta posti non c è un museo italiano. L Augmented Reality è un altro trend che i musei attualmente colgono. Questo, dal punto di vista tecnologico, è il primo modesto passo nella direzione del 3D; però, questa è quasi una realtà; queste slides che ho preso sono un esempio da una implementazione interessante che ha fatto la Regione Puglia per valorizzare tutti i suoi luoghi culturali. Cosa fa il Media Integration and Communication Center? Nel Media Integration and Communication Center operano circa 50 giovani ricercatori, più qualche professore. Si occupa sia di informatica che di telecomunicazioni, quindi in grado di anche supportare applicazioni e progettualità multimediale completa; si occupa di diverse applicazioni; qui (nella slide) ho mostrato l esempio che stiamo conducendo con gli archivi nazionali ungheresi ed austriaci; si tratta di archivi di video e, in questo caso, quello che stiamo facendo sono dei motori che riescano, dato il video, ad annotarlo automaticamente, cioè a fare in modo che la macchina comprenda cosa c è in un immagine e aggiunga delle etichette di testo che poi consentiranno la ricerca per contenuto su questo archivio; adesso, stiamo discutendo la possibilità di applicare anche queste tecnologie, insieme a una società che ha acquistato gli archivi nazionali russi, agli stessi archivi, che hanno importanza storica ancora superiore a quelli ungheresi. Questo (nella slide) è un museo interattivo che stiamo organizzando per Onna (Paese dell Abruzzo epicentro dell ultimo terremoto), dove ci sarà un museo della memoria e per il quale, insieme alla RAI, stiamo costruendo una parete dove il visitatore potrà vedere com era Onna, prima e dopo l evento sismico, semplicemente toccando la parete e vedendo gli stessi luoghi come appaiono diversamente e applicando, via via che si

11 osserva, si possono attivare dei video e, poi, tutto questo può essere portato su un dispositivo mobile e, andando per il paese, rivedere quello che si è chiesto nel museo. Questo (nella slide) è un progetto della Regione Toscana finanziato, attualmente in corso; è un museo di nuova generazione, dove andremo ad osservare cosa fanno i visitatori all interno di un museo; li osserveremo con delle telecamere (nel rispetto della privacy) e con dei dispositivi RFID, che sono dei piccoli dispositivi che possono essere inseriti nel biglietto d ingresso; questi ci consentiranno di sapere dove va il visitatore e che cosa osserva con maggiore attenzione; tutto questo consentirà di fare un profilo del visitatore e, quindi, offrirgli al termine della visita, non i soliti totem con la mostra completa (che sono abituati a non vedere), ma solo l approfondimento di ciò che lo ha interessato di più; questo sarà fatto attraverso i tavoli interattivi, quindi con modalità di tipo naturale. Ultima slide è dedicata a questo centro di competenza che la Regione Toscana ha finanziato per l importo di circa , ma il cui valore complessivo dell investimento è di 1.6 milioni; è un centro sostenuto anche dal Comune di Firenze e, quindi, verrà ubicato alle Murate, che sta diventando un luogo importante per la diffusione delle nuove tecnologie e per il trasferimento tecnologico; questo centro ha lo scopo di fare da trait d union fra il mondo della ricerca e dell impresa e, quindi, portare nell industria le innovazioni. Noi del Media Integration and Communication Center lo coordineremo. Su questo progetto devo fare una considerazione finale; noi ci accingiamo a fare questa iniziativa con entusiasmo e con perplessità. Con entusiasmo perché è un iniziativa importante. Abbiamo, però, qualche perplessità sulla visione che l ha ispirata; questo centro nasce, nelle intenzioni del bando regionale, come centro di servizi; questa, però, è una visione estremamente antica; ora non è più il tempo di servizi; adesso è il tempo di trasferimento, di progetti congiunti; iniziative di questo genere sono interessanti se fatte con un modello diverso da quello dei servizi; è un modello che dovrebbe essere fatto dalla compenetrazione di tre ruoli diversi, che l Università, da un lato (o meglio, i centri di ricerca, più in generale), le imprese, dall altro e le istituzioni culturali, terzo elemento importante, svolgono; la prima, l Università dovrebbe avere semplicemente il compito di verificare la fattibilità delle opportunità che le tecnologie offrono, non solo in termini tecnici, ma anche sotto il profilo umanistico; quindi, l Università nel suo complesso, come soggetto che interpreta e sperimenta la fattibilità; l industria è il soggetto che ha il compito di ingegnerizzare, cosa che oggi è necessario fare per portare queste tecnologie alla realtà dell uso e, poi, di farne economia; ma, le istituzioni culturali hanno un ruolo molto importante; a queste ultime dovrebbero essere offerta la possibilità di partecipare al progetto e, quindi, definirne i contorni di implementazione ed essere, poi, i soggetti che lo implementano e lo rendono visibile; questo consente, da un lato, di ammodernare le istituzioni e, dall altro, per il nostro Paese e, in particolar modo, per una città come la nostra, sarebbero uno straordinario strumento di amplificazione, quindi, indirettamente, anche di marketing per l industria. Questo, credo, dovrebbe essere il modello da applicare e di cui stiamo discutendo con il Comune di Firenze. ANTONIO SCUDERI Il Prof. Alberto Del Bimbo ci ha portato su uno dei punti programmatici del Programma di Europa Creativa: il digital shift, che è uno dei principali, se non il principale, acceleratore dell industria Europa Creativa. I numeri che la cultura digitale produce (kpi) sono, infatti, impressionanti quando si lavora seriamente. Nostra esperienza diretta: noi produciamo mostre, siamo un player molto importante nella produzione di mostre; i siti delle nostre mostre, che sono dei digital world dedicati alla mostra dove si fa esperienza (no brochure) e che hanno una componente social sempre più forte, sempre più viva, fanno dai 2 (in basso) ai 6/7 milioni di utenti unici per mostra, che se messi a valore in una logica della catena del valore più lunga, più complessa, del prodotto culturale, possono aprire

12 opportunità importanti. Parliamo di posti di lavoro. Le mostre digitali su Uffizi Touch fatte da Centrica hanno fatto dei numeri impressionanti in termini di visitatori nel Far East, opportunità di sviluppo, opportunità di viralizzazione, Marketing territoriale e culturale verso l Italia; si creano posti di lavoro col digital shift e giustamente Europa Creativa pone il punto sull esigenza di agevolare la creazione di start-up di nuovi soggetti industriali che possano avviarsi in maniera virtuosa, sana, sostenibile sul mercato. Un altro dei temi nodali di Europa Creativa, partendo dall enorme frammentazione del mercato culturale, linguistica, territoriale, ecc., è la creazione di reti attive, vive, di soggetti creativi: è uno dei temi fondamentali; anche in questo l Italia è più brava di quello che si vede; quindi dobbiamo valorizzare, come sul digitale applicato, sulla capacità di far rete applicata; dobbiamo valorizzare la nostra professionalità. L esperienza di Luca Dini ci può dire molto su questa capacità. LUCA DINI Noi (associazioni culturali) per la prima volta abbiamo la possibilità di essere non solo fruitori, ma anche propositori: questo è il passaggio fondamentale. Perché? Sia come italiani, sia come uomini di cultura abbiamo sempre visto i progetti europei come forma sussidiaria di finanziamento che non arrivavano da altre parti, ma in una sostanziale incomprensione dei principi che portavano a quella forma di finanziamento. Cioè, il progetto europeo non ha mai calzato al nostro sistema di pensiero, non ha mai calzato sul nostro modo di lavorare e questo è una politica europea, ci sono di mezzo pesi e misure fra stati, fra idee, fra chi ha più patrimonio culturale e altri, invece, che hanno altre paure di altri tipi e magari preferiscono investire su Horizon 2020 perché hanno le industrie di sviluppo, perché hanno la ricerca e hanno paura che magari il sud utilizzi in maniera strana, dal loro punto di vista, quello che è un loro patrimonio culturale vivente. Questo, per noi, è il primo punto fondamentale e penso che per noi sarà fondamentale poter partecipare a questo processo di sviluppo, perché ci pone in una condizione in cui ci siamo trovati anche con alcuni partecipanti a questa tavola rotonda ad un altra tavola rotonda, quella di Confesercenti. C è un problema di passaggio del mondo della cultura e dello spettacolo: da essere percepiti come fruitori di risorse a essere invece parti del sistema: questo è il passaggio che chiediamo. Prima si parlava di piccole e medie imprese, di industria; noi abbiamo questa doppia identità: di essere industria ma di essere creativi, di essere no profit; e questo vogliamo rivendicarlo, non solo per avere più risorse, ma per essere riconosciuti come parte di un sistema. A questo punto si parla non solo della parte di risorse che vanno sulla cultura, ma anche di welfare, di formazione, di progetti giovani e, tema centrale, di accesso al credito; perché, molte volte sulle industrie, intese in senso generale, sulla produzione vengono investiti molti più soldi che non sulla cultura; ma quelli sulla cultura fanno più effetto perché sembrano buttati via. In realtà il sistema produttivo riceve più contributi (giusti) per lo sviluppo, che in questo momento è un tema nazionale, un tema europeo. La cultura va intesa non solo come distribuzione della cultura, ma come produzione della cultura, perché su questo noi siamo vicini alle entità produttive e noi vogliamo produrre, dobbiamo produrre, non possiamo solo distribuire; non possiamo solo pensare al marketing culturale di qualcosa che esiste già, perché se fosse stato così tutto questo non sarebbe esistito; perché, ad un certo punto, qualcuno ha pensato di investire sul contemporaneo e sulla produzione. Questi due termini ci farebbe molto piacere che fossero inseriti in qualche modo nell agenda insieme a tutti e 12 i settori, ecc.. Ma il problema della produzione non c è nemmeno nel cinema; se non che il cinema ha canali completamente diversi e ha risorse finanziarie diverse; l abbiamo visto nella legge italiana che sta nascendo: con la tax shelter e il tax credit riesce a sopravvivere; ma il mondo della produzione performativa e delle arti plastiche in qualche modo non funziona con questi sistemi, ha bisogno di una redditività: su questo noi concordiamo. Tuttavia, la redditività va vista a livello di sistema; cioè, a livello di sistema vuol dire che una società riesce a pensare a se stessa nella sua complessità, nella sua

13 totalità e anche nella sua visione del futuro. Perché noi qui ci stiamo giocando il futuro. L ho detto nell incontro con Matteo Renzi alla Pergola: chi fa cultura e chi fa politica fa lo stesso mestiere; noi progettiamo futuro; e questa cosa è centrale; questa relazione fra progettazione della cultura e idea di una relazione della societas, della polis, diversa è quella che noi possiamo forse in questo momento meglio proiettare anche a livello europeo e non solo a livello nazionale. È chiaro che su questo ci vuole una posizione chiara da parte delle istituzioni italiane. I contributi, i progetti europei, non possono essere sussidiari di un mancato investimento da parte delle istituzioni; per es.: una delle tendenze europee è l investimento sulla mobilità e non a caso il nostro festival si chiama mobilità dell arte; ma quando si dice questo in Europa significa investire su una modalità dando per scontato che esistono istituzioni vive, funzionanti, che hanno risorse certe, pluriennali mentre, invece, per noi la mobilità molte volte è un modo per fare sussidiarietà di risorse che non ci sono; allora su questo ci deve essere un patto sociale chiaro. Un ringraziamento particolare va al Sole 24 ore per la sua scelta di schierarsi a fianco della cultura e della produzione culturale che ha creato una marcia diversa nel Paese. ANTONIO SCUDERI Un ruolo importante in questo campo l ha avuta l esperienza di Florens; esperienza giovane in termini di tempo, ma molto matura nelle nostre teste, perché dal territorio e dal mondo delle imprese è partita Florens, per parlare, divulgare ma anche lanciare proposte concrete sul tema del capitale culturale, come vantaggio competitivo su cui noi non possiamo più perdere tempo, in una prospettiva decisamente europea; in questi giorni lavorando con Florens sull evento del prossimo novembre toccavamo temi come quelli del contemporaneo e della produzione creativa, perché sentivamo il bisogno di non appiattirci sul terreno dei beni culturali tout court: sarebbe un grande errore; non esiste valorizzazione del passato senza nuova produzione; e in questo senso siamo tutti molto interessati di sentire da Giovanni Gentile quale prospettiva apre Florens anche nel 2012, di cosa si parlerà, qual è l evoluzione del dibattito, su quali punti ci stimolerete tutti alla riflessione e all azione concreta. GIOVANNI GENTILE Cos è Florens? Noi siamo sempre dibattuti fra una serie di temi: quelli di natura più intellettuale e altri di natura più pratica; ma su questi ultimi ci dobbiamo, poi, confrontare. Problemi pratici, significa, quasi sempre risorse e su questo vorrei fare una velocissima parentesi riprendendo quello che ha detto Luca Dini poco fa rispetto a quello che l On. Costa ci ha detto su Europa Creativa e cioè che, pur essendo risorse abbastanza limitate (perché sono su 27 Paesi, divisi in tanti anni, ecc. e, quindi, questi numeri che sembrano tanto alti, in realtà son bassi, tuttavia, quelle risorse che vengono dall Europa, come diceva Luca Dini, non devono essere considerate come sussidiarie: questo è un concetto fondamentale. Il nostro Paese si deve impegnare su questo; tutti noi ci dobbiamo impegnare su questo terreno; successivamente, l Europa deve intervenire, ma non deve essere visto come intervento di aiuto, per il fatto che da noi non ce la facciamo; non è così, questo è profondamente sbagliato. Potrei aggiungere qualche considerazione di carattere generale sul fatto che Florens è nata come un iniziativa, a Firenze, in Confindustria (pensata, studiata e realizzata in Confindustria) con la prima edizione nel novembre Florens nasce dagli industriali. Questo si collega bene con quello che ha detto Antonio Scuderi sul Sole 24 Ore e non a caso in questa occasione collaboriamo insieme e siamo fortemente collegati. Florens è nata dagli industriali, dalla confederazione degli artigiani (CNA Firenze) e dal primo gruppo bancario italiano, Gruppo Intesa e Cassa di Risparmio di Firenze. Il mix è molto

14 interessante: industria, artigianato e finanza. È anche molto originale, perché non dovrebbero esserci precedenti in Italia; il che significa e ritorno al discorso che facevo prima: cominciamo noi a fare le cose e poi l Europa ci deve seguire. Nel nostro piccolo, con tutta la modestia del caso, credo che siamo un esempio di qualcosa di abbastanza originale veramente; in più, è un iniziativa che nasce in forte collegamento con le istituzioni: non a caso tutto il grosso di Florens dell altra edizione e soprattutto quella di quest anno, vivrà in queste stanze (Palazzo Vecchio). L iniziativa prescinde dalle temperie politiche del momento, perché nasce sostanzialmente in ambito privato; quindi, ha l ambizione di sopravvivere alle diverse stagioni politiche che si possono presentare via via, in una città pur importante come Firenze: Do alcuni dati dell ultima edizione: più di 300 relatori internazionali, è durata 8 giorni, il forum internazionale 3 giorni, ci sono stati eventi pubblici come il David messo sulla scalinata del Duomo, ecc.; tutti eventi che hanno portato in piazza circa 150mila persone; insomma Florens ha movimentato la città, ha dato l impressione della città che si riassume un ruolo e un identità che non era più così percepita; questo è frutto anche di una stagione politica che stiamo vivendo a cui noi stiamo cercando di partecipare nel nostro piccolo. A questo proposito segnalo che c è stato un rapporto europeo che ha studiato Florens: Good policies and good practicies to tackle urban challenges, in cui si sostiene che questa di Florens è una delle 8 cose che si son fatte in Europa; questo per dire che il tentativo di un nuovo modello è stato riconosciuto (a livello internazionale, europeo) ed è lusinghiero per il lavoro che abbiamo fatto. Voglio anche sottolineare il lavoro fatto da Il Sole 24 Ore per il Manifesto per la cultura, cui noi abbiamo aderito subito, diventando partner in questa iniziativa con Florens e in novembre 2012 i nostri incontri si apriranno proprio con Il Sole 24 Ore, che farà il punto su questa loro iniziativa, che ritengo un fatto nuovo, sottolineando ancora che esce dall ambito della Confindustria. Il Sole 24 Ore ha fatto una cosa molto interessante e lo dico con un po meno modestia di altre occasioni: se queste tematiche che ha esposto così bene, noi le avevamo veramente sollevate con Florens, proprio anche negli stessi termini che il Sole 24 Ore ha usato, possiamo veramente dire di essere stati dei precursori su questo settore. Sono d accordo sul fatto che la parola cultura nei programmi di governo non c è, come dice Antonio Scuderi. In quella sede, tra le prime reazioni che ha avuto Il Sole 24 Ore, c è stata una dichiarazione di Lorenzo Ornaghi, Corrado Passera e Francesco Profumo, che segnalo come sia la prima volta: oggi, come in altre occasioni nella storia del Paese, le prospettive di ripresa e di tenuta della coesione sociale sono legate a processi di cambiamento che scaturiscono e sono guidati, se vogliono farsi fondamenta solide di sviluppo duraturo, soprattutto da una spinta culturale. Poi però, nei programmi del governo c è poco. In Europa, poi, ci sono state importanti dichiarazioni del Ministro danese per i Beni e le Attività Culturali, Effe Elbaek e della Commissaria Androulla Vassiliou: per noi europei è il momento di comprendere che il nostro settore culturale rappresenta un formidabile serbatoio di speranze e idee e nuove prospettive di crescita economica per uscire dalla crisi. Queste sono cose che noi sottoscriviamo in pieno. Abbiamo detto un po provocatoriamente, al lancio della precedente edizione di Florens, che questa è un iniziativa culturale ma che, in realtà, noi la consideriamo anche un iniziativa di politica industriale e l abbiamo detto due anni fa, non oggi e siamo partiti proprio da un analisi delle attività delle PMI del territorio, qui, di Firenze, che rappresenta uno spaccato importante per questo tema. Noi abbiamo, poi, tirato fuori anche un Florens index, che qualcuno può considerare un po teorico, cioè gli investimenti in cultura quanto rendono? Cito il Florens index di due anni fa: 100 euro di spesa in cultura generano 249 euro di PIL e ben 62 euro nella sola industria manifatturiera. Io non credo che siano cifre cervellotiche. Spesso queste cose sono ritenute poco importanti, però io ci credo abbastanza; noi andremo avanti su questo. Una delle sessioni più importanti del prossimo Florens sarà quella diretta dal prof. Walter Santagata e cioè industria creativa (la Direzione

15 Culturale è composta anche da Andrea Carandini, del Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici e da Mauro Agnoletti, studioso del paesaggio e del paesaggio rurale dell Università degli Studi di Firenze; sono previste tre sessioni dirette da loro; sarà un iniziativa importante e densa di contenuti; lo sforzo e l ambizione sarà di distillarne i risultati; anche questa volta vi saranno 300/350 relatori da tutto il mondo, riunirti in pochi giorni, anche perché non è una cosa sterminata: il forum internazionale è di tre giorni, il convegno de Il Sole 24 Ore sarà di un giorno, poi ci sarà Federculture, il Touring, ecc.. Io credo che sia un compito di tutti noi far passare, nell opinione pubblica, non negli addetti ai lavori, il concetto che la cultura è un driver trainante, sul piano economico; se vogliamo uscire dalla crisi questo è uno dei driver che dobbiamo seguire e di questo sono assolutamente convinto. Tuttavia, non tutti lo sono e il fatto che il Governo non citi la parola cultura vuol dire che nell opinione pubblica ancora questa parola viene considerata un lusso e uno spreco; questo è il grande problema e per questo sono grato a Il Sole 24 Ore che la ripresa in maniera mediaticamente forte, perché se non riusciamo a convincere gli italiani che la cultura non è un costo, bensì è un investimento, noi perdiamo la nostra identità. Il problema della cultura è un problema del futuro, di identità, perché noi nella globalizzazione se perdiamo l identità perdiamo tutto; quindi noi dobbiamo assolutamente lavorare su questi temi, che sono un pochino proiettati nel tempo, non sono cose di domattina, ma sono assolutamente fondamentali; noi nella globalizzazione rischiamo davvero di perdere; basti pensare che, in pochi anni, in Cina nascono 1000 musei. Noi vogliamo che la nostra cultura sia centrale o vogliamo essere marginalizzati? Sono temi vitali. La nostra filosofia è questa e spero che, anche, l Unione Europea percepisca che ci stiamo attivando. Noi le risorse ce le siamo trovate; però adesso dobbiamo crescere, magari facendo dei partenariati transnazionali. ANTONIO SCUDERI Colgo uno spunto di Giovanni Gentile quando ha fatto cenno a pubblico e privato: uno degli elementi fondamentali e di criticità che emerge in questo mondo è l enorme macchinosità nello stabilire alleanze di progetto per fare le cose tra pubblico e privato; ci arrampichiamo, anche noi imprese grandi, sugli specchi, come anche gli Enti Locali, per trovare le formule di lavoro, di partenariato, che possono essere più veloci della macchina burocratica; sembrano cose scontate, ma è in grande problema; personalmente è la prima volta che mi trovo a parlare con un esponente della politica che si impegna sulle cose. FABRIZIO GRIFASI Due parole per introdurre Fondazione Romaeuropa: è una Fondazione privata che esiste dal 1986; ha un sistema di governo e una nascita un po particolare: è nata, per iniziativa dell Accademia di Francia e dell Ambasciata di Francia, nel 1986 a Villa Medici a Roma; a questa impronta francese si sono poi aggiunte il Goethe Institute, il British Council, l Accademia di Spagna, che sono stabilmente presenti nel nostro Consiglio d Amministrazione; ciò significa che queste sedi diplomatiche e istituti culturali europei sono in un certo senso i nostri azionisti di riferimento; col tempo sono poi entrati Comune, Regione e Provincia, l Università degli Studi di Roma Tre e la Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Roma; per cui il sistema di governo di Romaeuropa è abbastanza unico in Italia e in Europa. Cosa fa la Fondazione? Da 26 anni (quest anno sarà la 27 a edizione) organizza un festival che si chiama Romaeuropa, che si svolge nei mesi di ottobre e novembre e conta circa presenze; presenta oltre 40 eventi ed è totalmente interdisciplinare alle arti dello spettacolo e alle arti televisive ed è, soprattutto, dedicato alla creazione contemporanea, quindi l orizzonte, la mission di Romaeuropa è sempre stato lo sguardo all innovazione e al

16 cambiamento, ai grandi maestri, ma anche a un grande sostegno generazionale dei creatori, quindi giovani compagnie, in Italia, in Europa, nel Mondo. Con questo dna costitutivo, la spinta francese, tedesca, inglese, degli altri paesi europei e ovviamente italiana, a essere presenti e a lavorare in un orizzonte di reti europee è stata per noi fin dall inizio essenziale. Questo cosa significa? Significa, intanto e prima ancora di un aspetto meramente economico, che è stata l opportunità e la necessità di lavorare in un contesto di scambi, di circuitazione, di coproduzioni, di collaborazione; ovviamente legate agli spettacoli ai progetti culturali, ma prima ancora a un contesto di scambi di ordine esperienziale; la possibilità cioè di trovarci con i colleghi di altri festivals e di altre organizzazioni europee e poi in giro per il mondo, a condividere punti di vista a volte diversi, modalità di lavoro diverse e comprendere la necessità di lavorare assieme, che significa lavorare in una maniera orizzontale in quella che oggi è la logica delle reti che si articola. Questo processo è stato costruito in oltre 20 anni; ovviamente questo tipo di impostazione ci ha portato ad essere presente molto rapidamente in Europa, nei programmi europei, fin dal primo caleidoscopio, che è stato il programma precedente, di Cultura 2000 (metà degli anni 90); questo processo ci ha portato, per tutta Cultura 2000, a costituire ed essere partner di una serie di reti che si sono costituite; per es. la rete Varese, che è stata la prima rete dei festival di musica del nostro tempo d Europa e che ha avuto tre finanziamenti da Cultura 2000 (2 triennali e quest ultimo quinquennale); la rete ton d image che ha avuto 2 finanziamenti (sono tutte reti costituite dal almeno una quindicina di soggetti diversi; la rete ton d image è costituita con il canale televisivo, franco tedesco, Arte e una dozzina di soggetti attivi tra festivals) esattamente sul rapporto tra l immagine e la scena performativa; l ultima rete della quale siamo partner e che ha appena vinto il bando dell ultimo Cultura 2000, si chiama Theatron: è una rete di 15 strutture che al suo cuore il tema dello sviluppo dei nuovi pubblici; il tema, la mission di Theatron è developing new audience; è una rete mista, nel senso che oltre a incorporare festivals, teatri, ecc., incorpora anche l Università di Berlino, un centro di ricerca, marketing e sviluppo di Dresda, perché sono funzionali al tipo di lavoro in base al quale abbiamo vinto un grant di 2.5 milioni dall Unione Europea su 5 anni al quale apporteremo altri 2.5 milioni come rete, quindi globalmente questo è un progetto da 5 milioni. Queste esperienze europee e i temi che giustamente sono stati sollevati, cioè il rapporto fra pubblico e privato, la questione dell identità, la visione del contemporaneo, la questione dell innovazione, dell innovazione tecnologica, la trasformazione della nostra società, sono esattamente i temi che le organizzazioni culturali hanno davanti a loro. Noi non possiamo sfuggire e non dobbiamo sfuggire, pena l estinzione del senso e del significato dell esistenza delle organizzazioni culturali stesse; parlo di organizzazioni culturali, sapendo che parlo di organismi molto diversi: organismi pubblici, di formazione ministeriale, costituite dagli Enti Locali; parlo di organismi privati; parlo di organismi ibridi; parlo di forme e sappiamo quanto anche negli ultimi anni la società civile si è organizzata, trovando delle nuove forme di organizzazione e spesso il legislatore non è nemmeno in grado, in qualche modo, di fotografare e di raccontare come la società si organizza attorno alle grandi questioni, tra cui anche quella della produzione culturale. Se non raccogliamo queste sfide è chiaro che, in qualche modo, noi siamo fuori dal tempo, dalla storia: è un rischio molto importante; però è una sfida straordinaria, un opportunità straordinaria; Europa Creativa, si inserisce esattamente in questo tipo di sfida. Romaeuropa si è un po messa in movimento intorno a queste questioni negli ultimi anni e ha affiancato a quello che sono i propri campi di intervento storico, tutto un processo di riflessione sulle questioni dell innovazione. Che cosa significa per un organizzazione culturale come la nostra che pure ha nel suo dna il contemporaneo? Concretamente cosa dobbiamo fare? Siamo partiti nel 1989 grazie ad una partnership con Telecom, che ancora dura e che abbiamo rinnovato e assieme con Telecom abbiamo creato una piattaforma che si chiama Romaeuropa Web Factory; noi non avevamo mai fatto un esperienza di questo tipo perché siamo sempre stati nel reale dei palcoscenici; questa è stata un esperienza straordinaria per noi.

17 In che cosa consisteva la Romaeuropa Web Factory che abbiamo fatto per tre anni? Consisteva in una piattaforma con una serie di contests, di concorsi aperti ad users generate contents; una parola che prima del 2009 non avevamo mai frequentato; per noi era, più o meno, la comunità degli artisti, la comunità dei creatori, la comunità dei creativi; ma, in qualche modo, l idea di rivolgerci direttamente ad un pubblico indistinto, a una comunità indistinta della rete, è stato per noi un salto culturale, esperienziale assolutamente straordinaria; abbiamo lanciato quindi una serie di concorsi, contests, molto vari e anche molto lontani, rispetto a quella che è la nostra esperienza; c era la musica elettronica, c era la video art, la scrittura creativa, per es. le applicazioni, le apps; il meccanismo prevedeva l accesso a una community; si è costituita, quindi, una community online di oltre persone; abbiamo dovuto imparare a dialogare e che cosa significa moderare, gestire e curare una community; abbiamo ricevuto 800 progetti ogni anno; abbiamo accettato un meccanismo democratico di voto; nelle organizzazioni culturali, voi sapete, che quando si fa un festival c è un direttore artistico, che sceglie le sue linee, ecc.; abbiamo messo in discussione questo; abbiamo creato un comitato scientifico, ma abbiamo bilanciato questo rapporto col voto della rete, con l orizzontalità; abbiamo messo tutto su creative commons, nel senso che noi eravamo fermamente legati al mondo del diritto d autore come codificato per i produttori dello spettacolo dal vivo, ma dopo il primo anno ci siamo resi conto (il primo anno abbiamo riproposto questo stesso meccanismo, potete immaginare: ci siamo fatti uccidere ) che non accoglieva consenso; al secondo anno abbiamo messo tutto si creative commons, lasciando quindi ai singoli produttori di contenuti, che uplodavano il loro files con il loro progetto, la libertà di scegliere quale diritto utilizzare, se autorizzare i mashups, se autorizzare i remix, se autorizzare tutte le forme di ibridazione; l hanno fatto quasi tutti; da questa esperienza della Web Factory, che è finita nel 2011, noi abbaiamo acquisito dopo da Telecom l intera piattaforma, con tutto lo storico ovviamente, che è uno strumento che abbiamo a disposizione, parallelamente abbiamo lanciato un programma di dirette streaming, su Telecomitalia.com (il sito generalista di Telecom, quello dove normalmente si va a vedere un problema della bolletta telefonica), dei nostri spettacoli, con annessa chat critica durante lo spettacolo, con tutto quello che normalmente si fa quando si fa una diretta streaming di un progetto di questo tipo. Ormai siamo al quarto anno che facciamo queste dirette streaming con Telecom; ma soprattutto da questa esperienza è nata una seconda gamba, che si chiama Digital Life; è un progetto che abbiamo lanciato nel 2010, in occasione dell apertura della pelanda a Roma (che è un pezzo della ristrutturazione del mattatoio di Roma); l abbiamo lanciato con la CCIAA di Roma; abbiamo incluso Filas, che è l agenzia regionale per lo sviluppo tecnologico, il Cattid, il Centro di ricerca della Sapienza di Roma Uno; abbiamo lavorato con il Nokia University Program, sempre, poi, in una partnership più generale con Telecom. Che cos è Digital Life? E allo stesso tempo una mostra dedicata al rapporto tra creatività e new media a cui, nel 2010, abbiamo invitato l Università di Sidney a presentare Ivy, che è il primo esperimento di teatro completamente immersivo con una serie di progetti d artista e una mostra oppure, lo scorso anno, abbiamo chiesto ad un gruppo performativo romano di lavorare con una società del polo tecnologico romano su radio frequency identification, motion capture, realtà aumentata; quindi è un momento espositivo nel quale l esperienza creativa, l esperienza artistica e quella delle nuove tecnologie si incontrano; è un momento di riflessione perché ha tutta una serie di talks, di incontri in cui questi mondi sono in grado di dialogare assieme e a tutto un corollario di eventi. La prospettiva che ci viene tracciata di Europa Creativa da Silvia Costa, le esperienze che sono state raccontate attorno a questo tavolo, ci dicono che un orizzonte di cambiamento è assolutamente necessario, maturo e possibile; esistono già in Italia delle esperienze che si muovono in questa direzione; a queste esperienze Il Sole 24 Ore sta dando visibilità e attenzione; dobbiamo accettare questa sfida di cambiamento e, anzi, dobbiamo renderci conto che la questione della trasformazione delle organizzazioni culturali, dell esperienza dello spettatore è essenziale e vitale; dobbiamo però sempre ricordarci che all interno di tutto ciò rimane la tutela del lavoro degli artisti, capire e comprendere che spesso l innovazione e la ricerca artistica sono fragili, che non producono subito, immediatamente

18 un benefit economico e che vanno tutelate, perché sono esattamente come la ricerca scientifica, di cui a volte spesso non si bene gli esiti, ma ci è necessaria. Se noi teniamo assieme tutti questi elementi, abbiamo le carte e la strada per poter lavorare. ANTONIO SCUDERI Un esperienza molto giocata in Europa ce l ha anche la Dott.ssa Linda Loppa, che ha lavorato moltissimo nella terra di mezzo, dove c è la moda, c è l arte, c è la produzione culturale; una per tutte: ha diretto quel gioiello europeo che è il Museo della Moda di Anversa e poi ha deciso di scommettere sull Italia, lei che in parte è italiana di origine, venendo a dirigere nel 2007 Polimoda, che è una scuola di moda, ma anche un centro di produzione culturale. LINDA LOPPA E per me un grande onore poter parlare della cultura, ma soprattutto della cultura della moda. Potrei iniziare questa riflessione parlando di Polimoda, di come siamo bravi a fare formazione, di come abbiamo introdotto un linguaggio culturale nel settore moda e anche dire che gli studenti, i docenti, gli stilisti, i managers, gli scrittori, i bloggers, vivono in due mondi, quelli reali e quelli virtuali. Parliamo di moda: abbiamo visto l apertura virtuale di Valentino e, dunque, questo mondo ci è molto familiare. Se si parla di moda si parla di evoluzione, rivoluzione e futuro. Guardiamo ogni tanto al passato per capire il futuro e quella è la ragione importante dell esistenza degli archivi e delle biblioteche. Ma le innovazioni vere partono dalle emozioni e queste emozioni le dobbiamo trovare nella nostra vita quotidiana. Per me è essenziale, dunque, parlare di queste emozioni. Giovedì scorso al Museo Marino Marini, Alberto Salvadori ha inaugurato una mostra veramente coraggiosa, una performance e, devo dire, mi è tornata la speranza. È vero avevo perso la speranza. Non solo per questa città, ma anche per l Europa. Mi chiedevo: i fiorentini sono interessati a questo futuro, a questa città, ai loro musei che non visitano? Perché sono visitati solo dai turisti? Capisco che non ci sono innovazioni. Non ci sono confronti fra i nostri maestri, per esempio del 500 e i nostri giovani creativi di oggi. Gli spazi sì, li capiscono, gli stilisti li trovano quando c è Pitti Uomo, li invadono, fanno istallazioni, poi partono. Magari vi chiedete perché io parlo sempre di cultura invece che di moda e di formazione. Perché la moda non è niente di interessante senza la cultura; perché la moda può essere un motore per stimolare la cultura, confronti tra bellezza e economia. The culture industries, raccontato da Richard Florida 10 anni fa aveva già questa forza e ci aiuta a capire perché sotto il cappello che si chiama cultura si crea potenziale lavoro. Parlerò, adesso, delle capitali europee culturali perché lì ho avuto un esperienza personale. Nel 1993, ad Anversa, la mia città precedente, città creativa e culturale, hanno creato attività culturali per stimolare l economia. Personalmente ho avuto il privilegio di creare una mostra ad Anversa; un grande stimolo personale, ma anche un grande stimolo per la città, per la cultura, perché eravamo dentro tutte le arti: design, architettura, pittura, moda, scultura; per me è stato un momento chiave nel mio percorso professionale. Un altro stimolo l ho avuto qui a Firenze, nel 1996; looking at art, looking attraction era una biennale in cui Firenze era al centro del mondo dell arte e della moda; eravamo tutti qui: i miei amici, la moda, i designers, gli artisti, per vedere cosa succedeva qui a Firenze. Jean Paul Gautier al Museo della Specola, Marta Margella al Museo Bardini, Prada a confronto con Damien Hirst e Pucci a Palazzo Vecchio. È stato uno dei momenti chiave della moda e dell arte nel mondo culturale negli anni 90.

19 Nel 1998 diventai Direttore del Museo della Moda di Anversa e iniziai a creare mostre in uno spazio che era da costruire dall inizio; senza timeline, senza spiegare; mostre per stimolare il visitatore, per capire, per vedere e senza l utilizzo dei sistemi audio che si usano oggi nei musei: personalmente, non sono contraria a quei sistemi, ma penso che non si debba utilizzare solo quelli. Adesso io sento che siamo fermi. C è un silenzio assoluto. A mio parere succede poco; Zaha Hadid sta costruendo i suoi palazzi in Cina; la moda entra nei Malls e i Malls sono di moda; la cultura è ridotta al mangiare, alla festa e anche quando si visita il salone del mobile, con tutto il rispetto, si vedono le persone per strada a bere, a parlare, a mangiare. Gli stimoli arrivano da internet, dal mondo liquido, dal mondo virtuale: youtube, blogs, discutiamo on line, guardiamo le sfilate su style.com o via streaming; alcuni stilisti fanno le sfilate ancora on the ground, o vivono in un garage, discutono e vanno al contrario dell establishment. A novembre ero a Londra e ho visitato la mostra Post Modernism Style and Subversion : ho capito un periodo che, personalmente, ho vissuto come un espressione estetica che non era la mia; lo odiavo; invece, visitando questa mostra ho capito perché era nato quel movimento del post modernism. Grazie ad una libertà di fare errori, collage, dibattiti e performances era possibile provocare e giocare. Oggi è tutto, scusate, un po piatto; il mondo è vecchio è un po stanco e capisco che non sarà facile dare stimoli per far nascere nuove iniziative. Oggi esiste la paura dell innovazione; oggi siamo in attesa di qualcosa, ma non sappiamo cosa; aspettiamo; questo accade perché non siamo stimolati. Ho letto i vostri documenti con attenzione e trovo veramente fantastico che possiamo guidare i giovani nella creazione di nuove aziende. L incubatore d impresa è per me veramente un progetto sul quale punto molto e ci tengo molto; stimolare, anche, la formazione con eventi e mostre, stimolare la città a innovarsi, sviluppare un minor numero di progetti, ma più di qualità, mi sembrano segnali positivi. Capire i bandi e i progetti che voi proponete, capire i dossier mi sembra veramente un lavoro difficile e complesso e vi faccio i complimenti per questo. C è però speranza; e anche ieri, nella conferenza stampa di Pitti Uomo a Milano, ho visto che ci sono segnali positivi di ripresa; c è la voglia di innovare; c è la voglia di aiutare i giovani stilisti e artisti a creare eventi, concorsi o sfilate. Ora, torno un po ai miei stimoli personali, che sono l arte, la cultura, la cultura della moda. Personalmente, credo in un progetto unico, grandioso, ambizioso, di grandezza e di bellezza, che farà rivivere e battere il cuore dell Europa. Città culturali europee sì, ma città che si collegano nel mondo culturale e nel mondo globale. Per concludere in ottimismo vi parlo del progetto Momenting the Memento che ho presentato a Jaipur in una fondazione in cui siamo tutti insieme, noi scuole di moda di altissimo livello: We need a post[mode]rn [Flo]re:science, a Renai[chance] for our city, actually looking like an [ego]nomically H&Mized Louis Vuit[town] tuned on a dead Chan[n]el n. 5. È un gioco di parole. Florence needs a conversational project to heal from the small city syndrome, to become once again city on the move; a large collage of interconnected activities of parallel universes minds and streets. It needs to become and urban laboratory, gathering visual and plastic art fashion, architecture, writing and poetry and theatre as well as science. It needs new blood, a contamination of heterogeneous points of view, an injection of thoughtful creativeness; it needs a production of reality, educational moments where the city is not exhibited but is exhibition itself. A performative milieu with augmented metabolism able to investigate non applicable models. It needs a non target oriented educational moment, where unpredictably failure and error are allowed to happen. Florence lives magic and fears, like every city today; it s not Las Vegas, the city without errors, or Disneyland, the adventure without risks; it s the nicest place; it s not Mc Donald as Andy Wharol once sarcastically said; education is not instruction; it s not the object of

20 study, but the work to make; so let s take fashion out of its reliquaries; let its renaissance shine again out of the current multiclustered conflictual but also convergence spirit of time. La mia proposta per l Europa, dunque, è un progetto di città culturale, per non parlare solo di noi stessi, di come siamo bravi, belli, buoni, ma per collegarsi al mondo fuori dell Europa. Noi siamo talmente collegati che dobbiamo avere una visione molto ampia della cultura e penso che questo dibattito possa aiutarci a capirlo meglio. ANTONIO SCUDERI La Dott.ssa Loppa ha illustrato il tema dei territori e delle città, soprattutto; dell ambiente che si crea nelle città; della sinergia che si crea tra città e produzione culturale e della capacità attrattiva che la cultura genera verso le città; credo che questo sia un tema su cui il Prof. Walter Santagata ha lavorato molto e al quale cedo la parola. WALTER SANTAGATA In realtà il tema delle città creative è un tema molto importante. Le cose che pensavo di dire sono un po a commento dei documenti che l On. Silvia Costa ha presentato su questo programma di Europa Creativa e che lei ha sostenuto e continua a seguire con grande dinamismo e passione. Tre punti: 1) sono molto contento quando si parla di industrie creative, perché vuol dire che ci si muove da un iniziale, forse un po vecchia politica di conservazione della cultura e dei beni culturali, a una nuova e molto più impegnativa politica di produzione di cultura. E chiaro che un industria creativa richiede un attività produttiva; è chiaro, anche, che quando noi pensiamo alle politiche culturali di conservazione pensiamo a fenomeni che hanno risvolti giuridici: protezione legale, legislazione di tutela del patrimonio, ecc.. Quando, invece, pensiamo di industrie creative siamo obbligati a pensare a filiere produttive come in tutte le industrie e, quindi, siamo obbligati a pensare in termini di fasi, di produzioni, di concezioni di prodotti, di mobilitazione delle idee e poi di realizzazione degli stessi; infine, ma anche di fasi importantissime, come la distribuzione internazionale dei prodotti culturali e il consumo che se ne fa a livello internazionale, di cui si è parlato anche in termini di uso di nuove tecnologie. Tutto questo per dire che sono molto contento che questo programma cresca e che consenta di muoversi verso nuovi traguardi nella produzione di cultura. A questo riguardo, il nostro Paese soffre di qualche problema. In un libro di qualche anno fa, che si chiamava La fabbrica della cultura, incominciavo con una storia di fiction dicendo: immaginiamo che Leonardo ritorni in un viaggio fantastico a Torino; a Torino perché raccontavo Leonardo che gira, che lo portano a vedere il suo autoritratto, ecc.; questo personaggio però aveva sempre nell arrière pensée una domanda che non riusciva a fare, ma che alla fine fa ai suoi ospiti torinesi, dicendogli: beh, ho visto queste macchine che si muovono, che parlano, ecc., ma dove sono i vostri artisti? Dove sono i vostri scrittori? Dove sono i vostri pittori? Purtroppo le risposte dei torinesi erano delicate, spesso sfuggenti; dov è che fabbricate la vostra cultura, oggi? Questo è il vero problema. Questo si riaggancia a Europa Creativa per un altro aspetto: non dobbiamo pensare che su tutti i settori della creatività l Italia debba sempre, in ogni fase storica, avere una posizione di assoluta eccellenza. Voi sapete, abbiamo avuto negli anni 45, 50, 60 un grande cinema, dal neorealismo alla commedia italiana; oggi non è più così. Abbiamo avuto grandi scrittori; della mia regione basta citare Giuseppe Fenoglio, Cesare Pavese, Giovanni Arpino, ecc.; oggi purtroppo non li abbiamo più. Voglio dire che la cultura e la produzione di cultura è qualche cosa che ha delle dimensioni cicliche, spesso legate alla vita di intere generazioni e quello che oggi, però, rappresenta una capacità italiana importante, cioè di rappresentare nel mondo la propria cultura, è proprio su quei temi che noi chiamiamo della

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