ONERE DELLA PROVA SANZIONI E TUTELE (STATUTO DEI LAVORATORI)

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1 NOZIONE 13. LICENZIAmENTO NOZIONE DISCRImINATORIO NOZIONE ONERE DELLA PROVA SANZIONI E TUTELE (STATUTO DEI LAVORATORI) SANZIONI E TUTELE (JOBS ACT) CASISTICA Per licenziamento discriminatorio si intende il recesso del datore di lavoro esclusivamente determinato da ragioni di credo politico o fede religiosa, dall appartenenza del lavoratore ad un sindacato e dalla partecipazione ad attività sindacali, da ragioni attinenti al sesso, alla lingua o alla razza o da altro motivo illecito. Il licenziamento cosiddetto ritorsivo, ossia quello che costituisce ingiusta e arbitraria reazione ad un comportamento legittimo del lavoratore, o di rappresaglia, è assimilabile al licenziamento discriminatorio. L onere della prova è a carico del lavoratore che allega la ragione discriminatoria, o ritorsiva o di rappresaglia del recesso datoriale. Il lavoratore deve fornire altresì la prova che il motivo discriminatorio sia stato l unico a determinare la volontà del datore di lavoro, ossia abbia avuto efficacia esclusiva rispetto ad altri fatti nella determinazione della volontà datoriale. Il licenziamento discriminatorio è nullo e ciò a prescindere dal numero di dipendenti occupati dal datore di lavoro. La medesima nullità, con le relative sanzioni, caratterizza anche il licenziamento discriminatorio intimato ad un dirigente. Le conseguenze dell accertamento della natura discriminatoria del recesso sono, ai sensi dell art. 18 della legge n. 300/1970: reintegrazione nel posto di lavoro; condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni spettanti dal licenziamento alla reintegra, dedotto quanto percepito medio tempore dal lavoratore per lo svolgimento di altre attività lavorative; versamento dei contributi previdenziali sulle somme erogate a titolo risarcitorio. Parametro di riferimento per il risarcimento del danno è l ultima retribuzione globale di fatto. Il licenziamento discriminatorio è nullo a prescindere dal numero di dipendenti occupati dal datore di lavoro. La normativa non si applica ai dirigenti. Le conseguenze dell accertamento della natura discriminatoria del recesso sono, ai sensi dell art. 2 del D.Lgs. n. 23/2015: reintegrazione nel posto di lavoro; condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni spettanti dal licenziamento alla reintegra, dedotto quanto percepito dal lavoratore per lo svolgimento di altre attività lavorative; versamento dei contributi previdenziali sulle somme erogate a titolo risarcitorio. Nuovo parametro di riferimento per il risarcimento del danno è l ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto (art. 2120, comma 2, cod. civ.). Massime giurisprudenziali più significative in materia di licenziamento discriminatorio in tema di: licenziamento per ritorsione; onere della prova; licenziamento della lavoratrice madre; licenziamento per discriminazione sessuale; mobbing; esercizio del diritto di sciopero; organizzazioni di tendenza; natura del datore di lavoro. RIFERIMENTI - Legge 15 luglio 1966, n Legge 20 maggio 1970, n Legge 11 maggio 1990, n Legge 28 giugno 2012, n D.Lgs. 4 marzo 2015, n IDL_LICENZIAMNENTO_Edi_II_15-V3.0.indd :58:35

2 NOZIONE NOZIONE NOZIONE Per licenziamento discriminatorio si intende il recesso del datore di lavoro esclusivamente determinato da ragioni di credo politico o fede religiosa, dall appartenenza del lavoratore ad un sindacato e dalla partecipazione ad attività sindacali, da ragioni attinenti al sesso, alla lingua o alla razza o da altro motivo illecito (art. 3, legge n. 108/1990; art. 4, legge n. 604/1966; art. 15, legge n. 300/1970). In particolare, l art. 4 della legge n. 604/1966 stabilisce che «il licenziamento determinato da ragioni di credo politico o fede religiosa, dall appartenenza ad un sindacato e dalla partecipazione ad attività sindacali è nullo, indipendentemente dalla motivazione adottata». A sua volta l art. 15 della legge n. 300/1970 dispone che «è nullo qualsiasi patto od atto diretto a: [...] b) licenziare un lavoratore [...] a causa della sua affiliazione o attività sindacale ovvero alla sua partecipazione ad uno sciopero». Infine, l art. 3 della legge n. 108/1990 precisa che «il licenziamento determinato da ragioni discriminatorie ai sensi dell art. 4 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e dell art. 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300 [...] è nullo indipendentemente dalla motivazione addotta e comporta, quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro, le conseguenze previste dall art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dalla presente legge»; tali disposizioni che si applicano anche ai dirigenti valgono anche per il licenziamento che avviene «a fini di discriminazione politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso» (Cass. 17 maggio 1979, n. 2856; Cass. 11 aprile 1980, n. 2314; Cass. 4 luglio 1984, n. 3916). D altronde, in base all art. 26, comma 3, del D.Lgs. n. 198/2006 e all art. 3 legge n. 108/1990 è nullo perché discriminatorio il licenziamento di un lavoratore o di una lavoratrice vittima di discriminazioni per ragioni connesse al sesso o molestie sessuali. Il licenziamento cosiddetto ritorsivo, ossia quello che costituisce ingiusta e arbitraria reazione ad un comportamento legittimo del lavoratore, o di rappresaglia, è ritenuto dalla giurisprudenza assimilabile al licenziamento discriminatorio (Cass., 28 marzo 2011, n. 7046; Cass., 1 dicembre 2010, n ). ONERE DELLA PROVA ONERE DELLA PROVA L onere della prova è a carico del lavoratore che allega la ragione discriminatoria, o ritorsiva o di rappresaglia del recesso datoriale. Il lavoratore deve fornire altresì la prova che il motivo discriminatorio sia stato l unico a determinare la volontà del datore di lavoro, ossia abbia avuto efficacia esclusiva rispetto ad altri fatti nella determinazione della volontà datoriale. L onere della prova può essere assolto anche tramite presunzioni gravi, precise e concordanti. 230 IDL_LICENZIAMNENTO_Edi_II_15-V3.0.indd :58:35

3 SANZIONI E TUTELE (STATUTO DEI LAVORATORI) Vi è inversione dell onere della prova in occasione del licenziamento per causa di matrimonio (Cass., 3 dicembre 2013, n ) e ove la discriminazione si assuma fondata su ragioni di sesso. Il datore di lavoro rimane tuttavia gravato dall onere di provare la veridicità del motivo posto a fondamento dell esercitato recesso. Ove il motivo ritorsivo sia stato l unico determinante il licenziamento e il lavoratore licenziato ne abbia fornito la prova, esso comporta la nullità del recesso datoriale (Cass., 26 marzo 2012, n. 4797; Cass., 8 agosto 2011, n ; Cass., 18 marzo 2011, n. 6282). SANZIONI E TUTELE (STATUTO DEI LAVORATORI) SANZIONI E TUTELE (STATUTO DEI LAVORATORI) Il licenziamento discriminatorio è nullo e ciò a prescindere dal numero di dipendenti occupati dal datore di lavoro. La medesima nullità, con le relative sanzioni, caratterizza anche il licenziamento discriminatorio intimato ad un dirigente. In conseguenza dell accertamento della natura discriminatoria del recesso sono, ai sensi dell art. 18 della legge n. 300/1970, il giudice: ordina al datore di lavoro la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro occupato in precedenza; condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore, stabilendo a tal fine un indennità commisurata all ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito - nel periodo di estromissione - per lo svolgimento di altre attività lavorative. Tale risarcimento, in ogni caso, non può essere inferiore a cinque mensilità; condanna il datore di lavoro al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali (oltre interessi, senza sanzioni) per il medesimo periodo di cui al precedente punto b). Se il lavoratore ha svolto altra attività lavorativa, tale condanna riguarderà l importo differenziale tra la contribuzione che sarebbe maturata nel rapporto di lavoro risolto dall illegittimo licenziamento, e quella accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre attività lavorative. In seguito all ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto qualora il lavoratore non abbia preso servizio entro 30 giorni dall invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l indennità sostitutiva della reintegrazione. Come nella precedente disciplina, infatti, il dipendente ha la facoltà di optare, in luogo della reintegrazione, per il pagamento di un indennità risarcitoria pari a 15 mensilità dell ultima retribuzione globale di fatto percepita. Tale richiesta, naturalmente, determina la risoluzione del rapporto di lavoro; anche per tale motivo, l indennità risarcitoria non è assoggettata a contribuzione previdenziale. 231 IDL_LICENZIAMNENTO_Edi_II_15-V3.0.indd :58:35

4 SANZIONI E TUTELE (STATUTO DEI LAVORATORI) La richiesta di detta indennità deve essere effettuata dal lavoratore entro 30 giorni dalla comunicazione di deposito della sentenza, o dall invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore a tale ultima comunicazione. La reintegrazione deve avvenire riammettendo il lavoratore nel medesimo posto che occupava prima del licenziamento, vale a dire ricollocandolo nel luogo e nelle mansioni originarie (Cass., 30 dicembre 2009, n ). Ciò in virtù del principio di restituito in integrum che caratterizza l istituto della reintegrazione. L ordine viene dato con sentenza provvisoriamente esecutiva: se il datore di lavoro non adempie spontaneamente, può essere attuato in via esecutiva unicamente per ciò che concerne l obbligo retributivo e non anche per la materiale riammissione del lavoratore in azienda. Sul punto, la Suprema Corte ha infatti affermato che L ordine di reintegrazione del lavoratore illegittimamente licenziato - salva la indiretta coazione conseguente all obbligo di continuare a corrispondere la retribuzione - non è suscettibile di esecuzione specifica, tenuto conto della lettera e della ratio (quale risultante anche dai relativi lavori preparatori) dell art. 18 della legge 20 maggio 1970 n. 300 ed atteso, in particolare, che, mentre l esecuzione specifica è possibile per le obbligazioni di fare di natura fungibile, la reintegrazione suddetta comporta non soltanto la riammissione del lavoratore nell azienda (e cioè un comportamento riconducibile ad un semplice pati) ma anche un indispensabile ed insostituibile comportamento attivo del datore di lavoro di carattere organizzativo-funzionale, consistente, fra l altro, nell impartire al dipendente le opportune direttive, nell ambito di una relazione di reciproca ed infungibile collaborazione (Cass., 11 gennaio 1988, n. 112). Si ritiene, altresì, che nel caso di inottemperanza del datore di lavoro all ordine del giudice, non ricorrano le fattispecie penali di cui agli artt. 650 cod. pen. e 388, commi 1 e 2, cod. pen. (Cass. Pen., 20 maggio 1992). Se il ripristino di tutte le condizioni preesistenti al licenziamento è impossibile per cause non imputabili al datore di lavoro, possono essere adottati accorgimenti (ad esempio un distacco) che assicurino comunque il ripristino del rapporto risolto (Cass., 9 agosto 2002, n ). Resta, in ogni caso, salva la possibilità per il datore di lavoro di procedere al trasferimento (in momento successivo alla ripresa del servizio) del lavoratore, se ricorrono i requisiti di legge o in caso di soppressione dell unità produttiva a cui era addetto il lavoratore (Cass., 3 maggio 2004, n. 8364). In tali ipotesi, l onere della prova circa l impossibilità di adibire il lavoratore al medesimo posto di lavoro è posto in carico al datore di lavoro (Cass., 7 dicembre 2007, n ). Dalla reintegrazione consegue altresì il fatto che il periodo decorrente dal licenziamento al ripristino del rapporto deve essere considerato a tutti gli effetti come periodo lavorato al fine del calcolo degli istituti legati all anzianità di ser- 232 IDL_LICENZIAMNENTO_Edi_II_15-V3.0.indd :58:35

5 SANZIONI E TUTELE (STATUTO DEI LAVORATORI) vizio, quali il TFR e gli scatti di anzianità (Cass., 23 luglio 1998, n. 7267; Cass., 18 marzo 1987, n. 2741). Successivamente all ordine giudiziale, e qualora il rapporto rimanga di fatto inattuato, le prestazioni retributive (e contributive) sono dovute interamente al lavoratore, nei limiti già in precedenza individuati (con esclusione di emolumenti che presuppongono l effettivo svolgimento dell attività lavorativa, come l indennità sostitutiva delle ferie). Dalla declaratoria di illegittimità del licenziamento consegue, come già anticipato, il diritto del lavoratore al risarcimento del danno, in misura pari all ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative (comunque non inferiore a 5 mensilità). Per la determinazione del risarcimento devono essere considerati gli elementi retributivi collegabili al contenuto professionale delle mansioni, e quindi rientranti nella normale retribuzione, e non anche quelli variabili ed eventuali connessi a particolari modalità della prestazione lavorativa (Cass., 24 marzo 1998, n. 3131). Resta salva la possibilità, per il lavoratore, di dimostrare di aver sofferto un maggior danno come diretta ed immediata conseguenza dell estromissione dal posto di lavoro come, ad esempio, danni alla professionalità ed all immagine diversi ed ulteriori rispetto a quelli già indennizzati dall indennità risarcitoria di legge (Cass., 13 luglio 2002, n ). Si è visto che l indennità risarcitoria può essere decurtata di quanto percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative del dipendente durante il periodo di estromissione: è il c.d. aliunde perceptum. Si considera, a tal fine, decurtabile ogni somma percepita purché non si tratti di attività che l interessato avrebbe ugualmente svolto anche in costanza di rapporto (Cass., 28 maggio 2003, n. 8494). Deve escludersi, invece, la deducibilità del trattamento pensionistico percepito medio tempore dal lavoratore, e ciò in quanto quest ultimo non rappresenta un reddito da lavoro (Cass., 28 gennaio 2014, n. 1725). Il danno risarcibile può essere diminuito anche nelle seguenti ipotesi: quando il lavoratore avrebbe potuto attivarsi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione (come previsto dalla Legge Fornero); quando il fatto colposo del lavoratore abbia concorso a cagionare direttamente il danno stesso, ex art cod. civ. (Cass., 26 novembre 2013, n ). La legge n. 108/1990 ha riconosciuto al lavoratore, e non al datore di lavoro, la facoltà di rinunciare alla reintegrazione e ricevere in alternativa un indennità sostitutiva della stessa, pari a 15 mensilità della retribuzione globale di fatto, ed in aggiunta al risarcimento del danno sopra considerato. In tal caso, ai sensi dell art cod. civ., il rapporto di lavoro s intende risolto (Cass., 5 agosto 2000, n ). 233 IDL_LICENZIAMNENTO_Edi_II_15-V3.0.indd :58:35

6 SANZIONI E TUTELE (JOBS ACT) L opzione può essere manifestata dal lavoratore entro 30 giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza, o dall invito del datore di lavoro a riprendere servizio se anteriore, mediante richiesta esplicita. Decorso il termine di trenta giorni dall invito, se il lavoratore non riprende servizio e non esercita l opzione per il pagamento dell indennità sostitutiva, il rapporto di lavoro si risolve. Decorso inutilmente, invece, il termine di trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza, il lavoratore decade dal diritto di optare per l indennità sostitutiva, conservando però il diritto all indennità risarcitoria e alla reintegra sino all esaurimento del termine per riprendere servizio. Ed infatti, su tale specifico punto, la Suprema Corte ha affermato che Il termine per l esercizio, da parte del lavoratore, della facoltà di opzione in favore dell indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro, ex art. 18 legge 300/1970, decorre alternativamente dal ricevimento dell invito a riprendere servizio o dalla comunicazione del deposito della sentenza secondo che il primo preceda o segua il deposito. La decadenza dall esercizio della facoltà di opzione, pertanto, si compie una volta che sia inutilmente decorso il termine di trenta giorni o dalla comunicazione del deposito della sentenza o dall invito a riprendere servizio; nella seconda di queste ipotesi la decadenza produce anche la risoluzione del rapporto (se il lavoratore non abbia ripreso servizio), mentre nella prima il lavoratore conserva il diritto all indennità risarcitoria e alla reintegrazione fino all esaurimento del termine per riprendere servizio (Cass., 6 novembre 2000, n ). Si ritiene, infine, che l opzione a favore dell indennità alternativa alla reintegrazione, si possa esercitare anche in assenza di un ordine giudiziale, per cui si è riconosciuto il diritto del lavoratore a chiedere l indennità sostitutiva quando, per effetto della revoca del licenziamento intervenuta nelle more del giudizio, sia preclusa la possibilità che lo stesso si chiuda con una sentenza di condanna alla reintegra (Cass., 16 ottobre 1998, n ). SANZIONI E TUTELE (JOBS ACT) SANZIONI E TUTELE (JOBS ACT) L art. 2 del D.Lgs. n. 23/2015 nel dettare il regime sanzionatorio per il licenziamento discriminatorio dei lavoratori assunti a partire dal 7 marzo 2015 (nonché di quelli assunti prima delle tutele crescenti che sono licenziati da datori di lavoro che superano la soglia dei 15 dipendenti dal 7 marzo 2015) riproduce sostanzialmente i contenuti della disciplina vigente, recata dall art. 18, commi 1-3, della legge n. 300/1970, che prevede, come si è detto nel paragrafo che precede, la tutela reale piena con la reintegrazione nel posto di lavoro del lavoratore illegittimamente licenziato. Il primo comma dell art. 2 dispone che il giudice, con la pronuncia con la quale dichiara la nullità del licenziamento, perché discriminatorio ai sensi dell art. 15 della legge n. 300/1970, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto. In ragione dell ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non ha ripreso servizio entro 30 giorni dall invito formulato 234 IDL_LICENZIAMNENTO_Edi_II_15-V3.0.indd :58:35

7 SANZIONI E TUTELE (JOBS ACT) dal datore di lavoro, salvo che il lavoratore richieda l indennità sostitutiva prevista (art. 2, comma 3, del D.Lgs. n. 23/2015). Il secondo comma stabilisce che il giudice condanna altresì il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui è stata accertata la nullità per discriminazione, stabilendo una indennità commisurata all ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto (art. 2120, comma 2, cod. civ.). L indennità risarcitoria deve tener conto della retribuzione di riferimento, appunto, maturata dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative (aliunde perceptum). In ogni caso il risarcimento non potrà essere inferiore a 5 mensilità dell ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR. Il datore di lavoro è condannato, per l intero periodo considerato, anche al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. L art. 2, comma 3, del D.Lgs. n. 23/2015 riconosce al lavoratore, fermo restando il diritto al risarcimento del danno, la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro (c.d. opting out), una indennità sostitutiva pari a 15 mensilità dell ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, non assoggettata a contribuzione previdenziale. L esercizio dell opzione sostitutiva fa scaturire evidentemente la risoluzione del rapporto di lavoro. La richiesta della indennità sostitutiva va effettuata, in ogni caso, entro 30 giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia o dall invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se precedente alla comunicazione. 1. Nuovo parametro di calcolo della indennità risarcitoria Il D.Lgs. n. 23/2015 individua un nuovo parametro per il calcolo della indennità risarcitoria. In base all art. 2120, comma 2, cod. civ. la nozione di retribuzione utile ai fini del TFR concerne la natura e la tipologia degli emolumenti da prendere in considerazione, escludendo soltanto quelle erogazioni che hanno natura sporadica ed occasionale, conseguenti a condizioni peculiari dell azienda non prevedibili o del tutto fortuite. La norma espressamente stabilisce che «salvo diversa previsione dei contratti collettivi la retribuzione annua, ai fini del comma precedente, comprende tutte le somme, compreso l equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese». Rientrano, pertanto, nella retribuzione utile ai fini del TFR gli emolumenti derivanti da situazioni connesse al rapporto di lavoro come pure alle caratteristiche della organizzazione del lavoro (Cass. 19 giugno 2004, n ) ovvero che dipendono strettamente dalle mansioni svolte in maniera stabile dal lavoratore (Cass. 14 giugno 2005, n ). Non è richiesto che l emolumento sia definitivo, essendo sufficiente che il lavoratore ne sia stato destinatario in modo del tutto normale durante il rapporto di lavoro, a prescindere dal tempo nel quale il compenso è stato percepito (Cass. 25 novembre 2005, n ). Alla luce di tali considerazioni nella retribuzione utile ai fini del calcolo del TFR vanno ricompresi tutti i compensi con carattere continuativo, che trovano 235 IDL_LICENZIAMNENTO_Edi_II_15-V3.0.indd :58:35

8 SANZIONI E TUTELE (JOBS ACT) nel rapporto di lavoro la causa tipica: minimo contrattuale, indennità di contingenza, elemento distinto della retribuzione, superminimi, scatti di anzianità, mensilità aggiuntive. La giurisprudenza ha inoltre considerato elementi integranti della retribuzione ai fini del calcolo del TFR, fra gli altri: l indennità sostitutiva del preavviso (Cass. 22 febbraio 1993, n. 2144); i premi di produzione benché variabili (Cass. 21 agosto 1987, n. 6986); il compenso per tempo di viaggio o casa-lavoro (Tribunale di Milano 8 giugno 1986); l indennità per il lavoro notturno ed il compenso per turni avvicendati (Cass. S.U. 24 febbraio 1986, n. 1102; Cass. 5 novembre 1986, n. 6472; Cass. 5 dicembre 1985, n. 6115); l indennità sostitutiva di ferie e festività (Cass. 8 giugno 2005, n ); i compensi percepiti per lavoro straordinario prestato con frequenza in base alla particolare organizzazione del lavoro (Cass. 5 febbraio 1994, n. 1002); il valore d uso dell autovettura (Cass. 15 novembre 2002, n ); l equivalente dei canoni di locazione dell abitazione concessa in uso in via continuativa ed il rimborso delle spese telefoniche private (Cass. 22 giugno 2004, n ). Numerosi sono i contratti collettivi nazionali di lavoro che individuano specificamente gli elementi della retribuzione e i compensi da considerare utili ai fini del calcolo del TFR (ad esempio: Alimentari, Chimici, Metalmeccanici, Terziario, Gomma e plastica). Per quanto attiene alla nozione di ultima appare ragionevole interpretare la norma nel senso di voler prendere a riferimento la retribuzione annuale precedente alla data del licenziamento sulla quale è stato determinato, calcolato e accantonato il TFR. Prendere a riferimento, infatti, l ultima mensilità tout court potrebbe esporre datore di lavoro e lavoratore all alea della variabilità di alcuni elementi a carattere stagionale o comunque oscillanti in ragione di specifici fattori. 236 IDL_LICENZIAMNENTO_Edi_II_15-V3.0.indd :58:35

9 CASISTICA Illecito Licenziamento discriminatorio Per avere licenziato il prestatore di lavoro per ragioni di credo politico o fede religiosa, o per l appartenenza ad un sindacato e la partecipazione ad attività sindacali o per questioni razziali o sessuali. CASISTICA CASISTICA Licenziamento discriminatorio Sanzione (assunti fino al 6 marzo 2015) Tutela reale piena Il lavoratore o la lavoratrice ha diritto a: reintegrazione o indennità sostitutiva pari a 15 mensilità; pagamento dell indennità risarcitoria non inferiore a 5 mensilità (con riferimento all ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento fino a quello dell effettiva reintegrazione, diminuita dell aliunde perceptum); versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali per lo stesso periodo; pagamento delle sanzioni per omesso o ritardato versamento contributivo. Sanzione (assunti dal 7 marzo 2015) Tutela reale piena Il lavoratore o la lavoratrice ha diritto a: reintegrazione o indennità sostitutiva pari a 15 mensilità; pagamento dell indennità risarcitoria non inferiore a 5 mensilità (con riferimento all ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto maturata dal giorno del licenziamento fino a quello dell effettiva reintegrazione, diminuita dell aliunde perceptum); versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali per lo stesso periodo; pagamento delle sanzioni per omesso o ritardato versamento contributivo. Qui di seguito vengono riportate alcune delle pronunce giurisprudenziali più recenti e significative in tema di licenziamento discriminatorio. Per agevolarne la lettura, le decisioni sono suddivise per argomento. 1. Licenziamento per ritorsione come discriminatorio Il licenziamento per ritorsione diretta si verifica quando il motivo ritorsivo, come tale illecito, sia stato l unico determinante dello stesso, ai sensi del combinato disposto dell art cod. civ., comma 2, artt e 1324 cod. civ.; esso costituisce l ingiusta ed arbitraria reazione ad un comportamento legittimo del lavoratore colpito (in caso di ritorsione diretta); il che può dedursi dagli elementi probatori messi in luce dalla difesa di parte ricorrente che - anche solo a considerarli sul piano delle presunzioni - valgono ad integrare un quadro nel quale il licenziamento del ricorrente finisce per essere lo scopo e ciò in termini del tutto indipendenti dalle modalità e dalle ragioni (vere o presunte) poste alla base dello stesso (Tribunale di Novara, 13 settembre 2013, ordinanza). Il licenziamento per ritorsione, diretta o indiretta - assimilabile a quello discriminatorio vietato dagli artt. 4, legge 15 luglio 1966, n. 604, 15 Stat. Lav. e 3, legge 11 maggio 1990, n costituisce l ingiusta e arbitraria reazione a un comportamento legittimo del lavoratore colpito o di altra persona a esso legata e pertanto accomunata nella reazione con conseguente nullità del licenzia- 237 IDL_LICENZIAMNENTO_Edi_II_15-V3.0.indd :58:35

10 CASISTICA mento, quando il motivo ritorsivo sia stato l unico determinante e sempre che il lavoratore ne abbia fornito prova anche con presunzioni. All accertamento della natura ritorsiva del licenziamento segue l applicazione delle medesime conseguenze proprie del licenziamento discriminatorio (Tribunale di Milano, 27 dicembre 2012). Il concetto di licenziamento discriminatorio, sancito dall art. 4, legge n. 604 del 1966, dall art. 15, legge n. 300 del 1970 e dall art. 3, legge n. 108 del 1990, è suscettibile di interpretazione estensiva: l area dei singoli motivi vietati comprende anche il licenziamento per ritorsione o rappresaglia, che costituisce l ingiusta ed arbitraria reazione a comportamenti sgraditi all imprenditore, quando quest ultima rappresenti l unica ragione del provvedimento espulsivo (Cass., 3 agosto 2011, n ). 2. Onere della prova In ipotesi di provvedimento datoriale ritorsivo (e, come tale, discriminatorio) spetta al lavoratore l onere di provare la natura di tale atto, attraverso la dimostrazione di elementi specifici tali da far ritenere con sufficiente certezza l intento di rappresaglia (respinto, nella specie, il ricorso di una dipendete che lamentava il carattere ritorsivo del licenziamento intimatole dopo aver rifiutato la proposta aziendale di ridurre il proprio orario di lavoro, in virtù di una pretesa soppressione della sua posizione lavorativa, cagionata da una significativa contrazione dell attività dell ufficio cui era addetta) (Cass., 6 giungo 2013, n ). Per provare la discriminazione, il lavoratore può avvalersi di presunzioni, a condizione che gli elementi di fatto addotti abbiano i caratteri della precisione e della concordanza, mentre non è richiesto il requisito della gravità: dimostrati i fatti che fanno ritenere probabile la discriminazione, spetta al datore dimostrarne l insussistenza (fattispecie relativa all azione intrapresa da una dipendente di un istituto bancario per il riconoscimento del diritto ad ottenere quella promozione che, pur in presenza dei presupposti di fatto e contrattuali richiesti per l avanzamento, le sarebbe stata ingiustamente negata, a causa di una asserita discriminazione sessuale) (Cass., 5 giugno 2013, n ). L allegazione, da parte del lavoratore, del carattere ritorsivo del licenziamento intimatogli non esonera il datore di lavoro dall onere di provare, ai sensi dell art. 5 della legge 15 luglio 1966, n. 604, l esistenza della giusta causa o del giustificato motivo del recesso; solo ove tale prova sia stata almeno apparentemente fornita, incombe sul lavoratore l onere di dimostrare l intento ritorsivo e, dunque, l illiceità del motivo unico e determinante del recesso (Cass., 14 marzo 2013, n. 6501). La sussistenza di indizi gravi precisi e concordanti da cui trarsi la volontà del datore di lavoro di intimare il licenziamento nei confronti del lavoratore esclusivamente in relazione alla sua attività sindacale e, così, per mere ragioni 238 IDL_LICENZIAMNENTO_Edi_II_15-V3.0.indd :58:35

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