Tassazione Società di Capitali Le novità introdotte dalle manovre estive 2011

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1 Accertamento Adempimenti Agevolazioni Bilancio Contabilità Contenzioso Contratti Contribuzione Consulenza del lavoro Dichiarazioni fiscali Diritto societario Enti pubblici Fiscalità locale Immobili & Fisco Imposte indirette Irpef Irap Iva Manovre finanziarie Riscossione Privacy Sicurezza Successioni Studi di Settore Tassazione Società di Capitali Le novità introdotte dalle manovre estive 2011 In questo numero di FISCUS puntiamo il mouse sulle novità introdotte dalle c.d. manovre estive (in realtà sono provvedimenti che hanno trasversalmente interessato ben tre stagioni, dalla primavera all autunno), sulla tassazione delle società di capitali: dal riporto delle perdite fiscali, alla nuova tassazione delle società in c.d. perdita sistematica, dai provvedimenti riguardanti specificatamente le cooperative alle conseguenze di una compilazione inesatta dei dati degli Studi di Settore. Questo approfondimento offre ai propri lettori un completo dossier sull argomento. La nuova disciplina del riporto delle perdite per i soggetti IRES di Gianfranco Ferranti La maggiorazione IRES per le società di comodo di Francesco Leone SOMMARIO Le cooperative vengono penalizzate dalla manovra di ferragosto 2011 di Enrico Larocca Studi di Settore. Sanzionabilita dell omessa presentazione degli studi di settore di Fabio Carrirolo Pagina 2 Pagina 11 Pagina 15 Pagina 18 Le voci dal Forum Pagina 21

2 La nuova disciplina del riporto delle perdite per i soggetti IRES di Gianfranco Ferranti 1. Premessa La disciplina delle perdite ha subito ancora una volta delle rilevanti modifiche 1, principalmente al fine, come evidenziato nella relazione di accompagnamento del D.L. n. 98 del , di fornire alle imprese un sostegno economico nell attuale situazione di crisi. Tali modifiche rendono, però, il sistema più complesso e meno sistematico (operando una discriminazione tra i soggetti IRES ai quali soli si applica la nuova disciplina- e quelli IRPEF) e pongono alcuni problemi interpretativi, collegati, in particolare, alla disciplina transitoria. L art. 23, c. 9, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha modificato i primi due commi dell art. 84 del TUIR al fine di: eliminare il limite temporale del quinto periodo d imposta successivo a quello di produzione delle perdite stabilito per la riportabilità delle stesse; stabilire che la perdita può essere computata in diminuzione del reddito imponibile di ciascun periodo successivo in misura non superiore all 80 per cento dello stesso; mantenere la possibilità di computare le perdite realizzate nei primi tre periodi d imposta dalla data di costituzione (in presenza di nuove attività produttive) in diminuzione del reddito dei periodi d imposta successivi per l intero importo che trova capienza nello stesso, senza, quindi, la limitazione all 80 per cento. L eliminazione del limite temporale al riporto delle perdite ha senz altro un carattere agevolativo per le imprese. Invece la utilizzabilità delle stesse in misura non superiore all 80 per cento dei redditi prodotti negli anni successivi produce una penalizzazione, motivata dall esigenza di realizzare, almeno nell immediato, un effetto finanziario positivo per l erario; per i contribuenti si verifica, sempre nei primi anni, un effetto finanziario negativo, in quanto si allunga il tempo di assorbimento delle stesse perdite, che restano, però, integralmente utilizzabili (anche se in un periodo più lungo). Non è stata colta l occasione della riforma normativa per introdurre anche nel nostro ordinamento l istituto del riporto all indietro delle perdite (cosiddetto carry back ), che consente di riliquidare l imposta degli esercizi precedenti a quello di realizzo della perdita, ottenendo il rimborso delle somme già versate. Tale forma di riporto è presente, ad esempio, in Francia (fino a concorrenza dell intero importo degli utili non distribuiti nei tre periodi d imposta precedenti), Germania (con riguardo al reddito, non superiore a , del primo periodo d imposta precedente), Regno Unito (con riguardo al reddito del primo periodo d imposta precedente e con regole particolari per il triennio ) e USA (con riguardo al reddito dei due periodi d imposta precedenti). La novità normativa influenzerà i criteri di pianificazione dell utilizzo delle perdite da parte delle imprese, che, in assenza di prescrizioni normative in merito alla priorità di utilizzo, troveranno più conveniente utilizzare in primo luogo quelle realizzate nei primi tre periodi d imposta (che possono abbattere integralmente i redditi dei periodi successivi) e poi quelle realizzate dal quarto periodo in poi (utilizzabili entro il limite dell 80% dei redditi dei periodi successivi). La nuova disciplina è stata esaminata dall Istituto di ricerca del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili nella circolare n. 24/IR del 14 settembre 2011, che ha illustrato in modo analitico tutti gli aspetti della riforma. 2. La finalità dell intervento Nella citata relazione di accompagnamento sono state precisate le molteplici finalità perseguite dalle modifiche normative in esame. Viene, innanzitutto, precisato che le dette modifiche costituiscono misure di sostegno alle imprese che, uscendo da una crisi economico/finanziaria senza precedenti, si trovino ad avere ingenti volumi di perdite pregresse che potrebbero non essere utilizzabili nell arco di un quinquennio. Si tratta, comunque, di un intervento strutturale che opera a regime e non per un periodo limitato. E stato, in tal modo, recepito l auspicio della dottrina 3, che aveva auspicato una revisione del limite temporale al riporto in avanti, nel segno della sua radicale soppressione o di una sua congrua estensione, al fine non solo di rafforzare l aderenza della disciplina al principio di capacità contributiva, ma anche di avvicinarla, se non allinearla, alle discipline vigenti negli altri ordinamenti europei 4. Sono stati, però, ritenuti meritevoli di sostegno (come più avanti illustrato) soltanto i soggetti IRES e non quelli IRPEF. La detta finalità dovrebbe, inoltre, far ritenere che la novità normativa si applichi anche alle perdite prodotte negli anni precedenti, anche se la norma non contiene un esplicita disciplina transitoria e la relazione di accompagnamento e quella tecnica sembrano deporre in senso parzialmente contrario. Al riguardo l Istituto di ricerca del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ha osservato che, ancorché tale finalità contingente abbia guidato il legislatore nell intervento normativo in commento, le modifiche introdotte costituiscono un intervento strutturale che opera a regime. La norma persegue, inoltre, la finalità di evitare che le imprese pongano in essere operazioni straordinarie volte allo scopo di ottenere un refresh delle perdite che giungono a scadenza, operazioni che di fatto vanificano la limitazione temporale al riporto. Il detto Istituto di ricerca ha rilevato che il riferimento è al fenomeno del c.d. "ringiovanimento" delle perdite, che consiste nell utilizzazione delle disposizioni sulla determinazione dell imponibile allo scopo di far emergere redditi, che potranno essere compensati con perdite pregresse, altrimenti inutilizzabili allo scadere del termine per il riporto. Si tratta di tecniche che anticipano l emersione di futuri redditi imponibili, precostituendo valori fiscalmente riconosciuti suscettibili di futuri ammortamenti o comunque deduzioni fiscali. Si può pensare, al riguardo, ad esempio, alla cessione di beni strumentali per evidenziare plusvalenze imponibili. Tali tecniche non sono, peraltro, di per sé stesse elusive in quanto non aggirano alcun principio di portata sistematica. Si verifica, altresì, una semplificazione nella redazione dei bilanci di esercizio, limitando complessi esercizi di valutazione della recuperabilità delle perdite ai fini dell iscrizione o del mantenimento delle imposte differite attive, che non risulta più vincolata al periodo quinquennale. Resta, comunque, la difficoltà di operare previsioni attendibili in riferimento a un periodo superiore a cinque anni.

3 Un vantaggio si produce anche per l erario, in termini di stabilizzazione del gettito, che viene garantito in misura percentuale anche in presenza di perdite riportate a nuovo, a partire dall anno successivo a quello in cui la perdita si è realizzata. 3. Il riporto illimitato delle perdite Il riporto delle perdite di impresa è disciplinato, ai fini delle imposte sui redditi, dagli artt. 8 e 84 del T.U.I.R., rispettivamente, per i soggetti IRPEF e per quelli IRES. Le disposizioni dell'art. 8 del T.U.I.R. sono, per effetto dell'art. 143 del T.U.I.R., applicabili anche ai fini della determinazione del reddito complessivo degli enti non commerciali La finalità del riporto in avanti L'istituto del riporto delle perdite costituisce una deroga al principio dell'autonomia dei singoli periodi di imposta, stabilito dagli artt. 7 e 76 del T.U.I.R., in base al quale l'imposta è dovuta per periodi di imposta, a ciascuno dei quali corrisponde un'obbligazione tributaria autonoma, in quanto consente di compensare le perdite di un periodo di imposta con il reddito dei periodi di imposta successivi. La funzione del riporto delle perdite, quindi, è quella di assicurare che, nonostante la suddivisione convenzionale del ciclo vitale dell'impresa in periodi di imposta, si pervenga, comunque, alla tassazione di un reddito che si identifichi, almeno in via tendenziale, nella differenza tra i componenti positivi conseguiti e quelli negativi sostenuti dal soggetto passivo nell arco temporale complessivo della sua attività d impresa. Attraverso il meccanismo del riporto viene, dunque, superata la frammentazione temporale in periodi e l'attività di impresa riassume, sotto questo profilo, un carattere di continuità 5. In particolare, si è rilevato, in dottrina, che "il riporto delle perdite trova giustificazione alla luce dello stesso principio di capacità contributiva, essendo un modo di considerare sotto tale profilo anche vicende verificatesi in periodi di imposta precedenti o, come avverrebbe per il riporto all'indietro, successivi; l'eliminazione degli inconvenienti connessi alla divisione del tempo in periodi di imposta non costituisce perciò un'esenzione od un'agevolazione, bensì un correttivo intrinseco alla logica del tributo" 6. La finalità perseguita è, quindi, quella di garantire un'equa imposizione, evitando che l'autonomia dei periodi di imposta possa determinare, per un'impresa che abbia conseguito, ad esempio, in un periodo una perdita e nel periodo successivo un reddito imponibile, l'assoggettamento a imposizione di tale reddito senza considerare la perdita pregressa, prescindendo dall'effettivo risultato economico complessivo 7. La Corte Costituzionale ha affermato, nella ordinanza n. 54 del 21 gennaio 1988, che il riconoscimento del diritto al riporto rientra nella discrezionalità del legislatore. In tale pronuncia è stata affermata la legittimità costituzionale del divieto del riporto in avanti delle perdite ai fini dell ILOR, che era, però, un imposta reale, che attribuiva rilevanza al fatto economico in quanto tale e non in quanto collegabile ad un determinato soggetto. Fino all entrata in vigore delle modifiche normative in esame il riporto è stato limitato, per i soggetti IRES e per quelli IRPEF in regime di contabilità ordinaria, al quinto periodo d imposta successivo a quello di produzione delle perdite. Al riguardo è stato evidenziato 8 che in dottrina sono state proposte almeno tre chiavi di lettura per spiegare l'origine del suddetto vincolo: secondo la corrente di pensiero maggioritaria la ratioad esso sottesa va colta nella necessità di correlare il periodo di riporto con il termine di accertamento (oggi, peraltro, quadriennale o, più esattamente, il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione) relativo all'anno di formazione della perdita 9 ;a giudizio di altri, invece, il vincolo quinquennale va spiegato in ragione di esigenze di semplicità, stabilità e rapidità nella definizione dei rapporti tributari 10 ; altri ancora liquidano la questione ritenendo che il limite temporale risponda all'esigenza di incrementare arbitrariamente il gettito 11. Analoghe motivazioni sembrano essere sottese alla scelta legislativa di consentire unicamente il riporto delle perdite di impresa in avanti e non all'indietro, a differenza di quanto avviene in altri ordinamenti tributari. La mancata previsione del carry back, che sarebbe pienamente giustificata alla luce del principio di capacità contributiva, sembrerebbe motivata dalle difficoltà operative che sorgerebbero nella rideterminazione del reddito, oltre che dalle esigenze più generali dell erario di non mettere in discussione un gettito già acquisito. Con riguardo alla correlazione del periodo di riporto con il termine di accertamento va, peraltro, osservato che, a partire dalle dichiarazioni presentate successivamente al 1 gennaio 1998, i termini di accertamento sono stati ridotti di un anno 12, il che ha sancito la possibilità dell utilizzo della perdita in un esercizio in cui la stessa non è più rettificabile dall Amministrazione finanziaria per il decorso del termine di accertamento 13. Inoltre se le perdite sono utilizzate nella dichiarazione relativa al quarto periodo successivo a quello della loro emersione, al momento della presentazione della dichiarazione in questione i tempi per la rettifica di quella nella quale originariamente figuravano erano praticamente scaduti 14. Si rinvia, al riguardo, alle osservazioni più avanti formulate in ordine alla decorrenza del termine di accertamento nelle fattispecie in esame. Si ritiene, pertanto, anche alla luce delle novità normative in esame, che non sia più proponibile la chiave di lettura correlata alla scadenza del termine di accertamento La nuova normativa

4 Con la riforma normativa introdotta dal DL n. 98 del 2011 è stato eliminato il limite temporale per il riporto delle perdite dei soggetti IRES e, parallelamente, stabilito che la perdita può essere computata in diminuzione del reddito imponibile di ciascun periodo successivo in misura non superiore all 80% dello stesso. Le imprese le cui perdite risultano superiori a tale percentuale del reddito dell anno successivo subiscono, quindi, l imposizione di quest ultimo in misura pari al 5,5% (27,5% del 20%). Si verifica, pertanto, un anticipazione della tassazione che sarà recuperata negli anni successivi. E stata confermata la regola in base alla quale l impresa non può scegliere a sua discrezione quanta parte di perdita pregressa riportare nell'esercizio successivo e quale degli esercizi successivi interessare, in quanto la detta perdita va computata in diminuzione del reddito nel primo esercizio utile successivo a quello di sua formazione, nel rispetto del nuovo limite dell 80 per cento e per l intero importo che trova capienza in tale ammontare. Inoltre è stata mantenuta la precisazione che la perdita potrà tuttavia essere computata in diminuzione del reddito complessivo in misura tale che l'imposta corrispondente al reddito imponibile risulti compensata da eventuali crediti di imposta, ritenute alla fonte a titolo di acconto, versamenti in acconto, e dalle eccedenze di cui all'art. 80. Tale previsione risponde all esigenza di evitare che l imposta corrispondente al reddito imponibile, assunto al netto dell intera perdita riportabile, sia insufficiente a compensare i detti crediti, ritenute ed eccedenze, determinando, quindi, l insorgere o l incremento del credito del contribuente. In seguito alla riforma intervenuta, l applicazione di tale norma comporta la possibilità per l impresa di utilizzare la perdita per un importo anche inferiore all 80 per cento del reddito del periodo successivo, in modo tale che dopo la compensazione residui un reddito imponibile e, quindi, un imposta a debito da compensare con i detti crediti, ritenute ed eccedenze. Al riguardo l Istituto di ricerca ha ritenuto che tale previsione trovi applicazione soltanto qualora il 20 per cento del reddito del periodo d imposta successivo non risulti sufficiente ad assorbire i detti crediti, ritenute, versamenti ed eccedenze. 4. I soggetti interessati La riforma normativa in esame non ha modificato il disposto dell art. 8, comma 3, del T.U.I.R., nel quale è stabilito che le perdite derivanti dall'esercizio di imprese commerciali individuali e dalla partecipazione in società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria sono computate in diminuzione dei relativi redditi conseguiti nei periodi d imposta e, per la differenza, in quelli successivi, ma non oltre il quinto, per l intero importo che trova capienza in essi. Il riporto delle perdite è, invece, precluso per le imprese in regime di contabilità semplificata. Inoltre nell ultimo periodo del comma 3 dello stesso articolo 8 è precisato che si applicano le disposizioni dei commi 2 e 3 dell articolo 84, senza menzionare il comma 1, nel quale è contenuta la modifica normativa concernente il riporto delle perdite senza alcun limite temporale. Appare, quindi, evidente la volontà di limitare l ambito di applicazione delle novità normative ai soggetti IRES (diversi dagli enti non commerciali che esercitano attività d impresa, i quali, a norma dell art. 143, c. 2, del TUIR, il reddito complessivo è determinato secondo le disposizioni del precedente art. 8), differenziando la disciplina fiscale delle perdite realizzate da tali soggetti da quella riservata ai soggetti IRPEF (e agli enti non commerciali). Tale conclusione è confermata dalla relazione tecnica, nella quale è evidenziato che il recupero di materia imponibile è stato quantificato sulla base dei dati risultanti dalle dichiarazioni dei redditi del modello Unico società di capitali (quadri RN, TN e GN), facendo, peraltro, riferimento anche alle società a responsabilità limitata che fruiscono del regime di trasparenza di cui all art. 116 del TUIR, per le quali si verificano, evidentemente, effetti ai fini dell IRPEF dovuta dai soci persone fisiche. Al riguardo è stato rilevato 15 che la scelta legislativa sembrerebbe in contrasto con la richiamata finalità di sostenere le imprese interessate dalla presente crisi economico-finanziaria, che dovrebbe riguardare anche quelle soggette all IRPEF (e gli enti non commerciali). La stessa potrebbe, tuttavia, essere stata ispirata dalla considerazione che le perdite di entità più rilevante sono, in via di principio, realizzate dalle società di capitali ed enti commerciali, che hanno, quindi, maggiore interesse all eliminazione del limite temporale per il loro riporto in avanti. Viceversa, le ditte individuali, le società di persone e gli enti non commerciali sarebbero stati soprattutto penalizzati dalla limitata utilizzabilità delle perdite in diminuzione dei redditi dei periodi d imposta successivi. Tali considerazioni sono state condivise dall Istituto di ricerca del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. Si ricorda che per i soggetti IRPEF il diritto al riporto delle perdite aveva trovato riconoscimento normativo ad opera dell art. 3 del D.L. n. 853 del La disomogeneità di trattamento fiscale tra soggetti IRPEF e IRPEG aveva a suo tempo sollevato critiche da parte della dottrina, la quale, partendo dalla considerazione che l imposizione fiscale dovesse essere neutrale rispetto alle modalità soggettive di esercizio dell attività d impresa, aveva considerato detta disomogeneità anche in contrasto con il principio di u- guaglianza di cui all art. 3 della Costituzione 16. Era stato, però, anche osservato 17 che la diversità di disciplina poteva essere ricollegata alle caratteristiche dei soggetti coinvolti e alla specificità della disciplina civilistica per gli stessi dettata, la quale vieta, per le società di capitali, di ripartire utili fino alla reintegrazione di perdite di precedenti esercizi. Si ricorda che è rimasta invariata anche la disciplina applicabile alle imprese in contabilità semplificata (che possono compensare le perdite soltanto nell ambito del reddito complessivo del periodo d imposta in cui le stesse sono realizzate) e ai contribuenti che si avvalgono del regime dei minimi, introdotto dall art. 1, cc. 96 e ss., della legge n. 244 del 2007 (che possono computare le perdite in diminuzione del relativo reddito d impresa degli esercizi successivi, non oltre il quinto, ovvero senza limiti di tempo qualora si rispettino i requisiti di cui all art. 84, c. 2, del TUIR, anche nel caso di successiva opzione per il regime ordinario). Il sistema normativo risulta, pertanto, con riguardo alla disciplina delle perdite, più complesso e meno sistematico. Al riguardo è stato proposto 18 di introdurre un regime uniforme per tutti i contribuenti caratterizzato dall assenza del limite dei cinque anni per il riporto in avanti, con introduzione di una compensazione integrale (senza cioè il tetto dell 80%) al di sotto di un certo importo di reddito (i.e ).

5 Convivono, in sintesi, quattro distinti regimi, a seconda che il contribuente che ha prodotto la perdita nell esercizio dell attività d impresa sia: un soggetto IRPEF in regime di contabilità ordinaria, che può riportare la perdita in diminuzione dell intero importo dei redditi d impresa prodotti nei cinque periodi d imposta successivi (ovvero senza limiti temporali in caso di perdite realizzate nei primi tre periodi d imposta); un soggetto IRPEF in regime di contabilità semplificata, che può soltanto portare la perdita in diminuzione dagli altri redditi (anche non d impresa) dichiarati per lo stesso periodo d imposta. Per le perdite realizzate negli anni 2006 e 2007 è stata, invece, prevista la possibilità di utilizzo a scomputo dei redditi aventi la medesima natura prodotti nello stesso periodo d imposta e il riporto in avanti dell eventuale eccedenza nei periodi d imposta successivi, ma non oltre il quinto; una persona fisica che si avvale del regime dei minimi, per la quale non si applicano le regole previste per le imprese in contabilità semplificata, ma le perdite realizzate nel corso dell applicazione del regime stesso sono computate in diminuzione dei redditi prodotti nei successivi periodi d imposta, ma non oltre il quinto. Se la perdita è stata realizzata nei primi tre periodi di imposta in cui viene esercitata l attività, resta ferma la possibilità del riporto illimitato delle perdite; un soggetto IRES, per il quale si applica la nuova disciplina in esame, che prevede il computo della perdita in diminuzione del reddito imponibile di ciascun periodo successivo in misura non superiore all 80 per cento dello stesso, senza limitazioni temporali. La diversificazione dei regimi di utilizzo delle perdite a seconda della natura giuridica assunta dell impresa fa sorgere delicati problemi in caso di società di capitali che partecipano a società di persone e di trasformazione da una società di capitali in una di persone e viceversa. 4.1 Le società di capitali socie di società di persone Nel comma 6 dell articolo 101 del TUIR è stabilito che le perdite attribuite per trasparenza dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice non sono utilizzabili dai soci società di capitali ed enti commerciali residenti in diminuzione del proprio reddito bensì soltanto in abbattimento degli utili attribuiti per trasparenza nei successivi cinque periodi d imposta dalla stessa società che ha generato le perdite. Tale disposizione è stata introdotta per evitare l aggiramento delle limitazioni alla deducibilità degli interessi previste per i soggetti IRES (commisurata al 30% del ROL) mediante l assunzione dei finanziamenti da parte di società di persone (che non subiscono tale penalizzazione), le cui perdite sarebbero poi imputate per trasparenza ai soci società di capitali. La norma non si applica: ai soci soggetti IRPEF; nel caso in cui l importo, pur rilevante, degli interessi passivi diminuisca il reddito dichiarato dalla società senza generare una perdita. L Assonime ha rilevato, nella circolare n. 46 del 18 novembre 2009 (par. 2.4), che tale misura mette in evidenza la complessità del sistema e la sua asimmetria e che la stessa sembra eccedere gli scopi che il legislatore si era prefissato, essendo stata eliminata la possibilità di compensare le perdite della società controllata con gli utili della controllante anche quando le stesse sono del tutto fisiologiche e dipendenti da fattori diversi dalla presenza di interessi passivi, ottenendo un effetto peggiorativo rispetto alla situazione in cui lo stesso risultato negativo fosse stato realizzato in capo alla partecipante. A parere della detta Associazione sarebbe stato più opportuno un intervento ancorato anche all aspetto qualitativo della perdita, così da colpire i comportamenti effettivamente elusivi. L Agenzia delle Entrate non ha, peraltro, ancora chiarito se tale norma sia, come si ritiene, di carattere antielusivo e ne sia, pertanto, consentita, nei casi evidenziati dall Assonime, la disapplicazione presentando l istanza di interpello di cui al comma 8 dell articolo 37-bis del D.P.R. 600 del Considerare tale norma di sistema (e, quindi, inderogabile ) 19 sembrerebbe ingiustificatamente penalizzante nei casi in cui la società partecipata non abbia assunto finanziamenti ovvero la perdita derivi solo in parte dal sostenimento degli interessi passivi: in quest ultimo caso dovrebbero essere, comunque, forniti i criteri per la determinazione della quota di perdita deducibile in deroga al criterio dell art. 101, comma 6, del T.U.I.R. La norma in esame non è stata modificata e la stessa risulta, quindi, applicabile anche dopo la riforma della disciplina del riporto delle perdite, che ha, d altra parte, riguardato, come già evidenziato, quelle prodotte dalle società di capitali e non quelle delle società personali. Al riguardo è stato sostenuto 20 che appare, pertanto, coerente con tale impostazione che le perdite delle società in nome collettivo e in accomandita semplice siano utilizzabili dai soci società di capitali ed enti commerciali residenti in abbattimento degli utili attribuiti per trasparenza dalla società partecipata soltanto nei successivi cinque periodi d imposta (e per l intero ammontare), cioè secondo le regole ordinariamente stabilite per le dette società personali. Ciò anche perché le stesse perdite non concorrono alla formazione del reddito complessivo da assoggettare all IRES. Tale interpretazione è stata condivisa dal menzionato Istituto di ricerca. 4.2 Le trasformazioni progressive e regressive L Agenzia delle entrate ha affermato, nella risoluzione del 16 maggio 2005, n. 60/E, che nell ambito delle trasformazioni progressive, che comportano il cambiamento della veste giuridica di una società commerciale di persone in quella di società di capitali, le perdite formatesi in capo alla società di persone non possono essere trasferite alla società di capitali risultante dall operazione, in quanto già imputate a

6 titolo definitivo ai soci. Ne consegue che nessuna posizione giuridica soggettiva, collegata alle suddette perdite, sorge in capo alla società di persone che possa essere eventualmente trasmessa alla società di capitali risultante da un'operazione di trasformazione. Il trattamento fiscale delle perdite conseguite dalla società di persone ante trasformazione ed imputate ai soci per trasparenza resterà dunque quello ordinariamente applicabile ai sensi dell'art. 8 del TUIR. Nel caso, invece, in cui la società di capitali che procede alla trasformazione regressiva in società di persone abbia maturato, nei periodi di imposta ante trasformazione, perdite fiscali riportabili, la stessa risoluzione n. 60/E del 2005 ha chiarito che tali perdite possono continuare ad essere riportate dalla società anche successivamente alla sua trasformazione in società di persone. In altre parole, il chiarimento dell Agenzia delle Entrate specifica che, se da un lato le perdite fiscali pregresse non devono intendersi irrimediabilmente perdute per effetto della trasformazione regressiva, è d altro canto escluso che le medesime possano essere imputate pro quota direttamente in capo ai soci della società di persone risultante post trasformazione. Le perdite, dunque, continuano ad essere riportabili secondo le regole ordinariamente stabilite per i soggetti IRES, ma rimangono in capo alla società che le ha prodotte, la quale provvede al loro scomputo in prededuzione dal reddito imponibile, prima della sua imputazione per trasparenza ai soci della società di persone risultante dalla trasformazione regressiva. In questo caso, quindi, le perdite dovrebbero conservare le caratteristiche previste per il soggetto IRES in capo al quale sono maturate, cioè il riporto senza limiti di tempo e la utilizzabilità entro il limite dell 80% del reddito dei periodi successivi 21. Ciò in quanto, come precisato nella stessa risoluzione n. 60/E del 2005, la trasformazione non può influenzare il trattamento fiscale cui soggiacciono le perdite realizzate dallo stesso soggetto nei precedenti periodi d'imposta e quindi la società di persone risultante dalla trasformazione regressiva conserva la posizione giuridica maturata, ai sensi dell art. 84 del TUIR, prima di porre in essere il cambiamento tipologico e risulta legittimata a scomputare le perdite pregresse applicando le medesime disposizioni dettate per i soggetti IRES. L Istituto di ricerca ha confermato tele impostazione interpretativa, precisando che l Agenzia ha assunto a principio generale dell ordinamento la norma, considerata di carattere ricognitivo, dell art. 7, c. 2, del D.M. 23 aprile 2004 in tema di perdite e regime di trasparenza di cui all art. 115 del TUIR, secondo la quale, anche dopo la trasformazione in società di persone, si mantengono le perdite realizzate nella società di capitali e che, di conseguenza, trova applicazione la previsione del novellato art. 84 del TUIR. 5. Le perdite dei prime tre periodi di attività Nell'art. 84, c. 2, del T.U.I.R. è stata eliminata la precisazione che le perdite realizzate nei primi tre periodi d'imposta dalla data di costituzione possono, con le modalità previste al comma 1, essere computate in diminuzione del reddito complessivo dei periodi d'imposta successivi senza alcun limite di tempo. Ciò in quanto tale precisazione risulta ormai superflua dopo l eliminazione di tale limite nel detto comma 1. E stato, però, precisato che il computo in diminuzione deve avvenire entro il limite del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi. Si è inteso, in tal modo, stabilire che nei casi in esame non trova applicazione la limitazione dell utilizzo della perdita nella misura dell 80% del reddito dei periodi d imposta successivi. Risulta, inoltre, confermata la condizione che le perdite si riferiscano ad una nuova attività produttiva. E stato, quindi, mantenuto un regime fiscale più favorevole per le perdite in esame, per le quali la limitazione temporale del quinquennio per il riporto in avanti era stata già eliminata dal D.Lgs. n. 358 del 1997: l aspetto di maggior favore non è, però, più quello di consentire il riporto illimitato ma consiste ora nella non applicazione della limitazione all utilizzo della perdita nei periodi d imposta successivi. Non è stato, invece, accolto il suggerimento 22 di consentire, anche in via transitoria, il riporto illimitato delle perdite da parte dei soggetti neo costituiti che proseguono un attività intrapresa da altri, in quanto anche in tali casi tale attività potrebbe risultare priva di redditività. 6. I rapporti con altri istituti L istituto di ricerca ha preso in esame, nella già citata circolare, anche i riflessi che la modifica della disciplina del riporto delle perdite ha avuto su altre previsioni normative, quali quelle riguardanti: le limitazioni al riporto delle perdite per i soggetti che fruiscono di regimi di detassazione totale o parziale dei redditi o degli utili, finalizzate a realizzare la simmetria tra imponibilità del risultato positivo (utile) e deducibilità del risultato negativo (perdita); il consolidato fiscale nazionale; il regime di trasparenza fiscale di cui agli articoli 115 e 116 del TUIR; la liquidazione della società; la disciplina delle società di comodo Le attività con redditi detassati o utili esenti L art. 83, c. 1, secondo periodo, del TUIR, prevede che in caso di attività che fruiscono di regimi di parziale o totale detassazione del reddito, le relative perdite fiscali assumono rilevanza nella stessa misura in cui assumerebbero rilevanza i risultati positivi. Si tratta dei regimi agevolativi che riguardano i risultati reddituali complessivi derivanti dall'esercizio di determinate attività d'impresa, quali, ad esempio, l esenzione pari all 80% del reddito derivante dall utilizzazione di navi iscritte nei registri internazionali (se non è stata effettuata l opzione per il regime della tonnage tax) 23 o quella del 56% del reddito delle imprese che esercitano la pesca mediterranea, costiera o interna. In tali casi le perdite rilevano anch esse nella detta misura dell 80% o del 56%. L Istituto di ricerca ha ricordato che, in via amministrativa, il tema del riporto delle perdite in caso di imprese con redditi detassati era stato già affrontato prima della introduzione della norma in esame ad opera della Legge finanziaria per il L Agenzia delle entrate aveva affermato, nella circolare n. 37/E del 9 luglio 2003 (riguardante l applicazione della normativa del riporto delle perdite ex art. 84 del TUIR alle società cooperative agricole e di produzione e lavoro che, in presenza delle condizioni di cui agli artt. 10 o 11 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, pur mantenendo la qualifica di soggetti passivi d'imposta, beneficiano dell'esenzione IRES corrispondente a una parte o a tutto il reddito prodotto), che le perdite che si sono generate in periodi di imposta in

7 cui una società cooperativa beneficiava dell'esenzione totale o parziale del reddito sono interamente riportabili nei periodi d'imposta successivi ed utilizzabili nei limiti del quinquennio. Inoltre, nel valutare se tali perdite debbano essere utilizzate in compensazione nei periodi di imposta in cui la cooperativa ha evidenziato un utile di esercizio che non ha dato luogo ad un reddito complessivo imponibile per effetto dell'esenzione, l Agenzia aveva precisato che negli esercizi chiusi con un utile da conto economico, il reddito complessivo imponibile, poiché usufruisce dell'esenzione, sia zero. Di conseguenza non si creano i presupposti per l'utilizzazione delle perdite dei periodi di imposta precedenti... e, pertanto, le perdite potranno essere riportate integralmente e, in caso di mancanza dell'agevolazione, utilizzate in diminuzione del reddito complessivo e per l'intero importo che trova capienza nel reddito imponibile, sempre nei limiti temporali previsti. Tale orientamento sembrerebbe, in prima istanza, doversi ritenere superato dalla vigente disposizione normativa, ma lo stesso Istituto ha osservato che l Agenzia delle entrate ha chiarito, nella risoluzione n. 129/E del 13 dicembre 2010, che la norma in esame si applica ai soggetti che beneficiano di un esenzione dal reddito per la quale è prevista una determinata percentuale di esenzione e che, di conseguenza, resterebbe inapplicabile, ad esempio, alle cooperative che godono dell esenzione di cui agli artt. 10 e 11 del dpr n. 601 del 1973, in quanto tali esenzioni non si basano su una percentuale prestabilita di esenzione dal reddito, ma sono calcolate in fase di determinazione della base imponibile prendendo a riferimento valori quali gli utili netti annuali accantonati 24 ovvero l IRAP computata tra le variazioni in aumento. Ciò comporta che l incidenza del beneficio fiscale sul reddito della società cooperativa, in questi casi, non è individuato da una percentuale fissa, ma è soggetto a variazione nei diversi periodi di imposta. In altri termini, in assenza di una percentuale prestabilita che consenta di determinare l ammontare di reddito esente, non è individuabile nel periodo d imposta in cui è realizzata una perdita fiscale la misura in cui assumerebbero rilevanza i risultati positivi. L Istituto di ricerca ha poi giustamente affermato che le modifiche apportate all art. 84 del TUIR generano riflessi anche sulla disposizione in esame, in quanto l art. 83, c. 1, secondo periodo, agisce a monte, nel senso di abbattere il quantum fiscalmente rilevante della perdita maturata, in corrispondenza della percentuale di reddito imponibile; il quantum così determinato potrà, poi, essere computato in diminuzione del reddito dei periodi di imposta successivi nella misura stabilita dal novellato art. 84 del TUIR. L art. 84, c. 1, secondo periodo, del TUIR stabilisce, altresì, che per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione dell utile la perdita è riportabile per l ammontare che eccede l utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti (come nel caso delle società cooperative a mutualità prevalente, per le quali, secondo quanto prescritto dall'art. 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, non concorre a formare il reddito imponibile la quota dell'utile d'esercizio accantonata a riserva indivisibile, sempre che sia esclusa la possibilità di distribuire tale riserva ai soci, sia durante la vita della cooperativa che in fase di liquidazione). Anche in questo caso l Istituto ha rilevato che il nuovo limite pari all 80% del reddito esplica per intero i suoi effetti. Infatti, l art. 84, comma 1, secondo periodo, agisce a monte, nel senso di consentire il riporto della perdita solo per l ammontare che eccede l utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti; poi questa perdita riportabile può essere utilizzata in diminuzione del reddito dei periodi di imposta successivi in misura non superiore all 80% del reddito imponibile di ciascuno di essi, secondo le nuove regole Il consolidato fiscale In merito ai rapporti tra la disciplina in esame e il regime delle perdite nell ambito della tassazione consolidata, di cui agli articoli 117 e seguenti del TUIR, era stato osservato 25 che, poiché nell ambito della tassazione di gruppo le società devono dapprima compensare le perdite anteriori all ingresso nel consolidato fiscale con il proprio reddito e, successivamente, trasferire il saldo, se positivo, alla consolidante (ovvero limitarsi al trasferimento della perdita maturata nell esercizio senza la possibilità di attingere da quelle pregresse a beneficio del risultato complessivo di gruppo), alle perdite conseguite ante ingresso nel consolidato si applicano le regole generali dettate dall art. 84 del TUIR, così come modificato dal D.L. n. 98 del In relazione, invece, alle perdite maturate in regime di tassazione di gruppo, occorre distinguere tra quelle conseguite dalle singole società e quelle che residuano una volta effettuata in capo alla fiscal unit la somma algebrica dei redditi e delle perdite ad essa traslate. Le prime sono perdite di periodo conseguite dalle singole società e, pertanto, sottratte alla disciplina del riporto delle perdite dettata dall art. 84 del TUIR. Rilevano, quindi, integralmente, al pari dei redditi, nella determinazione del reddito complessivo globale del gruppo. Le seconde, invece, soggiacciono pienamente alle regole dell art. 84 del TUIR, tenuto conto che l art. 9, c. 2, del D.M. 9 giugno 2004 stabilisce che le perdite risultanti dalla dichiarazione dei redditi del consolidato possono essere computate in diminuzione del reddito complessivo globale del gruppo secondo le modalità previste dai primi due commi dell art. 84 del TUIR. Ne consegue che alle stesse si applica sia la regola del riporto illimitato sia, mutatis mutandis, quella dell utilizzo limitato all 80% del reddito globale prodotto dal gruppo nei periodi di imposta successivi a quello di formazione della perdita 26. Tale conclusione è stata condivisa dall Istituto di ricerca, che ha affermato: in relazione alle perdite maturate prima dell ingresso nel consolidato fiscale, che alle stesse si applicano le nuove regole dell utilizzo senza limiti di tempo, ma fino a concorrenza dell 80% del reddito dei periodi di imposta successivi. Tali perdite, come è ovvio, restano utilizzabili solo dalle società cui si riferiscono ; in merito alle perdite maturate dalle singole consolidate in regime di tassazione di gruppo, che le nuove disposizioni dell art. 84, c. 1, del TUIR non abbiano alcuna conseguenza, nel senso che permane la compensazione intersoggettiva, per intero, nell anno di formazione dei redditi e delle perdite dei diversi soggetti aderenti alla tassazione consolidata, in coerenza con la constatazione che il gruppo costituisce, di fatto, un soggetto unitario. Nella fattispecie siamo, infatti, in presenza di perdite di periodo che nessuna modifica hanno subito per effetto dell art. 23, c. 9, del d.l. n. 98/2011 che, invece, si interessa del riporto in avanti di tale perdita ;

8 con riguardo al riporto in avanti delle perdite del consolidato, che si applicano le stesse regole che trovano applicazione per i soggetti che non aderiscono alla tassazione di gruppo e cioè il riporto in avanti senza limiti di tempo con il limite quantitativo dell 80% del reddito globale prodotto dal gruppo nei periodi di imposta successivi a quello di formazione della perdita La trasparenza fiscale (artt. 115 e 116 del TUIR) Con riguardo al regime di trasparenza fiscale di cui agli articoli 115 e 116 del TUIR l Istituto di ricerca ha precisato che: la perdita che confluisce nel reddito d impresa del socio assume le caratteristiche proprie del reddito nel quale è confluita 27. Pertanto, in caso di regime di trasparenza di cui all art. 115 del TUIR, la quota di perdita della società trasparente confluisce nel reddito d impresa del socio società di capitali sommandosi agli altri componenti negativi. Si tratta di una perdita di periodo e, quindi, nessun effetto produce la nuova regola dell art. 84 del TUIR. Se il socio non riesce a utilizzare integralmente le perdite nel periodo di imposta in cui le stesse gli sono state attribuite in regime di trasparenza potrà computarle in diminuzione sia di redditi che in futuro perverranno dal regime di trasparenza sia di redditi diversi da questi secondo le ordinarie (e nuove) regole che disciplinano l utilizzo delle perdite. In caso di regime di trasparenza di cui all art. 116 del TUIR la perdita della partecipata può essere utilizzata dai soci secondo le regole ordinarie dei soggetti IRPEF, sia che il socio sia titolare di reddito d impresa sia che non lo sia e con le differenti regole tra soggetti in regime ordinario e soggetti in regime di contabilità semplificata. Nessun riflesso produce dunque sulla fattispecie il novellato art. 84 del TUIR; le perdite prodotte dalla società trasparente anteriormente all ingresso nel regime riducono il reddito formatosi in capo alla partecipata nel periodo di trasparenza, senza possibilità di trasferimento ai soci, e alle stesse è applicabile la nuova disciplina in esame. Le perdite maturate dai soci soggetti IRES anteriormente all ingresso nel regime di trasparenza possono essere utilizzate dagli stessi unicamente per compensare i propri redditi, applicando le nuove disposizioni dell art. 84 del TUIR La liquidazione Per società di capitali in liquidazione, l art. 182, comma 3, del TUIR stabilisce che le perdite di esercizio anteriori all inizio della liquidazione non compensate nel corso di questa ai sensi dell articolo 84 sono ammesse in diminuzione in sede di conguaglio. L Istituto di ricerca ha, al riguardo, correttamente osservato che il rinvio all art. 84 del TUIR porta a ritenere che: essendo stato eliminato il limite temporale del quinquennio, viene meno la problematica del calcolo corretto di tale quinquennio in corso di liquidazione conseguente alla unicità, a certe condizioni, del periodo di liquidazione; le perdite di esercizio anteriori all inizio della liquidazione possono essere utilizzate a scomputo dei redditi eventualmente conseguiti nei periodi intermedi della liquidazione nei limiti dell 80% di tali redditi; il limite al riporto introdotto dal D.L. n. 98 del 2011 non dovrebbe trovare applicazione in sede di conguaglio finale in quanto si avrebbe una definitività della parziale deducibilità della perdita (80%) che non avrebbe alcuna giustificazione e determinerebbe una violazione del principio di uguaglianza (rispetto ai soggetti non in liquidazione) Le società di comodo L Istituto di ricerca ha, altresì, esaminato i rapporti tra la nuova disciplina del riporto delle perdite e quella delle società di comodo, in base alla quale le perdite di esercizi precedenti possono essere computate in diminuzione del reddito della società di comodo soltanto per la quota parte che eccede il reddito minimo. Al riguardo è stato ritenuto che la nuova regola generale stabilita per il riporto delle perdite dall articolo 84 del TUIR dovrebbe precedere quella speciale relativa alle società non operative. Quindi le società di comodo devono, in primo luogo, rispettare le condizioni dettate da quest ultimo articolo e poi verificare se, in tal modo, risulta soddisfatta e assorbita la condizione richiesta dalla disciplina sulle società di comodo. In caso contrario, ossia qualora il 20% del reddito dichiarato dovesse risultare inferiore al reddito minimo, dovrebbe risultare imponibile quest ultimo. In altre parole, secondo questa tesi, il limite quantitativo imposto dall articolo 84 è rispettato, per le società di comodo, alla stessa stregua delle altre società operative e, quindi, non è consentito, alle prime, utilizzare perdite pregresse per un importo superiore al 80% del reddito dichiarato, fermo restando il rispetto dell ulteriore limite del reddito minimo. Sul tema è stato, comunque, auspicato l intervento di un chiarimento degli organi competenti. 7. La decorrenza del nuovo regime Nella relazione di accompagnamento del DL n. 98 del 2011 è precisato che in assenza di un regime transitorio, il riporto delle perdite maturate prima dell entrata in vigore della modifica normativa deve avvenire secondo le disposizioni dell art. 84 ante modifica. In base a tale precisazione sembrerebbe, pertanto, che il nuovo regime si applichi alle perdite realizzate a partire dal periodo d imposta in corso al 6 luglio 2011, data di entrata in vigore del decreto (cioè dal 2011, per i soggetti con esercizio coincidente con l anno solare). Le perdite realizzate nei periodi precedenti (fino al 2010) resterebbero, invece, riportabili entro il limite quinquennale ma senza subire la limitazione all utilizzabilità delle perdite in diminuzione dei redditi dei periodi d imposta successivi. Tale conclusione appare, però, contrastare con la già richiamata finalità della norma, evidenziata nella stessa relazione, di fornire sostegno alle imprese che escono dalla attuale crisi economicofinanziaria e che si trovano ad avere ingenti volumi di perdite pregresse che potrebbero non essere utilizzabili nell arco di un quinquennio. Non appare, pertanto, logico escludere l applicazione della nuova normativa alle perdite dei periodi d imposta già pesantemente influenzati dalla detta crisi. Nella relazione tecnica è, d altra parte, precisato che le perdite pregresse maturate nei periodi d imposta precedenti a quello in corso mantengono il trattamento fiscale secondo la normativa originaria per quanto riguarda i cinque esercizi di utilizzabilità. Dalla lettura di tale relazione sembrerebbe, quindi, che tali perdite pregresse debbano continuare ad essere riportate entro il quinquennio, ma le stesse possano essere computate in diminuzione soltanto dell 80 per cento del reddito di ciascun periodo d imposta successivo.

9 Tale interpretazione comporterebbe, però, una penalizzazione eccessiva e non risulterebbe ragionevole né sistematica. Era stato, pertanto, ritenuto 28 che la norma dovesse essere interpretata nel senso che la nuova disciplina si applichi nella sua interezza anche alle perdite realizzate fino al 2010 e riportate in avanti. D altra parte nella relazione tecnica si è tenuto conto dell effetto più rilevante ai fini del gettito, che è quello che deriva dalla limitazione all utilizzabilità delle perdite in diminuzione dei redditi dei periodi d imposta successivi. Tale osservazione è stata condivisa dall Istituto di ricerca, che ha ritenuto che l unica soluzione coerente con lo spirito della norma e che presenta profili di sistematicità sia quella di applicare le nuove regole del novellato art. 84 del TUIR anche alle perdite conseguite anteriormente al periodo d'imposta Lo stesso Istituto ha, altresì, osservato che sulla base dell art. 3, comma 1, dello Statuto del contribuente, la norma dovrebbe trovare applicazione a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello di entrata in vigore del decreto legge. È da rilevare, tuttavia, che una deroga a tale previsione dello Statuto del contribuente è prevista dal comma 6 dell articolo 23 del d.l. n. 98/2011 in base al quale le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto. Pertanto, ancorché la collocazione della disposizione di decorrenza in deroga appaia alquanto anomala in quanto il comma 6 precede il comma 9 concernente le perdite appare inequivocabile la volontà del legislatore di anticipare la decorrenza delle disposizioni al periodo di imposta Il termine per l accertamento L eliminazione del vincolo quinquennale per il riporto delle perdite pone ancora una volta all attenzione degli interpreti la problematica concernente la decorrenza del termine per l accertamento riguardante i periodi d imposta chiusi in perdita. Come già evidenziato in precedenza, la tesi dottrinaria in base alla quale il periodo quinquennale di riporto delle perdite sarebbe correlato con il termine di accertamento risultava già in precedenza priva di fondamento, perché tale termine è stato da tempo ridotto di un anno e se le perdite sono utilizzate nella dichiarazione relativa al quarto periodo successivo a quello della loro emersione, al momento della presentazione di tale dichiarazione il termine per la rettifica della dichiarazione originaria risulta praticamente scaduto. Pertanto la chiave di lettura correlata alla scadenza del termine di accertamento appare ormai superata anche alla luce delle novità normative in esame. La riforma normativa non ha previsto espressamente la possibilità di controllare la corretta quantificazione della perdita riportabile anche oltre l'ordinario termine per l'accertamento. E stato, peraltro, ritenuto 29 che i normali termini di accertamento tutelino adeguatamente l'esigenza di controllo dell'effettiva esistenza e consistenza delle perdite. Al riguardo la Commissione tributaria regionale del Veneto, sezione sesta, ha affermato, nella sentenza del 12 giugno 2007, n. 18, che la quantificazione e la qualificazione della perdita come riportabile rappresentano due momenti imprescindibili e strettamente consequenziali fra loro, quindi, non distinguibili. Secondo i Giudici, poiché i suddetti momenti costituirebbero il necessario presupposto logico giuridico per l utilizzo della perdita, non sarebbe possibile scindere il momento dell utilizzo della perdita da quello della sua indicazione, pena un inammissibile dilatazione dei termini di decadenza per l accertamento. La perdita, quindi, andrebbe accertata con riguardo al periodo di imposta di determinazione ed indicazione quale riportabile e non con decorrenza successiva; e i termini per misurarne l entità coinciderebbero con quelli per accertarne la natura. Tale impostazione è stata condivisa da chi ritiene 30 che la perdita da riportare ex art. 84, essendo costituita da elementi che hanno già concorso alla determinazione del risultato di esercizio, è anch essa idonea a incidere sul debito di imposta (anche se indirettamente). Esisterebbe, pertanto, già al momento dell indicazione in dichiarazione un autonoma rilevanza della perdita e, in linea di principio, la possibilità di una sua eventuale rettifica. E stato, al riguardo, anche osservato 31 che, a parte la considerazione che per l ufficio sia poco appetibile, anche in termini di rendicontazione statistica, procedere alla rettifica di una minor perdita, non ci sono argomenti interpretativi cui fare riferimento per sostenere la tesi della rettificabilità della perdita nell esercizio del riporto, anziché in quello del realizzo. D altra parte una diversa interpretazione dilaterebbe, di fatto, notevolmente i termini per l accertamento, in presenza di una normativa che impone comunque di utilizzare le perdite non appena trovano capienza nei redditi imponibili 32. La conclusione cui è pervenuta la CTR del Veneto nella citata sentenza è stata condivisa dall Istituto di ricerca perché la perdita è la risultante della somma algebrica tra i componenti positivi e quelli negativi del periodo d imposta cui si riferisce e la giurisprudenza costante della Corte di cassazione (alla quale si è uniformata l Agenzia delle entrate) ha affermato la inderogabilità del principio di competenza. D altra parte una diversa interpretazione dilaterebbe, di fatto, notevolmente i termini per l accertamento, in presenza di una normativa che impone comunque di utilizzare le perdite non appena trovano capienza nei redditi imponibili e all Amministrazione finanziaria di assicurare una vigilanza sistematica sulle imprese che presentano dichiarazioni in perdita fiscale per almeno due esercizi consecutivi, compresi quelli iniziali dell attività. In base alla vigente normativa non dovrebbero, quindi, sussistere difficoltà per l Agenzia delle entrate ad effettuare i controlli entro il termine del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d imposta chiuso in perdita. Lo stesso Istituto ha, altresì, evidenziato che in senso contrario potrebbe sostenersi che incombe, in ogni caso, sul contribuente l onere di provare la spettanza della perdita con riferimento al periodo d imposta nel quale la stessa è concretamente utilizzata e produce, quindi, i suoi effetti ai fini impositivi. E stato, però, ritenuto che nel caso in esame non risulti applicabile il principio affermato nella sentenza del 23 giugno 2010, n , della Corte di cassazione, riguardante la possibilità di rettificare le quote di ammortamento e le spese di manutenzioni dei fabbricati industriali, secondo il quale, ferma restando l impossibilità di contestare la deduzione di spese effettuata in periodi d imposta per i quali è intervenuta la decadenza dell azione accertatrice, è comunque possibile la regolarizzazione dei calcoli delle quote di ammortamento per gli anni successivamente accertati. E stato, infatti, osservato che nel caso esaminato dalla Cassazione era stata effettuata la rettifica di un componente negativo di compe-

10 tenza del periodo d imposta accertato, mentre la perdita riportata in avanti non è di competenza del periodo d imposta nel quale è utilizzata. La modifica normativa in esame e l incremento delle perdite a causa della crisi potrebbero, tuttavia, favorire l adozione di una specifico intervento normativo al riguardo. Note: 1 Si ricorda che, da ultimo, sia la legge Finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296) con i provvedimenti a essa collegati (D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 e D.L. 3 ottobre 2006 n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286) sia la legge Finanziaria per il 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244) hanno apportato rilevanti modifiche alla disciplina delle perdite. 2 DL 6 luglio 2011, n. 98, convertito nella legge 15 luglio 2011, n. 111, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 164 del 16 l uglio G. Zizzo, Considerazioni sistematiche in tema di utilizzo delle perdite fiscali, in Rassegna tributaria, n. 4/2008, pagg. 929 e ss. L Autore ha evidenziato che dei 25 Stati dell Unione solo l Estonia non prevede il riporto; stabiliscono un termine di 5 anni, oltre all Italia, la Grecia, la Repubblica Ceca, la Lettonia, la Lituania, la Polonia e la Slovacchia; il Portogallo fissa un termine di 6 anni, la Slovenia di 7, la Finlandia di 10, la Spagna di 15; gli altri tredici Stati non indicano alcuna scadenza. 4 In senso conforme, E. Della Valle, Perdite fiscali e recessione, in Corr. Trib., n. 13/2009, pagg. 987, che ha evidenziato l opportunità che, ferma restando la disciplina ordinaria del riporto quinquiennale, le perdite sofferte in un determinato arco temporale, da far coincidere con l anno o con gli anni in cui la crisi economica si manifesta nelle forme più virulente, fossero riportabili in un lasso di tempo più ampio del quinquennio o, considerata la gravità della situazione, anche senza limiti di tempo. 5 P. Laroma Jezzi, Il riporto delle perdite pregresse tra norme antielusive `speciali' e `generali, in Rass. trib., 2002, pag R. Lupi, ``Riporto delle perdite e fusioni di società'', in Rass. trib., 1998, pag Cfr., in tal senso, anche Cosi F. Crovato, Riporto delle perdite e operazioni straordinarie, in La fiscalità delle operazioni straordinarie, a cura di R. Lupi e D. Stevanato, Milano, 2002, pag Circolare Assonime n. 31 del 31 maggio Da E. Della Valle, Perdite fiscali e recessione, op. cit. 9 Sul punto e senza pretesa di completezza, cfr. F. Crovato, L'imputazione a periodo nelle imposte sui redditi, Padova, 1996, pagg ; G. Fransoni, Finanziaria 2008 e modifiche alla disciplina delle perdite, in Riv. Dir. Trib., 2008, I, pag. 661; G. Gargiulo, Sulla non contestabilità, nell'esercizio del riporto, della perdita di un periodo d'imposta definito, in Riv. giur. trib., 2007, pag. 1004; R. Lupi, Riporto delle perdite e fusioni di società, in Rass. trib., 1988, I, pag. 281, nota 10; Id., Fondi tassati e riporto delle perdite nei conferimenti in società (in margine a risoluzione ministeriale n. 142/E del 2000), in Rass. trib., 2000, pag. 1394; S.M. Messina, In tema di perdite i termini di accertamento decorrono dal momento di formazione, in Corr. Trib. n. 1/2008, pag In questo senso, A. Giovanardi, Riporto delle perdite, in AA.VV., Imposta sul reddito delle persone giuridiche, nella collana Giurisprudenza sistematica di diritto tributariodiretta da F. Tesauro, Torino, 1996, pag È questa la posizione di G. Zizzo, Profili di incostituzionalità del regime dell'utilizzo delle perdite nelle imposte sul reddito, incorr. Trib.n. 24/2007, pag. 1990, il quale, soffermandosi sulla tesi che spiega i limiti temporali al riporto in avanti delle perdite alla luce dei termini di rettifica, afferma che si tratta di una giustificazione che era già debole quando i termini per la rettifica della dichiarazione dei redditi erano quinquennali, perché, se le perdite erano utilizzate nella dichiarazione relativa al quinto periodo successivo a quello della loro emersione, al momento della presentazione della dichiarazione in questione i tempi per la rettifica di quella nella quale originariamente figuravano erano praticamente scaduti. E che, con l'abbreviazione a quattro anni dei predetti termini di rettifica, è divenuta impraticabile. 12 A seguito della modifica normativa recata dall art. 15, c. 1, lett. a, del D. Lgs. 9 luglio 1997, n In merito alla rilevanza della riduzione a quattro anni dei termini di accertamento in rapporto al limite temporale previsto per il riporto delle perdite, R. Lupi, Una comodità fiscale senza coperture normative, in GT Riv. giur. trib., 2007, pag. 1006, ha osservato che la simmetria logica e la coerenza tecnica non bastano a giustificare agli occhi della platea delle imprese disposizioni che eliminano regole cui l'ambiente si è ormai assuefatto, come il termine quinquennale del riporto; il restringimento del periodo temporale per il riporto delle perdite, allo scopo di allinearlo col termine per l'accertamento, sarebbe stato quindi preso, dal mondo delle imprese, come un provvedimento punitivo, al di là delle sue giustificazioni di simmetria concettuale. 14 Cfr., al riguardo, G. Zizzo, Profili di incostituzionalità del regime dell'utilizzo delle perdite nelle imposte sul reddito, op. cit. 15 Si veda G. Ferranti, La disciplina del riporto delle perdite si adegua alla crisi economica, in Corr. Trib. n. 31/2011, pag Cfr., al riguardo, G. Falsitta, Lezioni sulla riforma tributaria, Padova, 1972, pag Da A. Cicognani, in La struttura dell impresa e l imposizione fiscale, Atti del Convegno di S. Remo, Padova, 1981, pag. 310, che aveva evidenziato che la scelta di un trattamento differenziato delle perdite tra società di capitali e società di persone non sembrava sollevare dubbi di costituzionalità in relazione all art. 3, in quanto la scelta della forma societaria è operata dal contribuente anteriormente all inizio dell attivitàe non può, quindi, costituire motivo di violazione del principio di uguaglianza. 18 Da L. Gaiani, Penalizzati i professionisti e le imprese in semplificata, in Il Sole 24 Ore del 12 agosto 2011, pag M. Zeppilli, Fusione tra società di capitali e società di persone, in Corr. Trib., n. 16/2009, pag. 1313, ritiene che, ancorché la norma in esame sia stata occasionata dalla diversificazione del regime di deducibilità degli interessi passivi tra i soggetti IRES e quelli IRPEF, la stessa assumerebbe portata sistematica e costituirebbe come emerge dal dato letterale e dalla sua collocazione, una regola ordinaria di determinazione della base imponibile IRES. 20 Cfr., al riguardo, G. Ferranti 21 Cfr. Paolo Meneghetti, Con la trasformazione la minusvalenza in eredità, in Il Sole 24 Ore del 22 luglio 2011, pag Formulato da E. Della Valle, Perdite fiscali e recessione, op. cit.. 23 In base all'art. 4, c. 2, del D.L. 30 dicembre 1997, n. 457, il reddito derivante dall'utilizzazione di navi iscritte nel Registro internazionale concorre in misura pari al 20% a formare il reddito complessivo assoggettabile alle imposte sui redditi. 24 L art. 10 del D.P.R. n. 601 del 1973 stabilisce un esenzione dall IRES per talune cooperative agricole e della piccola pes ca a mutualità prevalente fatta eccezione per una quota di utili netti annuali (cfr. art. 1, c. 461, della legge n. 311 del 2004). 25 Da B. Izzo e L. Miele, Il nuovo regime delle perdite nel consolidato, nella trasparenza e nelle società di comodo, in Co rr. Trib. n. 34/2011, pag Cfr. anche G. Albano e L. Miele, Per la compensazione restano le vecchie norme, in Il Sole 24 Ore del 12 settembre 2011, pag Così B. Izzo e L. Miele, op. loc. ult. Cit.. 27 Circolari dell Agenzia delle entrate n. 49/E del 22 novembre 2004 e 10/E del 16 marzo Si veda G. Ferranti, La disciplina del riporto delle perdite si adegua alla crisi economica, in Corr. Trib. n. 31/2011, pag Da G. Zizzo, Considerazioni sistematiche in tema di utilizzo delle perdite fiscali, op. cit.. 30 S.M. Messina, In tema di perdite i termini di accertamento decorrono dal momento di formazione, op. cit. Sulla stessa sentenza si veda anche, G. Gargiulo, Sulla non contestabilità, nell esercizio del riporto, della perdita di un periodo d imposta definito, in GT Riv. giur. trib. n. 11/2007, pag Da R. Lupi, Una comodità fiscale senza coperture normative, op. cit.. 32 Cfr., al riguardo, L. Miele, rettifica dei periodi d imposta in perdita fiscale, in Corr. Trib. n. 26/2010, pag

11 La maggiorazione IRES per le società di comodo di Francesco Leone Con il D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (Manovra-bis 2011 ovvero Manovra di ferragosto) sono state apportate significative modifiche al regime di tassazione IRES. Tra queste sicuramente importante è quella relativa alle società di comodo. Le due novità che riguardano il regime delle società di comodo (art. 30 L. n. 724/1994), seppur gravose, sembrano abbastanza semplici. Ad una più attenta lettura, però, ci si accorge che le implicazioni anche operative sono da ben analizzare e, soprattutto, da valutare alla luce delle diverse interpretazioni possibili. Ad oggi, infatti, i commenti sull argomento non sono numerosi e quelli esistenti hanno natura meramente informativa. Ciò da un lato giustifica quanto detto in termini di complessità nelle novità. Dall altro lato evidenzia un atteggiamento comprensibile da parte degli autori visto che le interpretazioni date oggi potrebbero essere sconfessate dall Amministrazione Finanziaria, appena questa vorrà fornire le proprie indicazioni. E presumibile ritenere che, data la decorrenza delle nuove norme, molti dubbi saranno sciolti con molta calma.le novità, infatti, trovano applicazione a partire dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione. Ciò significa: per il periodo di imposta 2012 (per i soggetti con esercizio coincidente con l anno solare) e dal periodo di imposta che ha inizio a partire dalla data di entrata in vigore della legge di conversione (per i soggetti con esercizio sociale a cavallo d anno). E da tener conto, tuttavia, che le nuove norme troveranno applicazione già con riferimento alla determinazione degli acconti dovuti per il In sostanza, nel giugno del 2012, in sede di versamento del primo acconto IRES, utilizzando il metodo cd. storico, occorrerà rideterminare il reddito 2011, assumendo già operative le novità in commento. Diverso, ovviamente, il discorso, se si utilizzerà il metodo previsionale. Ai fini dichiarativi, poi, i primi riflessi si avranno solo nel mod. UNICO E evidente che in questo contesto, l Agenzia delle Entrate avrà a disposizione molto tempo per spiegare (e rispiegare) come coordinare le nuove regole con l impianto normativo già esistente (ed in parte, abbastanza bene delineato). Nel presente intervento, si tratterà la prima novità: la maggiorazione IRES del 10,5% disciplinata dai comma da 36-quinqeuies al 36-novies dell art.2 della Manovra. Oltre ad un commento, saranno proposti degli esempi che dovrebbero aiutare a cogliere meglio l effettiva applicazione della novità- La norma cardine è quella di cui al comma 36-quienquies: L aliquota dell imposta sul reddito delle società di cui all art. 75 del testo unico delle imposte sui redditi.dovuta dai soggetti indicati nell art. 30, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, è applicata con una maggiorazione di 10,5 punti percentuali 1. Innanzitutto, si sottolinea che non si tratta di un IRES al 38%. Se questo è vero in termini semplicistici, non lo è se, come si vedrà, si tiene conto che in alcuni casi (trasparenza fiscale e consolidato fiscale) la maggiorazione (10,5%) è dovuta dal soggetto diverso da quello che liquida e versa l IRES ordinaria del 27,5%. La norma trova applicazione esclusivamente per l IRES dovuta dai soggetti in regime di società di comodo. Quindi, cosa ormai nota: se l imposta dovuta dai soggetti in regime di società di comodo non è l IRES, non opera nessuna maggiorazione. Sono esclusi, pertanto, dalla normativa in commento, i soggetti IRPEF che conseguono reddito da partecipazione da società di comodo aventi la forma giuridica di società di persone e soggetti assimilati di cui all art. 5 del TUIR. E noto, infatti, che le società di persone (cui, si ricorda, la disciplina delle società di comodo si applica) sono tassate per trasparenza in capo ai soci. Se i soci sono persone fisiche, essendo questi soggetti IRPEF e non IRES, la maggiorazione non trova applicazione. Detti soci, includeranno il reddito da partecipazione nel proprio reddito complessivo che sarà assoggettato all ordinaria tassazione IRPEF, basata sulle aliquote progressive per scaglioni. A conferma indiretta di quanto sopra e al fine di disciplinare in modo diverso l ipotesi in cui i soci delle società di persone siano soggetti IRES, interviene il disposto di cui al secondo periodo del citato comma 36-quienquies: Sulla quota del reddito imputato per trasparenza ai sensi dell articolo 5 del testo unico dai soggetti indicati dall art. 30, comma 1,. a società o enti soggetti all imposta sul reddito delle società trova comunque applicazione detta maggiorazione. In sostanza, solo i soggetti IRES che si vedono imputar reddito per trasparenza ai sensi dell art. 5 del TUIR sono tenuti ad applicare la maggiorazione IRES. Valga il seguente esempio Ciò premesso e tornando alla regola generale (quindi a prescindere da eventuali partecipazioni in società di persone), il soggetto IRES non operativo, sarà tenuto a versare una maggiorazione di imposta. Sui meccanismi applicativi è utile spendere qualche parola. E noto che le società sono soggette alla disciplina delle società di comodo che funziona come segue: - si effettua un test di operatività (art. 30, comma 1, L. n. 724/1994) che consente di determinare i cd. ricavi minimi su base triennale; - se i ricavi minimi sono superiori a quelli effettivi su base triennale, la società è da considerarsi NON OPERATIVA; - Se NON OPERATIVA, la società deve dichiarare un reddito minimo con i criteri di cui al comma 3, dell art. 30, L. n. 724/1994.

12 Tutta la normativa, così come sintetizzata, resta immutata. Così come resta immutato tutto l ulteriore scenario che individua le ipotesi di esclusione e di disapplicazione, sia automatica sia a seguito di interpello preventivo. Con le novità introdotte dalla Manovra è previsto solo che se la società è non operativa si deve applicare la maggiorazione del 10,5%. Valga il seguente esempio

13 E ben possibile, comunque che il reddito complessivo dichiarato dalla società di comodo sia superiore a quello minimo. Ciò accade spesso per una banale ragione: il presupposto per la NON OPERATIVITA è l aver conseguito ricavi medi effettivi inferiori a quelli minimi (determinati dal test di operatività), a prescindere dal fatto che, poi, sul versante reddituale, il reddito effettivamente conseguito sia stato superiore a quello minimo (stimato con le regole specifiche per le società di comodo). In detta ipotesi, tutto il reddito della società operativa, anche quello eccedente il minimo, dovrà essere assoggettato alla maggiorazione del 10,5%. In questo senso depone il dato letterale della norma L aliquota dell imposta sul reddito.. dovuta (ndr. dai soggetti non operativi), è applicata con una maggiorazione di 10,5 punti percentuali (comma 36-quiquies) e, cioè, letteralmente, viene previsto che la maggiorazione colpisce la società di comodo e il suo reddito, senza alcun distinguo circa la composizione del reddito conseguito. Ma ogni dubbio circa questa interpretazione viene meno dalla lettura della relazione tecnica al maxi-emendamento che ha introdotto le novità in commento (che si ricorda, non erano presenti nel decreto legge): In presenza di un reddito imponibile minimo stimato dal prospetto di verifica dell operatività, la maggiorazione verrà calcolata sul reddito imponibile dichiarato anche nel caso in cui quest ultimo sia superiore al reddito minimo. Valga il seguente esempio Regole ad hoc sono state introdotte per le società che aderiscono al regime del consolidato fiscale (art. 117 e ss del TUIR) e al regime della trasparenza (art. 115 e art. 116 del TUIR). Con riguardo al consolidato fiscale, nessuna modifica è stata operata circa la determinazione del reddito complessivo di gruppo. Ne consegue che questo continuerà ad essere determinato come sempre e che la società consolidante procederà a liquidare e versare l imposta IRES al 27,5%, anche in presenza di società consolidate non operative. Le società aderenti al regime del consolidato, soggette al regime delle società di comodo e che non risultino operative, saranno chiamate direttamente a determinare e versare la maggiorazione IRES dovuta. La norma testualmente è la seguente: i soggetti non operativi che hanno esercitato l opzione per la tassazione di gruppo..., assoggettano autonomamente il proprio reddito imponibile alla maggiorazione e provvedono al relativo versamento (comma 36-sexies) Il legislatore, quindi, ha esonerato il gruppo consolidante dall obbligo di tener conto della presenza di società non operative e - derogando alla regola tipica del consolidato secondo cui la determinazione dell imposta e la liquidazione competono solo alla società consolidante pone gli adempimenti in capo alle singole società. Valga il seguente esempio Per la società consolidata non operativa, la maggiorazione trova applicazione con le regole generali sono accennate, ivi compresa per espressa previsione di legge quella che impone di tener conto della presenza di redditi imputati da soggetti trasparenti (e non operativi) di cui all art. 5 del TUIR (comma 36-septies). Valga il seguente esempio.

14 Per quanto riguarda, in ultimo, le società che aderiscono al regime di trasparenza, valgono le regole di cui al comma 36-octies. Circa il regime della trasparenza di cui all art. 116, come è noto, essa interessa solo società con soci persone fisiche. Per detta trasparenza, ai fini delle novità in commento, operano regole diverse rispetto alla trasparenza per le società di persone. Per quest ultime, infatti, se non operative, in presenza di soci persone fisiche, la maggiorazione non trova applicazione né in capo ai singoli soci né in capo alla società. I primi continueranno a versare le imposte progressive IRPEF, la seconda non sarà tenuta ad effettuare alcun versamento. Nella trasparenza delle società di capitale di cui all art. 116, invece, il criterio è diverso: - i soci continueranno ad essere tassati nei modi ordinari: con le aliquote IRPEF; - la società, direttamente, sarà tenuta a determinare e liquidare la maggiorazione IRES del 10,5% sul proprio reddito imponibile, con le regole di cui al comma 36-quinquies. Analogo criterio è previsto per le società in regime di trasparenza di cui all art. 115 del TUIR. E noto che detta trasparenza presuppone che i soci siano tutti società. Anche in questa situazione, l onere di versare la maggiorazione ricade solo sulla società trasparente non operativa. I singoli soci saranno immuni dalle novità oggetto del commento. Valga il seguente esempio. 1 Essendo un commento di prima lettura, anche nel prosieguo, si tenderà a riportare, all occorrenza, il testo delle norme, unico elemento certo a cui affidarsi per una interpretazione.

15 Le cooperative vengono penalizzate dalla manovra di ferragosto 2011 di Enrico Larocca Generalità La Manovra di Ferragosto 2011, riscrive le regole in materia di quota degli utili prodotti dalle Cooperative, rilevante ai fini IRES. Le Cooperative «a mutualità prevalente», si vedono innalzata la soglia di rilevanza IRES degli utili netti dal 30% al 40% e congiuntamente viene introdotta la tassazione del 10% della quota di utili netti destinati a riserva legale. Nelle Coop di consumo, l incremento del 10% della soglia di rilevanza IRES degli utili netti, porta l imponibile dal 55 % al 65 % degli utili netti annuali. L effetto combinato di questa misura, con l altra contenuta nell art. 23, co. 9 del D.L. 06/07/2011 n. 98, convertito in L. n. 111/2011, riguardante il limite alla compensazione delle perdite fiscali, nella misura dell 80% dei redditi d impresa dichiarati, avrà un effetto particolarmente significativo in un comparto caratterizzato da obiettivi mutualistici e nel quale molti giovani si pensi alle coop di produzione e lavoro trova occupazione, dragando risorse finanziarie che avrebbero potuto essere reinvestite nello sviluppo di queste attività e nell incremento dell occupazione. Tra gli aspetti peggiori della disposizione, quella che elimina l esenzione totale per le cooperative sociali ex l. n. 381/1991 vista l introduzione del 3 % sull accantonamento ai fondi mutualistici per la cooperazione. Si tratta di una misura che rastrella risorse, ad esempio, nel settore dell assistenza sociale agli anziani e ai diversamente abili. Gli effetti fiscali tra presunte esenzioni e incrementi di tassazione La lettura approssimativa dalla misura fiscale, sembra escludere le cooperative agricole e della piccola pesca, poiché la norma impatta esclusivamente sulla lett. b) co. 460, dell art. 1 della L. n. 311/2004 (Finanziaria 2005) che riguarda le cooperative «a mutualità prevalente diverse da quelle agricole e della piccola pesca e sulle cooperative di consumo, attraverso la modifica della lett. b bis) del comma succitato, introdotto dal D.L. n. 112/2008, ma ciò limitatamente all incremento del 10 % della quota di utili rilevante ai fini IRES 1. Così non è, perché l ulteriore aggravio agisce su due fronti: quello della quota di utili rilevante ai fini IRES (primo addendo della quota di utili tassati che sale generalmente da una quota minima del 30 % ad una quota minima del 40%) e quello del prelievo (il secondo addendo della tassazione del coop) sulle quote di utili destinate a riserva legale, prevista dall art quater del codice civile, che diviene fiscalmente rilevante, nella misura del 10 % dell accantonamento (vale a dire che il 3 % degli utili a riserva legale va a tassazione) 2. In sostanza, tutte le cooperative «a mutualità prevalente» subiranno un incremento di tassazione del 3 % che nelle banche di credito cooperativo, arriverà al 7 %, dovendo quest ultime accantonare a riserva legale, il 70 % degli utili netti annuali. E, francamente, dare una spiegazione ed una giustificazione al prelievo sugli utili che vanno a riserva legale, che non faccia passare la misura come operazione di «pura cassa» è compito assai arduo e in contraddizione con una non recente interpretazione fornita dall Agenzia delle Entrate (C.M. n. 34/ E/2005) con la quale l Agenzia confermava che la tassazione delle BCC doveva restare entro il 27 % degli utili netti annuali dovendo rispettare sia la disposizione civilistica che dispone l accantonamento a riserva legale del 70% degli utili netti annuali, sia la L. 59/1992 (legge quadro sulle Cooperative) che dispone l accantonamento a fondo mutualistico per la cooperazione del 3% degli utili netti annuali. Per cui, sottratto il 73% degli utili netti annuali (70% per accantonamento a riserva legale e 3% per accantonamento ai fondi mutualistici per la cooperazione) dal 100 % degli utili netti, la quota di utili rilevante si sarebbe attestata, al massimo, sul 27%. Purtroppo, la novella legislativa 2011, va a modificare la L. 311/2004, ma non modifica l art 6, co. 1 del D.L. 15/04/2002, n. 63, che dispone l intassabilità delle quote di utili destinate a riserva obbligatoria, creando un conflitto tra disposizioni cogenti, rendendo necessaria una lettura diversa della nuova disposizione e cioè che essendo non rilevante fiscalmente il 90% degli utili destinati a riserva legale (comprese le BCC), in quest ultime non sarebbe rilevante il 63% degli utili netti (70% - 1/10 di 70%) e che di conseguenza la quota degli utili rilevanti ai fini IRES risulterebbe pari al 37% (100% degli utili netti meno il 63% degli utili destinati a riserva legale). Da quest ultima quota, per rispettare la disposizione del 2002, andrebbe stornato il 3% da destinare ai fondi mutualistici per la cooperazione, poiché intassabile per legge, con una tassazione IRES limitata al 34% degli utili netti di bilancio 3. Purtroppo su questo punto, appare quanto meno necessaria una precisazione da parte dell Agenzia delle Entrate. Come già evidenziato in precedenza, dolorosa appare la stretta fiscale sulle cooperative sociali di cui alla L. n. 381/ 1991 (quelle coinvolte nei cosidetti progetti della cittadinanza solidale, nell assistenza ai disabili, nell assistenza agli anziani), che passano dal regime di totale esenzione ad una tassazione minima del 3% degli utili netti annuali riservizzabili, distogliendo dai progetti di assistenza sociale, una parte delle risorse finanziarie che queste compagini del Terzo Settore possono attivare. Gli effetti fiscali sui ristorni Nelle dinamiche cooperativistiche si definiscono «ristorni», le somme ripartite tra i soci sotto forma di restituzione di una parte del prezzo dei beni e servizi acquistati o dei maggiori compensi per conferimenti effettuati, per i quali l art. 12 del D.P.R. 601/73 prevede la deduzione dall imponibile fiscale della cooperativa. La condizione sine qua non affinché i ristorni siano deducibili in capo alla cooperativa che li corrisponde, è che rappresentino il risultato della gestione positiva nei confronti dei soci e non dell attività posta in essere verso soggetti estranei alla cooperativa 4. In tal senso si è espressa anche la R.M. 05/06/2002, n. 172/E;

16 l eventuale utile prodotto dalla gestione rivolta verso terzi deve essere, pena la violazione del divieto di distribuzione degli utili previsto dall art del cod. civ., destinato a riserva. Così, ad esempio, si considera «ristorno» il maggior salario percepito dai soci di cooperativa di produzione e lavoro, in misura non superiore al 30 % dei trattamenti di retribuzione complessivi. Una conferma di tale trattamento fiscale, si rinviene anche nella C.M. n. 35/E/2008. E bene precisare che ai sensi dell art. 6, co. 2 del D.L. n. 63/2002, conv. in L. 112/2002, le somme ristornate ai soci cooperatori destinate all aumento di capitale sociale, non concorrono a formare il reddito imponibile dei soci ai fini IRPEF ed IRAP; la fattispecie riguarda il socio che svolge attività d impresa e quindi il ristorno in questo caso assumerebbe rilevanza fiscale. Le somme maturate dai soci cooperatori a titolo di ristorno e destinate ad aumento del capitale sociale, devono essere sottoposte ad IVA, mediante fatturazione. Il ristorno potrebbe assumere la configurazione alternativa della riduzione di prezzo. Ove si trattasse di restituzione di parte del prezzo, trattandosi di variazione in diminuzione, non v è l obbligo di emissione della nota di credito. Per il socio cooperatore che svolge attività d impresa, il ristorno rappresenta un ricavo o un minor costo, per il quale è ammessa la variazione in diminuzione dal reddito, se destinato ad aumento del capitale sociale della cooperativa. In termini reciproci, per la cooperativa, il ristorno attribuito al socio, può assumere la veste di: a) costo d esercizio; b) minor ricavo; c) assegnazione di utili. L adozione delle configurazioni di cui alle lettere a) e b) che precedono, incidendo sulla determinazione dell utile di bilancio che rappresenta base di calcolo del contributo ai fondi per la cooperazione, permette di ridurre l entità del contributo stesso. Nel caso di restituzione del capitale sottoscritto dal socio per mezzo dell imputazione dei ristorni, trattandosi di quota del capitale sottoscritta con utili di bilancio, secondo le regole generali in materia di restituzione di capitale costituito con riservizzazione di utili, occorrerà tassare in capo al socio la quota restituita, tenendo conto della natura del soggetto percipiente. Ad esempio, qualora il socio sia un lavoratore dipendente o un soggetto imprenditore, la quota restituita sarà tassata con imposta sostitutiva al 12,50%. ( L. n. 216/74). La deducibilità del 3% destinato ai fondi per la cooperazione L art. 11 della legge quadro sulla cooperazione (L. 59/1992) stabilisce che il 3% degli utili netti destinato al fondo per lo sviluppo della cooperazione, è deducibile dal reddito fiscale della cooperativa. Tale misura, però, a mente della C.M. 34/E/2005, deve assicurare una tassazione IRES non inferiore al 30% (oggi 40%) dell utile netto di bilancio, fatto che potrebbe vanificare la deduzione fiscale, in quelle tipologie cooperativistiche, dove l accantonamento a riserva obbligatoria è in linea con la quota minima del 30% (oggi 40%) dell imponibile IRES, con un interpretazione asimmetrica rispetto alla possibilità di dedurre i ristorni anche senza rispettare la soglia minima di rilevanza fiscale degli utili netti, così come affermato dalla stessa Agenzia delle Entrate, nella C.M. 35/E/2008. In altri termini, o l imponibile minimo IRES è sempre del 30% (oggi 40%) e quindi nessuna deduzione (ristorni, quota ai fondi per lo sviluppo della cooperazione) può portarlo al di sotto di tale soglia, o l interpretazione non è condivisibile, perchè conduce a trattamenti fiscali diversi in rapporto alla quantificazione del reddito minimo tassabile nella Coop. Esempio di applicazione L applicazione delle nuove regole può essere schematizzata con l esempio che segue che mostra, in maniera comparata, il calcolo dell IRES secondo la normativa previgente e secondo la normativa attualmente in vigore. L esempio è stato sviluppato considerando le cooperative che applicano l incremento del 10 % e del 3%, rispetto alla previgente misura minima standard del 30%. Con opportuni adattamenti, delle percentuali di rilevanza fiscale minima, lo schema può essere utilizzato anche in rapporto ad altre tipologie cooperativistiche.

17 La ricostruzione corretta dell utile netto civilistico (voce 23 del Conto Economico ex art del cod. civ.) che prescinde per motivi di semplificazione dagli effetti della possibile fiscalità IRAP, viene confermata dalla operazione di sottrazione dalla voce A) del prospetto che rileva l utile a lordo delle imposte, la voce P, rappresentante il carico fiscale per IRES. Infatti, sottraendo da (voce A del prospetto), l ammontare di cui alla lettera P delle rispettive colonne, si ottiene la voce G che rappresenta l utile civilistico. Conclusioni L aumento della tassazione IRES, nel comparto cooperativistico, è evidentemente penalizzante perché si abbatte su un settore che fornisce occasioni di lavoro a molti giovani od occasioni di risparmio a molte famiglie italiane. La misura in oggetto, si aggiunge a quella che rende parzialmente compensabili le perdite d esercizio delle società di capitali, con un mix di intervento che può sottrarre notevoli risorse finanziarie al settore della mutualità, nel quale operano anche le coop sociali del terzo settore. Note: 1 F. G. Poggiani in Italia Oggi 7 del 26/09/2011 pag. 9 dal titolo: Mutualità prevalente penalizzata 2 F.G. Poggiani, ibidem. 3 Gian Paolo Tosoni in Aumento dell Imponibile IRES delle Cooperative, Contabilità & Bilancio, ed. Frizzera, n. 18/2011, pag. 23 e ss. 4 Gian Paolo Tosoni, ibidem. VISITA IL NOSTRO SITO E SCOPRI I SERVIZI PER AZIENDE E PROFESSIONISTI DEL COMMERCIALISTA TELEMATICO Software E-book Formulari & moduli Video-lezioni IN DIRETTA Circolari settimanali e mensili Consulenti amici Servizio notizie fiscali flash sul tuo sito Quesiti Box gratuito sul tuo sito Newsletter gratuita

18 Studi di Settore. Sanzionabilita dell omessa presentazione degli studi di settore di Fabio Carrirolo Aspetti generali Gli studi di settore rappresentano certo uno strumento di avanzata concezione per il contrasto dell «evasione fiscale diffusa», legata a fenomeni di sottofatturazione o di omessa fatturazione, ovvero alla sovra indicazione dei costi. Ciò nonostante essi muovendo dalla semplice applicazione di un «calcolo» di tipo statistico non possono rappresentare la situazione concreta del singolo contribuente, e necessitano perciò di una «taratura» specifica, possibile solamente in seno al contraddittorio con gli uffici fiscali. La stessa Agenzia delle Entrate ha riconosciuto il carattere presuntivo semplice degli studi di settore, con ciò escludendo qualsiasi attività accertativa fondata esclusivamente sullo scostamento tra la funzione di ricavo e la situazione reddituale dichiarata del contribuente. Tale impostazione trova conferma nella giurisprudenza della Cassazione, la quale, con la sentenza delle SS.UU. n del , ha affermato che il contraddittorio è indispensabile per adeguare alla concreta realtà economica del singolo contribuente l'ipotesi dello studio di settore; in sua assenza, lo studio di settore si trasformerebbe da mezzo di accertamento in mezzo di determinazione del reddito. In tale prospettiva il contribuente può fare ricorso anche alla prova per presunzioni. In un momento in cui proliferano le disposizioni normative atte a impedire o a rendere più difficoltosi e onerosi i comportamenti «evasivi» e gli abusi, gli studi di settore vengono comunque a costituire una sorta di «garanzia» per l amministrazione fiscale, così che il mancato adeguamento agli stessi costituisce un indicatore della possibile infedeltà della dichiarazione, e che l omessa o infedele trasmissione dei dati, in quanto pregiudizievole per i controlli, viene sanzionata dall ordinamento. Le sanzioni applicabili nelle ipotesi di violazioni collegate agli studi di settore Le sanzioni tributarie ordinariamente previste per la dichiarazione infedele e omessa, secondo la legge variabili in considerazione dei requisiti psicologici di colpa e dolo e soggette, nel caso di più sanzioni, al cumulo giuridico, sono state incrementate del 10% nelle ipotesi di omessa, infedele o inesatta indicazione dei dati previsti nei modelli degli studi e nei casi di indicazione di cause di esclusione o inapplicabilità dagli studi non sussistenti (art. 1, co. 2- bis, e art. 5, co. 4-bis, D.Lgs , n. 471; art. 32, co. 2-bis., D.Lgs , n. 446). Ciò significa che: la sanzione per infedele dichiarazione, ordinariamente variabile tra il 100% e il 200% della maggiore imposta, viene elevata del 10%; altrettanto del 10% viene elevata la sanzione ordinaria per la dichiarazione omessa (variabile tra il 120% e il 240%); la medesima elevazione percentuale delle sanzioni per infedele e omessa dichiarazione è disposta in ambito IRAP (rispetto alle sanzioni ordinariamente applicabili, che sono pari a quelle previste per le imposte sui redditi). L incremento non deve però applicarsi se il maggior imponibile accertato a seguito della corretta applicazione degli studi non supera il 10% del dichiarato (per l IVA, se la maggiore imposta non risulta superiore al 10% di quella dichiarata). in caso di omessa presentazione del modello, si applica la sanzione amministrativa da euro 258,00 a euro 2.065,00, ridotta a 1/10 del minimo se la presentazione avviene entro il termine fissato per la presentazione della dichiarazione relativa all anno nel corso del quale è commessa la violazione. Sanzioni e vincoli all accertamento analitico-induttivo Secondo il comma 4-bis dell art. 10 della L. 146/1998, introdotto dall art. 1, co. 17, L. 296/2006, gli accertamenti di tipo analiticoinduttivo (ma non anche quelli analitici e induttivi «puri») restano preclusi se il contribuente (impresa o lavoratore autonomo) risulta congruo secondo GERICO, anche per adeguamento, nei limiti del 40% dei ricavi o compensi dichiarati, e comunque non oltre l ammontare di euro. La decorrenza è stabilita, per tali disposizioni, dal periodo di imposta in corso alla data del 1 gennaio Occorre considerare che: per ATTIVITÀ, RICAVI O COMPENSI si intendono quelli indicati al comma 4,lettera a), dell articolo; in caso di rettifica, nella MOTIVAZIONE dell'accertamento devono essere evidenziate le ragioni che inducono l'ufficio a disattendere le risultanze degli studi di settore in quanto inadeguate a stimare correttamente il volume di ricavi o compensi potenzialmente ascrivibili al contribuente; la disposizione in commento si applica a condizione che non siano irrogabili le sanzioni di cui: o all art. 1, co. 2-bis, D.Lgs. n. 471/1997 (sanzione rafforzata per omessa o infedele dichiarazione delle imposte sui redditi); o art. 5, co. 4-bis, D.Lgs. n. 471/1997 (sanzione rafforzata per omessa oinfedele dichiarazione ai fini dell IVA); o art. 32, co. 2-bis, D.Lgs. n. 446/1997 (sanzione rafforzata per omessa o infedele dichiarazione ai fini dell IRAP). Guardando alle tipologie di ricavi e compensi, si rimarca che deve trattarsi: di TUTTE LE TIPOLOGIE DI RICAVI previste dall art. 85 del TUIR, fatta eccezione per quelli di natura finanziaria (cessioni di partecipazioni, strumenti finanziari, obbligazioni); dei REDDITI DI LAVORO AUTONOMO, costituiti dalla differenza tra l'ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazioni agli utili, e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell'esercizio dell'arte o della professione, escludendo i proventi di natura straordinaria. Le motivazioni dell atto di accertamento e la condizione della congruità biennale Le seguenti modificazioni normative, intervenute nell estate 2011, inaspriscono il regime di «vigilanza» del Fisco sui contribuenti soggetti agli studi di settore: «manovra correttiva» (D.L , n. 98, convertito con modificazioni dalla L , n. 111) art. 23, comma 28, lett. d) _ dal comma 4-bis dell art. 10 della L. n. 146/1998 sono state eliminate le previsioni che richiedevano di dar conto nella motivazione dell atto di accertamento delle ragioni che eventualmente inducono l'ufficio «a disattendere le risultanze degli studi di settore in quanto inadeguate a stimare correttamente il volume di ricavi o compensi potenzialmente ascrivibili al contribuen-

19 te»; «manovra di ferragosto» (D.L , n. 138 art. 2, comma 35) _ sempre intervenendo sul comma 4-bis, ha previsto che, per beneficiare dell esonero dagli accertamenti presuntivi (operante a condizione che l'ammontare delle attività non dichiarate, con un massimo di euro, sia pari o inferiore al 40% dei ricavi o compensi dichiarati), i contribuenti soggetti agli studi di settore devono risultare congrui per due periodi d imposta consecutivi: per quello in cui è effettuato l accertamento e per il precedente. Prima della modifica, era sufficiente la congruità per il solo periodo oggetto di controllo. Il «ventaglio» delle modificazioni apportate dalla manovra correttiva Il comma 28 dell art. 23 della «manovra correttiva» è ricco di previsioni che in vario modo interessano la disciplina degli studi di settore. Brevemente, si rammenta che: all art. 1 del D.P.R. n. 195/1999, il nuovo comma 1-bis stabilisce che dal 2012: o gli studi di settore devono essere pubblicati in G.U. entro il 31 dicembre del periodo di imposta nel quale entrano in vigore; o _eventuali integrazioni (per tenere conto degli andamenti economici e dei mercati, con particolare riguardo a determinati settori o aree territoriali) devono essere pubblicate in G.U. entro il 31 marzo del periodo di imposta successivo a quello della loro entrata in vigore; il primo comma dell art. 8 del D.Lgs. n. 471/1997 è stato modificato prevedendo che in caso di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell applicazione degli studi di settore quando l adempimento è dovuto e il modello non è stato presentato anche dopo specifico invito da parte dell ufficio tributario, è applicabile la sanzione in misura massima (euro 2.065); _al secondo comma dell art. 39 del DPR n. 600/1973 è stata aggiunta la lett. d-ter), in base alla quale è stata estesa la possibilità di effettuare l accertamento induttivo anche nelle ipotesi di: omessa o infedele indicazione dei dati previsti dal modello per la comunicazione dei dati ai fini degli studi di settore; indicazione di cause di esclusione o inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti. La disposizione opera a condizione che siano irrogabili le sanzioni di cui all art. 1, comma 2-bis, del D.Lgs. n. 471/1997, applicabili nel caso in cui il maggior reddito di impresa o lavoro autonomo, accertato a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, sia superiore al 10% del reddito d'impresa o di lavoro autonomo dichiarato (l accertamento induttivo in caso di infedeltà della compilazione del modello è quindi possibile solamente se l errore di compilazione determina uno scostamento superiore alla percentuale indicata); _al comma 4-bis dell art. 10 della L. n. 146/1998 è stata espunta la previsione secondo cui occorre fornire nell accertamento una specifica motivazione (vedasi qui sopra); _il minimo e il massimo della sanzione per infedele dichiarazione è elevato del 50% (elevandosi pertanto al 150% nel valore minimo, e al 300% nel massimo) nel caso di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell applicazione degli studi di settore se l adempimento è dovuto e il modello non è stato presentato anche a seguito dell invito da parte dell Ufficio. Analoga maggiorazione è prevista ai fini IVA mediante la modifica dell art. 5, D.Lgs. n. 471/97 e ai fini IRAP mediante la modifica dell art. 32, D.Lgs. n. 446/97. L inasprimento delle sanzioni per le situazioni di congruità e coerenza fittizie La circolare n. 41/E del (paragrafo 7) commenta le innovazioni normative (escludendo chiaramente la successiva «manovra di ferragosto»), precisando che i cambiamenti che interessano la «tempistica» di pubblicazione degli studi e della possibilità di modificare gli stessi hanno il senso di rendere lo strumento quanto più possibile capace di stimare compiutamente i ricavi e i compensi degli operatori economici. È poi rammentato che in caso di omessa presentazione del modello di comunicazione (sempre sanabile, in presenza delle condizioni normativamente richieste, producendo una dichiarazione integrativa), anche a seguito di specifico invito da parte dell Agenzia delle Entrate formulato sulla base dei dati dallo stesso contribuente esposti nella dichiarazione annuale, la sanzione prevista dal primo comma dell art. 8 del D.Lgs. n. 471/1997 è fissata al massimo importo consentito (2.065 euro). A tale riguardo, l Agenzia osserva che «la mancata presentazione, da parte di soggetti obbligati, dei modelli dei dati rilevanti ai fini dell applicazione degli studi di settore produce effetti estremamente critici attesa l indubbia rilevanza dei dati stessi nell orientare le attività di controllo fiscale al fine di una sempre più efficace analisi del rischio e selezione, oltre che in relazione all uso che dei medesimi viene effettuato in fase accertativa, ai fini della predisposizione degli inviti al contraddittorio». Insomma, l omessa presentazione viene sanzionata perché consistente in un comportamento che ostacola la programmazione e lo sviluppo successivo dei controlli fiscali e degli accertamenti. L importo della sanzione in misura «incrementata» dovrà essere applicato con riferimento alle dichiarazioni presentate successivamente alla entrata in vigore della disposizione normativa ( ). È poi previsto che, in caso di omessa o infedele indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini degli studi di settore, nonché nell ipotesi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti, l ufficio può procedere ad accertamento induttivo (al di sopra però dello scostamento del 10% del reddito). Si rammenta a tale riguardo che, nel contesto dell accertamento induttivo, l ufficio può determinare il reddito d impresa e il reddito di lavoro autonomo derivante dall esercizio di arti e professioni in base a metodologie induttive sulla base dei dati e delle notizie in suo possesso, prescindendo in tutto o in parte dalle scritture contabili e con facoltà di avvalersi di presunzioni semplici anche se non gravi, precise e concordanti.

20 L accertamento può essere effettuato in modo ordinario su dati e notizie comunque raccolti: se il reddito d impresa non è stato indicato nella dichiarazione; se dal verbale d ispezione risulta che il contribuente non ha tenuto o ha sottratto all ispezione una o più scritture che era obbligato a tenere o se le scritture medesime non sono disponibili per causa di forza maggiore; se le irregolarità formali, le omissioni, falsità e inesattezze delle scritture risultanti dal verbale d ispezione sono così gravi, ripetute e numerose da rendere inattendibili le scritture stesse nel loro complesso. L ufficio può altresì ricorrere all accertamento induttivo anche se il contribuente non ha risposto e non ha ottemperato agli inviti di esibire atti e documenti, compilare questionari o comparire di persona. Con l intervento normativo del 2011, è quindi introdotta un ulteriore ipotesi di applicazionedell accertamento induttivo, che esplica effetti solo in materia di imposizione reddituale. Secondo l Agenzia, comunque, gli uffici possono «verificare gli effetti ai fini IVA di una ricostruzione induttiva dei ricavi o dei compensi, alla luce della specifica attività esercitata dal contribuente assoggettato a controllo e della possibile tipologia di evasione dallo stesso effettuata, tenuto conto dei beni ceduti e di servizi resi in evasione di imposta». L omessa presentazione del modello seguita dalla rettifica della dichiarazione in sede di accertamento comporta ora con riferimento alle violazioni commesse dal l incremento della misura minima e massima delle sanzioni per infedeltà delle dichiarazioni dei redditi, IVA e IRAP (a seguito di accertamento effettuato sulla base delle risultanze degli studi di settore). La maggiorazione della sanzione non si applica se il maggior reddito di impresa, ovvero di arte o professione, la maggiore imposta accertata o la minore imposta detraibile o rimborsabile ai fini dell IVA, ovvero il maggior imponibile accertato ai fini dell IRAP, non risulta superiore al 10% di quello dichiarato. Le sanzioni applicabili nella prospettiva dell accertamento con adesione Giacché gli studi di settore generano un accertamento subordinato - per espressa previsione normativa all emanazione dell invito al contraddittorio da parte dell ufficio fiscale, è necessario rammentare brevemente il funzionamento e gli effetti della procedura dell accertamento con adesione. Si rammenta che l'accertamento con adesione è una forma di definizione consensuale della vertenza tributaria, che può precedere o anche seguire la notifica dell'accertamento, sostituendolo integralmente. L'atto di adesione definito non è impugnabile da parte del contribuente, né modificabile da parte dell'ufficio impositore (art. 2, terzo comma, del D.Lgs , n. 218). L'ulteriore azione accertatrice non è però preclusa, secondo le modalità dell'accertamento integrativo ex art. 43 del D.P.R , n. 600 (imposte sui redditi) e art. 57 del D.P.R , n. 633 (IVA), in presenza delle seguenti condizioni (art. 2, co. 4, D.Lgs. n.218/1997): sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, in base ai quali è possibile accertare un maggior reddito, superiore al 50% del reddito definito e comunque non inferiore a , 53 euro definizione riguardante accertamenti parziali definizione riguardante redditi di partecipazione (art. 5 del TUIR), ovvero in aziende coniugali non gestite in forma societaria azione accertatrice esercitata nei confronti delle società o associazioni o dell'azienda coniugale, alle quali partecipa il contribuente nei cui riguardi è intervenuta la definizione Ai sensi dell'art. 2, quinto comma, del D.Lgs. n. 218/1997, le sanzioni collegate al tributo erano applicate nella misura di ¼ del minimo edittale. Con riferimento agli atti definibili emessi dall Agenzia delle Entrate a partire dal 1 febbraio 2011, per effetto della legge di stabilità («finanziaria») 2011 art. 1, commi 18-20, L , n. 220 le sanzioni applicabili in caso di adesione sono state elevate da 1/4 a 1/3 del minimo edittale.

21 VOCI DAL FORUM Il Forum del Commercialista Telematico rappresenta un punto di incontro virtuale dove professionisti ed addetti del settore possono scambiarsi informazioni, sollevare e/o risolvere dubbi di applicazione pratica della materia fiscale e del lavoro. Non la risposta di un esperto quindi, ma il confronto libero ed aperto di più voci. gg71_it società di comodo o non operative Riporto qui l'articolo pubblicato su ItaliaOggi del 11/10/2011 a firma di Fabrizio G. Poggiani evidenziando la parte che mi sembra saliente (articolo che potete consultare anche sul seguente sito internet: "I soggetti cui è fatto l'obbligo di costituirsi nella forma di società di capitali per legge, si configurano come società di comodo se hanno realizzato perdite nell'ultimo triennio. Per queste società non sussistono clausole di esclusione specifiche dal regime delle società di comodo, ma solo l'esonero dall'effettuazione del test di operatività. Questo ciò che emerge dalla combinata lettura del comma 36-decies, dell'art. 2, dl n. 138/2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 148/2011 (cosiddetta «Manovra di Ferragosto»), dal provvedimento direttoriale dell'agenzia delle entrate n. 2008/23681 e Dalle disposizioni inserire nell'art. 30, della legge 23/12/1994 n. 724, avente a oggetto le società non operative. Il comma richiamato della manovra di mezza estate, infatti, dispone che «_ pur non ricorrendo i presupposti di cui all'articolo 30, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, le società e gli enti ivi indicati che presentano dichiarazioni in perdita per tre periodi d'imposta consecutivi sono considerati non operativi a decorrere dal successivo quarto periodo d'imposta_»; naturalmente, continua la disposizione appena richiamata, «_ fatte salve le cause di non applicazione della disciplina (_) di cui al predetto articolo 30 della legge 724 del 1994_». La semplice lettura di tale articolo, con particolare riferimento al caso delle società obbligate a costituirsi nella forma di società di capitali (ma anche in presenza delle ulteriori fattispecie, di cui al secondo periodo, del comma 1, del citato art. 30, legge 724/1994) rende possibile la «non applicazione» del test di non operatività indicato dal comma 1 ma, in assenza di una ulteriore conferma ministeriale, non esclude l'ingresso di questi soggetti tra le società di comodo. Completamente diversa appare, allo stato attuale, la situazione riferibile alla cosiddetta «disapplicazione oggettiva» in quanto ai sensi del comma 4-ter, introdotto dal comma 128, della legge n. 244/2007 (Finanziaria 2008) sono state individuate, mediante specifico provvedimento direttoriale (Agenzia delle entrate, provvedimento 14/2/2008 n ), illustrato con un documento di prassi emanato nella medesima data (Agenzia delle entrate, circ. 14/2/2008 n. 9/E), determinate fattispecie per le quali è consentita l'esclusione dall'intera disciplina, senza che si renda necessaria la presentazione della specifica istanza e l'ottenimento del parere positivo dell'amministrazione finanziaria. In effetti, quanto prescritto dal secondo periodo, del comma 1, dell'art. 30 e quanto indicato al comma 4-ter del medesimo articolo opera diversamente in questi termini; il secondo periodo del comma 1 esclude soltanto quanto prescritto dal comma 1 dell'art. 30 (in sintesi, l'applicazione del test di operatività), mentre il comma 4-ter, del medesimo art. 30, dispone la «disapplicazione» delle disposizioni dell'intero articolo 30, della legge n. 724 del È fin troppo chiaro, pertanto, che per come sono sviluppate le disposizioni in commento, per quanto indicato dal provvedimento direttoriale e per quanto indicato dalla prassi ministeriale, stante l'introduzione della novità introdotta dal dl n. 138/2011, a valere sia per le società di capitali che personali, fatte salve determinate esclusioni soggettive (società cooperative, società consortili, società semplici e quant'altro), in presenza di un soggetto che, obbligatoriamente, si è costituito nella veste di società di capitali, realizzando nel triennio 2009/2011 perdite fiscali, scatta la qualificazione di comodo con l'applicazione, se soggetto, dell'addizionale di 10,5 punti percentuali che si aggiunte all'aliquota ordinaria (27,5%), di cui all'art. 75, dpr n. 917/1986, e l'eventuale blocco del credito Iva, fino alla completa confisca dello stesso. Peraltro, nella fattispecie evidenziata si rende applicabile anche quanto prescritto dal successivo comma 36-undecies, dell'art. 2 della manovra, che prevede l'applicazione della disciplina anche solo in presenza di due periodi d'imposta in perdita fiscale e di uno con reddito dichiarato inferiore all'ammontare determinato ai sensi del comma 3, del citato art. 30 (coefficienti), con l'ulteriore complicazione che, in presenza di un esercizio in utile su tre, essendo tale situazione esonerata dalla compilazione del test, di cui al comma 1, la società deve procedere alla verifica, al fine di aver certezza del superamento dell'ammontare di reddito minimo. Si ritiene necessario rendere, alla luce delle novità introdotte, più organica la disciplina della disapplicazione, modificando il secondo perio-

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