L ACCORDO DI BASILEA 2 Principali problemi per le piccole e medie imprese. 1. L impatto di Basilea 2 sulle banche e sulle imprese

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1 L ACCORDO DI BASILEA 2 Principali problemi per le piccole e medie imprese di GIANLUCA IELAPI L arrivo di Basilea 2 sta imponendo un duplice cammino. Da un lato, le banche dovranno fare un grosso sforzo culturale nel rapporto con la clientela imprese, al di là di tutti i tecnicismi e i modelli per analizzare il merito creditizio, sforzo mirato a interpretare le diverse realtà dimensionali, settoriali e territoriali, a dare fiducia ai progetti innovativi, a finanziare la crescita e lo sviluppo. D altro lato, le aziende dovranno impostare i rapporti con l operatore bancario sulla base della massima trasparenza, presentarsi con business plan credibili e realizzabili. Solo così si potrà effettivamente rafforzare un corretto rapporto banca-impresa in cui la volontà di operare in modo trasparente ed efficiente sarà comune a entrambi. 1. L impatto di Basilea 2 sulle banche e sulle imprese Il nostro è un Paese di piccole e medie imprese: la dimensione media delle aziende italiane è notevolmente inferiore a quella delle imprese europee e nell ultimo decennio si è ulteriormente ridotta. Per crescere, le nostre aziende hanno bisogno di poter contare su risorse finanziare e creditizie che siano maggiormente correlate alle diverse tipologie d impresa in modo da poter ricevere un finanziamento quasi su misura. Il ricorso al mercato dei capitali non è immediato né facile, e il sistema imprenditoriale non è adeguatamente informato e incentivato a farne ricorso, a causa di un difficile dialogo con l interlocutore bancario. La concentrazione della rete bancaria e l esser sempre meno radicati nel territorio dei centri de- 66

2 cisionali hanno reso il rapporto banca-impresa ancora più tormentato, determinando, nei fatti, un ricorso al credito, specie per le PMI, sempre più difficoltoso e oneroso. Il nuovo Accordo di Basilea crea un legame più diretto tra il costo e la quantità del credito e l effettiva rischiosità delle imprese, incentivando un più responsabile rapporto con le banche. Basilea 2 comporterà un impegno rilevante sia per gli istituti di credito che per le imprese: per i primi, nell affinare i metodi di misurazione e gestione del rischio di credito; per le seconde, nell accrescere la trasparenza della propria informativa economica, finanziaria e di progetto. L erogazione del credito dovrà essere più selettiva solo in termini di qualità e l esclusione di aziende che non sono in regola dovrà determinare un vantaggio soprattutto per chi presenta progetti e conti a posto. Sarà determinante per tutte le imprese, bancarie e non, riuscire a sfruttare le opportunità che derivano dalla maggiore trasparenza e dal più intenso rigore operativo che questa nuova regolamentazione apporterà all intero sistema. Anche se le recenti modifiche al testo dell Accordo hanno migliorato il trattamento previsto per le PMI, occorrerà comunque valutare con attenzione gli effetti reali sulle condizioni di accesso al credito da parte di queste imprese. La maggiore corrispondenza tra pricing e rischio di credito potrebbe determinare un ampliamento nel ventaglio dei tassi, con un miglioramento per le classi di rating medio-alte e un aumento del costo del credito per quelle più basse. L idea innovativa fondamentale delle nuove norme è che la ponderazione del rischio delle attività di bilancio delle banche ai fini del calcolo del coefficiente patrimoniale minimo di queste ultime non viene fatta per macroclassi, come è il caso attuale, bensì per singole posizioni e per singolo credito in essere. La valutazione di tale rischio potrà essere effettuata mediante un approccio standardizzato, che prevede il ricorso al rating di agenzie specializzate, come sono quelle che già oggi si occupano della questione: esse dovranno affinare i propri lavori rivedendo le proprie metodologie tenendo presente che, a partire dal momento in cui il loro rating sarà parte integrante della valutazione di cui si sta 67

3 parlando, i loro risultati assumeranno un valore fondamentale e comporteranno nuove particolari responsabilità. La stessa valutazione, specie per i crediti a tutte le imprese che per motivi diversi non saranno sottoposti ai rating delle agenzie, potrà poi essere effettuata internamente dalle singole banche. In questo caso i metodi u- tilizzabili saranno due, denominati Foundation Approach e Advanced Approach, che si differenzieranno per la relativa diversa sofisticazione dei dati raccolti e delle elaborazioni effettuate. In particolare, il secondo di tali metodi consente, contrariamente al primo che dovrà essere integrato da elementi quantitativi, di stimare contemporaneamente tutti e tre i rischi previsti dalle norme, cioè: 1. la probabilità di insolvenza (probability of default, PD), utilizzata per indicare il rischio che un debitore sia incapace di onorare i propri impegni, cioè la probabilità che, su un orizzonte temporale di un anno, il soggetto vada in default; 2. l esposizione al rischio (exposure at default, EAD), che stima la dimensione dell esposizione della banca al momento dell insolvenza del debitore; 3. il tasso di perdita in caso di insolvenza (loss given default, LGD), che esprime, in termini percentuali, il grado di perdita potenziale subita dalla banca sull ammontare del prestito al termine delle procedure di recupero nei confronti del debitore insolvente. Il principale risultato dell entrata in vigore di Basilea 2 sarà un forte aumento della sensibilità al rischio da parte delle banche e quindi una loro maggiore attenzione alla valutazione delle singole posizioni, tenendo presente che il peso dei prestiti alle imprese non sarà più uguale come accade oggi, ma varierà singolarmente entro classi predeterminate, ciascuna delle quali richiederà quindi un impiego di patrimonio diverso dall altra. I pesi dei singoli prestiti o- scilleranno fra il 20% e il 150%, quindi entro una forbice molto ampia. D altra parte, i miglioramenti nelle procedure di valutazione e di controllo dei crediti dovrebbero portare a una sostanziale ridu- 68

4 zione delle sofferenze, del contenzioso e delle perdite su crediti e la selezione delle imprese affidate sarà molto più severa di oggi. Tale selezione avrà sicuramente l effetto di differenziare assai meglio rispetto a oggi le condizioni alle quali i prestiti saranno concessi, con particolare riferimento al relativo costo (tassi di interesse e oneri accessori) e alle garanzie collaterali, dalle quali può dipendere il rating e quindi la quantità di patrimonio assorbito dalle singole e- sposizioni. Si ritiene, inoltre, che le nuove norme potrebbero produrre anche un effetto di razionamento della clientela più rischiosa, cioè con rating più modesto o con rating difficilmente accertabile, come è tipicamente quella rappresentata dalle PMI. A parità di volume di credito erogabile è del resto evidente che le banche preferiranno concentrare le loro esposizioni sulla clientela con rating più elevato, anche se la considerazione congiunta del binomio rating/condizioni contrattuali potrebbe consigliare una politica diversa, quale potrebbe essere consigliata anche dalla constatazione che la quantità di patrimonio impegnato da una singola esposizione creditizia non dovrebbe essere la sola variabile da prendere in considerazione nella decisione di concedere o meno un credito; importantissima al riguardo dovrebbe infatti essere anche la probabilità di instaurare con il cliente una più o meno intensa e stabile relazione d affari, che porti a moltiplicare nei suoi confronti il lavoro bancario e finanziario e quindi i ricavi relativi, possibilmente senza aggravi di rischio come è il caso di tutti i lavori che non implicano concessione di credito. Prendendo spunto da tutto questo, sembra chiaro che le maggiori e migliori possibilità di instaurare e sviluppare intense e stabili relazioni di clientela sono offerte dalle PMI e specialmente da quelle a proprietà familiare, in cui il patrimonio dell impresa spesso si confonde con quello dell imprenditore. Non è quindi detto che l entrata in vigore delle nuove norme di vigilanza prudenziale produca necessariamente un razionamento dei finanziamenti alle PMI, almeno in termini quantitativi puri. Dal punto di vista del co- 69

5 sto e delle altre condizioni contrattuali è invece quasi certo che effetti restrittivi ci saranno. Per le imprese, e specialmente per quelle piccole e medie, potrebbe quindi presentarsi a scadenza non lontana uno scenario creditizio complesso in cui la selezione, come si è più volte ricordato, sarà dura e in cui la qualità della situazione economica, patrimoniale e finanziaria passata, presente e futura delle PMI (e la capacità di dimostrarla adeguatamente) saranno fondamentali nella determinazione delle loro probabilità di accesso al credito bancario. In questo senso le problematiche sui rapporti fra banche e PMI di cui si parla da decenni non perderanno la loro attualità, ma anzi diventeranno ancora più importanti che in epoche di credito più abbondante e meno caro. 2. Gli effetti di Basilea 2 per le PMI Basilea 2 sta spingendo, quindi, a marciare assieme aziende di credito e imprese, in particolare quelle piccole e medie, che delle nuove regole potrebbero fare le spese. Le prime proposte da parte del Comitato di Basilea 1 in merito al trattamento delle piccole e medie imprese, risalenti alla versione precedente del pillar 1 rilasciata nel gennaio del 2001, sono apparse fin da subito particolarmente penalizzanti. La proposta di Basilea prevedeva la distinzione tra a) controparte retail, a basso rischio sistematico (ossia quel rischio che non può essere eliminato neanche attraverso una strategia ampia di diversificazione, detto anche rischio non diversificabile, e identificato con il rischio di mercato), e b) controparte corporate, ad alto rischio sistematico, senza situazioni intermedie tra le grandi imprese internazionali da un lato e le piccole-medie imprese dall altro. Il concetto di impresa è stato esteso a ogni struttura che e- sercita un attività economica a prescindere dalla sua forma giuridica, risolvendo così alcuni dubbi interpretativi circa la natura d impresa per i soggetti che svolgono un attività artigianale o altre 70

6 attività a titolo individuale o familiare. Sono stati inoltre modificati i parametri finanziari in forza dei quali un impresa può essere definita PMI. In particolare, si è in presenza di una «media impresa quando il numero dei dipendenti è inferiore a 50, quando il fatturato non è superiore a 50 milioni di euro o il totale di bilancio non è superiore a 43 milioni di euro; piccola impresa quando il numero dei dipendenti è inferiore a 25, quando il fatturato non è superiore a 10 milioni di euro o il totale di bilancio non è superiore a 10 milioni di euro; micro impresa quando il numero dei dipendenti è inferiore a 10, quando il fatturato non è superiore a 2 milioni di euro o il totale di bilancio non è superiore a 2 milioni di euro» 1. Inoltre un impresa può essere definita PMI solo se considerata indipendente, vale a dire non direttamente o indirettamente controllata almeno per il 25% da un altra impresa che non abbia le caratteristiche di PMI. Com è noto, le esposizioni verso le piccole e medie imprese si qualificano per i seguenti caratteri distintivi: 1. più alto profilo di rischio rispetto alle controparti corporate; 2. più alto rischio specifico, legato alle caratteristiche dell impresa stessa, che deve essere adeguatamente fronteggiato diversificando la composizione del portafoglio; 3. minore contributo al rischio sistematico contenuto nel portafoglio prestiti, a causa di un minore legame con i fattori di rischio che condizionano l andamento economico generale. Tali aspetti qualitativi delle PMI richiedono un adattamento da parte di entrambe le parti del rapporto per evitare che si manifestino conseguenze negative. Dal lato della domanda appare necessario avere un saldo controllo delle fonti di rischio, spostare la funzione finanziaria da un ruolo secondario a uno paritetico con le altre funzioni aziendali, essere consapevoli che l azienda verrà consi- 1 Definizione contenuta nella Raccomandazione n. 2003/1422/Ce del 6 maggio 2003 della Commissione europea (che sostituisce la precedente n. 96/280/Ce del 3 aprile 1996 a decorrere dal 1 gennaio 2005). 71

7 derata sulla base di profilo di rischio, pricing coerente con il rischio, fabbisogno finanziario esterno, misurazione della performance e creazione del valore conseguiti, e, infine, possedere un informativa societaria e di bilancio trasparente, completa e non guidata dalla variabile fiscale. Dal lato dell offerta bisognerà non utilizzare il rating con un approccio di tipo meccanicistico, introdurre l aspetto delle garanzie fisiche e patrimoniali offerte dalle PMI, lasciare spazio al valutatore e responsabilizzarlo (anche affiancando al giudizio sintetico l approccio analitico), focalizzare la strategia, dare autonomia alla divisione corporate, stratificare e approfondire l offerta. Nella proposta di Basilea 1 risultava evidente che le controparti PMI venivano considerate come controparti corporate a cui veniva assegnata la stessa misura di rischio sistematico associato a imprese di grandi dimensioni, senza tener conto di alcun effetto diversificazione tipico del portafoglio PMI. La minore qualità creditizia media delle singole esposizioni PMI rispetto alle grandi determinava perciò un aggravio patrimoniale per le banche: anche se il rischio, a parità di altre condizioni, è normalmente inversamente correlato alla dimensione, il credito erogato a queste tendeva a impegnare percentuali più elevate di capitale della banca, indotta ad aumentare i tassi d interesse a fronte del maggior rischio evidenziato e del maggior capitale richiesto. Un esiguo numero di banche ha colto immediatamente la portata di questi effetti e ha ritenuto essenziale premere per una proposta di cambiamento, affinché le controparti PMI, che rappresentano l ossatura principale del sistema industriale italiano e in larga misura europeo, ottenessero un trattamento regolamentare in linea con i loro contenuti di rischio. La controproposta intendeva apportare rilevanti riduzioni in termini di requisiti patrimoniali alle 72

8 controparti corporate di minori dimensioni. Tale iniziativa, ottenuto il coinvolgimento di importanti banche tedesche e francesi, ha infine avuto l effetto di aprire un tavolo di confronto con il Comitato per giungere a un trattamento più equilibrato nella regolamentazione delle controparti PMI. Nell ultima versione del pillar 1, infatti, è stato introdotto un fattore di contenimento dei requisiti patrimoniali minimi: le esposizioni bancarie verso tali controparti sono soggette, cioè, a requisiti di capitale inferiori fino al 20% rispetto alle grandi imprese. Ma a seguito dell evoluzione della regolamentazione, le PMI si trovano potenzialmente in una situazione difficile, in quanto sono schiacciate tra 1. una clientela retail che gode di un più basso grado di assorbimento di capitale, dato l elevato frazionamento del portafoglio prestiti, ma che è valutata secondo tecniche di scoring automatizzate che nulla sembrano lasciare all aspetto soggettivo/qualitativo dell analisi di affidamento; 2. una clientela large corporate, alla quale è stato attribuito un parametro di correlazione tra due posizioni pari al 20%, rappresentativo della misura del rischio sistematico, che determina un aggravio di capitale a rischio da allocare nel caso di finanziamento alle PMI, essendo mediamente le PMI collocate su un rating di BB-, che si può tradurre o in un innalzamento del tasso richiesto oppure in un razionamento del credito. Le PMI, dato il loro rischio specifico più elevato e il loro peso minore sul portafoglio prestiti rispetto ai large corporate, rappresentano una soluzione interessante per la banca, poiché attraverso di esse la banca riesce ad aumentare la diversificazione sia per il minor contributo dato al rischio sistematico sia per quello dato al frazionamento. Nonostante tutto, le nuove disposizioni regolamentari, anche in seguito agli importanti fattori di riduzione degli assorbimenti di capitale introdotti per le esposizioni PMI, continuano a suscitare in alcuni ambienti non poche preoccupazioni, insistendo 73

9 sul fatto che il nuovo Accordo penalizza comunque il finanziamento delle PMI, inducendo quindi le banche a ridurre il credito ad esse destinato. La preoccupazione di una penalizzazione della quantità di credito destinata alle PMI è legata all utilizzo dei rating interni per la valutazione del merito creditizio, in particolare al loro eccessivo automatismo, che potrebbe spingere le banche a sviluppare relazioni sempre più standardizzate e impersonali, soprattutto con le imprese meno redditizie. Questa affermazione rappresenta una preoccupazione infondata: più volte è stato ribadito che questi complessi sistemi di rating interni non sono assolutamente sostitutivi del lavoro umano nell esprimere giudizi sul merito di credito, bensì integrano quella parte delle conoscenze che è possibile automatizzare, liberando tempo e risorse specializzate per le valutazioni a maggior contenuto di valore aggiunto, il cui fine ultimo è di cercare di acquisire un cliente a condizioni di mercato, anziché rifiutarlo. Quindi sembra che le conseguenze dei rating interni a livello aziendale siano in parte indipendenti dall avvento di una nuova regolamentazione in materia di patrimonio minimo, visto che la loro capacità di alterare le prassi operative e le strategie degli intermediari dipenderà dall incisività con cui l alta direzione deciderà di utilizzare questi nuovi strumenti nel governo della banca. Il nuovo Accordo di Basilea si presenta, in primis, come un accordo scritto per le banche, volto a migliorare e rendere più comprensibili i criteri di misurazione del rischio e quindi di definizione dei tassi. Ciò ha effetti non solo nell interesse delle banche, ma anche della stessa clientela e, dunque, delle aziende. L introduzione del rating quale criterio oggettivo per la valutazione dell affidabilità dell azienda non solo è destinato a produrre una plausibile innovazione dell approccio bancario alla gestione del credito, ma avrà anche e soprattutto un forte impatto sulle imprese, che vedranno modificate, con molta probabilità, sia le valutazioni effettuate dagli istituti di credito nei loro confronti che i criteri di erogazione del credito stesso, con ripercussioni sul complesso delle risorse prese a prestito e sui costi ad esse applicate. L impatto 74

10 dell introduzione dei sistemi di rating sulle imprese, in special modo sulle PMI, è strettamente dipendente dall emersione delle reali caratteristiche del tessuto imprenditoriale di riferimento laddove gli stessi interessi familiari si confondono con quelli imprenditoriali. L ottica gestionale di una PMI italiana è frequentemente tesa, soprattutto, al contenimento dell imponibile fiscale e alla gestione di una cassa contigua a quella familiare, se non addirittura coincidente con essa. In questo ambito la determinazione del rating comporta talvolta un giudizio di rischiosità sovrastimato e, di conseguenza, l applicazione di un costo del credito più elevato. Ciò che interessa maggiormente le imprese è, dunque, la nuova metodologia di determinazione del rischio, che sarà valutato sulla base del rischio di credito assegnato al singolo imprenditore. L assegnazione di un rating al cliente presuppone il coinvolgimento di quest ultimo per una serie di informazioni che la banca deve necessariamente acquisire: l aspetto principale del rating è, infatti, l informativa. Si ricorda che il giudizio complessivo del merito creditizio del cliente (rating di controparte) deriva dalle valutazioni sintetiche di rischio che emergono da: 1. l analisi quantitativa di dati economico-finanziari: l analisi del bilancio costituisce uno dei presupposti di base della concessione, del monitoraggio e della revisione periodica dell affidamento. Prima di ogni considerazione sull entità del patrimonio aziendale e delle eventuali garanzie, ci si deve soffermare sulla capacità dell azienda di vivere, svilupparsi, produrre risorse e reddito sufficiente per la copertura del servizio del debito e la remunerazione del capitale; 2. l analisi qualitativa: i dati finanziari non esauriscono tutte le fonti di informazione utilizzate, ma si deve necessariamente tenere conto anche della ricerca e definizione degli obiettivi che l azienda si pone (politica di prodotto e di produzione, ricerca e sviluppo ), dell andamento dell economia in generale e, in particolare, del settore economico in cui opera, del suo posizionamento competitivo e delle sue capacità di 75

11 performance, ecc. Tale analisi qualitativa si basa su elementi oggettivi acquisiti sia da fonti esterne sia da un confronto diretto con il cliente, da un lato, e su valutazioni soggettive del gestore bancario derivanti da un approfondita conoscenza personale della controparte, dall altro. Trasparenza e integrità devono essere gli elementi guida per creare un rapporto costruttivo con la banca. Deve essere assolutamente chiaro che la rappresentatività e l affidabilità del rating sono funzione dell integrità della metodologia adottata, ma anche della chiarezza e della completezza delle informazioni. Ciò significa che le aziende dovranno iniziare a modificare le proprie strategie finanziarie e il proprio approccio culturale alle problematiche del credito, a partire dalla certificazione del bilancio, facendo proprio il principio della trasparenza (quella finanziaria innanzitutto), in modo che l esatta rappresentazione dei bilanci e degli altri documenti faciliti i rapporti con il sistema bancario, presupposto indispensabile per una corretta erogazione del credito, specie nelle fasi di sviluppo. Sulla base delle considerazioni appena svolte si può affermare che il rating influenza il rapporto banca-impresa biunivocamente, nel senso che se da una parte la banca deve puntare alla realizzazione di sistemi di rating affidabili e rappresentativi dell effettiva rischiosità delle imprese per assicurare equità di trattamento sullo stesso territorio per soggetti dotati delle stesse caratteristiche imprenditoriali, dall altra le imprese devono propendere all adozione di politiche gestionali tali da consentire di ottenere valutazioni coerenti con le caratteristiche che le contraddistinguono. Uno dei maggiori ostacoli che le imprese piccole e medie incontrano è l accesso al credito. Si tratta di un problema che investe le PMI in particolare modo nella fase critica dell avvio dell attività, quando le istituzioni creditizie sono riluttanti a concedere prestiti a causa degli alti rischi e della mancanza di garanzia. L attenzione posta verso queste imprese è volta a garantire e assicurare la tutela di un soggetto economico che, più di ogni altro, ha contribuito allo sviluppo del nostro Paese un soggetto che ha 76

12 sempre posseduto flessibilità, inventiva, intraprendenza, efficienza operativa, ma che purtroppo, allo stesso tempo, a fronte della sua operosità, nel tempo non ha forse ricevuto in cambio tutta l attenzione che invece merita 2. La stessa Unione Europea afferma che: le piccole imprese devono essere considerate la principale forza propulsiva dell innovazione, dell occupazione e dell integrazione sociale e locale in Europa. È pertanto necessario creare il migliore contesto possibile per le piccole imprese e per i bisogni imprenditoriali 3. Purtroppo tale apprezzamento per le piccole imprese è spesso rinnegato sul piano delle iniziative concrete: ne è dimostrazione il fatto che gli istituti di credito siano molto rigidi con le PMI che non abbiano cospicue garanzie patrimoniali. Per quanto riguarda la difficoltà di accesso al credito delle PMI, tra esse e banche vi è forse un concorso di colpa: se le seconde sono poco sensibili alle necessità delle prime, è anche vero che gioca un ruolo di primo piano la scarsa cultura finanziaria delle imprese stesse, che non hanno ancora acquisito l abitudine a rispettare le regole di trasparenza imposte dal mercato e che non intendono pagare il giusto per ottenere il denaro di cui necessitano. Di certo il problema della scarsità del credito è reale e grave e rischia ora di peggiorare ulteriormente con Basilea 2, il cui obiettivo cruciale è proprio la prevenzione delle crisi finanziarie attraverso una migliore gestione del rischio di credito. L applicazione delle nuove regole determinerà una riallocazione del capitale delle banche fra le diverse attività: quelle che richiederanno un impiego più intenso di capitale dovranno generare più entrate. Poiché le banche devono detenere una dotazione patrimoniale che cresce all aumentare della rischiosità dei loro prestiti e poiché raccogliere nuovo patrimonio costa caro, un aumento del 2 L Italia è terra d elezione delle PMI e non solo: gli ultimi dossier UE evidenziano in particolar modo come gli italiani conquistino le primissime posizioni in classifica anche nello sviluppo del business, dimostrando così di avere una sostanziale propensione alla crescita. 3 La carta Europea per le piccole-medie imprese, cit. da F. TAROCCO, Basilea 2: nuovi scenari del rapporto Banca-Impresa, Giappichelli, Torino

13 consumo di capitale reca con sé un incremento dei costi medi dei finanziamenti. Vi è dunque il pericolo, almeno teorico, che le piccole imprese, in quanto maggiormente rischiose, conoscano un ulteriore inasprimento delle condizioni praticate. Di conseguenza il costo per i clienti di queste attività dovrà aumentare, rendendo così il credito più caro, e i clienti più deboli ne soffriranno. Per le PMI la via che conduce al credito si fa sempre più difficile e tortuosa: ciò che le piccole imprese temono maggiormente è di non riuscire a essere valutate in modo adeguato dalle banche, con la conseguenza di ottenere un rating ingiusto e quindi di essere ulteriormente penalizzate in questo già attuale contesto di allarme per il loro accesso al credito. Una soluzione a questo timore è sicuramente la trasparenza delle informazioni. Deve cioè aumentare la quantità di informazioni che la banca ha a disposizione sull impresa e deve aumentare la quantità di informazioni che l impresa è in grado di fornire. Analizzando attentamente il complesso Accordo di Basilea 2, ci si accorge che dall inizio alla fine è basato su contenuti informativi: dove le informazioni mancano o sono inattendibili, si paga di più in termini di capitale necessario alla banca per gestire la sua attività. Perciò, se da una parte è vero che Basilea 2 pone in essere misure per rafforzare le istituzioni finanziarie inducendole a una più attenta gestione dei rischi, è altrettanto vero, dall altra, che in questo modo si sollecitano le PMI a effettuare un miglioramento nelle proprie informazioni (prevalentemente quelle di bilancio). Tale miglioramento nella contabilità non deve limitarsi alla correttezza amministrativa, ma estendersi anche agli aspetti comunicativi. In altri termini le informazioni legate all analisi dei risultati di bilancio devono essere trasparenti e riflettere la reale situazione aziendale. Sotto questo punto di vista, l Accordo va visto come un opportunità per accelerare una rivoluzione culturale sia per le banche che per le imprese, superando così il problema, da sempre esistente, delle asimmetrie informative. Dato per certo che il credito è il carburante indispensabile per sostenere lo sviluppo della piccola impresa e che le banche si 78

14 dimostrano più selettive e attente nei confronti delle PMI, nasce la preoccupazione, spontanea e legittima, circa i nuovi criteri sulla ponderazione del capitale per i rischi bancari definiti dal Comitato. Basilea 2 impone alle banche una stima rigorosa e oggettiva del rischio di credito nel momento in cui prestano denaro all impresa. La valutazione avverrà attraverso il rating, il voto sull affidabilità finanziaria dell azienda e dunque sulla solvibilità del debito. Più basso è il rating, più alto è il rischio per la banca, che dovrà accantonare maggiori risorse a garanzia di ogni operazione e di conseguenza farà pagare di più il denaro prestato. Le principali preoccupazioni partono dalla semplice constatazione che le aziende italiane manifestano una forte propensione all indebitamento. La struttura del debito delle PMI risulta essere composta per oltre il 70% da debiti a breve termine (soprattutto con le banche), per il 22,6% da mezzi propri e solo il 3% da debiti a medio-lungo termine. Questo dato rivela una tendenza delle imprese a ricorrere a strumenti finanziari costosi e ad alto rischio per mancanza di cultura finanziaria, ma anche per la difficoltà ad attingere a finanziamenti a medio-lungo termine. Questa condizione di debolezza finanziaria delle PMI rischia di essere ulteriormente radicalizzata da Basilea 2, in cui esiste l insidia di una standardizzazione dei sistemi di valutazione e, quindi, di una spersonalizzazione della relazione tra banca e impresa, con il rischio che siano marginalizzate le imprese più piccole, scarsamente capitalizzate o con indici di bilancio poco rappresentativi della realtà aziendale. Non bisogna dimenticare che la spersonalizzazione sarà anche accompagnata da una diminuzione del numero di banche con cui intrattenere rapporti: in questo contesto diventerà fondamentale per l impresa scegliere la banca giusta, in grado di capire le proprie caratteristiche e necessità. 79

15 3. Il rapporto tra banche e PMI alla luce di Basilea 2 Il recepimento dell Accordo di Basilea 2, che costituisce un importante riforma della normativa bancaria finalizzata ad adeguare la capitalizzazione del settore creditizio ai rischi connessi all attività bancaria, consente di preservare la solvibilità delle banche e di proteggere risparmiatori-depositanti: modificando i principi base che regolano il rapporto attuale tra banca e impresa, significherà una vera e propria rivoluzione per il sistema economico italiano. I più recenti studi sull argomento evidenziano che, se le regole di Basilea 2 fossero applicate puntualmente dal nostro sistema bancario, la maggioranza delle PMI faticherebbero a reperire adeguati mezzi finanziari. Tale prevalenza è originata da imprese che stanno subendo la forte crisi economica e finanziaria che attual- 80

16 mente attraversa il sistema economico europeo e dalla situazione finanziaria di imprese che, anziché dotarsi di adeguati capitali propri, si sono sviluppate privilegiando un forte ricorso al capitale di terzi. Entrambe le situazioni (crisi economica e sottocapitalizzazione) sono difficilmente recuperabili, ma adeguate politiche economiche e finanziarie, se intraprese immediatamente, possono ricondurre molte di queste imprese sul sentiero di uno sviluppo patrimoniale e finanziario equilibrato. Lo scenario, alla luce dell andamento delle banche e delle PMI, è chiaro: il finanziamento delle PMI è un attività che presenta per le banche contemporaneamente aspetti negativi e aspetti positivi. Fra i primi rientra la bassa contribuzione alla produzione del reddito specie per motivi connessi alle necessità organizzative di montaggio e manutenzione della funzione produttiva e distributiva, ai rischi associati all erogazione del credito e all impatto che questo produce sull assorbimento di mezzi patrimoniali, soprattutto alla luce delle norme di vigilanza prudenziale che entreranno in vigore fra qualche anno. Fra gli aspetti positivi del finanziamento delle PMI rientrano invece il suo contributo alla diversificazione dei rischi dell attività bancaria, la possibilità di essere un interessante veicolo di distribuzione di servizi e prodotti bancari e finanziari di altra natura e la possibilità di mantenere il rischio entro limiti accettabili quando l assetto della funzione creditizia nella banca e quello della funzione finanziaria nelle PMI siano adeguati. Gli aspetti negativi sembrano preponderanti nel caso delle banche di grandi dimensioni, per le quali il finanziamento delle PMI è in competizione con altre attività, specialmente con quelle collegate alla finanza mobiliare, che presentano un associazione rischio/rendimento migliore, anche sotto l aspetto dell assorbimento di mezzi patrimoniali. Sono invece quelli positivi che predominano nel caso delle banche di prossimità, sia per la loro tradizionale presenza nel settore che le mette in grado di affrontare più consapevolmente i rischi dell attività che si sta considerando, sia perché le banche in questione non sono competitive e quindi non possono seriamente affrontare i mercati dei prodotti e dei servizi che maggiormente inte- 81

17 ressano le banche di grandi dimensioni, anche se teoricamente più redditizi. Il futuro dei finanziamenti bancari alle PMI è quindi condizionato da una domanda che, specie se a scadenza non lontana ci sarà un minimo di ripresa economica, tenderà ad allargarsi e da un offerta il cui comportamento potrebbe essere nel complesso diverso. È difficile fare previsioni in materia, ma è probabile che l ampliamento dell offerta di finanziamenti alle PMI da parte delle banche di prossimità non sia sufficiente a bilanciare la riduzione del flusso quantitativo e qualitativo dei finanziamenti alle stesse PMI che promanerà dalle banche grandi. Non stupisce quindi constatare che in Italia, ma anche in numerosi altri paesi europei, vi siano fondati timori di trovarsi di fronte a fenomeni di razionamento volontario dei finanziamenti bancari alle PMI che potrebbero creare seri problemi a queste ultime, specialmente a quelle caratterizzate da un infelice combinazione rischio/rendimento. Le reazioni delle PMI di fronte a questi fenomeni saranno di vario tipo, dato soprattutto che l aggregato PMI non è omogeneo neppure dal punto di vista delle problematiche finanziarie: le PMI si differenziano sia per la dimensione che per le variabili che possono essere prese in considerazione per il calcolo di tale dimensione per la natura dell attività svolta, per la conseguente natura dei fabbisogni finanziari da essa originati e per il tipo di organizzazione della funzione finanziaria predisposta per la relativa gestione. Particolarmente importante per comprendere come potrà svilupparsi il rapporto fra banche e PMI è il grado di complessità di queste ultime, di modo da poter classificare le imprese in questione e di individuare conseguentemente il tipo di fabbisogno finanziario da esse espresso nonché il tipo di controparte bancaria più adatta a soddisfarle. Il discorso deve essere circoscritto alle imprese piccole per evitare di confondere le problematiche di queste con quelle delle microimprese o delle imprese medie che sono diverse a prescindere dalla loro complessità: nell ambito delle piccole imprese, quelle caratterizzate da complessità elevate presentano fabbisogni finanziari a loro volta complessi, che necessitano controparti bancarie 82

18 relativamente sofisticate, raramente identificabili con banche locali di piccole dimensioni fortemente orientate alla tradizione; le medie imprese, invece, presentano maggiori probabilità di rientrare nel novero dell impresa complessa e, di conseguenza, risulta per loro ancora più stringente l esigenza di disporre di interlocutori adeguati, anche in ambito finanziario. Nei casi esaminati può accadere che anche le grandi banche altamente sofisticate possano trovare interlocutori cui proporre e vendere servizi e prodotti ad alto valore aggiunto; anche in questi casi, accanto ai fabbisogni particolarmente sofisticati, sorgeranno nelle piccole imprese considerate fabbisogni tradizionali sia di carattere ordinario che straordinario. Per motivi diversi sarà difficile pensare che tali ultimi fabbisogni possano essere soddisfatti da banche di prossimità quando vi siano grandi banche sofisticate che servono le imprese per soddisfare i loro fabbisogni finanziari complessi: le banche di prossimità avranno quindi ampi spazi per il finanziamento tradizionale relativamente standardizzato delle piccole imprese a basso grado di complessità, che dovrebbero in ogni caso dare origine a un segmento di mercato di dimensioni piuttosto ampie soprattutto in un Paese come il nostro, che è caratterizzato da un sistema industriale frazionato e molto tradizionale, che stenta a trasformarsi in qualcosa di più avanzato, come sarebbe invece richiesto per assicurare un futuro più brillante e competitivo al sistema. Nel caso di ampliamento del fabbisogno totale di finanziamento bancario da parte delle piccole imprese, si potranno verificare fenomeni di razionamento volontario del credito bancario a loro favore. L esame delle domande di crediti bancari sarà più analitico e duro: preferirà le imprese che sapranno strutturarsi in modo da risultare più semplici e meno rischiose e determinerà il razionamento delle imprese che continueranno a essere finanziariamente poco trasparenti e incapaci, o non desiderose, di comunicare le loro situazioni economiche, finanziarie e patrimoniali. Le banche di medie dimensioni rappresentano una categoria che nel nostro Paese sta svolgendo un ruolo decisamente importan- 83

19 te, ma che ha caratteristiche eterogenee. Tali banche potrebbero conseguentemente essere molto interessate e ben attrezzate per servire sia le PMI complesse sia quelle poco complesse, oppure potrebbero essere disinteressate e quindi non attrezzate né per le une né per le altre, oppure, infine, potrebbero intervenire efficacemente a servire o le une o le altre. Analogamente potrebbe dirsi per gli intermediari finanziari diversi dalle banche, che potrebbero essere interessati alla soluzione degli stessi problemi. È indubbio che, specie per il soddisfacimento dei fabbisogni sofisticati delle piccole imprese caratterizzate da alta complessità e di quelli delle imprese di medie dimensioni, gli intermediari finanziari non bancari potrebbero svolgere un ruolo importante, mettendo in gioco soprattutto la loro elasticità, la loro capacità innovativa e la grande attenzione che essi hanno sempre riservato ai clienti. Conclusioni L approccio che bisogna avere nei confronti di Basilea 2 deve essere duplice: innanzitutto è necessario osservare quali sono i cambiamenti imposti al modello gestionale delle PMI e, quindi, quali sono i rischi di contrazione della disponibilità del credito nei confronti degli imprenditori. Le PMI sono indotte ad avviare quel processo di adeguamento a modelli anglo-americani di pianificazione, in cui dovrà essere chiara la strategia aziendale per dominare i cambiamenti del mercato in continua evoluzione. Il fenomeno di globalizzazione richiede una maggiore professionalità operativa, che per le PMI può essere ottenuta in prevalenza attraverso l outsourcing: oltre a puntare a un livello quantitativo di produzione notevolmente più elevato, si ottiene così una notevole riduzione dei costi di gestione. La questione sollevata dall Accordo di Basilea 2 verte sulla differenziazione del rischio e delle conseguenti modalità di finanziamento delle grandi aziende da quello delle piccole-medie imprese: esistono rischi differenti a seconda del settore e delle dimensioni 84

20 dell azienda che la banca finanzia. Non è più sufficiente collegare la quantità di mezzi propri della banca alla quantità di prestiti che essa eroga, poiché diventa necessario tenere conto anche e soprattutto del rischio: ciò che attualmente è sotto la lente di ingrandimento non è la capacità della banca di concedere il credito, ma la sua capacità di misurare il rischio di credito, al fine di garantire maggiore stabilità al sistema finanziario. In altri termini c è una maggiore attenzione agli aspetti qualitativi, e non più solo quantitativi, del rischio imprenditoriale. Le imprese che per finanziarsi ricorrono al mercato sono già abituate a produrre informazioni di carattere generale legate alla loro storia e alla loro struttura: un analisi generale della situazione del settore, la posizione dei concorrenti, i propri punti di forza e di debolezza, le opportunità e le minacce, le previsioni economico-finanziarie. Importante è che i dati non siano forniti solo in grande quantità, ma che siano soprattutto attendibili e trasparenti; si deve cioè passare dalla logica della quantità a quella della qualità delle informazioni e innescare un processo virtuoso di trasparenza che generi fiducia reciproca. Le banche, non essendo più sottoposte alla pressione di un difficile recupero dei crediti, saranno in grado di essere veri interlocutori per le imprese collaborando attivamente al loro sviluppo. D altro canto, le imprese godranno di una maggiore credibilità e affidabilità, e riusciranno a reperire più facilmente, e a costi minori, i capitali di cui necessitano per affrontare le sfide di una sempre più marcata internazionalizzazione dei mercati. Gli imprenditori sembrano più ottimisti nei confronti di Basilea 2, grazie alle modifiche apportate alle nuove regole: per attutire l impatto che l introduzione dei nuovi requisiti patrimoniali avrà sulle imprese, sono stati infatti ribassati i coefficienti di rischio che le banche saranno tenute ad applicare per la concessione di finanziamenti alle PMI. Gli imprenditori, grazie a questa riforma, hanno cominciato a mostrarsi più fiduciosi nelle opportunità che possono derivare dalle nuove norme e meno intimoriti dai cambiamenti che subiranno i rapporti con le banche, le quali si stanno dimostrando sempre più disposte ad andare incontro alle esigenze delle imprese. 85

21 La versione meno rigida dell Accordo, l atteggiamento positivo delle banche e l aiuto dei Confidi sono dunque alla base del clima sereno che pervade le imprese italiane, ora meno preoccupate dall ingresso dei nuovi criteri di valutazione del merito creditizio. Riferimenti bibliografici Quantitative Impact Study 3, Overview of Global Results, a cura di RISKCENTER STAFF, BCBS F. BELLOTTI, La nuova disciplina sul capitale di vigilanza: rischi e opportunità per le imprese, intervento al Convegno Basilea 2 Quali implicazioni per banche e imprese, organizzato dall Associazione Industriale Bresciana il 21 Gennaio M. D AGOSTINO, Gli effetti di Basilea 2 sulle imprese, Bonanno, Roma G. GAGLIARDI-G. PASQUALI, L accordo di Basilea: ripercussioni sul rapporto tra banca ed impresa, in «AF. Analisi finanziaria», 2004 (1). F. LENOCI, Il rapporto banche-pmi alla luce di Basilea 2, «Amministrazione & finanza Oro», 2003 (3). P. MAINARDI, Basilea 2: un progetto per il riequilibrio del rapporto banca-impresa, in «Amministrazione & finanza», 2003 (22). M. PAGLIACCI, Basilea 2: quale futuro per i consorzi fidi?, in «Finanziamenti su misura news», 2003 (6). M. PANETTI, Banche: quali risposte a Basilea 2, in «Amministrazione & finanza», 2003 (24). R. RUOZI, C. ZARA, Il futuro del credito alle imprese, Egea, Milano C. SCHENA, Il ruolo prospettico dei Confidi nel rapporto banca-impresa: mitigazione del rischio e supporto informativo, Università dell'insubria Facoltà di Economia, in «Quaderni», 2004 (25). A. SIRONI, Chi ha paura di Basilea 2?, in «Economia & management», 2003 (6). F. TAROCCO, Basilea 2: nuovi scenari del rapporto Banca-Impresa, Giappichelli, Torino G. TOMA, Il nuovo accordo di Basilea sui requisiti patrimoniali, in «PMI», 2004 (7). M. VOTTA, R. VOTTA, Finanziare l impresa: strumenti e tecniche, Esselibri- Simone,

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