La cucina del Mirasole

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1 La cucina del Mirasole Se non sono mancati i riconoscimenti dalle maggiori guide gastronomiche, in testa Espresso e Gambero Rosso, che l anno incoronata migliore trattoria d Italia, la definitiva consacrazione del Mirasole, formidabile giacimento di mestiere e materie prime, è giunta soprattutto in virtù di un irreversibile tam tam. Una meta obbligata e sospirata, dove prima o poi bisogna venire, e tornare, con ambienti caldi e raccolti, il camino, mobili antichi e oggetti d epoca, resi ora ancora più confortevoli da un ulteriore saletta, e da alcune camere al piano superiore, mentre all esterno, nel periodo estivo, c è un fresco dehor. Un locale nato nel 1989 dalla passione del ventitreenne Franco Cimini, inseguendo il sogno di un locale tutto suo, che potesse esprimere la sua cucina, attingendo ai piatti della memoria. Fra le materie prime, c è l imbarazzo della scelta, tutto il meglio dell azienda agricola Caretti, che è la famiglia di Anna, dalla panna di affioramento, alle carni selezionate, al Parmigiano. E per chi non ha voglia di territorio, fin dai primi tempi, ci sono le latte di acciughe del Cantabrico, da 10 kg. sotto sale, che non hanno nulla a che vedere con le diliscate sottolio che si trovano abitualmente; stessa cosa per lo Stoccafisso Terragno lasciato a bagno tre giorni prima; i calamaretti Fischioni dalla Romagna; le verdure di stagione, l asparago selvatico, il bruscandolo. Negli ultimi dieci anni si è affiancata la moglie Anna nella gestione e la sua figura è preziosa in sala nel fare gli onori di casa, e predisporre

2 l ospite a quello che sarà. Sedersi è un autentica esperienza gastronomica attraverso la riscoperta dei piatti simbolo della cucina tipica emiliana, (i genitori di Franco si trasferirono a San Giovanni quando lui aveva 5 anni), e abruzzese, prima patria dell oste e patron. L inizio non può prescindere dai salumi, mortadella, coppa di testa, salame casalingo in primis, per poi lasciare posto ai tortellini con panna di affioramento e alle tagliatelle al ragù di cortile, che rappresentano due picchi assoluti del locale, e precedono il sontuoso capitolo dei secondi, dove il braciere la fa da padrone, insieme all universo frattaglie, entrambe trattati con mestiere, in uno scenario di godimento assoluto per gli amanti del genere. Ma cosa significa l Osteria del Mirasole, per Franco Cimini: Trent anni fa quando ho aperto, si metteva in discussione la cucina, imperava la nouvelle cuisine, e si affacciavano nuove forme di espressione, fu fondamentale collocarmi nel contesto nel quale ero, e cioè in campagna, tenendo i piedi nella tradizione, pur dedicandomi a un attenta ricerca della materia del territorio. Oggi va molto di moda, ma per me è stato un passaggio essenziale di cui sono fiero, e ne rivendico un po la paternità. E stata la mia linea fin da allora, certo non ero il solo, ma ero fra quelli che avevano scelto di incentrare il proprio percorso sulla tradizione. Le lunghe cotture erano ormai fuori tempo, e molti dei piatti che si preparavano dovevano essere alleggeriti, e così facemmo con un piatto che forse meglio di tutti rappresenta questo pensiero, le tagliatelle fatte in casa con il nostro ragù di cortile, che è sontuoso ma leggero. Una cucina che è contaminazione, la brace non fa parte della tradizione emiliana ma è stata integrata dai dogmi abruzzesi in una cucina antica e nuova, dove dispongo di tutto ciò che c è di moderno, dal roner al sottovuoto, alle cotture brevi, pur restando nella più ferrea tradizione. Ma come è iniziato tutto: Prima di aprire il Mirasole, ero stato dai 14 ai 20 anni dipendente, sei anni a Venezia, all Hotel Danieli, al Gritti, al Cipriani, nella grande hotellerie internazionale, durante un periodo di

3 formazione che mi lascò un bagaglio di importanti nozioni a cui ancora attingo pur essendo in un contesto così diverso. Poi andai un anno a lavorare Ai Notai a Bologna, da Nino Castorina, per aprire finalmente all età di 23 anni, il Mirasole. Luca Bonacini ANTICA OSTERIA DEL MIRASOLE Via Giacomo Matteotti 17 San Giovanni in Persiceto (Bo) Tel Antica Trattoria del Gallo, cucina di grande rispetto Aveva avuto una proposta di lavoro per Los Angeles. La madre con fermezza gli aveva detto No! Tu vai lì!. Alla Trattoria del Gallo Paolo andava sempre con la famiglia di domenica. Ci aveva anche festeggiato la comunione. Lo ricorda ancora come se fosse ieri: ho pianto, di notte, per quattro mesi questa mancata opportunità e intanto mi sono pian piano affezionato a questa famiglia che ho capito avere qualcosa di geniale. E più

4 avanti ci ha pensato la vita a farmi capire che tutto torna. Un anno lì poi l esperienza in Svizzera dove stava coltivando il progetto di una pasticceria, ma arriva la seconda chiamata per Paolo Reina : la signora Gerli, ormai anziana, che decide di cedere l attività e dice la proponiamo a Paolo. Era l inizio degli anni 90 e, a differenza di qualche anno prima, Paolo poteva scegliere. E ha scelto. Pochi mesi dopo la signora è venuta a mancare. I Gerli sono gli storici fondatori della Trattoria del Gallo di Gaggiano -che ha 150 anni di vita- da sempre amata dai milanesi ma non solo, per il suo offrire autentici momenti di svago alle porte di Milano. Il successo della trattoria si basava su pochi piatti : affettato, cotechino, ravioli di vitello, pollo e patate fritte tagliate a fette sottili tutto fatto ad arte, però. Oggi il menù dell Antica trattoria del Gallo è più ricco di proposte con predilezione per semplicità e gusto, e i piatti storici non solo vengono riproposti ma addirittura caldeggiati nel menù. Preservare e mettere in risalto perché più andiamo avanti e più torniamo indietro per alcuni aspetti, riflette

5 Paolo, con un senso di grande rispetto per un passato che sente vibrare nelle sue corde: Per i ravioli di vitello, ad esempio,- ci spiega- la pasta di una particolare consistenza è fatta con una macchina di 70 anni fa e il pieno è ricavato da un arrosto di vitello profumato con spezie ed erbe peculiarità da cui non ci discostiamo. In tanti anni di attività di aneddoti ce ne sono molti da raccontare, soprattutto se si ha la dote di saper attribuire valore alle cose. Nel 2000 racconta Paolo- arriva all osteria un peruviano: Moises, Mosè, questo è il suo nome, dice di aver bisogno di lavorare e si offre come lavapiatti. Stavamo lavorando tanto in quel periodo- ricorda Paolo-. Per un paio di settimane lo chiamo il sabato e alla domenica, poi gli propongo di iniziare a venire ogni mattina per cominciare a capire come inserirlo. Un giorno arriva e vede che stiamo facendo il pane. Posso provare?, chiede. E aggiunge Posso impastare io il pane?. Impasta con sicurezza e inizia a formare palline tutte uguali, anche nel peso ricorda Paolo- le tira e ne ricava

6 delle piccole trecce. Cotte e assaggiate ci lasciano di stucco. Moises ci spiega che ha imparato dal padre che faceva il panettiere. Sono passati 17 anni e quel pane fatto da Moises non manca mai, fresco di cottura ad ogni servizio. Prosegue Paolo: un must del nostro locale è il pollo alla diavola, una faticaccia cucinarlo secondo la nostra ricetta, per via di una speciale cottura messa a punto che rende il pollo incredibilmente croccante e gustoso. Anche qui Moises ha avanzato un se volete provo ; ebbene, io non ho mai visto nessuno che faccia il pollo così. A volte penso che quest uomo dovrei clonarlo. È bello sentire un capo dilungarsi a raccontare dei propri collaboratori, anziché concentrarsi su se stesso, come in molti casi viene da fare. Della sua creatura dice: voglio talmente bene a questa trattoria che, nonostante sia qui da 27 anni, non mi sento il proprietario ma il conduttore, mi prendo cura di lei come se fosse una macchina d epoca: se veramente ami l oggetto ne porti avanti l esistenza. Lo completa Laura, la compagna di vita e di lavoro, che con lievità e delicatezza fa la sua parte nell accoglienza: Ogni servizio è sempre diverso, l aria che si respira non è mai uguale fa notare. La domenica sera (giorno in cui a Milano sono chiusi molti locali), e alcune serate come giovedì o venerdì, sono particolarmente belle, perché piene di appassionati. Venti persone accendono il motore dell Antica Osteria del Gallo ogni giorno. E tutti le vogliono un po bene, si capisce a guardarli fare. Non si può non parlare di due coccole che la trattoria riserva ai propri clienti: la possibilità di portarsi a casa i prodotti che mangiano nel locale all ingresso un graziosissimo spazio è adibito a Bottega del Gallo- e una

7 carta di vini da soddisfare i più esigenti. Una cantina di rarità a cui, quando lo sente, Paolo mette mano per stappare, e quindi privarsi, di qualche bottiglia preziosa. Ogni bottiglia di questo genere ha il suo momento, e proprio ieri sera era quel momento. dice afferrando una certa bottiglia Ne avevo due e ho ritenuto di stapparne una al cliente. Una sorta di rapporto umano col vino. Chi coltiva questa passione sa cosa significhi. Siate il meglio di qualunque cosa siate ; questa citazione di M.L. King) la parafrasiamo in fate al meglio qualunque cosa facciate, in modo che non risulti la più buona in assoluto, ma la migliore rispetto alle vostre possibilità, se non altro unica. Ci sono centrifugati di vita prima che di lavoroben più vitaminici e di quegli studiati mix di frutta e verdura oggi tanto in voga. E qui ne abbiamo un esempio. Simona Vitali Antica Trattoria del Gallo Via Privata Gerli, Vigano Certosino Gaggiano (MI) Tel

8 Una Cotoletteria all ombra delle Due Torri Non manca senz altro il buon umore nel nuovo locale aperto nel giugno del 2016 dai due comici Malandrino e Veronica, i quali oltre alla carriera che li ha resi noti al grande pubblico, hanno deciso di dare vita a un progetto a lungo tenuto nel cassetto, cimentandosi questa volta nel campo della ristorazione con una nuova apertura nel centro di Bologna. Un singolare street-food che soddisfa in tutto e per tutto gli amanti della cotoletta, preparata a regola d arte in una decina di varianti, che è diventato in breve tempo un crocevia di artisti e gente di spettacolo, grazie alla simpatia e alle conoscenze dei tre soci: Roberto Malandrino, Paolo Maria Veronica e Francesco Tassone. E nato tutto da un guizzo del mio socio in arte racconta Malandrino un vero maniaco della cotoletta, che da sempre la cucina in casa, ed era certo che una cotoletteria potesse funzionare. Finalmente abbiamo trovato il locale, che in origine ospitava una rosticceria cinese, proprio di fronte a casa sua, abbiamo scelto un cuoco bolognese, e dopo tanta sperimentazione assaggiando decine e decine di cotolette diverse, siamo partiti. Un piccolo locale di sessanta metri quadri sotto i portici, non lontano da Strada Maggiore, dedicato alla cotoletta, con ricette che si rifanno alla tradizione regionale della Penisola, attingendo senza rivisitazioni di sorta, a un autentica cucina di soddisfazione. Leggendo la pratica lavagna, che racconta tutte le golose proposte di Coto&Co, scopriamo che la proposta è ampia e variegata, e si può scegliere non solo la classica milanese, a base di nodino di vitello e osso, ma optare per la Bolognese (o Petroniana), che decisamente è la più richiesta, preparata con carne di maiale, Parmigiano e prosciutto; la Palermitana, che prevede impanatura, acciughe, capperi, aglio; la

9 Valdostana, con Fontina e prosciutto cotto; la cotoletta di vitello, ma anche di vitellone, o maiale, con o senza osso, ma non solo, per gli amanti del genere, è prevista anche una gustosa cotoletta vegetariana, preparata con una grossa fetta di melanzana, impanata e fritta. Inoltre, per soddisfare gli esigenti palati autoctoni, dalla cucina escono lasagne, tagliatelle al ragù, verdure al forno gratinate, trippa alla parmigiana, grigliate di carne, insalatoni. Una bottega gastronomica davvero innovativa che parla idioma petroniano, ma non solo, attingendo alla tradizione italiana della cucina di casa, dove le proposte del ricco e opulento menu, possono essere consumate in loco, da asporto, oppure consegnate a domicilio. Tra le novità in sperimentazione la cotoletta in carpione, (marinata nella cipolla), una ricetta sopraffina che risale alla secolare cucina piemontese. Luca Bonacini COTO&CO Via Fondazza 21 A, Bologna Tel Aperto dal lunedì al sabato, dalle 11,30 alle 22,30 Chiuso domenica

10 Le stelle della Guida Michelin Gli ispettori Michelin operano in modo anonimo seguendo una consolidata metodologia in tutto il mondo e pagano il conto al ristorante, valutando esclusivamente la qualità della cucina in base a cinque criteri definiti da Michelin: qualità dei prodotti, gusto e abilità nella preparazione dei piatti e nella combinazione dei sapori, cucina rivelatrice della personalità dello chef, rapporto qualità/prezzo e continuità nel tempo e nel menu. Questi criteri sono rispettati dagli ispettori Michelin in Italia, come in Giappone o in Cina e negli Stati Uniti. La qualità di un ristorante tre stelle è la stessa a Firenze e a New York, così come dev essere equiparabile la qualità di un ristorante una stella a Napoli e a Londra. Ogni tanto fa bene ricordare questi criteri e Michelin Italia li ha ribaditi in occasione della presentazione del progetto editoriale realizzato in partnership con il Consorzio del Brunello di Montalcino: Le stelle della Guida Michelin, che comprende tutti i 342 ristoranti stellati della Guida Michelin Italia, immediatamente localizzabili nella mappa d Italia delle tavole stellate. La guida è stata creata appositamente per celebrare i 50 anni del Consorzio e nelle prime pagine si trovano descrizioni dettagliate del Consorzio del Brunello di Montalcino, delle denominazioni e delle norme disciplinari, della valutazione qualitativa delle annate e di Montalcino stessa, con il suo

11 patrimonio inestimabile nato dal territorio, dal suolo e dal clima. Sia il Consorzio del Brunello di Montalcino sia Michelin condividono la stessa passione e lo stesso savoir-faire, presupposti che garantiscono il miglior vino per l una e la migliore selezione culinaria per l altra. I nostri ispettori applicano rigorosamente un unico metodo di giudizio in ogni paese, il Consorzio garantisce la tracciabilita di tutti i vini a denominazione di origine di Montalcino. Da questo connubio ideale di ottima cucina e buon bere nasce la Guida «I migliori ristoranti d Italia Le stelle della Guida Michelin», che illustra tutti i ristoranti stellati italiani, con i nomi degli chef, la descrizione delle specialita, le foto degli chef dei ristoranti tre stelle e dei piatti spiega Marco Do, direttore comunicazione Michelin Italia. Mentre Patrizio Cencioni, presidente Consorzio del Vino Brunello di Montalcino, rilancia: La collaborazione tra il Consorzio del Vino Brunello di Montalcino e Michelin nasce da una visione comune che è fondata sulla continua ricerca dell eccellenza e della qualita e ci offre l opportunita di consolidare la visibilita e l importanza del Brunello nel mondo. La guida di 248 pagine si trova in libreria al costo di 12,90

12 euro. L intervista con Luca Marchini, presidente JRE Italia Da pochi mesi presidente di JRE Italia, l associazione dei Jeunes Restaurateur d Europe, che si affianca alla consolidata esperienza di presidente del consorzio di ristoratori Modena a tavola, di consigliere di CheftoChef emiliaromagnacuochi e di autorevole componente dell associazione Le Soste. Già questo basta per testimoniare come il valore della condivisione di idee ed esperienze per Luca Marchini, chef patron dell Erba del Re di Modena, sia un aspetto fondamentale della sua idea di ristorazione. Non è nato cuoco Luca Marchini, ci è arrivato mosso davvero da una passione totalizzante che lo ha portato ad aprire il proprio ristorante nel 2003, a Modena, con un nome L Erba del Re che richiama una delle erbe più diffuse del Mediterraneo, anche in questo caso luogo di condivisioni e contaminazioni. Cominciamo da qui, dall approccio iniziale di Luca Marchini al mestiere di cuoco e ristoratore; è stata più la passione o la

13 visione imprenditoriale che ti ha spinto ad intraprendere questo percorso? Fin dall inizio sono andate avanti di pari passo. Quando, dopo aver coltivato costantemente la passione per la cucina, mi sono trovato davanti al bivio tra una vita da commercialista (quelli erano i miei studi) e quella di cuoco ho scelto quest ultima e mi sono detto: questo è il mio vero lavoro. La condizione essenziale, doverosa, era quella di avere un mio locale! Diventare ristoratore. Perché ti sei posto, da subito, questa condizione? Perché ho avuto la possibilità di vivere, nel primo grande ristorante in cui ho lavorato nel periodo limbico, il

14 passaggio dall amatorialità della cucina alla crescita professionale, pur con lacune importanti di cui avevo consapevolezza, che mi ha spinto a fare il passo successivo. Se vuoi con un po di incoscienza, contrariamente a quelle che sono le mie abitudini, ma solo così ho potuto fare quella scelta. Con la volontà di essere autore e imprenditore di me stesso. Solo dopo, solo con l esperienza ho capito che riesci ad avere la libertà totale di gestire te stesso e chi lavora per te. Perché, quando sei neofita, non c è nulla che tu possa fare con una totale libertà di pensiero e ti trovi costretto ad una serie di cliché generali da cui esci nel momento in cui hai formato una personalità. Quando hai deciso hai probabilmente cominciato ad immaginare il tuo locale, poi hai cominciato a pensare a come scegliere le persone, a quale tipo di cucina: come è avvenuto questo percorso? Non certo per casualità, ma con un pizzico di incoscienza si. Lo dico sempre ai miei ragazzi: le luci di questa ribalta ti adombrano e, a volte ti impediscono di vedere i veri aspetti di questo mestiere. Per cui incoscienza, un solo pizzico; il resto va costruito a piccoli tasselli che devono essere consolidati, senza bruciare le tappe. Dando per scontato che il successo di un locale non lo fanno solo le guide ma i clienti, come ti rapporti con loro. Come riesci a capirne i bisogni, le aspettative? È molto complesso capire un cliente. In sala ho la fortuna di avere un direttore che ha una grande sensibilità e riesce a percepire fin dall inizio chi ha di fronte, a cogliere quei piccoli dettagli che lo portano a suggerire, ad esempio, quelle piccole variazioni (ad esempio nel menu degustazione) che riescano a soddisfare le aspettative. Non è comunque un facile esercizio.

15 Incide anche il fatto che, in Italia, non c è ancora quella capacità di comprendere una cucina d autore? Forse fino a qualche anno fa era così. Oggi il cliente è molto cresciuto, ci sono alcune persone che hanno grande conoscenza e da loro, a volte con un semplice consiglio spiegato, deriva anche lo stimolo a migliorare quel piatto. Lo dico sempre anche ai miei ragazzi: non esiste il piatto perfetto e, proprio per questo, lo si può sempre migliorare. Partendo da quest ultima affermazione, come gestisci il rapporto con il tuo staff di cucina? Ti faccio una confidenza; dando per acquisito che, nella versione definitiva, tutti i piatti portano la mia firma, il processo di creazione vede circa la metà delle ricette nascere dall obbligo che hanno i miei ragazzi a pensare, ad esprimersi. Chiedo a loro: mi porti un piatto, tra una settimana, venti giorni. Lo assaggiamo insieme, suggeriamo le modifiche, l aggiungere o il togliere. Per me è fondamentale essere stimolato da chi lavora con me. Capita anche che ci siano persone che arrivano, ma che non hanno la predisposizione a questo mestiere; a questi chiedo di portarmi

16 un piatto, subito dicono di si, che problema c è, ma nella stragrande maggioranza dei casi quel piatto non lo portano. Restiamo su questo tema: le trasmissioni televisive, oltre a far apparire facile un mestiere che non lo è per niente, hanno portato alla luce il grido Si, chef!. Accade davvero così nelle cucine? La prima considerazione è che oggi ci sono molti, troppi operai di cucina che pensano sia, appunto, semplice fare questo lavoro; sono quelli che non portano il piatto che gli chiedi per capire le loro potenzialità. Per quanto riguarda la gerarchia, ci sono momenti in cui è d obbligo come quando ti trovi nel cuore del servizio, soprattutto quando è impegnativo se non c è qualcuno che comanda quel servizio lo sbagli sicuramente. Mai, però, fare della gerarchia la regola nei momenti di distensione: in quel caso è fondamentale l empatia, entrare in cucina con un sorriso, un buongiorno, una battuta. In questi ultimi mesi hai fatto scelte importanti: l apertura della trattoria Pomposa, a pochi passi da qui; la gestione del ristorante Pavarotti International a Milano, oltre agli incarichi associativi. Come riesci a gestire tutto questo?

17 Mi riallaccio ai momenti di distensione o di gestione del servizio. Oggi io non sono alle padelle, io giro con il cucchiaio, nel senso metaforico del termine. Se oggi posso permettermi di allargare orizzonti, impegni e attività è perché sono riuscito a creare quel clima tra le persone che lavorano con me. Unito ad un grande senso di responsabilità che ognuno di loro sa di avere, e questo diventa un valore che mi permette di guardare dall alto, capire e gestire le diverse realtà. Oltre ai ristoranti hai dato vita, già da qualche anno, anche ad una scuola di cucina Prima della scuola c è stata l attività di catering che mi ha insegnato ad imparare gli aspetti logistici e le economie di scala di questo mestiere. Amaltea, la scuola aperta a lato del ristorante, mi ha dato tanto e stare a contatto con le persone, cercare di capire come comunicare a loro le mie ricette, la mia conoscenza, mi ha obbligato ad imparare ancora di più. Aprire la scuola è tuttora un volano di comunicazione che riporta le persone al ristorante; oggi l evoluzione della

18 scuola è verso i team-building con le aziende e con lo cheftable, entrambi molto richiesti. Se dovessi evidenziare le differenze tra i tuoi locali, dando per scontate le diverse tipologie di cucina, quali potrebbero essere? L importanza del luogo. A Milano, sembra un paradosso ma non lo è, ho fatto fatica a reperire i prodotti fondamentali per la cucina modenese che propone il Pavarotti; in centro a Milano arriva tutto, ma non quel particolare Parmigiano Reggiano che mi carico io in auto. A Modena è un attimo avere tutto l indispensabile. Lo stesso piatto a Modena è buonissimo, a Milano si è buono. Ecco l importanza del luogo, ma anche nei dettagli. All Erba del Re i più grandi investimenti li ho sempre fatti in sala, nella cura dei dettagli che mettono il cliente al centro di tutto, a cominciare dal momento in cui varca la soglia del ristorante. Ristorante L Erba del Re Rinnovi la sala e fai un investimento, ma quanto investi sul personale di sala?

19 Tanto. Dal punto di vista umano un investimento enorme. Dal punto di vista temporale ancora di più perché è molto difficile trovare oggi persone capaci, in possesso di quella cultura generale enorme che marca la differenza. Ci vuole la capacità di un dialogo che obbliga ad avere cultura, molto di più rispetto alla cucina. Arriviamo al tuo ultimo impegno, in ordine di tempo, della presidenza di JRE Italia. Cosa ti spinge all associazionismo? Escludendo a priori il fatto che possa portare del beneficio in termini di interesse personale che, per come ti conosco, è l ultimo dei tuoi obiettivi. Io credo in un concetto di associazionismo se c è un obiettivo comune, che può essere diverso da associazione ad associazione ma tutti riconducono ad un medesimo concetto: più cuochi possono incontrarsi per condividere qualcosa, ma questo funziona nel momento in cui non ti devi aspettare solo di ricevere, devi dare altrimenti non funzionerà mai. E se dai qualcosa di più, un pochino di più e ancora di più diventi presidente.

20 Luca Marchini e Martino Crespi Si chiude con questa battuta il dialogo con Luca Marchini che, in quanto a dare, non si esime certo; ne sono un esempio i tanti ragazzi che sono passati da qui per formarsi e ora sono in giro per il mondo oppure vincono riconoscimenti come Claudio Catino, miglior sous-chef 2017 per Identità Golose; o ancora restano, da anni, al fianco di Luca Marchini, per quel senso di responsabilità che ora vivono nella gestione di una sala o di una cucina, come Pietro Gisondi, sous-chef, e Luca Montecalvo, responsabile di sala. Luigi Franchi

21 Nangalarruni, dove l ospite si sente a casa Il più bel complimento che ricevo è quando il cliente mi dice che qui si sente come a casa, per la complicità che si instaura con noi e spesso anche per il dialogo che scaturisce coi vicini di tavolo. Così Beppe Carollo descrive l effettiva natura di trattoria, più che di ristorante, di Nangalarruni che ha plasmato personalmente da trent anni a questa parte, in quel di Castelbuono (PA), dedicandosi tanto alla meticolosa ricerca dei prodotti quanto alla preparazione dei piatti, con un occhio al passato e un tocco di innovazione. A partire dal territorio, il Parco delle Madonie, di cui è profondo conoscitore, e dalla valorizzazione delle sue tante risorse in tempi non sospetti ci tiene a precisare quando ancora non si parlava di km zero.

22 Giuseppe e Francesca Carollo E racconta di due prelibatezze esclusive di quella zona: la manna, dolcificante naturale ricavato dal frassino, che utilizza per un suo piatto forte il filetto di maialino in crosta di manna, mandorle e pistacchi ma anche per i dolci e il basilisco, un fungo prelibato che nasce solo nelle zone più alte delle Madonie, così raro e prezioso che viene chiamato anche tartufo bianco delle Madonie. Ma sono almeno un centinaio le varietà di funghi che insieme alle verdure spontanee, tra spinaci selvatici, cicoria selvatica, asparagi di diverso tipo e molte altre dai nomi complessi, connotano la cucina di Nangalarunni. Il buon bere è sempre stato un punto fermo nella filosofia di Beppe Carollo. Sorprende la ricca carta dei vini con oltre 500 etichette e il suo amore dichiarato per le Langhe, che visita almeno un paio di volte all anno, alla scoperta di nuove cantine. La soddisfazione è che i clienti mi seguono, si affidano spesso a me per la scelta del vino, per cui sono incoraggiato a fare ricerca. I clienti, quelli per tanta parte vengono da fuori e, tra aprile e novembre per almeno un 30% sono stranieri, non più sprovveduti come un tempo- ci tiene a precisare Carollo- ma capaci di apprezzare una pasta al dente (qui è fatta tutta a mano) piuttosto che certe peculiarità tutte italiane. Recentemente Nangalarruni- così si chiama il famoso strumento a bocca che accompagna e caratterizza non poche canzoni popolari siciliane- è entrato nelle famiglia delle Premiate Trattorie Italiane perché, come dice lui, li accomuna tutti, da nord a sud, il valorizzare davvero i propri territori e relativi prodotti, con l impegno maggiorato che questo comporta, ma ormai è una condizione irrinunciabile. È un uomo pieno di risorse Beppe Carollo, dà l idea di essere uno che rilancia continuamente, figurarsi ora che è arrivata Francesca, la figlia ventiduenne, ad affiancarlo in cucina è

23 più brava di me nell attenzione ai piatti, dice con quell orgoglio che solo i papà sanno manifestare così. Simona Vitali Hostaria Nangalarruni Via delle Confraternite, Castelbuono (PA) Tel A noi piace la sala Io adoro questo lavoro e finalmente ho trovato chi mi ha dato fiducia, ma non capisco perché, nel momento in cui inviamo un curriculum o ci presentiamo ad un colloquio per un posto da cameriera in un ristorante, ci viene proposta la metà di una giusta paga, adducendo la scusa che siamo troppo giovani. È anche in questo modo che ci spingono ad andare all estero. A fare quest affermazione è una ragazza di 19 anni, che ha trovato la sua collocazione e soddisfazione al Ristorante Colonna di Ettore Ferri. Caterina Curatolo si muove bene in sala, dialoga con discrezione, conosce e racconta i piatti in maniera ineccepibile; si è formata con gli insegnamenti di

24 Daniele Bergami, un bravissimo maître di stanza alla Scuola Alberghiera di Serramazzoni. Eppure il suo sfogo tocca un nervo scoperto che, da questo numero della rivista, inizieremo ad indagare. Lo facciamo con un intervista a Marco Reitano, presidente dell associazione Noidisala e sommelier de La Pergola di Roma. Noidisala Come è nata l associazione, quali sono gli scopi, come si fa ad aderire a Noidisala? Noidisala è nata dalla necessità di riscoprire e dare valore al personale di sala e di cantina: gestire un cliente, farlo sentire a proprio agio ed accompagnarlo nell esperienza degustativa che andrà a fare è un arte che va studiata ed imparata sul campo. Lo scopo dell associazione, oltre a quello di fare da portavoce della categoria, è quello di formare personale qualificato attraverso corsi intensivi e workshop che si tengono annualmente in varie città di Italia. L adesione è aperta a tutti i professionisti della sala e alle strutture di ristorazione. Per aderire basta compilare il formulario che si trova nel sito internet. Nei mesi che verranno il tema della Sala diventerà sempre più rilevante: quali caratteristiche deve avere il perfetto cameriere? Deve avere tanta voglia di lavorare, di tenere la testa bassa, di fare degli orari a volte scomodi ma soprattutto deve

25 amare l arte del servizio, conoscerei i vini e aver voglia di servire un cliente nel vero senso della parola. Il cameriere dovrebbe altresì conoscere bene il menu, i piatti e la loro composizione. Deve lavorare in sintonia con la cucina trasmettendo in sala il valore di ogni piatto. Acquisire queste tecniche e, perché no, questo stile di vita impone non pochi sacrifici, ma ripaga di soddisfazioni che non hanno davvero prezzo. Ci sono stati tentativi di cambiare il termine cameriere, nella speranza che questo risolvesse i problemi: ma in realtà quali sono i veri problemi nella scarsa motivazione ad intraprendere questo mestiere? In Italia il cameriere è spesso stato preso come un mestiere da fare part time mentre si studia o comunque per arrotondare alla fine del mese. Difficilmente è stato inteso come una professione. Ma le cose adesso stanno cambiando, si ha una concezione più positiva di questa figura soprattutto se si pensa agli specialisti dei vini oppure ai restaurant manager. Quale proporzione deve esserci tra brigata di cucina e brigata di sala, in base al numero di coperti, per far quadrare bene i conti di un ristorante? La proporzione non è mai un dato statistico o una legge scritta, è data essenzialmente dal tipo di ristorazione che un gruppo intende fare. Ci sono realtà con poche figure in sala che riescono a gestire tutti i momenti del servizio ed eccellere nonostante il rapporto non sia di uno a uno. Cosa possiamo fare con la nostra rivista Le Soste è un associazione tra le più consolidate da anni di collaborazione tra i suoi ristoranti, di condivisione e anticipazione delle tematiche che coinvolgono il mondo della ristorazione a 360 gradi. racconta Mario Cucci, segretario dell associazione che racchiude 85 insegne tra le più prestigiose d Italia Una di queste tematiche, sempre più avvertita, è il valore della sala a cui, quest anno, dedicheremo un grande convegno e la prima edizione del premio

26 Le Soste, ospitalità di sala, organizzato insieme a Cantine Ferrari. Con l associazione Le Soste, la nostra rivista e il nostro sito avvieranno una collaborazione per approfondire le problematiche della sala, ospitando ogni mese una conversazione con i protagonisti dell accoglienza, dove racconteremo le loro storie di successo e i criteri di scelta e formazione del personale di sala. Luigi Franchi Caterina Ceraudo, Donna Chef 2017 A novembre, in occasione della presentazione della 62 guida Michelin Italia, furono introdotti i premi speciali per Giovane chef Michelin Italia 2017 e Qualità nel tempo Michelin Italia 2017, assegnati rispettivamente a Federico Gallo, Locanda del Pilone* di Alba, e al Ristorante San Domenico** di Imola. Premi ideati con il preciso obiettivo di valorizzare le storie di ristoratori e cuochi che contribuiscono ad accrescere l immagine, culturale, gastronomica e sociale, dell Italia. Ne mancava uno, ma solo perché l occasione si sarebbe presentata poco più avanti e il momento è arrivato, il 20 marzo scorso, quando Caterina Ceraudo, del Ristorante Dattilo*

27 di Strongoli è stata proclamata Donna Chef Per gli ispettori Michelin, quella di Caterina è una cucina moderna e allo stesso tempo non complicata, in cui il sapore è spesso bilanciato da giuste dosi di acidità e dolcezza. La sua storia noi l abbiamo raccontata in occasione di Identità Golose, con la nostra personalissima classifica dell intervento più coinvolgente. Caterina Ceraudo ha ricevuto il riconoscimento nell ambito dell Atelier des Grandes Dames, tributo alle donne dell alta ristorazione voluto da Veuve Clicquot, A lei vanno i complimenti di tutta la redazione di sala&cucina e la condivisione della sua felicità per un premio meritatissimo. Damare, creatività nel cuore di Monopoli Il centro storico di Monopoli, si illumina di una nuova apertura. Il nuovo locale di Fabio Rotolo e Roberto Romito, amici e soci con la passione della gastronomia, aperto nel giugno del 2016, ha portato una ventata di creatività nell antica cittadina pugliese, grazie a una proposta originale. La ristrutturazione ha salvato il tufo a vista del soffitto del palazzo ottocentesco, con inserti moderni, e un

28 fresco dehor estivo, mentre la filosofia prevede un offerta innovativa, a partire dalla scelta di non cucinare carne né proporre insaccati, ma solamente pesce e verdure, in tante e sfiziose modalità differenti. Un paradiso per vegani, vegetariani e amanti delle preparazioni ittiche, a base di pescato del giorno, ingredienti biologici e a chilometro zero. L offerta si differenzia in tre tipologie di servizio, c è la soluzione take away, da ordinare telefonicamente o via internet, e da ritirare all ora concordata, oppure si può scegliere di sedersi al tavolo, decidendo di ordinare alla cassa ciò che si preferisce (con un apparecchiatura più spartana e stoviglie a perdere), o ancora ci si può affidare al personale di sala e a una mise en place più gourmet. Un arredo caldo e avvolgente, e un approccio smart che rende il locale decisamente non convenzionale, fanno il resto: Si tratta di un fast-food creativo, dove somministriamo cibo veloce, anche da strada in un format molto creativo con qualità altissima conferma Fabio Rotolo. L offerta prevede un menu a rotazione decisamente creativo, suddiviso in una sezione di pesce, una dedicata a verdure e prodotti locali, e una con panini alle verdure e a veg burger. Da provare assolutamente il panino al tonno, stracciatella, olio al basilico e pomodori oppure quello al polpo fritto, zucchine alla poverella, pomodoro, insalata, a cui si aggiunge una linea di veg burger o verdure artigianali, come le polpette di melanzane, le polpette di pesce, il cous-cous crudista. Buona la selezione di birre italiane e vini prettamente regionali. Luca Bonacini Damare Via Giuseppe Garibaldi 15 Monopoli BA Tel

29 Il giro d Italia dei nuovi ristoranti C è fermento nell aria, voglia di fare e una maggior capacità imprenditoriale contraddistingue la ristorazione italiana, come testimoniano le aperture che si susseguono in questo scorcio di marzo 2017, a cominciare dal nuovo ristorante di Giancarlo Morelli. Chiamarlo ristorante è forse un po riduttivo se pensiamo che il Giancarlo Morelli Gourmet è uno spazio, all interno dell Hotel Viu in via Fioravanti a Milano, che si sviluppa anche con il servizio sulla terrazza panoramica con piscina.

30 Hotel Viu Giancarlo Morelli Gourmet Restiamo in Lombardia, precisamente in Franciacorta, dove il 9 marzo è arrivato Franco Pepe, l artigiano della pizza di Caiazzo (CE), per portare il suo progetto all Albereta, il Relais & Chateaux della famiglia Moretti. Dalla margherita sbagliata alla pizza fritta, l unione di due grandi nomi come Franco Pepe e dello chef Fabio Abbattista porta a grandi sorprese per tutti i palati: come la creazione della pizza Curtefranca, condita con il fatulì, tipico formaggio della Val Camonica e presidio Slow Food, già utilizzato dallo chef in cucina e per la prima volta protagonista del gustoso mondo della pizza, che si potrà degustare alla Filiale, questo il nome scelto per lo spazio di Franco Pepe.

31 La Filiale di Franco Pepe A Lecco, invece, ha aperto L EK, un bistrot di stampo contemporaneo ideato dallo chef Luca Dell Orto e dal pizzaiolo Marco Locatelli, già titolari di altri locali, che qui hanno voluto condensare una visione comune di un nuovo format di ristorazione, connubio tra cucina e arte bianca.

32 Luca Dell Orto e Marco Locatelli L Ek bistrot In Piemonte,, dopo i tre anni ad Alessandria al ristorante I Due Buoi, lo chef Andrea Ribaldone si sposta nelle Langhe, a Barolo, per aprire Osteria Arborina: 30 posti a sedere per il ristorante gastronomico, cucina a vista, arredamento a cura dall architetto Angelo Spano, moderno ma accogliente e caldo, e dalla primavera con una magnifica terrazza che si affaccerà sui vigneti di produzione del Barolo. Il ristorante sarà contiguo al Relais Arborina piccolo e prezioso hotel con un magnifico belvedere affacciato sulle colline del Barolo, da quest anno legato al gruppo Châteaux & Hôtels Collection, punto di riferimento dei viaggiatori di tutto il mondo nella scelta di hotel di charme e di ristoranti gourmet in Europa, presieduta dal 1999 da Alain Ducasse.

33 Osteria Arborina Manca poco all arrivo di Renato Bosco, il patron di Saporè, in Piazza delle Erbe a Verona. Una prima apertura riguarda Pizza Saporè Stand Up, dove il pizzaiolo proporrà una formula take away che segna l esordio a Verona della pizza in teglia crunch e doppio crunch. Tempo un paio di mesi e aprirà anche Saporè Downtown, settanta coperti e un laboratorio per la produzione diretta.

34 Renato Bosco Saporè- Foto Altissimoceto 350 metri quadrati di Bottega dalla colazione alla cena, 7 giorni su 7 guidati dallo chef Elia Meliadus Frascella. Inaugura il 22 marzo l ambizioso progetto di Palazzo Bega, in piazza Ravegnana sotto le due torri: la Bottega Portici High Quality Italian Food presenta le sfogline visibili dalle vetrine sotto al portico, la terrazza coi tavolini, il dehors a piano terra fino alle panchine della piazza, la cucina dalla parte di via Zamboni e il food market con specialità bolognesi e italiane. In attesa dell apertura in via Indipendenza, negli spazi dei Portici Hotel, ha aperto l Academy, per formare sfogline, commessi, cuochi e addetti alla caffetteria con docenti del calibro di Gino Fabbri, Manuel Terzi, Agostino Iacobucci, Paola Pallotti e Carla Tessitore.

35 Bottega Portici High Quality Italian Food Antonio Boco e Paolo Baldelli sono appassionati di cucina e di vini e amano condividere le loro competenze e le loro scoperte. Per farlo hanno deciso di aprire un locale a Perugia: Società Anonima. Il locale sorge in un ex fabbrica di ghiaccio, che un tempo ospitava la Società Anonima Birra Perugia, ed è affidato a due giovanissimi cuochi umbri: Matheus Porticchio e Francesco Madera. La proposta gastronomica si snoda tra recupero di antiche tradizioni e confronto con i piccoli produttori del territorio.

36 Società Anonima A Roma, Riccardo Di Giacinto ha acquistato un intero palazzetto per ospitare il suo nuovo All Oro, un insegna storica della ristorazione capitolina che riapre completamente rinnovato in via Giuseppe Pisanelli 25, a pochi passi da Piazza del Popolo. Nel palazzo verrà inaugurato, da Riccardo Di Giacinto insieme alla moglie Ramona Anello e al socio Enzo Valeriani, anche un hotel 5 stelle: The H all.

37 Riccardo Di Giacinto Ristorante All Oro È l uovo il protagonista assoluto di Eggs, il bistrot che ha aperto i battenti a Roma l 8 marzo, in Trastevere. Nato da un sodalizio tra Puntarella Rossa, sito di riferimento della cucina che da Roma si è esteso a tutta Italia, e la bottega del tiramisù artigianale Zum, Eggs proporrà l unicità di una vera Carta della Carbonara, declinata in dieci proposte. In cucina e in sala uno staff al femminile, guidato da Barbara Agosti, la chef del Ritrovo del Gusto, che fa parte della compagine di Zum, insieme a Laura Iucci e Dominika Kosik. info@eggsroma.it

38 Eggs Il nostro viaggio di marzo approda in Sicilia, a Taormina da Pietro D Agostino, lo chef stellato de La Capinera, per l apertura di Kistè, nella quattrocentesca Casa Cipolla (in via Santa Maria dé Greci) che ospita due enormi cisterne di epoca romana intercomunicanti e ispezionabili. Un luogo decisamente suggestivo per un progetto d alta cucina per tutti, tutti i giorni, dove protagonista assoluta sarà la bontà di ingredienti esclusivamente isolani.

39 Luigi Franchi Cucina emiliana e gnocco fritto in terra trentina Si può essere testimoni di un territorio e delle sue tradizioni culinarie, anche a parecchi chilometri di distanza da esso. È la storia di Enrico Spagna, emiliano puro sangue di Guastalla, in provincia di Reggio Emilia, emigrato in terra trentina per studiare e inseguire un amore, ma poi per diventare parte di quel territorio, senza per questo voler rinunciare alle proprie radici. E così nel 2010, dopo la laurea in Sociologia, apre La Gnoccata, un insegna che

40 esplicita tutta la sua filosofia, di vera e propria enclave emiliana, con tutti gli ingredienti giusti, dai salumi, ai formaggi selezionati, dal gnocco fritto, alle tigelle, e all invidiabile carta dei più premiati lambruschi, proponendo con successo la cucina reggiana ed emiliana. Un locale posto in una zona periferica di Trento, ai bordi del suggestivo Orrido di Ponte Alto, dove tutta la pasta è fatta in casa, e i piatti sono preparati con il medesimo amore delle rezdore, le reggitrici che un tempo erano regine indiscusse della cucina e della casa, dove le tigelle si ispirano a una ricetta antica, il gnocco si frigge rigorosamente con lo strutto, da sposare con la mortadella Pasquini, il culatello di maiale nero di Parma San Paolo, il prosciutto crudo di Cà Lumaco di Zocca, i ciccioli, il Parmigiano delle Vacche Rosse, l aceto balsamico, i vini e i formaggi di San Patrignano, eccellenze tutte selezionate accuratamente nei viaggi di Enrico, che appena può va in cerca di piccoli e virtuosi produttori emiliani, e li porta nel suo locale. Da assaggiare i tortelli di erbette, i cappelletti in brodo, le tagliatelle al ragù di maiale, la guancia di manzo brasata al lambrusco, le costine di Mora romagnola, il carrè di cervo, la trippa alla parmigiana, la torta di tagliatelle e la zuppa inglese. Anche il nome dell insegna rimarca le origini del proprietario, e si rifà a un insurrezione popolare del 1864, animata dalla popolazione di Guastalla, già gravemente tartassata, che volle protestare per l ennesima tassa imposta sulla farina macinata, dal Governo Sella. I guastallesi guidati da un gruppo di mugnai e intellettuali, formarono un corteo satirico che inneggiava la venuta del Re Gnocco, propugnando un diverso ordine sociale, celebrato nella piazza del paese, con un immane abbuffata a base del tradizionale gnocco fritto. Un accadimento storico rievocato per le vie del paese di Guastalla ogni tre anni. Luca Bonacini La Gnoccata Via Ponte Alto 125, Trento

41 Tel Sette Cucina Urbana, il posto giusto a Milano L anno 2015, quello di Expo, è stato l anno della rinascita per Milano. Non si contano le aperture di nuovi locali di ritrovo bar, ristoranti, gelaterie, pasticcerie format innovativi e conferme previste. Se qualcuno pensava che ci sarebbe stata una controtendenza negli anni successivi, ha dovuto ricredersi. La città è in fermento e il 2017 appena iniziato continua a sbalordire per la vivacità con cui nuove attività si affacciano sulla scena. Tra i locali di recente apertura, in zona Brera, Sette Cucina Urbana, dove la cucina tradizionale milanese si fonde con l innovazione e la creatività del suo chef Massimo Moroni, professionista della cucina con importanti esperienze alle spalle in ristoranti di pregio, che, da un paio di mesi, ha conquistato i palati più esigenti riscuotendo subito un enorme successo.

42 Un progetto ideato con Clemente Tassello, esperto conoscitore del settore e veterano nella gestione di locali di successo, Sette Cucina Urbana è un ristorante per tutte le ore: la sua cucina è aperta dalle 7 alle 23 e offre momenti gourmet dalla colazione al pranzo, dal breakfast internazionale all aperitivo. Ma è la cena il momento clou della giornata, con proposte interessanti in un gioco di tradizione e contemporaneità: piatti importanti e materie prime di altissimo livello proposte in chiave innovativa ma riconoscibili, fruibili e rassicuranti per conquistare ogni palato e incuriosire senza travolgere, soddisfare senza sconcertare, con eleganza. Un ingresso minimale sulla centralissima via dell Orso, a pochi passi dalla Scala, e lo stupore di ritrovarsi in un locale ampio, luminoso e accogliente: spazio per 130 coperti interni e la sorpresa di un giardino d inverno che ospita fino a 30 coperti e che presto, con la buona stagione, sarà ampliato nello splendido cortile interno del palazzo, uno di quei cortili milanesi nascosti e poco noti che sempre lasciano

43 senza fiato il visitatore. Da quando abbiamo aperto racconta Massimo Moroni non abbiamo avuto un attimo di tregua, il locale è stato accolto dai frequentatori della zona e dai turisti con grande entusiasmo. Siamo 8 professionisti in brigata e 8 in sala, sembrano tante persone, ma occorre molto impegno e siamo felici di affrontarlo con energia. E la cucina a vista accoglie chi entra con la sua operosità, l area caffetteria offre un banco pasticceria da mangiare con gli occhi, due ampie sale con tavoli social invitano a condividere la convivialità del luogo e l ultima, affacciata sul giardino, per le cene più riservate o per eventi privati, offre intimità e ricercatezza. Sette Cucina Urbana è un locale che vive, in una città che si è svegliata e, proiettata al futuro, non rinnega le sue radici ma le rafforza e alimenta, che accoglie tutti con discrezione e classe. Il locale giusto nella Milano del terzo millennio. Marina Caccialanza Sette Cucina Urbana Via dell Orso, Milano Tel

44 I Malinverno Tra quindici anni sono due secoli di vita di questa osteria che affaccia sulla piazza gonzaghesca di Isola Dovarese, in provincia di Cremona. In quasi duecento anni di storie ne ascoltano i muri, impregnandosene come se, prima o poi, tornassero utili e importanti. Questa riflessione diventa inevitabile quando al Caffè La Crepa (in realtà anche osteria, gelateria e bottega, come vedremo) ti presentano il vino della casa; sia chiaro, lo è davvero, ricavato da un vigneto di mille pertiche che i Malinverno Fausto, Franco e il figlio Federico coltivano, ricavandone il Lambrusco necessario per il consumo alla trattoria e non sempre, solo nelle ottime annate. Tornando alle storie antiche, l etichetta di quel vino è un fregio trovato dai Malinverno nel riportare alla luce le pareti settecentesche della dimora; chissà chi era l autore e perché proprio quel fregio così finemente stilizzato. Per non parlare poi delle lavagnette in ferro ritrovate da Fausto e risalenti ai primi anni del secolo scorso, su cui si segnavano i punti delle interminabili partite a carte ospitate tra i tavoli dell osteria. Partiamo da qui, nel raccontare la visione dei Malinverno su come deve essere, ancora e soprattutto oggi, una buona trattoria.

45 Da sinistra: Franco, Federico e Fausto Malinverno Un locale come il vostro, collocato al centro di un paese di mille abitanti, ha avuto, nel corso dei decenni, un ruolo anche sociale. Quando lo avete rilevato e, ai giorni nostri, quanto di quella funzione sociale ha mantenuto? Risponde Fausto: In questa casa, un tempo detta della Guardia, ci abitavano in 65 persone. Si può ben capire come risulti impossibile, per noi, non essere parte attiva della comunità. Noi lo abbiamo sempre fatto. Ora forse c è meno traffico di bianchini o di caffè, ma non abbiamo mai rifiutato a nessuno la possibilità di riconoscersi in queste stanze, restando per il tempo che voleva. In particolare penso spesso alle persone che da questo paese sono emigrate e, quando tornano, La Crepa diventa il loro primo punto di riferimento perché sanno di essere riconosciute. Lo stesso discorso, visto con i nostri occhi, vale anche per gli ospiti senza prenotazione che arrivano fuori tempo massimo; alle 14,30 la cucina resta ancora attiva per non respingere quel turista che magari è di transito in questo

46 piccolo paese. La storia professionale dei Malinverno e questo è il motivo per cui abbiamo scelto di raccontarla attraversa buona parte della recente storia della ristorazione italiana che, in questo triangolo padano, ha avuto protagonisti d eccellenza: da Peppino e Mariella Cantarelli a Franco Colombani, da Antonio e Nadia Santini a Fausto e Franco Malinverno, senza dimenticare Tano Martini, Roberto Ferrari, Pierantonio Ambrosi solo per citarne alcuni. I Santini e i Malinverno ci sono ancora: i primi titolari di tre stelle Michelin, i secondi strenui difensori di un modello condiviso che è sfociato nell associazione delle Premiate Trattorie Italiane. Ad accomunare queste due realtà l amicizia come valore primario e la ricerca e l utilizzo di materie prime eccellenti. Come è nata l amicizia tra questa generazione che ha scritto grandi pagine della ristorazione italiana? Cosa avete ricevuto dalle tante relazioni costruite negli anni tra voi? Risponde Franco: Io e mio fratello abbiamo iniziato con un enoteca, nel L osteria c era già e ci lavoravamo anche noi, dando una mano ai nostri genitori (Elda e Giuseppe,

47 che la rilevano nel 1969). La voglia di scoprire, di conoscere era potente e aprire l enoteca ci sembrava la scelta migliore per entrare in contatto con una ristorazione di qualità che ci circondava. Infatti, grazie alle scelte fatte in merito alle bottiglie e ai viticoltori per la nostra enoteca, siamo diventati un punto di riferimento per molti ristoratori. Da lì all amicizia il passo è breve quando c è di mezzo un buon vino a suggellarla. Un amicizia solida, che ci ha fatto vivere occasioni di confronto e di crescita irripetibili. Come siete diventati osti? Risponde Fausto: L esperienza dell enoteca ci ha aiutato a capire meglio come gestire un locale. Prima dell evoluzione della trattoria abbiamo fatto un ulteriore scelta: quella di aprire, nel 1976, una gelateria affiancata alla trattoria. Scelta inusuale per quegli anni e per il luogo, un paese di mille abitanti appunto. Il direttore della banca, di fronte alla richiesta di un prestito per le attrezzature, ci chiese chi mai sarebbe venuto a mangiare un gelato qui. La nostra risposta fu ai limiti della temerarietà: chiunque abbia assaggiato almeno una volta quello prodotto in questa piazza meravigliosa. Si avverò, per anni arrivarono dalle zone limitrofe e, dopo il gelato, scoprirono i piatti della Crepa. Molti di quei gelati sono ancora in produzione e in carta; come la coppa Brasilia, innovativa dopo quarant anni.

48 Oggi va di moda scrivere, a margine del menu, le materie prime di provenienza e i nomi dei produttori. Voi, invece, li raccontate all ospite se ve li chiede. Come mai questa scelta? Risponde Franco: Perché il buono siamo noi. Non è presunzione ma il frutto di un ragionamento molto semplice. La materia prima che scegliamo e che utilizziamo parte sempre dall alta qualità. Ma un cuoco, se non è attento conoscitore, può metterci un attimo a rovinarla. Siamo dunque noi i responsabili finali del piatto, non è la carne del produttore, non è la farina che abbiamo ricercato e scelto. Sono le nostre conoscenze tecniche, la nostra esperienza e la nostra faccia a mettersi in gioco. Poi, se il risultato piace all ospite volentieri raccontiamo tutto degli ingredienti e dei fornitori. Tortelli, gnocchi, marubini, merluzzo, bolliti e via di questo passo; un menu di grandi classici, con qualche variazione sul tema e alcuni accenni, misurati, di creatività. Ritorno al

49 passato, nostalgia o in che altro modo definireste la vostra proposta gastronomica? Risponde Franco: No, non è un ritorno al passato, anche se i sapori possono richiamare alla memoria il gusto tradizionale degli anni prima del Duemila. Ma sono sapori che qui da noi si riproducono in modo naturale, senza la forzatura modaiola del ritorno al passato. Qui la nostalgia non è di casa; c è invece la garanzia di un sapore riprodotto in ogni momento del bisogno. Fare un menu vuol dire proporre cose che piacciono anche a me, a noi; solo così riusciamo a ricavare soddisfazioni che ci ripagano. Per me la cucina non è un mestiere, è curiosità e predisposizione; mi dimentico spesso le ricette, ogni volta è qualcosa di nuovo. Aggiunge Fausto: Il cliente che ritorna è la nostra gratificazione più grande perché si crea quella confidenza e quel confronto che ci aiuta a fare meglio, sempre di più. Da qualche anno Federico, il figlio di Franco, è parte integrante della conduzione della Crepa dove affianca, nel servizio di sala, lo zio Fausto. Con lui c è Greta, sua moglie, attualmente impegnata in un master sull accoglienza all Università di Bologna e ufficiale di collegamento tra la sala e la cucina della trattoria (ruolo fondamentale nella perfetta gestione di un attività di ristorazione ndr).

50 Federico, com è vivere e crescere professionalmente in una, passami il termine nella sua corretta interpretazione, storia antica? La vivo, sempre, come una grande opportunità, non scontata. Serve infatti una buona dose di preparazione e conoscenza per capire dove finisce il vecchio e deve cominciare il nuovo. Il confronto quotidiano con l esperienza di mio padre e di mio zio, la condivisione delle scelte, senza forzature ma neppure facili concessioni, diventano gli elementi che contribuiscono a fare della Crepa il luogo che è: un posto amato e rispettato da tutti noi perché è la nostra casa, con le sue regole di educazione e di ospitalità. I nostri ospiti percepiscono questa caratteristica. Più d uno ci ha confidato di essere stato bene e di sapere che tornando qui è sicuro della scelta. La Crepa vanta anche una bottega delle cose buone, in parte quelle stesse che si assaggiano nel menu. Non a caso sulla porta d ingresso interna campeggia la scritta: un piatto non si giudica solo dalla sua bontà ma anche dalla storia che ci racconta. Bottega e cucina è un modello da più parti replicato, diventando quasi un must dei nuovi locali, in particolare

51 metropolitani, ma non sempre è di facile conduzione. Voi come gestite questo tipo di offerta? Risponde Federico: In continuo movimento ed evoluzione. La costante ricerca di prodotti che si distinguono è una delle mie passioni, siamo infatti importatori diretti di alcune selezioni di prodotti e di vini, retaggio degli insegnamenti di Fausto e Franco. Alcune referenze in bottega vengono utilizzate anche nel menu, oltre ai vini che compongono la carta, e gli ospiti possono acquistarle per continuare l esperienza vissuta. Ma non solo, abbiamo introdotto anche oggetti, come una bicicletta per muoversi lungo gli argini e le vie di campagna che ci circondano. Invitiamo sempre gli ospiti a fare un giro in bottega alla fine del pranzo o della cena e ne ricaviamo entrambi la miglior soddisfazione. Si può parlare di modello raccontando del Caffè La Crepa di Isola Dovarese? Siamo convinti di si. Un modello d impresa che sa gestire le persone, le relazioni tra gli ospiti, la selezione qualitativa dei piatti e dei vini. In un paese, ricordiamolo, di mille abitanti, dove bisogna andare appositamente. Non c è moda qui, ma neppure la staticità che a volte deriva

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