Atlante dei prodotti Dop e Igp dell Emilia-Romagna

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1 ASSESSORATO AGRICOLTURA, AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE ASSESSORATO AGRICOLTURA, AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE Atlante dei prodotti Dop e Igp dell Emilia-Romagna Seconda edizione Supplemento ad Agricoltura n. 6 - Giugno 2003 Direttore responsabile: Franco Stefani Reg. Trib. di Bologna N del Progetto grafico e impaginazione: Editing srl, Milano Stampa: Litosud srl, Roma Atlante dei prodotti Dop e Igp dell Emilia-Romagna SECONDA EDIZIONE I SUPPLEMENTI DI 16 Atlante dei prodotti Dop e Igp dell Emilia-Romagna Seconda edizione ALBERTO VENTURA - Servizio Regionale Valorizzazione delle Produzioni

2 Errata corrige Nel supplemento n.16 Atlante dei prodotti Dop e Igp dell Emilia-Romagna Seconda edizione, 2003, alcuni dati sono stati stampati in modo errato. Ecco quelli corretti. Pag. 30 (Salamini italiani alla cacciatora) - Per informazioni: Consorzio Salamini Italiani alla Cacciatora - Milanofiori, Strada 4- palazzo Q8, Rozzano-Milano Tel Fax info@isitsalumi.it Pag. 40 (Mortadella Bologna) Per informazioni: Consorzio Mortadella Bologna - Milanofiori, Strada 4 palazzo Q8, Rozzano Milano Tel Fax e -mail: info@mortadellabologna.com Pag. 42 (Zampone Modena) Per informazioni: Consorzio Zampone Modena Cotechino Modena - Milanofiori, Strada 4- palazzo Q 8, Rozzano-Milano - Tel Fax info@isitsalumi.it Sommario Presentazione di Maurizio Ceci... 3 Il lungo cammino della tradizione e della qualità di Alberto Ventura...4 Organismi di controllo autorizzati Prodotti a Denominazione di Origine Protetta...11 Prodotti a Indicazione Geografica Protetta Prodotti con richieste di Dop e Igp in corso di esame Copyright Regione Emilia-Romagna - anno 2003 Si ringrazia Luca Rizzi, del Servizio regionale Valorizzazione delle produzioni, per il prezioso contributo fornito nella consultazione e nella sintesi dei disciplinari utilizzati per le schede dei prodotti. Foto di copertina: autori vari (vedi le schede interne) Distribuzione Redazione Agricoltura - Viale Silvani 6, Bologna Tel Fax agricoltura@regione.emilia-romagna.it Servizio Valorizzazione delle Produzioni - Viale Silvani 6, Bologna Tel Fax

3 Atlante dei prodotti Dop e Igp dell Emilia-Romagna Presentazione Maurizio Ceci* Qualche anno fa venne pubblicata la prima edizione di questo Atlante dei prodotti Dop e Igp dell Emilia-Romagna. Si trattava del primo tentativo di far percepire al pubblico dei lettori di Agricoltura, ma anche ai frequentatori del nostro stand fieristico, alle scuole, ai giornalisti, a persone interessate all argomento, le principali caratteristiche di alcuni dei nostri prodotti alimentari di grande pregio. Dopo il successo di quell edizione, testimoniato dall alto numero di richieste e dal rapido esaurimento delle scorte, si è deciso di procedere alla realizzazione di una seconda edizione, con gli aggiornamenti che, col tempo, si sono resi necessari. Ad oltre dieci anni dalla pubblicazione dei regolamenti comunitari 2081 e 2082, destinati rispettivamente alla registrazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche protette e delle attestazioni di specificità, l interesse per i prodotti di qualità è sempre aumentato. In questo periodo, l attività della Regione Emilia-Romagna è stata dedicata a far sì che le prestigiose denominazioni già esistenti trovassero il loro naturale riconoscimento attraverso la registrazione europea, e che le numerose altre produzioni di alta qualità potessero a loro volta ottenere la riconoscibilità ufficiale delle loro eccezionali caratteristiche. Lo sforzo è stato grande, e l opera non può certo considerarsi completata: alcuni prodotti di pregio e di vasta notorietà attendono ancora la sospirata registrazione; altri, costretti dalla scarsa rilevanza economica a correre il rischio dell estinzione, attendono che si completino le molteplici attività messe in atto per la valorizzazione dei prodotti tradizionali e dei cosiddetti giacimenti gastronomici. Il sistema di controllo, progressivamente perfezionato, deve essere comunque reso più efficace ed esteso alla filiera completa, allo scopo di dare garanzie sempre più solide al consumatore, a costi sempre meno pesanti. Comunque, quando si decide che la scelta è produrre qualità, non esistono traguardi conclusivi da raggiungere, ma esiste piuttosto una tendenza costante al miglioramento. E sul fatto che i sistemi produttivi dell Emilia-Romagna abbiano fatto la scelta della qualità non ci sono dubbi. Il caso delle denominazioni Dop e Igp e delle attestazioni di specificità (Stg) è in questo senso esemplare: le nostre produzioni di eccellenza entrano in un sistema di garanzia ufficiale riconosciuto dall Unione europea. Le 24 denominazioni registrate fino ad oggi costituiscono la punta di diamante di un sistema di produrre qualificato dall esperienza, dall intelligenza e dalla capacità manuale e commerciale degli operatori agroalimentari regionali. Quando la base condivide queste scelte e questi sistemi, si trasmette una filosofia del produrre che genera una diffusa sensazione di qualità emiliano-romagnola che non si limita alle percezioni gastronomiche, ma comprende aspetti culturali e turistici, e con essi si completa. Restando nel nostro ambito, notiamo come questi sistemi produttivi rappresentino anche la vivacità di un mondo che non si rassegna alla legge del ribasso dei prezzi, ma intende affrontare la globalizzazione dei mercati con quella spinta verso la particolarità che ha costituito un aspetto determinante dell imprenditore emiliano-romagnolo. Una peculiarità, questa, costantemente consolidata e aggiornata attraverso un moderno atteggiamento di continua ricerca di innovazioni tecniche, coniugato alla rivalutazione di tradizioni secolari che, grazie al loro valore, riaffermano ancora oggi la loro attualità. Ed ecco che, insieme alle attività di valorizzazione delle produzioni agroalimentari per le quali è possibile certificare la provenienza, cioè le Dop e le Igp, la nostra Regione si impegna nel favorire gli imprenditori che decidono di portarsi con decisione sul terreno della qualità. Dopo le norme a sostegno dell applicazione volontaria dei sistemi di qualità certificati secondo la norma ISO 9000 e dei sistemi di gestione ambientale Emas, dal 2003 la Regione aiuta anche le imprese che intendono raggiungere l applicazione di un sistema di rintracciabilità certificato secondo la norma UNI Si tratta di un altro passaggio necessario alla qualificazione del mondo produttivo e alla soddisfazione del consumatore; un altro passo, peraltro, che facciamo in compagnia dell Unione europea, cercando di creare nei fatti la possibilità di mantenere all avanguardia le aziende dell Emilia-Romagna. Se il consumatore arriverà a riconoscere nell area emiliano-romagnola un distretto - per usare un termine oggi di moda - in grado di assicurare qualità, sicurezza e rispetto, avremo la consapevolezza di avere fatto delle scelte giuste. *Coordinatore dell Area Agroalimentare della Regione Emilia-Romagna 3

4 Atlante dei prodotti Dop e Igp dell Emilia-Romagna Il lungo cammino della e tradizione e della qualità di Alberto Ventura* (Foto Arch. Consorzio Produttori Salumi Tipici Piacentini) L Unione europea, allora Comunità economica europea, nel 1992 emanò i regolamenti 2081 e 2082, considerati due capisaldi nella politica di qualità per il settore agroalimentare. Il primo riguarda la protezione delle indicazioni geografiche (Igp) e delle denominazioni d origine (Dop) dei prodotti agricoli ed alimentari, ed ha già subito varie modifiche; il secondo le loro attestazioni di specificità (Stg). Questi regolamenti sono il punto di arrivo di un lungo dibattito che, all interno delle istituzioni europee, vedeva contrapposte due visioni diverse del concetto di protezione : quella nordeuropea e quella mediterranea. Infatti, dalle nostre parti siamo abituati a convivere con prodotti per i quali la provenienza è spesso fondamentale nel determinarne il valore, e porta con sé un complesso insieme di cultura, capacità, gusto; nell altra zona del continente essa era invece considerata poco più che la conferma del domicilio del produttore, da accertare eventualmente a livello giuridico, se necessario. Le caratteristiche che qui portano alla affidabilità di un area di produzione, là conducono alla qualificazione dell impresa produttrice; è evidente che ciò è dovuto anche al diverso tessuto imprenditoriale delle due zone. La vertenza che ha interessato la tutela della Dop Parmigiano- Reggiano e della sua traduzione Parmesan, per la quale la Corte di Giustizia europea ha riconosciuto l esclusività dell uso della denominazione, è stato un ulteriore sviluppo, non privo di dissapori, delle due impostazioni sopra sommariamente descritte. Cosa sono le Dop, le Igp, le Stg? Oggi in tutta Europa un prodotto può essere denominato con una indicazione geografica che ne definisca la provenienza solo rispettando un apposito disciplinare, cioè norme di produzione prestabilite e riconfermate durante le varie fasi che portano alla registrazione come Dop e Igp, e superando i controlli in merito all effettivo rispetto di tali norme. Altrimenti, la sua qualità può essere garantita dal rispetto di uno schema produttivo, una sorta di ricetta, anch essa definita e controllata, che in qualsiasi parte d Europa permetta di ottenere produzioni con caratteristiche di elevata qualità (Stg). Ma forse è il caso di descrivere meglio cosa nascondono queste sigle; poche frasi estratte dai regolamenti comunitari sono a questo scopo più chiare di qualunque altro tipo di spiegazione. Per Dop, cioè denominazione di origine protetta, si intende il nome di una regione, di un luogo determinato, o, in casi eccezionali, di un Paese che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare: * originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale Paese; * la cui qualità o le cui caratteristiche siano dovute essenzialmente o esclusivamente all ambiente geografico comprensivo dei fattori naturali e umani e la cui produzione, trasformazione, ed elaborazione avvengano nell area geografica delimitata. La differenza con la Igp, cioè indicazione geografica protetta, sta nel fatto che in questo caso sono una determinata qualità, la reputazione o un altra caratteristica che possono essere attribuite all origine geografica, ed è sufficiente che uno solo dei passaggi (produzione, trasformazione, elaborazione) avvenga nell area geografica determinata. Ciò che deve ritrovarsi in una attestazione di specificità (contraddistinta dal marchio Stg, specialità tradi- 4

5 Atlante dei prodotti Dop e Igp dell Emilia-Romagna zionale garantita), invece, è il carattere specifico, cioè l insieme di elementi che distinguono nettamente un prodotto agricolo o alimentare da altri prodotti o alimenti analoghi appartenenti alla stessa categoria. Inoltre, il prodotto deve comunque essere ottenuto utilizzando materie prime tradizionali, così come tradizionali devono essere la composizione e il metodo di produzione e/o di trasformazione. È evidente che una attestazione di specificità, mancando il legame con l ambiente geografico, potrà essere prodotta ovunque in Europa, a patto che venga rispettato il complesso delle norme di ottenimento e di controllo. Una migliore comprensione dell applicazione dei criteri illustrati potrà venire dalla lettura delle schede delle Dop ed Igp riconosciute o in corso di registrazione che vengono presentate in questo volumetto. Per alcune la procedura è stata semplice e rapida; altre hanno incontrato ostacoli più o meno problematici; tutte, comunque, sono l espressione di un sistema produttivo che cerca di fare del perseguimento dell alta qualità il proprio cavallo di battaglia. Le schede e la documentazione storica Nelle schede che presentiamo, relative a denominazioni che comprendono il territorio dell Emilia-Romagna, di ciascuna denominazione sintetizziamo: * il nome; * il gruppo di produttori che si è fatto promotore della registrazione; * il consorzio, o l associazione, o l ente al quale rivolgersi per informazioni in merito al prodotto; * il tipo di prodotto; * l area definita dal disciplinare; * il nome dell organismo di controllo autorizzato dal ministero delle Politiche agricole e forestali a controllare il rispetto del processo produttivo registrato. Sono alcuni degli elementi che l Unione europea ha preso in esame prima di concedere la registrazione, elementi che contribuiscono ad assicurare ai consumatori di trovarsi in presenza di produzioni di eccezionale valore. Per alleggerire la dose di informazioni, ed evitare di ripetere all infinito nozioni storiche, economiche, di tecnica produttiva, tutte contenute nei disciplinari di produzione approvati, ci limitiamo poi a qualche curiosità, alla citazione di qualche pagina rappresentativa del significato e della notorietà dei prodotti elencati. Chi avrà interesse ad ottenere informazioni più tecniche, non dovrà fare altro che rivolgersi agli enti segnalati o agli uffici regionali. Proporre brevi citazioni, accenni letterari, frammenti di ricerche, ha un duplice scopo. In primo luogo, aiuta a comprendere come i prodotti alimentari, e in particolare i prodotti tipici, siano una parte fondamentale nella mentalità collettiva, il che non è certo una novità. In secondo luogo, dà ai futuri promotori della registrazione di altre denominazioni d origine la possibilità di osservare un breve esempio di cosa si possa intendere per documentazione storica : ogni possibile accenno, di qualunque epoca, di qualunque tipo, di qualsiasi autorevolezza, alla presenza della denominazione nel tempo; insomma, non è necessario risalire per forza alla notte dei tempi per garantire la tipicità storica di un prodotto. È piuttosto consigliabile cercare di recuperare documenti che, al di là dei prevedibili superlativi utilizzati dai testi apologetici (anche considerando un eventuale superficialità di testimonianze magari autorevoli quanto appassionate e poco tecniche), permettano di misurare lo spessore storico del prodotto. A volte, la raccolta della serie di volantini promozionali di una sagra paesana risulta tanto efficace quanto la ricerca storica più rigorosa e qualificata. Il controllo è determinante La lista dei prodotti non è completa. Fino ad oggi in tutta Europa sono state registrate più di 600 denominazioni, delle quali oltre un quinto sono italiane. Come si può vedere, in Emilia-Romagna le Dop sono 13 e le Igp 11, cioè quasi il 20% delle denominazioni italiane, anche se il dato numerico non ne evidenzia l importanza economica, senz altro maggiore; circa altrettante si trova- (Foto desunta dal volume Sapori e valori dell Emilia-Romagna ) 5

6 Atlante dei prodotti Dop e Igp dell Emilia-Romagna no in corso di registrazione; per altre verranno presentate le richieste in un prossimo futuro. È probabile che alcune assenze, tra le denominazioni registrate e quelle in corso di esame, appaiano incomprensibili. Ciò avviene semplicemente perché l iniziativa di promuovere la registrazione di una denominazione appartiene esclusivamente ai produttori. Quest ultimo termine, da considerare nel senso più esteso, illustra chiaramente come una richiesta di protezione debba tenere presente i molteplici interessi degli imprenditori che concorrono alla realizzazione del prodotto: solo la loro iniziativa, se condivisa da un ampio spettro di colleghi, potrà puntare al successo, inteso nel senso di una registrazione vantaggiosa per tutti. Il mondo delle attestazioni di specificità è invece ancora tutto da esplorare, ma può dare grandi soddisfazioni, sia dal punto di vista della protezione di produzioni di grande qualità e notorietà, sia per la possibilità di dedicarsi a prodotti oggi forse poco affermati, ma di grande potenzialità. Un aspetto che unisce l applicazione dei due regolamenti è il sistema di controllo. In tutti i casi, infatti, deve essere garantito il rispetto dei disciplinari di produzione. Questa garanzia viene fornita da organismi di controllo che, autorizzati, per l Italia, dal ministero delle Politiche agricole e forestali (Mipaf), hanno la responsabilità di verificare il rispetto di ogni passaggio nel corso del processo produttivo, secondo quanto prescritto da uno specifico piano dei controlli, fino all immissione nel mercato; la loro professionalità e la loro imparzialità sono la migliore garanzia, per il consumatore come per il produttore. Deve essere ben chiaro, infatti, che una Dop, una Igp, una Stg possono essere tali solo una volta completati i controlli prestabiliti, e che una denominazione, anche se regolarmente registrata, non può essere utilizzata finché l organismo autorizzato al suo controllo non abbia accertato che tutto il processo produttivo è stato rispettato secondo le regole stabilite. A pag. 10 pubblichiamo l elenco degli organismi di controllo finora autorizzati riguardo alle Dop e Igp la cui zona di produzione interessa il territorio dell Emilia-Romagna. Inoltre, sono previste ulteriori verifiche, affidate dalla legislazione vigente all Ispettorato centrale per la repressione delle frodi (ICRF) e ai Consorzi di tutela autorizzati dal Mipaf. Sotto questo aspetto, c è ancora parecchio da fare, per almeno quattro motivi: l ICRF, afflitto da una ben nota e cronica mancanza di personale, raramente riesce ad assicurare una presenza adeguata sui punti vendita, cosicché si può assistere al paradosso del produttore che, accettando le regole e sottoponendosi ai controlli, si trova svantaggiato rispetto alla concorrenza sleale della produzione clandestina che non (Foto desunta dal volume riesce ad essere impedita; Sapori e valori i consorzi in grado di esercitare le attività ad essi asse- dell Emilia-Romagna) gnate (tra le quali la tutela della denominazione sui mercati, incarico affidato dal Mipaf solo ai consorzi in possesso di determinati requisiti formali e di affidabilità), e quindi autorizzati a farlo, sono per il momento ben pochi, rispetto all alto numero di denominazioni registrate; esistono, a volte, interpretazioni su alcune delle numerosissime norme relative alle produzioni alimentari che contraddicono, o smentiscono, o tendono a rendere dubbie alcune delle regole stabilite dal disciplinare e dal piano dei controlli; a tutto ciò si aggiunge la difficoltosa applicazione delle modifiche costituzionali, che per il momento rendono problematico sciogliere il nodo dell intervento regionale nella materia dei controlli, mentre ancora manca una normativa condivisa almeno in ambito nazionale sulla effettuazione dell attività di vigilanza sul campo. Tuttavia, è evidente che ci si trova di fronte ad una scelta fra priorità: se effettivamente la strada della qualità è quella che i produttori italiani, affiancati dalle istituzioni, dovrebbero percorrere, allora sarà opportuno che a chi sceglie quel percorso sia assicurata la considerazione che merita. Se questo non accade, gli appelli ad una misteriosa forma di generica qualità risultano slogan privi di contenuti e di concreto sviluppo. In effetti, non si può certo dire che, a tutt oggi, l impostazione qui illustrata sia seguita in tutti i passaggi: basta entrare in qualunque supermercato per verificare le mancanze - diciamo così - amministrative, o informar- 6

7 Atlante dei prodotti Dop e Igp dell Emilia-Romagna si presso alcuni promotori per avere notizie che illustrino le difficoltà che si incontrano nel tentativo di perseguire la registrazione di Dop e Igp (ma anche di Stg). Le difficoltà pratiche riguardano, oltre agli aspetti già rapidamente elencati, e al fin troppo noto problema dei tempi della burocrazia, le valutazioni da parte dei produttori dei fini che una protezione del genere può avere; esse possono essere sintetizzate con alcuni esempi: - ancora leggi e regolamenti: non dobbiamo seguirne già abbastanza? - il sistema di controllo significa spese: sarò in grado di recuperarle? - una produzione del genere deve portare alla valorizzazione, anche economica, di un prodotto di nicchia, per il quale le quote produttive rimangano limitate, o deve spingere ad aumentare il volume d affari nella zona d origine? - tutto questo non sarà solo un sistema per inserire qualche altro soggetto (in questo caso gli organismi di controllo) tra i già numerosi partecipanti alla filiera agroalimentare? - il sistema di controllo significa anche produzione ufficiale: mi conviene subire il controllo e non avere così scappatoie contabili? I dubbi sono sempre legittimi. Ma la strada indicata dalla Unione europea, della quale la Regione Emilia-Romagna condivide la direzione, mostra la propria validità sottolineando le peculiarità che un sistema produttivo in grado di indirizzarsi verso la qualità può mettere in campo. Quel sistema produttivo, non avrà difficoltà nel raccogliere e confermare i vantaggi che derivano, in sostanza, dalla propria storia. Tra le modifiche recentemente approvate (Regolamento Ce 692/2003), quella che permette in casi documentati di mantenere il condizionamento, cioè anche operazioni successive all ottenimento del prodotto - in particolare il porzionamento e il confezionamento - all interno della zona geografica delimitata, per salvaguardare la qualità ed assicurare la rintracciabilità e il controllo, dovrebbe favorire la fiducia nei confronti delle intenzioni delle istituzioni. I marchi L attenzione deve poi essere rivolta verso i marchi che l Unione europea ha studiato e pubblicato allo scopo di uniformare e rendere facilmente riconoscibili i prodotti ottenuti nel rispetto dei regolamenti 2081 e Esistono tre marchi, qui riprodotti, il cui uso è di solito facoltativo da parte del produttore. Essi non rendono immediatamente rilevabile la differenza fra i tre tipi di tutela; si tratta di una scelta ben precisa, anche se per alcuni criticabile, che sottolinea la strategia di uniformità elaborata dall Unione Europea. La semplicità e la similitudine della loro linea servono proprio a far sì che, col tempo, un semplice colpo d occhio permetta di capire di trovarsi di fronte ai prodotti agricoli ed alimentari migliori d Europa. C è però a questo riguardo un altro aspetto della questione che può rivelarsi problematico, per il quale è opportuno un breve discorso a sé, anche perché si tratta di uno dei sistemi fondamentali attraverso i quali dare rilievo alle denominazioni e riuscire a sfruttarne anche le possibilità commerciali: quello della riconoscibilità delle Dop, Igp e Stg. L uso dei marchi ideati dall Unione europea è, appunto, facoltativo. Ma la normativa, sia nazionale che comunitaria, in questa materia è quanto mai contraddittoria e, spesso, interpretabile. Addirittura, al di là della rispettabilità, della autorevolezza e della solidità di ogni interpretazione, non è ancora certo quale sia l uso possibile per quanto riguarda i marchi già da tempo affermati e tutelati. In questa situazione confusa, è bene ricordare alcuni aspetti. Innanzitutto, le denominazioni non sono di proprietà o di uso esclusivo dei promotori, ma possono essere utilizzate da chiunque rispetti il disciplinare approvato; da chiunque, quindi, ottenga il prodotto in questione nella zona di produzione prevista e secondo le regole prescritte, compreso l inserimento nel sistema di controllo messo in pratica dagli organismi autorizzati. Altro aspetto su cui non ci sono dubbi è la possibilità di utilizzare i marchi europei da parte di tutti i produttori inseriti nel sistema di controllo, naturalmente sulle produzioni idonee. La situazione si fa problematica quando ci si riferisce ai marchi depositati da parte dei Consorzi di produttori; in questo caso i pareri sono discordi, poiché alcuni sostengono che essi divengano pubblici, e quindi disponibili come sopra descritto, una volta inseriti nel disciplinare e pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee; altri ritengono che, essendo appunto depositati, il loro uso debba essere ristretto alle azien- 7

8 Atlante dei prodotti Dop e Igp dell Emilia-Romagna produzioni che incontrano meglio i gusti dei consumatori moderni. In pratica, oggi queste specialità vanno scomparendo e, se non rischiano l estinzione, certo non riescono a superare gli angusti confini del consumo locale. L articolo 8 del decreto legislativo 173/98 e il decreto del Mipaf 350/99 hanno proprio la funzione di cercare di tutelare questo patrimonio, sostenendone le peculiarità ed incoraggiandone il mantenimento, attraverso la pubblicazione dell elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali. In questo caso, non si può naturalmente parlare di denominazioni d origine; tuttavia l intenzione è quella di porre l accento su un diffuso saper fare che caratterizza le capacità dei produttori agroalimentari, e di cercare di arrivare a definire i concetti di tipico e di tradizionale. Queste parole sono infatti spesso utilizzate senza un significato preciso, ma solo allo scopo di creare un confuso senso di smarrita ruralità, un accento che oggi significa soprattutto nostalgia di un non meglio definito passato. Sia detto per inciso, un passato in cui quell ameno benessere che ne anima il ricordo era ragionevolmente appannaggio di ben poche persone. E, d altra parte, il problema di definire cosa sia tradizionale e cosa invece non meriti questo aggettivo esiste. Non ci si può accontentare di un richiamo temporale (i venticinque anni della normativa ministeriale, ma anche di quella comunitaria), anche perché persino i prodotti più antichi hanno potuto crescere ed affermarsi innestando l innovazione sulle pratiche ripetute. Correndo il rischio di un confronto irriguardoso, e con la sola intenzione di sottolineare la difficoltà di definire un concetto così vago, vorremmo riportare una frase pronunciata da Papa Giovanni XXIII ai tempi del Concilio ecumenico Vaticano II, la cui inaugurazione risale all ottobre 1962: Cos è la tradizione? È il progresso che è stato fatto ieri, come il progresso che noi dobbiamo fare oggi costituirà la tradizione di domani. Detto questo, una volta avvicinatisi all obiettivo della definizione di prodotto tipico, o di modo di produzione tradizionale, e abbandonando così le riflessioni troppo astratte, sarà forse possibile anche far sì che tali caratteristiche siano considerate davvero necessarie per l ottenimento di prodotti di successo (economico o culturale), e magari pensare a come risolvere dignitosamente l annoso problema della normativa igienico-sanitaria che, a volte, può costituire un freno per l ede associate al Consorzio proprietario. Se la prima ipotesi appare piuttosto condivisibile, anche perché spesso l apposizione del marchio consortile fa parte del processo di produzione, rimane ancora lontana la soluzione definitiva sulla - per così dire - gestione di un diritto che si ripercuote sulla fiducia dei consumatori nei confronti di tutto il sistema produttivo. Anche la questione marchi deve quindi essere considerata in continua evoluzione. Dovrebbe allora servire, a maggior ragione in questa fase, l intenzione da parte della Unione europea di promuovere istituzionalmente l insieme delle denominazioni registrate, attraverso iniziative di vario genere incentrate sui prodotti nel loro insieme e, quindi, sui marchi sicuramente utilizzabili. Nulla vieta, inoltre, s intende, di servirsi di ulteriori marchi privati (purché regolari) a sostegno delle iniziative promozionali e commerciali delle imprese produttrici. Deve essere ben chiaro, comunque, che nessuno può imporre marchi collettivi; al massimo, le imprese socie di qualche gruppo potranno scegliere di conformarsi a regolamenti associativi che prevedano tale prassi, da ritenere quindi volontaria. (Foto Arch. Promodis) Ulteriori prospettive Come abbiamo visto, la strada della tutela e della valorizzazione delle produzioni regionali di qualità passa, quasi obbligatoriamente, attraverso le disposizioni comunitarie. Esiste però un mondo sommerso di produzioni che, pur potendo contare su di una solida base di tradizione e tipicità, non sono riuscite ad ottenere un successo economico di vasta scala; oppure hanno perso terreno rispetto a 8

9 Atlante dei prodotti Dop e Igp dell Emilia-Romagna mergere delle produzioni esclusivamente artigianali. Infatti, uno degli ostacoli principali sulla strada del prodotto tipico è la ragionevole necessità della tutela della salute del consumatore, che ha ogni diritto di esercitare il suo ruolo al sicuro da rischi igienici. Balza subito agli occhi come le norme e le regole igieniche, strettamente collegate al progresso scientifico e tecnologico, possano indirizzare verso scelte produttive che con il sentimento di ruralità che sopra ricordavamo hanno ben poco a che fare. Il percorso da seguire potrà allora essere quello di mettere a punto un sistema di controllo che permetta una supervisione costante, senza intervenire più di tanto sul processo produttivo. Tutto ciò, ammesso che davvero si voglia seguire la strada del recupero dei nostri giacimenti gastronomici, come sono stati chiamati, e si voglia tentare di sfuggire la trappola delle disposizioni contrastanti, classico dramma di tante prestigiose istituzioni. E soprattutto, a patto che non si intenda sdoganare, sulla scia dell indubbia capacità tecnica, in generale, del mondo produttivo, anche quella parte di produzione che di qualità non è. Intendiamoci: la qualità non è corollario della provenienza. In questo modo, sarà possibile puntare a fare coincidere tanti interessi (produzione, consumo, salute, tutela ambientale), fino al raggiungimento di un offerta globale, per quanto riguarda la nostra regione, delle caratteristiche dell Emilia-Romagna, turistiche come gastronomiche, industriali come culturali, il che significa, in sostanza, un affermazione sul mercato delle imprese dei diversi settori. Il mercato, teatro di una continua competizione fra imprese, richiede delle scelte. In particolare, lo scenario del mercato nel settore agroalimentare richiede di decidere se dedicarsi alla produzione di alta qualità, o addirittura di nicchia, o se orientarsi verso produzioni vendute a basso prezzo. In Europa l alto costo del lavoro impone spesso la prima delle ipotesi. Per quanto riguarda l Emilia-Romagna, c è di buono che parecchi hanno già tentato di perseguire questo orientamento, sia con la scelta di produrre generi di alta e riconoscibile qualità, sia attraverso l organizzazione imprenditoriale e la concentrazione dell offerta. Oggi è possibile assicurare alla produzione di qualità un grado di riconoscibilità particolarmente elevato: quello garantito dall Unione europea. Sarebbe assurdo lasciarsi sfuggire opportunità di questo genere, anche perché tutto il mercato alimentare va pian piano orientandosi verso l impostazione della qualità certificata, sia di prodotto che di sistema (Dop, Igp, Stg, agricoltura biologica, sistemi di qualità certificati ISO 9000, Emas, rintracciabilità di filiera). Riuscire ad imporre una riconoscibilità di area sarebbe il successo assoluto; decidere di farlo davvero è la necessaria premessa. Come già detto, la Regione Emilia-Romagna condivide l orientamento verso la qualità e lo incoraggia, ma oltre a ciò deve esserci la volontà dell imprenditore, il vero soggetto protagonista sulla scena del mercato. Come dimostrano i casi che abbiamo raccolto in questa pubblicazione, alcuni hanno già deciso di sfruttare le possibilità aperte dai regolamenti comunitari, e in vari casi con ottimi risultati. Come dimostrano i casi che mancano, tanti stanno ancora aspettando. La professionalità delle nostre imprese ci fa pensare che presto i sistemi produttivi regionali saranno in grado di vantare ulteriori successi, grazie alla conoscenza dei mezzi utilizzabili e alla competenza degli imprenditori che le guidano. Per ulteriori informazioni: Giuseppe Todeschini Tel. 051/ Fax 051/ gtodeschini@regione.emilia-romagna.it *Servizio Valorizzazione delle produzioni della Regione Emilia-Romagna (Foto Diateca Agricoltura ) 9

10 Atlante dei prodotti Dop e Igp dell Emilia-Romagna Organismi di controllo autorizzati per le Denominazioni Emiliano-Romagnole registrate ai sensi del Reg. (CEE) 2081/92 C.S.Q.A. Certificazioni Via S. Gaetano, Thiene (VI) Tel Fax csqa@csqa.it Istituto Parma Qualità Via Roma, 82/b/c Langhirano (PR) Tel Fax info@parmaqualita.it Istituto Nord Est Qualità Via Nazionale, 33/ Villanova di San Daniele del Friuli (UD) Tel Fax info@ineq.it Dipartimento Controllo Qualità P.R. Via Kennedy, 18/A Reggio Emilia Tel Fax dcq-pr@dcq-pr.it Cermet - Certificazione e ricerca per la qualità Via Cadriano, Cadriano di Granarolo (BO) Tel Fax infobologna@cermet.it 3A - Parco Tecnologico Agroalimentare dell Umbria Frazione Pantalla Todi (PG) Tel Fax certificazione@parco3a.org Check Fruit Via Boldrini, Bologna Tel Fax info@checkfruit.it Ecepa - Ente certificazione prodotti agroalimentari Piazza Cavalli, Piacenza Tel Fax Product Authentication Inspectorate Limited P.A.I. PAI Italia s.r.l. c/o Quaser Viale Sondrio, Milano Tel Fax

11 Prodotti a Denominazione di Origine Protetta Parmigiano-Reggiano...Reg. (CE) n. 1107/96 del 12/06/1996 Grana padano...reg. (CE) n. 1107/96 del 12/06/1996 Provolone Valpadana...Reg. (CE) n. 1107/96 del 12/06/1996 Prosciutto di Parma...Reg. (CE) n. 1107/96 del 12/06/1996 Prosciutto di Modena...Reg. (CE) n. 1107/96 del 12/06/1996 Culatello di Zibello...Reg. (CE) n. 1263/96 Salame Piacentino...Reg. (CE) n. 1263/96 Coppa Piacentina...Reg. (CE) n. 1263/96 Pancetta Piacentina...Reg. (CE) n. 1263/96 dell 1/07/1996 dell 1/ dell 1/07/1996 dell 1/07/1996 Salamini italiani alla cacciatora...reg. (CE) n. 1778/2001 del 7/09/2001 Olio di oliva di Brisighella...Reg. (CE) n. 1263/96 dell 1/07/1996 Aceto balsamico tradizionale di Modena...Reg. (CE) n. 813/2000 del 17/04/2000 Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia...Reg. (CE) n. 813/2000 del 17/04/

12 Prodotti a Denominazione di Origine Protetta Parmigiano Reggiano Promotore Consorzio del Formaggio Parmigiano-Reggiano Per informazioni Consorzio del Formaggio Parmigiano-Reggiano Via Kennedy, Reggio Emilia Tel Fax (Foto Archivio Promodis) Tipo di prodotto Formaggio semigrasso, a pasta dura, cotta e a lenta maturazione. È prodotto con il latte di vacca proveniente da bovine la cui alimentazione è costituita prevalentemente da foraggi della zona d origine. La sua forma è cilindrica a scalzo leggermente convesso o quasi diritto, con facce piane leggermente orlate, e viene usato da tavola o da grattugia. Il latte, che viene usato crudo e non può essere sottoposto a trattamenti termici, né addizionato di additivi, proviene da due mungiture, di cui una lasciata riposare per effettuare la scrematura per affioramento. Esso viene coagulato con caglio di vitello in caldaie tronco-coniche di rame; seguono poi la rottura della cagliata, lo spurgo, la cottura per ottenere una massa caseosa omogenea e ben consolidata che viene immessa in appositi stampi. Dopo qualche giorno si procede alla salatura e quindi alla maturazione naturale, che deve protrarsi per almeno 12 mesi, anche se la resistenza alla maturazione è notevolmente superiore. A conclusione della stagionatura, dopo la cosiddetta espertizzazione, al prodotto non conforme al disciplinare di produzione vengono asportati i marchi d origine, mentre alle forme idonee viene apposto sullo scalzo il marchio a fuoco. PC PR RE MO BO FE RA FO RN La produzione di formaggio parmigiano-reggiano, incluso l approvvigionamento del latte, comprende tutte le province di Parma, Reggio Emilia e Modena, i territori dei comuni della provincia di Bologna a sinistra del fiume Reno e di quelli della provincia di Mantova a destra del fiume Po. Organismo di controllo autorizzato Dipartimento Controllo Qualità P.R. 12

13 Prodotti a Denominazione di Origine Protetta Curiosità storiche e letterarie (Foto Archivio Consorzio Parmigiano Reggiano) Guido Piovene pubblicò sul finire degli anni 50 Viaggio in Italia, un libro che, basato sulle interviste realizzate fra il maggio 1953 e l ottobre 1956 per un analogo programma radiofonico, fu tra i più riusciti nel cogliere le novità e le persistenze di una società che andava sensibilmente modificando i propri costumi. L esplicita attenzione alle questioni locali fu determinante per la riuscita dell opera. La conclusione generale di Piovene, per inciso, è che l Italia è un paese vario, ma non complesso. Le pagine qui selezionate sono riferite, naturalmente, alle sezioni su Parma e su Reggio Emilia. Da esse emerge un motivo di rivalità tra le due province, una polemica di campanile poi risolta salomonicamente con la denominazione oggi a tutti nota. Grana è un nome generico, che comprende anche i prodotti del Lodigiano e del Cremonese; mentre la zona tipica del parmigiano è limitata a Parma, a Reggio, a Modena, a Bologna di qua del Reno, e a Mantova di là del Po. Parma e Reggio però sono in testa, anche per una speciale qualità del latte. Parma, naturalmente, afferma il suo primato su Reggio: entrambe le città rivendicano di avere dato origine al parmigiano e di produrlo più squisito. Chiamandolo così si commette del resto un piccolo favoritismo: la disputa è stata infatti composta con la decisione di chiamarlo parmigiano-reggiano a Parma, reggiano-parmigiano a Reggio. Il marchio è disegnato in modo che ognuna delle due parole può trovarsi di sopra secondo la faccia su cui si depone la forma. (...) Una lezione sul formaggio si può prendere a Reggio molto meglio che a Parma, dove certi argomenti si trattano con eleganza, scivolandovi sopra, non dimenticando mai di essere nel ducato di Maria Luigia. Mi hanno mostrato, nel consorzio agricolo, ben forme di grana, accumulate l una sull altra nelle scansie (...). La disputa sul formaggio (...) qui si dà per risolta. Esso nacque in Val d Enza, tra Bibbiano e Montecchio; ma poiché quella zona gravitava in antico, commercialmente, su Parma, a Parma fu venduto, e fu chiamato parmigiano. Reggio avrebbe dato la merce, e Parma i fondachi e il mercato. Tale rivalità tra Reggio e Parma è ormai un divertimento erudito. Una disgrazia accadde qualche anno fa: il formaggio fu colto da un inspiegabile contagio. Mandava cattivo odore, e non si riuscì ad appurarne con chiarezza la causa. A Reggio però si sussurrava che era colpa dei fermenti preparati a Parma. Ho visto qui all opera i competenti: quelli che sanno giudicarne la qualità dal suono, battendolo con un martelletto, e dall odore, aprendovi un foro quasi invisibile con un trivello. Il buongustaio si rammarica che la stagionatura naturale, tre anni, sia stata abbandonata ormai dappertutto; i vecchi, rivolti al passato, sostengono perciò che l ottima qualità è oggi comune, ma che non si trovano più gli accelsi esemplari dei tempi eroici. (*) (*) Guido Piovene, Viaggio in Italia, Verona, Mondadori 1957, pagg. 200 e 203 (Foto Diateca Agricoltura ) 13

14 Prodotti a Denominazione di Origine Protetta Grana Padano Promotore Consorzio per la Tutela del Formaggio Grana padano Per informazioni Consorzio per la Tutela del Formaggio Grana padano Via XXIV giugno, 8 - San Martino della Battaglia Desenzano del Garda (BS) Tel. 030/ Fax 030/ grana.padano@fcs.it (Foto Arch. Promodis) Tipo di prodotto Formaggio di latte di vacca, semigrasso, a pasta cotta, a lenta maturazione, di forma cilindrica a scalzo leggermente convesso o quasi diritto con facce piane leggermente orlate, usato da tavola o da grattugia. Il latte, lasciato riposare e parzialmente decremato per affioramento, viene coagulato con aggiunta di caglio di vitello; la cagliata viene quindi rotta in granuli fini e cotta fino a quando i granuli diventano elastici. Segue poi l immissione in stampi per almeno 48 ore e quindi la salamoia. La fase di maturazione naturale in ambienti idonei deve protrarsi per almeno 9 mesi. Il prodotto, in forme di peso da 24 a 40 chilogrammi, è individuato da appositi contrassegni posti sullo scalzo e, per essere considerato conforme al disciplinare di produzione, deve presentare il marchio a fuoco, apposto a conclusione della stagionatura dopo la cosiddetta espertizzazione. Solo se prodotto in provincia di Trento e a patto di rispettare disposizioni più restrittive, può essere commercializzato con il riferimento alla zona di origine. PC PR RE MO BO FE RA FO RN Organismo di controllo autorizzato CSQA Certificazioni La produzione di formaggio grana padano comprende l intero territorio delle province di Alessandria, Asti, Cuneo, Novara, Torino, Vercelli, Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Milano, Pavia, Sondrio, Varese, Trento, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona, Vicenza, Ferrara, Forlì, Piacenza, Ravenna, e contigui comuni in provincia di Mantova e di Bologna formanti un area continua. (Foto Arch. ISVAL) 14

15 Prodotti a Denominazione di Origine Protetta Curiosità storiche e letterarie Nel 1980, il prof. Enzo Dieci, ordinario di Chimica e Industrie agrarie presso l Istituto Tecnico Agrario Statale A. Zanelli di Reggio Emilia, scrisse Parmigiano-Reggiano. Viaggiatori stranieri e storia padana. Si tratta di una testimonianza appassionata sulla storia e sulla tecnica di ottenimento di un prodotto del quale abbiamo già parlato. Con spirito decisamente schierato (inutile dire da che parte), l autore non manca però di sottolineare la somiglianza che ha da sempre accompagnato la storia di parmigiano-reggiano e grana padano. Attraverso numerosi puntuali richiami, tecnici, storici e soprattutto letterari, Enzo Dieci ci mostra i numerosi aspetti che i due formaggi hanno in comune, divisi solo dal percorso del Po: grana lodigiano, grana veneto, parmigiano genericamente detto raramente trovano distinzione nella coscienza dei viaggiatori. Naturalmente, qualcosa di diverso c è, e riguarda aspetti che i disciplinari possono chiarire, così come una serie di differenze manifestatesi nel tessuto produttivo delle due aree. Ma leggiamo, secondo la traduzione redatta dal prof. Dieci, le pagine che i fratelli Goncourt, esponenti del romanzo realista francese, dedicano alla fabbricazione del formaggio parmigiano a Milano. Si tratta di una situazione possibile durante il loro viaggio in Italia effettuato nel , ma oggi non più consentita né dalle pratiche, né dalle normative. Il conte Taverna ci accompagna a visitare una delle sue fattorie, dove si produce il formaggio Parmigiano (...) Stalle, in cui sessanta vacche mettono nella calda penombra un vapore opalino, che sale dalle loro narici lucenti. Il latte, al quale è stata tolta la crema, si trasporta nel casone e si versa in una caldaia di rame, a forma di campana rovesciata, molto svasata all orlo, e che può contenere da 5 a 14 brente milanesi [da 3,5 a 10 q circa]. La caldaia è posta su un fornello situato in una nicchia circolare, scavata nel pavimento del casone, ed esposta a un fuoco che eleva la temperatura a 28 o 30 gradi Reaumur, e perché la temperatura resti uniforme, si agita continuamente il latte con la rotella. Così scaldato il latte, vi si mescolano delle frattaglie, formate dello stomaco di giovani vitelli, poi si toglie la caldaia dal fuoco e la si lascia in riposo, perché il latte coaguli; cosa che dura tre ore d estate, una mezz ora d inverno. Poi il latte coagulato è battuto vivamente con lo spino finché diventa granuloso, della grossezza d un grano di riso. Si rimette la caldaia al fuoco e si fa salire lentamente la temperatura a 32 gradi Reaumur. E il momento dello spurgo, quindi si aggiunge lo zafferano, che agisce come astringente e dà colore e sapore al formaggio. In questo momento, con un fuoco vivo, si raggiungono i 38 o 40 gradi: è il tempo della cottura. Terminata la cottura, si toglie, con la tela detta patta, il formaggio separato dal siero. Il formaggio, ora formato, è deposto in un mastello, dove viene leggermente compresso, e di là trasportato in una forma di legno, detta fassera, e tratto con una corda, in modo da dargli l altezza che si desidera. Lo si posa poi su un piano inclinato spersore, ed è messo sotto un piatto di legno, chiamato tondello, perché quello che resta del siero coli via. Allora il formaggio è portato nella salatoia. Qui i formaggi sono posti su tavole di granito, dove sono scavati dei canaletti, e vengono salati due volte la settimana, in ragione della solidità che acquistano. Questa operazione dura 40 o 50 giorni. Alla fine, i formaggi sono immagazzinati nella casera, e posti su tavoli di legno. È là che sono unti con olio di seme di lino due volte la settimana d inverno, ogni giorno, d estate. I mercanti di formaggio riconoscono la bontà del formaggio auscultandolo con un martelletto di ferro. (...) Ora, al nostro arrivo nella tenuta, il vecchio casaro è sulla porta, sotto il suo mantello di canne, con i suoi stivali da nettafogne (...). Ha già battuto in terra, con energica impazienza, due o tre colpi di bastone, e alla fine si mette alla bocca la buccina di richiamo, ed emette un suono di corno. Perché è mezzodì, e Jacopo, il giovane casaro, che avrebbe dovuto finire di mungere le vacche, si diverte intorno a delle mungitrici, e la caldaia aspetta. Ah! È tutta una razza libertina, e che ha il segreto di farsi amare dalle donne, questa razza di casari! Ma eccolo là, Jacopo, che esce dalla stalla, con sulla testa la tinozza del latte fumante. (*) (*) Goncourt (de) Edmond et Jules, L Italie d hier, Paris G. Charpentier et E. Fasquelle, 1894 cit. in Enzo Dieci, Parmigiano-Reggiano. Viaggiatori stranieri e storia padana, Reggio Emilia, Istituto Tecnico Agrario Statale A. Zanelli, 1980, pag

16 Prodotti a Denominazione di Origine Protetta Provolone Valpadana Promotore Consorzio Tutela Provolone Valpadana Per informazioni Consorzio Tutela Provolone Valpadana Piazza Marconi, Cremona Tel Fax provserver@tin.it (Foto Arch. ISVAL) Tipo di prodotto e metodo di ottenimento Formaggio semiduro a pasta filata di latte di vacca intero proveniente da bovine allevate esclusivamente nella zona di produzione, di stagionatura variabile e forma: a salame, a melone, troncoconica, a pera, anche sormontata da testolina conica (fiaschetto). La pasta, ottenuta dalla cagliatura del latte con aggiunta di caglio di vitello, capretto e agnello da (Foto Arch. Promodis) soli o congiuntamente, a seconda della tipologia del formaggio (dolce o piccante) viene sottoposta ad un processo di filatura; successivamente, viene modellata nelle forme tradizionali; infine, seguono la salatura e la stagionatura, quest ultima di durata minima variabile a seconda del peso della forma (minimo 0,5 chilogrammi). PC PR RE MO BO FE RA FO RN La produzione del formaggio provolone avviene nell intero territorio delle province di Cremona, Brescia, Verona, Vicenza, Rovigo, Padova, Piacenza e comuni contigui delle province di Bergamo, Mantova, Milano e della provincia autonoma di Trento formanti un unica area geografica. Organismo di controllo autorizzato CSQA Certificazioni 16

17 Prodotti a Denominazione di Origine Protetta Curiosità storiche e letterarie I motivi per i quali una produzione può diventare tipica o tradizionale in una zona particolare sono numerosissimi. Tradizione può anche significare una innovazione che ha avuto successo; successo economico, naturalmente. Il brano che abbiamo rintracciato riporta una notizia piuttosto curiosa, che conferma questa definizione del termine tradizione. Naturalmente, il trasferimento di una nota famiglia di imprenditori ha un influsso sulle produzioni di una zona, ed ha più possibilità di portare al successo economico, se esiste un substrato adatto. A Piacenza, per quanto riguarda l Emilia-Romagna, ma anche in altre aree caratterizzate dall allevamento dei bovini da latte, la consuetudine della produzione casearia di pregio è consolidata e confermata da più di una ricerca storica; ecco, quindi, uno dei motivi per i quali il Provolone Valpadana, che, come è facile rilevare, non viene prodotto solo a Piacenza, ha potuto facilmente raggiungere la registrazione della denominazione d origine. La sua origine è meridionale. Era considerato il formaggio della povera gente: facile da conservare e ricco di sapore, ne bastava un piccolo pezzo per riempire la bocca ed allontanare per un po di tempo la fame. La produzione di Provolone si afferma in provincia di Piacenza in seguito all insediamento in zona della famiglia Auricchio. Casari di professione, gli Auricchio trovarono in questo territorio abbondanza di latte e, adottando le tecniche a loro note, produssero quello che per loro, massari del sud, era del tutto normale: la pasta filata. Se comunque i caseifici di Provolone, e il Provolone a Denominazione d Origine (il Provolone Val Padana) sono al Nord, ancora oggi il mercato di questo prodotto rimane il Sud del nostro Paese, dove l abitudine al sapore di queste paste è sicuramente più radicata. Di Provolone ne esistono di due tipi: il piccante ed il dolce, per soddisfare tutti i gusti sia a tavola che in cucina. (*) (*) Bruno Morara, I Tesori del Latte. La civiltà casearia in Emilia-Romagna in Giancarlo Roversi e Donatella Luccarini (a cura di) I Tesori della Tavola in Emilia-Romagna, Bologna, L inchiostroblu, 1998, pag

18 Prodotti a Denominazione di Origine Protetta Prosciutto di Parma Promotore Consorzio del Prosciutto di Parma Per informazioni Consorzio del Prosciutto di Parma Via Marco dell Arpa, 8/b Parma Tel Fax (Foto Arch. Consorzio del Prosciutto di Parma) Tipo di prodotto Prodotto di salumeria ottenuto dalla coscia di suino pesante stagionata. La forma è tondeggiante, il peso varia fra gli otto e i dieci chilogrammi, e non può essere inferiore a sette. Le cosce fresche non devono subire, tranne la refrigerazione, alcun trattamento di conservazione, compresa la congelazione Dopo avere verificato i criteri di allevamento e macellazione dei suini, il processo di produzione comprende le seguenti fasi, fino alla applicazione del contrassegno: isolamento, raffreddamento, rifilatura, salagione, riposo, lavaggio, asciugamento, stagionatura. Quest ultima deve protrarsi per un periodo minimo di dodici mesi. È consentito l impiego di sale (cloruro di sodio) e di pepe, con esclusione di ogni trattamento chimico. Il prosciutto di Parma deve presentare il contrassegno costituito dal marchio a fuoco, che garantisce l avvenuta stagionatura e la conformità ai requisiti prestabiliti. Il contrassegno viene apposto in seguito alla caratteristica operazione della spillatura. (Foto Arch. Consorzio del Prosciutto di Parma) PC PR RE MO BO FE RA FO RN Organismo di controllo autorizzato Istituto Parma Qualità La lavorazione del prosciutto di Parma avviene nel territorio della provincia di Parma posto a sud della via Emilia, a distanza di questa non inferiore a 5 chilometri, fino ad una altitudine non superiore a 900 metri, delimitato ad est dal fiume Enza e ad ovest dal torrente Stirone. La materia prima è costituita da cosce suine fresche di animali nati, allevati e macellati nelle seguenti regioni del territorio nazionale: Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte, Molise, Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo, Lazio, Friuli-Venezia Giulia. 18

19 Prodotti a Denominazione di Origine Protetta Curiosità storiche e letterarie È noto che la necessità di conservare i cibi risale alla preistoria. Ci è sembrato allora interessante non tanto fare un riferimento esplicito al prodotto in sé, conosciuto e diffuso in ogni parte del mondo, quanto piuttosto raccontare dell altro ingrediente fondamentale del prosciutto, oltre alla carne: il sale. Il volume di Don Enrico Dall Olio tratta, fra l altro, del sale di Salsomaggiore e di Rivalta, ritenuto dai primi stagionatori casalinghi del parmense il migliore di tutti. La tradizione piuttosto diffusa della trasformazione delle cosce suine in prosciutti, le particolari capacità in questo campo che hanno portato alla grande notorietà e alla notevolissima produzione del prosciutto di Parma, la discreta conoscenza del prodotto e del marchio da parte dei consumatori, ci permettono così di soffermarci a sottolineare l importanza di uno degli aspetti più suggestivi del processo produttivo: la lunga stagionatura. Inoltre, si può rilevare come, a proposito della documentazione storica per le richieste di registrazione delle DOP, possano risultare fondamentali notizie (in questo caso, la presenza di sale in zona) che, all apparenza, rischiano di sembrare poco più che curiosità. (Foto Arch. Consorzio del Prosciutto di Parma) (Foto Arch. Cons. del Prosciutto di Parma) Si potrebbe dire che la dolce storia del prosciutto di Parma, sia parallela a quella dell antigo logo della Brugnola detto Potiolo de la Noce (Salsomaggiore) e a quella di Salso de Joco (Salsominore) e anche a quella del Salso di Rivalta (Lesignano Bagni), luoghi dove dalle più remote antichità si otteneva, dalla cottura delle acque salsoiodiche, il sale per uso domestico e anche per i lardaroli e salumieri. (...) L importanza determinante del sale nel parmense è dichiarata anche dalle severe grida emanate dai signori che si avvicendarono al governo delle cose parmensi; tra le gride: quella di Filippo di Borbone, del 4 luglio 1479, articolata in 27 punti, intesa ad estirpare li gravi abusi che giornalmente sieguono coll usarsi e introdursi nel Nostri Stati, sali forastieri. Tutti i cittadini di Parma in forza della grida dovevano usare il sale nostrano, vale a dire quello prodotto dalle locali saline e fornito dai ministrali, sotto pena di una multa di 50 scudi d oro e tre tratti di corda d esserli dati ad arbitrio Nostro secondo la maggiore o minore quantità di sale comprato in altra giurisdizione. I bottegai, lardaroli ed altri che fabbricano salami, salano carni e lardi, come pure a tutti gli osti, bettolieri e fornari di pane venale se trovati senza le bollette giustificanti la leva del sale erano passibili di una multa di 50 scudi d oro. Ai trasportatori abusivi di sale, venivano anche confiscati i cavalli, sommarii, carri ed altro ; infine la grida assume toni drammatici dall articolo 18, quando considera l operato di coloro che avessero introdotto con mano forte il sale; questi sarebbero incorsi in pene corporali assai rigorose, quali la galera in perpetuo o la pena di morte. Questo severo apparato aveva come primo scopo di assicurare un proficuo reddito alle casse ducali ed in secondo luogo la valorizzazione di un industria locale, peraltro assai utile perché forniva ottimo sale, fortemente richiesto dai lardaroli per la concia delle carni suine. L importanza specifica del sale di Salsomaggiore per la salagione delle carni suine è sottolineata anche in documenti più vicini a noi in una relazione annuale del 1910, dalla Camera di Commercio di Parma: Una grave questione per l industria salumiera, alla quale altra volta la Camera ha richiamato l attenzione del Governo è quella del sale di Salsomaggiore appropriatissimo per la preparazione delle carni suine. Dopo che il limitato quantitativo di cui può disporre lo Stato, fu suddiviso proporzionalmente fra tutte le province d Italia, ne fu riservata alla nostra una quota di gran lunga inferiore ai bisogni. Gli industriali si lagnano e protestano perché la sostituzione di tale sale con quello di Cervia o con quello da cucina, non dà i risultati desiderati. Occorre provvedere se non si vuole arrecare grave pregiudizio ad una industria che è fonte di ricchezza e di decoro per la provincia di Parma. (*) (*) Enrico Dall Olio, Prosciutto di Parma, Parma, Agenzia 78, 1989, pagg. 24,

20 Prodotti a Denominazione di Origine Protetta Prosciutto di Modena Promotore Consorzio del Prosciutto di Modena Per informazioni Consorzio del Prosciutto di Modena Viale Corassori, Modena Tel Fax stabaco@tin.it Tipo di prodotto Prodotto di salumeria ottenuto dalla coscia di suino pesante di razza bianca, esclusi verri e scrofe, stagionata per un periodo di mesi. Le cosce fresche destinate a diventare prosciutto di Modena non devono subire, tranne la refrigerazione, alcun trattamento di conservazione. La forma è a pera, il peso non può essere inferiore a sette chilogrammi. Dopo avere verificato i criteri di allevamento e macellazione dei suini, la lavorazione del prosciutto di Modena inizia con la rifilatura della coscia fresca, passa poi alla salagione (primo e secondo sale), al riposo, al lavaggio e asciugatura, ed alla stagionatura vera e propria. Infine i prosciutti, se ritenuti idonei previo accurato controllo, ricevono l apposizione del marchio di tutela. (Foto Archivio Consorzio del Prosciutto di Modena) PC PR RE MO BO FE RA FO RN Organismo di controllo autorizzato Istituto Parma Qualità La produzione del prosciutto di Modena avviene esclusivamente nella particolare zona collinare insistente sul bacino oroidrografico del fiume Panaro e sulle valli confluenti e che, partendo dalla fascia pedemontana, non supera i 900 metri di altitudine. La materia prima è costituita da cosce suine fresche di animali nati, allevati e macellati nelle seguenti regioni del territorio nazionale: Emilia- Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte, Molise, Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo, Lazio, Friuli Venezia Giulia. 20

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