Studio di Fattibilità del Distretto Tecnologico della Provincia di Caserta Technodistrict

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1 Studio di Fattibilità del Distretto Tecnologico della Provincia di Caserta Technodistrict 1

2 Elaborazione: RTI ITACA S.p.A. SONTED s.r.l. Emissione in stesura finale Aprile 2007 INDICE Volume I Premessa metodologica Cap. 1 Cap. 2 L idea progetto distretto tecnologico Analisi del sistema produttivo territoriale di riferimento Volume II Cap. 3 Il grado di accoglimento dell idea da parte del sistema produttivo e del sistema di ricerca Volume III Cap. 4 Cap. 5 Cap. 6 Cap. 7 Il TechnoDistrict Aspetti tecnico progettuali Proiezioni economiche e finanziarie Effetti attesi sull economia locale Allegato: Software Database Aziende provincia CE 2

3 Premessa metodologica L intervento progettuale denominato TechnoDistrict, descritto nella sua analiticità tecnica, economico-finanziaria e di impatto sociale nel presente lavoro, ha per oggetto l idea di un distretto tecnologico per la promozione della ricerca applicata, del trasferimento tecnologico e dello sviluppo pre-competitivo nei settori dati delle bioscienze, domotica e sistemi di trasporto. In questa sede appare opportuno esplicitare le ragioni e le motivazioni che hanno informato le scelte strategiche di fondo, l impostazione del concept progettuale, il modello proposto. Le scelte effettuate sono il frutto di una valutazione preliminare entro un ventaglio di alternative strategiche praticabili e percorribili in ragione della specificità dell intervento e degli obiettivi da raggiungere. Le alternative considerate si possono essenzialmente ricondurre a quelle di seguito descritte: un primo modello che presuppone la strutturazione di un sistema/ambiente territoriale innovativo fondato su un ingente investimento iniziale necessario per la infrastrutturazione dello spazio fisico e territoriale entro cui ospitare il Centro Servizi e gli insediamenti industriali ad esso collegati, destinati a divenire la sede di laboratori di ricerca ed attività di sviluppo prototipali ed industriali. Si tratta, evidentemente, di un modello spazialmente diffuso in cui il Centro agevola la creazione di una specializzazione produttiva territoriale, favorendo, all interno ed all esterno del centro stesso, l addensamento e la concentrazione di imprese hi tech. E evidente in tale ipotesi la prevalenza della componente infrastrutturale ed immobiliare. Un secondo modello, spazialmente concentrato, in cui il Centro Servizi svolge essenzialmente la funzione di incubatore-acceleratore di imprese, facilitando il trasferimento delle innovazioni tecnologiche direttamente dal laboratorio al circuito produttivo, catalizzando ed agevolando i processi di imprenditorialità innovativa a partire dalla valorizzazione degli assets immateriali. Ancorché in modalità concentrata, anche tale ipotesi è caratterizzata da una pesante componente immobiliare ed infrastrutturale. Dall analisi del territorio campano emerge che le più pregnanti esperienze di riferimento 1 sono rappresentate da: Il Polo Multifunzionale dell Eccellenza, localizzato nell ex stabilimento ETI di San Giorgio del Sannio, sviluppato all interno del Progetto Integrato Protofiliere Provinciali, destinato ad essere punto di riferimento per l implementazione del Metadistretto dell ICT in Campania. Tale intervento, presuppone uno sviluppo progettuale in cui il Centro viene ad essere concepito come motore della crescita economica e competitiva di un intero territorio, data la collocazione fisica dello stesso all interno di un area caratterizzata dalla presenza di aree PIP in cui poter 1 Si precisa che la soluzione progettuale prospettata è stata il frutto anche di un analisi approfondita condotta sulla letteratura in materia di start up, spin off e incubatori con particolare riferimento alle esperienze di PIN CUBE (Associazione Italiana degli Incubatori universitari e delle Business Plan Competition locali) Atti I Worshop Nazionale, Napoli

4 localizzare ulteriori attività ed insediamenti industriali. Il costo di ristrutturazione previsto, per il solo complesso immobiliare, è stato stimato in 25 Meuro a cui si unisce una previsione di spesa per alcune decine di Milioni di Euro per l infrastrutturazione primaria e secondaria delle aree PIP poste nell immediato intorno territoriale del Centro. Si comprende, quindi, come tale intervento abbia e stia comportando un forte investimento infrastrutturale, essenzialmente motivato dalla necessità di recupero e riqualificazione dell immobile preesistente e delle aree contigue, nonché dall esigenza di creare condizioni localizzative e di contesto utili e vantaggiose per l attrazione di investimenti esogeni. L intero disegno strategico è evidentemente rivolto alla definizione di un processo di infrastrutturazione territoriale in cui il Centro agisce da elemento pivotale per l innesco di processi endogeni ed esogeni di accumulazione industriale e tecnologica, attivando meccanismi di interazione tra imprese interne ed esterne al sistema territoriale di riferimento e con il sistema universitario, consentendo processi di fertilizzazione imprenditoriale innovativa. In altri termini, l entità dello sforzo finanziario risponde all esigenza di spostare scelte localizzative d impresa verso aree deboli altrimenti poco attrattive. Il BIC di Città della Scienza strutturato essenzialmente intorno all operatività di un Centro Servizi che eroga alle imprese in esso insediate servizi reali di base. Anche in questo caso, che presenta comunque una dimensione di minore pervasività e diffusività in termini di infrastrutturazione territoriale, essendo concentrato solo in un unico complesso immobiliare, è stato necessario affrontare un ingente investimento iniziale sulla componente hard essenzialmente motivato dalla esigenza di intervenire in un area di riconversione industriale. Il territorio entro cui verrà ad insediarsi il TechnoDistrict, rappresenta, invece, una soluzione localizzativa in termini territoriali estremamente positiva. L area si presenta ottimamente collocata in termini di accessibilità e collegamento con le principali reti stradali, autostradali e ferroviarie, oltre ad essere ben posizionata in termini di prossimità a porti, aeroporti ed alle infrastrutture logistiche. E, inoltre, caratterizzata da una vivace dinamica di crescita imprenditoriale oltre a riscontrarsi un buon addensamento di attività industriali operanti nei settori hi tech. Le aree industriali, ASI e PIP disponibili sono tali, sia in termini quantitativi che di servizi offerti alle imprese insediate, da consentire e favorire un agevole insediamento industriale. Alla luce di tali considerazioni, che rendono conto di un contesto localizzativo già ampiamente ed autonomamente favorevole per la nascita e lo sviluppo di imprese, si è ritenuto opportuno, dunque, optare per una soluzione progettuale che minimizzasse, doverosamente, l investimento hard/infrastrutturale privilegiando l investimento in assets immateriali. D altra parte la tendenza emergente dalle interviste condotte presso gli opinion leaders di contesto (vedi appresso Cap. 3), ha confermato tale scelta, in particolare evidenziando la necessità di concepire il TechnoDistrict come sede competente, da una parte, a trasformare in soluzioni ad alto contenuto innovativo le decisioni strategiche delle istituzioni territoriali rivolte allo sviluppo 4

5 economico della provincia e, dall altra, a divenire luogo reale e virtuale in grado di supportare lo sviluppo delle imprese della conoscenza, attraverso soluzioni organizzative, tecnologiche e relazionali fortemente caratterizzate e specializzate. Il modello così concepito, enfatizzando la componente immateriale e sistemica, punta a definire il Technodistrict come meta organizzatore del processo di transizione e di trasformazione della conoscenza in sviluppo imprenditoriale, giacimento di conoscenze e competenze coordinato e connesso con il sistema produttivo e sociale territoriale. La realizzazione operativa delle linee strategiche del Tecnodistretto si fonda su un impianto metodologico innovativo caratterizzato da alcuni elementi chiave: l attrattività dell offerta, attraverso la messa a punto di un pacchetto integrato e modulare di servizi riferibili alla fase di pre-incubazione e di incubazione in grado di trasformare le idee e i progetti generati da ricercatori o dalle esperienze del sistema produttivo, in nuovo business; il mix di servizi offerti è costruito nella logica della alta specializzazione, improntato alla definizione sistemica di networks consulenziali, informativi e di business di riferimento, attivabili on demand. Tali servizi sono riconducibili essenzialmente a tre famiglie: o servizi di base o servizi specialistici laboratoriali consulenza scientifica e tecnologica consulenza legale e internazionale consulenza business o servizi di incubazione progetti e programmi. la creazione di un sistema dell innovazione fortemente incentrato sulla capacità di interazione, dialogo e collaborazione dei diversi attori che lo compongono ed in tal senso la costituzione del Centro è finalizzata ad accelerare tale processo ed a sollecitare forme organizzative strutturate che favoriscano l interazione tra tessuto di imprese presenti (già o in potenza) sul territorio di riferimento ed i mercati di riferimento: Imprese, Ricerca, Istituzioni, Finanza. Ne consegue la strutturazione di un architettura relazionale complessa ed integrata in cui si contestualizza un sistema di offerta che comprende virtualmente tutti i soggetti della filiera secondo un meccanismo/processo di complessità degli stadi evolutivi in cui i soggetti intervengono e interagiscono nei vari passaggi: dall idea, alla validazione, all elaborazione, alla sperimentazione, al risultato, alla prototipazione, all ingegnerizzazione, alla tutela giuridica, al modello di business e di governance dello stesso, all applicazione commerciale. Sotto il profilo procedurale, l ipotesi avanzata è quella di concepire due momenti attraverso i quali realizzare il programma complessivo. Un primo momento (oggetto specifico dello Studio di fattibilità), in cui si procederà alla concretizzazione e realizzazione del Centro del Distretto tecnologico, con un investimento di importo esiguo, ed un secondo momento, certamente più 5

6 impegnativo in termini di investimento, in cui, in forza dell attivazione di opportuni strumenti di programmazione concertata (APQ, Intesa, ecc.), con relativa provvista finanziaria, si procederà all implementazione e attivazione di linee di ricerca, coinvolgendo le Imprese d intesa con le Istituzioni, ed investitori privati e istituzionali disponibili al cofinanziamento dei programmi di ricerca e dei processi di start up interessati alle fasi di business a valle. Infine, appare meritevole di citazione, a giusta riprova della validità del modello concepito, il programma Best business exchange all interno della più ampia iniziativa Partnership for Growth promossa dall Ambasciata degli Stati Uniti e dalla Commissione Fulbright Italia-USA, fondato sulla stretta interazione operativa tra mondo della ricerca e mondo delle imprese, rafforzando i processi di trasferimento tecnologico e promuovendo lo sviluppo di strumenti finanziari, come il private equity e il venture capital, preziose fonti di finanziamento per le nuove imprese in un approccio dinamico e, dunque, esteso a start up ed early stages. Insomma, un motore minimale nella fisicità e spinto al massimo nella virtualità delle competenze, relazioni e soluzioni, capace di attrarre idee, fabbisogni e fonti di risorse intellettuali e finanziarie, capace di utilizzare la dotazione finanziaria pubblica indirizzandola con selettività in percorsi finalizzati, sin dalla fase ex ante, alla creazione di valore. 6

7 Cap. 1 L idea progetto distretto tecnologico Premessa L obiettivo di portare l Europa ad essere entro il 2010 l economia basata sulle conoscenze più competitiva e più dinamica del mondo, così come stabilito nel marzo 2000 a Lisbona dal Consiglio Europeo straordinario dedicato ai temi economici e sociali implica una revisione del ruolo tradizionale di trasferitore di conoscenze svolto dalla ricerca pubblica in genere e dalle università in particolare. A Lisbona si è attribuito alla ricerca scientifica un ruolo essenziale nel progresso culturale, civile e materiale dei paesi europei, con la decisione, non ancora realizzata di rendere l Europa più attraente per ricercatori e scienziati aumentando progressivamente fino al 3% del PIL la spesa per ricerca e sviluppo. Sviluppare una politica di ricerca comunitaria e attuare i programmi europei nel settore della R&ST costituisce un obbligo giuridico e politico che deriva dal Trattato istitutivo dell Unione Europea. Un intero Titolo del Trattato (Tit. XVIII articoli da 163 a 171) è dedicato specificatamente a questo settore, configurando la materia quale elemento essenziale nell organizzazione e nello sviluppo dei paesi industrializzati. L art. 164, in particolare, stabilisce gli obiettivi assegnati alla ricerca comunitaria, che consistono: - nell attuazione di programmi di ricerca e sviluppo tecnologico, fondati sulla collaborazione con le imprese, i centri di ricerca e le università; - nella promozione della cooperazione con i paesi terzi e le organizzazioni internazionali; - nella diffusione e valorizzazione dei risultati delle attività in materia di R&ST; - nell impulso alla formazione e alla mobilità dei ricercatori della Comunità Il precedente art. 163, invece, nell evidenziare il carattere trasversale delle politiche comunitarie, afferma che: La Comunità si propone l obiettivo di rafforzare le basi scientifiche e tecnologiche dell industria della Comunità, di favorire lo sviluppo della sua competitività internazionale e di promuovere le azioni di ricerca ritenute necessarie ai sensi delle altre politiche dell Unione. Strettamente collegata al settore della ricerca è l innovazione, la cui valenza strategica nei processi di sviluppo socio economico è ampiamente riconosciuta dall Unione che è impegnata attivamente nella soluzione del cosiddetto paradosso europeo, ossia la ridotta capacità, rispetto agli Stati Uniti e al Giappone, di trasformare le conoscenze scientifiche in nuovi prodotti e processi capaci di favorire l incremento dell occupazione e lo sviluppo. L Europa vanta certamente una importante tradizione nel campo della ricerca e dell innovazione. Tuttavia, il notevole impegno dei centri di eccellenza europei, presenti in tutto il continente, spesso non determina i risultati sperati perché manca una vera collaborazione e una buona rete di collegamento tra le diverse strutture. 7

8 Per far fronte ai limiti di questo assetto organizzativo, si è pensato di creare le condizioni per costruire un vero mercato comune finalizzato allo scambio della ricerca e dell innovazione, simile a quello realizzato per le merci e i servizi. Si è proposto, cioè, di costituire una struttura in cui riunire tutti i mezzi di cui la Comunità dispone ai fini di un miglior coordinamento delle attività di ricerca, favorendo in tal modo la convergenza delle politiche di ricerca e innovazione, a livello nazionale e dell UE. La proposta è stata poi adottata dal Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 e ribadita dai successivi Consigli europei, dando continuità a ciò che è stata poi definita Strategia di Lisbona, la quale, attraverso la struttura denominata Spazio europeo della ricerca SER -, si prefigge l obiettivo strategico, come ribadito in precedenza, di fare dell Unione Europea, entro il 2010, l economia basata sulla conoscenza più dinamica e più competitiva del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale. Le varie comunicazioni della Commissione europea evidenziano, in modo chiaro, la decisa volontà dell Unione di promuovere il fenomeno dell innovazione e, allo stesso tempo, di favorire l aggiornamento costante di tale concetto. Fino a qualche anno fa, infatti, l innovazione veniva concepita principalmente come uno strumento con cui trasformare i risultati della ricerca in prodotti commercialmente validi. Si trattava, evidentemente, di un concetto limitato, visto che non tutte le ricerche portano all innovazione e non tutta l innovazione si basa sulla ricerca, fermo restando che essa deve rappresentare la componente prioritaria nella strategia delle imprese, in particolare di lungo termine, poiché permette di mantenere sul mercato un flusso di prodotti competitivi. Ma l innovazione può nascere anche dall uso di nuove tecnologie e di processi appartenenti ad altri campi, o addirittura da nuove forme di commercializzazione di prodotti e servizi. Il rapporto della Commissione specifica per ciascun stato membro gli obiettivi e le politiche da sviluppare. Per l Italia gli obiettivi previsti sono il necessario raggiungimento per il 2006 di un livello di finanziamento della R&S dell 1,75% del PIL, pari all 1% pubblico e allo 0,75% privato. Purtroppo il prolungato periodo di difficoltà che ha interessato l economia europea negli ultimi anni, ha determinato un notevole rallentamento di tali processi e il conseguente rischio di mancare gli obiettivi di medio termine per l occupazione 2. 2 La Commissione europea, infatti, ha sottolineato come l agenda di Lisbona e le connesse politiche degli stati membri, avanzino con fatica e che le difficoltà siano da ricercare principalmente nella mancanza di un azione politica determinata e soprattutto congiunta, nella mancanza cioè di un quadro coordinato di azioni tra i vari Paesi dell UE per la politica della ricerca e dell innovazione. Sono stati comunque presentati nel tempo diversi rapporti su questa importante attività, finalizzati a rilanciare il programma. Tra questi, il Piano di Azione elaborato dalla stessa Commissione che si snoda lungo quattro linee di intervento: 8

9 L Italia, infatti, si colloca in posizione arretrata rispetto alla media dei paesi europei per quanto riguarda gli investimenti in risorse finanziarie e umane nel settore della ricerca e dell innovazione. Va inoltre considerato che lo scenario in cui si collocano gli interventi e gli indirizzi nel settore della ricerca e sviluppo è in rapido mutamento ed è caratterizzato da un complesso ed accelerato processo di globalizzazione, con nazioni emergenti come l India e la Cina che costruiscono il proprio sviluppo sui settori più innovativi, abbandonando la tradizionale catena di crescita utilizzata nel tempo dalle nazioni europee: agricoltura, industria pesante, alta tecnologia. Ai fini di una valutazione quantitativa dei processi legati all innovazione e del loro impatto in termini economici, sono stati recentemente utilizzati diversi indicatori quali, per esempio, il TAI (Technology Achievements Index), basato sulla capacità di innovazione tecnologica, sul numero di brevetti depositati, sulla diffusione di tecnologie recenti, sulla diffusione di tecnologie mature, sul livello di scolarità e sul numero di addetti alla ricerca ed all innovazione (Cfr. Appendice Cap. 1). Ovviamente la valutazione comparativa tra le nazioni più avanzate rileva come alcuni paesi siano meglio disposti alla creazione ed alla diffusione dell innovazione tecnologica rispetto ad altri. Sono esempi evidenti i paesi del Nord Europa e degli Stati Uniti. Quale che sia la modalità di misura, l Italia figura, nel confronto relativo all innovazione, purtroppo, sempre in posizione arretrata, sia per quel che riguarda la ricerca e sviluppo, che per la creazione di impresa da ricerca. L indice TAI la colloca al 20 posto tra i paesi che potrebbero mirare ad entrare nella rosa dei leader mondiali. L Italia soffre di una situazione di debolezza per quanto riguarda gli investimenti delle imprese, la loro capacità di migliorare il contenuto innovativo delle produzioni e dei processi e il numero di ricercatori in rapporto agli occupati. I ricercatori prodotti dalle università italiane non solo sono numericamente scarsi, ma anche poco utilizzati nell impresa per una generale debolezza quantitativa e qualitativa della domanda. Questa condizione è a sua volta una delle cause e anche effetto degli scarsi collegamenti delle università con il mondo produttivo. In questo quadro, il Mezzogiorno d Italia rappresenta un anello ancora più debole. L Italia ed il Mezzogiorno sono comunque dotati di buone realtà per l alta formazione e la ricerca e possono e devono giocare un ruolo propositivo nei processi di sviluppo basati sull innovazione. L innovazione è un processo complesso, per il quale non esistono regole predeterminate e che pertanto non può essere guidato, ma solo facilitato. L innovazione è spesso direttamente collegata a salti tecnologici e a discontinuità della conoscenza, si nutre di interdisciplinarietà e intermodalità e - creare piattaforme tecnologiche chiave a livello europeo (una piattaforma tecnologica, secondo la UE, è un meccanismo capace di riunire una pluralità di attori interessati a sviluppare e realizzare una visione a lungo termine per risolvere uno specifico problema); - aumentare il supporto pubblico alla R&S, nonché migliorare le opportunità di carriera per i ricercatori e incrementare i rapporti di collaborazione tra la ricerca pubblica e le imprese; - rafforzare il monitoraggio, l efficacia e l intensità del supporto finanziario pubblico alle attività di R&S; - migliorare le condizioni di contorno, atte a favorire le attività di R&S (tra queste la necessità di una più generale attenzione al valore della protezione della proprietà intellettuale, con l approvazione del brevetto europeo). 9

10 può svilupparsi a condizione che la cultura della conoscenza e la relativa ricerca dell eccellenza siano riconosciuti come valori comuni da perseguire. 1.1 L organizzazione del sistema della ricerca in Italia Gli attori della ricerca e dello sviluppo tecnologico in Italia sono: Le Università Gli enti di ricerca Le imprese I Consorzi interuniversitari I Parchi Scientifici e tecnologici Il finanziamento della ricerca si sostanzia poi in diversi strumenti operativi, articolati in programmi, per il finanziamento di progetti di ricerca nazionali. I principali, gestiti dal Ministero per l'università e la ricerca e dal Ministero delle Attività produttive, sono: PRIN (Progetti di Ricerca di rilevante Interesse Nazionale) FISR (Fondo Integrativo Speciale per la Ricerca) FAR (Fondo per le Agevolazioni alla Ricerca) FIRB (Fondo Integrativo Ricerca di Base) FIT (Fondo per l' Innovazione Tecnologica) Altri Ministeri, quali il Ministero delle Politiche agricole e forestali, il Ministero dell'ambiente e il Ministero della Salute sviluppano politiche della ricerca nelle loro rispettive aree di competenza. Vi sono poi degli investimenti che lo Stato effettua al fine di rafforzare le aree di eccellenza o favorire la concentrazione di strutture di trasferimento tecnologico. Fra tali azioni si possono citare ad esempio le politiche a sostegno della creazione di distretti tecnologici, di centri di eccellenza e di parchi scientifici e tecnologici. Il sistema nazionale della R&S ha visto, negli ultimi anni, una radicale riorganizzazione sia riguardo le modalità di programmazione e coordinamento delle politiche di indirizzo strategico, sia riguardo gli strumenti a sostegno della ricerca industriale, dell innovazione e diffusione tecnologica e della mobilità dei ricercatori. La riforma del sistema della ricerca scientifica e tecnologica trae origine dalla Legge n. 59 del 1997 (Legge Bassanini), che ha posto le basi per il riordino del settore attraverso la definizione di un nuovo modello istituzionale, attraverso il quale definire le strategie per il coordinamento delle attività di ricerca scientifica e tecnologica, nonché la riforma e la sistematizzazione delle procedure e degli strumenti a sostegno della ricerca e dell innovazione nelle imprese. 10

11 Tra gli aspetti più rilevanti di tale riordino va segnalata la definizione del processo di programmazione della politica di settore e il conseguente Programma Nazionale per la Ricerca (PNR) che ha durata triennale e definisce gli obiettivi generali e le modalità di attuazione degli interventi. Per quanto riguarda gli obiettivi più specifici per gli interventi di sostegno alla ricerca industriale, il Decreto Legislativo 297/99 (Riordino della disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilità dei ricercatori), la cui attuazione è disciplinata dal Decreto del MIUR dell 8 agosto 2000 n. 593, rappresenta un vero e proprio testo unico in materia. Con esso, infatti, si è provveduto al riordino e alla semplificazione degli strumenti vigenti in questo settore. Il Decreto definisce in maniera puntuale e in un unico schema: i beneficiari, le possibili categorie di intervento, le risorse finanziarie disponibili, le procedure per l accesso alle risorse e le modalità di coordinamento tra i soggetti preposti alla promozione dell innovazione e della ricerca applicata. Relativamente alle politiche per lo sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica del Mezzogiorno, uno strumento di fondamentale importanza è il Programma Operativo nazionale (PON) Ricerca Scientifica, Sviluppo tecnologico, Alta Formazione , che disciplina l utilizzo dei Fondi Strutturali dell UE disponibili per il settore, al quale si unisce il Complemento di programmazione che specifica le procedure e le modalità di attuazione degli interventi. Il PON si inserisce nel quadro delle politiche di sviluppo del Mezzogiorno, delineate nel Quadro Comunitario di Sostegno (il quale include, oltre ai PON, anche i Programmi Operativi Regionali per le regioni Obiettivo 1), e promuove interventi finalizzati al rafforzamento delle potenzialità di ricerca e innovazione del sistema meridionale, allo scopo di favorire la crescita e la competitività del sistema produttivo, la salvaguardia e la valorizzazione delle risorse naturali e culturali, la riqualificazione del sistema infrastrutturale, il miglioramento della qualità della vita, lo sviluppo delle competenze e dell occupazione qualificata. Tuttavia, nonostante le ingenti risorse destinate al suddetto Programma, negli anni novanta l investimento a favore della ricerca nel nostro Paese è comunque complessivamente diminuito. La causa principale di tale arretramento è da addebitarsi probabilmente alla forte flessione della spesa realizzata da parte delle imprese, proprio mentre si concretizzava una delle rivoluzioni tecnologiche più importanti. Mentre si enfatizzava la società della conoscenza e dell informazione, il nostro sistema produttivo sostanzialmente si ritirava dalla competizione tecnologica internazionale. Se il paese si trova oggi in pieno declino produttivo, sicuramente il crollo dell investimento privato nel settore della ricerca ha svolto senza dubbio un ruolo importante. All interno di tale dinamica generale, ha avuto un peso determinante la sconfitta tecnologica di quasi tutte le grandi imprese italiane nella competizione mondiale. In sostanza, la diminuzione dell investimento in ricerca e il declino della grande impresa italiana deriva in gran parte dalla rinuncia alla competizione tecnologica, e in questo, oggi, va individuato il principale fattore di crisi produttiva del Paese. 11

12 L Italia, dunque, si trova di fronte ad una questione molto grave e non più rinviabile: il sottodimensionamento del sistema nazionale della ricerca. Per migliorare la competitività comunque non bastano misure ad hoc, per quanto significative esse possano risultare essere, ma è necessario un impegno complessivo e globale del Governo, delle forze politiche e degli stessi attori del sistema di R&S: Università, EPR, imprese, fino agli stessi ricercatori ed addetti. L Ordinamento attuale prevede già che le Università, nell ambito della loro autonomia, dovranno programmare le proprie azioni avendo come riferimento sia le Linee Guida del Governo per il settore della Ricerca Scientifica, sia le priorità indicate nel Programma Nazionale della Ricerca, elaborato in coerenza con i principi e gli obiettivi che costituiscono il fondamento dei documenti europei prima menzionati. Alle Università è richiesto infatti di concorrere, insieme al sistema imprese, all incremento della competitività del Paese, ponendo particolare attenzione, tra l altro, ai rapporti tra Università e Impresa attraverso la costituzione di Industrial Liaison Office. Appare necessario, a questo punto, procedere ad un integrazione in tutti i settori d intervento politico, innovando anche la governance dell innovazione ed individuando chi elabora le politiche e i processi seguiti per l attuazione delle politiche stesse. L innovazione è il risultato di un sistema di relazioni che parte dalla ricerca scientifica fondamentale e attraverso una complessa interazione della comunità scientifica internazionale diviene una nuova base di conoscenza diffusa, attraverso cui ottenere ricadute produttive anche in comparti fra loro diversi. Per usare la più recente terminologia comunitaria, occorre in altri termini puntare ad una nuova piattaforma tecnologica. Una tale complessa interazione si sostanzia sempre più in ambiti territoriali in cui si uniscono Università, contesti industriali dinamici e organizzazioni finanziarie attente. Per dare un futuro a quello che c è di buono nella ricerca italiana occorre che essa venga saldamente ancorata nel contesto europeo. Il dibattito sulla necessità di superare gli ostacoli che si frappongono ad un pieno sviluppo della società e della conoscenza ha assunto in Europa una centralità indiscussa. Il problema italiano appare, tuttavia, molto più preoccupante per la presenza di una serie di elementi peculiari del nostro sistema, come la frammentazione dei settori produttivi, la loro collocazione prevalente in settori merceologici tradizionali a basso contenuto di conoscenza e tecnologia, un sistema del credito non idoneo a sostenere le attività più innovative e a maggior rischio. Queste specifiche caratteristiche italiane hanno determinato una minore correlazione tra le politiche per lo sviluppo, in particolare quelle rivolte all innovazione del sistema produttivo, e quelle di politica scientifica e tecnologica nazionale: le prime si sono spesso assestate sul versante di una incentivazione non finalizzata (ed ancor meno verificata), le seconde spesso si sono avvitate internamente al sistema pubblico universitario e degli enti di ricerca. A questa discrasia è 12

13 attribuibile probabilmente la gran parte dei problemi da cui è afflitta l Italia nel campo del trasferimento tecnologico. 1.2 Le relazioni tra sistema della ricerca e sistema industriale Uno dei risultati più fermi dell analisi economica è il nesso che corre tra gli investimenti in ricerca e innovazione di un economia e la sua capacità di accrescere il livello di benessere nel tempo. Non è dunque un caso se il nostro Paese arretra sempre più nelle classifiche internazionali della competitività e il suo ritmo di sviluppo si è ridotto significativamente negli ultimi due decenni. Nel 2002 la spesa per l attività di ricerca svolta in Italia dalle imprese, dagli enti della pubblica amministrazione, dalle istituzioni private nonprofit e dalle università è risultata pari a milioni di euro. Tale spesa è aumentata rispetto all anno precedente del 7,6% in termini nominali, mentre in termini reali tale incremento si è tradotto in una variazione positiva pari al 4,4%. Osservando le previsioni di spesa per R&S nel 2003 e nel 2004 di amministrazioni pubbliche, istituzioni private nonprofit e imprese si nota un consolidamento della crescita realizzata nel 2002: le amministrazioni pubbliche, infatti, prevedono un incremento della spesa per R&S intra-muros (ovvero quella che effettuano al loro interno) del 4,6% nel 2003 e dell 1,9% nel 2004; le istituzioni nonprofit stimano per il 2003 significative variazioni positive degli investimenti in R&S (+31,3%), mentre per l anno successivo si attendono una sostanziale stabilizzazione della spesa per R&S (+0,2%); infine, le imprese prevedono incrementi della spesa per R&S intra-muros superiori al 5% sia per il 2003 che per il Nel 2002 l incidenza percentuale della spesa per R&S sul Prodotto interno lordo (Pil) è stata pari all 1,16%, risultato che mostra un cauto incremento rispetto all anno precedente, quando tale percentuale si era attestata sull 1,11%. Tale indicatore viene frequentemente utilizzato per confrontare le performance dei diversi paesi nel campo della ricerca scientifica e, secondo i dati 13

14 pubblicati dall Ocse, ha sfiorato nel 2002 il 2% come media per l Unione europea (Ue25), mentre il valore medio per i paesi Ocse è risultato pari al 2,26%. Nel contesto internazionale, dunque, l Italia resta al di sotto della media dei propri partner. L analisi dell evoluzione degli investimenti in R&S delle imprese nel periodo (considerando i dati di previsione per il biennio ) mostra aumenti significativi nel 2002 (+5,%) seguiti da attese più modeste per il 2003 (+1,%) e il 2004 (+3,%). I risultati relativi al 2003 e al 2004 presentano segnali di vitalità del settore privato e rafforzano l attesa di una ulteriore crescita della spesa per R&S. Osservando le caratteristiche del sistema della ricerca privata italiana, una specificità che emerge è che, dal punto di vista strutturale, le attività di R&S sono fortemente concentrate nel segmento delle grandi imprese: nel 2002, infatti, circa l 82% della spesa per R&S intra-muros è stato sostenuto da aziende con almeno 250 addetti; le piccole imprese (ovvero quelle con meno di 50 addetti) hanno contribuito alla spesa per ricerca solo per il 5,6%, mentre le aziende di medie dimensioni ( addetti) hanno sostenuto circa il 13% della spesa complessiva. Le grandi imprese, dunque, hanno investito le quote più rilevanti nell ambito della ricerca privata, e di ciò si trova conferma anche osservando altri indicatori: le prime 30 imprese per dimensione della spesa hanno assorbito nel 2002 il 47,1% della spesa privata; le prime 50 imprese il 57,3% e le prime 100 imprese il 68,8%. Nel 2002 il personale impegnato in attività di R&S è risultato pari a unità equivalenti a tempo pieno (di cui ricercatori), contro le rilevate nel 2001 (di cui ricercatori). L incremento dell occupazione, complessivamente pari al 6,6% (un tasso inferiore all aumento del 7,6% della spesa intra-muros), ha interessato in modo significativo imprese, enti di ricerca e università, mentre nel comparto pubblico ove la ricerca non è l attività principale si è avuto un calo degli occupati in ricerca. Le imprese svolgono un ruolo essenziale per lo sviluppo di un Paese, applicando l'innovazione scientifica e sperimentando nuove tecnologie. Il sistema industriale italiano è costituito prevalentemente da piccole e medie imprese (PMI), che costituiscono circa il 70% della produzione di beni e servizi. Ciò, da un lato, è un fattore di alta flessibilità ma, dall'altro, non consente di avere una sufficiente "massa critica" per grandi progetti di ricerca. La ricerca, nei fatti, viene sviluppata prevalentemente in un ristretto numero di gruppi industriali di grandi dimensioni (ENI, FIAT, Pirelli e Telecom), che hanno notevoli risorse finanziarie. Sono inoltre stati sviluppati nel territorio italiano oltre 200 distretti industriali, spesso leader o coleader mondiali nei loro settori, con oltre 2 milioni di addetti e circa 1/3 dell'export nazionale. Alcuni dati sulla ricerca industriale in Italia sono disponibili nel sito web dell'airi (Associazione Italiana per la Ricerca Industriale). 14

15 Esiste anche una straordinaria produzione di nuova conoscenza nei settori delle nanotecnologie e dei nuovi materiali, delle biotecnologie, delle tecnologie medicali, delle applicazioni dell'informatica, del software applicativo ed innovativo e dei nuovi sistemi di comunicazione. Ciò prefigura ampi spazi di sviluppo per nuove imprese altamente innovative e la prospettiva di nuova occupazione qualificata. È in queste aree aperte al futuro che si proietta l'azione congiunta delle Regioni e del MIUR. Una prima analisi sulle imprese italiane che svolgono attività di ricerca e innovazione, è stata eseguita dal Centro Studi e Ricerche di Confindustria nella "Mappa delle competenze scientificotecnologiche". Sulla base dei progetti di ricerca finanziati a livello nazionale e internazionale tra il 1998 e il 2002 si è voluto proporre una panoramica delle imprese, dei settori, nonché delle tecnologie utilizzate nei progetti di ricerca delle aziende stesse, per esaminare la distribuzione delle competenze sul territorio, dei cluster tecnologici e delle potenzialità di collaborazione nazionale e internazionale tra imprese. La scelta di analizzare i progetti anziché le imprese trova ragione nel fatto che il numero dei progetti offre un idea più esaustiva dell intensità e della complessità delle attività di ricerca, distribuite sul territorio. I progetti sono stati quindi classificati in base alle tecnologie impiegate: grazie all aiuto di esperti e di associazioni di categoria è stata attribuita ad ogni progetto una tecnologia di riferimento. I progetti analizzati sono stati 5170, in un arco temporale che ha coperto gli anni , per un totale di 3592 imprese destinatarie di finanziamenti, di cui 433 grandi imprese e 2524 Pmi (per 635 di esse la dimensione non è disponibile). Tra le tecnologie impiegate, quelle che hanno trovato applicazione nel maggior numero di progetti sono state la meccanica e il software, dove netta è la prevalenza delle Pmi. Le regioni che hanno presentato il maggior numero di progetti sono, nell ordine, Lombardia, Piemonte, Lazio, Toscana, Veneto, Emilia Romagna e Campania. In tutte prevale sempre la presenza di Pmi sulle grandi imprese. Per quel che riguarda gli strumenti di finanziamento maggiormente impiegati sul territorio, il dato varia da regione a regione: in Campania, per esempio, le Pmi hanno preferito il ricorso all art. 14 della Legge 297/97 (assunzione di personale qualificato di ricerca) mentre le grandi imprese si sono rivolte al V programma quadro. Dal dato sulla correlazione tra numero di progetti e strumenti utilizzati, emerge che le Pmi hanno fatto ricorso soprattutto allo strumento che agevola l assunzione di personale qualificato di ricerca e al V programma quadro, seguiti dalle agevolazioni per spese in ricerca di carattere applicativo e per progetti di ricerca. Le grandi imprese, invece, hanno utilizzato, nell ordine, soprattutto il V 15

16 programma quadro e le agevolazioni per spese in ricerca di carattere applicativo e per progetti di ricerca. L analisi della concentrazione territoriale di alcune particolari tecnologie evidenzia il primato della Lombardia in quanto alla concentrazione di attività di ricerca. Su tre tecnologie campione considerate (biotecnologie, elettronica e software), tra le regioni con maggiore attività di ricerca, oltre alla Lombardia, emergono l Emilia Romagna, la Toscana e la Campania nelle biotecnologie; il Piemonte e la Campania nell elettronica; la Campania, a pari merito con la Lombardia, nel software. Ecco una griglia delle grandi imprese che investono in ricerca e sviluppo tecnologico in Italia: Alimentare Barilla Nestlè Parmalat Automobilistica Fiat Aerospaziale Alenia Spazio Chimica Montedison Snia Cosmetica L Oreal Energia Ansaldo Enitecnologie Edison Pirelli Farmaceutica Artsana AstraZeneca Alfa Wassermann Aventis Bracco Pharma Bayer Bioxell Diasorin Gentium Glaxosmithkline Italfarmaco Menarini Newron Novartis Pfizer Pharmaceuticals Farma Roche Informatica Expert-System Engineering Ingegneria Informatica Sono molteplici i fattori che hanno determinato la specializzazione produttiva e tecnologica del nostro Paese. Alcuni di questi hanno svolto un ruolo più importante e sono facilmente identificabili. La dimensione delle imprese In Italia esistono ancora molti vincoli alla crescita. Il primo vincolo è la dimensione delle imprese, che per il 90% è molto contenuta. La grossa presenza di PMI se da un lato ha permesso al nostro paese di essere flessibile e competitivo su molti settori, con punte di dominio, ora che la competitività si basa sempre di più sulla ricerca e innovazione rischia di rappresentare un vincolo. Ciò perché si riscontra una minore attività di R&S nelle imprese di dimensioni ridotte; questo aspetto se è comune a tutti i paesi, proprio a causa della enorme preponderanza nel nostro paese per imprese di piccole dimensioni. Come mostra la tabella infatti, molto più elevata sarebbe la nostra attività di R&S se immaginassimo di avere una struttura dimensionale e settoriale simile ai nostri principali concorrenti. 16

17 Ciò implica che il gap può essere recuperato solo attraverso la crescita delle dimensioni ed attraverso il passaggio a settori a maggiore intensità tecnologica o anche aumentando la presenza di R&S anche nei settori tradizionali. Specializzazione produttiva e struttura dimensionale R&S simulata delle imprese italiane se avessero la struttura dimensionale e settoriale dei paesi indicati nella riga corrispondente R&S effettiva realizzata dalle imprese nei paesi considerati Giappone 1,06 2,07 Stati Uniti 0,96 1,92 Germania 0,92 1,54 Francia 0,88 1,35 Regno Unito 0,77 1,20 Italia (spesa effettiva) 0,52 0,52 Fonte: Elaborazioni CSC (La competitività dell Italia, 2001) La rigidità del mercato del lavoro Un secondo vincolo è stato rappresentato dalla rigidità del mercato del lavoro. L Italia ha avuto negli ultimi decenni un mercato del lavoro molto rigido. Le imprese hanno cercato di superare gli ostacoli posti da questa rigidità e soprattutto dall elevato costo del lavoro aumentando gli investimenti in innovazioni di processo e in macchinari. Ciò si è riflesso in un rapporto capitale/lavoro molto più alto dei nostri principali competitori. L intensa innovazione di processo ha da un lato permesso alle nostre imprese di essere competitive sui mercati internazionali, soprattutto nei settori in cui eravamo già leader per qualità e innovatività dei prodotti, ma rischia ora di rappresentare un forte limite a successivi percorsi di crescita. La flessibilità del mercato del lavoro è un requisito indispensabile per innescare e permettere processi di crescita rapidi in rapporto alle mutate caratteristiche dei mercati internazionali. Questo dato è ancora più rilevante per le imprese operanti nei settori hi-tech e per le attività di ricerca. 17

18 Ricerca e innovazione richiedono flessibilità 3 Spesa per R&S delle imprese in % del Pil Svezia 2,5 Finlandia 2 Stati Uniti Giappone Germania 1,5 Regno Unito Danimarca Belgio Francia 1 Irlanda Canada Olanda Austria 0,5 Australia Spagna Italia Grecia Portogallo 0 Fonte: Commissione europea. 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 Indicatore Ocse di rigidità del mercato del lavoro Esiste una chiara correlazione negativa tra il peso della R&S sul Pil e il grado di rigidità del mercato del lavoro, anche se ciò non implica un nesso causale diretto tra i due fenomeni. Le eccezioni Svezia, Finlandia e Giappone sono spiegabili o in base alla dimensione piccola delle economie in questione che hanno permesso politiche fortemente centrate su alta tecnologia o sulle specificità del sistema socio economico come nel caso del Giappone. Ne deriva la necessità di considerare le politiche per la R&S l Innovazione nell ambito di un mix di misure dirette a elevare il grado di flessibilità e di dinamicità del sistema anche sul piano del mercato dei fattori di produzione, in particolare lavoro, e dei mercati finanziari. La mancanza di una politica della ricerca chiara e di lungo periodo Un ulteriore ostacolo alla crescita in Italia delle attività di R&S è stata la mancanza di una politica nazionale chiara e di lungo periodo per la ricerca, sia pubblica che privata. Sempre nella distribuzione dei fondi, è mancato un disegno complessivo, che permettesse, sulla base dell analisi dei punti di forza e di debolezza del sistema produttivo, di orientare gli investimenti (sia in termini di incentivi alle imprese che di fondi per ricerca effettuati da soggetti pubblici) verso determinati settori. BUDGET DELLE POLITICHE PER R&S NELLE FINANZIARIE (Tassi di crescita ) Italia Germania Regno Unito Francia Stati Uniti 18 0,0 10,0 20,0 30,0

19 La scarsità di competenza scientifiche di livello internazionale Un forte ostacolo alla diffusione della R&S nelle imprese, soprattutto PMI, è stata l assenza di un sistema della ricerca pubblica flessibile e capace di dialogare con il sistema produttivo. Le università e gli Enti pubblici di ricerca sono stati caratterizzati da logiche di autorefenzialità e di ridottissima apertura al mercato e soprattutto alle PMI. Non sono certo mancati casi di contatto e collaborazione, da cui sono stati generati tra l altro esempi di successo della ricerca italiana (un solo riferimento: Natta). Ma questo processo ha riguardato prevalentemente le grandi imprese e i grandi atenei o centri di ricerca. Questo dato è confermato dall analisi svolta da Confindustria nel progetto La collaborazione Università-Impresa, nel quale sono state intervistate le 30 grandi imprese italiane maggiormente impegnate in attività di R&S per verificare il livello e le modalità con cui interagivano con il sistema pubblico di ricerca. Solo negli ultimi anni si è avviato un processo di spinta di questi enti verso il mercato, purtroppo spesso bloccato o rallentato da logiche interne corporativistiche e clientelari. La presenza di un forte, eccellente e flessibile sistema della ricerca pubblica è un fattore competitivo primario nel confronto con altri paesi europei e OCSE. Assenza di strutture idonee ad R&S Una fondamentale variabile competitiva sia a livello aziendale, che di filiera che di territorio non viene di fatto utilizzata al meglio. All interno delle PMI solo una minoranza dispone di una vera e propria struttura di R&S e di risorse professionali qualificate e specialistiche destinate esclusivamente all'attività di ricerca, mentre frequentemente le strutture tecniche interne sono sostanzialmente uffici preposti alla progettazione e ingegnerizzazione. Molte idee di innovazione non si traducono in progetti concreti per mancanza di adeguate misure di supporto. Promuovere e realizzare un progetto di innovazione richiede tempo, energie e risorse, di cui troppo spesso le PMI non dispongono, date le maggiori pressioni esercitate dall attività produttiva e dal day by day. Mancanza di una cultura dell innovazione 19

20 Un ulteriore fattore frenante è costituito dalla mancanza da parte dell'imprenditore della cultura necessaria per adottare una prospettiva di lungo termine da adottare per garantire un costante ed adeguato sviluppo tecnologico. Costi troppo elevati per fare innovazione Una difficoltà sostanziale riguarda il costo troppo elevato che occorre sostenere per innovare all interno delle PMI. Il ricorso a fonti private esterne di finanziamento dell'innovazione risulta essere una pratica estremamente sporadica, mentre l'autofinanziamento rappresenta lo strumento principalmente utilizzato. Riguardo al finanziamento pubblico, il mancato accesso di molte imprese frequentemente è dovuto a problemi di: 1. scarsa informazione circa le agevolazioni e le opportunità di finanziamento; 2. difficoltà di preparazione della documentazione necessaria per la presentazione della richiesta di agevolazione. La collaborazione con l'esterno è piuttosto limitata, prevalendo in generale la diffidenza verso le strutture di ricerca (Università), a causa della difficoltà di instaurare con esse relazioni di tipo più operativo. Infatti, è largamente diffusa tra le PMI l'idea che l'attività sviluppata dalle strutture di ricerca pubbliche sia fortemente sbilanciata verso la ricerca di base e non offra soluzioni tecnologiche adatte sul piano della fattibilità Altre problematiche inerenti la valorizzazione dell attività di ricerca: il rapporto pubblico privato, gli spin off, i brevetti e i distretti tecnologici. E intenso il dibattito, in Europa ed anche in Italia, sulla valorizzazione della ricerca scientifica pubblica. Tale dibattito fa riferimento all evoluzione in corso in merito all utilizzo delle diverse modalità di sfruttamento commerciale dei risultati della ricerca svolta nei laboratori pubblici (università, CNR, ecc.) e comunque alla necessità che a livello di sistema paese i risultati delle ricerche svolte, ed in particolare quelli che possono essere oggetto di applicazioni industriali, vengano effettivamente immessi e valorizzati nelle filiere dell innovazione che conducono a nuovi prodotti, processi e servizi. L equazione più ricerca uguale più innovazione più competitività più ricchezza tuttavia non è esatta e la sua soluzione richiede una attenta considerazione di una pluralità di fattori. La catena del valore che parte dalla ricerca e sviluppo, prosegue infatti con la produzione di beni e servizi, la distribuzione, il marketing ed è strettamente associata a ulteriori cruciali fattori di natura finanziaria (crediti, agevolazioni, etc.). L enfasi sulla valorizzazione dei risultati della ricerca rappresenta una caratteristica consolidata del sistema universitario americano, storicamente orientato non solo alla ricerca di base, ma anche 20

21 all innovazione industriale, che rappresenta la sua vera vocazione originaria. Tuttavia, l impegno nella valorizzazione è diventato negli ultimi venti anni anche un elemento caratterizzante il sistema europeo, per vari motivi avvertita con diversa intensità nei principali paesi. Tra i motivi di maggior rilievo figurano: - il calo dei finanziamenti pubblici per la ricerca e la necessità di reperire fonti alternative; - l emergere di nuove discipline scientifiche i cui risultati sono direttamente oggetto di trasferimento a partner industriali; - l individuazione nei maggiori documenti programmatici della UE del trasferimento tecnologico come una delle maggiori debolezze del sistema europeo. In realtà, l impegno nella valorizzazione della ricerca scientifica, che in alcuni paesi europei si avvale di agenzie nazionali ben finanziate e operanti da molti anni, non è certo sostitutivo rispetto alla necessità di finanziare adeguatamente la ricerca scientifica pubblica, ai fini della competitività nazionale, come ben evidenziato da numerosi studiosi che sono intervenuti, nel corso dei primi anni duemila, ad integrazione ed a parziale rettifica del Libro Verde sull Innovazione del 1995 (Pavitt). Tuttavia, a fronte di sempre maggiori difficoltà a reperire risorse finanziarie dai bilanci nazionali, i progetti di valorizzazione dei risultati appaiono come una conditio sine qua non, ai fini del raggiungimento di situazioni di maggiore efficienza ed efficacia per le nostre imprese nella competizione globale, sempre più basata sulla conoscenza e sui fattori immateriali. In effetti, soprattutto a partire dalla metà degli anni 90, gli Enti Pubblici di Ricerca (Epr) italiani hanno avviato iniziative di varia natura sui due principali strumenti di valorizzazione della ricerca scientifica: le imprese spin off della ricerca e i brevetti. Il gruppo di lavoro del CNR sul Trasferimento dei risultati della ricerca e i brevetti, Jovane et al. 3 ha analizzato in dettaglio il problema del trasferimento dei risultati di ricerca al sistema industriale e al ruolo che gli EPR, particolarmente il CNR ha svolto in proposito. Per quanto concerne le imprese spin off e gli effetti del D.L. 297/1999 si forniranno alcune ulteriori riflessioni. Le imprese spin off della ricerca e la Legge 297/99 Le imprese spin off della ricerca sono nuove iniziative imprenditoriali basate su conoscenza prodotta negli Epr e nell Università e includono nella compagine societaria docenti, ricercatori, dottori di ricerca oppure laureati che hanno collaborato per vari anni nei laboratori pubblici, acquisendo competenze specifiche sulle quali hanno elaborato un business plan. Negli ultimi anni anche alcuni Epr ed università hanno partecipato direttamente al capitale sociale di queste imprese. Recenti stime hanno individuato in più di 200 le imprese spin off della ricerca presenti in Italia. Si tratta generalmente di imprese caratterizzate da un elevato tasso di sopravvivenza, ma da modesti tassi di crescita, che solo qualche anno dopo la costituzione, dopo un 3 Jovane, F., Turning Manufacture into Manufuture, Opening Session, CIRP 53 rd, General Assembly, Montreal, Canada,

22 periodo di rodaggio, iniziano a svolgere le attività più innovative, quelle per le quali erano state originariamente costituite con molte speranze e notevoli sacrifici, anche finanziarie, da giovani ricercatori. I settori nei quali esse operano sono soprattutto quelli caratterizzati da basse barriere all entrata e da modesti investimenti in attrezzature, come l Information Technology. Anche in Italia, come avviene soprattutto nei paesi anglosassoni e del Nord Europa, alcune università hanno creato condizioni favorevoli per la nascita di queste imprese ed hanno messo a disposizione specifici strumenti (finanziari, gestionali, infrastrutturali) a disposizione dei ricercatori/imprenditori. Ad oggi, in Italia, pur in presenza di una fase minore di dinamismo rispetto all apice della new economy di pochi anni orsono, esistono ancora buone potenzialità per la creazione di questo tipo di imprese innovative. Gli elementi cruciali ai fini di una maggiore diffusione del fenomeno appaiono soprattutto i due seguenti. In primo luogo la necessità di chiarire ulteriormente gli ambiti e le modalità operative degli EPR, che pur nella loro autonomia, devono spesso ancora definire regolamenti, modalità di partecipazione, norme sui conflitti di interessi, ecc. In secondo luogo, la necessità di mettere a disposizione dei potenziali imprenditori sia strumenti finanziari snelli e flessibili, non necessariamente di importo elevato, per finanziare le prime fasi di attività, che strumenti e competenze gestionali, e soprattutto di marketing dell innovazione, spesso carenti per questo tipo di iniziative. Le novità in termini di legislazione in materia sono rappresentate essenzialmente dalla L. 297/99, che ha previsto interventi finanziari soprattutto di seed capital a favore di questo tipo di iniziative imprenditoriali, e di cui è stato accennato precedentemente, attribuendo di fatto un necessario riconoscimento giuridico istituzionale alle imprese spin off accademiche. In questo ambito gli interventi di policy più necessari sono quelli che mirano a non lasciare sole queste imprese dopo il primo episodio di finanziamento. Infatti, e soprattutto nel caso italiano, le spin off della ricerca evidenziano un elevato tasso di sopravvivenza, ma un basso tasso di crescita dimensionale, replicando un nanismo tipico dell imprenditorialità italiana. I brevetti delle università In relazione ai brevetti, è solo di recente che sono aumentati la sensibilità e l interesse degli Epr italiani nei confronti della protezione legale dei risultati delle ricerche svolte. Nell esperienza americana e inglese l attenzione ai brevetti, anche nelle università, è sempre stata abbastanza spiccata, e l adozione del Bayh Dole Act negli Usa, nei primi anni 80, ha determinato un ulteriore aumento del numero dei brevetti ottenuti dalle università, sebbene a fronte di un calo della qualità media dei brevetti stessi. L esperienza americana è più matura sia nella gestione del processo di protezione dei risultati della ricerca (e cioè l ottenimento di un brevetto), sia nel successivo sfruttamento commerciale (e cioè l individuazione di un partner industriale interessato all invenzione e disposto a pagare per ottenere una licenza esclusiva o non esclusiva). In Italia è significativo il numero di brevetti ottenuti da Epr (soprattutto dal Cnr), presso gli appositi organismi europei ed americani. Tali numeri pongono l Italia in una posizione non drammatica 22

23 rispetto ad altri paesi avanzati in termini di produttività media, ma certamente preoccupante in termini di numero assoluto di brevetti in portafoglio. In altri termini, come è stato precedentemente dimostrato, il problema sembra essere lo scarso numero di ricercatori operanti in Italia piuttosto che la loro produttività media. Tuttavia, vale la pena sottolineare che un elemento fondamentale, al di là delle fasi di scoperta scientifica e di successivo ottenimento di un brevetto, è l attività di sfruttamento del brevetto stesso, che nel caso degli Epr riguarda essenzialmente la concessione del diritto di licenza, esclusiva o non, ad imprese private od in particolare ad imprese spin off della ricerca, non essendo praticabile per loro la via dell applicazione industriale in proprio. A questo proposito, recenti (e rari) studi hanno evidenziato come tale attività di trasferimento sia ancora carente nel nostro Paese, ma in generale ancora non sufficientemente analizzata e monitorata proprio a causa della relativa novità del fenomeno. Volendo individuare, come per il punto precedente, gli elementi cruciali in questo ambito, questi sembrano consistere essenzialmente nel facilitare ed incoraggiare attività di sperimentazione presso gli Epr, in particolare attraverso la costituzione di uffici appositamente creati per la gestione dei diritti di proprietà intellettuale, e magari anche della creazione di imprese spin off, trattandosi di argomenti fra loro strettamente connessi. Infatti, a fronte di una letteratura economica che ben evidenzia i possibili effetti positivi e negativi di una intensa attività brevettale negli Epr (più proventi, più trasferimento, ma anche meno pubblicazioni e meno progetti di ricerca di lungo termine), questi ultimi, in Italia, stanno attraversando la fase della sensibilizzazione nei confronti della questione, stanno in parte aumentando la propria attività brevettale, ma non sono ancora particolarmente attivi nella fase di licensing e di negoziazione dei diritti. Appare quindi necessario che gli Epr dedichino più tempo e risorse a questa ultima attività, provando a consolidare quelle che emergeranno come best practice, anche in collegamento con esperienze straniere, affinché in pochi anni si riesca a fare il punto sul fenomeno e possibilmente stilare alcuni orientamenti di base. Il trasferimento tecnologico Per quanto riguarda invece il trasferimento tecnologico, occorre distinguere le dinamiche che caratterizzano i settori high tech da quelle che interessano i settori tradizionali. In relazione ai settori high tech il trasferimento tecnologico dal settore pubblico a quello privato avviene attraverso tre canali: - il primo è quello dei progetti di ricerca affidati dall industria all università; - il secondo è quello rappresentato da iniziative dell università alle quali sono chiamate a partecipare anche le imprese, come nel caso dei progetti di ricerca europei e dei progetti FIRB. Ciò determina una maggiore possibilità di successo in termini di effettiva applicazione industriale dei risultati della ricerca; 23

24 - il terzo canale si verifica quando i laboratori universitari e laboratori industriali sono localizzati uno vicino all altro, o addirittura sperimentano forme di integrazione, come è richiesto dai recenti bandi FIRB e dalle iniziative afferenti al PON. In tal caso i laboratori universitari possono avere diverse specializzazioni: ricerca di base, sperimentazione, ricerca applicata. Naturalmente la regia e il bilanciamento di tali iniziative è più complessa, soprattutto quando l orizzonte temporale è di lungo termine, ed è maggiore anche l impegno nel riflettere su questioni di proprietà intellettuale, libertà nella definizione dei percorsi di ricerca, ecc. Nel caso dei settori tradizionali, il trasferimento tecnologico dal pubblico al privato è senza dubbio più complesso e faticoso. In questo caso le operazioni di trasferimento dovrebbero essere basate su una piattaforma comune di fiducia e interesse, difficile da creare quando il partner dell università è rappresentato dalle PMI. Da questo punto di vista, il progetto Link, recentemente concluso da una rete di università coordinate dalla Scuola Sant Anna di Pisa, ha sperimentato con successo un modello che è partito da una ricognizione della domanda di innovazione delle imprese e una successiva attività di matching con le competenze delle università localizzate nei diversi territori. In generale, sembra opportuno puntare a progetti ispirati dalla filosofia dell innovazione by interacting, in cui lo stretto collegamento tra ricercatori pubblici e piccole imprese garantisca maggiori probabilità di successo e di diffusività nel contesto territoriale di riferimento. Peraltro, come noto e più volte confermato empiricamente (Road map for Italy), l interazione pubblico privato è facilitata dalla presenza nelle PMI di un nucleo, anche piccolo, di personale tecnico, con buone capacità di assorbimento delle conoscenze provenienti dall esterno. Nei distretti, che pur essendo formati da PMI presentano situazioni peculiari, bisogna puntare preferibilmente a progetti che abbiano carattere generale, magari concordati con poche imprese o con associazioni o consorzi, e che però abbiano prospettive di diffusione a molte imprese, nonostante il forte desiderio delle imprese distrettuali di avviare iniziative che diano loro vantaggi competitivi non estendibili ai concorrenti. Infatti, le PMI solitamente non hanno mezzi per investire in innovazione e sono quindi necessari sistemi di pagamento/finanziamento collettivo della ricerca. In un ottica di policy può essere suggerito di partire con progetti che coinvolgono le imprese più sensibili, che si prestino alla sperimentazione, per poi far leva, per la diffusione, anche su altri soggetti. Concretamente, si indicano in questa sede almeno tre azioni sulle quali intensificare la discussione a livello nazionale e possibilmente progettare misure specifiche di policy. - La prima, l avvenuta costituzione, nel 2002, del Network Universitario per la Valorizzazione della Ricerca, al quale hanno aderito più di 30 università italiane con lo scopo, tra l altro, di scambiarsi informazioni, esperienze e procedure e magari, in prospettiva, mettere in comune risorse umane e investimenti di varia natura per valorizzare congiuntamente il loro portafoglio di diritti di proprietà intellettuale. 24

25 - La seconda, la necessità di approfondire, coinvolgendo anche gli Epr, il dibattito in corso sulle proposte di modifica alla legge sui brevetti, i cui recenti cambiamenti, con riflessi negativi e positivi, hanno senza dubbio profondamente influenzato il modo in cui gli Epr proteggono i loro risultati di ricerca e, indirettamente, il modo in cui svolgono ricerca per enti esterni. Di fatto, è tutta la normativa sui brevetti che appare in fase di riprogettazione a livello nazionale, ed è importante che ciò avvenga con il contributo di tutte le parti interessate e competenti in materia. - La terza, la necessità di elaborare, per la nuova università, dei nuovi indicatori di performance. L esperienza internazionale insegna che gli esercizi di valutazione e benchmark sono fondamentali per dirigere investimenti, orientare le scelte degli studenti, dei docenti, ecc., ma che tali esercizi sono estremamente complessi e sovente basati solo su una parte della gamma di attività che vengono svolte nelle università attuali, organizzazione che stanno evolvendo rapidamente. Gli esercizi di valutazione non devono prendere in considerazione solo parametri come la qualità scientifica (pubblicazioni) e la qualità didattica (valutazione degli studenti, placement dei laureati), parametri peraltro ancora largamente sottoutilizzati nel nostro sistema, ma anche relativi alle nuove funzioni delle università come technology transfer factory (per esempio, i brevetti trasferiti, le collaborazioni con le imprese) e come regional development factory (per esempio, il numero di spin-off create, le nuove iniziative attivate sul territorio). L innovazione nei distretti industriali e l emergere di nuovi distretti tecnologici Il futuro dei distretti industriali A lungo, nel secondo dopoguerra, si è ritenuto di poter basare la competitività del nostro sistema paese anche secondo alcuni soprattutto sulla vitalità e la forte propensione all export delle imprese localizzate nei numerosi distretti industriali presenti in Italia. Queste potevano infatti fare leva sulla loro flessibilità, velocità di azione tattica e strategica, radicamento territoriale, snellezza organizzativa e burocratica, facilità nelle collaborazioni interaziendali. Ed effettivamente le performance di tali sistemi di impresa è stata di indubbio rilievo ed ha contraddistinto periodi particolarmente felici dell evoluzione del sistema industriale italiano. Più recentemente, il complesso delle imprese distrettuali è risultato anche complementare e in molti casi fortunatamente sussidiario al comparto della grande impresa, i cui elementi di vulnerabilità in generale, competitiva, ed in particolare, dal punto di vista occupazionale si sono presentati dapprima nel Mezzogiorno e progressivamente nel resto d Italia. Il modello distrettuale è stato ed è tuttora identificato come una sorta di best practice italiana che ha suscitato l interesse di molti paesi, sia di quelli avanzati, nel tentativo di consolidare la loro base industriale a supporto del sistema della grande impresa, sia di quelli in via di sviluppo, alla ricerca di ricette per avviare sviluppo economico dal basso, possibilmente con modesti investimenti infrastrutturali, basse barriere all entrata, pieno sfruttamento dei bassi costi del lavoro e buon impatto occupazionale. 25

26 Tuttavia, almeno due riflessioni si impongono in tema di competitività dei distretti e di processi di innovazione nelle imprese distrettuali. In primo luogo, va riconosciuta l esistenza di più tipologie di distretti, pur rimanendo in buona parte comuni gli elementi fondanti e tuttora determinanti gran parte della loro competitività. Non è infatti più possibile parlare di un solo modello distrettuale, tipicamente quello pratese, ma occorre invece prendere in considerazione nella loro peculiarità: - quelli nei quali è emersa un impresa leader (tipo Luxottica) che svolge funzioni di coordinamento e indirizzo; - quelli sorti intorno ad una grande impresa di antica costituzione (tipo Fiat a Torino) che ha determinato l avvio e il consolidamento delle attività; - quelli ad elevato contenuto tecnologico (tipo Mirandola) nati con dinamiche dal basso ; - quelli sempre ad elevato contenuto tecnologico, ma nati come conseguenza di grandi investimenti da parte del settore privato (Torino), pubblico (Pisa) o entrambi (Catania). In secondo luogo, non possiamo non riconoscere che la competitività dei distretti italiani è oggi seriamente minacciata, o quanto meno non possiamo sottrarci all urgenza di riflettere, discutere e prepararci, anche in termini di politiche, per fare in modo che quanto c è di buono nell economia delle imprese distrettuali, possa essere adeguatamente difeso e possibilmente ulteriormente sviluppato. In particolare, la competitività dei distretti è minacciata, a tenaglia : - dall ulteriore intensificarsi della concorrenza da parte di imprese di grandi dimensioni che a livello internazionale basano sia lo sviluppo di nuovi prodotti che le politiche di marketing su investimenti in R&S e in canali distributivi di eccezionali dimensioni, tali da determinare delle barriere insormontabili per molti sistemi distrettuali; - dall emergere di concorrenti provenienti da paesi in via di sviluppo che sono ormai in grado di realizzare prodotti di consumo e beni industriali di buona qualità a prezzi fuori dalla portata delle imprese italiane, avendo dalla loro parte le sufficienti competenze tecnologiche e sostanziali vantaggi in termini di costo dei fattori. A prescindere da strategie basate sulla difesa di produzioni tipiche, o comunque ad elevato valore aggiunto, come l alimentare, la moda o il design, e sulla ulteriore crescita di rincuoranti sostanziose nicchie di competenza, come in alcuni comparti delle macchine utensili, sembra che le interconnessioni tra ricerca, innovazioni e distretti, siano essenzialmente riconducibili alle due seguenti: l innesco di processi innovativi nei distretti industriali esistenti e l avvio/consolidamento di distretti a forte contenuto tecnologico. In relazione ai distretti industriali tradizionali, è noto come a fronte di innegabili vantaggi in termini di flessibilità, economie di apprendimento, esternalità positive di varia natura, creatività ed intuito imprenditoriale, la necessità di effettuare rilevanti investimenti in impianti produttivi e nuove tecnologie di prodotto e di processo, in assenza di un impresa leader sufficientemente robusta dal punto di vista finanziario e delle competenze, possa costituire un elemento di debolezza, dato che il 26

27 timore di essere imitati e la mancanza di risorse finanziarie e capacità di assorbimento possono determinare rallentamenti nell adozione di nuove tecnologie da parte delle piccole imprese distrettuali. E non sempre, anzi di rado, il contributo dei consulenti tecnici, delle università ed anche dei centri servizi diffusi sul territorio, è stato sufficiente per ovviare a tale difficoltà. La conseguenza è che in molti distretti la competitività è messa a rischio dalla non adeguatezza delle tecnologie utilizzate, così come dall insufficiente adozione di strumenti informatici che potrebbero consentire un ulteriore affinamento di skill tipiche delle imprese distrettuali, quali la trasmissione delle informazioni e il coordinamento delle attività produttive. Verso nuove architetture distrettuali La realtà dei distretti industriali è senza dubbio tipica dell economia italiana, ed è quindi prioritario inserire nelle discussioni di policy a livello nazionale il tema dei processi innovativi nei distretti. Lo snodo critico è rappresentato dal fatto che i distretti hanno sempre fatto leva su esternalità che hanno aumentato in modo rilevante, potremmo dire quasi a dismisura, l efficienza produttiva delle imprese distrettuali. E soprattutto su questa efficienza che esse hanno fatto leva ai fini della propria competitività. Tuttavia, al contrario dell efficienza produttiva, l efficienza innovativa si basa sia su esternalità che su internalità, e su questo fronte l impresa distrettuale evidenzia tutte le debolezze. L efficienza innovativa si basa infatti su competenze interne (di ricerca, tecniche, o almeno di assorbimento), su manager con formazione avanzata, su canali di comunicazione e di scambio di informazioni tipicamente extralocali. Dato che la frammentazione imprenditoriale dei distretti è compatibile con l efficienza produttiva, ma non con l innovazione, è necessario individuare una nuova architettura distrettuale, che consenta, tra l altro, di ovviare alle debolezze nell innovazione, ma anche a quelle nel marketing e nella commercializzazione. A questo proposito, due appaiono i percorsi di maggiore interesse. Il primo riguarda la dimensione delle imprese, il secondo l università ed il trasferimento tecnologico. Per quanto riguarda il primo, è fondamentale forzare dinamiche di consolidamento delle imprese distrettuali, determinando dinamiche di crescita dimensionale. L esame della realtà indica che le imprese che sono cresciute sono quelle che sono state capaci di dar luogo a nuovi modelli d impresa, tramite: - innovazione negli assetti proprietari, tramite l entrata di nuovi soci, la quotazione in borsa, l adozione di nuove forme di governance; - innovazione organizzativa e nelle competenze interne, tramite l assunzione di manager professionisti e giovani talenti e l adozione di nuove forme organizzative; - innovazione nei canali e nelle modalità di presenza sui mercati esteri, anche tramite l acquisizione di canali distributivi pre-esistenti e il rafforzamento dei marchi aziendali su scala internazionale; - innovazione nello sviluppo di nuovi prodotti, aumentando il contenuto di design, l immagine, l utilizzo di nuovi materiali. 27

28 In realtà tutto ciò rappresenta un passaggio molto complesso dato che comporta un deciso salto di qualità e profonde discontinuità nelle modalità di gestione delle imprese distrettuali. Per quanto riguarda il ruolo della ricerca scientifica, indubbiamente la presenza di un università in un distretto industriale può essere utile, per motivi legati alla formazione, alla ricerca scientifica e tecnologica, e al sistema delle relazioni in generale, ed anche ai fini della formazione di una vera e propria nuova classe dirigente nei distretti. I distretti tecnologici Per quanto riguarda i nuovi distretti tecnologici, si tratta di aggregazioni territoriali di attività ad alto contenuto tecnologico, veri e propri hub dell innovazione, nei quali forniscono il proprio contributo, con configurazioni diverse nelle varie realtà, Enti Pubblici di Ricerca, grandi imprese, piccole imprese nuove o già esistenti, enti locali. I distretti tecnologici rappresentano attualmente in Italia una potenzialità estremamente promettente a fronte del consolidamento e anche un po dell esaurimento dell esperienza dei parchi scientifici e del nuovo dinamismo espresso in anni recenti dalle università e da alcune grandi imprese, emerse come veri e propri registi dello sviluppo territoriale. Da questo punto di vista i distretti tecnologici esaltano la necessità di sviluppare processi di innovazione compositi, arricchiti dal contributo di una varietà di soggetti con competenze e anche obiettivi diversi. Anche per quanto riguarda i distretti tecnologici esistono senza dubbio esperienze internazionali cui fare riferimento, ma non possono essere trascurate alcune peculiarità italiane, sulle quali si potrebbe far leva per innescare processi di crescita nel futuro. La prima è rappresentata dall attrattività dell Italia come sede di centri di R&S di imprese multinazionali, grazie alla qualità e alla relativa convenienza dei propri laureati. Da questo punto di vista l Italia si presenta come un alternativa con caratteristiche senza dubbio diverse, rispetto alla localizzazione di laboratori di R&S privati, poi, possono essere innescati ulteriori processi di sviluppo locale, come ben evidenziato dal caso Stm-Catania. La seconda è la varietà dei distretti tecnologici presenti in Italia. A prescindere, almeno in questa fase, da una rigida ortodossia definitoria, talvolta vengono definiti distretti tecnologici quelle che in realtà sono aree metropolitane nelle quali operano molte attività, pubbliche e private, ad elevato contenuto scientifico-tecnologico, come Milano o Roma. Situazione un po diversa è quella dei distretti tecnologici come quello di Torino, dove l elemento caratterizzante è la presenza di un limitato numero di grandi laboratori di ricerca privati (come Tilab e Crf), che di conseguenza caratterizzano tematicamente il distretto. In altre aree non metropolitane, non solo il numero di ricercatori pubblici è elevato in termini assoluti, ma è in gran lunga superiore alla media nazionale l incidenza sulla popolazione dell area, come nel caso di Pisa, dove numerose imprese high tech sono nate in prossimità delle presenze universitarie e del Cnr. Si hanno anche casi come quello di Catania, dove una grande impresa high tech (Stm) ha rivitalizzato un pre-esistente e importante tessuto di ricerca pubblica particolarmente forte nel 28

29 campo della fisica (Università di Catania e Infin), tanto da innescare processi di investimento anche da parte di altre grandi imprese (Nokia). Si hanno infine casi ancora di non univoca interpretazione, come il distretto delle Ict di Cagliari, che appare fondare le proprie radici negli investimenti pubblici nel Crs ed avere poi avuto come driver industriali prima Video on line di Grauso e poi Tiscali di Soru. La priorità più rilevante per una politica dei distretti tecnologici in Italia, è quella di accelerare la collaborazione tra diversi soggetti istituzionali nell ambito di una forte collaborazione pubblicoprivato sorretta da un processo di intesa istituzionale tra amministrazioni centrali, regionali e locali. Queste sono le considerazioni che hanno motivato gli interventi del MIUR in questo importante settore. L obiettivo è quello di promuovere e di stimolare un processo competitivo tra regioni per creare in numerose aree del Paese poli di ricerca e di innovazione di eccellenza a livello internazionale con la finalità di accelerare il processo di trasferimento tecnologico nell ambito di progetti condivisi tra i vari attori del sistema scientifico e dell innovazione italiano. 1.3 TechnoDistrict: la genesi/i principi ispiratori e le finalità perseguite L idea di un tecnodistretto nasce con la finalità di far entrare in sinergia il sistema di ricerca con la filiera delle PMI produttrici/acquisitrici di output tecnologici di elevato livello per rafforzarne la capacità competitiva sui mercati locali ed internazionali. Ciò sarà reso possibile grazie alla sperimentazione, prototipazione, ingegnerizzazione e messa in produzione di nuove soluzioni ed all ottimizzazione dei processi produttivi già esistenti. La sua realizzazione si basa sull azione di spin-off tra il mondo produttivo e quello della ricerca, ritenendo l adozione di una tale formula come il contesto ideale per la circolazione delle competenze, delle informazioni e delle conoscenze nell ambito del mercato globale. Lo spin-off Si crea uno spin-off ogni volta che soggetti, impegnati in contesti imprenditoriali, accademici o istituzionali, danno vita ad una iniziativa imprenditoriale, valorizzando le esperienze professionali e il know-how maturato. INDUSTRIA RICERCA 29

30 ISTITUZIONI A livello internazionale le best practice sono caratterizzate dall associazione di: forme codificate di trasferimento (licenze e cessioni di brevetti, contratti industriali) forme tacite di trasferimento (spin off, promozione, progetti di ricerca congiunti, formazione) Gli spin-off di ricerca rappresentano un efficace strumento per il trasferimento sul mercato di tecnologie e competenze e per lo sviluppo di imprese in grado di competere nei settori a più alto valore aggiunto in quanto costituiscono un importante legame tra scienza e mercato, tra risultati di ricerca e prodotti/servizi innovativi ed hanno quali caratteristiche: imprese che offrono servizi e/o prodotti nei settori dell alta tecnologia si rivolgono principalmente a mercati di nicchia sono in grado di innovare il tessuto imprenditoriale grazie allo stretto legame con il mondo della ricerca investono molte delle loro risorse in attività di R&S I fattori che influenzano la nascita di imprese spin-off sono: tecnologici: conoscenze scientifiche e tecnologiche maturate dal ricercatore che consentono di ottenere applicazioni innovative commerciali: individuazione di un mercato di sbocco per una nuova tecnologia finanziari: disponibilità di finanziamenti alla ricerca scientifica per sostenere progetti a rischio infrastrutturali: presenza di istituzioni e programmi destinati al sostegno di nuove iniziative imprenditoriali In Italia si riscontra una minore diffusione di spin-off rispetto ad altri Paesi europei ed una carenza di investitori istituzionali e operatori finanziari e professionali capaci di dare alle imprese veri obiettivi industriali e di redditività a lungo termine: la quota di investimenti di capitale a rischio dedicata all innovazione ed all alta tecnologia non va oltre il 7% (dati 2004 Aifi - Associazione italiana del private equity e venture capital) Dall idea al progetto L attività che il gruppo di lavoro sul metadistretto Technodistrict ha avviato nel giugno 2004, trova la sua giustificazione in un momento in cui l implementazione e la diffusione di prodotti ad alto potenziale tecnologico sono visti come una tra le possibili strade percorribili affinché si colmi quella discrepanza sempre più evidente tra Nord e Sud Italia. Infatti già durante il discorso preparato all atto del suo insediamento in Confindustria alla fine del maggio 2004, il Presidente Montezemolo parlava di sviluppo, competitività, efficienza, innovazione, non senza un tangibile rammarico nei confronti del Mezzogiorno e di una scadenza, il 2006, che 30

31 avrebbe ridimensionato il sostegno concesso dall Unione Europea alle regioni meridionali a causa della revisione delle politiche di riequilibrio territoriale conseguenti all ingresso dei dieci nuovi paesi. Tale indicazione trovava riscontro anche nel Testo dell'accordo sul Mezzogiorno siglato il 2 novembre 2004 a Roma da Confindustria insieme a 13 organizzazioni datoriali (cui si sono aggiunte successivamente Confetra e Casartigiani) e da Cgil, Cisl e Uil dal titolo Progetto Mezzogiorno, i protagonisti dell'economia e del lavoro per lo sviluppo del Mezzogiorno ed i cui obiettivi principali erano la creazione di un'industria competitiva, l'attrazione degli investimenti e la valorizzazione delle risorse meridionali. Vi si legge, testualmente, che le imprese del terziario, vanno accompagnate verso gli obiettivi dell innovazione e della competitività, che si perseguono con maggiore difficoltà a causa di pesanti vincoli esterni alle imprese e che, per fare questo, è necessario un pacchetto di interventi per favorire la crescita dimensionale media delle imprese meridionali, per la creazione di reti e distretti d impresa (agroalimentare, hi tech, terziario, ecc), per la diffusione di consorzi per la ricerca e l export, per favorire l innovazione di prodotto, di processo e organizzativa, per il rafforzamento della sinergia tra imprese, Università e centri di eccellenza sul territorio. Questa riflessione, d altronde, nella sostanza era stata condivisa anche dalla Banca d Italia: il Mezzogiorno può essere ancora una grande occasione per lo sviluppo dell Italia, semprechè le imprese non incontrino più gli atavici ostacoli più rilevanti all adozione di nuove tecnologie, quali gli elevati costi e rischi dell innovazione, la carenza di forme specifiche di finanziamento, la mancanza di personale qualificato, ma soprattutto un ancora limitata integrazione fra sistema produttivo, da un lato, Università e Istituti di ricerca dall altro. L Unione degli Industriali della Provincia di Caserta già nel luglio 2002 proponeva alle istituzioni un azione congiunta per analizzare le reali condizioni del settore ICT e progettare azioni di sostegno e rilancio. Dalla condivisione dell opportunità di una tale iniziativa, è stato sottoscritto un Protocollo d Intesa tra Regione Campania, Seconda Università degli Studi di Napoli, dalle Associazioni Sindacali (CGIL, CISL e UIL) e dall Unione degli Industriali della Provincia di Caserta. Inoltre la Seconda Università di Napoli ha redatto un ulteriore documento sul piano di rilancio delle attività produttive della Provincia di Caserta. Ancor prima, nel 1999, l Associazione degli imprenditori casertani sottoscriveva una convenzione con l ARPA (Agenzia Ricerca e Produzione Avanzata) per lo sviluppo della ricerca applicata e della cooperazione tra Università e sistema delle Piccole e Medie Imprese. Sul versante della collaborazione col mondo accademico, era stato stilato in data 1 novembre 2004 un accordo tra la Seconda Università degli Studi di Napoli e l Università Statale di Mosca dell Economia, Statistica ed Informatica, secondo cui le due facoltà, nelle persone dei Rettori, si impegnavano a favorire rapporti di reciproca collaborazione nel campo della ricerca scientifica anche attraverso la mobilità di studenti e ricercatori, incentivando la partecipazione congiunta nei programmi e progetti europei ed internazionali per la ricerca, educazione e consulenza. 31

32 Nell ambito di tali attività, le parti s impegnavano altresì a costituire un centro di ricerca universitario russo-italiano per l innovazione. Nel luglio 2004 nasceva l idea di un metadistretto nell area industriale di Caserta: la forte connotazione proattiva dell approccio strategico utilizzato nei confronti del mercato ha richiesto l utilizzo di una logica di ricerca ed innovazione più spinta e più presente sul territorio, ciò spiega l acquisizione del modello metadistretto quale nucleo di espansione per quest area. Le prime riunioni hanno avuto come finalità la definizione di una strategia di forte rilancio dell area della provincia di Caserta, basata sull analisi delle esperienze attivate nelle aree più sviluppate del Paese (ad es. la Lombardia) che, a fronte del declino del vecchio modello di distretto industriale, hanno sperimentato l organizzazione dei cosiddetti metadistretti, per facilitare lo sviluppo di nuove strategie competitive. Il modello del metadistretto si basa sull incremento delle capacità innovative delle imprese, attraverso un processo di costante trasferimento delle conoscenze scientifico-tecnologiche, dalle università ai centri di ricerca, alle aziende industriali. Il gruppo di lavoro ha ritenuto opportuno evidenziare che la denominazione distretto tecnologico definisce meglio la specificità dell area casertana e la conseguente strategia di sviluppo che si intende perseguire. Il distretto tecnologico infatti, da un lato mette in risalto le vocazioni tecnologiche significative della provincia; dall altro, sviluppa e sperimenta output tecnologici di elevato livello, con la finalità di rafforzare la capacità competitiva sui mercati locali ed internazionali delle imprese operanti sul territorio provinciale. Il mese di luglio è stato utilizzato per individuare e consultare singolarmente i soggetti istituzionali più appropriati per la costituzione del nascente distretto tecnologico. Dopo i necessari approfondimenti e verifiche, il gruppo di lavoro ha presentato, nel mese di agosto 2004, il progetto di massima ai soggetti promotori istituzionali inizialmente individuati: Seconda Università di Napoli, Assessorato alla Ricerca e alla Innovazione Tecnologica della Regione Campania, Unione degli Industriali. E stato espresso unanime consenso all iniziativa presentata, chiedendo al gruppo di lavoro di sviluppare i dettagli del progetto. Successivamente, il gruppo di lavoro ha presentato l iniziativa ad altri attori : la Provincia di Caserta (in ottemperanza al decentramento amministrativo in atto nella Regione Campania, con il graduale trasferimento di deleghe/competenze alle Province ed ai Comuni), il San Paolo Banco di Napoli, il Distretto dell Elettrodomestico (Teverola) ed il Polo Tecnologico Campania Nord (Sessa Aurunca). Tutti questi nuovi soggetti hanno apprezzato l iniziativa assicurando la loro adesione. Dopo ampio studio sono stati elaborati il nome del distretto tecnologico (TECHNODISTRICT), e, tramite la collaborazione di uno studio grafico professionale, è stato prodotto il logo e registrato il dominio internet ( E stata prodotta, inoltre, una prima bozza di locandina presentata ai suddetti sette soggetti promotori (attori) nel settembre 2004 riscuotendo apprezzamenti ed incoraggiamenti sia dall allora 32

33 Rettore della SUN Prof. Antonio Grella che dall ex-assessore regionale prof. Nicolais. In seguito il gruppo di lavoro ha anche provveduto a rifinire l impostazione grafica e dei contenuti della brochure ai fini della presentazione dell iniziativa alle segreterie generali provinciali CGIL, CISL e UIL, ed alla Camera di Commercio, Industria, Agricoltura e Artigianato di Caserta (4 ottobre 2004 presso Rettorato SUN di Caserta). Accanto alle attività di cui sopra, il gruppo di lavoro ha raccolto la disponibilità di alcune grandi imprese (Merloni Elettrodomestici, Jabil, ecc ) e di PMI, sia in forma singola che consorziate (Distretto dell elettrodomestico, Polo Tecnologico Campania-nord) a partecipare alle iniziative di TechnoDistrict. Dal punto di vista burocratico, è stato firmato in data 1 marzo 2005 il protocollo d intesa tra la Seconda Università di Napoli (S.U.N.), la Regione Campania, la Provincia di Caserta, il Comune di Caserta, la Camera di Commercio di Caserta e l Unione degli Industriali della Provincia di Caserta col quale tutti i soggetti promotori concordano sull opportunità di promuovere la costituzione di un tecnodistretto della provincia di Caserta. La collaborazione PMI-Istituzioni-Università e le aree di interesse L idea di base del tecnodistretto della Provincia di Caserta è quello di creare un modo nuovo di interloquire e cooperare tra mondo accademico, istituzionale ed imprenditoriale, diventando un riferimento nel nostro territorio. Uno degli snodi fondamentali, oggi, è rappresentato dai nostri atenei di eccellenza, attorno ai quali si deve articolare la risposta del paese a questa progressiva perdita di competitività. Il ruolo dell'impresa non deve essere visto come esclusivamente passivo: l'impresa può e deve incidere sul processo di formazione del patrimonio umano, attraverso rapporti di collaborazione strettissimi con il sistema scolastico e universitario. Deve poi saper attrarre, motivare e mantenere nel tempo i migliori talenti, per poter progredire con essi. L'impresa deve per questo porre le proprie persone al centro dei processi di creazione del valore, trasformandole da meri fattori ad attori e protagonisti della vita dell'azienda. L esigenza maggiormente sentita dal mondo produttivo è quella di accelerare l innovazione ed il trasferimento tecnologico per superare la crisi della capacità competitiva del territorio di attrarre capitali e forza lavoro specializzata rimuovendo le barriere che riducono le vocazioni innovative. Un filone da perseguire può essere senz altro quello di partire dalle preesistenze ed in seguito individuare ulteriori comparti industriali che ben si integrano in una logica di pianificazione regionale. Il reticolo Università-Istituzioni-PMI risulta essere la base d appoggio dell iniziativa promossa da TechnoDistrict. 33

34 INDUSTRIA RICERCA TECHNODISTRICT ISTITUZIONI TechnoDistrict vuole essere una sorta di piattaforma tecnologica locale basata sull aggregazione: in senso orizzontale: tra soggetti attivi nello stesso settore con competenze differenziate, notevoli ma frammentate; in senso verticale: di filiera. I settori in cui opererà saranno la domotica, le bioscienze ed i sistemi di trasporto. La scelta non è stata casuale: in una fase in cui le aziende di informatica, telecomunicazioni e di elettronica della nostra provincia soffrono di una grave crisi del settore emergono dei segnali che consentono di poter pianificare un rilancio del settore attraverso un settore strategico come la domotica. Senz altro uno dei principali mercati di riferimento, per le tecnologie legate alla domotica, è rappresentato dall industria dell elettrodomestico nella quale lavorano circa addetti e che produce 3,5 milioni di elettrodomestici, di cui il 70% viene prodotto in provincia di Caserta e l 80% viene esportato nei principali mercati europei. lo sviluppo delle biotecnologie è esplicitamente indicato, negli orientamenti regionali, tra le priorità strategiche. Tali "orientamenti regionali" hanno già influenzato in maniera non indifferente la dislocazione della nascente bioindustria grazie soprattutto all'istituzione ed alla crescita, intorno alle realtà esistenti, di iniziative quali i tre Centri Regionali di Competenza 34

35 nel campo della biologia avanzata e le sue applicazioni volte ad aggregare ed interconnettere le risorse esistenti e a fungere da catalizzatore per la creazione e l attrazione di nuovi investimenti. Per quanto attiene al sistema trasporti si può affermare con sicurezza che la Campania della mobilità non parte arretrata. Infatti si è lavorato preliminarmente sul quadro di riferimento normativo, determinando i presupposti per le sinergie che caratterizzano il Primo Programma degli interventi infrastrutturali. Nel complesso, il settore dei trasporti «allargato» in Campania (come insieme delle attività industriali e di servizi presenti al suo interno), risulta composto da unità locali, che assorbono addetti. Ciononostante si possono configurare altri segmenti di sviluppo, purchè motivati dall interesse nel già citato connubio tra i mondi della ricerca e dell imprenditoria. Le preesistenze, l ubicazione, gli obiettivi. Senz altro il punto di forza è rappresentato dalla Seconda Università di Napoli (SUN), la cui caratteristica è la dislocazione delle attività in un vasto territorio, comprendente 4 comuni della Provincia di Caserta; l'ateneo è articolato in ben 9 Facoltà con circa 1000 addetti (corpo docente e ricercatore, personale tecnico ed amministrativo). TechnoDistrict agirà anche in partnership con i centri regionali di competenza più inclini alle sue finalità e pertanto potenzialmente interessati: BioTekNet - Centro Regionale di Competenza in Biotecnologie Industriali, CDC ICT - Centro Regionale di Competenza sulle Tecnologie dell'informazione e della Comunicazione ed il Centro Regionale di Competenza Trasporti. TechnoDistrict dovrà sorgere in un area dedicata del comune di Caserta, all interno della quale vi sia coesistenza tra funzioni produttive orientate alla industrializzazione di prodotti e servizi innovativi (incubatori di impresa, opifici industriali) e infrastrutture di Ricerca (laboratori, centri di Ricerca). Il suolo in oggetto dovrà essere destinato, quindi, ad accogliere sia funzioni produttive, di tipo industriale ed artigianale che relativi servizi. Tra i requisiti, oltre alla viabilità urbana ordinaria, sarà preferibile anche la distanza pedonale da stazione ferroviaria/metropolitana leggera. Area industriale con destinazione compatibile logistica PMI contatti TECHNODISTRICT S.C.a.R.L. convenzioni CENTRI REGIONALI DI COMPETENZA ricerca Finanza agevolata 35

36 I risultati che ci si attende da una politica così concepita, che punta cioè alle vocazioni territoriali senza perdere di vista la continuità che deve essere garantita tra la conoscenza e la produzione, essenziale affinché il sistema non stagni, saranno: un auspicata inversione del fenomeno di graduale abbandono di alcuni grandi gruppi industriali verso aree caratterizzate da più invitanti incentivi finanziari, la rifidelizzazione del rapporto sul territorio con i grandi gruppi dell elettronica l integrazione tra il Sistema Universitario Regionale, i Centri Regionali di Competenza ed il sistema delle imprese. 1.4 Le nuove politiche nazionali in materia di innovazione Per rilanciare il sistema produttivo italiano, il Governo ha deciso di agire proponendo meccanismi di sostegno generalizzati, anche a carattere automatico, per favorire la ricerca, la riduzione dei costi di impresa, la promozione di investimenti, la crescita dimensionale delle imprese ed il riequilibrio territoriale. I sistemi di incentivazione sono fatti su misura per singoli obiettivi strategici che vengono realizzati individuando aree tecnologico-produttive con forte impatto sullo sviluppo (ad esempio l efficienza energetica, la mobilità sostenibile e le scienze della vita, ecc..). Le aree tecnologiche saranno definite da un Documento di programmazione per lo sviluppo, triennale, a partire dal quale vengono individuati singoli Progetti di innovazione industriale a cui si candideranno piccole, medie e grandi imprese, Enti di ricerca, Università e sistema finanziario. Per stimolare imprese, Enti di ricerca, Università e soggetti finanziari privati a partecipare ai singoli Progetti di innovazione industriale, tutte le amministrazioni pubbliche nazionali e locali sono coinvolte nei Progetti e possono contribuire con gli interventi centrali che si strutturano: - sia in forma classica (attraverso il nuovo Fondo per la competitività); - sia nel sostegno di nuovi strumenti (il nuovo Fondo per la finanza di impresa); - sia con standardizzazioni normative e ogni altra misura utile In particolare, le Regioni, sulla base delle loro vocazioni produttive e delle loro competenze, potranno partecipare e dare il loro contributo ai progetti di rilievo nazionale. Asse portante dei Progetti è il raccordo inedito tra il ministro dello Sviluppo Economico, il ministro dell Università e la Ricerca e il ministro dell Innovazione nella Pubblica Amministrazione. Un raccordo che sarà presente in ogni passaggio chiave del cammino che porta alla realizzazione di ogni Progetto e che si concretizzerà, sotto il profilo finanziario, attraverso uno stretto coordinamento tra i Fondi per la ricerca applicata gestiti dal Ministero dell Università e i Fondi per lo sviluppo gestiti dal 36

37 Ministero dello Sviluppo economico. Fondi che agiranno in modo congiunto per la realizzazione dei Progetti. Tutta la procedura che porta alla realizzazione dei Progetti viene impostata per ogni area strategica, sotto la guida di un Responsabile di Progetto con comprovate competenze nel settore strategico individuato che, nella sua azione, viene sostenuto da strutture esterne e interne alla Pubblica Amministrazione. Meccanismi di valutazione e monitoraggio garantiranno passo dopo passo il cammino che porta alla realizzazione dei Progetti. I Progetti di innovazione industriale verranno individuati sulla base di un Documento relativo alle Linee strategiche che fissa gli obiettivi con un chiaro ed evidente impatto macroeconomico di rilievo nazionale. I Progetti di innovazione industriale devono avere le seguenti caratteristiche: 1. la focalizzazione sugli obiettivi di avanzamento tecnologico definiti dalle Linee strategiche; 2. la ricaduta industriale in termini di nuovi processi, prodotti o servizi relativi a segmenti di mercato in crescita; 3. l integrazione di strumenti di aiuto alle imprese, di azioni di contesto collegate e di misure di regolamentazione e semplificazione amministrativa; 4. il coinvolgimento in forma singola e consorziata di grandi imprese, piccole e medie imprese, centri di ricerca pubblici e privati anche attraverso lo sviluppo del partenariato pubblicoprivato; 5. la sinergia delle attività dei soggetti pubblici responsabili delle azioni a sostegno del sistema produttivo, con particolare riguardo al coinvolgimento delle regioni interessate tramite la valorizzazione delle loro attività di politica industriale; 6. l attenzione ai processi di creazione e sviluppo di imprese giovanili nelle aree tecnologiche e produttive individuate come prioritarie Per realizzare i Progetti di Innovazione Industriale si procede per tappe: 1) Un CIPE politico presieduto inderogabilmente dal Presidente del Consiglio e partecipato dai ministri (senza possibilità di delega), approva, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, insieme al ministro dell Università e della ricerca e delle riforme e dell Innovazione nella PA il documento sulle Linee Strategiche; 2) Con decreto del ministro dello Sviluppo economico, adottato insieme ai ministri dell Università e della ricerca e per le riforme e l innovazione nella Pubblica amministrazione) vengono individuati i Progetti di Innovazione industriale indicando per ciascun progetto una prima quantificazione delle risorse disponibili del Fondo per la competitività istituito presso il Ministero dello Sviluppo economico; 3) Per individuare i contenuti dei singoli progetti il Ministero dello Sviluppo economico, insieme ai ministri dell Università e della ricerca e delle riforme per l innovazione nella P.A., nomina un 37

38 Responsabile di progetto (scelto tra i soggetti in possesso di comprovati requisiti di capacità ed esperienza in relazione agli obiettivi tecnologico-industriali da perseguire) il quale, avvalendosi eventualmente della collaborazione di strutture ed enti specializzati, definisce le modalità e i criteri per individuare enti, imprese e associazioni da coinvolgere nel programma, identifica i meccanismi di sostegno alla realizzazione del Progetto e ogni altra misura di regolamentazione e di conteso utile per l attuazione degli interventi ed infine determina i tempi di realizzazione 4) Il Ministro dello Sviluppo economico, insieme ai Ministri dell Università e delle Riforme e l innovazione nella PA e ai ministri interessati al singolo progetto adotta sulla base delle proposte del Responsabile, con proprio decreto il Progetto di innovazione industriale e quantifica le relative risorse, prevedendo eventualmente che siano incaricati dell esecuzione anche soggetti esterni all amministrazione ma solo se le risorse di personale interno non risultino sufficienti ed adeguate 5) Le azioni previste dai Progetti di innovazione saranno finanziate dallo Stato (tramite interventi attuativi in tutto o in parte finanziati dal Fondo per la Competitività istituito presso il Ministero e, per le parti di rispettiva competenza, dai fondi esistenti presso le Amministrazioni interessate); dalle Regioni tramite interventi complementari ed integrativi anche cofinanziati dal Fondo per la Competitività; da altri soggetti pubblici e privati coinvolti Per render efficace il sistema di finanziamento il governo chiede al parlamento una delega per riordinare le norme di sostegno alle imprese di competenza del Ministero dello sviluppo economico con l intento di conformare i regimi di aiuto ad una elevata flessibilità e a modalità gestionali di progetto, affinché vi sia effettiva rispondenza agli obiettivi e alle azioni di volta in volta previsti dalle Linee Strategiche ed anche con l intento di articolare gli interventi sulla base degli inquadramenti comunitari degli aiuti di Stato alle imprese. Altro obiettivo della delega è prevedere il conferimento anche temporalmente differenziato, alle Regioni ed alle Province Autonome delle funzioni relative alle norme di incentivazione vigenti i cui effetti sono limitati allo sviluppo economico e locale. Le normative esistenti continueranno comunque ad esistere fino all adozione dei decreti legislativi di riordino. Si prevede, infatti, che nella fase transitoria le attuali norme di agevolazioni siano utilizzate anche per Progetti di Innovazione. 6) Il Ministero provvede al monitoraggio, al controllo e all eventuale riprogrammazione degli interventi dei progetti e assicura una sede stabile di cooperazione tecnica (Comitato) tra le amministrazioni statali e regionali all attuazione dei progetti 7) Il ministro dello sviluppo economico riferisce annualmente al Parlamento e alla Conferenza Stato-Regioni sui criteri utilizzati per l individuazione dei Progetti, sulle attività del Comitato di cooperazione, sul grado di raggiungimento degli obiettivi fissati con le Linee strategiche, allegando il prospetto delle spese sostenute per la gestione. 38

39 1.5 L innovazione in Campania La Campania risulta protagonista nel settore dell innovazione: l ultimo rapporto sull innovazione redatto dalla Camera di Commercio di Milano, reso noto l 11 luglio 06 dimostra come il tessuto produttivo di Napoli, Caserta, Salerno, Avellino e Benevento sia cresciuto nel primo trimestre 2006 e nel Sono le aziende della regione attive nel comparto hi-tech. Sorprendente, in particolare, il dato di Caserta che, con le sue 96 realtà neonate (1030 complessive), vanta un balzo di 10,3 per cento attestandosi al 28esimo posto. Positiva, in particolare, anche la performance di Napoli che staziona al quarto posto con imprese e un +4,5 per cento, preceduta, in ordine, da Milano (con imprese con +2,3 per cento), da Roma (con con +7,1 per cento) e Torino (con con +5,5 per cento). Positive anche le performances di Salerno, Avellino e Benevento, rispettivamente al 17esimo, 73esimo e all 80esimo posto con 1.749, 499 e 410 imprese hi-tech e una crescita del 3,7 per cento, 4,6 per cento e del 7,3 per cento. Un dato positivo, quello delle aziende innovative campane, che è stato conseguito grazie ad alcuni provvedimenti introdotti dalla Giunta regionale campana come le leggi 297, 317 e 598, che hanno messo il tessuto produttivo regionale nelle condizioni di proliferare. La strategia regionale per l innovazione Le regioni in Italia svolgono un ruolo attivo nel campo della ricerca e dello sviluppo tecnologico, sia attraverso lo stanziamento di fondi propri, sia attraverso la gestione dei fondi di derivazione comunitaria, i cosiddetti Fondi Strutturali. Gli Obiettivi prioritari dei Fondi strutturali, di varia natura ma comunque in linea con l'obiettivo di promuovere uno sviluppo bilanciato tra le diverse regioni dell'unione, sono attuati attraverso programmi pluriennali, elaborati dalle autorità nazionali e regionali ed approvati dalla Commissione europea. L'intero processo di programmazione prevede un iter decisionale a fasi successive, che ha la sua origine in un primo documento di analisi presentato dallo Stato membro, definito Piano di sviluppo, con il quale vengono evidenziate priorità, contesto di riferimento, strategie ed esigenze di fondo in relazione alle macro aree territoriali di intervento. Sulla base della valutazione del Piano di sviluppo, la Commissione europea approva d'intesa con lo Stato membro un Quadro Comunitario di Sostegno (QCS), che rappresenta il documento formale di programmazione, con l'articolazione dei diversi campi di intervento (Assi), le finalità, le risorse finanziarie a disposizione, i sistemi di gestione, sorveglianza, valutazione e controllo. Le varie priorità di un QCS a livello di regione o di Asse sono specificate tramite Programmi Operativi, Nazionali (PON) e/o Regionali (POR), anch'essi approvati dalla Commissione, nei quali sono descritte le azioni pluriennali (Misure) che verranno realizzate. 39

40 Il fattore Ricerca costituisce un presupposto essenziale per il conseguimento di un moderno modello di sviluppo economico e produttivo: questo è tanto più vero per il Mezzogiorno, che, nonostante l avvicendarsi delle politiche d incentivazione, oggi più che mai deve fare appello alla filiera della conoscenza per crescere e rafforzarsi. A fronte di una minore percentuale di imprese con innovazioni e ricerca, una nota positiva sembra essere il maggior peso dei laureati sul flusso di nuovi assunti (Sud 10% vs. Italia 7%) Per mantenere alta la qualità della vita e l'economia dei Paesi membri, l'europa dovrà sempre più rafforzare le capacità competitive, la creatività imprenditoriale, i saperi. Ricerca e innovazione sono gli assi portanti di queste politiche di sviluppo. In Campania l Assessorato alla Ricerca ed Innovazione Tecnologica, convinto di queste idee, ha fortemente investito su di essi sia in termini economici che politici: si interviene sulla ricerca e sull'innovazione per migliorare le condizioni di vita di tutti i cittadini, innescare processi di sviluppo, creare nuove opportunità di crescita, rafforzare il patto democratico di accesso alle informazioni e ai saperi strumenti fondamentali per garantire benessere, mobilità sociale, futuro. Per questo si sono creati i presupposti per: fare sistema delle pre-esistenze scientifiche locali; realizzare i centri regionali di competenza; valorizzare la ricerca condotta dai giovani; sostenere la ricerca e l'innovazione nelle aziende; sottoscrivere accordi internazionali di collaborazione scientifica e tecnologica. Con la Legge Regionale del 28 marzo 2002 n. 5, "Promozione della ricerca scientifica in Campania", la Regione Campania persegue i seguenti obiettivi: contribuire alla promozione del progresso e della diffusione della ricerca di base nel campo scientifico, tecnologico, umanistico, economico e giuridico; favorire la creazione di opportunità di finanziamenti per la ricerca progettata e condotta da giovani, al fine di rimuovere i rischi del depauperamento di risorse umane innovative nel sistema della ricerca regionale; favorire lo svolgimento di un adeguato ruolo delle molteplici competenze presenti sul territorio regionale anche con l'obiettivo di realizzare un reale collegamento tra mondo della ricerca e mondo produttivo nel complessivo processo di sviluppo; sostenere interventi in materia di ricerca in armonia con gli indirizzi della programmazione nazionale ed europea, coerentemente con accordi ed iniziative a carattere interregionale 40

41 Per il raggiungimento di tali fini, la Regione si dota di uno strumento di programmazione triennale con il quale: a) adegua la propria attività promozionale agli indirizzi della politica nazionale nel campo della ricerca, ai piani e progetti elaborati dal Governo, in armonia con i programmi e le direttive europee, concorrendo con proprie proposte alla programmazione nazionale nel rispetto della vigente normativa; b) promuove, favorendone l istituzione o anche il sostegno, servizi di informazione e diffusione di programmi nazionali ed internazionali di ricerca allo scopo di agevolare il più ampio coinvolgimento e la più estesa partecipazione da parte di soggetti locali; c) provvede al cofinanziamento di programmi di ricerca di Università, Enti e Strutture di ricerca pubbliche e private, individuando specifici strumenti di incentivazione per le attività di ricerca promosse e condotte da giovani; d) promuove la formazione di consorzi, società consortili e fondazioni, con finalità di attività di ricerca, anche mediante convenzioni o partecipazioni; e) concede contributi per progetti di ricerca e provvede alla realizzazione del coordinamento degli interventi regionali in materia; f) concede contributi per la pubblicazione di opere di interesse scientifico e culturale, per la cura della raccolta e della divulgazione dei risultati delle ricerche nonché per la realizzazione di manifestazioni di alto valore scientifico. La Regione Campania nell ultima legislatura ha riconosciuto un ruolo prioritario alla ricerca, definendo una strategia di sviluppo dell innovazione focalizzata soprattutto su sette aree critiche di intervento (analisi e monitoraggio ambientale; biotecnologia avanzata e sue applicazioni; conservazione, valorizzazione e fruizione dei beni culturali e ambientali; produzioni agroalimentari; nuove tecnologie per le attività produttive; tecnologie dell informazione e della comunicazione; trasporti). Verso tali aree si sono concentrati i maggiori investimenti permessi dai diversi tipi disponibili di strumenti e risorse finanziarie (accordi di programma, leggi regionali e nazionali, VI P.Q., P.O.N. e P.O.R.). Il modello di intervento quindi si è fondato, tra l altro, sulla creazione di dieci Centri Regionali di Competenza aventi la missione di integrare i flussi di domanda e offerta del sistema della ricerca e di quello delle imprese e sviluppare competenze specifiche nelle aree critiche individuate. La strategia per realizzare in Campania un sistema della ricerca atto a favorire uno sviluppo dinamico basato sulla conoscenza, secondo un approccio di continuità e innovazione con il recente passato, si fonda sul rispetto delle seguenti politiche fondamentali: - rafforzare la capacità scientifica del sistema regionale attraverso il sostegno della ricerca di base e il potenziamento delle competenze trasversali, in modo da favorire lo sviluppo di idee, cultura e conoscenza (scientifica, tecnologica, umanistica, economica e giuridica), con particolare attenzione alla crescita ed alla valorizzazione del capitale umano; 41

42 - consolidare le preesistenze scientifiche positive riferite ai settori già oggetto di intervento, in modo da potenziare e valorizzare le strutture, i centri e le attività di ricerca che hanno effettivamente prodotto risultati in linea con gli obiettivi prefissati; - contribuire allo sviluppo dell innovazione quale imprescindibile fattore di competitività delle imprese e di creazione di valore per il sistema regionale, con riferimento non solo all innovazione tecnologica, ma anche a quella culturale-organizzativa (modelli imprenditoriali, forme di governance, tecniche manageriali, ecc.) e di mercato (internazionalizzazione dei mercati, creazione e difesa dei marchi, nuove aree di business, ecc.); - sviluppare ulteriormente le relazioni tra il mondo della ricerca ed il contesto socioeconomico nel suo complesso, non limitando quest ultimo solo alle imprese, al fine di monitorare e percepire istanze ed esigenze di tutte le componenti del sistema territoriale ed offrire coerenti soluzioni atte a migliorare la qualità della vita dei cittadini (salute, sicurezza, ambiente); - favorire le relazioni tra pubblico e privato, migliorando i modelli di interfaccia e incentivando la cooperazione, al fine di stimolare gli investimenti imprenditoriali nel sistema della ricerca e trasformare le conoscenze in prodotti e servizi, sostenere l innovazione delle piccole e medie imprese, incentivare la creazione di nuova impresa anche attraverso azioni di spin-off. L obiettivo di favorire lo sviluppo armonico di un sistema integrato della ricerca si concretizza in una serie di scelte che caratterizzano, coerentemente alle politiche regionali della ricerca, il programma triennale ed i relativi piani annuali di attuazione: - offrire sostegno al progresso ed alla diffusione della ricerca di base in tutte le aree della conoscenza, - favorire la multidisciplinarità sinergica e l aggregazione di masse critiche di ricercatori intorno a temi specifici, - consentire opportunità di finanziamento per i giovani ricercatori, - intensificare le relazioni con il mondo produttivo per favorire in particolare l innovazione tecnologica, organizzativa e di mercato delle piccole e medie imprese, - promuovere l attività di ricerca in armonia con gli indirizzi della programmazione nazionale ed europea, coerentemente con accordi e iniziative a carattere interregionale, - favorire l internazionalizzazione della ricerca campana, - sottoporre l attività di ricerca ad adeguati sistemi di valutazione e monitoraggio. Le risorse previste per il triennio sono di ,50 pari a ,50 per l annualità 2005 e ,50 per ciascuna delle annualità 2006 e 2007, appostati sul Capitolo 252 UPB rispettivamente del bilancio 2005 e del bilancio revisionale del triennio Eventuali altri fondi possono essere attivati e resi disponibili attraverso le procedure di revisione del programma. 42

43 Al fine di conseguire gli obiettivi della L.R. 5/2002 e con riferimento ai settori di interesse individuati per il triennio , le risorse finanziarie saranno ripartite come indicato di seguito, ferma restando la possibilità nei piani attuativi annuali, prevista dal relativo regolamento, di individuare settori di interesse prioritario e rimodulare le risorse disponibili in funzione di mutate esigenze operative: 70% per progetti di ricerca (art. 2 comma c ed e, L.R. 5/2002), di cui: almeno il 40% delle risorse disponibili deve essere destinato a progetti presentati da ricercatrici e da giovani ricercatori al di sotto dei 35 anni; almeno il 5% deve essere assicurato a progetti presentati da ricercatrici e ricercatori afferenti a strutture di ricerca, nazionali o internazionali, i cui governi locali abbiano definito e sottoscritto con la Regione Campania impegni bilaterali sulla promozione, valorizzazione e divulgazione della ricerca scientifica. 10% per iniziative di cui all art. 2 comma f della L.R. 5/2002, in sintonia con le aree di interesse prioritario segnalate dalla VI Commissione Consiliare e dall Assessorato alla Ricerca Scientifica. Il 30% della quota destinata alla pubblicazione di opere di interesse scientifico e culturale deve essere riservato a ricercatori al di sotto dei 35 anni; 10% per le attività di promozione, diffusione, valorizzazione e di internazionalizzazione della ricerca campana il cui sostegno è deliberato direttamente ed esclusivamente dall Assessorato alla Ricerca della Regione Campania coerentemente alle finalità della L.R. 5/2005, nonché per promuovere i servizi di cui all art. 2 comma b, L.R. 5/2002, e la formazione di consorzi, società consortili e fondazioni di cui all art. 2 comma d, L.R. 5/ % per la copertura delle spese generali connesse alle attività necessarie per l attuazione del programma. Gli indirizzi strategici per il La risoluta determinazione per la costruzione in Campania di una Regione della Qualità, che si traduce nel consolidamento della Strategia Regionale per lo Sviluppo dell Innovazione e della Strategia Regionale per la Società dell Informazione e coerentemente con quanto definito nel contributo della Regione Campania al Programma nazionale per l innovazione, la crescita e l occupazione (PICO), e la necessità impellente del superamento delle emergenze richiedono il più elevato grado di mobilitazione e di concorso delle realtà territoriali al perseguimento delle strategie regionali, e, viceversa, l avanzamento di queste costituisce la condizione per il rafforzamento nel territorio dello sviluppo locale. E prioritario al contempo perseguire una forte integrazione tra le opzioni strategiche per l innovazione e la società dell informazione e le priorità settoriali legate alla specializzazione settoriale del sistema produttivo regionale. In conformità con le linee strategiche definite dall Agenda di Lisbona e Goteborg, la crescita e la competitività dei territori dell UE devono essere perseguite in primo luogo mediante investimenti 43

44 immateriali in capitale umano, in ricerca e innovazione, e attraverso la diffusione della società dell informazione. La Campania dispone di un sistema della ricerca diffuso, con un potenziale di eccellenza in strutture e risorse umane (presenza di Università e centri pubblici di ricerca, associata alla presenza di alcune unità locali di industrie ad alta tecnologia) a fronte di un tessuto produttivo frammentato in piccole e piccolissime imprese a basso tasso innovativo e a basso valore aggiunto, con una scarsa propensione all innovazione. La promozione e l uso della conoscenza devono essere promosse attraverso: - gli investimenti sul capitale umano che consentano al sistema regionale di raggiungere risultati adeguati rispetto alle attuali esigenze di innovazione e sviluppo; - reti tra università, centri di ricerca e imprese, anche in forma consortile finalizzate a promuovere la conoscenza a servizio della competitività e della crescita del sistema produttivo regionale e delle politiche economiche e industriali regionali; - investire sull istruzione superiore, universitaria e post universitaria finalizzata alla costruzione di una classe dirigente e manageriale autoctona e ad attrarre e ri-attrarre dall esterno risorse umane di qualità: a) sostenendo la formazione dei ricercatori e il potenziale umano (tecnici, imprenditori, dirigenti, inclusa la PA) nel settore della ricerca e dell innovazione; b) attivando processi di mobilità a livello regionale, nazionale e transnazionale per gli scambi sia nei percorsi di studio sia nei percorsi di ricerca; c) favorendo presso il tessuto produttivo e la PA processi di riorganizzazione mediante l inserimento di personale tecnico ad alta specializzazione d) sostenendo la stabilizzazione del rapporto tra imprese e centri di competenze allo scopo di favorire la ricerca applicata; - il giusto equilibrio tra la domanda e l offerta di ricerca e innovazione a) dal lato della domanda, incentivando, tramite strumenti che ne promuovano l integrazione con gli investimenti produttivi e in formazione del capitale umano, gli investimenti in ricerca e innovazione da parte delle imprese attraverso la formazione di una domanda avanzata e qualificata di innovazione; stimolando il ricorso alla ricerca applicata ed il trasferimento tecnologico; sostenendo la nascita di spin off d impresa; b) dal lato dell offerta, sedimentando le competenze acquisite e riorganizzando il sistema dell offerta regionale al fine di favorire l accesso e la diffusione dei risultati della ricerca - lo sviluppo dei processi di clusterizzazione imprenditoriale, nei settori di alta specializzazione del sistema produttivo regionale, promuovendo una policy che miri ad accompagnare e indirizzare il fenomeno ormai consolidato della terziarizzazione delle attività industriali, in grado di favorire il superamento della logica tradizionale del distretto a carattere territoriale, spostando l ottica verso aggregazioni distrettuali basate sulle competenze e la specializzazione; 44

45 - il rafforzamento della rete dei Distretti di Alta Tecnologia allo scopo di proporre la Campania nel Mezzogiorno d Italia come area di riferimento del settore della ricerca, dell innovazione, della Società dell Informazione e della conoscenza; - lo sviluppo di un azione di ricerca permanente nel settore del marketing territoriale, al fine di razionalizzare le modalità di gestione e potenziamento dell intero territorio regionale; - l uso generalizzato delle tecnologie dell informazione e della comunicazione nei servizi pubblici, nelle PMI e nelle famiglie, ad esempio attraverso la diffusione, sia nell ambito delle pubbliche amministrazioni prioritariamente nei comparti a servizio del sistema produttivo, che nel settore privato, delle linee di comunicazione digitali e delle loro applicazioni. In tal senso è opportuno verificare la strategia regionale dell informazione relativamente agli interventi a supporto della diffusione della banda larga per il superamento del digital divide. 1.6 I Soggetti della ricerca in Campania Centri Regionali di Competenza Uno dei principali assi portanti della Strategia Regionale per lo sviluppo dell'innovazione è stata la generazione e il radicamento di Centri di competenza regionali. Tali centri, che costituiscono al tempo stesso un modello di interfaccia e l'attivazione di più generali processi di crescita innovativa, concentrano ed intersecano risorse intellettuali e strumentali per realizzare, nello specifico settore di competenza (corrispondente ad un dominio tecnologico o ad un'area tematica/problematica) un coordinamento dei diversi progetti per focalizzare lo sforzo complessivo e rendere credibile il perseguimento dei risultati auspicati. La "filosofia" realizzativa è stata tesa a selezionare un numero definito di CRdC, piuttosto che a generalizzare tale modello su tutti i possibili settori di intervento o di interesse regionale; ciò al fine di raggiungere più facilmente la massa critica operativa, sostenere i processi di auto orientamento dei soggetti dell'offerta pubblica di capacità di ricerca, nonché favorire la possibilità di intersezioni e collaborazioni tra i diversi domini tematici. I settori d'intervento dei CRdC sono: Analisi e monitoraggio del rischio ambientale Applicazioni tecnologiche industriali di biomolecole e biosistemi; Diagnostica e farmaceutica molecolari; Trasferimento tecnologico industriale della gnomica strutturale e funzionale di organismi superiori; Beni culturali, ecologia, economia per il recupero produttivo, la riconversione eco-compatibile e il design di supporto dei sistemi ambientali a valenza culturale BENECON Conservazione, valorizzazione e fruizione dei beni culturali ed ambientali Nuove tecnologie per le attività produttive 45

46 Produzioni agro-alimentari Tecnologie dell Informazione e della Comunicazione Trasporti La proposta di istituzione di CRdC sopra indicata ha recepito in pieno l'analisi nazionale basata sulle esperienze di qualificazione scientifica dei distretti industriali, e su alcune modalità pilota di distretti tecnologici più o meno localizzate, avendo però presente che la frammentazione imprenditoriale del Mezzogiorno determina delle condizioni al contorno tali da non rendere replicabili in fotocopia le esperienze già avviate nelle regioni settentrionali. La missione prioritaria dei CRdC è quindi: offrire un ambiente per il trasferimento tecnologico dei risultati prodotti dalle attività di ricerca; promuovere il diretto coinvolgimento delle imprese nel processo di realizzazione e di progettazione dell'innovazione; determinare le condizioni per la nascita di nuove convenienze per le imprese interne ed esterne alla Regione a investire in settori high-tech emergenti; integrare attività di ricerca pre-competitiva al fine di costituire un serbatoio incubatore per lo sviluppo a sistema delle potenzialità di ricerca; sostenere la domanda d'impresa di consulenza tecnologica. Laboratori e Centri di Ricerca Le strutture utilizzate per lo svolgimento delle attività di ricerca sono molteplici: i luoghi espressamente deputati alla ricerca ed appositamente finanziati sono però senz altro i Centri d'eccellenza universitari ed i Laboratori. I laboratori di ricerca attivi in Italia hanno caratteristiche diverse: dai laboratori interdisciplinari pubblico-privati, attivi in settori strategici per il Paese, ai laboratori che fanno parte degli Enti di Ricerca, come del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), dell'istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e dell'istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), del CIRA, agli Osservatori Astronomici e Astrofisica dell Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). Di seguito la suddivisione: Laboratori pubblico-privati Laboratori accreditati dal Ministero dell'istruzione, Università e Ricerca (MIUR) Laboratori del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) Laboratori dell'istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) Laboratori dell'istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) Strutture di Ricerca dell'isituto Italiano di Astrofisica (INAF) Centri di Ricerca dell'agenzia Spaziale Italiana (ASI) Laboratori del Centro Italiano di Ricerche Aerospaziali (CIRA) 46

47 I Centri di eccellenza universitari nella Ricerca sono stati finanziati per la prima volta tramite il Decreto ministeriale del 13 gennaio 2000, n. 11. L'obiettivo di tale finanziamento è stato quello di incentivare e sostenere la costituzione di centri di eccellenza in una determinata area formati da docenti o ricercatori afferenti ad una singola università con le seguenti caratteristiche: inter/multidisciplinarietà delle tematiche di specializzazione al fine di acquisire nel medio/lungo periodo le opportunità delle interdipendenze e delle convergenze tecnologiche nella innovazione economica e sociale; integrazione delle attività di ricerca con attività di alta formazione mirata a potenziare la base scientifica e tecnologica nazionale ed a generare imprenditorialità in attività economiche innovative; acquisizione di processi di partneriato scienza-industria a sostegno della ricerca strategica delle medio-grandi imprese e dell'attrattività di investimenti diretti esteri di multinazionali operanti in settori ad alta intensità di conoscenza; assunzione di strategie organizzative coerenti con lo sviluppo di reti di cooperazione nazionale ed internazionale incentivanti il richiamo di ricercatori italiani attivi all'estero e di personalità scientifiche di livello internazionale, nonché la mobilità dei ricercatori tra Università, enti pubblici di ricerca, centri di ricerca privati. I criteri sono quelli dell'eccellenza scientifica unita alla possibilità di raggiungere nei tre anni di finanziamento assicurati dal MIUR e dalle università un livello elevato di autosostenibilità, anche attraverso la generazione di "spin-off". Dal PNR risulta che ad oggi sono stati approvati con ricorso alla valutazione di esperti internazionali, 55 Centri in vari settori di attività, 45 dei quali sono in procinto di terminare i primi tre anni di attività. I fondi a tutt'oggi impegnati ammontano a ca 65 milioni di euro. In particolare sono stati creati: 23 Centri di Biotecnologia e Biomedicina 7 Centri sui nuovi materiali 12 Centri sull'ict 4 Centri relativi all'ambiente 2 Centri sulla Logistica 7 Centri relativi ad aspetti economici e sociali. I Centri universitari di Eccellenza presenti nella Regione Campania, divisi per provincia, sono i seguenti: Benevento o Centro di ricerche sulle tecnologie dell informazione e della comunicazione Caserta 47

48 o Centro di ricerca di malattie cardiovascolari. Lo scompenso cardiaco: dalla dimensione clinica a quella molecolare Napoli o Centro di biomedicina e biotecnologia: studio di modelli animali di malattie umane o Centro per l'innovazione tecnologica in chirurgia (centro I.T.C.) o Compositi strutturali per applicazioni innovative - structural composites for innovative construction (SCIC) o CRIE Centro di ricerca sulle istituzioni europee. o Restituzione computerizzata di manoscritti e di monumenti della pittura antica Salerno o il rischio idrogeologico: previsione e prevenzione in aree di rilevante estensione o metodi e sistemi per l'apprendimento e la conoscenza. Appendice: Una valutazione bibliometrica dell attività di ricerca italiana In questa sezione vengono presentati alcuni dati comparativi tra i vari paesi sul rapporto tra risorse (input) e risultati (output) nel settore della R&S. L analisi è stata sviluppata da Rizzato e coll. sulla base di dati Eurostat 2000 e precedenti e da Eurostat Le figure sono basate su dati ufficiali estratti dalle stesse fonti (principalmente OECD 2003 e fonti nazionali come MIUR). King ha recentissimamente analizzato i dati di produttività scientifica di vari sistemi scientifici nazionali partendo da anloghi dati dedotti dall analisi della banca dati del SCI. I dati riportati da questo autore per il sistema scientifico italiano concordano puntualmente con le analisi sotto riportate. Input e output considerati Gli Input considerati sono le risorse umane, gli Output sono i lavori scientifici, i brevetti e i laureati. I dati ufficiali di input rapportati alle popolazioni (UE e OCSE) sono riportati nelle Fig. 1a) e 1b). vi è disomogeneità tra rilevazione delle risorse nella ricerca (che valuta il tempo impiegato dai docenti universitari al 50%) e nella didattica (non deduce il 50% già valutato nella ricerca). Questa disomogeneità impedisce di separare attività didattiche, scientifiche e di trasferimento, ma non una analisi complessiva di efficienza. L Italia ha il minor numero sia di ricercatori/equivalenti che di docenti (Fig. 1a e 1b). La Fig. 1a) mostra, inoltre, che le risorse di ricerca nell Università sono la parte prevalente delle risorse nazionali, con un 46% del totale, comunque minori di quelle analoghe dei maggiori Paesi europei. Ogni anno/uomo di ricercatore in Italia deve far fronte a un mercato potenziale di 758 cittadini, mentre questo è 438 nella media europea e, rispettivamente, di 233 e di 210 negli USA e in Giappone. La capacità di risposta della ricerca, in Italia, è quindi, meno della metà dei paesi più avanzati. 48

49 Le dimensioni delle risorse si confrontano, nelle Figure 2a) e 2b), con il rapporto studenti/docenti per i corsi di laurea e rispettivamente di dottorato. Nel Regno Unito (Fig. 2b) vi è circa 1 dottorando per docente: circa cinque volte la media italiana, e i graduate students vengono utilizzati per attività di supporto alla didattica e per la ricerca, spesso, in collaborazione con il privato, ciò raddoppia i dati statistici riferiti ai soli docenti ufficiali. Va ricordato che, in termini di output, una analisi approfondita della ricerca porta a individuare una serie più ampia di prodotti, quali, ad esempio, lo sviluppo di nuovi prodotti/metodi/strumenti/imprese, la costruzione di reti di scambio e la collegata acquisizione di mercati, ecc. questi prodotti non sono ancora disponibili in modo statisticamente confrontabile, e non verranno qui trattati. 49

50 1 prodotto: le pubblicazioni scientifiche I prodotti più comunemente analizzati sono le pubblicazioni scientifiche. La Fig. 3a) mostra il benchmarking europeo, mentre la Fig. 3b) presenta il rapporto tra il numero di pubblicazioni gli anni/uomo impegnati, una delle indicazioni nell impiego delle risorse. L Italia, col Regno Unito, è, in termini di produttività complessiva, tra i migliori Paesi circa il 30% al di sopra della media UE, mentre alcuni grandi Paesi sono sotto la media Ue (Francia, Germania e USA). 50

51 Questa misura di produttività potrebbe essere distorta da alcuni effetti: la maggiore propensione a pubblicare da parte dei ricercatori pubblici, più numerosi in Italia rispetto a quelli privati (molto numerosi in USA), oppure alla maggiore o minore specializzazione dei Paesi in campi scientifici a alta o bassa propensione pubblicistica, o alla bassa propensione a pubblicare in lingua inglese (ad es. Francia e Giappone). Per evitare queste distorsioni esaminiamo la Fig. 4 con le pubblicazioni rapportate ai soli ricercatori pubblici e le Fig. 5b e 6b rapportate all 1% delle pubblicazioni più citate (ad alto impatto), eliminando gli effetti di specializzazione (sia pubblico-privato che di propensione linguistica o di campo scientifico) e introducendo elementi di qualità. 51

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53 Si vede che la posizione di alcuni Paesi con forti differenze strutturali varia considerevolmente (es. USA), mentre in ogni caso la produttività dell Italia rimane confermata superiore o confrontabile alla media europea. 2 Prodotto: i laureati I docenti/ricercatori hanno, in Italia, un carico alto (Fig. 2a studenti/docenti) e con poco alleggerimento da dottorandi/tutori (Fig. 2b). L efficienza pubblicistica non sembra ottenuta a scapito del prodotto didattico, costituito dai laureati. Il confronto tra le figure 7a) e 7b) mostra che non è così, e che l efficienza dei docenti nel produrre laureati è, per l Italia, pari alla media europea. Questo, però, si ottiene con un basso successo nel rapporto tra studenti iscritti e studenti laureati, vicino al 40%, contro il circa 80% dei Paesi con cui ci confrontiamo. La Fig. 8) mostra che l Università italiana non è stata in grado di superare la transizione tra università di elite a università di massa, fin dai primi anni 60, mentre altri Paesi sono più volte intervenuti con riforme efficaci, come la rumorosità dei grafici di USA e Germania indica. 53

54 I dati statistici non permettono di definire se gli abbandoni siano principalmente legati al basso numero di docenti, oppure alla gestione e organizzazione degli studi, ma il confronto con il Regno Unito (basso numero di docenti, Fig. 1b), alto numero di studenti/docente, Fig. 2a), ma efficienza molto alta nella produzione di laureati (Fig. 7b), sembra indicare un forte ruolo all esteso impiego dei graduates (Fig. 2b) nelle attività di supporto alla didattica. Opposto sembra essere il caso dell Austria, con una bassa efficienza nella produzione di laureati (Fig. 7b in cui è ultima in classifica) e alto numero di studenti di dottorato (Fig. 2b: oltre due dottorandi per docente), che appaiono principalmente valorizzati attraverso un alta efficienza nella produzione di pubblicazioni (Fig. 3b) e, come vedremo, di brevetti (Fig. 9b e 10b), quindi come dottorandi molto legati al ruolo di ricerca/trasferimento e non alla didattica. 3 Prodotto: brevetti I dati brevettali possono dare una risposta alla domanda: per quanto i brevetti siano attribuibili a un effetto diretto e indiretto della ricerca, sono essi, in Italia un numero minore o maggiore se rapportati ai ricercatori?. Studi recenti mostrano che molti brevetti industriali sono depositati con co-autori universitari. Le figure 9a) (benchmarking UE) a confronto con 9b) (efficienza) per i brevetti europei, e 10a) a confronto con 10b) per i brevetti depositati negli USA, evidenziano che la produttività dell Italia si 54

55 avvicina alla media nel caso dei brevetti UE, meno per i brevetti USA, ma sempre entro un gruppo di Paesi che contiene Francia e Regno Unito. Anche la critica sulla bassa performance complessiva del paese in termini di brevetti non sembra confermata in termini di efficienza di ricercatori. Si tratta di una debolezza quantitativa, per il basso numero di ricercatori e non qualitativa. Conclusioni Si può affermare con certezza che l impressione di debolezza data dalle statistiche sui numeri complessivi, non trova riscontro in termini di efficienza delle risorse impiegate per nessuno dei tre prodotti considerati. Questo è ulteriormente confermato da altri prodotti verificabili (acquisizione competitiva dei progetti EU, etc.). Le cause della diffusa insoddisfazione sul collegamento Università-Società sono principalmente da ricercarsi nei numeri particolarmente bassi di ricercatori/docenti rispetto al numero di utenti potenziali, e nella conseguente tendenza all isolamento, accentuata dalla forte pressione didattica sui docenti ufficiali. 55

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57 Cap. 2 riferimento Analisi del sistema produttivo territoriale di Premessa L analisi del contesto competitivo e produttivo provinciale evidenzia un quadro diversificato in cui problemi attribuibili alle difficoltà dello specifico comparto si affiancano a ostacoli che sono invece riconducibili a fenomeni slegati dal territorio casertano, quali la concorrenza internazionale e maturità del ciclo di vita delle produzioni, che accomunano gran parte delle aree produttive del Mezzogiorno. Riguardo alle opportunità di rilancio e sviluppo che il tessuto produttivo offre, gli scenari ipotizzabili, e a cui è possibile offrire una concreta possibilità di rilancio, sono molteplici ma distinti da comparto a comparto. Sul fronte delle criticità si evidenzia chiaramente come ancora stentino ad affermarsi alcuni presupposti comuni, come l accesso al credito, una generale debolezza dell offerta di servizi e poca attitudine all innovazione e al fare sistema, ossia di alcuni dei requisiti essenziali per promuovere uno sviluppo economico sostenibile. Il settore primario ha beneficiato dello slancio che le produzioni casearie a base di latte di bufala hanno acquistato dalla metà degli anni novanta, decennio in cui le aziende di allevamento bufalino sono aumentate. A fronte di un buon momento per le imprese di trasformazione e vendita dei prodotti caseari, che contribuiscono in maniera significativa alla creazione del valore aggiunto della provincia, esistono alcune coltivazioni ortofrutticole ed industriali le cui prospettive devono essere consolidate. I vantaggi di cui il settore agricolo della provincia gode sono tuttavia depotenziati da alcuni fattori di criticità, in particolare dall elevato rischio ambientale e dalla scarsa propensione all integrazione che, in una prospettiva di filiera, costituiscono una minaccia per lo sviluppo del settore primario. Il settore secondario locale presenta un quadro particolarmente differenziato contraddistinto da alcune produzioni di eccellenza affianco a situazioni di crisi industriale. I punti di forza sono costituiti dalle imprese agroalimentari, le quali sfruttano l integrazione con il settore primario, dal polo orafo Tarì e dall esperienza di successo costituita dalle attività di costruzione di materiale rotabile ferroviario, nella produzione ed esportazione di materie plastiche. Inoltre, un importante opportunità di sviluppo industriale in campo aerospaziale e energetico è rappresentata dal Centro italiano Ricerca Aerospaziale (C.I.R.A.), un punto di eccellenza di rilievo internazionale. 57

58 Molti insediamenti produttivi sono tuttavia interessati da dinamiche competitive sfavorevoli che impattano sia su imprese operanti in attività tradizionali, come quelle calzaturiere e tessili, che su realtà produttive a più alto contenuto tecnologico attive nel campo dell electronic manufacturing. Entrambi i comparti scontano un agguerrita concorrenza sui prezzi dei paesi emergenti e un inadeguata propensione all innovazione. Inoltre, le industrie casertane sono spesso specializzate in produzioni eccessivamente dipendenti da industrie a valle, nel campo, ad esempio, delle lavorazioni contoterziste o dei semilavorati per le costruzioni, con un conseguente impatto negativo sul valore complessivo generato. Per quanto concerne il settore terziario, le attività principali sono costituite dal commercio e dal turismo. Le attività commerciali rappresentano una quota importante del sistema economico casertano che può contare su una solida rete distributiva a sostegno dell elevata domanda generata dal territorio. Il settore turistico, invece, non ha ancora raggiunto, nell ambito provinciale, una posizione coerente con le potenzialità artistiche e ambientali del territorio; esiste dunque un potenziale sottoutilizzato che può rappresentare il punto di partenza per avviare il rilancio e l espansione di un segmento ad elevato valore aggiunto e a forte ricaduta occupazionale. L analisi che segue procede prendendo a riferimento i dati pubblicati nell ultimo Rapporto Caserta 2005 presentato in occasione della giornata dell economia 2005 a cura della Camera di Commercio Industria e Agricoltura di Caserta. I dati sono, quindi, riferiti agli anni precedenti. 2.1 Il sistema produttivo della provincia di Caserta Nonostante il perdurare del periodo congiunturale decisamente negativo lo stock delle imprese continua ad aumentare. Il movimento demografico registrato negli archivi camerali, conferma la tendenza all allargamento della base imprenditoriale casertana, che nell ultimo quinquennio, ad eccezione dell anno 2003 in cui il tasso di sviluppo si attestato al 2,4%, ha fatto segnare un aumento di oltre il 3%. Nel corso dell anno appena trascorso l incremento delle aziende si è spinto al 3.4%, implementando il sistema produttivo di nuove aziende. Le iscrizioni sono state complessivamente a fronte di cessazioni, queste ultime hanno determinato un coefficiente di mortalità che è risultato leggermente inferiore a quello dell anno precedente. Il contenimento delle cessazioni, unitamente al sensibile aumento delle nuove iscrizioni, hanno determinato un indice di sviluppo superiore di un punto percentuale rispetto a quello dell anno precedente. 58

59 Nel complesso, la sostanziale tenuta del tessuto imprenditoriale non deve distogliere l attenzione dai segnali che vengono dai settori più esposti alla concorrenza internazionale, in particolar modo quelli tradizionali. L analisi, infatti, dell andamento dei singoli settori produttivi mette a nudo le pesanti difficoltà delle attività economiche come quella manifatturiera, che hanno sempre caratterizzato l economia provinciale. Nell ultimo lustro, in quasi tutte le divisioni economiche dei settori tradizionali, si è assistito ad un costante impoverimento del tessuto produttivo. Le attività del tessile-abbigliamento hanno fatto rilevare una sistematica contrazione della base produttiva molto accentuata già alla fine degli anni novanta e all inizio del nuovo millennio, successivamente nel corso del 2002 e del 2003 hanno fatto registrare un contenimento dell emorragia di unità imprenditoriali, la quale purtroppo ha ripreso in maniera anche abbastanza sostenuta, nel 2004 con la perdita del 2.3% delle imprese. Segnali positivi arrivano solamente dall industria alimentare e delle bevande e dall industria per la fabbricazione degli apparecchi medicali, e precisione e strumenti ottici che hanno fatto segnare un tasso di sviluppo nel numero di tali imprese, rispettivamente di +1.2 e +1.7%. I reparti economici che maggiormente hanno accusato la mortalità imprenditoriale, sono quelli appartenenti alle attività metalmeccaniche, macchine per ufficio e chimico per le quali la contrazione del numero delle imprese mediamente si è aggirata intorno a 4%. 59

60 I dati della demografia imprenditoriale, nel confermare la tendenza di crescita complessiva del sistema produttivo, evidenziano l importanza del fenomeno quale contributo alla crescita della società civile in termini occupazionali e di produzione di ricchezza. Le cellule preposte a tale compito, si identificano con le piccole e medie imprese che costituiscono circa il 90 % del tessuto imprenditoriale. Le forme giuridiche più complesse continuano ad assicurare una presenza più consistente, anche se con una progressione lieve ma costante. Infatti, il loro peso nella composizione percentuale nei quattro trimestri dell anno passato, è passato da 12,8 a 13,3%, tale leggera implementazione è stata condizionata dalle cessazioni determinatesi nel 1 e 4 quadrimestre in misura di circa il 7%. Al 31 dicembre 2004, sono state le ditte extragricole registrate al R.I. camerale; il dato, parametrato alla popolazione, indica l esistenza di ben 77 imprese per ogni mille abitanti. Tale indicatore, leggermente al di sopra della media nazionale, si pone con essa al di sopra della media europea con circa 20 imprese in più. Indipendentemente dal profilo dell imprenditore, un ulteriore, prezioso elemento di conoscenza del tessuto produttivo italiano viene dall analisi dello stato di attività delle imprese. In particolare, le dinamiche di entrata in stato di liquidazione o fallimento forniscono indicazioni utili a valutare il loro stato di salute e, più in generale, la congiuntura economica. Entrambe gli stati, infatti, preludono alla chiusura dell attività, con l importante differenza che la liquidazione rappresenta una fase fisiologica della vita dell impresa, mentre il fallimento è indice di una fine dell attività generalmente più traumatica. 60

61 Dopo la sostenuta diffusione dei fallimenti nel triennio 2000/2002, in media 137 all anno, la loro consistenza si è ridotta di quasi il 50% nell ultimo biennio 2003/2004. In linea generale la spinta viene in particolare dalle attività manifatturiere e dai servizi alle imprese, mentre si conferma praticamente stabile il commercio, dopo un sensibile calo registrato nel triennio Se rapportato al numero totale di imprese registrate, il fenomeno per la provincia di Caserta rimane comunque più contenuto rispetto alla media nazionale. Diverso andamento mostra il fenomeno delle imprese che hanno avviato negli anni scorsi un procedimento di liquidazione dell attività. Dopo la spinta verso l alto verificatasi nel 2003 con una variazione percentuale di +5, nel 2004 si è registrata una significativa riduzione nel ricorso alla liquidazione pari al 14. Nel 2004 la diminuzione delle procedure di liquidazione ha interessato praticamente tutti i settori, mentre a livello complessivo il loro peso sul totale delle imprese registrate fa segnare una percentuale sensibilmente superiore alla media nazionale. Le vere nuove imprese La necessità di verificare all interno del movimento anagrafico quali siano in effetti le vere nuove imprese, è finalizzata all accertamento della consistenza del fenomeno rispetto alle iscrizioni derivanti da scorpori, separazioni o filiazioni di imprese. L Osservatorio sulla demografia delle imprese, istituito da Unioncamere, permette di ricavare significative informazioni, atte a promuovere approfondite riflessioni sulle azioni che i soggetti istituzionali presenti sul territorio possano intraprendere a sostegno delle attività produttive. Relativamente ai dati osservati per l anno 2002, le nuove imprese rappresentano il 63,9% delle iscrizioni, mentre il 36,1% è costituito dalle aziende generate da trasformazioni, scorpori ecc.. Il comparto imprenditoriale legato alle attività economiche del commercio, raggruppa la maggior presenza di nuove imprese sia in valori assoluti (1.554 unità) che in termini percentuali. Il settore delle costruzioni è il comparto economico in cui i soggetti produttivi risultano maggiormente esposti a trasformazioni delle forme giuridiche, con circa il 48% delle unità (526) coinvolte in tali processi. 61

62 Maschi Femmine Fino a Oltre 50 Imprenditori di nuove imprese iscritte per attività economiche % sul tot. Attività economiche Totale Nuove Imprese 2002 Imprenditori di nuove imprese Attività manifatturiere ,9 37,1 31,6 39,7 25,5 3,2 Costruzioni ,0 11,0 32,6 36,9 23,2 7,4 Comm. Ingrosso e dettaglio; ,6 46,4 35,7 39,0 20,8 4,5 riparazione beni pers., ecc Alberghi e ristoranti ,3 39,7 42,6 36,9 17,0 3,5 Trasporti, magazzinaggio e ,2 31,8 22,7 38,6 25,0 13,6 comunicaz. Intermediazione monetaria e ,2 32,8 23,9 62,7 11,9 1,5 finanziaria Attività immob., noleggio, informat., ,1 36,9 36,3 37,4 20,1 6,1 ricerca TOTALE ,4 38,6 34,2 36,7 21,5 7,5 Relativamente ai nuovi titolari di impresa il 61,4% sono maschi ed il 38,6 % è rappresentato dalla componente femminile. La maggior frequenza dei nuovi imprenditori si colloca nella fascia di età anni con circa il 37%, mentre il 34% ha un età inferiore ai 25 anni. Gli imprenditori, nell 89% dei casi, hanno intrapreso un attività economica nel settore delle Costruzioni, mentre la presenza più massiccia delle imprenditrici si colloca nei settori tradizionali della moda con il 65% e del commercio con il 53,6%. I settori della New Economy La New economy accorpa attività sia di produzione che di servizi; secondo una classificazione adottata dalla stessa Unioncamere, alla prima appartengono le industrie fabbricazione di macchine per ufficio ed elaboratori e della fabbricazione di apparecchi radiotelevisivi e per le telecomunicazioni, mentre la seconda è rappresentata da poste e telecomunicazione e informatica ed attività connesse. 62

63 Le imprese che operano nella NE contano 863 unità, delle quali solo 84 svolgono attività di produzione, mentre la restante parte (779) opera nel settore dei servizi, complessivamente costituiscono appena 1,1% del tessuto imprenditoriale casertano, lo stesso indicatore a livello regionale certamente non risulta sostanzialmente migliore attestandosi all 1,4%. Le attività legate all informatica sono quelle, tra i quattro principali settori, che assorbono la maggior parte delle imprese della New Economy presenti in provincia, circa 670 unità pari al 78%. La consistenza del comparto produttivo raggiunge circa il 10% e nell ultimo quinquennio ha mostrato un tasso di sviluppo quasi sempre negativo. E comunque necessario sottolineare, in considerazione del modestissimo movimento anagrafico delle imprese appartenenti a detto settore, che il trend ha un valore puramente indicativo a conferma di una situazione non certamente ottimale. I due settori dei servizi nel 2004 hanno mostrato segni di ripresa: la divisione Poste e telecomunicazioni ha fatto registrare un tasso di sviluppo pari a + 57,1% alquanto sostenuto, mentre quella dell informatica risulta essere molto più contenuta (+4,4%). Anche per queste ultime attività, l entità dei fenomeni registrati,comunque, in valori assoluti risulta molto modesta per cui le variazioni in termini percentuali assumono un effetto molto amplificato. Senza ombra di dubbio resta comunque un dato molto importante, vale a dire che la consistenza del tessuto imprenditoriale della New Economy appare estremamente poco significativa, rispetto ad una struttura produttiva che conta circa imprese. I segnali danno spazio a qualche riflessione pessimistica, non tanto per l effetto del persistente periodo congiunturale poco favorevole, ma per la scarsa propensione all innovazione ed alle trasformazioni di quei settori che sono stati travolti dall innovazione tecnologica. 63

64 Un apparato produttivo statico, desumible anche da segnali che arrivano da altri indicatori, come quelli che provenienti dalle previsioni occupazionali fatte dagli imprenditori. Nell anno 2004 i titolari di aziende hanno previsto, nella maggior parte dei casi, posti di lavoro per personale generico, scarsissima è stata la richiesta di mano d opera specializzata o tecnica. Le imprese artigiane Anche il consuntivo per le attività artigianali relativo l anno 2004, non esprime dati confortanti; complessivamente si traduce in poco meno di 300 unità l aumento verificatosi nell arco dell anno. Altalenante è stato nei quattro trimestri il numero delle iscrizioni, che ha raggiunto, alla fine del periodo, unità, con un aumento rispetto, al 2003, di circa il 7%. Il contenimento delle cessazioni nello stesso periodo in considerazione, testimoniato da una flessione che ha superato il 10%, ha determinato la crescita imprenditoriale sopra citata. Dall analisi dei singoli settori delle attività economiche, i risultati peggiori sono stati conseguiti dai comparti della moda, con una contrazione mediamente del 5% del numero delle imprese che vi operano. La divisione economica delle costruzioni ha fatto registrare un aumento della base imprenditoriale di circa 150 unità, con una percentuale pari al 5%. Le imprese extracomunitarie Sono le persone di nazionalità extracomunitaria che a vario titolo sono presenti nel sistema imprenditoriale casertano e rappresentano il 3,6 del totale. In assoluto gli individui nati in Svizzera costituiscono la componente più massiccia con 921 unità, seguono i marocchini con 845, i senegalesi con 602 ed i nigeriani con 587. La partecipazione più qualificata è comunque quella Svizzera con 86 presenze in società di capitali e 234 in quelle di persone. Non meno rilevanti sono le ditte individuali (506), numero di poco inferiore a quelle senegalesi (597) e nigeriane (566). In assoluto, però, primeggiano le 828 ditte individuali condotte da imprenditori marocchini. Cominciano ad affacciarsi con maggiore insistenza i cinesi (65 presenze), che dalle attività della ristorazione stanno passando al commercio fisso, con la conquista di maggiori spazi in particolar modo nel settore della moda. La quota femminile coinvolta nel sistema imprenditoriale provinciale con persone, rappresenta il 30% di tutta la componente extracomunitaria. Nella graduatoria stilata in ordine decrescente per numero di presenze in attività imprenditoriali, troviamo al primo posto 436 donne nigeriane, seguono quelle nate in Svizzera con 373 unità. La sensibile presenza delle donne nigeriane nella rete delle imprese casertane, prevalentemente come ditte individuali, trova una sua giustificazione nei vari provvedimenti governativi emanati nel passato per combattere il fenomeno dell immigrazione clandestina e per la regolarizzazione degli extracomunitari presenti sul territorio nazionale. Solamente persone nate al di fuori dei paesi comunitari, pari al 33%, rivestono una carica all interno dell impresa. 64

65 Le imprese femminili Le donne presenti nel tessuto imprenditoriale complessivamente ammontano, in valore assoluto a unità su un totale di persone; in termini percentuali esprimono il 28,3%. Per quanto riguarda l età, il 54%, pari in v. a. a donne rientra nella classe da 30 a 40 anni, il 25% (v.a ) ha un età compresa tra 50 e 69 anni e il 6,7% (v.a.2.247) sono donne ultrasettantenni. Solo il 13% rappresenta la nuova classe dirigente delle aziende provinciali, ed equivale in valore assoluto a donne. Anche per la componente extracomunitaria la frequenza più alta di donne, che riveste una carica nell impresa, si trova in corrispondenza della fascia di età compresa tra 30 e 49 anni. Il 40% di tutte le imprenditrici, pari a donne, è localizzato nei Comuni di: Caserta, Aversa, S.Maria C.V., Marcianise, Castelvoturno, Maddaloni e Mondragone. La concentrazione massima per le donne extracomunitarie che rivestono una carica nell impresa è stata registrata nel Comune di Castelvolturno con 442 presenze; segue distanziato il comune di Caserta con 142 imprenditrici. Persone extracomunitarie Paese di nascita Agricoltura Manifatturiero Costruzioni Commercio Alberghi e ristoranti Cariche Cariche Cariche Cariche Cariche Svizzera Marocco Senegal Nigeria Persone extracomunitarie che rivestono una carica Paese di nascita A Agricoltura D Manifatt uriero F Costruzioni G Commercio H Alberghi e I Trasporti J Intermediaz ione K Immobi liare ristoranti Cariche Cariche Cariche Cariche Cariche Cariche Cariche Cariche Nigeria Svizzera Marocco

66 Le imprese femminili in Terra di Lavoro sono e costituiscono in termini percentuali il 28.3% del totale imprese (81.934) presenti sul territorio provinciale. La quota delle ditte rosa a livello regionale si è attestata al 27.7% e la media nazionale è sensibilmente più bassa (23.5%) Il tessuto imprenditoriale casertano dopo quello del Molise (32,3% di imprese femminili), gode del più alto tasso di femminilizzazione delle aziende tra le aziende meridionali, le quali occupano le prime posizioni rispetto a questo indicatore. In dettaglio è possibile osservare come il totale delle imprese femminili provinciali, rappresenta circa il 2% di quelle nazionali, mentre il peso del totale imprese è pari all 1,6%. Relativamente alla distribuzione per forma giuridica, le imprese individuali superano le unità (74%), mentre le società di capitali, in numero di 1.588, rappresentano circa il 7%. Queste ultime dal 30 giugno del 2003 al 30 giugno del 2004 sono cresciute in valore assoluto di 382 unità pari a +32%. Infine, le società di persone ammontano complessivamente a unità con una percentuale del 17%. I settori di attività economica più affollati dalle imprese femminili sono: commercio (8.238), agricoltura (5.980), attività manifatturiera (1.644) e costruzioni (1.029). I Gruppi d impresa Una modalità di sviluppo molto importante riguarda le strategie organizzative individuate e perseguite dalle imprese: oggi le traiettorie di crescita non sembrano più essere solo quelle basate sulla dimensione aziendale (in termini occupazionali) ma anche (se non soprattutto) quelle imperniate sugli assetti organizzativi. Alla luce di tale considerazione, assume un ruolo di importanza cruciale la capacità dell impresa di relazionarsi con l esterno e di alimentare in tal modo un economia di filiera, che sfugge alle statistiche ma è sicuramente dinamica e in continuo sviluppo. La crescita della dimensione organizzativa delle imprese implica, in particolare, la diffusione di forme stabili di aggregazione. In questa ottica, si è consolidata la diffusione dei gruppi di impresa su tutto il territorio nazionale, tendenza che trova conferma, nella crescente rilevanza delle società di capitali. A questa modalità di organizzazione aziendale fanno riferimento, a fine 2002, 468 gruppi distinti (includendo società di capitale, società di persone, ditte individuali e istituzioni), con un incremento netto che sfiora le 70 unità rispetto al 2000 (+17%). All interno di tali gruppi operano in qualità di controllate circa imprese, per un totale di oltre unità casertane in gruppo. Anche se in termini relativi si sta parlando di una quota limitata dell intero tessuto produttivo provinciale (ma in continua crescita, visto che rispetto al 2000 le imprese in gruppo sono cresciute di oltre il 40% in termini di unità produttive e di addetti), il fenomeno dei gruppi assume dimensioni più contenute se invece se ne considera l incidenza in termini di occupazione e di valore aggiunto: ad essi fa infatti riferimento circa il 16% del totale degli occupati casertani, per un valore aggiunto che raggiunge circa l 8% di quello complessivamente generato nella provincia. 66

67 La diffusione maggiore si ha al Nord-Ovest (38,3% del totale), mentre nel Mezzogiorno il fenomeno appare nel complesso meno rilevante, sia in termini di gruppi (circa , il 14,1% del totale nazionale) che di imprese coinvolte (le controllate non raggiungono le unità, con un incidenza del 14,2% sul totale). E opportuno poi evidenziare che la diffusione dei gruppi appare gradualmente maggiore tra le attività manifatturiere, dove al 2002 si concentra circa il 21% delle imprese in gruppo (a fronte del 23% calcolato per il dato nazionale), con una particolare significatività delle aziende metalmeccaniche che raccolgono 118 unità; segue il commercio (25%) e, a distanza, i servizi avanzati alle imprese (16%). I coefficienti di specializzazione evidenziano per la provincia di Caserta, per quanto riguarda il fenomeno dei gruppi di impresa, una scarsa concentrazione di questo fenomeno per il sistema moda (0,8), per l intermediazione finanziaria (0,6) e per i servizi avanzati alle imprese (0,6). I settori che mostrano una spiccata vocazione per questo tipo di aggregazione sono: Agricoltura e Costruzioni con valori doppi rispetto alla media nazionale. Le forze di Lavoro La situazione occupazionale pubblicata recentemente dall Istat relativa al 2004 non permette al momento una comparazione temporale dei dati sulle forze di lavoro. La continua trasformazione del mercato del lavoro e l esigenza sempre più sentita di maggiori approfondimenti nello studio della realtà socio-economica territoriali e ha indotto l Istat a rinnovare l indagine nel corso degli anni. L ultimo aggiornamento del metodo di rilevazione delle Forze di Lavoro, anche in ottemperanza alle disposizioni dell Unione Europea, è stato messo in atto a partire dal gennaio La nuova rilevazione campionaria è denominata continua in quanto le informazioni sono raccolte in tutte le settimane dell anno e non più in una singola settimana per trimestre. I risultati continuano comunque a essere diffusi con cadenza trimestrale, fatta eccezione per il dettaglio provinciale che ha cadenza annuale. La rilevazione si caratterizza per la definizione di nuovi criteri di individuazione degli occupati e delle persone in cerca di lavoro (disoccupati), nonché per la profonda riorganizzazione del processo di produzione dei dati: realizzazione di una rete di rilevazione controllata direttamente dall Istat, utilizzo delle tecniche assistite dal computer per la rilevazione dei dati in grado di ridurre l onere a carico dell intervistato, adozione di nuovi strumenti per la gestione dell indagine e il monitoraggio della qualità del lavoro sul campo. Per rendere confrontabili le nuove stime rispetto ai dati riferiti agli anni passati l Istat ha provveduto a ricostruire per grande ripartizione territoriale le serie storiche a partire dal quarto trimestre del A livello regionale e provinciale la serie non è ancora confrontabile. Maschi e femmine Valori percentuali Variazioni in punti percentuali su 2003 Maschi Femmine Maschi e Maschi Femmine femmine 67

68 Tasso di attività Nord 67,9 77,3 58,4 0,0-0,1 0,1 Nord ovest 67,5 77,0 57,8 0,4 0,4 0,3 Nord est 68,5 77,8 59,1-0,5-0,9-0,1 Centro 65,2 75,6 55,1 0,3 0,1 0,5 Mezzogiorno 54,3 70,3 38,7-1,2-1,0-1,3 Totale 62,5 74,5 50,6-0,3-0,4-0,3 Tasso di occupazione Nord 65,0 75,0 54,9-0,2-0,3-0,1 Nord ovest 64,4 74,4 54,3 0,2 0,2 0,1 Nord est 65,8 75,8 55,7-0,7-1,1-0,3 Centro 60,9 71,9 50,2 0,5 0,0 1,0 Mezzogiorno 46,1 61,8 30,7-0,3-0,5-0,2 Totale 57,4 69,7 45,2-0,1-0,3 0,1 Tasso di disoccupazione totale Nord 4,3 3,0 5,9 0,2 0,2 0,3 Nord ovest 4,5 3,4 6,1 0,2 0,1 0,2 Nord est 3,9 2,5 5,7 0,3 0,2 0,4 Centro 6,5 4,9 8,7-0,4 0,2-1,1 Mezzogiorno 15,0 11,9 20,5-1,1-0,5-2,1 Totale 8,0 6,4 10,5-0,4-0,1-0,8 Tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) Nord 12,6 10,9 14,7 1,5 2,0 0,8 Nord ovest 14,1 13,0 15,3 1,9 3,2 0,2 Nord est 10,6 7,9 13,9 0,8 0,3 1,5 Centro 21,4 17,5 25,9 0,1-2,9 3,7 Mezzogiorno 37,6 32,8 44,6-1,8-0,3-3,7 Totale 23,5 20,6 27,2-0,2 0,1-0,4 Gli stessi dati sull occupazione, che pur sembrano nel complesso mostrare di recente una diminuzione delle tensioni esistenti sul mercato del lavoro, sono da leggere con cautela in particolar modo quelli relativi alla componente giovanile e femminile. Il tasso di disoccupazione italiano raggiunge nel 2004 l 8%, con un ulteriore diminuzione rispetto all 8,4% dell anno precedente. A prescindere dalle ancora consistenti differenze territoriali (al Nord- Est si va su valori frizionali del 3,9%, contro il 15% del Mezzogiorno), tale dato è però da valutare tenendo conto, al contempo, di una sostanziale stabilità del tasso di occupazione (si attesta sul 57,4%, ossia -0,1 punti percentuali rispetto al 2003), spiegabile col fatto che alcune fasce di popolazione - soprattutto giovani e donne hanno smesso di cercare lavoro. In altri termini, è pur vero che diminuisce il tasso di disoccupazione giovanile (23,5%, a fronte del 23,7% del 2003) e quello femminile (si attesta sul 10,5%, con una diminuzione di 0,8 punti rispetto all anno precedente) ma questo è da ricondurre essenzialmente a fenomeni di scoraggiamento, per lo più concentrati nelle fasce di popolazione femminile e nel Mezzogiorno. Lo suggerisce la riduzione 68

69 contemporanea, soprattutto per quest area, dei tassi di attività, di occupazione e di disoccupazione tra il 2003 e il A livello provinciale gli occupati sono stati complessivamente nell anno La componente femminile è rappresentata da lavoratrici con una percentuale del 31%. La ricaduta in termini occupazionali della persistente situazione congiunturale non ha favorito certamente l occupazione femminile, la cui quota rispetto al dato regionale e nazionale risulta inferiore rispettivamente di 2 e 8 punti percentuali. La maggior presenza delle donne occupate si registra nel Nord-Ovest con una percentuale che si spinge fino al 42%. Il tasso di occupazione della popolazione in età compresa tra 15 e 64 anni si è attestato al 43,7%, tale valore nella Regione Campania risulta il più basso dopo quello di Napoli (42,85). Permane un Gap molto sostenuto tra la realtà meridionale, la cui percentuale degli occupati sulla popolazione attiva supera di poco i 46 punti, e la media nazionale è del 54,4%. La popolazione attiva trova la massima concentrazione sia per la componente maschile che per quella femminile, come d altronde avviene in tutto il territorio nazionale, nella fascia di età I giovani tra i 15 e 24 anni esprimono una percentuale del 17,3, che è la più alta dopo la provincia di Napoli su tutto il territorio nazionale. La distribuzione degli occupati per settore di attività economica mostra nella sua complessità la difficoltà del sistema produttivo provinciale. In particolare l industria in senso stretto con i suoi occupati non riesce a recuperare, a causa principalmente del settore manifatturiero, un giusto equilibrio dei fattori di produzione tale da poter avviare una fase di rilancio delle attività. Pur tuttavia, indipendentemente dalla dinamica seguita dalle sue diverse componenti, l offerta di lavoro complessiva non sembra mostrare un peggioramento della situazione occupazionale, sebbene in un periodo congiunturale favorevole. Appare evidente che l occupazione, sostenuta dagli elementi di flessibilità introdotti nel sistema e dalla moderazione salariale alla lunga può accusare delle ripercussioni negative più marcate se non riprenderà a breve, e a ritmo ben più elevato di quello attuale, lo sviluppo dell economia. Il prodotto interno lordo Le economie locali testimoniano il loro grado di sviluppo attraverso il PIL. Il valore aggiunto costituisce il riferimento principale della contabilità ed esprime la quantità di ricchezza prodotta dal sistema economico provinciale nell arco temporale considerato. Il calcolo viene effettuato per ciascuno dei tre macro settori (agricoltura, industria e servizi) e rapportato alla popolazione residente al fine di rendere l indicatore prodotto confrontabile territorialmente e atto a permettere di valutare l evoluzione dei sistemi locali in termini di crescita economica. Dal 2000 il PIL pro-capite, calcolato per il totale Italia, ha accusato un progressivo e continuo rallentamento nelle percentuali di crescita. Infatti, da una percentuale di crescita annua del 5,2%, siamo arrivati ad un aumento di appena il 2,6% nel

70 Per la provincia di Caserta nello stesso arco temporale il tasso di crescita è risultato sensibilmente al di sopra della media nazionale, attestandosi intorno al 7% ad eccezione dell ultimo anno disponibile del 2003 in cui l indicatore è precipitato al 2,7%. Quest ultimo valore è stato calcolato anche per la Regione Campania, nella quale in un periodo congiunturale decisamente negativo ha resistito meglio la provincia di Salerno, il cui incremento rispetto all anno precedente pur accusando una contrazione rispetto al 2002 si è fermato a + 4,7%. Il reddito pro-capite in Terra di Lavoro è pari a ,40, il valore più basso in Campania dopo la provincia di Napoli dove si è registrato un importo di ,50. Nella graduatoria nazionale stilata dall Istituto Taglicarne, entrambe le province rispetto al 1995 hanno guadagnato rispettivamente 1 e 2 posizione, ancorandosi al 91 e 94 posto. Nel confronto con le regioni più ricche nel Nord-Ovest e del Nord-Est appare in maniera incontrovertibile non solamente l abisso tra queste aree del Paese ed in generale del Mezzogiorno, ma anche il progressivo allargamento delle distanze dai redditi prodotti. Sebbene l area meridionale abbia conseguito un aumento, in termini percentuali, maggiore di circa 10 punti, la traduzione in valore assoluto restituisce dei risultati diametralmente opposti. 70

71 I dati confermano lo stato di difficoltà del sistema produttivo provinciale, che stenta ancora a trovare le condizioni per il rilancio dell economia. La vivacità imprenditoriale, che pur si continua a registrare, ha necessità di essere sorretta ed agevolata nel percorso dell innovazione tecnologica e di poter godere di un sistema infrastrutturale ed ambientale in grado di poter avviare una sistematizzazione ed un rilancio dell apparato produttivo. Inoltre, in considerazione dell ulteriore contrazione dei valori delle merci con l estero che testimoniano il perdurare dei risultati negativi, è indispensabile imprimere un inversione di tendenza nei rapporti commerciali internazionali. Il valore aggiunto complessivo del comparto manifatturiero della provincia di Caserta, per il 2003, è stato di , di cui il 65% è stato generato dalle piccole e medie imprese. Detta percentuale risulta di ben oltre 8 punti percentuali al di sotto della media regionale e di 7 di quella nazionale, dati che esprimono la profonda crisi che sta attraversando l economia provinciale. All interno del reddito prodotto dalle PMI, il 76% è stato realizzato da aziende fino a 49 addetti e solo il 24% dalle imprese con classe di dipendenti da 50 a 249. Le aziende con un numero di dipendenti che supera le 250 unità, realizzano il 34 % del valore aggiunto prodotto da tutte le attività economiche comprese nella sezione D. Dalla lettura di queste cifre si deduce agevolmente come le PMI, in particolar modo quelle con un numero di addetti inferiore alle 50 unità, costituiscono la punta di maggiore crisi dell apparato produttivo. 71

72 L artigianato produce beni e servizi per un valore, in totale, di 912 milioni di euro, di cui poco più del 50% è ricchezza generata dall industria in senso stretto e da quella delle costruzioni. Queste ultime si assicurano la quota relativa più elevata pari a 325 milioni di euro. Nel periodo il valore aggiunto ai prezzi base, prodotto dal comparto dell artigianato, ha avuto un incremento medio annuo del + 5%. In Campania tale valore segue la sola provincia di Napoli, la cui progressione di crescita si è attestata a + 6,3%. Dall analisi dei valori relativi ai singoli settori, è possibile notare come il risultato complessivo abbia avuto dall industria delle costruzioni un grosso contributo che ha fatto registrare una variazione media annua de 9,1%. Il risultato peggiore è stato conseguito dall industria in senso stretto, con una percentuale dello 0.9%; basti pensare che la media nazionale di crescita si sia attestata al + 4,2% e quella regionale al + 4,7%. Per l industria in s.s., che praticamente comprende tutte le attività manifatturiere, appare in tutta evidenza la grave situazione di stagnazione economica di questo importante apparato produttivo, che in pratica dovrebbe essere la spinta ed il motore di crescita di tutto il sistema provinciale. Prospettive non ottimali anche per il reparto del commercio e delle riparazioni: la crescita media offerta dell 1,8%, risulta inferiore sia a quella della provincia di Napoli (+2%) che a quella di Avellino (+2,5%). La fase di rallentamento nella produzione del reddito, in particolare nelle attività commerciali, nonostante gli investimenti riversati nel settore della grande distribuzione, è dovuta ai riflessi provocati dalla fase negativa di tutto l apparato economico. I servizi alle famigli e altre attività, nel confronto con le altre realtà locali e con l andamento generale nazionale, risultano sensibilmente più contenuti; infatti l aumento del valore aggiunto prodotto mediamente nel periodo in considerazione è dell 1,1%, mentre la media regionale e quella nazionale risultano rispettivamente di + 4,4% e di +3,4%. Il reddito delle famiglie Il clima di sfiducia in provincia di Caserta risulta molto accentuato sia nella percezione delle imprese che in quella delle famiglie. Il pessimismo manifestato dai nostri imprenditori conferma l orientamento rilevato in tutta la Regione Campania. Nell ambito delle attività economiche, l impressione di maggiore negatività è avvertita per il commercio, per i servizi e per l agricoltura. Comunque la sfiducia è diffusa in modo particolare nel tessuto delle piccole imprese. Le famiglie sono l entità che scontano in maniera più immediata la situazione di crisi economica, attraverso la ridotta disponibilità di reddito. Il differenziale di ricchezza disponibile da parte dei nuclei familiari si è ulteriormente ampliato tra il 1991 ed il Nella prima metà dello scorso decennio, la ricchezza delle famiglie del Nord era superiore di circa il 40% rispetto a quella riscontrata al SUD. Valori mediani 1 della ricchezza familiare In euro Anno 2002 Modalità 2 Attività reali Attività finanziarie Totale attività Ricchezza netta 3 72

73 Sesso Maschi Femmine Titolo di studio Senza titolo Licenza elementare Media inferiore Media superiore Laurea Condizione professionale Lavoratore dipendente Di cui: Operaio Impiegato Dirigente, direttivo Lavoratore autonomo Di cui: Imprend., lib. prof Altro autonomo Condizione non professionale Di cui: Pensionati Altri non occupati Area geografica Nord Centro Sud Isole Totale (1) Poiché la distribuzione della ricchezza è caratterizzata da una forte asimmetria, con una notevole frequenza di importi più bassi della media e una frequenza più esigua di valori molto elevati, è preferibile utilizzare la mediana come indice descrittivo del fenomeno. (2) Le caratteristiche individuali sono riferite al capofamiglia, inteso come il maggiore percettore di reddito all interno della famiglia (3) La ricchezza familiare netta è costituita dalla somma delle attività reali (immobili, aziende e oggetti di valore), delle attività finanziarie (depositi, titoli di Stato, azioni, ecc.) al netto delle passività finanziarie (mutui e altri debiti). Fonte: Banca d Italia Dall analisi dei dati nazionali si rileva per le famiglie con capofamiglia dirigente una dinamica di crescita più sostenuta della ricchezza, che nel 2002 supera il doppio della mediana generale. Migliora anche la posizione relativa delle famiglie con capofamiglia impiegato, a fronte di un andamento negativo per quelle con capofamiglia operaio, la cui ricchezza scende a un livello pari a circa il 38% della mediana generale. Sulla base di tali dati, è possibile affermare che la ricchezza netta presenta una chiara concentrazione, posto peraltro che nelle mani del 10% delle famiglie più ricche se ne concentra quasi la metà (per l esattezza, il 45,1%) del totale. Più in dettaglio, vale evidenziare che il 19,5% delle famiglie possiede meno di 10 mila euro, mentre il 27,6% gode di più di 200 mila euro. Queste ultime 73

74 risultano inoltre più diffuse tra quelle residenti al Nord (34,4%) e con capofamiglia laureato (59,1%), dirigente (57,7%) o lavoratore autonomo (50,7%). Nella realtà provinciale di Terra di Lavoro, il reddito delle famiglie nel 2002 ha raggiunto complessivamente oltre 8,3 miliardi di euro, con un incremento del 2,9% rispetto all anno precedente. Purtroppo, Caserta tra le province della Regione Campania ha incassato il risultato peggiore. Infatti, in Campania l aumento della ricchezza dei nuclei familiari mediamente ha sfiorato il 4%, performance sensibilmente superiore alla stessa media nazionale. Tra le province più vivaci nella formazione del reddito, troviamo al primo posto quella di Benevento con +8,1%, seguita a distanza da Avellino con il +4,1%. La quota maggiore del reddito (32%) è concentrata nelle famiglie con 4 componenti, distanziati si trovano i nuclei composti da tre persone con meno del 22%. Le persone che vivono da sole posseggono solo l 8,8% della ricchezza complessiva. La situazione nazionale risulta molto diversa, il riferimento modale delle famiglie è quella composta da 3 persone, queste ultime detengono il 25,8% del reddito totale, seguite da quelle unipersonali con una percentuale che supera di circa 6 punti quella registrata per la provincia di Caserta. La ricchezza media delle nostre famiglie, fatta uguale a 100 la media nazionale, risulta al di sotto di 24 punti. Se, invece, il confronto viene rapportato alle regioni del Nord-Est e del Nord-Ovest, il differenziale si amplifica in termini percentuali di ben 32 punti. La situazione casertana risulta sofferente, mediamente di circa euro, anche rispetto alle altre province campane. Credito La sostenuta criticità delle sofferenze in provincia di Caserta dal 1998 è andata progressivamente e costantemente migliorando, tanto che la percentuale sugli impieghi dall iniziale è scesa nel 2002 al 10,6%. Purtroppo nell anno 2003 si è determinata un inversione di tendenza che ha riportato tale indicatore all 11,6%, peggiorando addirittura il dato del Il riacutizzarsi del fenomeno ha colpito in maniera sensibile solo la provincia di Caserta, mentre l indicatore regionale prosegue la fase discendente, seppur più lentamente. Anche a livello nazionale si è verificato un lieve peggioramento delle sofferenze, peggioramento determinato principalmente dall andamento economico non favorevole registrato nelle regioni forti del Nord. Mentre per queste ultime il risultato è stato determinato dalla conseguenza di un periodo congiunturale difficile, per il Mezzogiorno, ed in particolare per Caserta, la sostenuta quota di sofferenze sugli impieghi è la risultante di diversi fattori che hanno contribuito ad amplificare gli effetti già di per sè negativi della crisi produttiva, fattori che rendono ancora più difficile la riorganizzazione del sistema imprenditoriale e quindi il rilancio dell economia locale. Il cambiamento dello scenario creditizio con i processi di concentrazione a cui si è aggiunta, nel 2003, una contrazione del numero degli sportelli bancari attivi, ha reso ancora più macchinoso e vischioso il processo di accesso al credito. 74

75 La provincia di Terra di Lavoro, con una dotazione di 2,3 sportelli per ogni mille imprese e 2,2 per ogni abitanti, ha raggiunto una delle ultime posizioni nella graduatoria nazionale. I depositi effettuati dalle famiglie nell anno in argomento, ammontano complessivamente a oltre quattro miliardi di euro con una quota per abitante di 4.600, superando di il deposito pro-capite registrato nel Turismo Secondo i dati pubblicati dall Ufficio Italiano Cambi relativi al turismo internazionale, i viaggiatori stranieri che sono arrivati a Caserta nei primi dieci mesi del 2004 ammontano a ; pur in presenza di dati parziali è possibile già anticipare un consuntivo certamente non positivo, in considerazione dei arrivi dell anno precedente. Il decremento ha superato il 40%, la stessa percentuale ha prodotto anche la diminuzione nel numero di pernottamenti, che è sceso da dell anno 2003 a La flessione ha coinvolto tutto il territorio nazionale, evidenziando una flessione di oltre il 17%, mentre per la Regione Campania il dato è contenuto in un -3%. Anche la spesa per il movimento turistico sopra citato ha avuto in generale lo stesso andamento negativo nel periodo gennaio/ottobre 2004; solamente Salerno, tra le province campane, ha fatto registrare un aumento della spesa dei viaggiatori stranieri. Di contro c è da registrare un aumento del turismo della provincia di Terra di Lavoro verso l estero, tanto che nello stesso periodo del 2004 la spesa dei nostri viaggiatori ha avuto un incremento del 31%, pari in valori assoluti a di 22 milioni di euro. In tutto il panorama regionale, nella media delle macroaree e di quella complessiva nazionale solamente i viaggiatori casertani hanno prodotto un consistente aumento della spesa all estero. Infatti, in Campania tale fenomeno ha subito una contrazione del 23% ed un calo in v.a. di 192 milioni di euro, mentre a livello nazionale il decremento si è attestato rispettivamente in termini percentuali del 21% ed in v.a. di quasi 4 miliardi di euro. Pertanto, il saldo della spesa del turismo internazionale per la provincia di Caserta, in controtendenza con l andamento regionale e nazionale che hanno mostrato saldi attivi, ha avuto segno negativo con uno sbilancio di 71 milioni di euro. Nell anno 2003 il movimento negli esercizi ricettivi ha rilevato complessivamente circa presenze a fronte di poco più di arrivi con una permanenza media di 5 giornate. Il 72% degli arrivi, pari a unità, appartiene a residenti italiani, con una permanenza media di 4 giorni; la componente straniera, pur numericamente inferiore, fa registrare un numero di presenze medio di gran lunga superiore (7 giornate). Per quanto riguarda gli esercizi alberghieri gli arrivi costituiscono complessivamente solamente il 3,7 del totale riscontrato a livello regionale; la stessa percentuale è stata calcolata anche per le presenze. Gli stranieri sono e rappresentano il 23% del movimento in entrata, la loro permanenza mediamente è di circa 5 giornate mentre per i italiani la stessa si riduce a 3 giorni. I dati confermano che la principale attrazione turistica della provincia, costituita dall opera vanvitelliana, richiama essenzialmente un turismo di passaggio che 75

76 non trova motivazione o organizzazioni tali da provocare una permanenza superiore ad una giornata occorrente per una visita fugace alla Reggia. Pur tuttavia si nota come i viaggiatori in arrivo abbiano nelle strutture ricettive una permanenza media superiore a quella riscontrata nelle altre città campane; evidentemente si tratta di visitatori che, sistemati in strutture della nostra provincia, colgono l occasione, grazie alla posizione estremamente vantaggiosa, per visitare anche monumenti e l arte di città vicine. Il Commercio internazionale La necessità di affrontare una discussione approfondita sul tema della competitività e quindi dello sviluppo al fine di promuovere le azioni più idonee a sostenere le imprese sullo scenario internazionale, ha conquistato da tempo ormai il dibattito politico-economico. Il sostegno alle piccole imprese è diventato una priorità assoluta: la verifica del modello di specializzazione ed il consolidamento del sistema produttivo sono le leve su cui basare il rilancio dei prodotti italiani sul mercato internazionale. Questa esigenza è avvertita particolarmente oggi in presenza di nuovi attori che prepotentemente si sono affacciati ed hanno conquistato il mercato mondiale. Il ritardo nella riorganizzazione e nel sostegno alle imprese e la fase di passaggio alla moneta unica, hanno condizionato non positivamente i rapporti commerciali con l estero. Pur tuttavia, dopo il consistente calo dell export provinciale di Caserta, che nel 2003 aveva subito una flessione complessiva di oltre 20 punti percentuali, nell anno 2004 anche se in presenza di un dato ancora provvisorio si cominciano ad intravedere segnali di inversione di tendenza, dopo il progressivo e negativo deterioramento della fase esportativa provinciale degli ultimi anni. L export nel 2004 ha raggiunto complessivamente il valore di 825 milioni di euro, con un aumento, rispetto all anno precedente in v.a., di 46 milioni ed in termini percentuali di +5,9; quest ultimo valore risulta sensibilmente superiore alla media regionale e quasi in sintonia con l andamento nazionale. In Campania l aumento delle esportazioni ha coinvolto anche se in misura diversa quasi tutte le province, ad eccezione di quella di Salerno che ha fatto registrare una variazione ancora negativa. Le province di Avellino (+27%) e di Benevento (25%) hanno mostrato le migliori performance, mentre a Napoli si sono registrate variazioni positive molto contenute. Nella scomposizione percentuale del valore delle merci esportate per settore produttivo, quello metalmeccanico determina il 38,5% seguito dal chimico-gomma-plastica con il 28% e dall alimentare con il 12%. La quota più contenuta è offerta dal sistema moda il cui valore esportato costituisce appena il 6,8% di tutto l export provinciale. Nel movimento con l estero il bilancio commerciale ha restituito valori negativi nei comparti alimentare e metalmeccanico, mentre positiva è stata la differenza tra i valori esportati e quelli importati dalle imprese legate al sistema moda e chimico-gomma e plastica. La quota esportativa più elevata, pari a circa 530 milioni di euro, è riferita ai paesi dell UE a 15, mentre 76

77 appena il 4,3% pari a 36 milioni è il valore delle merci acquistate dai dieci nuovi paesi entrati nel corso del Il grado di penetrazione del mercato medio-orientale è risultato leggermente superiore sia alla media regionale che nazionale. Nell analisi delle quote commercializzate per paese di destinazione, si è riscontrato un calo del valore delle esportazioni verso i paese concorrenti più agguerriti come la Germania (-16%), la Francia (- 4,4%) e la Spagna (-6,8%). Il Regno Unito, importando merce dall Italia per un valore di oltre 100 milioni di Euro ha aumentato la quota di circa il 31% rispetto al I rapporti commerciali italiani con l estero hanno evidenziato un miglioramento complessivo verso i paesi extraeuropei ed all interno della stessa Unione Europea. I Paesi verso i quali si sono verificati i migliori risultati sono Portogallo (+44%), Giappone (25%), (Iran che ha triplicato il valore esportato), Russia, Brasile, Repubblica CECA (quadruplicato), Kenia (+62%), Ungheria, Danimarca, Bulgaria. Il Commercio Internazionale dei Servizi I rapporti economici tenuti con il resto del mondo si riassumono nella bilancia dei pagamenti, che rappresenta il conto delle transazioni con l estero tenute da individui ed imprese. Le transazioni possono riguardare gli scambi di merci e di servizi attraverso le importazioni e le esportazioni, i trasferimenti ed i movimenti di capitale. Relativamente al commercio internazionale dei servizi, l andamento riscontrato a livello nazionale ha mostrato un saldo sostanzialmente quasi sempre positivo nel quinquennio 1997/2002, nell anno successivo però si è verificato un saldo negativo di circa 10 miliardi di euro. La provincia di Caserta, sin dal 2002, invece, ha registrato nei movimenti con l estero un peggioramento nel saldo commerciale con 224 mila euro, dato che è diminuito nell anno successivo con Per quanto riguarda la tipologia dei servizi, nei primi otto mesi del 2004 quelli più esposti all indebitamento verso l estero sono stati i servizi informatici per 218 mila euro e gli altri servizi per La bilancia dei pagamenti della tecnologia, con flussi da e verso l estero ha determinato nel triennio 1999/2000 un saldo medio annuo negativo complessivamente di oltre 12 milioni di _ per tutta la Regione Campania. Solamente nel 2002 e nel 2003 un miglioramento nelle quote degli incassi ed una sensibile riduzione dei pagamenti hanno permesso un saldo positivo. Le voci più importanti di pagamento si riferiscono ai diritti di sfruttamento di marchi di fabbrica, modelli e disegni ( ), agli Studi Tecnici ed Engineering ( ) ed ai servizi di Ricerca e Sviluppo. Il saldo positivo più consistente si riferisce ai servizi di R. & S., per i quali nella regione Campania si sono incassati circa 7 milioni di euro. Per i servizi di Know how non vi sono stati movimenti esteri in entrata, ma solamente cessioni per oltre 15 milioni. Per tale servizio la 77

78 Campania contribuisce agli incassi totali nazionali nella misura del 14 %; hanno spuntato risultati migliori solamente il Piemonte (28%), la Lombardia (25%) ed il Veneto (15%). Al risultato complessivo, relativo al totale di tutti gli incassi dei servizi tecnologici, la Campania partecipa con circa lo 0,9%. R & S La strada della competitività passa principalmente attraverso l innovazione che si realizza con interventi a favore della ricerca e sviluppo. Le spese in R&S nel 2002 (ultimi dati disponibili ) sono cresciute rispetto all anno precedente. Pur tuttavia l incremento complessivo che, misurato in rapporto al PIL, è passato dall 1% all 1,2%, non segna comunque una significativa inversione di tendenza. Quello che continua infatti a preoccupare, soprattutto in confronto ai nostri principali competitors, non è la dinamica di tale tipologia di spesa (peraltro cresciuta del +6,2% tra il 2001 e il 2002, al netto dei valori riferiti alle istituzioni private non profit) quanto piuttosto l ancora limitata incidenza della componente di R&S finanziata dalle imprese private. In Italia, gli investimenti in Ricerca finanziati direttamente dalle imprese rappresentano ancora oggi la metà del totale e coprono appena lo 0,5% del PIL. Il loro tasso di crescita (che nel 2002 ha raggiunto il +5,9%) si mantiene inoltre su livelli più bassi rispetto a quelli riferiti alla spesa degli organismi afferenti al mondo pubblico, tra i quali le Università concentrano la quota più consistente (un terzo della spesa totale) e, per di più, in crescita continua (+8,5%, a fronte del +6,2% medio). Spesa per R&S intra-muros per settore istituzionale e regione. Anno Coefficienti di specializzazione Valori assoluti Regioni Amministrazioni pubbliche Università Istituzioni private non Imprese Totale Spesa R&S (% PIL) profit Piemonte 0,2 0,5 0,5 1,6 1 1,7 Valle d Aosta 0,2 0,2 4,8 1,7 1 0,4 Lombardia 0,4 0,6 2,7 1,4 1 1,3 Trentino A.A. 2,0 0,8 2,7 0,7 1 0,6 Veneto 0,6 1,3 0,3 0,9 1 0,7 Friuli V.G. 0,9 1,3 0,4 0,8 1 1,1 Liguria 1,1 0,9 0,2 1,0 1 1,3 Emilia Romagna 0,4 1,0 0,4 1,2 1 1,3 Toscana 1,0 1,6 0,3 0,6 1 1,1 Umbria 0,6 2,0 0,2 0,5 1 0,9 78

79 Marche 0,4 1,4 0,1 0,9 1 0,7 Lazio 2,8 0,7 0,8 0,6 1 2,0 Abruzzo 0,8 1,3 0,3 0,9 1 1,1 Molise 0,6 2,4 0,6 0,2 1 0,4 Campania 0,9 1,7 0,5 0,6 1 1,0 Puglia 1,3 1,7 1,2 0,4 1 0,6 Basilicata 1,2 1,3 0,0 0,7 1 0,5 Calabria 0,8 2,5 0,2 0,1 1 0,4 Sicilia 0,8 2,0 0,1 0,4 1 0,8 Sardegna 1,1 2,2 0,0 0,2 1 0,7 Nord 0,5 0,7 1,5 1,3 1 1,0 Centro 1,7 1,0 0,6 0,8 1 2,0 Mezzogiorno 0,9 1,8 0,4 0,5 1 0,8 ITALIA ,2 Gli impegni economici più rilevanti, in relazione agli interventi degli altri organismi pubblici e privati, sono attuati dalle Università delle Regioni: Calabria, Sardegna e Sicilia, che spendono più del doppio rispetto alla media nazionale, come evidenziato dai coefficienti di specializzazione riportati in tabella. Il fenomeno è enfatizzato dallo scarso impegno economico della Pubblica amministrazione, dalle Istituzioni private non profit e dalle stesse imprese. Gli atenei della Campania, pur in presenza di una spesa in ricerca e sviluppo pari all 1% del PIL, di poco inferiore alla media nazionale, hanno speso in R&S una quota di 442 milioni di euro circa la metà del totale regionale. Le imprese private, con un indicatore pari allo 0,6, manifestano rispetto agli impegni operati dagli altri organismi territoriali una capacità di intervento economico a favore della ricerca e innovazione pressoché dimezzata. Anche per quanto riguarda gli addetti alle R&S per settore istituzionale, ad eccezione dell Università, gli altri soggetti che concorrono alla spesa per la ricerca determinano un indicatore che è la metà di quello nazionale. Personale addetto alla R&S per settore istituzionale e regione. Anno 2002 Coefficienti di specializzazione Valori assoluti Amministrazioni pubbliche Università Istituzioni private non profit Imprese Totale Addetti R&S % Popolazione (ogni 1000 abitanti) Piemonte 0,3 0,5 0,7 1,8 1 4,4 Valle d Aosta 0,2 0,1 4,9 2,0 1 1,7 Lombardia 0,4 0,6 2,7 1,5 1 3,4 Trentino A.A. 1,9 0,8 1,9 0,7 1 2,4 Veneto 0,6 1,1 0,4 1,1 1 2,1 79

80 Friuli V.G. 0,8 1,4 0,5 0,8 1 3,1 Liguria 1,1 0,9 0,3 1,1 1 3,1 Emilia Romagna 0,4 0,9 0,5 1,3 1 4,0 Toscana 0,9 1,4 0,8 0,7 1 3,0 Umbria 0,5 1,9 0,2 0,5 1 2,7 Marche 0,5 1,3 0,2 1,0 1 2,0 Lazio 2,8 0,8 0,6 0,4 1 5,7 Abruzzo 0,8 1,1 0,3 1,0 1 2,5 Molise 0,7 2,2 0,6 0,1 1 1,0 Campania 0,8 1,6 0,4 0,6 1 2,0 Puglia 1,0 1,6 1,4 0,4 1 1,3 Basilicata 1,1 1,5 0,3 0,6 1 1,1 Calabria 0,9 2,1 0,4 0,1 1 0,7 Sicilia 0,7 2,0 0,4 0,3 1 1,5 Sardegna 1,0 1,9 0,2 0,3 1 1,6 Nord 0,5 0,7 1,5 1,5 1 2,7 Centro 1,6 1,0 0,6 0,7 1 5,6 Mezzogiorno 0,8 1,7 0,5 0,5 1 1,6 ITALIA ,9 Le criticità sul versante dello sviluppo e del trasferimento di tecnologia sono tuttavia evidenti non solo attraverso l analisi della dinamica della spesa privata in R&S ma anche esaminando i contenuti degli investimenti in innovazione realizzati dalle imprese. I dati trimestrali sull orientamento delle PMI manifatturiere verso l investimento in innovazione di processo, di prodotto o, ancora sul versante dell organizzazione aziendale e della distribuzione commerciale confermano il limitato orientamento all adozione di innovazioni science based. Su una quota di aziende innovatrici che per il 2004 ha toccato il 38,4% del totale, per circa i due terzi (per l esattezza, il 65,1%) si tratta di investimenti mirati all incremento della capacità o dell efficienza produttiva, a fronte di un nucleo pari ad appena il 7,8% di PMI che vede come priorità strategica la differenziazione o la diversificazione produttiva, anche acquisendo diritti di sfruttamento di brevetti. Un attenzione lievemente crescente è rivolta allo sviluppo dell organizzazione aziendale e della distribuzione commerciale (27,1% in media annua). La capacità di investimento è caratterizzata da alcune chiare differenze su scala territoriale. Al Nord le imprese investitrici sono più numerose (tra il 40% e il 42%, contro il 33% e 29% del Centro e del Mezzogiorno) ma, al contempo, le aziende del Centro e, soprattutto, del Sud hanno mostrato una tendenza alla crescita degli investimenti superiore rispetto a quella delle aziende settentrionali. Non è tuttavia questo il solo elemento in grado di gettare un nuova luce, in prospettiva, sulla capacità innovativa delle PMI meridionali: se al Nord circa due imprese su tre preferiscono puntare sull introduzione di nuovi macchinari o sull ampliamento della dotazione attuale (probabilmente sperando in una ripresa dello slancio produttivo), al Sud emerge invece una chiara tendenza a 80

81 ricorrere le traiettorie dell innovazione tracciate dalle imprese leader del resto del Paese e a colmare parte del gap esistente, tanto da finalizzare in misura maggiore gli investimenti al miglioramento o all ampliamento della gamma produttiva. Anche considerando possibili fenomeni di innovazione sommersa, ossia non rilevabile direttamente dalle voci di bilancio (sia del conto economico, in termini di spese, che di stato patrimoniale, in termini di immobilizzazioni immateriali), qui vale evidenziare come elemento di criticità non solo, come già visto, l entità degli investimenti privati in R&S quanto piuttosto la loro finalità e, pertanto, la scarsa capacità delle aziende di valorizzare economicamente la stessa attività di ricerca, ossia di tradurre in prodotti e processi economicamente valorizzabili le scoperte, le innovazioni e le opere dell ingegno. A conferma di ciò, basti segnalare la bassa incidenza delle domande di brevetto provenienti dall Italia sul totale di quelle pubblicate dall'ufficio Europeo dei Brevetti (EPO): con riferimento ai principali competitors del nostro Paese (Germania, Francia e Gran Bretagna nell UE, oltre a USA e Giappone), alle imprese italiane fa riferimento solo il 3,1% del totale riferito al periodo Questo si traduce (dato anche il cosiddetto effetto struttura del nostro Paese, caratterizzato dalla presenza di imprese più numerose e mediamente più piccole) in appena 63 domande di brevetto per ogni imprese private extra-agricole, contro le 258 della Francia, le 265 del Regno Unito e le 621 della Germania. Il circuito virtuoso tra ricerca pubblica, innovazione industriale e competitività può avere una chiara ricaduta anche sullo sviluppo economico territoriale. Utilizzando i dati disponibili su scala provinciale circa le richieste di brevetti pervenute all Ufficio Europeo dei Brevetti (EPO), emerge una regolarità geografica piuttosto netta, che sembra dividere il Centro-Nord dal resto del Paese e ricalcare da vicino la capacità di ciascuna economia locale di generare ricchezza diffusa sul territorio. La Bilancia Tecnologica dei pagamenti Il grado di soddisfazione o di insoddisfazione della domanda di tecnologia sul territorio nazionale, con riferimento specifico alle imprese private, è individuabile nel saldo della Bilancia dei Pagamenti della Tecnologia (BPT). Questa registra i flussi di incassi e pagamenti riguardanti le transazioni con l estero di tecnologia non incorporata in beni fisici, nella forma di diritti di proprietà industriale e intellettuale, come brevetti, licenze, marchi di fabbrica, know-how e assistenza tecnica. Il saldo globale della BPT per il 2003 è risultato negativo per un importo di poco superiore ai 608 milioni di euro, un disavanzo in linea con un andamento deficitario della serie storica riferita all ultimo decennio ma in netto peggioramento rispetto allo scorso anno, quando si registrò un saldo pressoché nullo (circa 17 milioni di euro). Serie storica dei saldi della Bilancia dei Pagamenti della Tecnologia Importi in migliaia di euro anni

82 Commercio in Transazioni in Servizi con Ricerca e Altri regolam. Totale tecnologia marchi e disegni contenuto tecnologico sviluppo finanziata da/all estero tecnologia Il peggioramento del saldo è stato determinato essenzialmente da un deficit più grave che in passato con riferimento al commercio in tecnologia (-534 milioni di euro nel 2003 contro -373 nel 2002), al cui interno si rileva un saldo particolarmente negativo delle voci relative alle cessioni e acquisizioni di brevetti (dove la perdita è pari a oltre 100 milioni di euro, il valore più elevato degli ultimi 12 anni) e, soprattutto, di quelle legate ai diritti di sfruttamento di brevetti, per il quale si registra un saldo negativo pari a ben 450 milioni di euro. A bilanciare tali valori non hanno contribuito quanto nel 2002 le voci dell interscambio riferite ai servizi in senso stretto. Pur mantenendosi ancora positivi, quelli a contenuto tecnologico (invio di tecnici ed esperti, engineering e assistenza tecnica legata ai diritti di sfruttamento, che come si è visto sono in flessione) hanno infatti subito nel 2003 una contrazione del saldo pari al -38%. In particolare, la quota di incassi attribuibile a tale tipologia di servizi è diminuita dal 77,5% del totale nel 1992 a circa il 50,6% nel Anche il surplus nei servizi di ricerca e sviluppo (servizi resi a imprese controllate o collegate, nonché attività frutto di progetti congiunti transnazionali nel campo della R&S) diminuisce rispetto al massimo storico registrato l anno precedente (da 543 a 352 milioni di euro, ossia 35 punti percentuali in meno da un anno all altro), in virtù sia di un decremento degli incassi (-15,9%) che di un incremento dei pagamenti (+8,4%). E se, da un lato, gli incassi per ricerca e sviluppo si mantengono su livelli storicamente elevati (circa il 30% del totale), i pagamenti mostrano invece un'incidenza in aumento negli ultimi anni, raggiungendo nel 2003 il 13,9%. Non subisce infine particolari variazioni, pur mantenendo un saldo negativo, l interscambio riferito ai diritti di sfruttamento e a cessioni e acquisizioni di marchi di fabbrica, modelli e disegni. 82

83 I dati ripartiti per regione di provenienza/destinazione dei flussi confermano anche per il 2003 la leadership del Nord-Ovest (e, nello specifico, della Lombardia) sia in termini di incassi, sia di pagamenti, pur con un lieve decremento rispetto agli anni precedenti. Seguono le regioni del Centro, che superano nel loro insieme il 30% dei flussi, a fronte di un 25% circa nel Tale risultato, dal lato dei pagamenti, è in parte spiegato dal peso dei soggetti non imprenditori - verosimilmente gli Enti Pubblici di Ricerca con sede nel Lazio - per la voce altri regolamenti di tecnologia, mentre dal lato degli incassi è da ricondurre alla voce degli studi tecnici ed engineering, anche in questo caso concentrati nel Lazio. In termini di saldo, l Italia nord-occidentale fa registrare nel 2003 un disavanzo di 244 milioni di euro, a fronte di un surplus di 382 nel Cambiano tuttavia i risultati messi a segno dalle singole regioni: se, da un lato, il Piemonte conferma il suo tradizionale saldo positivo (221 milioni nel 2003), la Lombardia, dall altro, registra un disavanzo di 454 milioni. Per questa regione si è trattato di un effetto combinato di un deficit per quanto riguarda i diritti di sfruttamento di brevetti (- 333 milioni, contro un saldo positivo di 89 milioni nel 2002) e di un surplus decisamente più contenuto per la voce dei servizi di ricerca e sviluppo (-227 milioni di euro rispetto all anno precedente). In netta diminuzione appare il disavanzo del Centro (da -317 a -178 milioni di euro), grazie soprattutto al significativo saldo positivo del Lazio per gli studi tecnici ed engineering (199 milioni di euro), cui si aggiunge un surplus nei servizi di ricerca e sviluppo (66 milioni) per la Toscana. Indipendentemente dalla regione di localizzazione del soggetto segnalante, emerge comunque una forte dipendenza dell interscambio di disembodied technology dal resto dei Paesi dell UE a 15, posto che poco meno del 70% dei flussi fa riferimento all area comunitaria (tra i quali la Francia precede il Regno Unito e, a distanza, la Germania). Gli Stati Uniti si collocano al terzo posto, con il 9,8% degli incassi e 16,8% dei pagamenti. Bilancia Tecnologica dei Pagamenti a livello regionale, Valori assoluti in migliaia di Euro Incassi Pagamenti Saldi Incassi Pagamenti Saldi Piemonte Valle d Aosta Lombardia Trentino A.A Veneto Friuli V.G Liguria Emilia Romagna Toscana Umbria

84 Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Nord Ovest Nord est Centro Sud ITALIA Fonte: Ufficio Italiano dei Cambi I sistemi territoriali di sviluppo. Sistemi locali del lavoro e distretti industriali. I sistemi locali del lavoro sono stati individuati dall Istat sulla base degli spostamenti quotidiani tra comuni per motivi di lavoro, rilevati in occasione del 14 Censimento generale della popolazione del I sistemi locali del lavoro (SLL) rappresentano i luoghi della vita quotidiana della popolazione che vi risiede e lavora. Si tratta di unità territoriali costituite da più comuni contigui fra loro, geograficamente e statisticamente comparabili. I sistemi locali del lavoro sono uno strumento di analisi appropriato per indagare la struttura socio-economica dell Italia secondo una prospettiva territoriale. I confini dei sistemi locali del lavoro, e dei distretti industriali che da essi discendono, attraversano i limiti amministrativi delle province e delle regioni. Il limite amministrativo salvaguardato dalla procedura di individuazione dei sistemi locali è quello del comune, in quanto esso rappresenta l unità elementare per la rilevazione dei dati sugli spostamenti quotidiani per motivi di lavoro. Ogni comune italiano, pertanto, appartiene ad un solo sistema locale del lavoro. Lo studio che ha portato all individuazione dei sistemi locali del lavoro è l esito di un accordo di ricerca fra l Istat e il Dipartimento di Economia dell Università di Parma. Su ogni sistema locale del lavoro sono stati applicati i dati relativi alle unità locali, alle attività economiche e agli addetti desunti dal 8 Censimento generale dell industria e dei servizi I distretti industriali sono entità socio-territoriali in cui una comunità di persone e una popolazione di imprese industriali si integrano reciprocamente. Le imprese del distretto appartengono prevalentemente a uno stesso settore industriale, che ne costituisce quindi l industria principale. 84

85 Ciascuna impresa è specializzata in prodotti, parti di prodotto o fasi del processo di produzione tipico del distretto. Le imprese del distretto si caratterizzano quindi per essere numerose e di modesta dimensione. Ciò non significa che non vi possano essere anche imprese abbastanza grandi; la loro crescita fuori scala può però causare una modifica della struttura canonica del distretto. I distretti industriali corrispondono a SLL che hanno natura prevalentemente manifatturiera, dove operano principalmente unità produttive di piccola e media dimensione appartenenti a un industria principale. In accordo con la disciplina comunitaria (Raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE), recepita dal Governo italiano (Decreto del Ministero delle Attività Produttive 18 aprile 2005), si è fatto riferimento alle unità produttive con meno di 250 addetti per la definizione di piccola e media impresa. La Campania conta 7 distretti industriali: Calitri (tes./abbigliamento) Nocera Inferiore-Gragnano (agroalimentare e tessile) San Giuseppe Vesuviano (tessile/abbigliamento) San Marco dei Cavoti (tessile/abbigliamento) Solofra (concia) Di seguito si passano ad illustrare le caratteristiche dei due distretti ricadenti nella provincia di Caserta: Il Distretto Industriale di Grumo Nevano-Aversa Il Distretto campano n.5 Grumo Nevano, Aversa e Trentola Ducenta rappresenta il distretto con la più ampia estensione territoriale, comprendendo ben 21 Comuni di cui 8 appartenenti alla provincia di Napoli (Arzano, Casandrino, Casavatore, Casoria, Frattamaggiore, Grumo Nevano, Melito di Napoli, Sant'Antimo) e 13 a quella di Caserta (Aversa, Cesa, Frignano, Lusciano, Orta di Atella, Parete, San Marcellino, San Tammaro, Sant'Arpino, Succivo, Teverola, Trentola-Ducenta, Villa Di Briano). Esso si sviluppa su una superficie di 155 Kmq, con una popolazione complessiva che raggiunge i abitanti di cui residenti nel napoletano (pari all 8% degli abitanti della provincia di Napoli) e residenti nel casertano (pari al 20% degli abitanti della provincia di Caserta), ed una densità piuttosto elevata pari a 2724 abitanti/kmq. I centri urbani maggiori si addensano intorno a due principali sub aree: quella della provincia di Napoli rappresentata dai sistemi insediativi di Casoria, Arzano e Melito con una popolazione superiore ai abitanti per il primo, di circa 38 mila per il secondo e di 34 mila per il terzo; quella della provincia di Caserta che ha il suo centro propulsivo nel comune di Aversa la cui popolazione conta più di abitanti. 85

86 Il Distretto di Grumo esprime un sistema industriale piuttosto sviluppato caratterizzato dalla presenza di un elevato numero di imprese che qualificano l aggregato manifatturiero. Quest ultimo, infatti, secondo gli ultimi dati forniti dal sistema camerale, raggiunge la numerosità imprenditoriale di imprese, pari al 13% del totale dele imprese del distretto e all 8% del totale manifatturiero regionale, che complessivamente si traducono in opportunità di impiego per addetti. Un peso particolare, inoltre, rivestono, le iniziative imprenditoriali nel settore delle costruzioni che pesano sul totale distrettuale per una percentuale (15%) superiore a quella della media regionale (11%). Su tutti prevale il settore commerciale la cui percentuale sul totale universo distrettuale (43%) distanzia di sei punti percentuali il dato regionale (37%) già, peraltro, notevolmente superiore alla media nazionale (28%). La distribuzione territoriale delle imprese evidenzia come siano soprattutto due i comuni attorno ai quali si concentra la maggior parte delle imprese dell area: Casoria (17%) ed Aversa (14%). Sviluppando più nel dettaglio l analisi della struttura manifatturiera del Distretto, si individua la netta prevalenza dei settori del tessile ed abbigliamento e del conciario che si manifesta sia attraverso la presenza massiccia di imprese sia in termini di numeri di addetti. Con riferimento alle prime, nel distretto, al giugno 2005, sono registrate come attive ben 687 imprese pari complessivamente al 17% dell intera popolazione manifatturiera del distretto e all 11% del totale delle imprese tessili della regione; le seconde, invece, numericamente di poco inferiori (649), rappresentano il 16% dell intero aggregato manifatturiero distrettuale e ben il 23% dell intera popolazione delle imprese conciarie della regione. Raggiunge, invece, percentuali più elevate la contribuzione delle imprese in oggetto al totale degli addetti del settore manifatturiero del distretto: le percentuali si attestano rispettivamente al 20% per il settore tessile ed al 27% per quello conciario. Una discreta presenza industriale si riscontra anche nel settore metallurgico (13% del totale manifatturiero distrettuale ed 11% del totale degli occupati del comparto), mentre da un punto di vista occupazionale si rileva il dato del settore cartotecnico, che anche se non caratterizzante l area (appena il 5% della popolazione di imprese del distretto), occupa il 10% degli addetti del settore manifatturiero del distretto con un peso sul totale degli addetti regionali del relativo comparto pari al 15%. Per quanto attiene alla specializzazione produttiva del distretto è possibile riscontrare come questa si caratterizzi anche con riferimento ad una specifica localizzazione territoriale. Attualmente il settore tessile-abbigliamento si concentra soprattutto nell area a nord di Napoli ed in particolare nei comuni di Grumo Nevano, Frattamaggiore, Casoria, Arzano, Calandrino, mentre quello conciario si divide tra la zona grumese e quella aversana. Nei comuni a nord di Napoli sono localizzati, infatti, 450 imprese, rappresentanti il 68% del totale tessile abbigliamento del distretto, che occupano circa addetti (68% della popolazione tessile del distretto). Nell ordine sono soprattutto i primi tre comuni (Grumo Nevano, Frattamaggiore e Casoria) a distinguersi per la numerosità d imprese rispettivamente pari al 20% al 14% ed al 13% della popolazione industriale. In termini occupazionali, invece, i primi due comuni conservano le posizioni di testa sebbene in ordine 86

87 invertito, mentre è Arzano l altra realtà di rilievo con un occupazione che raggiunge il 17% degli addetti del tessile ed abbigliamento del distretto. Tale risultato inoltre è prevalentemente riferibile al comparto abbigliamento per il quale Arzano concentra una percentuale di addetti pari al 18% del totale distrettuale di categoria, così come emerge l assoluta preminenza di Frattamaggiore nel settore tessile dove la percentuale di imprese raggiunge il 24% della popolazione tessile distrettuale e ben il 48% dei relativi addetti. Per il settore conciario i due comuni principali (Grumo e Aversa) concentrano il 42% della popolazione conciaria dell area condividendo la stessa percentuale, pari al 35%, degli addetti del comparto. Imprese e addetti del tessile/abbigliamento e del conciario per comuni del Distretto Giugno 2005 Industria tessile Industria abbigliamento Totale tessile ed abbigliamento Industria conciaria Impr. Add. Impr. Add. Impr. Add. Impr. Add. Aversa Cesa Frignano Lusciano Orta Parete S. Marcellino S. Tammaro S. Arpino Succivo Teverola Trentola Ducenta Villa di Briano Arzano Calandrino Casavatore Caloria Frattamaggiore Grumo Nevano Melito S. Antimo TOTALE Fonte: Infocamere Il polo tessile-abbigliamento è in larga misura composto da aziende di piccole dimensioni, in media 3,4 addetti per impresa con valori che diventano ancora più inconsistenti per il comparto del tessile: appena 2,1 addetti in media a fronte dei 3,6 registrati in quello dell abbigliamento. Il dato, proprio perché medio, non è in grado di fotografare l intera realtà dell area. L area, infatti, specializzata nella confezione di capi di abbigliamento soprattutto maschili (capispalla e pantaloni) e, in minor parte, in quello femminile (gonne), presenta caratteristiche di elevata eterogeneità. Da 87

88 un lato, è possibile individuare, infatti, imprese di maggiori dimensioni che rappresentano spesso realtà di eccellenza anche in ambito internazionale, realizzano produzioni di altissima qualità prodotte con marchio proprio; dall altro, un numero molto più consistente di imprese più piccole, che producono in pronto moda o in programmato, sia in conto proprio sia in conto terzi, e che si collocano prevalentemente su una fascia di mercato compresa tra una qualità media ed una bassa. Tra quelle di piccole dimensioni alcune, inoltre, presentano un elevata specializzazione per fase del processo produttivo. Anche nel settore conciario è possibile rilevare la forte specializzazione produttiva nel prodotto calzaturiero mentre un minor peso rivestono le imprese collocate nelle attività a monte del processo produttivo. Nel distretto, infatti, risultato del tutto marginale il peso delle imprese operanti sia nella produzione di tessuti, sia in quella di pellame, configurando pertanto un tipico caso di approvvigionamento esterno di materie prime per le imprese del comparto. Nello stesso comparto, inoltre, sussistono differenziazioni qualitative del prodotto, in relazione all area di riferimento. Infatti, nella zona grumose si producono calzature da donna di qualità medio-bassa, in quella aversana si realizzano, invece, calzature da uomo di qualità media e medio-fine. Le stesse imprese si differenziano inoltre per struttura e qualificazione gestionale. La dimensione media delle imprese, sebbene si attesti su valori superiori a quelli riscontrati nel comparto tessile, rimane comunque nell ordine delle piccolissime dimensioni raggiungendo la media di 4,7 addetti per impresa. Anche in questo caso è possibile, infatti, rilevare la presenza di un universo di imprese estremamente frammentato con pochi casi di imprese, di dimensioni più rilevanti, posizionate su nicchie di prestigio e molte aziende, soprattutto di dimensioni più piccole, che realizzano una produzione molto più standardizzata e di qualità modesta. Il Distretto Industriale di Sant Agata de Goti - Casapulla Il distretto accoglie le maggiori peculiarità dal punto di vista delle caratteristiche fisico-geografiche e del tessuto produttivo. Come si può intuire dalla stessa denominazione del distretto, questo si estende su due province, quella di Benevento e quella di Caserta, comprendendo il capoluogo di quest ultima e ben venti comuni (il numero più elevato tra i Distretti Campani) e ospitando una popolazione residente di unità con una densità di 1480 abitanti/kmq. I comuni appartenenti alla provincia di Benevento sono: Bucciano, Dugenta, Durazzano, Limatola, Moiano, Sant Agata de Goti. I comuni appartenenti alla provincia di Caserta sono: Arienzo, Casagiove, Casapulla, Caserta, Castel Morrone, Curti, Macerata Campania, Portico di Caserta, Recale, San Felice a Cancello, San Nicola la Strada, San Prisco, Santa Maria a Vico, Santa Maria Capua Vetere. Le differenze esistenti, sia dal punto di vista orografico che demografico, sia, ed è questo che maggiormente interessa, dal punto di vista della struttura economica, presentano il distretto di Sant Agata de Goti come un ambito territoriale diversificato, caratterizzato dalla presenza di una molteplicità di piccole, piccolissime e medie imprese che operano in una pluralità di settori. 88

89 Il Distretto di Sant Agata-Casapulla, come accennato in precedenza, possiede una doppia vocazione: una è quella del tessile abbigliamento, che lo accomuna agli altri distretti industriali campani, l altra è quella relativa alla fabbricazione delle macchine. Nel settore del tessile-abbigliamento operano 257 imprese, con un occupazione totale di addetti; di queste, 85 imprese e poco più di 400 addetti, sono localizzate nel Comune di Caserta. Nel territorio della provincia di Caserta vi sono poi alcune imprese di calzature che si integrano con il polo calzaturiero localizzato nel distretto di Grumo Nevano. Va comunque sottolineato che, parlando dal punto di vista marshalliano, non si rinviene un sistema di relazioni né economiche né sociali tale da connotare l area come distretto industriale. Se si esclude il polo delle Sete di San Leucio, unica area del distretto caratterizzata da una vocazione produttiva omogenea, il distretto non si riconosce come aggregato coeso. Analizzando in dettaglio la distribuzione delle attività nei vari comuni del distretto, si intuisce quale sia la effettiva vocazione dei singoli centri. Dal 2001 al giugno 2005 (data ultima delle rilevazioni Infocamere 2005) sono aumentate le imprese attive nel settore tessile abbigliamento di circa il 25% per le industrie tessili (con un decremento del numero di addetti del 50%) e del 40% per quelle specializzate nella confezione di articoli di vestiario e nella preparazione e tintura di pellicce (con una contrazione della forza lavoro pari al 5%). Dall analisi della composizione del settore nel distretto, emerge che la maggior parte delle imprese è specializzata nella confezione di capi di abbigliamento o articoli di maglieria, e/o nell offerta dei relativi servizi produttivi (taglio, cucitura, confezione, stiro, ecc.), mentre il peso della filiera a monte (le imprese locali del comparto che si occupano di filatura e tessitura) appare più limitato. L analisi statistica evidenzia che poche imprese del distretto riescono ad esercitare un certo peso nell ambito produttivo e commerciale: la prevalenza della produzione conto-terzi e la polverizzazione produttiva ne sono una diretta conseguenza, così come la scarsa propensione all internazionalizzazione. D altra parte va considerato che le dinamiche di sviluppo del comparto tessile abbigliamento nel distretto risentono di un particolare fenomeno che ha dato luogo alla creazione di un polo di specializzazione nell ambito del territorio su cui insiste il distretto. Imprese e addetti nel settore T/A 2005 Industrie tessili Confezione di articoli di vestiario: preparazione e tintura di pellicce Imprese Addetti Imprese Addetti Arienzo Casagiove Casapulla Caserta Curti Macerata Campania

90 Portico di caserta Recale San Felice a Cancello San Nicola la Strada San Prisco Santa Maria a Vico Santa Maria C.V Bucciano Dugenta Durazzano Limatola Moiano Sant Agata de Goti TOTALE Fonte: Dati Camera di Commercio di Napoli giugno 2005 I meta distretti Il Polo Orafo Per Polo Orafo si intende il metadistretto che raggruppa il Borgo degli orefici di Napoli, le imprese di Torre del Greco e il Tarì di Marcianise. Il Borgo degli Orefici è il centro dell arte orafa napoletana e vi hanno sede numerose botteghe dedite alla produzione ed alla vendita di gioielli. Torre del Greco è famosa per la lavorazione del corallo. Il settore dà lavoro ad almeno mille persone, con circa 400 aziende di varie dimensioni; a fianco ad esse c è un numero indefinito di laboratori che lavorano in conto terzi. E molto diffusa, inoltre, la figura del lavoro dipendente esterno con proprio laboratorio. Due sono i settori di produzione: il liscio, la lavorazione cioè a carattere più seriale, e l incisione, la realizzazione di lavori particolari e raffinati. Notoria è anche la produzione di cammei di pietra dura lavorata a bassorilievo. A Marcianise, in provincia di Caserta, ha sede ed è operativo dal 1996 il Tarì, il Centro orafo che riunisce in forma consortile più di 200 aziende operanti nella progettazione, lavorazione e vendita di oreficeria e gioielleria. Il Centro, che occupa 2000 persone, è una struttura idonea ad ospitare manifestazioni ed eventi di alto livello; cura la formazione delle risorse umane, sia nell area della progettazione e della produzione che in quella della gestione amministrativa, commerciale e finanziaria delle aziende; offre, inoltre, assistenza e servizi organizzativi ai soci, agli espositori in mostra ed agli operatori che frequentano il Centro Orafo. Un altro Consorzio presente a Marcianise dal 1998 è Oromare, che raggruppa circa 150 aziende che operano nel settore e che sono in prevalenza localizzate nei distretti di Napoli e Torre del Greco: si va dai piccoli laboratori di incisione alle grandi firme del settore famose anche a livello internazionale. 90

91 Il polo campano rappresenta il quarto polo orafo italiano, dopo Arezzo, Vicenza e Valenza Po, sebbene la sua incidenza sul totale dell export nazionale risulti sottostimata per vari motivi. Una delle ragioni va ricercata nel fatto che le imprese orafe di quest area affidano parte delle spedizioni all estero a intermediari specializzati residenti in altre regioni, dove avvengono le registrazioni e le dichiarazioni dell export (inviate poi all ISTAT) per la rilevazione statistica. Di fatto, la scarsa propensione all export mal si sposa col trend evolutivo del decennio , durante il quale il metadistretto ha accresciuto il proprio potenziale produttivo sia in termini di imprese che di addetti, però con una bassa dinamica occupazionale che ha ridotto la già modesta dimensione media del distretto (2 addetti), ponendo sensibilmente al di sotto dei parametri nazionali. La S.S. Appia Pianura Interna Per S.S. Appia Pianura Interna si intende il Sistema Locale a Vocazione industriale (metadistretto) che comprende il territorio amministrato da undici comuni della Provincia di Caserta: Bellona, Casigliano, Cancello Arnone, Francolise, Giano Vetusto, Grazzanise, Pastorano, Pignataro Maggiore, Santa Maria La Fossa, Sparanise, Vitulazio. Gli aspetti economici del metadistretto sono riassumibili in due fenomeni, entrambi a forte valenza negativa: 1. la crescente riduzione della superficie agricola; 2. il processo di deindustrializzazone I terreni agricoli del territorio si presentano, dal punto di vista agronomico, tra i più ricchi d Italia e le coltura praticate risultano di prima qualità, con prodotti altamente competitivi sui mercati nazionali ed internazionali. Ciò giustifica la forte incidenza del primario tra le attività economiche proprie dei Comuni del matadistretto, sebbene lo stesso comprenda anche settori in netta crisi, quali l ortofrutta e il tabacco. A fronte di tale ricchezza, il settore agricolo è caratterizzato da un elevata polverizzazione della struttura produttiva, con organizzazioni di impresa a carattere prettamente familiare. Tale fisionomia comporta tutta una serie di limitazioni o carenze che vanno dalla scarsa capitalizzazione alla ridotta propensione all innovazione, sia delle tecniche che delle tipologie colturali; a queste si affiancano un sistema distributivo inefficiente, che non è in grado di fornire un adeguato supporto alla struttura produttiva, e la presenza di un industria di trasformazione che, con la sua domanda, genera un forte condizionamento della produzione. In questo panorama poco promettente, si colloca l allevamento bufalino, un comparto che fa registrare una forte espansione anche all estero: favorito dal riconoscimento della DOP e dalla fermezza degli operatori della filiera contro tutti i tentativi di generalizzare la produzione su scala nazionale, l allevamento è in costante crescita, sebbene non abbia goduto e non goda di alcun sostegno comunitario, e non è vincolato sulla produzione. Per quanto riguarda il settore industriale, questo ha sperimentato un vero e proprio processo di deindustrializzazione, come rilevato dalla scarsa presenza delle industrie manifatturiere, processo che ha comportato la chiusura delle imprese con direzione strategica esterna, il conseguente 91

92 ridimensionamento dell indotto e la generale riduzione della dimensione media delle imprese. Le imprese protagoniste di tali processi sono quelle nate con i grandi investimenti degli anni sessanta e settanta, ossia le grandi imprese private di origine prevalentemente straniera e le imprese a partecipazione statale. Entrambe sono oggi in crisi e sono state costrette, o hanno preferito, riconvertire i propri processi produttivi, utilizzando in misura minore il fattore lavoro e ridimensionando l allocazione spaziale dei loro stabilimenti. Ciò nonostante attualmente i settori in cui queste imprese operano sono ancora i principali catalizzatori della forza lavoro locale: le aziende di fabbricazione di macchine o che comunque lavorano il metallo assorbono insieme il 50% della manodopera manifatturiera dell area. Le industrie alimentari per contro, nonostante la loro diffusa presenza, assorbono una percentuale di forza lavoro molto più modesta. Gli strumenti di sviluppo attivati I Patti territoriali La programmazione negoziata ha rappresentato la gran novità degli anni 90. Essa è diretta a favorire lo sviluppo socio-economico delle aree depresse; la sua peculiarità, in particolare, sta nel focalizzare e ridurre gli svantaggi in maniera mirata con la creazione di una più significativa collaborazione tra i vari soggetti locali. Uno degli strumenti della programmazione negoziata è il Patto territoriale che è espressione del partenariato sociale e può essere promosso da enti locali, da altri soggetti pubblici a livello locale, da rappresentanze locali delle categorie imprenditoriali e da soggetti privati. I patti territoriali pur non rappresentando dei veri e propri piani urbanistici, ma degli strumenti di programmazione economica, invadono di continuo il campo d azione dell urbanistica (vanno a localizzare fisicamente sul territorio strutture ed infrastrutture oltre che risorse, generano flussi di mobilità, ecc.) e la loro complessa struttura utilizza meccanismi come la concertazione, la partecipazione, la pianificazione strategica, la costruzione di scenari, innovativi nell ambito dell urbanistica e intorno ai quali si concentrano le maggiori aspettative. Il patto territoriale è l'accordo tra più soggetti per l'attuazione di un programma di interventi integrati nei principali settori produttivi, nei servizi e nel turismo. L analisi socioeconomica delle aree interessate dai patti evidenzia una copertura quasi totale del territorio campano; il numero dei comuni coinvolti, infatti, è elevato, anche se variabile, poiché ci sono Patti che coinvolgono tutti i comuni della provincia (vedi Caserta) e altri che, invece, riguardano pochi comuni dell area considerata. Ecco le caratteristiche di quelli casertani: Appia Antica 92

93 - partecipano i Comuni di Capua, Cancello e Arnone, Francolise, Roccamonfina, Santa Maria Capua Vetere, Santa Maria La Fossa, Sessa Aurunca, Teano. - riguarda i settori: turismo, agricoltura, zootecnia, PMI, artigianato, ambiente. Caserta - partecipano 108 comuni della provincia di Caserta - riguarda i settori: industria, agricoltura, servizi, piccole e medie imprese - sono 27 i progetti imprenditoriali presentati di cui 13 sono stati ritirati perché gli imprenditori interessati hanno deciso di non condurre in porto l'investimento - la delibera Cipe ha previsto 73 miliardi a carico dello Stato Medio Volturno - partecipano i comuni di Alvignano, Bellona, Caiazzo, Calvi Risorta, Ruviano, Castelcampagnano, Castel di Sasso, Castel Morrone, Formicola, Liberi, Piana di Monteverna, Pontelatone - riguarda i settori: industria, servizi, turismo, agricoltura - il protocollo d'intesa è stato sottoscritto il 29 luglio Matese - partecipano 47 comuni del Casertano, 4 del Sannio, 5 del Molise - riguarda i settori: zootecnica, turismo, agro-alimentare, farmaceutica - sono circa 350 i progetti presentati con il primo bando I Progetti Integrati Territoriali. I Progetti Integrati sono uno dei principali strumenti previsti dal Programma Operativo Regionale per realizzare la strategia di sviluppo della Campania. Infatti, il POR destina ad essi circa il 40% del proprio piano finanziario. I Progetti Integrati sono una modalità innovativa nell'impiego dei fondi strutturali dell'unione Europea. Essi consentono di concentrare i finanziamenti sullo sviluppo di determinati territori o di filiere specializzate coinvolgendo, nella progettazione e nella gestione, tutti i soggetti, del mondo istituzionale e del mondo economico e sociale, impegnati nello sviluppo locale. Questi sono quelli afferenti alla nostra provincia: Grandi Attrattori Culturali REGGIA DI CASERTA Caserta, Curti Idea Forza: Il Progetto vuole promuovere il passaggio dal un turismo "mordi e fuggi" ad un turismo stanziale allo scopo di far recuperare a Caserta la sua tradizionale vocazione turistica 93

94 nazionale e internazionale. Nell'Idea Forza del progetto viene richiamata, tra l'altro, la necessità di aprire la Reggia alla città eliminando la "barriera" che le separa. Tale fine viene perseguito sia attraverso azioni rivolte al miglioramento della qualità ambientale (decongestionamento del traffico, razionalizzazione dell ubicazione dei servizi, incremento della dotazione infrastrutturale) sia con il potenziamento dell offerta turistica. Cura particolare è anche rivolta al tema della formazione del bene culturale. I progetti portanti del PI hanno come fulcro la Reggia e l antistante Piazza Carlo III: il recupero delle Reali Cavallerizze è considerta una concreta modalità per abbattere l attuale cesura tra il Complesso Vanvitelliano e la Città. Attualmente i turisti, dopo aver visitato la Reggia, ripartono da Caserta senza soggiornarvi e, molto più spesso, senza averla nemmeno visitata. Con il progetto delle Cavallerizze si crea una simbolica apertura verso la città, quasi un invito a visitarla. Ulteriore sollecitazione scaturirà dal recupero dei locali di accoglienza al turista all interno della Reggia. La città, a sua volta, accoglie il turista con una piazza completamente rinnovata e resa più consona al suo ruolo. La piazza al momento è dissestata e necessita di un recupero e di un restauro architettonico ed ambientale. Dalla piazza, quindi, partirà un ideale percorso turistico verso l interno: a tal fine è stato previsto il recupero anche del centro storico della città, soprattutto delle parti immediatamente attorno alla Reggia. Sempre nel centro storico, sono stati individuati due edifici che una volta riqualificati ne aumenteranno l attrattiva: il Teatro Comunale ed il complesso di S. Agostino, che diventerà un incubatore culturale e un punto di aggregazione. L altro progetto portante presentato dalla Soprintendenza è relativo al recupero del Bosco Vecchio: qui, oltre ad intervenire su un parco storico con flora di inestimabile valore botanico, si sperimenteranno corsi di formazione con la formula del cantiere-scuola. Poco distante dalla Reggia, sorge il Belvedere di San Leucio, altro gioiello borbonico al momento poco valorizzato. Il PI ha previsto numerosi interventi che trasformeranno il sito in un museo-contenitore di eventi. Infine, vi è il progetto della ripavimentazione del Borgo di Caserta Vecchia, dove ogni anno si tiene un festival teatrale di valenza nazionale. Il PI prevede aiuti economici per chi offrirà servizi soprattutto nel campo della ricettività. Due sono le modalità di intervento: sostegno alla ricettività diffusa di piccola portata, localizzata non solo in città ma anche nei borghi, ed incentivi ai grandi alberghi con forte partecipazione di capitale privato. Il progetto si integra fortemente con il PI Città di Caserta Città CITTÀ CAPOLUOGO CASERTA Caserta Idea Forza: L'idea forza del Progetto è quella di aprire la Reggia alla Città - il Progetto è strettamente connesso a quello riguardante la Reggia di Caserta - attraverso interventi di riqualificazione urbana dell'area antistante con la pedonalizzazione della Piazza Carlo III e la 94

95 realizzazione di un'area commerciale attrezzata ed altre infrastrutture. Sono inoltre previsti interventi sul centro storico e interventi per il rafforzamento delle funzioni direzionali della città Itinerari culturali ANTICA CAPUA Calvi Risorta, Capua, San Prisco, Santa Maria Capua Vetere, Teano Idea Forza: Il Progetto, per ridare vita alla Città Antica di Capua, definita "Città della Storia", vuole costituire un moderno itinerario di visita archeologico-paesistico che abbracci le ricchezze archeologiche dei Comuni disposti lungo la Via Appia e di quelli sorti lungo la Via Latina, nella prospettiva della lettura dell'area come un "unicum" nel quale creare un "ecomuseo". Sono previsti interventi per la creazione di un itinerario culturale diffuso e per il potenziamento del sistema ricettivo e produttivo nel campo dell'artigianato tradizionale e dei servizi turistici LITORALE DOMIZIO Castel Volturno, Cellole, Giugliano In Campania, Mondragone, Sessa Aurunca Idea Forza: Il Progetto vuole conferire alla Riviera Domitia uno sviluppo locale durevole attraverso il recupero delle criticità ambientali e la valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio. Si punta alla creazione di un sistema turistico locale fondato sulla risorsa mare, prioritaria, in una prospettiva di riequilibrio con l'entroterra. Sono previsti interventi di recupero della costa e del patrimonio culturale e ambientale e interventi per il potenziamento del sistema turistico e ricettivo MONTI TREBULANI-MATESE Alife, Alvignano, Caiazzo, Castel Di Sasso, Castello Del Matese, Dragoni, Formicola, Gallo Matese, Letino, Liberi, Piana Di Monte Verna, Piedimonte Matese, Pontelatone, San Gregorio Matese, San Potito Sannitico, Sant'Angelo D'alife, Valle Agricola Idea Forza: Il Progetto punta alla valorizzazione del patrimonio archeologico, storicomonumentale e paesaggistico per innescare uno sviluppo eco-compatibile del territorio nel quale sono presenti poli archeologici e sistemi naturalistico-ambientali di grande rilievo. L'obiettivo è quello di attrarre il turismo, incentivare iniziative imprenditoriali nella gestione dei beni culturali, del restauro, dei servizi, del turismo ecologico, recuperando l'artigianato e i prodotti tipici Distretti Industriali DISTRETTO INDUSTRIALE GRUMO NEVANO-AVERSA Idea Forza: Il Distretto Industriale di Grumo Nevano-Aversa interessa l'area di 13 comuni della provincia di Caserta nei quali prevalgono i settori tessile, abbigliamento e conciario, e 8 95

96 comuni della provincia di Napoli nei quali c'è una maggiore differenziazione di attività ed un forte tasso di concentrazione di imprese. Il Progetto intende promuovere, con interventi infrastrutturali e azioni di sostegno alle imprese, la crescita e la competitività del tessuto produttivo sviluppando la qualità del territorio e dei servizi alle imprese. DISTRETTO INDUSTRIALE SANT AGATA DE GOTI-CASAPULLA Idea Forza: Il Progetto intende promuovere la crescita e la competitività del tessuto produttivo della zona, che comprende parte delle province di Caserta e Benevento, e il suo riposizionamento nel mercato globale. Si punta a modernizzare il sistema economico produttivo locale, fondato prevalentemente sul tessile - abbigliamento e sulla produzione di macchine industriali, con azioni di sostegno alle imprese per l'acquisizione di servizi reali, la promozione della sostenibilità ambientale e gli investimenti materiali e immateriali nei settori di sviluppo. Sistemi locali a vocazione turistica FILIERA TERMALE Idea Forza: Obiettivo del Progetto è la riqualificazione del patrimonio termale della Campania, insieme alla valorizzazione delle risorse ambientali e culturali dei territori che le ospitano, sia costieri che interni. L'idea forza del Progetto fa infatti riferimento alla promozione delle terme campane come luoghi di turismo, benessere e cultura. Con interventi infrastrutturali, di formazione e di sostegno alle imprese di settore, il progetto vuole costituire un'offerta termale regionale complessiva e articolata FILIERA TURISTICA-ENOGASTRONOMICA Idea Forza: Il Progetto propone la realizzazione di un sistema turistico incentrato sulle risorse enogastronomiche di alcuni comuni nelle province di Avellino, Caserta e Benevento. La strategia del progetto è quella di indurre la crescita delle attività economiche direttamente e indirettamente collegate al turismo con lo sviluppo di servizi di base (ristorazione, ricettività, eventi, trasporto turistico), di infrastrutture e di servizi al turista ed agli operatori. Sono inoltre previste azioni di marketing ed internazionalizzazione. PORTUALITÀ TURISTICA Agropoli, Amalfi, Anacapri, Ascea, Atrani, Bacoli, Barano D'ischia, Battipaglia, Camerota, Capaccio, Capri, Casal Velino, Casamicciola Terme, Castel Volturno, Castellabate, Castellammare Di Stabia, Cellole, Centola, Cetara, Conca Dei Marini, Eboli, Ercolano, Forio D'Ischia, Furore, Giugliano In Campania, Ischia, Ispani, Lacco Ameno, Maiori, Massalubrense, Meta Di Sorrento, Minori, Mondragone, Monte Di Procida, Montecorice, Napoli, Piano Di Sorrento, Pisciotta, Pollica, Pontecagnano Faiano, Portici, Positano, Pozzuoli, Praiano, Procida, Salerno, San Giovanni A Piro, San Mauro Cilento, Santa Marina, Sant'agnello, Sapri, Serrara Fontana, Sessa Aurunca, Sorrento, Torre Annunziata, Torre Del Greco, Vibonati, Vico Equense, Vietri Sul Mare. 96

97 Idea Forza: Riferimento del Progetto della Portualità Turistica è l'intera fascia costiera della Campania, dalla foce del fiume Garigliano al porto di Sapri, che richiama, per le sue caratteristiche ambientali e culturali, ingenti flussi turistici. Obiettivo primario del Progetto è la riqualificazione del sistema dei porti campani con interventi di miglioramento ed adeguamento delle strutture e dei servizi portuali, il potenziamento e la crescita di efficienza dei collegamenti costieri marittimi e la creazione di nuovi posti barca per il diportismo nautico in un disegno complessivo di razionalizzazione del sistema degli ormeggi. Sistemi locali a vocazione industriale POLO ORAFO CAMPANO Il Progetto vuole costituire un Polo Orafo Campano con azioni integrate per la creazione di aree attrezzate per l'insediamento comune di imprese del settore; per la realizzazione di iniziative congiunte nella formazione, nella ricerca tecnologica, nell'internazionalizzazione, nell'accesso al credito e ai servizi finanziari. L'obiettivo è consentire lo sviluppo di soluzioni organizzative e tecnologiche innovative legate alla valorizzazione dei prodotti e dei servizi offerti anche con la creazione di piattaforme ed investimenti nella net-economy. SS APPIA - PIANURA INTERNA Idea Forza: Il Progetto vuole rafforzare il sistema locale di sviluppo dell'area a nord del Volturno in un'ottica di integrazione tra i Comuni dell'area. Si punta in particolare ad accrescere le potenzialità per la localizzazione di "ecoimprese" e di imprese di innovazione tecnologica e ad attrarre nuovi investimenti, recuperando i requisiti ambientali del territorio e migliorando, con la realizzazione di infrastrutture, la qualità delle aree di insediamento produttivo. Parchi regionali PARCO REGIONALE DEL MATESE Il Progetto mira allo sviluppo durevole del Parco Regionale del Matese attraverso la conservazione della natura e la valorizzazione del territorio e delle sue risorse. Ciò significa, da un lato, individuazione dei processi locali rilevanti per la corretta evoluzione del patrimonio da conservare ed indirizzo ed incentivazione delle attività con esso compatibili, dall'altro, la costruzione del Parco come sistema locale di sviluppo sostenibile, come punto di riferimento per un territorio che, in prospettiva, dovrà declinare autonomamente il progetto di conservazione e di sviluppo locale, dove saranno i cittadini, le comunità, le associazioni, le imprese e le istituzioni a dare vita a esperienze innovative per la conservazione del patrimonio naturale e culturale e per lo sviluppo locale. PARCO REGIONALE DI ROCCAMONFINA 97

98 Il Progetto ha lo scopo di realizzare, nell'area del Parco regionale di Roccamonfina - Foce Garigliano un modello di sviluppo locale ecosostenibile che, accanto alla salvaguardia dei luoghi e alla promozione e conservazione delle risorse naturali, culturali e archeologiche, possa sostenere nuove attività imprenditoriali nel campo del turismo ecocompatibile e delle attività e produzioni tipiche locali. Le aree per le attività produttive Il territorio casertano si caratterizza per la presenza di zone ASI che tuttavia risultano già sature: l offerta localizzativa per le imprese è perciò piuttosto scarsa ed è limitata alla disponibilità delle aree libere non ancora assegnate (già infrastrutturate o da infrastrutturare). L Amministrazione di Caserta è comunque impegnata nella riqualificazione di aree industriali dismesse. Si tratta di aree che hanno il vantaggio di essere ben integrate con l ambiente urbano, favorendo in tal modo le economie di agglomerazione utili allo sviluppo delle industrie. Il collegamento tra le aree industriali è assicurato da una rete di strade a scorrimento veloce: l Asse mediano, che si estende a sud della città, in prolungamento di Viale Carlo III (che collega la città alla zona industriale di Marcianise e ai Comuni limitrofi); la Variante Anas, un asse di scorrimento veloce in direzione Est-Ovest (che collega Caserta alla zona industriale di Maddaloni da una parte e al Comune di Capua dall altro); l Autostrada A1 Napoli-Milano che permette di raggiungere il capoluogo campano e la zona costiera. Questa rete garantisce un efficace collegamento con gli interporti di Nola, Marcianise, Maddaloni e con i nodi di smistamento ferroviari e garantisce la circolazione delle merci a servizio delle imprese insediate. Il territorio della città di Caserta è attraversato dall Autostrada del Sole, alla quale il sistema stradale locale è ben collegato. Anche la rete ferroviaria ha in questa area importanti nodi di rilevanza nazionale e internazionale. Il sistema di trasporto pubblico intercomunale presenta, invece, allo stato attuale, notevoli carenze (rese sempre più evidenti dalla crescente domanda di mobilità locale). I Piani di insediamento produttivo. Comuni della Provincia di Caserta finanziati dall Assessorato Regionale alle Attività Produttive per la realizzazione dei Piani per gli Insediamenti Produttivi (PIP) Piano di finanziamento 1999 Rocca d Evandro Piano di finanziamento 2000 Calvi Risorta Capriati al Volturno Casal di Principe Casapesenna 98

99 Castel Campagnano Castel di Sasso loc. Truli Castel di Sasso S. Marco Grazzanise Mignano Montelungo Pratella Roccamonfina San Cipriano d Aversa San Marcellino San Tammaro Succivo Piano di finanziamento 2001 Ailano Aversa Bellona Caiazzo Calvi Risorta Casaluce Cellole Conca della Campania Formicola Francolise Gioia Sannitica Liberi Lusciano Marzano Appio Orta di Atella Portico di Caserta Presenzano S. Cipriano d Aversa Piano di finanziamento 2003 PIP intercomunale Appia Antica Nord Est Comune Capofila: Vitulazio 99

100 Comuni associati: Sparanise, Pignataro Maggiore, Pastorano, Casigliano, Pontelatone PIP intercomunale in loc.tà Masseria Cervarecce Comune Capofila: Pontelatone Comuni associati: Formicola, Liberi Hanno presentato istanza nel 2004 i comuni di: Baia e Latina Bellona Conca della Campania Formicola (per un completamento) Gioia Sannitica Liberi (per un completamento) Presenzano (per un completamento) Rocca d Evandro S. Cipriano d Aversa S. Marco Evangelista S. Tammaro (per un completamento) Un giudizio complessivo sugli strumenti di sviluppo Il periodo di programmazione e gli strumenti utilizzati per sostenere lo sviluppo hanno avvicinato gli Enti Locali nel Mezzogiorno ai processi negoziali e all utilizzo dl partenariato per realizzare gli obiettivi della politica di coesione. L effetto indotto è stato un sensibile incremento della capacità amministrativa ed un cambiamento nella percezione della programmazione, in cui il disegno e l attuazione sono sempre più intesi come processi che coinvolgono una molteplicità di attori pubblici e privati. Sebbene l idea di programmazione e negoziazione dello sviluppo fosse divenuta legge già alla fine degli anni novanta, il sistematico ed efficace utilizzo di questi strumenti ha richiesto un periodo di transizione che è in parte coinciso con la programmazione , con la quale le amministrazioni locali hanno sperimentato sul campo l utilizzo di un ampio spettro di strumenti per la promozione dello sviluppo. In particolare, sul territorio, i Progetti Integrati sono stati il principale strumento finalizzato a sperimentare su scala intercomunale i processi di progettazione partecipata e favorire lo sviluppo di partenariati locali. Una disamina attenta dell esperienza dei Progetti Integrati, fa emergere con forza l importanza di rafforzare ulteriormente i processi di aggregazione e coordinamento dei partenariati, implementando meccanismi di governance in cui sia potenziata la capacità di raccogliere, 100

101 raccordare e sintetizzare in un idea forza le molteplici istanze provenienti dalla pluralità dei soggetti interessati. Se i Progetti Integrati sono un tentativo di irrobustire i sistemi locali, la prima domanda da porsi è se essi effettivamente hanno generato un effetto rete interagendo tra loro e con vari e diversi strumenti di programmazione locale. L immagine ricorrente, al contrario, che la programmazione locale ed i PIT in particolare restituiscono è quella di tanti tasselli separati. Bisognerebbe costruire dei modelli dinamici delle realtà locali, creando una forte interdipendenza tra territorio, attività produttive e dotazione infrastrutturale. Un limite molto serio dei PIT è proprio la difficoltà di raccordarsi con le iniziative di trasformazione del territorio che esistano indipendentemente dal PIT stesso e dall azione dei pubblici poteri in generale; pesa sulla loro progettazione e sulla loro gestione operativa un ipoteca di carattere gerarchico che la vecchia esperienza della programmazione economica tradizionale trasferisce agli apparati burocratici delle Regioni ed al personale politico che ne assume la guida. Proprio in riferimento a Caserta, ad esempio, non si riesce a capire come riportare a sintesi e coerenza questi flussi di investimento che si rovesciano tutti sul medesimo territorio, determinando sia un effetto di congestione, sia un inefficiente utilizzazione delle scarse risorse pubbliche disponibili. Emerge, quindi, una doppia conclusione in tema di giudizio complessivo sugli esiti provvisori dell esperienza specifica; un attesa promettente rispetto alle conseguenze possibili in tempi più lunghi, se effettivamente gli esperimenti compiuti sapranno generare un rinnovamento di pratiche e a volte di regole, per consentire processi di sviluppo, una fonte di nuovo capitale sociale a disposizione dei contesti. Molti e rilevanti effetti indiretti della nuova Progettazione Integrata possono essere rappresentati proprio da questa immagine, ossia come una possibilità di incremento del capitale sociale dei luoghi. La nozione, come è noto, allude alle risorse che diventano disponibili per gli attori locali grazie alle reti di relazioni che li legano e che possono essere sviluppate e messe alla prova grazie anche alle nuove esperienze di Progettazione Integrata. Questo capitale può essere inteso come un potenziale a disposizione, una sorta di patrimonio accumulato nel contesto. Più utilmente, può essere interpretato come una risorsa per l azione, che può essere mobilitata solo se singoli attori o gruppi dispongono di capacità adeguate di iniziativa e di cooperazione. In ogni caso si tratta di un bene (pubblico) che deve essere considerato fragile. Se la società, gli attori locali, non ne hanno cura, se non ne fanno uso con continuità, se non lo mettono alla prova e non riescono a rinnovarlo nel tempo, questo bene non può che deperire. E allora il bilancio dell esperienza, in un orizzonte meno immediato, può sembrare meno convincente. Osservati dal punto di vista delle istituzioni che hanno assunto la responsabilità della nuova programmazione in Italia, i processi di progettazione Territoriale Integrata presentano un quadro in chiaroscuro, con luci ed ombre di varia natura. 101

102 Non vi è alcun dubbio che dei risultati siano stati conseguiti, ma sarebbe audace sostenere che i processi che stiamo ora osservando rappresentino la migliore applicazione dei principi, del metodo e delle regole che hanno trovato definizione nelle sedi istituzionali responsabili. Al contrario, ambiguità e paradossi sono sotto gli occhi di tutti. Una parte dei risultati che possiamo considerare positivi non corrisponde strettamente alle attese, altri sono stati conseguiti per vie diverse da quelle previste nelle sedi della programmazione. In effetti, la nuova programmazione degli ultimi 5-10 anni ha rappresentato in Italia un esperimento di grande interesse, indubbiamente necessario, ma anche destinato a incontrare molteplici ostacoli e difficoltà. Non si può che condividere l ipotesi di rinnovare radicalmente le vecchie procedure di distribuzione della spesa pubblica: una sorta di distribuzione a pioggia, fondata su parametri di fabbisogno stimati ex ante, non riferita a progetti effettivi, non verificata dai bilanci consuntivi, spesso vaghi e generalmente tardivi. Una procedura che rischia di essere poco efficiente, perché non è in grado di premiare i comportamenti virtuosi, né consente di correggere eventuali abusi o debolezze. 2.2 I punti di forza e di debolezza del sistema produttivo locale. Per evidenziare le forze e le debolezze del sistema produttivo locale si è fatto ricorso all analisi SWOT, un analisi ragionata del contesto settoriale o territoriale in cui si realizza un programma d intervento. Lo scopo dell analisi è quello di definire le opportunità di sviluppo di un area territoriale o di un settore o ambito di intervento, che derivano da una valorizzazione dei punti di forza e da un contenimento dei punti di debolezza alla luce del quadro di opportunità e rischi che deriva, di norma, dalla congiuntura esterna. I principali punti evidenziati dall analisi SWOT per la regione nel suo complesso sono riportati nel POR (Programma Operativo Regionale) Campania Punti di Forza Forza lavoro caratterizzata da dinamica crescente e da ampia presenza del segmento giovane. Disponibilità di forze di lavoro ad elevata scolarizzazione. Disponibilità di risorse naturali e culturali di elevatissimo valore sia concentrate che diffuse. Elevato potenziale di attrazione turistica. Ampia presenza di territori protetti destinati a parco naturale. Articolata presenza di poli universitari di rilievo. Esistenza di Centri ed Enti di prestigio, ad elevata specializzazione e a forte contenuto di ricerca applicata. Diffusione di elevata vitalità imprenditoriale in alcuni distretti e settori produttivi. Presenza significativa (anche se non adeguatamente diffusa) di realtà produttive in settori fortemente 102

103 innovativi. Presenza di sistemi locali di imprese con alti livelli di qualità delle produzioni. Tendenze all aumento spontaneo della propensione all export. Presenza di numerose unità produttive a capitale extra-locale, caratterizzati da un elevata propensione all export, a testimonianza della permanenza di fattori di attrazione di capitali dall esterno. Presenza di flussi turistici quantitativamente rilevanti alimentati in modo significativo anche dalla domanda internazionale; presenza di polarità turistiche di rilievo internazionale. Sviluppo di produzioni tipiche locali di alta qualità e con mercato nazionale; significativa presenza di produzioni agroalimentari; Rilievo internazionale dell area metropolitana di Napoli. Disponibilità di preesistenze infrastrutturali significative, anche se da connettere ed integrare, in particolare nel settore del trasporto. Posizione geografica strategica, rafforzata dai discreti progressi ottenuti nella dotazione dei sistemi di trasporto e nello sviluppo di nodi intermodali. Sviluppo delle azioni di concertazione e di programmazione negoziata. Episodi di miglioramento delle capacità di governo da parte delle Amministrazioni locali. Punti di Debolezza Ampia presenza di forze lavoro a bassissima qualificazione; elevata dispersione scolastica; scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro; tassi di disoccupazione elevati, ampiezza del lavoro irregolare e permanere di condizioni di disagio sociale. Insufficiente dotazione di infrastrutture sul piano quantitativo e qualitativo. Alti rischi di dissesto idrogeologico; ampia presenza di aree inquinate; infrastrutture ambientali insufficienti e/o incomplete; presenza di ampi divari socio-economici nelle aree interne ed in particolare nei parchi naturali nazionali e regionali. Presenze di insufficienti condizioni di sicurezza per lo sviluppo (criminalità). Scarsa diffusione della tecnologia e dell innovazione nel sistema delle imprese. Mancanza di coordinamento (e di cooperazione) tra Centri di Ricerca sia privati che pubblici e il sistema produttivo. Bassa propensione delle imprese ad investire in attività di R&S. Ridotta presenza di strutture di trasferimento tecnologico e di collegamento. Modesto tasso di accumulazione (insufficienza della dinamica degli investimenti) nel sistema produttivo ed in termini di capitale fisso sociale. Dipendenza ancora elevata dai trasferimenti esterni. Ridotte dimensioni e fragilità di larga parte del tessuto produttivo regionale (industriale, agricolo e dei servizi), unite a scarsa propensione verso comportamenti associativi. Presenza 103

104 significativa di imprese orientate prevalentemente al mercato tradizionale e di prossimità. Insufficiente sviluppo dei servizi alla produzione. Significativa presenza del sommerso. Grave sottoutilizzazione del potenziale di sviluppo del turistico sostenibile; crescente degrado del patrimonio naturale e storico-culturale. Scarsa articolazione del sistema economico rurale e alti livelli di sottoccupazione all interno del settore agricolo. Elevate difficoltà e maggiori costi di accesso al credito, soprattutto quello di medio-lungo periodo. Sistema di PMI caratterizzato da bassi livelli di capitalizzazione. Scarsa capacità di autofinanziamento delle imprese. Gravi fenomeni di congestione dei centri urbani, con particolare riferimento all area metropolitana di Napoli. Presenza di criticità nel sistema dei trasporti Inadeguatezza di ampi segmenti della PA. Gravi ritardi nella riforma della PA. 2.3 Le politiche per rafforzare i punti di forza e rimuovere le debolezze. Come è stato sottolineato nell analisi del contesto regionale, la situazione della Campania è assai complessa. I diversi punti dell analisi SWOT individuano i possibili sentieri di crescita o crisi del sistema socioeconomico regionale. Da una parte, costituiscono infatti straordinari elementi da valorizzare per lo sviluppo regionale, le dotazioni nel campo delle risorse ambientali e culturali, le preesistenze nel campo della formazione universitaria e della ricerca scientifica e tecnologica, la posizione geografica strategica per lo sviluppo di relazioni internazionali, in particolare verso i paesi del bacino del Mediterraneo, nei confronti dei quali la regione potrebbe maturare posizioni di vantaggio geoeconomico consistenti. Il ruolo culturale, economico e territoriale che le componenti più avanzate della regione hanno svolto e continuano a svolgere si associa ad un ampia disponibilità di capitale umano qualificato. Intorno ad alcune realtà territoriali, soprattutto all interno dei sistemi locali di imprese e dei distretti industriali, si sono consolidati tessuti produttivi di notevole rilevanza, caratterizzati da una buona capacità di esportazione. Non di rado tali capacità sono il frutto di innovazioni di processo e di prodotto che la piccola e media impresa non percepisce come attività di R&S, ma come attività produttive ordinarie. In diversi casi, quindi, la PMI autofinanzia la sua attività di R&S e non coglie le numerose opportunità di finanziamento che potrebbero coprire parte dei costi connessi allo sviluppo innovativo o magari di incrementare la propensione all innovazione. Permangono fattori di attrazione di investimenti dall esterno non irrilevanti, pur se gravemente compromessi dalle sfavorevoli condizioni di contesto. I settori agricolo, agroalimentare e del turismo contribuiscono in modo significativo alla formazione del prodotto lordo regionale, mettendo in evidenza alcune realtà territoriali di particolare valore. Infine, sviluppi significativi da incoraggiare e consolidare si 104

105 rivelano nella qualità dell amministrazione pubblica, nella diffusione delle esperienze della programmazione negoziata, nella vivacità di molte istanze locali, a testimonianza di una nuova dinamica, ancora certamente da proteggere e consolidare, dei processi di aggregazione e di cooperazione delle istituzioni e dei soggetti socioeconomici per la promozione dello sviluppo locale. Esistono, in definitiva, larghe disponibilità di risorse immobili da valorizzare per lo sviluppo, che l analisi SWOT ha messo in luce; così come esistono ampie potenzialità di combinare, stimolare ed attrarre le risorse mobili del capitale, del lavoro specializzato, della tecnologia. La promozione dello sviluppo regionale richiede però che un uso finalmente pieno ed adeguatamente produttivo di queste risorse, venga reso possibile attraverso l abbattimento dei nodi ed ostacoli che caratterizzano la situazione regionale. L analisi SWOT mette in luce aree di deterioramento del patrimonio di risorse esistenti, come nel caso dell ambiente (con il dissesto idrogeologico, l inquinamento elevato, il degrado delle aree urbane e marginali, l eccessiva pressione nelle aree a maggiore densità di popolazione e di insediamento produttivo), del patrimonio culturale (con un degrado che in molte aree ad elevato valore culturale e storico rischia di diventare irreversibile), delle infrastrutture di trasporto e delle infrastrutture in generale (dove l eccessiva pressione e l insufficiente cura e manutenzione ne riduce drammaticamente la capacità di servizio); l analisi rileva inoltre aree di insufficiente o distorta utilizzazione, come nel caso delle risorse umane ed in parte delle risorse scientifiche e tecnologiche, non sufficientemente integrate e collegate con il sistema produttivo; ed infine estese aree di inefficienza, che riguardano in particolare il sistema produttivo e del credito, gravato da caratteristiche ancora sfavorevoli in termini di produttività, utilizzazione di servizi, propensione ad innovare, capacità di esportare. Agiscono inoltre in forma diffusa e trasversale punti di debolezza come le condizioni di insufficiente sicurezza per lo sviluppo e la persistente inadeguatezza di ampi segmenti dell Amministrazione Pubblica. I rischi e le opportunità identificati dall analisi SWOT vengono identificati considerando quali siano i grandi scenari esterni che si prefigurano per la regione: scenari che riguardano in particolare la disponibilità di finanziamenti pubblici per lo sviluppo e l evoluzione delle politiche generali e di settore (lo scenario delle politiche economiche), le nuove tecnologie informatiche, telematiche e della comunicazione (lo scenario tecnologico), le nuove tendenze internazionali della domanda, della competitività, della specializzazione produttiva (lo scenario delle dinamiche economiche esterne): A Opportunità Attivazione di una politica degli investimenti pubblici mirata per la valorizzazione delle risorse immobili e maggiore disponibilità di risorse per lo sviluppo. Maggiore capacità di sfruttamento degli incentivi finanziari disponibili, all interno del processo di decentramento amministrativo in corso. Riforma e riorganizzazione della P.A. 105

106 Sviluppo delle nuove tecnologie della comunicazione e della società dell informazione. Allargamento dei mercati, in particolare verso nuovi Paesi del Bacino del Mediterraneo e dell Est Europeo. Depauperamento del capitale umano. Rischi Perdita di capacità di attrazione delle risorse mobili dello sviluppo. Perdita di competitività nei confronti dei paesi a basso costo del lavoro. Evoluzione della politica agraria comunitaria verso la riduzione del sostegno alle produzioni. Esclusione dai processi di diffusione della conoscenza e della tecnologia. Degrado delle risorse; definitiva perdita di competitività di alcuni comparti turistici. Incapacità della PA a sostenere il processo di sviluppo. Diminuzione della competitività del sistema regionale nel suo complesso. Dall'intersezione tra l'analisi SWOT regionale e lo studio degli scenari economici e di ricerca di riferimento emerge che la possibilità di costruire un sistema regionale di innovazione richiede, da un lato, un'azione programmata e concertata, di ampio respiro, finalizzata a creare le necessarie connessioni tra il mondo della ricerca e quello dell'impresa e, dall'altro, iniziative di supporto a tutti i progetti "spontanei" che emergono sul territorio e che permettono di agevolare processi di trasferimento tecnologico, in particolare nelle PMI campane. Per ciò che concerne la prima direttrice di azione (creare le necessarie connessioni tra il mondo della ricerca e quello dell'impresa) l'analisi svolta sul tessuto imprenditoriale e sociale della regione e le caratteristiche del sistema regionale della ricerca ha permesso di identificare alcune aree "critiche" nelle quali più forte è l'esigenza di assicurare e/o rafforzare i processi di trasferimento delle tecnologie e dove maggiori sono le probabilità di successo, ed in particolare: nella prevenzione degli alti rischi di dissesto e di degrado dell'ambiente naturale (INVESTIRE SULLA RICERCA AMBIENTALE COME RISORSA PER LO SVILUPPO PIUTTOSTO CHE COSTO/VINCOLO DEL PRESENTE); nella valorizzazione di competenze a forte contenuto di ricerca applicata, come per esempio nel caso della ricerca biotecnologica (FARE LEVA SULL'ECCELLENZA SCIENTIFICA COME TRAINO PER LA CREAZIONE DI RICADUTE ECONOMICHE LOCALIZZATE); nella conservazione e nella valorizzazione del patrimonio diffuso di risorse culturali e ambientali (PASSARE DAL "COSTO DI CONSERVAZIONE" ALLA VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO, CONSIDERATO COME TALE DI FATTO E NON SOLO DI NOME); 106

107 nell'accesso e nella diffusione di nuove tecnologie a beneficio delle attività produttive (SFRUTTARE LE POTENZIALITA' DI APPLICAZIONE "TRASVERSALE" DI TECNOLOGIE PER LA PRODUZIONE, DOTATE DI ALTA DIFFUSIBILITA') ; nel rafforzamento e nel sostegno all'espansione nei mercati internazionali delle produzioni agro-alimentari (UTILIZZARE LA QUALIFICAZIONE TECNOLOGICA COME STRUMENTO DI RI-ORIENTAMENTO DI UN SETTORE IN TRASFORMAZIONE); nella diffusione delle nuove tecnologie della comunicazione e dell'informazione (APPLICARE A TUTTO CAMPO IL NUOVO PARADIGMA DELLO SVILUPPO RILEVANTE LOCALMENTE SIA PER L'OFFERTA CHE PER LA DOMANDA); nel potenziamento dell'offerta di sistemi e di infrastrutture di trasporto (UTILIZZARE AL MEGLIO L'OPPORTUNITA' DI UN INCONTRO DOMANDA/OFFERTA TRA BISOGNI ED EMERGENZE LOCALI E CAPACITA' TECNOLOGICHE ECCELLENTI). I criteri di scelta che hanno condotto all'individuazione di queste sette aree "critiche" sono principalmente: la contemporanea presenza di un forte tessuto imprenditoriale e di un sistema di competenze di ricerca consolidato (area dei trasporti ed, in parte, delle nuove tecnologie della comunicazione e dell'informazione); la presenza di un sistema di ricerca di eccellenza è in grado di attivare processi di attrazione di grandi imprese e di nascita di imprese high tech (area delle biotecnologie); la volontà di utilizzare il sistema della ricerca regionale come strumento per rispondere a bisogni sociali e di sviluppo particolarmente rilevanti nella regione Campania (area della prevenzione e monitoraggio dei rischi ambientali e area dei beni culturali ed ambientali); la presenza di realtà imprenditoriali, molto significative e rappresentative dell'economia regionale, che, per mantenere le proprie posizioni competitive ed eventualmente ambire ad un ulteriore sviluppo, abbisognano di una accelerazione sul fronte della R&S (area agroindustriale e delle nuove tecnologie). La seconda direttrice di azione, finalizzata ad accompagnare e supportare iniziative e progetti che emergono spontaneamente dal contesto regionale, è caratterizzata da un minor grado di prescrittività e programmabilità e, come tale, necessita di un approccio flessibile attento a cogliere le diverse esigenze e a fornire loro quelle condizioni di contesto e quelle modalità esecutive (opportunità realizzative dei progetti innovativi) tali da rimuovere gli ostacoli e consolidare una naturale propensione all'innovazione. Alla luce delle informazioni fin qui illustrate appare dunque chiaro che le criticità delle imprese industriali nello sviluppo e nell adozione di innovazioni tecnologiche non dipendano solo dall entità 107

108 degli investimenti o dal modello seguito, che vede il prevalere di innovazione incorporata nei beni strumentali. Dare slancio alla capacità di investimento in ricerca e di valorizzazione economica delle attività di R&S (ancorché esigue) significa invece favorire in primo luogo le connessioni virtuose fra progresso tecnologico, cambiamento organizzativo e qualificazione delle risorse umane, fattori ancora non sempre presenti, come visto, in misura concomitante presso le nostre imprese di piccola dimensione. In termini di politica industriale, questo significa non certo incrementare le risorse pubbliche da investire in ricerca (allineate, come visto, a quelle dei nostri competitors) o aumentare gli incentivi alla R&S o all innovazione tout court. La via alternativa da percorrere per accorciare il gap che ci separa dagli altri paesi avanzati è invece quella di sviluppare politiche di accompagnamento che possano rendere più immediato e significativo l impatto degli investimenti in ricerca sulla produttività. Politiche mirate, nello specifico, agli assetti organizzativi inter-aziendali e intra-aziendali: nel primo caso, facilitando i raccordi di natura formale o flessibile in grado di condizionare favorevolmente lo sviluppo di R&S cooperativa (e di superare così gli effetti legati alla stessa struttura del nostro apparato produttivo); nel secondo caso, agendo per favorire una maggiore internalizzazione sia di figure high skill dal profilo tecnico-specialistico (più strettamente legate alla ricerca tecnologica), sia di quelle in grado di gestire i cambiamenti organizzativi. La domanda di innovazione da parte delle piccole imprese cresce, tanto da spingerle in alcuni casi a cercare all estero partner (altre imprese, centri di ricerca, etc.) in grado di fornire una risposta ai propri fabbisogni e di contribuire (anche in forma congiunta) allo sviluppo di innovazioni. Occorre però ora intervenire affinché questa domanda, fin qui espressa a livello di singole imprese, diventi domanda aggregata e coinvolga un numero maggiore di soggetti con esigenze simili dal punto di vista tecnologico e organizzativo. Al contempo, sul versante dell offerta appare però necessario, da un lato, facilitare la comunicazione tra le imprese - utilizzatrici finali della tecnologia - e i produttori e detentori dell innovazione (Università ed Enti Pubblici di Ricerca) e, dall altro, avvicinare le strutture di offerta formativa terziaria alle esigenze delle imprese, sviluppando una sempre maggiore flessibilizzazione degli indirizzi e percorsi di studio. Il tutto seguendo quindi una logica che vede l incremento di competitività delle nostre produzioni legato a uno sviluppo equilibrato dei fattori legati alla tecnologia, all organizzazione e alle risorse umane. 108

109 Cap. 3 Il grado di accoglimento dell idea da parte del sistema produttivo e del sistema di ricerca 3.1 Metodologia di indagine Obiettivo dello studio che ci si propone di affrontare è la ricerca applicata alle imprese, come mezzo di crescita e sviluppo del tessuto imprenditoriale. Per far questo è stato necessario fotografare la situazione locale attuale, pertanto si è ritenuto opportuno d'intervistare in prima battuta una serie di opinion leaders di enti che di seguito vengono elencati, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, ritenendo infatti i sottoindicati soggetti un campione ampiamente rappresentativo in grado, quindi, di soddisfare l obiettivo dello studio stesso: Sistema Confindustria; Università/Ricerca; Istituzioni; Imprese; Servizi/Banche; Parti sociali. Il questionario a cui i soggetti di cui sopra hanno dovuto rispondere consta di tre domande ed è il seguente: 1) Premesso che l'apparato produttivo e dei servizi della provincia di Caserta attraversa un difficile e delicato momento di stagnazione con picchi in alcuni settori di forte crisi e disimpegno 109

110 industriale, nell'ambito di una generale perdita di competitività nazionale, quali strumenti ritiene da attivare o incrementare per fidelizzare le unità operative sul territorio? 2) Considerato che tra i fattori da implementare vi è la ricerca applicata e che il tessuto imprenditoriale campano è formato in massima parte da micro e piccole imprese, da una quota inferiore alla media nazionale di medie imprese (e da alcune grandi unità produttive appartenenti a gruppi nazionali e/o internazionali che sviluppano autonomamente la ricerca e le relative applicazioni), ritiene che l'attuale sistema di fondi europei e nazionali per l'incentivazione alla ricerca sia facilmente accessibile da un tale contesto? 3) Sulla base delle riconosciute eccellenze del sistema universitario e della ricerca a livello regionale ritiene il patrimonio delle conoscenze e delle professionalità una delle risorse per recuperare il gap di competitività? Quali le altre? Ritiene che ci sia stato un rallentamento, se non addirittura in qualche caso totale assenza, nell'interazione tra imprese e mondo della ricerca? L esito delle interviste viene presentato alla fine del presente capitolo con gli allegati ai vari paragrafi. In un secondo tempo si è data la parola alle PMI che operano sul territorio somministrando un questionario diverso, strutturato in tre domande chiuse a risposta multipla, più adatto perché essenziale. Pertanto in appendice viene presentato anche questo secondo studio, più focalizzato sulle aziende. 3.2 Identificazione dei reali bisogni di ricerca e sviluppo delle aziende, locali e non, disponibili all insediamento nell area del distretto. Si è pensato di affidare l identificazione dei bisogni di ricerca e sviluppo delle aziende a tre attori, profondi conoscitori delle realtà locali perché a stretto contatto con esse: la Provincia di Caserta; il Ga.Fi Sud; i sindacati CGIL,CISL e UIL. La Provincia di Caserta ha stabilito nelle linee strategiche della politica di coesione , tra le cinque leve d azione che rappresentano gli ambiti al cui interno sviluppare gli specifici interventi operativi, l innovazione come il denominatore comune attraverso cui definire nuovi modelli di business e verso cui focalizzare i processi aziendali dando enfasi alla ricerca e sviluppo, ma anche a strategie innovative di service creation in grado di intercettare nuovi bisogni. Secondo lo stesso documento, l approccio necessario per superare gli ostacoli allo sviluppo deve essere di natura strategica e concertativa, e deve promuovere un azione integrata da parte di imprese, forze sociali e istituzioni. Questa azione di sviluppo, da un lato deve essere diretta a creare 110

111 nuove imprese fortemente orientate all innovazione, da un altra prospettiva deve invece rilanciare quei siti produttivi che già operano in settori tecnologicamente avanzati ma che si focalizzano su fasi della catena del valore a più basso valore aggiunto e maggiormente vulnerabili dal lato dei costi di produzione. In sostanza è necessario promuovere un modello di business che privilegi le fasi di ricerca e di sviluppo applicato rispetto a quelle legate alla produzione su larga scala, generando così un circolo virtuoso basato sull innovazione che permetta di creare vantaggi competitivi durevoli. Il Ga.Fi. Sud, un altra realtà radicata al territorio, ha come mission la facilitazione dell accesso al credito bancario attraverso la concessione di garanzie collettive a condizioni particolarmente vantaggiose e trasparenti. Il mondo finanziario ha da tempo focalizzato la propria attenzione nei confronti delle imprese che investono risorse destinate alla ricerca di nuova competitività sui mercati e, conseguentemente, contribuiscono in modo evidente alla salvaguardia del livello di ricchezza del territorio, mantenendo o addirittura aumentando i livelli occupazionali. In un contesto competitivo sempre più agguerrito, la ricerca e l innovazione costituiscono una priorità strategica per l intero settore produttivo nazionale ed in particolare per quello delle regioni meridionali: particolarmente adatta alle imprese del Mezzogiorno appare una strategia di innovazione che si potrebbe definire quotidiana, per piccoli passi, basata su interventi anche poco appariscenti ma costanti, che interessino uno o più ambiti dell attività aziendale (dai prodotti ai processi produttivi, dall organizzazione al marketing alla distribuzione). In questo senso le imprese del Sud devono prendere consapevolezza dell importanza degli investimenti in innovazione, e la funzione delle banche dev essere quella di supportarle nella difficile strada che trasforma una intuizione in un progetto, mettendo a disposizione di tali idee idonei supporti finanziari. I Sindacati, come si legge nel paragrafo 1.3, sono stati coinvolti nell illustrazione dell idea-progetto del tecnodistretto nel 2004: all epoca espressero parere favorevole alla sua costituzione. La loro posizione nei confronti della ricerca è netta: nell Università la percentuale dei precari sfiora il 50% mentre negli enti di ricerca raggiunge picchi addirittura del 70%-80%. Se scuola, Università e ricerca sono in grado di garantire l attuale livello di formazione, istruzione e ricerca nel nostro Paese, questo è senz altro dovuto al contributo determinante e non sempre riconosciuto dei precari. I tagli ai finanziamenti rischiano di mettere in discussione i rinnovi dei contratti di lavoro e la stessa attività ordinaria degli Enti e degli Atenei; così come sono del tutto insufficienti e inadeguate le risorse per affrontare in modo adeguato il problema del precariato. 111

112 3.2.1 Identificazione delle aziende della provincia e del campione di aziende nazionali e internazionali da intervistare. In prima battuta si è preferito ascoltare due enti, l Unione degli Industriali della Provincia di Caserta (di seguito anche denominata Confindustria Caserta) ed il Consorzio per l'area di Sviluppo Industriale della provincia di Caserta (Consorzio ASI). L Unione degli Industriali da 60 anni è presente nella vita economica della provincia al fianco delle aziende, con un ruolo da protagonista nella crescita dell'economia casertana. Il Consorzio ASI ha la finalità di promuovere la creazione e lo sviluppo delle attività imprenditoriali nei settori dell'industria e dei servizi alle imprese nel comprensorio casertano, in linea con gli indirizzi di programmazione socio-economica della Regione Campania. Il tessuto imprenditoriale casertano presenta importanti esempi di sistemi produttivi innovativi e di qualità, riconosciuti anche nel mercato internazionale. La Firema, la Siemens nel comprensorio di Marcianise, la Manuli Film ed il sito produttivo del gruppo Formenti di Sessa Aurunca. Tutti i soggetti appena menzionati sono esempi di buone pratiche che evidenziano come il territorio casertano offra opportunità concrete per favorire il successo di attività imprenditoriali. Le importanti realtà nel campo dell electronic manufacturing, dell informatica, insieme con il forte know how di piccole imprese associate all indotto di storiche presenze nel campo dell automotive e dell aeronautica, rappresentano un significativo patrimonio perché si attivino processi di riconfigurazione della struttura produttiva che, utilizzando asset industriali e competenze già esistenti sul territorio, specializzino le imprese su nuove frontiere produttive. Un simile approccio si realizza nel governo di due dinamiche distinte che riconoscono tuttavia nell innovazione il sentiero attraverso cui rilanciare il contesto produttivo. Un primo scenario percorribile è incentrato sulla focalizzazione di investimenti e know-how su quelle fasi della catena del valore cui sono connesse attività che generano maggior valore aggiunto quali Ricerca e Sviluppo, disegno, prototipazione e, solo nelle fasi iniziali del ciclo di vita, produzione del bene. Questa azione di riconversione deve prevedere un intervento a più mani, che coinvolga, in un disegno d azione unitario, in primo luogo le imprese, i responsabili delle politiche di sviluppo e il mondo della ricerca. A questa base d accordo deve poi affiancarsi una serie coordinata di azioni di sostegno che mettano a disposizione incentivi e risorse in particolare nelle fasi di avvio del processo di riconversione. Un secondo scenario verso cui orientare i processi di riconversione è fondato sul riconoscimento che all interno dei distretti produttivi esistono delle potenzialità in grado di generare idee di business vincenti fondati su mix di prodotti e servizi innovativi che utilizzino al meglio asset e processi produttivi esistenti. La ratio di fondo alla base di questa lettura si associa al riconoscimento che nel tessuto produttivo casertano esistono gli strumenti, i luoghi, le tradizioni e le risorse umane perché si possa fare impresa innovativa senza partire da zero ma riorientando investimenti su idee di 112

113 sviluppo industriale particolarmente attrattive che offrano pacchetti integrati di tecnologie e servizi quali ad esempio: domotica, servizi di telecomunicazione avanzata per il cittadino, soluzioni innovative nel campo della sicurezza. Altre significative prospettive sono legate allo sviluppo di un indotto industriale legato alla produzione di energia prodotta da fonti rinnovabili eolico e fotovoltaico- e all insediamento di una bioraffineria. Anche questo scenario non è ipotizzabile in assenza di una strategia di accompagnamento e supporto promossa dall attore pubblico il cui intervento, anche finanziario, dovrà sempre essere disegnato come strumento di incentivazione e mai di semplice sussidio. Entrambi gli scenari identificati sono fondati sulla necessità che il soggetto pubblico compia azioni di supporto estremamente focalizzate. In prima istanza dovrà esserci un migliore disegno degli incentivi pubblici, orientato verso la promozione dell efficienza e la diffusione della cultura dell innovazione. Il secondo passo che deve necessariamente essere promosso è la diffusione dell idea che a livello locale devono essere proprio le imprese, d accordo con i centri di competenza già presenti sul territorio, le prime a rafforzare processi di creazione di conoscenza orientata al valore Identificazione dei centri di ricerca locali, nazionali ed internazionali, da intervistare. Il mondo delle conoscenze che si è ritenuto d interpellare abbraccia i centri regionali di competenza e la Seconda Università di Napoli. I centri di ricerca cui ci siamo rivolti sono due centri regionali di competenza: BioTekNet - Centro Regionale di Competenza in Biotecnologie Industriali ed il Centro Regionale di Competenza Trasporti. BioTekNet nasce con l'obiettivo di mettere a disposizione del mondo della produzione, con una logica di integrazione e potenziamento, il rilevante patrimonio di competenze biotecnologiche esistente in Campania. La mission di BioTekNet è la creazione di una rete integrata di competenze scientifiche, tecnologiche, strumentali ed economico-gestionali, allo scopo di assicurare un efficace trasferimento del sapere al sistema industriale. Risponde alla nostra intervista il responsabile di progetto prof. Mario De Rosa. Gli obiettivi perseguiti dal CRdC "TRASPORTI" sono: Realizzazione del laboratorio T.E.S.T. (acronimo di Technology Environment Safety - Transport) tramite l'acquisto e la validazione delle attrezzature; Realizzazione del progetto dimostratore e avvio delle attività di ricerca "dimostrativa"; 113

114 Attivazione delle azioni di trasferimento industriale. Il prof. Vincenzo Torrieri, referente del progetto, ha compilato il questionario somministratogli. Ai fini del nostro studio abbiamo raccolto gli autorevoli pareri del rettore uscente della Seconda Università di Napoli prof. Antonio Grella e del prof. Furio Cascetta, docente ordinario al DIAM (Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale e Meccanica) della stessa facoltà. In Campania i Centri di Competenza assumono i ruoli di acceleratori del cambiamento col loro nuovo modo di aggregare le strutture scientifiche, promuovendo un utilizzo più razionale delle infrastrutture ad essa destinate, concentrando finanziamenti e risorse disponibili. I Centri si propongono come motore della crescita territoriale e per far questo intercettano e catalizzano risorse, regionali, nazionali ed internazionali; attraggono i laboratori di ricerca e sviluppo di imprese ad alto contenuto tecnologico, e ne favoriscono l insediamento in Campania. 3.3 Esito dell indagine presso le aziende. Dall esame delle risposte date dal mondo imprenditoriale emerge senz altro un insufficienza della strumentazione fiscale ma anche di una rete infrastrutturale che favorisca gli interscambi. La politica d incentivazione regionale resta separata da quella nazionale dunque manca una comunanza d intenti e d interventi; l Unione degli Industriali riscontra anche la scarsa propensione all aggregazione di imprese appartenenti a settori affini, quasi come se la mentalità comune sia quella che procedere da soli porti vantaggi maggiori che in compagnia. Insomma tutto ciò che non è rete ha scarse possibilità di competitività: in questo senso la ricerca potrebbe fare da collante. Il trasferimento dei risultati della ricerca e la loro valorizzazione da parte delle imprese e di altri utilizzatori richiede il superamento di barriere di tipo legale, organizzativo, culturale e finanziario: è la cosiddetta gestione dell innovazione. La necessità di un intermediario tra imprese, istituzioni, centri di ricerca è chiara, soprattutto per un contesto come il nostro, popolato in massima parte da micro e piccole imprese, che desiderano crescere ed il più delle volte non sanno come fare. 3.4 Esito dell indagine presso i centri di ricerca. La cooperazione intermodale come mezzo per fidelizzare l apparato produttivo al territorio resta un leit-motiv anche dall esito dell indagine presso il mondo delle conoscenze, che pone l accento su filiere produttive cui il territorio è vocato. Questo è espressione della fase di cambiamento che vivono le Università nel loro rapporto con le imprese: i ricercatori che vogliono misurarsi con il fare impresa trovano sempre più strumenti per avviare, supportare e valutare nuove iniziative imprenditoriali. 114

115 La conseguenza è anche quella di condividere le aspettative delle aziende, i bisogni, le necessità: le risposte sono simili perché i due mondi si sono avvicinati al punto che i programmi di ricerca andrebbero individuati con le Università. 3.5 Esito complessivo dell indagine. Complessivamente si evince, dallo studio condotto, che la vera priorità per l Italia nel suo complesso e per la provincia di Caserta, nella quale troverà collocazione ed attuazione operativa il Tecnodistretto, non è di aumentare la propensione alla ricerca delle imprese medio-grandi, bensì di aiutare il sistema produttivo ad evolvere verso dimensioni maggiori e verso settori ad alta e medioalta tecnologia. Per far ciò occorre crescere, investire in ricerca, collaborare con l università e gli enti pubblici di ricerca, creare spin-off nell alta tecnologia, depositare brevetti, investire in capitale di rischio. Ciò che oggi ostacola la capacità di produrre ricerca, assorbire e sfruttare le innovazioni che ne conseguono, sono, in estrema sintesi, fattori riconducibili a: un sistema universitario che, oltre ad essere caratterizzato da una assoluta e crescente marginalità delle discipline scientifiche e tecnologiche nell offerta didattica complessiva - con ciò rafforzando l orientamento prevalente della istruzione di base e secondaria non assicura le condizioni basilari per valorizzare il capitale umano disponibile e attrarre risorse qualificate dall estero; un offerta frammentata fra una pluralità di poli e centri in cui, accanto a situazioni di vera eccellenza, convivono strutture bloccate da logiche autoreferenziali, sganciate dal contesto economico e produttivo di riferimento, la cui operatività è condizionata dalla carenza di criteri manageriali; una domanda di ricerca che risente della insufficiente capacità/propensione a crescere e innovare delle imprese, a causa delle insufficienze del mercato dei capitali e di un basso livello medio di istruzione degli imprenditori; l assenza di una strategia fortemente condivisa a livello Paese, che assuma la centralità e trasversalità dei temi della ricerca e innovazione in modo coerente nelle scelte di politica economica, in quelle di finanza pubblica, nella considerazione dell orizzonte temporale da assumere a riferimento, necessariamente di lungo periodo, ma che sia anche capace di definire e valorizzare obiettivi e risultati di medio e breve termine; l impreparazione del sistema creditizio a sviluppare capacità di valutazione del cd. rating innovativo delle imprese. Ciò determina un offerta non adeguata di strumenti di credito tradizionale, con una applicazione del criterio del merito di credito rigida, inadatta ad ambiti, come la ricerca e l innovazione, in cui si amplificano i rischi legati all incertezza dell investimento. 115

116 un mercato del capitale di rischio che stenta a decollare anche a causa della permanente difficoltà a tutelare gli interessi dei finanziatori senza ledere l indipendenza e l autonomia dell imprenditore. Tutti questi fattori incidono con modalità e intensità differenziate sulla possibilità e capacità di disegnare una politica di sviluppo che utilizzi in modo appropriato la leva ricerca/innovazione per il miglioramento del posizionamento competitivo del nostro Paese e dei suoi territori. Tuttavia, pur nella complessiva criticità del quadro descritto alcuni positivi segnali relativi agli orientamenti di politica della ricerca e ad interventi e processi in corso che vanno nella direzione del superamento di alcuni dei più rilevanti elementi di debolezza, possono utilmente orientare le scelte da sostenere nel ciclo : un accresciuta capacità istituzionale nella definizione e nella realizzazione di politiche in materia di ricerca ; l ormai matura consapevolezza della necessità di superare il diaframma fra ricerca e impresa; l attivazione di strumenti che valorizzano l integrazione fra mondo della ricerca e mondo dell impresa come i distretti tecnologici, i laboratori pubblico privati; l individuazione di 10 programmi in settori strategici su cui concentrare le risorse negli anni futuri nell ambito della strategia nazionale a favore della ricerca, attuata in più stretto coordinamento con le politiche comunitarie di settore; l avvio di iniziative finalizzate a promuovere l afflusso di capitale di rischio verso il settore della ricerca; la crescita importante negli anni più recenti nelle assegnazioni di fondi alla ricerca attraverso le risorse del PON ricerca e del FAS o, più recentemente, del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca. Dal lato delle imprese è inoltre da segnalare la forte crescita della domanda per progetti di ricerca industriale e di innovazione tecnologica in misura tale da superare abbondantemente le risorse disponibili sui relativi fondi. La politica di sviluppo può e deve contribuire a rafforzare le capacità di scelta strategica e progettuale per una più efficace allocazione delle risorse pubbliche, anche avvalendosi della migliore e più approfondita conoscenza delle vocazioni/opportunità e dei fattori di attrattività dei singoli territori, delle intelligenze già in campo nei diversi settori della ricerca e della innovazione. Si può inoltre contribuire a implementare e rafforzare la governance multilivello di un sistema complesso, nel quale centro e Regioni non fanno le stesse cose a scala diversa, né si dividono artificiosamente gli ambiti di intervento ma, attraverso una cooperazione rafforzata e alimentata dai partners economici e sociali di riferimento, costruiscono un disegno e una capacità operativa fondata sulla valorizzazione e messa a sistema delle diverse competenze, conoscenze, sensibilità, capacità di intercettare e comprendere le tendenze e i fenomeni più rilevanti. Fondamentale, in questa logica, lo sviluppo di reti ai diversi livelli (locale, regionale, nazionale ed europeo) e il loro raccordo in una visione di sistema. 116

117 Va assicurata, altresì, quella certezza finanziaria che consenta di sostenere programmi e progetti di medio periodo, pur se collocati in un orizzonte strategico di più ampio respiro. La certezza finanziaria assicura la continuità dell intervento pubblico nel tempo. Questo è un requisito indispensabile ma non sufficiente poiché, al fine di assicurare l effettiva aggiuntività, risultano cruciali la presenza di un quadro normativo e finanziario chiaro e certo e la tempestività nell erogazione dell incentivo, elementi essenziali ai fini del successo di questi interventi. Al centro di questo disegno inoltre c è la necessaria considerazione, da un lato, della naturale imprevedibilità dello sviluppo della ricerca di base e, dall altro, della limitata spontaneità con cui evolvono i processi di valorizzazione della ricerca, trasferimento della conoscenza, produzione, assimilazione e valorizzazione dell innovazione. Per entrambi questi processi, di natura culturale, scientifica e sperimentale il primo, a carattere più spiccatamente imprenditoriale il secondo, la politica di sviluppo può fornire un contributo rilevante nel promuovere le azioni specifiche che, in un caso e nell altro, ne sostengono e accelerano l evoluzione. Sussiste infatti consapevolezza che l innovazione è oggi, più che mai, un processo aperto che necessita di una proiezione internazionale degli interessi e delle curiosità, per catturare e scambiare idee, esperienze, ricerca, tecnologie sul mercato globale, affrancandosi dalle ristrettezze del localismo. Anche in considerazione della connotazione del nostro sistema imprenditoriale, è indispensabile puntare sullo sviluppo di reti, di relazioni e meccanismi cooperativi che possono giocare un ruolo fondamentale in questa direzione. Nell insieme risulta quindi necessario un mix bilanciato e consapevole fra politiche di contesto e supporto diretto o indiretto alle imprese che richiede una attenta considerazione delle opportune leve di mediazione tra i diversi attori del sistema. Tenuto conto del fatto che l innovazione radicale e la discontinuità tecnologica seguono percorsi ogni volta diversi ed originali, insostituibili appaiono tali leve nel disegnare schemi di cooperazione pubblico-privata adatti a cogliere le opportunità manifestate dal sistema produttivo e da quello della conoscenza. Le funzioni saranno tanto più efficaci nella creazione di valore quanto più sapranno coniugare le componenti scientifica, industriale tecnologica e finanziaria, catalizzando interessi diversi all interno di un ambiente dinamico e tollerante, in cui possano prendere forma, in modo congiunto o isolato, attività di alta formazione, di ricerca di base e ricerca industriale, la creazione di attività imprenditoriali, la crescita di quelle esistenti, e la messa a disposizione di capitale a favore del sistema imprenditoriale innovante. Le modalità di attuazione di queste funzioni assumeranno configurazioni diverse a seconda dei contesti territoriali di riferimento e della maturità degli attori. Si pensi alle aree infrastrutturate destinate ad ospitare l insediamento e le attività di promozione e incubazione di iniziative imprenditoriali derivanti dalla valorizzazione dei risultati della ricerca, o ai nuovi laboratori per la ricerca industriale, ai distretti tecnologici, ai centri di competenza e in generale ai centri per l innovazione. Molte sono quindi le soluzioni che possono contribuire a rendere stabile e permanente la partnership tra Università, centri di ricerca e imprese. Infine 117

118 l incontro tra gli attori potrà nascere da iniziative spontanee attraverso le relazioni tra buoni ricercatori e buoni imprenditori, in presenza delle adatte condizioni ambientali. E inoltre chiaro che la spesa in ricerca dispiega i suoi effetti non solo in proporzione alla sua entità, ma anche per il tramite di una serie di micro-processi, che consentono di trasformare il potenziale innovativo endogeno delle attività di ricerca in valorizzazione economica dei risultati conseguiti. I micro-processi rappresentano quindi meccanismi abilitanti della spesa in ricerca, che agevolano la produzione di innovazioni ed il loro trasferimento ed impiego da parte delle imprese. Tra essi sono da ricordare: I. quelli che conducono alla costruzione di capitale umano qualificato, che non è da considerarsi un output fisso e certo per ogni unità di spesa in ricerca; II. le collaborazioni mirate tra università ed impresa che, misurate dalla quota di finanziamento privato degli atenei, risultano in generale ancora relativamente basse nelle regioni del Sud, ma insufficienti a livello nazionale più in generale, anche per la frammentazione dimensionale delle imprese; III. l apertura all innovazione delle imprese italiane, che a sua volta è anche funzione dell età dell imprenditore e dal suo livello di istruzione, di fattori organizzativi interni all azienda e del sostegno pubblico all aggiornamento tecnologico e al pieno utilizzo delle opportunità che ne derivano. Si può inoltre contribuire a un rinnovato e più solido coinvolgimento del sistema creditizio in grado di sostenere i processi di riqualificazione del sistema produttivo avviati grazie a percorsi di ricerca ed innovazione. A questo fine occorre che le banche si dotino di strumenti di valutazione più evoluti, in grado di riconoscere non solo le prospettive di un singolo e specifico progetto di investimento, ma di comprendere anche quali imprese sono più adatte a sviluppare l innovazione. Da ultimo, anche la complementarietà tra ambiti e settori e la non linearità della relazione ricerca/innovazione richiede un ripensamento dei tradizionali strumenti di incentivazione. Questi, per essere efficaci, devono costituire leve per il coinvolgimento delle risorse private, generando complementarietà effettive alle autonome decisioni d impresa. Devono, inoltre, assicurare certezza finanziaria e tempi certi nell erogazione dei contributi riconoscendo l importanza di relazioni dinamiche tra gli attori del circuito ogni qual volta l interazione e la collaborazione generano effetti di addizionalità. Infine, molte delle diagnosi provenienti dall interno del mondo accademico stesso puntano verso la necessità di introdurre più criteri meritocratici nella gestione ordinaria del personale addetto alla ricerca, e più competizione a tutti i livelli tra i diversi team di ricerca ed all interno di essi; suggeriscono criteri di selezione e di avanzamento professionale in particolar modo dei giovani che si affacciano per la prima volta al sistema, che dovrebbero incentivare la mobilità internazionale e tra atenei; invocano la partecipazione alla comunità scientifica internazionale quale criterio di selezione e di priorità nell aggiudicazione di risorse pubbliche scarse, ma anche il coinvolgimento della stessa nella valutazione. 118

119 Allegato I al par Identificazione dei reali bisogni di ricerca e sviluppo delle aziende, locali e non, disponibili all insediamento nell area del distretto. PROVINCIA DI CASERTA Ass. all'università e Ricerca scientifica, Legalità e Trasparenza Lucia Esposito 1. Premesso che l'apparato produttivo e dei servizi della provincia di Caserta attraversa un difficile e delicato momento di stagnazione con picchi in alcuni settori di forte crisi e disimpegno industriale, nell'ambito di una generale perdita di competitività nazionale, quali strumenti ritiene da attivare o incrementare per fidelizzare le unità operative sul territorio? Infrastrutture, logistica e sistemi di trasporto adeguati, elaborazione di metodologie di riconversione industriale idonee, promozione di politiche imprenditoriali giovanili, nonché una formazione professionale al passo con la dimensione Europea ed una valorizzazione ed un potenziamento degli studi tecnici di secondo grado ed universitari di elevata specializzazione, sostenuti da una comunicazione efficace, possono rappresentare una concreta rampa di lancio per contrastare la stagnazione dei settori produttivi di Terra di Lavoro. Il tutto, ovviamente, di seguito all implementazione della ricerca applicata, e di pari passo con il risanamento ambientale, nella consapevolezza del valore del proprio territorio. Particolarmente importanti si rivelano, al riguardo, a) il convogliamento della produzione verso fasce più alte di mercato, per la valorizzazione della qualità dei prodotti e della ricercatezza del design; b) la promozione dell aggiornamento tecnologico e dell innovazione, ai fini del mantenimento di una capacità inalterata di creazione di beni e prodotti ad alto valore aggiunto; c) il sostegno, all interno dei comparti produttivi, di nuovi modelli relazionali tra i vari agenti produttivi, per l ottimizzazione della produzione e per la promozione di una compressione dei costi. Lo snellimento delle procedure burocratiche, la sicurezza urbana e la lotta alla criminalità organizzata diventano in questa luce garanzia imprescindibile di buon esito generale, sia per attrarre investimenti che per fidelizzare l esistente, locale, sistema di imprese. 119

120 Tanto, in considerazione oltretutto della recente individuazione dell Asse Caserta - Napoli come punto nevralgico per un nuovo disegno strategico di sviluppo urbano, civile e produttivo nell ambito della Politica di Coesione , così come scaturito dai recenti Stati Generali delle Attività Produttive e dell Agricoltura della Campania, rispetto alla qual cosa Caserta e la sua provincia possono rappresentare una vera e propria risorsa per l intera Regione. 2. Considerato che tra i fattori da implementare vi è la ricerca applicata e che il tessuto imprenditoriale campano è formato in massima parte da micro e piccole imprese, da una quota inferiore alla media nazionale di medie imprese (e da alcune grandi unità produttive appartenenti a gruppi nazionali e/o internazionali che sviluppano autonomamente la ricerca e le relative applicazioni), ritiene che l'attuale sistema di fondi europei e nazionali per l'incentivazione alla ricerca sia facilmente accessibile da un tale contesto? Nel quadro territoriale che Ci riguarda, la ricerca e le relative, consentibili applicazioni hanno un grosso potenziale, ma una scarsa applicazione. Non a caso la Provincia di Caserta, quale importante Ente di raccordo tra Regione e Comuni, ha inteso dare spazio a questa tematica, promuovendo la nuova delega all Università e Ricerca Scientifica, per l appunto volta a dare risalto alle possibilità di sviluppo derivanti dallo studio specialistico applicato. Essendo vieppiù il territorio Provinciale come noto composto da ben 104 Comuni - e, quindi tra i più estesi a livello provinciale - esso offre un prezioso canovaccio per la crescita di Terra di Lavoro, fermo restando una sinergia programmatica - così come coerentemente sostenuto anche attraverso l operato dell Assessorato Attività Economiche e Produttive - mirata a contribuire alla creazione di distretti di impresa ed alla diffusione di Consorzi per la ricerca e l export, onde favorire l innovazione di prodotto, di processo e di organizzazione, nonché la sinergia tra imprese ed Università, per la valorizzazione delle eccellenze territoriali. Dato atto dell opportunità per le imprese di adottare modelli di internazionalizzazione coerenti e sinergici che promuovano valori comuni (per esempio sviluppo di nuovi mercati, perseguimento di standard qualitativi, affidabilità dei processi, capacità di innovazione, brand), non si ritiene che l attuale sistema di fondi Europei e Nazionali sia facilmente fruibile nel presente contesto, in quanto i correnti finanziamenti, tanto di tipo indiretto strutturale quanto di tipo diretto Comunitario, richiedono forti competenze, costituzione di Partenariati consistenti e sostanziali, e, soprattutto, Progetti che facciano leva sulle reali risorse di un territorio e che riescano a tradursi in solide logiche di filiera produttiva. 3. Sulla base delle riconosciute eccellenze del sistema universitario e della ricerca a livello regionale ritiene il patrimonio delle conoscenze e delle professionalità una delle risorse per recuperare il gap di competitività? Quali le altre? Ritiene che ci sia stato un rallentamento, se non addirittura in qualche caso totale assenza, nell'interazione tra imprese e mondo della ricerca? 120

121 Il patrimonio delle conoscenze e delle professionalità rappresenta senz altro una delle risorse per recuperare il gap di competitività tanto a livello nazionale, quanto ovviamente a livello Europeo. Riteniamo dunque fondamentale un impegno a tutto tondo in tal senso, fermo restando la necessità di maggiori, specifiche risorse economiche. Un adeguata divulgazione telematica delle competenze amministrative territoriali e del know how per l impresa, concepita in modo da avvicinare l utenza alle Istituzioni, può costituire a Nostro avviso un ulteriore punto di forza. Per quel che concerne, infine, la storia locale, si registrano pochi, ma significativi esempi di interazione tra imprese e mondo della ricerca. E in questa ottica, d altro canto, che è stato elaborato il documento strategico denominato Distretto Tecnologico della Provincia di Caserta, la cui stessa denominazione simboleggia la specificità dell Area Casertana e la conseguente strategia di sviluppo da perseguire. Il Distretto Tecnologico, difatti, vuole da un lato mettere in risalto le vocazioni tecnologiche rilevanti del territorio provinciale, quali la domotica, le bioscienze ed i sistemi di trasporto; dall altro, intende sviluppare e sperimentare output tecnologici di elevato livello finalizzati al rafforzamento della capacità competitiva sui mercati locali ed internazionali da parte delle imprese operanti sul territorio Casertano. Appare alquanto ovvio, in conclusione, l imprescindibile collegamento tra il sistema universitario e della ricerca ed il patrimonio delle conoscenze e delle professionalità, in linea con le scelte programmatiche che la Provincia di Caserta compie sul territorio, quale Ente fondamentale di raccordo e pianificazione tra la Regione e gli Enti Locali minori, le Università ed i Centri di competenza in genere - da una parte, ed il mercato del sistema imprese - dall altra. DIRETTORE GAFI SUD rag. Michele Izzo 1) Premesso che l'apparato produttivo e dei servizi della provincia di Caserta attraversa un difficile e delicato momento di stagnazione con picchi in alcuni settori di forte crisi e disimpegno industriale, nell'ambito di una generale perdita di competitività nazionale, quali strumenti ritiene da attivare o incrementare per fidelizzare le unità operative sul territorio? Il fenomeno di deindustrializzazione che si registra nella provincia è dovuto a molteplici fattori tutti di assoluto rilievo. Provo di seguito a sintetizzare alcuni dei motivi: a. carenza di infrastrutture b. degrado ambientale c. eccessiva lentezza della burocrazia nei processi autorizzatori d. problema ambientale, inteso come fenomeni di microcriminalità e. scarsa cultura imprenditoriale e associazionistica f. Perdita progressiva degli incentivi economici e fiscali Per ovviare a questi inconvenienti e rendere maggiormente attrattivo il territorio sarà quindi necessario attivare tutti quei processi tesi a rimuovere tali ostacoli unitamente a un maggiore 121

122 impegno e coinvolgimento associativo nell affiancamento e nell erogazione di servizi di assoluta qualità. 2) Considerato che tra i fattori da implementare vi è la ricerca applicata e che il tessuto imprenditoriale campano è formato in massima parte da micro e piccole imprese, da una quota inferiore alla media nazionale di medie imprese (e da alcune grandi unità produttive appartenenti a gruppi nazionali e/o internazionali che sviluppano autonomamente la ricerca e le relative applicazioni), ritiene che l'attuale sistema di fondi europei e nazionali per l'incentivazione alla ricerca sia facilmente accessibile da un tale contesto? Ultimamente si registra un diffuso interesse agli investimenti immateriali che richiedono ingenti impegni economici per elevare e qualificare la produzione industriale. In un contesto dove la competitività delle nostre imprese sta perdendo interesse a causa del peso eccessivo degli oneri sociali e fiscali, l unica leva importante per mantenere un buon livello di competitività è rappresentata dagli investimenti nel campo della ricerca applicata e nello sviluppo di nuove e innovative tecnologie. Tali investimenti, molto spesso sono insostenibili per le dimensioni delle nostre imprese pertanto si rendono necessarie forme di collaborazioni consortili per ottimizzare sia le risorse che le competenze. 3) Sulla base delle riconosciute eccellenze del sistema universitario e della ricerca a livello regionale ritiene il patrimonio delle conoscenze e delle professionalità una delle risorse per recuperare il gap di competitività? Assolutamente si ed è necessario implementare sempre di più la collaborazione e la sinergia tra il sistema produttivo e quello accademico. Quali le altre? Istituzioni regionali e locali attraverso specifici provvedimenti normativi che favoriscano e sostengano la creazione di centri di eccellenza di ricerca e di innovazione di prodotto e di processo. Ritiene che ci sia stato un rallentamento, se non addirittura in qualche caso totale assenza, nell'interazione tra imprese e mondo della ricerca? Ultimamente no, si registra una maggiore disponibilità e sensibilità delle imprese sull argomento, ma non è ancora sufficiente. SEGRETARIO PROVINCIALE CISL Vittorio Guida 122

123 1) Premesso che l'apparato produttivo e dei servizi della provincia di Caserta attraversa un difficile e delicato momento di stagnazione con picchi in alcuni settori di forte crisi e disimpegno industriale, nell'ambito di una generale perdita di competitività nazionale, quali strumenti ritiene da attivare o incrementare per fidelizzare le unità operative sul territorio? Senz altro strumenti funzionali allo sviluppo e quindi alte tecnologie e professionalità, da raggiungere attraverso un adeguata formazione professionale. Bisogna inoltre puntare alle convenienze fiscali presenti nel Mezzogiorno per creare condizioni di agevolazione. 2) Considerato che tra i fattori da implementare vi è la ricerca applicata e che il tessuto imprenditoriale campano è formato in massima parte da micro e piccole imprese, da una quota inferiore alla media nazionale di medie imprese (e da alcune grandi unità produttive appartenenti a gruppi nazionali e/o internazionali che sviluppano autonomamente la ricerca e le relative applicazioni), ritiene che l'attuale sistema di fondi europei e nazionali per l'incentivazione alla ricerca sia facilmente accessibile da un tale contesto? Le opportunità offerte dalla Comunità Europea sono alla portata del mondo imprenditoriale ma bisogna integrare le disponibilità e facilitare la politica d accesso delle PMI campane. 3) Sulla base delle riconosciute eccellenze del sistema universitario e della ricerca a livello regionale ritiene il patrimonio delle conoscenze e delle professionalità una delle risorse per recuperare il gap di competitività? Quali le altre? Ritiene che ci sia stato un rallentamento, se non addirittura in qualche caso totale assenza, nell'interazione tra imprese e mondo della ricerca? Credo che il tema della comunicazione tra mondo imprenditoriale e della ricerca sia stato poco sviluppato. Ritengo che il motore dello sviluppo casertano risieda proprio nella ricerca ed in questa interazione, anche perché è l elemento essenziale nell ambito del discorso delle alte professioni cui mi riferivo nella prima risposta: si deve, dunque, aggiornare il sistema scolastico e creare una sinergia tra scuola, università e ricerca, adeguando tale sistema alle necessità che manifesta il territorio e cercando di utilizzare al meglio i fondi interprofessionali. SEGRETARIO PROVINCIALE CGIL Michele Colamonici 1) Premesso che l'apparato produttivo e dei servizi della provincia di Caserta attraversa un difficile e delicato momento di stagnazione con picchi in alcuni settori di forte crisi e disimpegno industriale, nell'ambito di una generale perdita di competitività nazionale, quali strumenti ritiene da attivare o incrementare per fidelizzare le unità operative sul territorio? 123

124 Come già detto nel documento strategico della Regione Campania, è necessario attivarsi nel settore dell alta tecnologia non solo come servizio all impresa, ma anche come politica di contesto e di natura intersettoriale. Caserta, per tipologia e numero di imprese, dovrebbe avere questa come priorità. 2) Considerato che tra i fattori da implementare vi è la ricerca applicata e che il tessuto imprenditoriale campano è formato in massima parte da micro e piccole imprese, da una quota inferiore alla media nazionale di medie imprese (e da alcune grandi unità produttive appartenenti a gruppi nazionali e/o internazionali che sviluppano autonomamente la ricerca e le relative applicazioni), ritiene che l'attuale sistema di fondi europei e nazionali per l'incentivazione alla ricerca sia facilmente accessibile da un tale contesto? Sicuramente, e come provincia è in grado anche di promuovere investimenti strategici privati. 3) Sulla base delle riconosciute eccellenze del sistema universitario e della ricerca a livello regionale ritiene il patrimonio delle conoscenze e delle professionalità una delle risorse per recuperare il gap di competitività? Quali le altre? Ritiene che ci sia stato un rallentamento, se non addirittura in qualche caso totale assenza, nell'interazione tra imprese e mondo della ricerca? Bisogna valorizzare l introduzione delle novità, quali ad es. i Centri Regionali di Competenza. Il rallentamento, che senz altro c è stato, è dovuto ad elementi economici in quanto la ricerca non è stata sufficientemente incentivata, e mi riferisco alla fiscalità di vantaggio. SEGRETARIO PROVINCIALE UIL Antonio Farinari 1) Premesso che l'apparato produttivo e dei servizi della provincia di Caserta attraversa un difficile e delicato momento di stagnazione con picchi in alcuni settori di forte crisi e disimpegno industriale, nell'ambito di una generale perdita di competitività nazionale, quali strumenti ritiene da attivare o incrementare per fidelizzare le unità operative sul territorio? Prima di tutto, sin dal 93, professiamo come prioritario il rilancio della concertazione tra le parti sociali; in secondo luogo sarebbe opportuno incrementare la formazione d alto livello per la ricerca; in ultimo fornire degli strumenti legislativi pubblico/privato all uopo preposti. 2) Considerato che tra i fattori da implementare vi è la ricerca applicata e che il tessuto imprenditoriale campano è formato in massima parte da micro e piccole imprese, da una quota 124

125 inferiore alla media nazionale di medie imprese (e da alcune grandi unità produttive appartenenti a gruppi nazionali e/o internazionali che sviluppano autonomamente la ricerca e le relative applicazioni), ritiene che l'attuale sistema di fondi europei e nazionali per l'incentivazione alla ricerca sia facilmente accessibile da un tale contesto? Le micro e piccole imprese senza forma consortile generano poco (oggigiorno non è più sufficiente nemmeno la forma distrettuale): non credo nell autopropulsione in tal senso, la ricerca la fanno le grandi imprese. Piuttosto credo nella canalizzazione di progetti a sostegno pubblico con la collaborazione di università, istituzioni e privati. 3) Sulla base delle riconosciute eccellenze del sistema universitario e della ricerca a livello regionale ritiene il patrimonio delle conoscenze e delle professionalità una delle risorse per recuperare il gap di competitività? Quali le altre? Ritiene che ci sia stato un rallentamento, se non addirittura in qualche caso totale assenza, nell'interazione tra imprese e mondo della ricerca? Il rallentamento è stato forte, anche a causa del Governo che non ha dato una stabilizzazione occupazionale ai ricercatori, determinandone la fuga. Ritengo necessario piramidare su comunicazione, aerospazio e trasporti per acquisire competitività. Allegato II al par Identificazione delle aziende della provincia e del campione di aziende nazionali e internazionali da intervistare. PRESIDENTE UNIONE INDUSTRIALI CASERTA dott. Carlo Cicala 1) Premesso che l'apparato produttivo e dei servizi della provincia di Caserta attraversa un difficile e delicato momento di stagnazione con picchi in alcuni settori di forte crisi e disimpegno industriale, nell'ambito di una generale perdita di competitività nazionale, quali strumenti ritiene da attivare o incrementare per fidelizzare le unità operative sul territorio? Innanzitutto intendiamo riprendere la riflessione già avviata con il Progetto Mezzogiorno e riproporre l importanza di una fiscalità differenziata per la promozione dello sviluppo del Sud. Si deve tenere conto che a partire dal 2007 si avvieranno contestualmente il nuovo ciclo di programmazione con l unificazione programmatica degli interventi cofinanziati dai Fondi strutturali e di quelli finanziati dalle risorse nazionali per le aree sottoutilizzate, ed entrerà in vigore la nuova disciplina comunitaria sugli aiuti di stato a finalità regionale. La richiesta di fiscalità differenziata dovrebbe perciò essere accompagnata dalla predisposizione di un programma di riordino degli aiuti elaborato dalle autorità sia nazionali sia regionali, in cui potrebbero trovare posto interventi di incentivazione selettivi che utilizzino la leva fiscale, come 125

126 un credito d imposta per gli investimenti rafforzato e rinnovato in favore della ricerca e dell innovazione, per la promozione della crescita dimensionale delle imprese, per promuovere interventi a finalità ambientale in favore delle imprese più virtuose. In secondo luogo auspichiamo la riduzione di aliquote di tassazione per le imprese operanti nei territori dove è minore il valore dei servizi pubblici erogati rispetto a quello di altre aree del Paese. Il minor valore dei servizi pubblici erogati nelle regioni meno sviluppate di uno stesso stato, come nel caso del Mezzogiorno, genera elevate e misurabili diseconomie, che potrebbero essere compensate da una fiscalità differenziata a livello regionale, senza per questo violare i principi della concorrenza. Gli imprenditori sono infatti incentivati a localizzare le proprie imprese in determinati territori solo se in essi esiste un residuo fiscale, cioè una differenza (positiva) tra il valore dei servizi pubblici di cui l impresa gode dove si localizza e il valore delle imposte e tasse che essa dovrà pagare in relazione alla redditività attesa dell investimento. Inoltre la carenza dei servizi di trasporto e di logistica rappresenta sicuramente uno dei principali ostacoli strutturali alla crescita economica dell area, oltre a produrre effetti negativi sul fronte dei costi del trasporto, dell impatto ambientale, dell incidentalità, della vivibilità e della stessa percezione del Mezzogiorno come spazio sociale ed economico comune. Sarebbe opportuno destinare una quota non inferiore al 35% dei finanziamenti alla ricerca per sostenere progetti relativi all applicazione di nuove tecnologie nei trasporti, grazie alle quali si possano ottenere risultati positivi in termini di maggiore efficienza globale, con un effetto moltiplicativo sugli investimenti in infrastrutture e, in molti casi, un effetto sostitutivo rispetto a nuove costruzioni. 2) Considerato che tra i fattori da implementare vi è la ricerca applicata e che il tessuto imprenditoriale campano è formato in massima parte da micro e piccole imprese, da una quota inferiore alla media nazionale di medie imprese (e da alcune grandi unità produttive appartenenti a gruppi nazionali e/o internazionali che sviluppano autonomamente la ricerca e le relative applicazioni), ritiene che l'attuale sistema di fondi europei e nazionali per l'incentivazione alla ricerca sia facilmente accessibile da un tale contesto? Ritengo che si avverta chiara l esigenza di maggiore coordinamento degli interventi non solo a livello nazionale, ma anche a livello locale, dove si pone con forza il tema della coerenza fra progetti di matrice europea, nazionale e regionale. L accessibilità senz altro aumenterebbe se di pari passo crescesse l efficienza nella gestione degli strumenti di agevolazione, in termini di certezza di risorse e di tempi delle procedure, assicurando in particolare il massimo coordinamento tra i fondi, a partire dal Fondo per le Agevolazioni alla Ricerca (FAR, Ministero dell Università e Ricerca) e Fondo per l Innovazione Tecnologica (FIT, Ministero per lo Sviluppo economico). 126

127 3) Sulla base delle riconosciute eccellenze del sistema universitario e della ricerca a livello regionale ritiene il patrimonio delle conoscenze e delle professionalità una delle risorse per recuperare il gap di competitività? Quali le altre? Ritiene che ci sia stato un rallentamento, se non addirittura in qualche caso totale assenza, nell'interazione tra imprese e mondo della ricerca? Il potenziamento della ricerca e dell innovazione, coinvolgendo attivamente le Università, i centri pubblici di ricerca e le realtà produttive aperte alle innovazioni, stimolando il ricorso alla ricerca applicata ed al trasferimento tecnologico, sostenendo la specializzazione delle giovani professionalità è una strada percorribile per essere competitivi ma anche il rilancio del ruolo delle pubbliche amministrazioni può esserlo, attraverso: - il coordinamento della domanda pubblica, già oggi ampia e qualificata, in grado di trainare importanti filiere produttive (dalle tecnologie dell informatica e della comunicazione all aerospazio, dalle biotecnologie alla medicina, all energia, all ambiente e alla sicurezza); - la diffusione, il coordinamento e il monitoraggio delle iniziative di e-governement, per coprire l intero territorio nazionale, innovando gli apparati amministrativi e i servizi pubblici, fattori questi di qualità della vita per i cittadini e di riduzione dei costi per le imprese. La strutturazione di un sistema nazionale di previsione dello scenario tecnologico, che permetta di individuare le aree e i settori su cui concentrare le azioni, assumerebbe un ruolo determinante nei processi innovativi, come pure il focus su alcune tematiche prioritarie, quali: - la collaborazione tra sistema pubblico di ricerca (università, enti e centri pubblici di ricerca) e imprese, - l innovazione dei distretti produttivi, anche attraverso la promozione di sistemi di governance dei processi di innovazione, privilegiando incentivi all intera filiera della conoscenza, da affiancare ad incentivi alla creazione di forme stabili di collaborazione tra aziende; - la promozione della nascita di distretti tecnologici, assicurando la presenza delle necessarie masse critiche scientifiche ed industriali, monitorando i distretti tecnologici già costituiti; - l introduzione di misure fiscali incentivanti, dirette a sostenere la nascita e lo sviluppo di imprese high tech (start-up e spin-off); - la promozione di un maggiore impegno del sistema finanziario privato a supporto di progetti di ricerca ed innovazione, anche attraverso iniziative congiunte pubblico-privato: - la definizione di azioni dirette a diffondere la cultura dell innovazione nel sistema delle imprese, che riguardino quindi non solo la ricerca e l innovazione tecnologica, ma l innovazione relativa a tutte le aree di attività delle imprese, in particolare: applicazioni di tecnologie digitali; ambiente e risparmio energetico; organizzazione e formazione dei lavoratori; internazionalizzazione. 127

128 Per quanto riguarda l'interazione tra imprese e mondo della ricerca, infine, credo siano state gettate le basi per collaborazioni proficue. DIRETTORE UNIONE INDUSTRIALI CASERTA dott. Lucio Lombardi 1) Premesso che l'apparato produttivo e dei servizi della provincia di Caserta attraversa un difficile e delicato momento di stagnazione con picchi in alcuni settori di forte crisi e disimpegno industriale, nell'ambito di una generale perdita di competitività nazionale, quali strumenti ritiene da attivare o incrementare per fidelizzare le unità operative sul territorio? La mancanza di coesione tra imprese dello stesso comparto rappresenta un fattore sicuramente decelerante per la crescita, e dunque la fidelizzazione, delle imprese al territorio. L esperienza dei distretti industriali, in cui economie di scala e servizi comuni determinano un incremento di competitività, insegna che, se da un lato la forte competizione stimola l'innovazione del prodotto, dall'altro la vicinanza e il forte livello di specializzazione consentono una continua trasmissione di conoscenze. Non deve dunque sorprendere che sia soprattutto attraverso un "esperienza di rete relazionale che il territorio possa rendersi appetibile. La ricerca applicata, in questo senso, è un elemento di attrazione notevole: ad esempio, all interno del polo orafo IL TARI di Marcianise, si trova anche un neonato centro di ricerca, che ha suscitato l interesse di molte università italiane, creato per proiettare il mondo orafo italiano, ancora obsoleto, verso nuovi sistemi produttivi oppure ancora il caso del distretto conciario di Solfora in cui, per aumentarne la competitività, si è fatto largamente ricorso ad innovazioni nei processi produttivi, pur non venendo meno al rispetto dell ambiente, con la creazione di una stazione sperimentale per la ricerca sul cuoio e sulle pelli. 2) Considerato che tra i fattori da implementare vi è la ricerca applicata e che il tessuto imprenditoriale campano è formato in massima parte da micro e piccole imprese, da una quota inferiore alla media nazionale di medie imprese (e da alcune grandi unità produttive appartenenti a gruppi nazionali e/o internazionali che sviluppano autonomamente la ricerca e le relative applicazioni), ritiene che l'attuale sistema di fondi europei e nazionali per l'incentivazione alla ricerca sia facilmente accessibile da un tale contesto? Purtroppo no, spesso sono bandi alla portata di grandi gruppi dotati di team di esperti e non aiutano micro e piccole imprese. Questo gap di infrastrutture per così dire immateriali va senza dubbio colmato in maniera idonea: un idea potrebbe essere quella di fornire supporto alle realtà che ne sono sprovviste indirizzandole ed incentivandole. 3) Sulla base delle riconosciute eccellenze del sistema universitario e della ricerca a livello regionale ritiene il patrimonio delle conoscenze e delle professionalità una delle risorse per 128

129 recuperare il gap di competitività? Quali le altre? Ritiene che ci sia stato un rallentamento, se non addirittura in qualche caso totale assenza, nell'interazione tra imprese e mondo della ricerca? I Centri Regionali di Competenza hanno dato una prima svolta importante per la creazione di un primo elemento di collegamento tra ricerca universitaria e sviluppo di nuove tecnologie ma il fenomeno è falsato dall effetto del finanziamento pubblico. Pertanto una verifica si avrà solo quando inizieranno a camminare da soli, a differenza del sistema della ricerca americana che è finanziato in maniera sostanziosa dalla finanza pubblica regolando la gestione ed i vantaggi dei brevetti attraverso apposita normativa, con benefici sia per lo stesso sistema di ricerca universitaria che per i ricercatori. PRESIDENTE UNIONE CONSORZIO ASI CASERTA dott. Corrado Cipullo 1) Premesso che l'apparato produttivo e dei servizi della provincia di Caserta attraversa un difficile e delicato momento di stagnazione con picchi in alcuni settori di forte crisi e disimpegno industriale, nell'ambito di una generale perdita di competitività nazionale, quali strumenti ritiene da attivare o incrementare per fidelizzare le unità operative sul territorio? Credo che la provincia di Caserta inserita nel contesto meridionale- debba essere sostenuta da scelte di politica economica nazionale che finora sono mancate. Va posto in essere un insieme di strumenti di natura fiscale (fiscalità di vantaggio, cuneo fiscale), per il potenziamento della rete infrastrutturale (trasporti), la qualificazione dei sistemi urbani, politiche formative adeguate alle nuove esigenze del mercato. Infine, va avviata un azione concreta e incisiva nel campo della innovazione e della ricerca. 2) Considerato che tra i fattori da implementare vi è la ricerca applicata e che il tessuto imprenditoriale campano è formato in massima parte da micro e piccole imprese, da una quota inferiore alla media nazionale di medie imprese (e da alcune grandi unità produttive appartenenti a gruppi nazionali e/o internazionali che sviluppano autonomamente la ricerca e le relative applicazioni), ritiene che l'attuale sistema di fondi europei e nazionali per l'incentivazione alla ricerca sia facilmente accessibile da un tale contesto? No. Perciò, bisogna favorire il dialogo tra le imprese locali e i mercati, nazionale e internazionale, dando vita ad un sistema integrato di ricerca, innovazione e informatizzazione che deve costituire il vero volano di sviluppo per l economia locale e regionale. Bisogna sollecitare l aggregazione delle offerte di ricerca e rapportarla alla domanda che viene dalle imprese. Questo obiettivo può essere perseguito anche attraverso l attualizzazione degli accordi di programma-quadro sottoscritti con i Ministeri dell Università e dell Innovazione per 129

130 sostenere la realizzazione da parte delle PMI di progetti di ricerca e sviluppo competitivo. Un esempio è l accordo quadro Regione-CNR per lo sviluppo della ricerca e dell innovazione. Concretamente, chiedo che venga attivato l impianto innovativo dell ITA-CNR, realizzato presso l ex Ciapi di San Nicola La Strada (Costo: 13 miliardi di vecchie lire), che porterebbe la Campania ad essere l unica regione d Italia a dotarsi di un sistema integrato per la progettazione e la produzione nel settore del legno. Per le imprese significherebbe riduzione dei costi e dei tempi di produzione, possibilità di realizzare attività di ricerca e sperimentazione industriale per migliorare la qualità del prodotto e ridurre gli scarti, con grandi vantaggi anche per l ambiente. 3) Sulla base delle riconosciute eccellenze del sistema universitario e della ricerca a livello regionale ritiene il patrimonio delle conoscenze e delle professionalità una delle risorse per recuperare il gap di competitività? Quali le altre? Ritiene che ci sia stato un rallentamento, se non addirittura in qualche caso totale assenza, nell'interazione tra imprese e mondo della ricerca? Certamente, sì. Ma credo che sia necessario partire sempre dall impresa favorendo, con una leva fiscale, le imprese che investono risorse per l innovazione tecnologica, agevolando quelle che sono in condizione di operare nei settori della ricerca, dei nuovi materiali, delle biotecnologie e dell energia, capaci di dialogare e di sviluppare utili sinergie con il mondo scientifico. Allegato III al par Identificazione dei centri di ricerca locali, nazionali ed internazionali, da intervistare. BIOTEKNET prof. Mario De Rosa 1) Premesso che l'apparato produttivo e dei servizi della provincia di Caserta attraversa un difficile e delicato momento di stagnazione con picchi in alcuni settori di forte crisi e disimpegno industriale, nell'ambito di una generale perdita di competitività nazionale, quali strumenti ritiene da attivare o incrementare per fidelizzare le unità operative sul territorio? Per far fronte alla generale perdita di competitività del nostro paese ritengo sia necessario compiere un ulteriore sforzo per favorire l integrazione tra mondo accademico e industria, facilitando lo sviluppo di forme di cooperazione tra università, Enti Pubblici di Ricerca e aziende e l integrazione delle competenze del mondo della ricerca con quello dell impresa. In tale ottica, uno strumento utile ad accrescere il livello tecnologico e la competitività del sistema produttivo della nostra regione può essere individuato nella costituzione dei cosiddetti distretti tecnologici, strumenti di aggregazione territoriale di attività ad alto contenuto 130

131 tecnologico (attività di ricerca e produzione industriale). Altri sistemi di trasferimento della conoscenza e cooperazione università-impresa (ma alcuni di questi possono rientrare in una più ampia politica distrettuale ) possono essere costituiti da laboratori pubblico-privati, strutture di ricerca a capitale misto focalizzate su temi specifici di grande rilevanza strategica, cui partecipino gli attori pubblici della ricerca presenti sul territorio insieme ad una o più grandi imprese driver del processo, incubatori di piccole e medie imprese innovative, la realizzazione di strutture di trasferimento tecnologico ed interfaccia tra Accademia e mondo produttivo quali i Centri Regionali di Competenza (casualmente...) ed i Liasion Office universitari. Tutti questi strumenti, tra loro opportunamente coordinati, potrebbero consentire un aumento della competitività delle aziende nei vari settori tecnologici, un aumento del potenziale di attrazione del territorio per l insediamento di nuove imprese high tech, l amplificazione delle opportunità di sviluppo del tessuto produttivo locale, la crescita dell occupazione e la formazione di ricercatori altamente qualificati. 2) Considerato che tra i fattori da implementare vi è la ricerca applicata e che il tessuto imprenditoriale campano è formato in massima parte da micro e piccole imprese, da una quota inferiore alla media nazionale di medie imprese (e da alcune grandi unità produttive appartenenti a gruppi nazionali e/o internazionali che sviluppano autonomamente la ricerca e le relative applicazioni), ritiene che l'attuale sistema di fondi europei e nazionali per l'incentivazione alla ricerca sia facilmente accessibile da un tale contesto? Nonostante l attenzione crescente mostrata dall Unione Europea alle PMI, talvolta le condizioni di accessibilità ai finanziamenti europei e nazionali risulta essere per tali imprese troppo onerosa, soprattutto in relazione agli obblighi legali e finanziari che esse devono assolvere. Anche per quanto riguarda i finanziamenti alla ricerca, soprattutto a livello nazionale, sta crescendo l interesse per quelle iniziative che vedono la partecipazione congiunta di imprese ed Università e/o Enti di ricerca, e si sta registrando una diffusa consapevolezza, a livello politico e sociale, del valore strategico dell innovazione per accrescere la competitività dell economia italiana. Spesso però le esigenze del bilancio nazionale, connesse anche ad una situazione di sostanziale stagnazione economica, hanno comportato l attuazione, a livello nazionale, di misure restrittive su diverse forme di incentivazione per le imprese. La Commissione Europea però, in occasione dell avvio del Settimo Programma Quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico, ha previsto una serie di misure atte a semplificare le regole di partecipazione ai finanziamenti europei e le procedure di valutazione e selezione per le PMI e ciò rappresenta sicuramente un ottimo passo in avanti per promuovere ed implementare la ricerca applicata anche in territori come quello campano, costituito in massima parte da piccole e medie imprese. 131

132 3) Sulla base delle riconosciute eccellenze del sistema universitario e della ricerca a livello regionale ritiene il patrimonio delle conoscenze e delle professionalità una delle risorse per recuperare il gap di competitività? Quali le altre? Ritiene che ci sia stato un rallentamento, se non addirittura in qualche caso totale assenza, nell'interazione tra imprese e mondo della ricerca? Sicuramente l enorme patrimonio di conoscenze e professionalità offerto dal nostro sistema universitario rappresentano un volano d eccellenza per recuperare competitività. Tuttavia rimane ancora molto da fare per trasformare queste conoscenze in reale innovazione (di processo, di prodotto) e, quindi, in sviluppo. Occorrono politiche di lungo respiro e coordinate a tutti i livelli, un attenta programmazione a livello regionale e nazionale (in particolare per quanto riguarda l utilizzo delle risorse finanziarie disponibili), un cambiamento culturale profondo sia degli imprenditori campani che dei nostri ricercatori. Gli imprenditori devono investire sull innovazione risorse coerenti con l importanza che questo fattore produttivo ha assunto nella competizione globale, i ricercatori devono imparare a fare i conti con la verifica dei risultati della propria attività, il mantenimento degli obiettivi e dei tempi concordati; gli uni e gli altri devono cominciare a lavorare insieme su obiettivi condivisi, senza pregiudizi reciproci e senza snaturare il proprio ruolo. Ritengo che, nonostante le difficoltà presenti e politiche non sempre coerenti con la consapevolezza della necessità di investire risorse nella direzione di un aumento del know-how del mondo produttivo, le interazioni tra imprese e mondo della ricerca siano oggi più frequenti e con esiti sovente positivi. CRdC TRASPORTI prof. Vincenzo Torrieri 1) Premesso che l'apparato produttivo e dei servizi della provincia di Caserta attraversa un difficile e delicato momento di stagnazione con picchi in alcuni settori di forte crisi e disimpegno industriale, nell'ambito di una generale perdita di competitività nazionale, quali strumenti ritiene da attivare o incrementare per fidelizzare le unità operative sul territorio? L implementazione di progetti di innovazione industry-driven basati sulla collaborazione tra Università/Enti di Ricerca ed Imprese, focalizzati su specifiche filiere produttive di rilevanza per il territorio. Tali progetti devono essere mirati a coinvolgere direttamente nel processo di innovazione tutti gli attori industriali inclusi nella filiera produttiva, in particolare le piccole e medie imprese. E infatti ampiamente riconosciuto che mentre le grandi imprese sono generalmente in grado di governare i processi di innovazione (grazie alla disponibilità di tutte le risorse necessarie: manageriali, umane e finanziarie) la piccola e media impresa (PMI) si trova a svolgere, troppo spesso, un ruolo 132

133 passivo che ne penalizza le performance e, più in generale, condiziona fortemente le opportunità ed il livello dello sviluppo locale. In particolare per il settore dei trasporti in Campania (la cui struttura è caratterizzata dalla presenza di poche grandi imprese e da un elevato numero di imprese di piccola e media dimensione che operano spesso come sub-fornitori delle prime) la sfida più importante è quella di modificare l attuale squilibrio tra il potere contrattuale dei committenti e quello dei piccoli fornitori, in favore di un sistema fondato sulla compartecipazione di questi ultimi a tutte le fasi del processo produttivo con ovvi riflessi positivi sulla distribuzione del valore tra tutti gli attori e, di conseguenza, sulla capacità di questi ultimi di conseguire e mantenere una posizione competitiva duratura. Lo sviluppo aziendale non deve essere finalizzato ad una semplice crescita dimensionale delle imprese (spesso la loro organizzazione è estremamente snella da configurarsi come semplice officina) ma, piuttosto, deve tendere ad affiancare alla tipica flessibilità a basso costo, la capacità progettuale, di innovazione e sviluppo tecnologico, di controllo e prevenzione dei difetti, di sviluppo commerciale. In tale contesto, solo attraverso un massiccio utilizzo delle opportunità connesse all utilizzo delle nuove tecnologiche, è possibile introdurre innovazioni di prodotto e di processo in grado di elevare la competitività delle imprese e, allo stesso tempo, sostenere lo sviluppo territoriale. 2) Considerato che tra i fattori da implementare vi è la ricerca applicata e che il tessuto imprenditoriale campano è formato in massima parte da micro e piccole imprese, da una quota inferiore alla media nazionale di medie imprese (e da alcune grandi unità produttive appartenenti a gruppi nazionali e/o internazionali che sviluppano autonomamente la ricerca e le relative applicazioni), ritiene che l'attuale sistema di fondi europei e nazionali per l'incentivazione alla ricerca sia facilmente accessibile da un tale contesto? Le barriere di accesso alla ricerca tipicamente sentite dalle micro e piccole imprese in relazione all'attuale sistema di fondi europei e nazionali per l'incentivazione alla ricerca possono essere superate tramite l implementazione dei progetti di filiera suesposti. Nell ambito dell organizzazione di tali progetti (inseriti nei programmi di sostegno all innovazione su leggi nazionali e/o comunitarie) vi è la necessità di affiancare le PMI nella definizione delle proprie esigenze di innovazione di prodotto e di processo, spesso inespresse, e nel tradurre tale domanda in specifichi requisiti di progetto. 3) Sulla base delle riconosciute eccellenze del sistema universitario e della ricerca a livello regionale ritiene il patrimonio delle conoscenze e delle professionalità una delle risorse per recuperare il gap di competitività? Quali le altre? Ritiene che ci sia stato un rallentamento, se non addirittura in qualche caso totale assenza, nell'interazione tra imprese e mondo della ricerca? 133

134 Per quanto riguarda il settore dei trasporti, in aggiunta alle riconosciute eccellenze del sistema universitario e della ricerca a livello regionale (come espresso, tra gli altri, dal Centro Regionale di Competenza Trasporti) si ritiene necessario che questo interagisca in modo sempre più sistematico con il mondo delle imprese (questo in linea con le misure promosse dai ministeri competenti relative ad iniziative pubblico-private a supporto dell innovazione). Inoltre un altro fattore fondamentale per risolvere il gap di competitività delle imprese del settore consiste nella creazione e gestione di infrastrutture immateriali a supporto dell efficienza dei sistemi di trasporto. Tali infrastrutture, basate sulla gestione di basi dinamiche di informazioni e facenti uso delle nuove tecnologie dell Informazione e Comunicazione (ICT), costituirebbero un elemento decisivo per introduzione dell innovazione nei sistemi di gestione dei trasporti. RETTORE SUN prof. Antonio Grella 1) Premesso che l'apparato produttivo e dei servizi della provincia di Caserta attraversa un difficile e delicato momento di stagnazione con picchi in alcuni settori di forte crisi e disimpegno industriale, nell'ambito di una generale perdita di competitività nazionale, quali strumenti ritiene da attivare o incrementare per fidelizzare le unità operative sul territorio? Sono fortemente convinto che una risposta seria e concreta alla crisi industriale che imperversa in tutta Italia, ed ha assunto aspetti tanto drammatici in Terra di Lavoro, sia la collaborazione tra mondo accademico ed istituzioni locali per contribuire al rilancio della ricerca e dello sviluppo. L Università deve svolgere un ruolo di primo piano, facendo da attrattore, con le sue professionalità, delle imprese: secondo me è questo il modo giusto per fare sistema. 2) Considerato che tra i fattori da implementare vi è la ricerca applicata e che il tessuto imprenditoriale campano è formato in massima parte da micro e piccole imprese, da una quota inferiore alla media nazionale di medie imprese (e da alcune grandi unità produttive appartenenti a gruppi nazionali e/o internazionali che sviluppano autonomamente la ricerca e le relative applicazioni), ritiene che l'attuale sistema di fondi europei e nazionali per l'incentivazione alla ricerca sia facilmente accessibile da un tale contesto? Il lavoro alla base di un meccanismo d incentivazione dovrebbe essere congiunto, per stabilire temi d indagine che riflettano problematiche reali di questa provincia ed evitare interventi a pioggia. Pertanto ritengo che i programmi di ricerca andrebbero individuati in collaborazione con l Università. 134

135 3) Sulla base delle riconosciute eccellenze del sistema universitario e della ricerca a livello regionale ritiene il patrimonio delle conoscenze e delle professionalità una delle risorse per recuperare il gap di competitività? Quali le altre? Ritiene che ci sia stato un rallentamento, se non addirittura in qualche caso totale assenza, nell'interazione tra imprese e mondo della ricerca? Senza dubbio le distanze tra il mondo accademico ed il sistema produttivo si sono ridotte in questi ultimi anni. La nostra è un università che, come tutti sanno, ha sempre puntato molto sull internazionalizzazione, sull apertura sul Mediterraneo e sull Europa. Io credo che questo sia un percorso da continuare. E il futuro dell Università. Nel corso degli anni, infatti, la cooperazione europea in materia di istruzione e formazione è andata svolgendo un ruolo decisivo per la creazione della futura società europea. Le strategie di formazione e mobilità permanente rivestono infatti un importanza fondamentale in sede di promozione dell occupabilità, della cittadinanza attiva, dell integrazione sociale e dello sviluppo personale. Un giovane ateneo come il nostro sa che deve accettare la sfida sul piano della ricerca scientifica. Più saremo in grado di far diventare i nostri laureati competitivi, più li metteremo in condizione di poter trovare sbocchi lavorativi anche all estero, ferma restando tutta la mia contrarietà alla fuga dei cervelli: è questo il motivo per cui ho firmato, ormai quasi due anni fa, un accordo di collaborazione con l Ateneo moscovita per l economia. DIPARTIMENTO DIAM prof. Furio Cascetta 1) Premesso che l'apparato produttivo e dei servizi della provincia di Caserta attraversa un difficile e delicato momento di stagnazione con picchi in alcuni settori di forte crisi e disimpegno industriale, nell'ambito di una generale perdita di competitività nazionale, quali strumenti ritiene da attivare o incrementare per fidelizzare le unità operative sul territorio? La capacità di gestire i processi innovativi e l attitudine al trasferimento dei risultati della ricerca verso il tessuto produttivo sono un fattore strategico di vantaggio competitivo tra aree territoriali. In particolare, valenza strategica ha la capacità del sistema di stimolare e recepire i bisogni espliciti ed inespressi di innovazione da parte delle PMI. Il mutamento delle capacità produttive delle imprese, derivante dall introduzione di innovazioni tecnologiche, determina effetti positivi che vanno ben al di là dell impatto diretto sulle imprese stesse e sulla filiera produttiva che le utilizzano. 2) Considerato che tra i fattori da implementare vi è la ricerca applicata e che il tessuto imprenditoriale campano è formato in massima parte da micro e piccole imprese, da una quota inferiore alla media nazionale di medie imprese (e da alcune grandi unità produttive appartenenti a gruppi nazionali e/o internazionali che sviluppano autonomamente la ricerca e 135

136 le relative applicazioni), ritiene che l'attuale sistema di fondi europei e nazionali per l'incentivazione alla ricerca sia facilmente accessibile da un tale contesto? Nell ambito di una generale inadeguatezza del sistema finanziario e bancario nazionale, il mancato accesso di molte imprese al finanziamento pubblico è frequentemente dovuto a problemi di scarsa informazione circa le agevolazioni e le opportunità di finanziamento ed alla difficoltà di preparazione della documentazione necessaria per la presentazione della richiesta di agevolazione. Dunque il costo troppo elevato che occorre sostenere per innovare all interno delle PMI è una difficoltà sostanziale allo sviluppo tecnologico: il ricorso a fonti private esterne di finanziamento dell innovazione risulta essere una pratica estremamente sporadica mentre l autofinanziamento rappresenta lo strumento principalmente utilizzato. 3) Sulla base delle riconosciute eccellenze del sistema universitario e della ricerca a livello regionale ritiene il patrimonio delle conoscenze e delle professionalità una delle risorse per recuperare il gap di competitività? Quali le altre? Ritiene che ci sia stato un rallentamento, se non addirittura in qualche caso totale assenza, nell'interazione tra imprese e mondo della ricerca? Lo scenario campano risulta caratterizzato da: a. ridotta incidenza di spin-off della ricerca (anche per effetto di una carente normativa brevettale) b. carenza di incubatori nelle università; c. generale debolezza dei legami tra mondo scientifico e sistema produttivo, che determina una scarsa capacità di valorizzazione delle conoscenze a fini economici. Di contro, quindi, sono queste le leve su cui far perno per recuperare, a mio avviso, il gap di cui soffriamo. Allegato IV al par Identificazione delle aziende della provincia e del campione di aziende nazionali e internazionali da intervistare. L'innovazione a 360 è un processo di cambiamento culturale profondo, che investe le strategie, la crescita, l'innovazione dei prodotti e dei processi, l'organizzazione e il posizionamento rispetto ai mercati di tutte le imprese, certamente grandi, ma soprattutto piccole e piccolissime, allo scopo di accrescerne la competitività. Il modo migliore per diffondere una cultura dell'innovazione a 360 è il dialogo e il confronto della propria esperienza con le best practices nella gestione aziendale. Per queste ragioni Confindustria ha avviato un grande progetto di formazione e di sensibilizzazione sui temi della gestione 136

137 dell'innovazione e sulle soluzioni organizzative più opportune per rafforzare le capacità concorrenziali delle aziende italiane. E' nato così il "Progetto Imprese per l'innovazione", con l'acronimo "IxI=I", proprio per sottolinearne la capacità di valorizzare il potenziale innovativo delle imprese che parteciperanno al progetto. L obiettivo è di diffondere e condividere con le imprese le principali practices dell innovazione a 360, dotare imprenditori e manager di strumenti efficaci e direttamente fruibili per vincere le sfide della globalizzazione e della competitività. È un progetto orientato a costruire, valorizzando le esperienze territoriali, gestito e realizzato in stretta collaborazione con le Associazioni del sistema. A questo scopo sono state realizzate solide ed importanti partnership con le principali scuole di formazione italiane e straniere, sono stati individuati centinaia di casi di successo e decine di testimonial di valenza internazionale. L attenzione posta da Confindustria su questo progetto è massima, il sistema centrale segue sempre in prima persona gli eventi in programma, avvalendosi dell esperienza in materia di SFC Confindustria e di un Comitato Scientifico di Coordinamento ed Orientamento costituito dai principali esponenti del sistema innovazione nazionale. Gli incontri sul territorio costituiscono l attività principale del progetto, sono rivolti principalmente ad imprenditori e manager. Sono sessioni formative ed informative, nelle quali si succedono momenti di sensibilizzazione e vere e proprie fasi di formazione. Ogni incontro verte su uno dei temi dell innovazione a 360, è erogato presso le Associazioni del sistema Confindustria aderenti al progetto ed ha una durata compresa tra una giornata ed una giornata e mezzo. A ciascun incontro prendono parte testimonial di eccezione del mondo imprenditoriale ed esperti delle migliori scuole di formazione italiane. In data 1 dicembre 2006, come da brochure allegata, si è tenuto presso Confindustria Caserta un workshop sul tema Nuovi prodotti e processi più efficienti: le opportunità tecnologiche e di finanziamento cui ha partecipato un campione significativo delle realtà produttive del nostro territorio. Nella circostanza si è ritenuto opportuno interpellare le aziende intervenute (come da foglio firme allegato) sul tema dell innovazione reputandole soggetti ideali avendo testimoniato, con la presenza, il loro interesse all argomento. Il questionario, studiato per una compilazione rapida ma efficace, in poche battute chiede all impresa di: dare un peso agli aspetti che hanno favorito i processi di innovazione della propria impresa; valutare, invece, quelli che li hanno ostacolati; infine, individuare gli obiettivi cui finalizzare l innovazione stessa. secondo il prospetto allegato che ne schematizza le risposte anche in ordine d importanza. 137

138 La situazione in cui tale questionario è stato somministrato ha richiesto che le domande presupponessero delle risposte chiuse, tutte coerenti e plausibili, lasciando comunque un margine all intervistato per aggiungere eventualità non contemplate. Dalla decodifica dei quaranta questionari riconsegnati alla fine della giornata info-formativa, è emerso che: i processi di innovazione sono stati favoriti abbastanza dalla collaborazione con fornitori, dalla partecipazione a fiere, convegni, dalla stampa specializzata, da investimenti/finanziamenti e studi approfonditi condotti all interno dell impresa. La collaborazione tra imprese è ancora di scarso incentivo all innovazione, così l imitazione di prodotti/processi mutuati da altre imprese. Istituzioni e centri di ricerca (locali e non) non forniscono impulsi funzionali allo sviluppo di una cultura dell innovazione. molteplici risultano le difficoltà che il mondo produttivo locale incontra nell implementare processi innovativi: la riorganizzazione aziendale e dei processi; finanziamenti, personale qualificato e partners difficili da reperire; scarsa comunicazione con le attività del mondo accademico. Contestualmente le aziende sembrano disposte a rischiare, non percependo il rischio come fattore frenante né la concorrenza con imprese leader come un deterrente. gli obiettivi per cui l azienda è interessata a fare innovazione, più che per adeguarsi a normative specifiche di settore oppure a migliorare l impatto ambientale, si concentrano sulla possibilità di penetrare nuovi mercati, diminuire i costi, migliorare l impiego delle risorse, in grado di differenziare sostanzialmente la gamma dell offerta aziendale da quella della concorrenza. Le innovazioni, infatti, non mirano direttamente ad aumentare la clientela, ma piuttosto a migliorare la qualità. Leggiamo in questo atteggiamento, aggressivo più che difensivo, una tensione a creare e conquistare nuove nicchie di mercato per godere di un vantaggio competitivo nei confronti dei ritardatari. 138

139 Cap.4 Il TechnoDistrict Premessa L analisi condotta nel capitolo precedente e i risultati da essa rivenienti, conducono a ritenere opportuna la scelta progettuale di realizzare il Tecnodistretto della provincia di Caserta. Il Centro, per come si specifica di seguito in tema di filosofia progettuale, si configura come sede competente, da una parte, a trasformare in soluzioni ad alto contenuto innovativo le decisioni strategiche delle istituzioni territoriali rivolte allo sviluppo economico della provincia e, dall altra, a divenire luogo reale e virtuale in grado di supportare lo sviluppo delle imprese della conoscenza, attraverso soluzioni organizzative e tecnologiche. Il tecnodistretto, quindi, come meta organizzatore del processo di transizione e di trasformazione della conoscenza in sviluppo imprenditoriale, giacimento di conoscenze e competenze coordinato e connesso con il sistema produttivo e sociale provinciale La scelta strategica di procedere in tale intendimento progettuale, trova fondamento in alcune precondizioni di base orientate fortemente alla promozione del Tecnodistretto, di seguito rappresentate. Sin dal primo Protocollo di Intesa, firmato e sottoscritto nel marzo 2005, i soggetti promotori hanno concordato sull opportunità di individuare come prioritarie delle azioni comuni a supporto delle attività delle Università e dei centri di ricerca e di collaborazione di questi con le imprese. Tali azioni rientravano a pieno titolo nella promozione del Tecnodistretto in quanto finalizzate a: 1. creare e sostenere una rete per il Trasferimento Tecnologico tramite: monitoraggio della domanda e dell'offerta di ricerca e di innovazione e dei progetti di ricerca sviluppati, anche attraverso lo sviluppo e la gestione di banche dati della ricerca, in integrazione con banche dati esistenti a livello nazionale, comunitario e internazionale; supporto alle Università e ai centri di ricerca nelle attività di analisi, elaborazione di proposte e progettazione per l'alta formazione in specifici ambiti scientifici, tecnologici e industriali e, in generale, per lo sviluppo e la promozione di una cultura dell'innovazione; diffusione dell'informazione scientifica e della produzione di ricerca e tecnologia e valorizzazione e organizzazione del rapporto tra il sistema della ricerca provinciale e le imprese; offerta di servizi di informazione e assistenza tecnica per la valorizzazione della ricerca e la tutela della proprietà industriale; attività a supporto dell'applicazione di nuove tecnologie, eventualmente con siti di validazione presso imprese, anche attraverso la costituzione di task forces e la realizzazione di progetti specifici; 139

140 promozione, informazione, servizi e supporto per la partecipazione a progetti, programmi e opportunità di finanziamento per la ricerca, il trasferimento tecnologico e l'innovazione, promossi da autorità provinciali, regionali, nazionali, comunitarie e internazionali; promozione, diffusione e assistenza tecnica sulle opportunità di accesso ai finanziamenti e ai capitali di rischio privati, in collaborazione con soggetti che operano nel campo; promozione di progetti di qualificazione del personale per il trasferimento tecnologico e supporto alla mobilità dei ricercatori anche verso le imprese; studio e sperimentazione di metodologie e sistemi di rating per le imprese che investono in innovazione. 2. promuovere la realizzazione di progetti e contratti di ricerca e trasferimento tecnologico di interesse strategico per la Provincia di Caserta sviluppati in modo coordinato tra Università e gli enti firmatari del presente protocollo, anche in riferimento a programmi nazionali e comunitari, prestando anche collaborazione sia per le procedure gestionali, sia per la realizzazione di attività di trasferimento di tecnologia e diffusione, derivanti dalla partecipazione a progetti in collaborazione. 3. sostenere le attività per la valorizzazione dei risultati della ricerca, anche attraverso la creazione di impresa e l'avvio di attività autonome ad alto contenuto tecnologico, con particolare riferimento a iniziative di spin-off della ricerca e ad imprese "Technology Based". Si impegnavano altresì, al fine di dare attuazione a quanto sopra esposto: a provvedere alla eventuale messa a disposizione di Technodistrict - prevalentemente in regime di mutualità e secondo modalità che saranno di volta in volta definite e concordate - di strutture operative (locali, attrezzature, strumentazioni informatiche e telematiche, laboratori, banche dati, biblioteche, documentazione tecnica e scientifica) nonché di competenze scientifiche e tecnologiche; ad individuare di comune accordo e ad utilizzare nelle modalità da convenire personale qualificato per lo svolgimento delle attività in collaborazione con Technodistrict a garanzia della qualità e continuità delle stesse, anche ricorrendo a rapporti di consulenza o convenzioni in essere o da stipulare; a rimuovere ostacoli di ordine tecnico, amministrativo e procedurale onde assicurare alle azioni di cui sopra tempi rapidi di avvio, attuazione e funzionamento continuativo. La promozione del tecnodistretto e delle sue finalità è stata, inoltre, affidata, sin da subito, alla stampa: numerosi articoli pubblicati sui quotidiani locali hanno fatto conoscere le nuove sinergie attivate in occasione del workshop Distretto tecnologico della Provincia di Caserta presso il Rettorato della SUN il 10 gennaio

141 Del caso TechnoDistrict si parlò anche in occasione del convegno Ricerca ed alta formazione per lo sviluppo del territorio, ospitato dalla Reggia di Caserta il 15 dicembre 2005, nell intervento del prof. Furio Cascetta, ordinario della Facoltà di Ingegneria della SUN e membro del gruppo di lavoro omonimo. Per il futuro è prevista la diffusione dell iniziativa tramite workshop tematici anche con il supporto di Confindustria: ad aprile 2005 infatti, in risposta ad una lettera (allegato) inviatagli dal Presidente dell Unione Industriali di Caserta, dott. Carlo Cicala, giunse anche il placet del Presidente Montezemolo che confermò il pieno sostegno al neonato tecnodistretto. Da ultimo, l attività di raccolta delle adesioni a TechnoDistrict che è avvenuta attraverso la compilazione di un format prestabilito dall Unione Industriali di Caserta. 4.1 Caratterizzazione del Tecnodistretto, identificazione e dimensionamento del settore ricerca e del settore produzione. La domotica In questi ultimi anni il crescente sviluppo nel campo dell elettronica, delle telecomunicazioni e dell informatica ha portato, anche all interno dell ambiente domestico, all incremento di prodotti e servizi. La casa si sta rivelando un fecondo campo di applicazione per le nuove tecnologie che consentono agli elettrodomestici, ai PC, ecc di rendere più sicuro l ambiente domestico, di semplificare il dialogo uomo-macchina, di risparmiare energia, ecc Conseguentemente, è sorta l esigenza di sfruttare tecnologie innovative, integrandole e semplificando il più possibile il loro funzionamento e la loro gestione. Secondo una ricerca condotta nei principali paesi europei da Booz Allen & Hamilton, i servizi offerti dalla domotica che le famiglie italiane apprezzano maggiormente sono quelli per la sicurezza e per la salute. 141

142 (Rapporto Assinform 2002 sull ICT) La stessa ricerca evidenzia come il mercato della domotica presenti prospettive di crescita interessanti: si stima che la domanda europea passerà dai 132 milioni di euro del 2001 ai 335 milioni di euro del (Rapporto Assinform 2002 sull ICT) 142

143 Il fenomeno della telefonia mobile e dell informatica domestica stanno incidendo profondamente nella vita e nello stile abitativo di molte famiglie italiane, come dimostrato dall ultimo rapporto annuale realizzato da FEDERCOMIN, la Federazione di Confindustria delle Aziende di Telecomunicazione, Radiotelevisione e Informatica, e da ANIE. Secondo questo rapporto, infatti, la penetrazione di tecnologie innovative nella casa italiana risulta ormai allineata rispetto al resto d Europa, ma l Italia detiene la leadership per il telefono cellulare (1,8 cellulari per famiglia, contro la media europea di 1,45), è leggermente avanti nella penetrazione del PC (0,51 PC per famiglia, contro 0,49 della media europea) ed ha quasi completamente colmato il divario rispetto alla media europea nella penetrazione di internet e della console videogiochi. Solo per la pay-tv l Italia è ancora in ritardo rispetto agli altri paesi europei: 15% delle famiglie contro il 26% della media europea. Lo stesso rapporto inoltre sottolinea che circa il 10% della spesa corrente della famiglia italiana, corrispondente ad un valore medio di 1460 Euro all anno, riguarda piattaforme tecnologiche (cellulari, PC e periferiche, software, pay-tv), e che, scorporando voci non comprese nell indagine annuale svolta dal Pew Internet Project negli Stati Uniti, si può stimare che la spesa per information product and services della famiglia italiana sia pari a circa l 80% di quella sostenuta dalla famiglia americana. Secondo i dati del Rapporto EITO 2004, presentati a Bruxelles il 18 febbraio 2004, il mercato europeo dell'ict vedrà finalmente una crescita, con stime del 4,4% nel Le aziende di informatica, telecomunicazioni e di elettronica della Provincia di Caserta, da tempo soffrono di una grave crisi del settore; in questo preoccupante contesto tuttavia emergono dei segnali che consentono di poter pianificare alcune iniziative: la presenza sul territorio dell Università, la nascita ed il consolidamento sul territorio di qualificati centri di ricerca applicata, le competenze ingegneristiche presenti in numerose aziende che andrebbero indirizzate e guidate verso lo sviluppo di nuovi prodotti. Senz altro, una proposta concreta per il rilancio è rappresentata dall individuazione di settori applicativi strategici tra i quali la domotica. E noto che la domotica può essere definita come l insieme delle tecnologie necessarie per rendere intelligente l abitazione. In questa prospettiva, la principale filiera industriale che sostiene lo sviluppo della ricerca sulle tecnologie domotiche e ne utilizza i risultati (per migliorare le prestazioni degli elettrodomestici, per la diagnostica a distanza, per il controllo dei consumi, ecc ), è la filiera dell elettrodomestico (bianco e bruno). Pertanto il mercato di riferimento, per le tecnologie legate alla domotica, è rappresentato dall industria dell elettrodomestico ed in quest ultimo ambito si punta a cogliere le opportunità offerte dallo sviluppo del Distretto industriale dell elettrodomestico in Campania. All atto della costituzione, le aziende aderenti a tale società consortile risultavano essere: - una azienda ""capofiliera"", con due stabilimenti di produzione presenti in Campania (MERLONI ELETTRODOMESTICI S.P.A.); 143

144 - cinque imprese strutturate, di medie dimensioni (ACROPLASTICA SRL e azienda controllata MACROTEC, ALMEC S.P.A., COMAP SUD S.R.L., TECAR S.P.A., S.M.C. SOCIETÀ MODULISTICA COMMERCIALE S.P.A.) - sette imprese di minori dimensioni, ben strutturate, operanti nei settori: lavorazione materie plastiche, assemblaggi elettrici, ecc (ACERPLASTICA S.N.C., BARECCHIA S.R.L, DE.COM S.R.L., MAGO VERDE S.R.L., RESIT S.R.L., SOMECA S.R.L., T.EL. S.R.L.). L Italia, con un fatturato di oltre milioni di euro, risulta il primo produttore in Europa di grandi elettrodomestici (bianchi e bruni), con una produzione di circa un terzo degli elettrodomestici del continente. Le esportazioni rappresentano l 80% del fatturato. Tra le regioni italiane, la Campania ha raggiunto una posizione di leadership nella produzione di elettrodomestici bianchi (lavatrici e frigoriferi), grazie alla presenza di tre aziende leader, a livello europeo, sui diversi segmenti di mercato: Whirlpool, Indesit Company (già Merloni Elettrodomestici) e IAR-SILTAL. Complessivamente i quattro stabilimenti campani delle suddette aziende, producono 3,5 milioni di elettrodomestici, di cui il 70% viene prodotto in provincia di Caserta e l 80% viene esportato nei principali mercati europei. In particolare, il 25 % delle lavatrici vendute dalla Indesit Company nel mondo, vengono prodotte nello stabilimento di Teverola. I fornitori campani di 1 e 2 livello delle aziende capofiliera, sono circa un centinaio ed operano prevalentemente nei settori della componentistica (plastica, gomma, metalli, elettronica). L industria campana dei componenti, legata strettamente all andamento delle imprese di produzione degli elettrodomestici, si è saputa adattare alle mutate condizioni della domanda ed ha saputo rispondere alle più severe richieste di qualità e di prezzo, attraverso la creazione di partnership con i propri clienti in grado di promuovere soluzioni tecniche ed organizzative innovative. La Campania infatti è l unica regione italiana dove è stata creata una società consortile (Distretto dell elettrodomestico) tra una azienda capofiliera (Indesit Company) e i principali suoi fornitori presenti sul territorio. Complessivamente nell intera filiera dell elettrodomestico in Campania lavorano circa addetti, prevalentemente concentrati in provincia di Caserta. In questo contesto, la domotica può rappresentare, per l intera filiera dell elettrodomestico in Campania, la nuova frontiera dell innovazione di prodotti e servizi per competere sui mercati internazionali, grazie ai progetti di ricerca che i tre produttori di elettrodomestici presenti sul territorio sono in grado di sviluppare con i propri fornitori. Sempre nello stesso ambito vale la pena segnalare la già esistente società consortile Polo tecnologico Campania Nord il cui disegno strategico consisteva nel realizzare nel territorio di Sessa Aurunca un insediamento produttivo integrato di lavorazioni meccaniche, plastiche ed elettroniche, con attività di ricerca collegate, che fosse in grado da un lato di rafforzare le filiere produttive presenti in 144

145 Campania (automotive, elettrodomestico, telecomunicazioni ed agroalimentare), dall altro di trasferire know-how sul tessuto imprenditoriale locale ed opportunità di cooperazione produttiva e commerciale, a livello nazionale ed internazionale. Anche in questo caso, all atto della costituzione le aziende aderenti alla società consortile risultavano essere: due società di grande dimensione (Manuli Film Spa e Marangoni Meccanica Spa); tre società di medie dimensioni (dm elektron sexa Srl, Europlastica Sud Srl e Incos Srl); tre società di minori dimensioni, ben strutturate (Tecnopol Srl, Project Srl ed Engineering & Facility Management Srl); una società consortile per lo sviluppo di progetti di ricerca applicata nei settori dell elettronica e delle telecomunicazioni (RES scarl, partecipata da Formenti Sèleco, SIM2 Multimedia, dm elektron e dm elektron sexa). La Formenti Sèleco Logistica, infine, pur non aderendo alla società consortile, parteciperà attivamente alle iniziative del Polo Tecnologico. Le bioscienze Negli ultimi anni, si è finalmente assistito anche in Italia, ma con un forte ritardo rispetto a tutti i Paesi di dimensioni e rilevanza economica paragonabili (oltre che rispetto a molti piccoli Paesi del Nord Europa), alla nascita di un vero e proprio settore biotech, costituito da imprese specializzate. Nonostante le applicazioni consentite dalle nuove tecnologie biologiche siano numerose e diverse, in Italia il settore delle imprese biotecnologiche specializzate è costituito in grandissima prevalenza da realtà focalizzate sulle applicazioni mediche. (Rapporto L'industria chimica in Italia Federchimica) 145

146 Il nostro Paese non soltanto ha concrete possibilità di recupero del divario ma, quasi paradossalmente, si trova in una posizione favorevole grazie al grande potenziale di cui dispone in termini di risorse scientifiche, umane e culturali esistenti e ancora ampiamente da sfruttare. Per superare l attuale gap occorre però un mutamento davvero radicale dell atteggiamento complessivo nei confronti dell industria biotecnologica da parte delle Istituzioni nazionali, che dovrebbero comprenderne le potenzialità in termini di competitività generale e garantire un contesto idoneo al loro sviluppo. La quota preponderante del mercato biotech italiano è costituita dal settore della cura della salute, che costituisce il 6% dell intero mercato farmaceutico nazionale. Esistono pertanto notevoli margini di sviluppo per questo settore produttivo di valore strategico. Tenendo conto dell esistenza in Italia di numerosi centri di eccellenza nella ricerca biomedica e di un certo numero di piccole imprese biotecnologiche specializzate nel settore farmaceutico e di elevato livello tecnico e scientifico, oltre, naturalmente, a un buon numero di imprese farmaceutiche integrate e interessate alle biotecnologie, è lecito prevedere per questo settore sviluppi interessanti. Nel contesto nazionale spicca l esempio virtuoso della Lombardia, ove si sta verificando un processo di concentrazione di imprese altamente specializzate. (Rapporto L'industria chimica in Italia Federchimica) Nel 2003 il settore delle biotecnologie nel mondo contava complessivamente aziende per un fatturato complessivo di circa 46 miliardi di dollari. Come si evince dalla figura che segue, il tasso di sviluppo del settore delle biotecnologie è estremamente elevato. 146

147 Il valore di mercato delle biotecnologie Fonte: Tali dati sembrano confermare le valutazioni espresse dal primo report internazionale sulle biotecnologie realizzato dalla società di consulenza Ernst & Young, secondo cui le società del settore biotecnologico, favorite dalla crescita globale degli investimenti, si trovano nella posizione ottimale per cavalcare l'onda della ripresa economica. L importanza del settore delle biotecnologie per il futuro sviluppo socio-economico dell'europa è stata confermata dall'unione Europea che l'ha inserito tra le proprie priorità strategiche. Questa consapevolezza, espressa a chiare lettere dall'insieme dei Paesi membri, ha tra i suoi effetti concreti oltre a ricadute virtuose di maggior integrazione ed interconnessione transnazionale a livello della ricerca - l'innesco di una rinnovata competizione per uno sviluppo dei risvolti economici delle biotecnologie che coinvolge i singoli Paesi membri e li pone a confronto in materia di offerta ai potenziali investitori. L indagine svolta da Ernst & Young ha rilevato un forte fermento nel settore anche a livello europeo. Le imprese operanti in Europa sono ed occupano addetti (dati 2002). Il fatturato sviluppato è pari a circa 13 miliardi di dollari (tale dato corrisponde al valore della di prodotti biotecnologici), con investimenti in R&S per circa 7,7 miliardi di dollari (tale valore rappresenta la domanda di ricerca applicata nel settore delle biotecnologie). 147

148 Le imprese biotecnologiche in Europa Imprese (No.) Addetti Ricavi ( bn) 3,7 6,3 8,7 13,7 12,9 R&S ( bn) 2,3 3,4 5 7,5 7,7 Fonte: elaborazioni su dati Ernst & Young, European biotech report L'affermazione delle biotecnologie in Europa, alimentata principalmente dal passaggio di nuove e interessanti tecnologie dai laboratori di ricerca alle aziende private, ha accresciuto sensibilmente il numero di operatori all'interno di questo settore. Circa il 45% delle imprese operanti nel settore sono aziende europee. Tra il 1998 e il 2002 il numero degli occupati in imprese dedicate alle biotecnologie (Dbf) in Europa è cresciuto del 94%, mentre negli Stati Uniti la crescita è stata del 25%. Il confronto con i principali Paesi evidenzia il ritardo dell'italia nella promozione e nello sviluppo del settore. Seppure i dati evidenzino una crescita in termini percentuali in linea con i principali Paesi, si sottolinea comunque la necessità di una netta accelerazione nel tasso di crescita. Come si evince dalla figura che segue, i dati relativi al 2002 rilevano che l'italia è al tredicesimo posto in termini di numerosità di aziende, preceduta da Paesi quali gli Stati Uniti con 1379 operatori, Regno Unito (431), Canada (400), Germania (365), Giappone (333), Francia (270), Australia (190), Svezia, Israele, Svizzera, Finlandia e Olanda. Il dato evidenzia la necessità di accelerare il passaggio a un modello di sviluppo che consenta di raggiungere entro pochi anni i Paesi leader del settore. Comparazione del numero di aziende biotech a livello internazionale Fonte: Deloitte, Osservatorio sulle biotecnologie in Italia,

149 La crescita nel numero di aziende in Italia (intorno al 10% su base annua, mentre dal 1999 al 2002 è pari al 44%) è in linea con quella di altri grandi Paesi industrializzati quali Germania (10%), Giappone (11%), Francia (10%), Regno Unito (13%), ma rimane ben distante da quella di altri player che da alcuni anni hanno implementato modelli di sviluppo sostenibili e riconosciuti a livello internazionale. Mantenere il trend attuale di crescita significa perdere costantemente competitività rispetto ad altri Paesi nei confronti dei quali rivestiamo ad oggi un ruolo marginale. Tale perdita di competitività rischierebbe di innescare un processo di costante allontanamento sia delle risorse umane, che dei capitali, dal mercato italiano. Se l'italia ha da poco avviato una serie di iniziative per colmare il ritardo nello sfruttamento industriale delle conoscenze scaturite dalla ricerca biotecnologica, è altrettanto vero che il livello delle competenze scientifiche disponibili - e sedimentatesi - è tale da ingenerare un cauto ottimismo sul futuro del settore. I notevoli contributi che le realtà di ricerca del Paese hanno già dato all'innovazione biotecnologica sono solamente i primi e più appariscenti segnali rivelatori di un'attività nell'ambito delle scienze biologiche intensa e diffusa, nonché profondamente radicata nella cultura scientifica del Paese. Nel campo della ricerca l'italia vanta, infatti, punte di eccellenza - che non sono certo il risultato di un isolato colpo di genio, bensì il frutto di un solido terreno scientifico e culturale - più che sufficienti a giustificare l'attrazione di investimenti produttivi che ne incrementino la valorizzazione. Inoltre, molti degli esempi di eccellenza in Italia provengono dal mondo della ricerca pubblica e rappresentano il risultato produttivo scaturito dalla politica nazionale per le biotecnologie attuata nel corso degli anni ottanta. Esistono, peraltro, nel nostro Paese regioni, quali la Campania e la Lombardia, in cui lo sviluppo delle biotecnologie è esplicitamente indicato tra le priorità strategiche. Tali "orientamenti regionali" hanno già influenzato in maniera non indifferente la dislocazione della nascente bioindustria grazie soprattutto all'istituzione ed alla crescita, intorno alle realtà esistenti, di iniziative quali i tre Centri Regionali di Competenza nel campo della biologia avanzata e le sue applicazioni volte ad aggregare ed interconnettere le risorse esistenti e a fungere da catalizzatore per la creazione e l attrazione di nuovi investimenti. Nell'insieme, si tratta di iniziative a diversi stadi di sviluppo ed i cui contatti con il sistema delle imprese sono molto variabili in termini di frequenza ed intensità. Tutti, però, godono dell'effettivo sostegno delle istituzioni politiche locali ed esercitano un significativo ruolo di aggregazione e trascinamento su quanti abbiano talento e passione per nuove iniziative imprenditoriali. Secondo recenti dati diffusi dal MAP (Ministero delle Attività Produttive - Osservatorio per il Settore Chimico, L'industria biotecnologia in Italia, 2004), il numero di aziende italiane biotecnologiche in senso ampio (e non quindi delle sole imprese biotecnologiche specializzate) è pari a 235 unità. 149

150 In Italia i dati diffusi dal Ministero delle Attività Produttive (relativi all'anno 2002) rilevano 81 imprese biotecnologiche che occupano circa addetti e realizzano un fatturato superiore ai 250 milioni di euro. Delle imprese censite soltanto 22 imprese, cioè il 30% del totale, contano un fatturato superiore ai 5 milioni di euro, e di queste soltanto 6 superano i 10 milioni di euro. L'insieme dei dati, quindi, sembrerebbe indicare che il comparto è costituito principalmente da imprese molto piccole verosimilmente nei primi stadi di sviluppo. Le imprese biotecnologiche in Italia Tipologia Numero Imprese biotecnologiche (specializzate) 81 Imprese biotecnologiche di fermentazione 11 Imprese farmaceutiche o agrochimiche 118 Imprese di servizio 25 Totale 235 Fonte: MAP Osservatorio per il Settore Chimico, L industria biotecnologia in Italia, La distribuzione geografica delle aziende dimostra una notevole parcellizzazione territoriale. Nonostante la presenza sul territorio di un distretto di rilevanza internazionale che ha baricentro nella provincia di Milano, molto deve essere ancora realizzato da un punto di vista organizzativo e manageriale. Il 70% delle Dedicated Companies e dei Parchi Scientifici italiani si trova nel Nord Italia focalizzati principalmente su nicchie di mercato in ambito diagnostico, terapeutico e agroalimentare. Il 50% del biotech italiano è concentrato in Lombardia, di cui il 37% nella sola provincia di Milano. Il Centro Italia ricopre il 14% distribuito in sette province, mentre il 16% si trova nel Sud Italia, distribuito in cinque province. Ventuno province italiane vedono la presenza di aziende biotech sul proprio territorio e solo un terzo ha realizzato incubatori a supporto dello sviluppo di nuove aziende, sia da un punto di vista infrastrutturale, che manageriale. 150

151 Distribuzione geografica delle aziende italiane per regione Fonte: Deloitte, Osservatorio sulle biotecnologie in Italia, Con riferimento al territorio della provincia di Caserta il settore delle biotecnologie conta alcune presenze significative, sia sul piano regionale che nazionale. Tra queste si segnalano: la Tecnogen S.c.a.r.l., che opera a Piana di Monte Verna (CE) ed è attiva nel campo della biotecnologia farmaceutica ed agroindustriale; opera dal 1987, nel 1999 ha realizzato un fatturato di ca. 10 mld di lire con 27 addetti; la DSM s.p.a. di Capua (CE) che è una tra le 11 imprese biotecnologiche di fermentazione operanti in Italia, ed è parte di un gruppo leader a livello globale; i prodotti principali sono gli antibiotici; la Cirio Ricerche S.c.p.a. di Piana di Monte Verna (CE). I sistemi di trasporto Per quanto attiene al sistema trasporti si può affermare con sicurezza che la Campania della mobilità non parte arretrata. Infatti si è lavorato preliminarmente sul quadro di riferimento normativo, determinando i presupposti per le sinergie che caratterizzano il Primo Programma degli interventi infrastrutturali (delibera della Giunta Regionale n del 5 aprile 2002), uno 151

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