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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN PROGRAMMAZIONE E GESTIONE DELLE POLITICHE SOCIALI (LM-87) VALENTINA GIANNONE MODELLI DI EDUCAZIONE INFANTILE TRA PASSATO E PRESENTE TESI DI LAUREA Relatrice: Chiar. ma Prof. ssa PAOLINA MULÈ Correlatrice: Chiar. ma Prof. ssa TERESA CONSOLI ANNO ACCADEMICO 2011 / 2012

2 INDICE INTRODUZIONE p.2 CAPITOLO I DALLE ORIGINI AD OGGI. L EDUCAZIONE ALL INFANZIA p Analisi storica sull educazione 1.2. L educazione del fanciullo nel pensiero di Rousseau e di Froebel 1.3. La scomparsa del bambino adulto dalle sorelle Agazzi a Montessori 1.4. L attivismo idealistico di Giuseppe Lombardo Radice CAPITOLO II IL PROBLEMA DELL EDUCAZIONE INFANTILE NELLA SCUOLA p L educazione infantile nell attuale scuola dell infanzia 2.2. L evoluzione dei Programmi scolastici 2.3. I modelli di formazione della scuola attiva e progressiva 2.4. I processi di apprendimento e di insegnamento CAPITOLO III PROSPETTIVE PEDAGOGICHE PER UN NUOVO PROCESSO EDUCATIVO NELLA SCUOLA DEL XXI SECOLO 3.1. I servizi per l infanzia: il ruolo dell assistente sociale 3.2. Il nido e la nuova scuola dell infanzia 3.3. Infanzia, gioco, educazione 3.4. La prospettiva ludiforme per la formazione dell infanzia p.146 CONCLUSIONI p.180 BIBLIOGRAFIA p.184 SITOGRAFIA p.192 1

3 INTRODUZIONE Gli studi sui modelli di educazione infantile delineano il fulcro del dibattito pedagogico contemporaneo, a cui ha preso parte la vasta letteratura pedagogica. Le analisi condotte negli ultimi decenni dai pedagogisti italiani, proprio in ragione della complessità dell oggetto e della natura dell argomento, hanno preso le mosse dal problema fondamentale dell identità della pedagogia, evidenziando il rapporto esistente tra formazione ed educazione dell infanzia. Per consentire un discorso che ci aiuti ad individuare questi modelli tra passato e presente, la tesi è stata strutturata in tre capitoli. Sicché, nel primo capitolo è stata fatta un analisi storica sull educazione, partendo dal concetto di Bildung, mostrando, dal punto di vista pedagogico, come il concetto di formazione si è evoluto, a partire dal mondo classico 1. Nella tradizione greca l educazione era intesa, inizialmente, come formazione del cittadino della polis, successivamente però, furono proprio i Greci a parlare per la prima volta di Paideia, con cui la formazione diventò sinonimo di cultura. Un modello educativo basato sulla scissione dell istruzione finalizzata per un verso alla cura del corpo e al suo rafforzamento e, per un altro, alla socializzazione dell individuo nella polis, ossia all interiorizzazione di quei valori universali che costituivano l ethos della popolazione 2. In seguito furono i Sofisti a spostare lo studio della formazione dalla ricerca di un origine intellettuale, alla comprensione dell uomo e delle sue facoltà, mutò così il fine dell educazione, intesa come formazione dell uomo politico. Nel secolo della rivoluzione scientifica, Comenio intuì la necessità di un nuovo modello di educazione, affinché l educando sin dall inizio potesse avere le basi di tutto il sapere. Ecco che allora è grazie all opera di questo autore che l insegnamento diventò sinonimo di pansofia, intesa come sapienza universale, da realizzare tramite la pampedia, ossia un educazione universale 3. Ma solo dalla seconda metà del 700 con l avvento del nuovo umanesimo, si inizierà a parlare di formazione, come costruzione 1 Cfr. P. Mulè, Formazione, scuola, emergenze educative, Anicia, Roma 2001; E. Becchi, Il bambino sociale, Feltrinelli, Milano 1998, pp Cfr. ivi, pp Cfr. ivi, pp

4 armonica di tutte le forze fisiche e spirituali dell uomo, comprendenti la sua coscienza umana, culturale e spirituale. È, infatti, con l età umanistico-rinascimentale che si avvia la riflessione sul ruolo e sulla posizione che l uomo doveva avere nel mondo. Ne conseguì da parte di numerosi intellettuali l elaborazione di piani educativi, programmi e metodi di studio più idonei alla formazione del nuovo modello antropologico che andava delineandosi. In definitiva, con l Umanesimo il fine dell educazione diventò la formazione di un uomo completo, da cui trarre un arricchimento interiore. Trasla così la prospettiva educativa, che dalla formazione del religioso o del cavaliere, passa alla formazione dell uomo e della donna, in quanto persone. Ne consegue un cambiamento anche della metodologia, che non si basò più sulle penalità corporali, piuttosto sulla consapevolezza dell importanza del rapporto maestro-scolaro. Il progetto educativo più idoneo per la nuova società industriale che si era consolidata fu realizzato da Owen, che nella sua scuola di New Lanark previde un educazione collettiva della comunità, non solo per bambini ma anche per adulti 4. Dopo la Rivoluzione francese e la Rivoluzione industriale, nel secolo successivo, il Romanticismo fu a sua volta una rivoluzione, del ruolo della cultura e degli intellettuali che doveva essere ridefinito. Ebbe, infatti, come punto di riferimento il problema della formazione dell individuo, che diventa parte attiva della comunità. Ciò portò al superamento sia dell intellettualismo che dell utilitarismo illuministici, in quanto s ipotizzò la creazione di un rapporto pedagogico, in cui il ruolo centrale dovesse essere attribuito alle due grandi agenzie: famiglia e scuola. La cultura pedagogica del Novecento fu caratterizzata, invece, da una pluralità di sperimentazioni, l affermarsi di nuovi studi quali: la psicoanalisi, la sociologia e la psicologia diedero origine a nuovi metodi d indagine, spazi e modalità educative, prima del tutto inattesi. Il concetto di educazione fu influenzato dall avvicendarsi di una serie di cambiamenti volti alla tutela, alla difesa e al supporto dei diritti dell infanzia. Via via, proprio per effetto della consapevolezza della complessità dei problemi educativi e dell affermarsi di nuove discipline, cambiò il modo d intendere la pedagogia e sempre 4 Cfr. E. Becchi, Il bambino sociale, cit., pp

5 più si cominciò a parlare di scienze dell educazione come Dewey aveva precisato nelle Fonti di una scienza dell educazione del In quest ottica, s inserì l idea della formazione permanente, l educazione doveva essere un processo continuo, e fu a partire dalla fine del Settecento, grazie alle opere di pedagogisti ed educatori quali Rousseau, Pestalozzi, e Fröebel, che si sviluppò una nuova sensibilità verso l infanzia. Le nuove teorie avevano per oggetto-soggetto di studio il bambino e, dall idea di bambino concepito come piccolo adulto, si passò gradualmente ad una, invece, che lo valorizzò come persona che sin dalla nascita, ha un proprio modo di essere, di sentire, di vedere e di pensare. Fröebel, servendosi di un linguaggio botanico, definì il fanciullo come «un seme maturo caduto dalla pianta 6», le Agazzi, riprendendo un analogia simile, parleranno di «germe vitale che aspira al suo completo sviluppo» 7. Si potrebbe continuare esponendo le varie definizioni utilizzate in riferimento al bambino, ma ciò che in questa tesi si è voluti sottolineare, servendosi dei riferimenti di questi pedagogisti, è il passaggio da una concezione adultistica dell infanzia, intesa solo come un passaggio dovuto per il raggiungimento della maturità ad una, invece, che le attribuisce un ruolo importante per la crescita. Con l opera di Maria Montessori, rappresentante del movimento delle Scuole Nuove in Italia e ideatrice delle Case dei Bambini, si parlerà del bambino non più come di «cucciolo d uomo da allevare e da crescere». Il bambino diventa una persona con specifici e intangibili diritti alla vita. Sempre di più l infanzia viene vissuta come un periodo di creazione 8, uno step della vita durante la quale si avvia lo sviluppo. Durante l Illuminismo Locke aveva definito il bambino una tabula rasa 9, oggi, gli studi psicopedagogici parlano, invece, di «infante-competente», di un bambino che sin dalla nascita ha dei bisogni fisici, cognitivi e volitivi e che perciò deve essere educato all autonomia Cfr. E. Becchi, Storia dell educazione, La Nuova Italia, Firenze 1996, pp F. Fröebel, I giardini dell infanzia, Tevisini, Milano 1888, p R. C. Agazzi, Guida per le educatrici dell infanzia, La Scuola, Brescia 1961, p Cfr. ibidem. 9 Cfr. ivi, pp Cfr. ivi, p

6 Nel secondo capitolo si approfondisce, invece, la questione dell educazione infantile nella scuola. Attraverso un analisi storico-teoretica dei programmi scolastici che si sono susseguiti nel corso degli anni. La ricostruzione dei princìpi teorici dell educazione progressiva e dell attivismo americano degli anni 40 del Novecento hanno identificato analogie e diversità degli aspetti teorici poco esplorati, che hanno evidenziato alcune ambiguità sul concetto di Activity School e Progressive School negli Stati Uniti e sul deweysmo in Europa ed in Italia 11. Da questa ricostruzione, sono affiorate nuove prospettive culturali che hanno attenzionato non solo la teoria della pedagogia e, quindi, i suoi metodi, ma anche, la sua applicazione in ambienti educativi idonei. Nel dibattito pedagogico, uno sguardo alla storia della pedagogia, ha portato alla luce la distinzione di due concetti del processo educativo: educazione ed istruzione. L educazione come costruzione della personalità, attraverso il compimento di esperienze che ne favoriscono l autosviluppo, il processo educativo, che deve partire dall identità infantile per arrivare poi progressivamente alla organizzazione del sé e all apertura verso gli altri. L istruzione intesa, invece, come trasmissione di nuovi concetti e volta all acquisizione di nuove competenze e capacità, che possano plasmare l alunno 12. Il senso dell antinomia tra educazione e istruzione viene affidato alla pedagogia, la quale deve tener conto sia del ruolo dell educatore che di quello dell insegnante. Oggi sappiamo, però, che il ruolo della scuola non può più essere circoscritto alla mera trasmissione dei contenuti, la questione è, dunque, capire se la scuola ha davvero solo il compito d istruire, anche in considerazione di quanto sosteneva Gentile, secondo il quale la scuola è il luogo privilegiato in cui si manifesta il rapporto docente-discente, nel momento della lezione. Il dilemma che viene anche presentato in una opera di Riccardo Massa è, dunque: educare o istruire? La sfida dei pedagogisti diviene l individuazione di un modello educativo che sappia affrontare le esigenze formative che emergono dalla complessità e poliedricità della società. L analisi effettuata ha sottolineato come il passaggio della pedagogia alle scienze dell educazione, avviatosi 11 Cfr. ibidem. 12 Cfr. M. Baldacci, Personalizzazione o Individualizzazione?, Erikson, Gardolo 2006, pp

7 con il modello empiristico, ha inteso la pedagogia come sapere plurale e non già strutturato 13. Questa nuova concezione attribuita alla pedagogia, che diventa scienza dell educazione, risalta il ruolo che viene attribuito non più solo alla scuola, ma anche ad un nuovo soggetto: la famiglia. Ciò avvenne proprio, con i Programmi scolastici di Washburne, finalizzati alla scoperta delle capacità, delle inclinazioni e degli interessi degli allievi, che siano in grado di analizzare i bisogni dei fanciulli. Anche se nel 1968 venne istituita la scuola materna statale e nel 1969 vengono emanati gli Orientamenti per la scuola materna, è solo a partire dalla legge 820/71, che si compirà il vero cambiamento, in quanto si darà luogo alla scuola a tempo pieno 14. Tuttavia, l elemento riparatore del fallimento della pedagogia moderna, sono i Programmi Falcucci del 1985, che volti all unione dei contenuti dell insegnamento e degli obbiettivi formativi, favoriranno il rapporto tra educazione, istruzione e formazione. Ne conseguirà, una maggiore consapevolezza dei diritti del bambino nella scuola odierna. Diritti che oggi sono riconosciuti anche dalla Costituzione nel quadro dei diritti della persona e che vengono, più volte, ribaditi anche negli atti degli Organismi Internazionali. Nell attuale scuola dell infanzia l attenzione è rivolta, infatti, sia al bambino che all ambiente che lo circonda e alle relazioni che questo gli consente di instaurare. Ma perché l educazione sia costruttiva è fondamentale la cooperazione tra famiglia, scuola e altre realtà formative. Dalla riflessione sui tali modelli, è sorta, dunque, la necessità di umanizzare la scuola, ed allora ci si deve dirigere verso la personalizzazione degli insegnamenti. La scuola deve, dunque, evitare l omologazione culturale. Anzi è chiamata alla programmazione di percorsi educativi, in cui, l alunno deve essere il protagonista del proprio processo di crescita. Anche se già Dewey, Montessori, Decroly, Claparède e Freinet, e Kilpatrick e Parkhurst, avevano riflettuto sulla progettazione individualizzata, cercando di creare quella che è stata definita da Montessori, la «scuola su misura» 15, in Italia è solo nel 2003, con Bertagna, fautore della Riforma Moratti, che venne 13 Cfr. ivi, p Cfr. ibidem. 15 Cfr. F. Cambi, Il congegno del discorso pedagogico, Clueb, Bologna 1986, p.79. 6

8 puntualizzata la differenza tra individualizzazione e personalizzazione 16. Egli precisò, infatti, che parlare di percorsi formativi individualizzati è inesatto, in quanto la formazione pur essendo rivolta all individuo, non deve essere riferita a lui in maniera astratta, piuttosto l attenzione deve essere rivolta alla persona. Venne ipotizzato, dunque, non un ridimensionamento, ma piuttosto un rafforzamento della triade: insegnamento-apprendimento-individualizzazione.. Nell attuale società stiamo assistendo ad una moltiplicazione dei compiti e delle responsabilità che precedentemente erano affidate esclusivamente allo Stato, ma a cui, questo, da solo, non è più in grado di far fronte. È in questo senso che anche in Italia da qualche anno, ci si sta avviando verso l autonomia scolastica, che verrà analizzata alla luce di un analisi storica. Nel terzo capitolo si sviluppa, infine, il problema delle prospettive pedagogiche per un nuovo processo educativo nella scuola del XXI secolo, in cui viene attenzionato il ruolo dell assistente sociale nell attuale scuola dell infanzia. A questa figura professionale vengono affidate funzioni di aiuto e di controllo, le quali puntano non solo all attuazione di processi di cambiamento familiari al fine di responsabilizzare i genitori, ma anche alla riduzione, del disagio, attraverso un sostegno costante che viene offerto ai genitori 17. Un aspetto, non secondario, emerso da questa riflessione, è stato volto alla chiarificazione di due termini fondamentali inerenti il discorso dei modelli di formazione: asilo nido e scuola dell infanzia. Si è parlato di asilo nido come di un organismo educativo destinato ai bambini che rientrano nella fascia d età dai 3 mesi ai 3 anni. In realtà, il primo asilo d infanzia pur essendo stato istituito nel 1828 da Ferrante Aporti, essendo privato, non era accessibile a tutti. È solo con la legge 1044/71 18 che si comincerà ad intendere l asilo nido come un servizio sociale di interesse pubblico, pur rimanendo ancora meramente assistenzialistico. Solo recentemente si è parlato del nido come istituzione di carattere assistenziale ed educativo, che in qualche modo cerca di rispondere alle richieste della società odierna Cfr. ivi, pp Cfr. S. Bonaga, C. Bussolati, a cura di, Attualità e scuola, Malipiero Editore, Milano 1976, pp Cfr. F. Giuffrida, Ferrante Aporti e l educazione infantile in Italia, Vallardi, Roma 1928, p, Cfr. ivi, pp

9 L obiettivo finale resta comunque la crescita e la formazione del bambino, ma perché ciò avvenga, dato che tra i due servizi vi sono delle differenze, sono previsti dei sistemi progettuali idonei che le supportino a diversi livelli: didattico, formativoeducativo, ma anche istituzionale. In riferimento ai modelli di educazione infantili è stata rilevata, invece, un interconnessione tra tre sostantivi fondamentali nel processo di crescita del bambino: infanzia, gioco ed educazione. Si è voluto evidenziare, in particolare, come è importante attribuire il giusto significato al termine gioco. Solitamente crediamo che il gioco sia solo un momento di svago, di divertimento, ma con l aspetto educativo, conferitogli, tutto cambia. Il gioco ha una funzione educativa che consente lo sviluppo del bambino: è giocando, infatti, che il bambino impara a comprendere il mondo, a fare esperienza del rispetto delle regole, a governare le proprie emozioni. Dal gioco, ne consegue, un ampia e coinvolgente esperienza, e non solo in quanto, attiva il soggetto globalmente, ma in quanto consente al soggetto di imparare, naturalmente tramite la pratica. In questo ultimo capitolo, un altro rilevante aspetto è stato la considerazione di due termini utilizzati da Visalberghi: attività ludica e attività ludiforme. Mentre, la prima, presume che ci sia un coinvolgimento affettivo, cognitivo e psico-fisico, ed è una costante della vita del bambino, che proprio perché si rinnova, e non è fissa, è utile alla sua crescita affettiva, cognitiva e relazionale, tuttavia, è fine a se stessa. Nell attività ludiforme viene applicata, invece, una didattica che stimola i bambini all interesse, alla partecipazione, alla creatività, concedendogli anche la possibilità di risolvere i problemi insieme agli altri 20. Ovviamente la complessità degli argomenti trattati, ci induce a considerare questi modelli educativi alla luce delle prospettive pedagogiche dominanti e dell attuale legislazione scolastica. 20 Cfr. C. Clausse, Avviamento alle scienze dell educazione, La Nuova Italia, Firenze 1970, pp

10 CAPITOLO I DALLE ORIGINI AD OGGI. L EDUCAZIONE ALL INFANZIA 1.1. Analisi storica sull educazione La cultura dell educazione è uno dei temi centrali dell attuale dibattito pedagogico, la riflessione sui modelli educativi pone in evidenza come l educazione è stata considerata oggetto di analisi ora filosofiche, ora scientifiche, fino all adozione di una metodologia pedagogica specifica. Parlare di educazione oggi è un impresa particolarmente difficile, in quanto bisogna cercare di coniugare una serie di posizioni, di diritti e di doveri che appartengono allo sviluppo della persona, attraverso strumenti complessi e che in alcuni casi, sono potenzialmente contraddittori gli uni con gli altri 21. Per poter individuare la storia dell educazione è innanzitutto necessario partire da un sostantivo che rappresenta ciò di cui intendo parlare: la bildung. Da un punto di vista etimologico, questo termine deriva dal verbo tedesco «bilden», che viene tradotto con il verbo italiano formazione, e che ritrova la propria radice nel sostantivo «bild»: immagine 22. Con ciò s intende la formazione dell uomo, una formazione completa, che comprende sia la sua coscienza umana e culturale che spirituale; una formazione che consiste sia nel prendere forma, che nel delineare un modello in cui sono presenti valori legati alla sua multidimensionalità 23. Il termine Bildung assume il suo 21 Cfr. F. Cambi, Fondamenti teorici del processo formativo. Contributi per un interpretazione, Liguori, Napoli 1997, pp Cfr. M. Gennari, Storia della Bildung, La Scuola, Brescia 1995, pp Cfr. P. Mulè, Formazione, democrazia, nuova cittadinanza. Problemi e prospettive pedagogiche. Periferia, Cosenza 2010, pp

11 significato attuale solo a partire dalla seconda metà del 700 nel contesto di un nuovo umanesimo, vale a dire del progetto di una formazione armonica di tutte le forze fisiche e spirituali dell uomo 24. Nella tradizione filosofica greca al tempo dei Sofisti, di Socrate, Platone e Aristotele, l educazione era diretta alla formazione del cittadino della polis, e ciò determinava sicuramente una stretta interconnessione tra la definizione di uomo e quella di cittadino. Nel mondo greco, infatti, l uomo era portatore di una cultura che si manifestava nella sua libertà individuale, che poteva sviluppare solo all interno della polis. Questo profilo dell educazione, evidenziato dai greci, costituisce il fulcro di tutto il percorso, da Platone a Dewey, potremmo quindi affermare che è la cultura umana che permette all uomo di gestire ed organizzare ciò che apprende dall ambiente sociale e naturale in cui vive, ma questa cultura gli deve essere trasmessa, e ciò richiede specifiche forme quali: l istruzione e l educazione 25. Dopo aver precisato che l educazione è volta alla formazione globale della personalità dell individuo, mentre l istruzione è indirizzata alla trasmissione di nozioni e comportamenti, bisogna comprendere due aspetti fondamentali dell educazione: - che cosa l educazione deve valorizzare, rispettare ed esprimere; - quale rapporto deve esservi tra l educazione culturale (come trasmissione di valori acquisiti dalla società) e l educazione personale per la realizzazione di sé 26. Per avere un idea ben chiara dei suddetti aspetti bisogna ripercorrere parte della storia della pedagogia. Innanzitutto è necessario riconoscere che il mondo greco, in campo pedagogico, ha prodotto una grande rivoluzione rispetto alle precedenti civiltà. Basti pensare che, al contrario, di quanto era avvenuto in Egitto e Mesopotamia, all educazione dell aristocrazia guerriera fu sovrapposta e sostituita l educazione del cittadino. Furono i Greci ad individuare nel rapporto con la cultura l elemento indispensabile per l autoformazione dell individuo, cominciando a parlare per la prima 24 Cfr. P. Mulè, Formazione, scuola, emergenze educative, Anicia, Roma 2001, pp Cfr. ibidem. 26 Cfr. J. Bowen, Storia dell educazione occidentale, Mondadori, Milano 1979, pp

12 volta di Paideia, che rappresentava la stretta relazione fra educazione, filosofia e vita associata 27. La Paideia concepiva la formazione dell uomo in quanto uomo, cioè, era l espressione della trasmissione di modelli, consuetudini e valori di una determinata classe sociale 28. In questo senso, la figura non del semplice insegnante, ma dell educatore, si delineò per la prima volta proprio in Grecia 29. Il cambiamento avvenne quando vi fu la necessità di preparare i giovani ad affrontare la nuova vita di cittadini all interno della polis. Un grande contributo venne dato anche dai Sofisti, secondo i quali il fine dell educazione doveva essere la formazione dell uomo politico. L indagine filosofica si spostava così, dalla ricerca di un principio intellettuale, alla conoscenza dell uomo e delle sue facoltà, secondo la prospettiva per cui l uomo è misura di tutte le cose 30. I cardini dell educazione erano fondamentalmente due: la dialettica, intesa come l abilità di prevalere sul proprio interlocutore, e la retorica intesa invece come l arte del persuadere. Ma nella formazione sofistica erano comprese anche tutte le discipline che faranno parte, secoli dopo, delle Arti del Trivio e del Quadrivio: grammatica, dialettica, retorica, geometria, musica e astronomia 31. Grazie ai Sofisti si assistette ad una democratizzazione del sapere e della politica, essi furono anche i primi ad elaborare un idea di educazione umanistica nel senso che l educazione era rivolta all uomo in quanto tale. In tal senso, se in un primo tempo lo scopo dell educazione sofistica era di carattere politico, in un secondo momento apparì fine a se stessa 32. Socrate aveva in comune con i Sofisti l interesse per l uomo e la persuasione che la società e lo Stato non erano opere divine, l unica autorità che egli riconosceva era la ragione dell uomo 33. Egli parlava di virtù, non intesa come sapere, ma come connessione con la dimensione etica. Dunque, l effettiva moralità dell uomo, secondo Socrate, si trovava 27 Cfr. ivi, p Cfr. G. Brianese, Il Protagora di Platone e il problema filosofico dell educazione nel mondo greco, Paravia, Torino 1993, pp Cfr. ivi, p Cfr. ivi, p Cfr. Biografia degli Italiani illustri nelle scienze: lettere ed arti del secolo XVIII, vol. 2, Paravia, Torino 1990, pp Cfr. ivi, p Cfr. A.E. Taylor, Socrate, La Nuova Italia, Firenze 1952, p

13 nella sua razionalità, al suo interno e non nella vita sociale. Ma se l educazione era educazione alla virtù ed essa era ricerca filosofica, l educazione doveva essere, anzitutto, educazione alla filosofia. È da qui che nascerà la teorizzazione pedagogica come riflessione della filosofia 34. Parimenti, l insegnamento non consisteva nella trasmissione del sapere, ma nello stimolo che veniva offerto al discepolo, affinché egli, autonomamente dal fondo della propria coscienza, ricercasse in sé la verità. Protagora affermava: «Il mio insegnamento consiste nella facoltà di prendere decisioni riguardo alle questioni private, come per esempio si possa amministrare nel modo migliore la propria casa, e a quelle pubbliche, come essere cioè il più idoneo a parlare e a gestire gli affari della città» 35. Dunque, il maestro non era colui che sapeva e trasmetteva il sapere, ma colui che aiutava a saper fare, e più esattamente a saper fare nel contesto della comunità privata (la casa, l oikos) e pubblica (la polis). Il maestro doveva liberare il discepolo dall errore che gli impediva di scorgere la verità che era in lui; grazie ai suoi insegnamenti, conduceva l allievo alla scoperta autonoma della conoscenza 36. Per educare non occorrevano perciò più i lunghi discorsi dei Sofisti ai quali l allievo assisteva passivamente, ricevendo il sapere dal di fuori, ma discorsi brevi, fatti di tante domande, mirate a far scoprire al discepolo la verità che egli aveva già dentro di sé 37. Socrate rifiutava di essere un educatore, il suo interesse, infatti, non mirava a consolidare e a formare le personalità altrui, ma piuttosto a porre in esse l inquietudine, il dubbio, il senso del non sapere. Ecco che allora proprio con Socrate prese avvio lo sviluppo del valore individuale della persona. Successivamente, Platone riprese la concezione socratica del legame tra etica ed educazione, dando luogo ad un analisi critica delle modalità dell apprendimento e della gerarchia delle discipline. Egli fu il fondatore dell Accademia, la prima scuola filosofica, in cui il concetto di nuova educazione, da lui delineato, teneva conto della dimensione etico-politica della virtù Cfr. ivi, pp Cfr. S. Zeppi, Protagora e la filosofia del suo tempo, La Nuova Italia, Firenze 1961, p Cfr. ibidem. 37 Cfr. F. Cambi, Storia della pedagogia, Laterza, Bari 1995, pp Cfr. ivi, pp

14 Ma questa nuova educazione doveva collegarsi ad uno Stato ideale, che era diviso in tre classi (produttori, custodi-guerrieri, e custodi perfetti-reggitori) che si rifacevano alle tre tendenze dell animo umano 39. Il compito dell educazione era di consentire agli appartenenti ad ogni classe la realizzazione della propria virtù. Per raggiungere tale obiettivo occorreva però un tipo di educazione fortemente statalizzato, in cui al vertice dello Stato dovevano essere collocati coloro che sapevano raggiungere con la riflessione il Vero e il Bene 40. Per formare i filosofi e anche gli appartenenti ad altre classi occorreva, inoltre, un preciso curriculo di discipline, la cui successione poteva essere delineata in parte attraverso i vari gradi di conoscenza descritti nel mito della caverna 41. Per Platone il cammino conoscitivo era un cammino di graduale distacco dalle cose sensibili verso forme puramente razionali: le idee. Altra caratteristica del curriculo educativo, da lui proposta, era la presenza del gioco come caratteristica dell educazione prescolare (dai tre ai sei anni), durante questa fase il gioco aveva lo scopo di divertire, mentre durante l età scolare assolveva ad uno scopo educativo. Conoscere era, per Platone, ricordare, e quindi il compito dell educazione consisteva nel risvegliare quanto l anima già conosceva. Il metodo formativo, soprattutto per i filosofi, doveva essere essenzialmente dialogico, basato su un profondo rapporto affettivo fra maestro e discepolo e sulla convinzione che la lettura produceva solo falsa sapienza. Anche Aristotele affrontò il problema dell educazione nella dimensione della polis, tuttavia il rapporto tra questa ed il cittadino era basato più su di un esame delle reali condizioni della società, che non sull ideale platonico 42. La persona era unica nella sua integralità psicofisica e l educazione doveva sviluppare qualcosa che in essa era già presente. Il compito dell educazione, consisteva dunque, nell indirizzare l individuo 39 Cfr. J. Stenzel, Platone educatore, Feltrinelli, Milano 1979, p Cfr. ibidem. 41 Cfr. Platone, Repubblica, trad. it. di F. Gabrieli, Rizzoli, Milano 1991, pp Nel VII libro Platone narra il famoso mito della caverna, in cui esemplifica la gerarchia degli insegnamenti che dovranno essere forniti nel curriculo formativo. «Gli uomini senza educazione sono come prigionieri incatenati in una caverna, costretti a fissare la parete di fondo in cui scorrono le ombre prodotte da oggetti trasportati fra loro e un fuoco acceso nei pressi dell imbocco. Essi credono che quelle ombre siano la realtà: questa non è che immaginazione. Ma uno dei prigionieri potrebbe essere liberato e avviato all uscita della caverna, vedendo gli oggetti che danno origine alle ombre. Conquisterebbe così solo la credenza, che non è ancora conoscenza vera. Una volta fuori dalla caverna, potrebbe guardare le cose del mondo, prima attraverso i loro riflessi nell acqua, poi direttamente fino a giungere alla vista del Sole». 42 Cfr. G. Gentile, Il concetto scientifico della pedagogia, Franco Angeli, Milano 2004, p

15 sia verso i beni concernenti la volontà, che verso quelli riguardanti la ragione, ma soprattutto doveva essere un educazione liberale, incentrata cioè, sulle dimensioni del bene e del bello che competevano solo agli uomini liberi; allo Stato spettava, invece, l organizzazione di un educazione che permettesse all individuo di realizzarsi come buon cittadino 43. A questo riguardo, Aristotele indicava anche un curriculo di studi dove la famiglia era direttamente impegnata dalla responsabilità educativa dei propri figli, dalla nascita ai sette anni, mentre, in seguito, (7-14 anni circa) ero lo Stato ad occuparsene, attraverso l insegnamento di lettere, ginnastica, musica e disegno, ed in fine in un terzo momento successivo (14-21 anni) il giovane approfondiva nel Liceo quanto aveva imparato nella fase precedente 44. È nel periodo dell età ellenistica che l insegnamento privato, pur non scomparendo del tutto, lasciò il posto ad una formazione di tipo collettivo. Il modello dominante dell educazione era quello retorico e l educazione era intesa come formazione generale 45. La pedagogia cristiana, come riflessione sull educazione, nacque attraverso lo sviluppo di una filosofia cristiana, cioè in un sistema di principi organizzati che filtravano il messaggio evangelico e biblico con lo strumento delle filosofie greche. Inizialmente, questa cultura cristiana era diretta solo all interno della comunità dei credenti, solo successivamente si diffuse nella società, ed è grazie a questo percorso che è avvenuto il superamento dell intellettualismo. Ecco che occorreva essere puri e credere per poter conoscere. L educazione era prima di tutto educazione alla charitas, all amore per il prossimo come testimonianza dell amore di Dio; fu Agostino l uomo a cui si deve il merito di aver unito la filosofia antica con le tradizioni bibliche dei primi cristiani 46. Egli nel De Magistro, la sua opera più importante, immagina un dialogo con il proprio figlio sulla funzione e la possibilità di insegnamento del maestro umano, in riferimento al problema della comunicazione linguistica. Secondo Agostino, il maestro non poteva insegnare se non per mezzo delle parole, per cui, l insegnamento era 43 Cfr. ibidem. 44 Cfr. ivi, p Cfr. M.P. Nilsson, La scuola nell età ellenistica, La Nuova Italia, Firenze 1973, p Cfr. ivi, pp

16 possibile solo se l allievo sapeva già quello che gli comunicava il maestro, perché avrebbe potuto capirlo, se invece non lo sapeva, sarebbero state solo parole prive di significato. Ma l educazione era anche autoeducazione, nel senso che l individuo trovava la verità al proprio interno, in quanto la verità non era creata dall individuo, quanto piuttosto era donata dal Maestro interiore, Dio 47. L ottica del problema educativo era dunque questa. Agostino affermava infatti, che «L educazione doveva essere un processo di tipo dialettico attraverso cui l uomo penetrava nella propria coscienza e vi faceva luce, perché è in se stesso che avrebbe trovato la verità» 48. In un altra grande opera di Agostino, Le confessioni, viene invece evidenziata la critica all educazione tradizionale, la lettura pedagogica di quest opera può avvenire su due livelli: in primo luogo, come narrazione di una conversione con Dio, e ciò mostra le caratteristiche proprie dell autoeducazione spirituale, ed in secondo luogo, individua dei punti di riflessione sull educazione 49. Dobbiamo anche sottolineare che nella parte più autobiografica dell opera, Agostino ci ha lasciato un ritratto della sua esperienza scolastica, un esempio di incapacità pedagogica, dove ricordava come gli educatori fossero stati incapaci di comprendere le esigenze del bambino (usavano infatti la correzione violenta e rifiutavano il gioco come princìpio educativo), ma alla base di ciò vi era anche inutilità contenutistica, nel senso che era un educazione fondata su un curriculo di elementi a valori, ormai privi di senso 50. Secondo Agostino, perché un educazione potesse essere garantita e l insegnamento fosse efficace, si doveva trovare il modo di condurre tutti gli uomini ad aprire il loro animo alla luce. Pertanto, chi restava sempre in un universo fatto di parole e di segni; non sarebbe mai arrivato alla loro verità. Ecco che allora il metodo dialettico doveva essere sostituito e la mente dell uomo doveva essere preparata all accettazione di un esperienza diretta della verità, che non poteva avvenire né attraverso i segni, né poteva essere indotta dall esterno con il dialogo; era un esperienza che doveva essere vissuta interamente nella propria interiorità Cfr. L.R. Patanè, Il pensiero pedagogico di S. Agostino, Patron, Bologna 1967, pp Cfr. A. Agostino, De Magistro, a cura di D. Gentili, Città Nuova, Roma 1976, p Cfr. ibidem. 50 Cfr. A. Agostino, Le confessioni, a cura di C. Carena, Mondadori, Milano 1986, pp Cfr. H. I. Marrou, Storia dell educazione nell antichità, Studium, Roma 1950, pp

17 Nell età umanistico-rinascimentale la riflessione sul ruolo e sulla posizione che l uomo doveva avere nel mondo, stimolò numerosi intellettuali ad elaborare piani educativi, programmi e metodi di studio più idonei alla formazione del nuovo modello antropologico che andava delineandosi. L Umanesimo fu un periodo importante nella storia dell educazione, in quanto fu il movimento pedagogico che mirò alla formazione di un uomo nuovo, completo, le cui virtualità dovevano essere sviluppate armonicamente 52. L uomo nuovo era colui per il quale la conoscenza delle opere e degli autori classici non doveva essere un puro ornamento, ma anche e soprattutto un arricchimento interiore, un miglioramento etico. La sua cultura doveva essere ricca e varia ma non doveva essere fine a se tessa (nel senso che il suo fine doveva essere quello di aspirare alla perfezione, che poteva realizzarsi solo nell azione sociale). Il sapere valeva, dunque, in quanto era sociale e il suo fine era proprio la formazione del cittadino 53. L educazione doveva cultura doveva essere ricca e varia ma non doveva essere fine a se tessa in cui al vertice stava la filosofia come «doctrina che ministra i costumi e il vivere degli uomini virtuosi» 54. Si evince allora che, mentre la pedagogia medievale era fondata sull educazione religiosa, sulla rinuncia e sui valori della spiritualità, la pedagogia di questo periodo esaltava, invece, l educazione della persona, dei suoi valori, per lo sviluppo della sua autonomia. Cambia dunque la prospettiva dell educazione, giacché non mira più alla formazione del religioso o del cavaliere, ma ciò che acquista importanza è la formazione dell uomo e della donna. In questo tipo di educazione si dà rilievo alla disciplina, non più basata solo sulle punizioni corporali, ma sulla comprensione maestro-scolaro e sulla considerazione della personalità dell allievo, per adeguare ad essa il metodo di lavoro 55. Tra la molteplicità degli indirizzi educativi e la varietà delle proposte, i tratti comuni erano sostanzialmente tre: l importanza assegnata agli studia humanitatis: in cui lo studio delle lettere riportava ai valori eterni, mentre gli studi di carattere tecnico si richiamavano a 52 Cfr. ivi, pp Cfr. ivi, pp Cfr. E. Garin, Educazione umanistica in Italia, Laterza, Bari 1966, p Cfr. ibidem. 16

18 valori transitori, e in cui il contatto con il mondo classico era più intenso e approfondito, grazie anche ad una più ampia disponibilità di testi; la rivalutazione della fisicità: intesa come insieme armonico di bellezza, qualità morale e vigoria del corpo e dello spirito; l importanza attribuita alle qualità o virtù di chi deteneva il potere o era destinato a possederlo: il coraggio, la valenza, la competenza, l intelligenza, erano tutte virtù che si mettevano a confronto con la fortuna e cercavano di volgerla a favore del soggetto 56. Un ruolo importante nella storia della pedagogia, è stato attribuito anche ai Gesuiti. Tra i più noti, ricordiamo Ignazio di Loyola, che propose quello che venne definito come misticismo attivo, in quanto richiedeva un impegno concreto nella lotta contro il Male 57. I Gesuiti collaboreranno attivamente nella lotta contro l eresia attraverso una vastissima attività missionaria e un profondo impegno pedagogico e scolastico. Per Ignazio, lo scopo dell educazione era di aiutare le anime ad indirizzarsi al loro destino ultraterreno, i mezzi principali con cui raggiungere questo fine erano la cultura e il modo di esporla. La pedagogia gesuitica poteva essere pensata come una pedagogia di guerra 58, in cui la cultura era lo strumento adatto a favorire l obbedienza alla Fede. Come educatori della classe dirigente, i Gesuiti non si preoccupavano di un istruzione di base istituirono, infatti, appositi collegi in cui programmavano una precisa formazione volta ai giovani religiosi e, successivamente, anche ai laici appartenenti, prevalentemente, a classi sociali agiate, che dovevano essere le guide della società, nonché le classi dirigenti di molti Paesi europei, oltre a pensatori, quali Cartesio e Voltaire. L accademia si distingueva dalle altre scuole dell epoca proprio perché forniva un curriculum superiore 59. Il corso umanistico era suddiviso in corsi inferiori e corsi superiori, ed era formato, da cinque classi: tre di grammatica, una di Humanitas e la quinta di Retorica. Lo scopo 56 Cfr. ivi, pp Cfr. L. Volpicelli, Il pensiero pedagogico della Controriforma, Sansoni, Firenze 1960, p Cfr. ivi, p Cfr. G.P. Brizzi, La Ratio studiorum. Modelli culturali e pratiche educative dei gesuiti in Italia tra Cinque e Seicento, a cura di Bulzoni, Anicia, Roma 1981, pp

19 di questo corso inferiore era la formazione all eloquenza, e la cultura umanistica, incentrata sullo studio grammaticale del latino e su una certa padronanza e conoscenza dei precettori retorici. Affine era l obiettivo del corso filosofico, esso, della durata di tre anni, aveva una funzione propedeutica alla teologia, e qui, l insegnante di filosofia doveva attenersi al rispetto di rigide e precise regole 60. Quest ultimo doveva infatti doveva basare i contenuti sulla concezione aristotelicotomistica, doveva avere cura di citare le opinioni contrastanti con cautela e, comunque, non poteva concedervi troppo spazio. Il corso teologico, di quattro anni, che era indirizzato, infine, alla formazione dei religiosi, coloro che sarebbero poi diventati i futuri insegnanti dei collegi. La divisione del tempo e del lavoro in queste scuole prevedeva una oppressione dei tempi e degli spazi: preselezioni, ripetizioni e compiti, orari, voti, attività didattiche e di studio, sistematicamente e rigorosamente programmate e verificate, consentivano un controllo continuo degli apprendimenti. Risultavano così particolarmente visibili quelle caratteristiche che hanno fatto della scuola gesuitica, per certi versi, uno dei prototipi della tecnicizzazione dell insegnamento presente nella scuola contemporanea 61. Dal punto di vista direttivo, vi era inoltre un accurata divisione del lavoro: il Provinciale provvedeva ai collegi di una data provincia, il Rettore era il responsabile di un singolo collegio, e il Prefetto aveva il compito di attuare concretamente il controllo e la programmazione 62. Coerente con la formazione gesuitica della classe dirigente, la scuola era incentrata al possesso personale delle nozioni e sull emulazione, pertanto, anche se la memorizzazione e la ripetizione costituivano aspetti centrali della didattica, i Gesuiti favorivano anche varie attività di confronto fra gli studenti, in cui la capacità personale e l iniziativa diventavano fondamentali. Il trionfo e più in generale la positività dei risultati, venivano premiati con oggetti materiali (distintivi, medaglie, ecc.), le sconfitte venivano invece punite con i castighi, che prevedevano una lesività crescente: dal pensum (compito) come lavoro supplementare, ai voti negativi, alle pubbliche reprimende 63 (rimproveri pubblici), 60 Cfr. ivi, pp Cfr. ivi, pp Cfr. J. Bruner, La cultura dell educazione, Feltrinelli, Milano 2002, pp Cfr. ivi, p

20 all espulsione, fino ai castighi corporali con le battiture 64. Un discorso a parte meritava la didattica della lingua, incentrata sullo studio del latino e su un forte legame con la formazione intellettuale. Nei collegi venivano, infatti, incoraggiate la memorizzazione dei brani, e addirittura l imposizione di esercizi di versione e composizione, venivano inoltre richiesti riassunti o anche rifacimenti di libri e brani al fine di stimolare l autonomia espressiva; l alternanza tra scritti ed orali invece, serviva a garantire la padronanza delle diverse competenze 65. Il potere politico e la ricchezza della Compagnia di Gesù, uniti all altissima qualità culturale della loro formazione, durato per circa due secoli, iniziò a capovolgersi, verso la metà del Settecento, quando la maggioranza dei sovrani li vide come ostacoli al proprio assolutismo monarchico. L abolizione della Compagnia nel 1773 segnò anche la chiusura delle scuole, ma la restaurazione successiva all età napoleonica riporterà in auge i Gesuiti, così che la loro tradizione scolastica, è potuta giungere fino a noi 66. Il Seicento fu certamente un secolo denso di contraddizioni, caratterizzato da conflitti culturali, ideologici e politici. In campo scolastico emersero nuove esigenze e vecchi problemi, si sottolineava la mancanza di un sistema di scuole professionali, i ginnasi erano assolutamente inadeguati alla formazione tecnico-scientifica, inoltre continuava a sussistere il pregiudizio medievale verso le arti meccaniche e le conoscenze moderne come le scienze, la geografia e la storia 67. Solo le accademie nobiliari e principesche erano in grado di formare in maniera completa ed orientata alle necessità della vita adulta, ma questi erano accessibili solo, com era ovvio, per una ristretta élite. Anche le condizioni dell istruzione primaria erano gravanti, infatti, le scuole popolari annesse alle chiese insegnavano solo i rudimenti della lettura e della scrittura. A questa povertà materiale corrispondeva poi, anche la mancanza di organizzazione e metodo, che venivano totalmente affidati all arbitrio del maestro, che però non era preparato dal punto di vista pedagogico, e per di più utilizzava testi inadatti. Di fronte a queste esigenze, il problema pedagogico doveva 64 Cfr. ibidem. 65 Cfr. ivi, pp Cfr. L. Colaiacovo, M. De Santis, a cura di A.Rosati, Sull educazione. Analisi epistemologica e istruzione scolastica, Anicia, Roma 2007, pp Cfr. ibidem. 19

21 essere affrontato, ma soprattutto dovevano essere individuate delle riforme concrete del sistema dell istruzione 68. La figura centrale di quello che venne definito come il secolo pedagogico è senza dubbio Comenio, egli avendo ben chiare le finalità religiose e morali a cui l educazione doveva tendere, fu in grado di affrontare il problema della riforma degli studi. Grazie a lui il pensiero pedagogico raggiunse l integrazione, davvero umanistica, tra mezzi e fini, egli aveva avvertito l esigenza di elaborare un piano organico delle istituzioni scolastiche e della didattica. La ratio studiorum era individuata nella diffusione universale del sapere, definita pansofia, una trasformazione dell umanità in grado di assicurare una società fondata sulla pace, sulla bontà, sul timor di Dio e sulla fratellanza. Alla base di questa convinzione vi era certamente la certezza dell inizio di una nuova epoca 69. La scuola di Comenio, in realtà era ancora essenzialmente elitaria, incentrata sullo studio del latino, e frequentata da chi voleva diventare medico o aspirava a ricoprire incarichi speciali nella Chiesa e nello Stato. Ma nel progetto comeniano l educazione doveva essere cosa di tutti, secondo l autore: «insegnare era avvezzare tutti a vivere, senza che nessuno dimenticasse mai più la dignità e l eccellenza umana» 70. Dunque l educazione non doveva essere un privilegio riservato a poche élites, ma era un diritto di tutti, regnanti e sudditi, benestanti e indigenti, abitanti delle città e delle campagne, uomini e donne, persone dotate e meno dotate, in quanto tutti erano comunque creature di Dio. Ma questo compito doveva essere affidato a persone scelte apposta, notevoli per intelletto pratico e complessità morale 71. Comenio per rendere la scuola adatta al suo compito, propose un arte dell insegnamento definita come arte delle arti 72, valida per insegnare tutto e a tutti nel modo più breve e piacevole possibile, offrendo fondamenti di formazione scientifica, nonché retti sentimenti morali 68 Cfr. J. Milton, Trattato sull educazione, a cura di Trisciuzzi, La Nuova Italia, Firenze 1975, pp Cfr. ivi, p Cfr. C. Scarcella, Traduzione, (introduzione e cura di Amos Comenio), La via della luce, Editore Del Cerro, Pisa 1992, p Cfr. ibidem. 72 Cfr. G. Gentile, Sommario di pedagogia come scienza filosofica, Le lettere, Roma 2000, p

22 e religiosi. L insegnamento doveva tendere alla pansofia 73,come sapienza universale, che doveva realizzare una formazione intellettuale completa dell uomo, non doveva, quindi, essere limitata al rapporto fra la realtà (le cose), i pensieri e i linguaggi (i discorsi), ma doveva estendersi anche all universo della comprensione delle azioni 74. Ciò che contava per Comenio era dunque che gli uomini venissero formati a pensare con retta ragione, in modo da sfuggire a equivoci ed imprecisioni. Occorreva, dunque, una pampedia, un educazione universale, a tal fine erano necessari: l unità dell insegnamento (quella che oggi definiamo con interdisciplinarietà), la connessione tra le varie materie, in modo che una integrasse l altra, e la gradualità 75. Presupposto di ogni finalità educativa era una concezione dell uomo e del suo destino, l opera dell insegnante doveva dunque tendere, per dirlo con le parole di Comenio: «a realizzare tutta la sublimità insita nell essere umano, per consentire l eterna beatitudine dell unione dell uomo con Dio» 76. Questo compito fu poi chiarito nel riconoscimento delle tre finalità per le quali, secondo l autore, Dio colloca l uomo sulla terra: affinché sia creatura razionale, dunque, capace di imparare a conoscere tutte le cose e le loro ragioni (istruzione); per il dominio di se stesso e delle altre creature (virtù); per rappresentare la perfezione del suo creatore, riconoscendo in Dio la fonte di tutte le cose ed il loro fine (religione) 77. Queste tre proprietà avrebbero conferito l eccellenza all uomo ed erano lo scopo dell educazione, mentre tutte le altre finalità (bellezza, longevità, e potenza) erano solo accessorie o, addirittura, inutili. Le scuole servivano, in quanto la virtù e la religione, dovevano essere acquisite imparando, operando e pregando, poiché la natura forniva 73 Cfr. R. Resta, Comenio e la scuola della democrazia, a cura di G. e C. Resta, Marzorati, Bari 1946, pp Cfr. ivi, pp Cfr. ibidem. 76 Cfr. ivi, p Cfr. ivi, pp

23 solo i semi del sapere, dell onestà e della religiosità, ma non il sapere 78. Secondo l autore l educazione doveva essere collettiva e non individuale, in quanto era molto più utile istruire i giovani tutti insieme, perché il frutto e il piacere del lavoro erano maggiori quando gli allievi avrebbero potuto aver esempio ed incitamento gli uni dagli altri. Queste scuole erano aperte a tutti, anche alle donne, anche loro dovevano ricevere l educazione, in quanto anch esse creature di Dio, dotate di una mente sveglia e capace di sapienza 79. La scuola era suddivisa in quattro gradi corrispondenti alle prime quattro fasi dello sviluppo: infanzia, puerizia, adolescenza e giovinezza. All infanzia corrispondeva la scuola materna, alla puerizia l istituto letterario (cioè la scuola di lingua nazionale), all adolescenza la scuola di latino o ginnasio, ed in fine, alla giovinezza l accademia 80. Nel secolo della rivoluzione scientifica, Comenio aveva intuito la necessità di fondare l educazione su un metodo efficace, in maniera tale che il giovane fin dall inizio potesse avere le basi di tutto il sapere, in maniera tale che non incontrasse mai, qualcosa che non conosceva e su cui non avrebbe potuto dunque esprimere un giudizio. Il metodo era giustificato dal raggiungimento di tre obiettivi: l universalità (tutto a tutti), la spontaneità (seguire il corso della natura) e la semplicità (partire dai sensi) 81. Nella prospettiva di un sapere unitario, efficace, ed in grado di formare la persona nella società, il curriculum degli studi doveva essere qualificato da sei caratteristiche: «Semplicità: nel senso che l educazione doveva essere conseguita tenendo conto dei tempi naturali e dello sviluppo mentale dell educando; Comenio diceva «natura non facit saltus», cioè la natura non procede per salti; pertanto occorreva avanzare con gradualità, passo dopo passo. Gli argomenti proposti dovevano essere presentati in modo semplice e piacevole per tutti 82. Non era necessario appesantire l alunno con un numero smisurato di nozioni da 78 Cfr. ivi, pp Cfr. ivi, p Cfr. E. Becchi, Storia dell infanzia. Dall antichità al seicento, Laterza, Bari 1996, pp Cfr. ivi, p Cfr. ivi, pp

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