LA MENTE AL DI LÀ DELLA RETE

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1 LA MENTE AL DI LÀ DELLA RETE Protocolli di mental training applicati al tennis di vertice Autori: A. Cannavacciuolo, B. Corolli, A. Rubino Corso Nazionale di Specializzazione per tecnici FIT (equivalente al IV Livello Europeo) Scuola dello Sport CONI Roma, 26/27 Novembre 2007 Supervisore: Prof. M. Di Paolo

2 Ringraziamenti Il gruppo di lavoro composto in occasione di questo project work coglie l occasione per ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile la creazione di questo testo, ed in particolare il Professor Massimo Di Paolo, nella veste di tutor assegnatoci dalla commissione dei docenti della Scuola Nazionale Maestri, e di supervisore nel corso dello svolgimento dell intero nostro operato. Un ulteriore e sentito ringraziamento è doveroso porlo a tutti i giocatori ed allenatori che hanno supportato materialmente il project work attraverso le loro dichiarazioni raccolte nelle interviste, vera spina dorsale di tutto il nostro lavoro. A nome di tutti i componenti del gruppo, che ha redatto questo project work, un sentito ringraziamento a tutti.

3 Indice Introduzione p. 1 Capitolo 1 - Cenni storici e introduzione all allenamento mentale p. 3 Capitolo 2 - Studi e applicazioni del mental training al tennis 2.1 Le caratteristiche del tennis p Le abilità mentali nello sport del tennis p Il controllo delle emozioni p Il controllo dei pensieri p L attribuzione di causalità p Il controllo dell attenzione p Le abilità immaginative p. 31 Capitolo 3 - Tecniche di mental training 3.1 Rilassamento p Self talk p Goal setting p Pensiero positivo p Training autogeno p Concentrazione Gestione dell arousal p Visualizzazione e imagery p Biofeedback p Automatizzazione delle strategie p. 62 Capitolo 4 Una ricerca sul mental training 4.1 Obiettivi della ricerca p Presentazione dello strumento p. 66

4 4.3 Caratteristiche degli intervistati p Elaborazione dei dati: tabelle e grafici p. 69 Conclusioni p. 98 Appendice Bibliografia

5 Capitolo I Cenni storici e introduzione all allenamento mentale Con un notevole anticipo rispetto ai suoi tempi, De Coubertin, ha sentito il bisogno di applicare la psicologia allo sport. Già nel 1900, infatti, aveva pubblicato un articolo intitolato: La psicologia dello sport. Tutte le metodiche inerenti alla suddetta disciplina vennero in seguito prese in considerazione da numerosi paesi soprattutto dopo la prima guerra mondiale, quando cioè l espansione dell attività sportiva ebbe la sua definitiva affermazione. Bisogna però citare alcuni autori che per primi hanno svolto un lavoro sistematico condotto presso l istituto di educazione fisica di Leipzig, sia prima che dopo la prima Guerra mondiale: Scultz, Sippel, Giese, Klem, Krueger; in questo periodo si vede l influenza della teoria Gestalt. In un secondo periodo, Leipzig ha sentito l influenza di alcuni psicologi sovietici, interessati più ai problemi relativi alle competizioni di alto livello. Numerosi ricercatori testimoniano che l importanza sia stata data su problemi immediati della competizione e della vittoria da conseguire, più che su quelli dell individuo alle prese con sé stesso. Il proposito iniziale quindi è quello di determinare in modo preciso le caratteristiche della psicomotricità, della percezione, dell emozione e dell intelligenza richieste nelle varie attività sportive al fine di conseguire le migliori prestazioni. Il problema però nella maggior parte dei paesi rimaneva, in quanto gli allenatori continuavano a ritenere che la vittoria nello sport dipendesse dall intensità dell allenamento e dalle capacità 3

6 superiori dell atleta piuttosto che da una attenta valutazione delle condizioni emotive dell ambiente in cui si svolge la preparazione, o dai tratti della personalità dell atleta stesso (Most, 1983). In Italia, l approfondimento della conoscenza dei fattori psicologici e pedagogici che informano lo sport e la competizione in atto ad opera di numerosi specialisti, avviene nel 1965, a Roma dove si tiene il primo congresso internazionale di psicologia. L International Society of Sport Psicology (ISSP), costituita in occasione del congresso, originò, a sua volta, nel mondo una sessantina di società nazionali, di cui una ventina in Italia. In alcuni Paesi la psicologia dello sport (PdS) veniva identificata con gli studi di psicomotricità e di motor skill atti a realizzare prestazioni atletiche migliori, mentre in altri si dava maggior spazio allo studio delle motivazioni, all assistenza psicologica per un miglior equilibrio dell uomo atleta (Tamorri, 2000). Se all inizio della sua storia la psicologia dello sport si era data come obiettivo quello di studiare la personalità degli atleti, ricercando modelli cognitivi e comportamentali utili a differenziare le caratteristiche degli atleti dagli altri uomini e sviluppando un ampio spazio all interno della psicodiagnostica, oggi l obiettivo della psicologia dello sport risulta molto cambiato. Ora il quesito più impellente posto dai tecnici e dagli atleti è: come posso compiere prestazioni sempre più eccellenti?. In tale contesto la psicologia dello sport si è trovata a passare da un livello teorico alla pratica, divenendo in tal modo operativa. Oggi, ogni atleta sa quanto sia vero che il primo reale nemico da battere è il fantasma della paura, dell insicurezza, della bassa stima di sé, prima ancora dell avversario. Lo scontro con l avversario è episodico, un momento nella vita 4

7 dell atleta; per tutto il resto del tempo ciò che conta è una lineare e continua crescita fisica e mentale, attraverso un lavoro che dura anni, per tutta la carriera agonistica dell atleta. Dunque, essere operativi nell ambito dello sport significa sviluppare un programma di allenamento per la mente, al pari di programmi di allenamento fisico; l agonista non è un robot, non è un gigantesco meccanismo sostenuto dagli sponsor e da complesse manovre di tipo economico, bensì è un uomo che ha scelto di sfidare sé e gli altri, con i suoi punti deboli e le sue illimitate potenzialità. Lo psicologo dello sport deve tenere bene in mente che dedicherà il suo sostegno ed il suo contributo in primis all uomo e in secondo luogo all atleta che c è in lui, il quale rappresenta solo una parte della sua complessità. La psicologia dello sport è una disciplina giovane, che ha la possibilità di apportare validi contributi sia nello sport di alto livello che nelle fasi di apprendimento di una attività. È possibile definire la psicologia dello sport come una psicologia dell azione che si pone come obiettivo la comprensione a 360 dell uomo e del suo essere atleta. Per questa ragione, il primo punto da fissare con l atleta è la meta che questi desidera raggiungere. Per poter lavorare con un atleta è fondamentale fissare un obiettivo che abbia determinate caratteristiche: A) Definito in positivo, nel senso di considerarlo come qualcosa a cui tendere e non da cui allontanarsi, in un esempio si potrebbe dire voglio smettere di essere ansioso ed agitato, anziché voglio imparare ad essere tranquillo e determinato B) Verificabile. Imparare ad essere tranquillo e determinato, nell esempio appena riportato, non risulterà verificabile fino a quando non si sarà riusciti a tradurre la tranquillità e la 5

8 determinazione in comportamenti ed atteggiamenti esaminabili, in altre parole risponderà alla domanda: come saprò di aver raggiunto il mio obiettivo, come lo sapranno gli altri? C) Specificato rispetto a: - chi (quali sono le persone coinvolte nel mio obiettivo?) - come (quali comportamenti produrranno il mio cambiamento?) - quando (quali tempi scandiranno il passaggio dal mio stato presente a quello desiderato?) - dove (quali saranno i luoghi entro i quali produrrò il mio cambiamento?) - perché (quali sono le motivazioni di cui dispongo per poter realizzare il mio cambiamento?) D) Ecologico (l obiettivo scelto dall atleta sarà accettato dalle persone per lui significative? Tale obiettivo gli procurerà dei vantaggi?) Una volta centrato l obiettivo, è possibile procedere con l atleta nella costruzione di quegli aspetti della sua personalità indispensabili per lo sviluppo della sua carriera. Naturalmente, per lavorare sull obiettivo concordato occorre instaurare un buon rapporto con l atleta. La psicologia non possiede altro strumento che quello di operare sul livello organizzativo della mente dell atleta, agendo attraverso la comunicazione. È fondamentale incontrare l atleta sul suo terreno, cogliendo gli elementi più significativi dell esperienza da lui narrata, annotando tutto ciò che è possibile osservare, ascoltare, e 6

9 percepire durante il colloquio. La persona deve sentirsi rispettata in ciò che considera importante: le sue credenze, le sue convinzioni sul mondo e sulla vita. Il primo passo da fare, dunque è trovare il modo per sintonizzarsi con lui, utilizzando il più possibile il suo stesso linguaggio che rappresenta il modo attraverso cui l atleta si raffigura il mondo e lo connota di significati. Solo in un momento successivo ci si adopererà a fornire una guida ragionata in direzione di nuovi orizzonti, incentivi e risorse utili all atleta per raggiungere i propri risultati. La prima fase dell incontro è tutta orientata a definire un terreno d accordo e di intesa con il mondo interiore dell atleta. Questo tipo di approccio non è solo retaggio dello psicologo dello sport, ma offre un utile base per uno sviluppo costruttivo del colloquio, sia in ambito clinico che formativo. Se si pensa all impegno che si chiede ad un atleta, il miglioramento continuo e costante che deve riuscire a dare durante gli allenamenti, in un ambiente spesso poco gratificante, in cui solo alcuni sport sono altamente riconosciuti e premiati, ci si spiega quanto sia fondamentale il perchè che l atleta si costruisce, che costituisce la motivazione principale a continuare la sua carriera agonistica. La motivazione è strettamente collegata alla direzione e alla intensità di un comportamento, è dunque fondamentale in un momento in cui l atleta lavora sulla propria costruzione fisica e psicologica. La motivazione costituisce la chiave d accesso ai risultati: essa lavora attraverso i bisogni dell atleta, gli stimoli positivi, l interesse e il divertimento, la ricerca di affiliazione verso i compagni e l allenatore, il bisogno di affermazione e di riuscita. 7

10 La base, però, di tutto l intervento psicologico è il linguaggio. Nel suo utilizzo quotidiano non ci rendiamo conto dell uso che facciamo delle parole, del loro peso, del significato che con queste creiamo. Ad esempio il linguaggio usato dall atleta nel suo dialogo interno è di fondamentale importanza, infatti i messaggi che questi manda a sé stesso sono basilari per la riuscita della sua prestazione. La mente ha una grande abilità che può risultare un forte limite, quella di orientarsi, spesso in modo inconsapevole, in funzione dei propri pensieri. È il sistema attivante reticolare, in particolare, che si interessa di mettere in collegamento la mente (i pensieri) con il corpo (le abilità percettive), orientando in tal modo l attenzione del soggetto sulle cose per lui più significative. Ora, dinnanzi ad uno stesso stimolo è possibile reagire in modo positivo (ottimistico) o negativo (pessimistico), a seconda di come vengono interpretati i fatti, dal momento che il sistema percettivo è in grado di analizzare solo la quantità di uno stimolo e non la qualità, che viene decisa dal sistema cognitivo. È dunque essenziale che l atleta utilizzi una sorta di dieta mentale, attraverso la quale nutrirsi di parole che gli diano la giusta carica, e gli permettano di essere ottimista, convinto e determinato in rapporto alle sue risorse. Il nostro vocabolario presenta una netta preponderanza di parole a connotazione negativa nella descrizione delle emozioni. La lingua inglese ad esempio contiene circa un migliaio di parole per esprimere emozioni positive, mentre sono ben duemila le parole che esprimono emozioni negative. Si pensi a quanti vocaboli vengono usati da psichiatri e psicologi per descrivere le varie forme di patologia mentale, e quanti pochi vocaboli vengono usati per 8

11 descrivere gli stati di benessere. Una persona sana, che sta bene, è una persona che sta bene e basta, non esistono particolari modi per descrivere lo stato di benessere. Culturalmente siamo plasmati dal nostro linguaggio: le parole modellano le nostre convinzioni, influenzano i nostri stati d animo e dirigono le nostre azioni. L atleta, come tutte le altre persone, va aiutato a comprendere il proprio linguaggio, a porsi le domande corrette, ad entrare nel significato che dà alle cose, per far luce sulle opinioni, le credenze e le convinzioni che lo orientano nelle scelte. Un modo utile di considerare l atleta è quello di vederlo proiettato all interno del suo sistema di riferimento, prendendo in considerazione il contesto, l ambiente sociale in cui vive (società sportiva, team tecnico, amicizie, famiglia), per valutare nel sistema di appartenenza quale ruolo gioca, come si trova inserito, quali risposte sta dando, come reagisce alle richieste, implicite o esplicite, delle persone di riferimento. È sorprendente come molte risposte ad eventuali difficoltà, verso la realizzazione di certi progetti, vadano ricercate nella famiglia, o nel sistema di riferimento, piuttosto che nel singolo individuo. Spesso si riscontra incongruenza e ambiguità nei i messaggi dei due genitori, o addirittura atteggiamenti di svalutazione diretti allo sport intrapreso dal loro figlio. Al contrario, spesso è possibile rilevare una grande intesa con il proprio partner affettivo, associata ad una grande volontà di riuscita, nel realizzare il proprio obiettivo. La famiglia costituisce uno dei pilastri di sostegno per un atleta, se viene a mancare il suo apporto il rischio è quello che la situazione entri in stallo, che si creino dubbi sulla motivazione e si abbia un crollo di 9

12 rendimento. Spesso la società sportiva, i compagni, l allenatore sostituiscono la partecipazione e l affetto della famiglia; è sorprendente vedere come i nuovi legami affettivi siano in grado di restituire l identità a ragazzi altrimenti confusi e sbandati. L organizzazione del lavoro va dosata in tutte le attività che compongono la vita di un soggetto. Non è possibile immaginare una giornata totalmente orientata agli impegni: la scuola, gli allenamenti, il lavoro, la famiglia, ecc., senza lasciare altro spazio alla persona. Agendo in tal modo si rischia di impoverire gli altri aspetti della vita, e di inimicarsi una parte dell atleta maggiormente orientata al divertimento, allo svago e alla creatività. Spesso ci si trova dinanzi dei ragazzi completamente assorbiti dalla loro quotidianità, dalle loro abitudini, senza più la forza di affermare in prima persona cosa desiderano veramente. Esiste uno sviluppo fisiologico nella vita mentale di ogni individuo che richiede un attenzione particolare. Se si perde di vista il senso delle proporzioni e del tempo si rischia di creare degli automi che, ben presto, abbandoneranno lo sport considerandolo un impegno troppo oneroso, che chiede tanto e dà poco. Un atleta ha bisogno di pensare, sognare e costruire la propria storia. Costa molto essere protagonisti in un mondo che, troppo spesso, ci abitua alla passività; costa molto ed è difficile motivare un individuo a conquistare il proprio valore, attraverso la costruzione della propria persona. È più semplice offrire dei surrogati legati maggiormente all immagine in contrapposizione alla sostanza, che non offrire degli spazi entro cui una persona, rappresentando se stessa, è in grado di realizzarsi. All interno della carriera di molti atleti sono 10

13 molti i momenti dedicati ad anticipare ciò che avverrà nell immediato futuro, risulta quindi utile costruirsi delle profezie vincenti, e dare così spazio a idee e pensieri orientati al futuro nel modo in cui egli desidera vederlo realizzato. L atleta ha essenzialmente bisogno di costruirsi uno stato mentale, un preciso equilibrio psico-fisico di pensieri e sensazioni che gli consenta, durante tutto l arco di una prestazione, ed in particolare nei momenti maggiormente significativi, di avere la massima concentrazione, determinazione, e prontezza di esecuzione. Tutto ciò è racchiuso in uno stato d allerta in cui ogni cosa attorno sbiadisce, dove il tempo ha un altra dimensione, dove il controllo è totale, non si tratta più di un individuo capace di eseguire e sviluppare l azione, ma di un essere in grado di fondersi nell azione stessa. Questo è un momento magico, il momento in cui muta la percezione del soggetto che sviluppa l azione. Solo nell istante in cui l arciere si sente un tutt uno con il proprio arco, ed è in completa armonia con se stesso, può percepire quando scoccare la freccia, sicuro che questa raggiungerà il bersaglio. Lo sport è un rito costruito attraverso il proprio corpo, portato avanti per un tempo sufficientemente lungo da permettere di identificarsi completamente in ciò che si fa. Potrebbe risultare interessante l accostamento di questo aspetto dello sport a molte tecniche meditative caratterizzate da azioni ripetute per un lungo tempo, fino ad essere in grado di calarsi completamente in ciò che si fa; per questa ragione si sposa in pieno l idea che lo sport, sia professionistico che quello dilettantistico, rappresenti un intenso momento meditativo per la mente. Ed è a questo livello di sport 11

14 come meditazione che il lavoro dello psicologo risulta più attinente, dal momento che, l atleta sviluppando doti strettamente correlate al lavoro mentale, entra in uno stato di trance, uno stato, cioè, di coscienza alterato, differente da quello legato alla routine quotidiana, in cui l Io esercita delle capacità e delle doti che oltrepassano i limiti della propria coscienza. Questo stato mentale è quello che si desidera raggiungere e mantenere quando ci si trova a lavorare con un atleta; la parte difficile del lavoro, infatti, non è tanto raggiungere di tanto in tanto un tale livello, quanto mantenere ed attivare questo stato mentale, ottimale per la prestazione, tutte le volte che se ne ha bisogno. Entrano in gioco un insieme di energie che l atleta deve essere in grado di gestire per tutta la durata della prestazione, solo attraverso una precisa modulazione dell allenamento mentale è possibile garantire un quadro stabile e duraturo. Siamo quello che pensiamo. Tutto ciò che siamo nasce dai nostri pensieri. ( ) Noi creiamo il nostro mondo. (Buddha) In realtà il grosso limite, e insieme la prima opportunità che dimora in ognuno di noi è proprio costituita dai pensieri, i quali rappresentano ciò che possiamo conoscere, e con cui possiamo misurarci. Consentire all atleta di esprimere il proprio stile e le proprie abilità nel modo migliore, aprire la strada a nuovi traguardi, dove l uomo mette costantemente alla prova sé stesso, in una danza continua che rappresenta la vita, è la pura espressione della psicologia nell ambito dello sport! 12

15 Capitolo II Studi e applicazioni del mental training al tennis 2.1 Le caratteristiche del tennis Per le sue caratteristiche il tennis è senz altro uno tra gli sport più logoranti dal punto di vista psicologico. Infatti il tennis è: un attività open skill, in cui le situazioni sono altamente imprevedibili e variabili. Variano gli avversari, le superfici di gioco, il tipo di palle, la durata della partita (3 o 5 set) uno sport individuale, non ci sono sostituzioni e il giocatore è solo ad affrontare lo stress della gara uno sport dove nella maggior parte dei tornei non esiste la possibilità di avere l allenatore in panchina, in campo il giocatore è solo a decidere la tattica e la strategia da adottare uno sport dove non esiste mai una seconda oppotunità, dal campo si esce vincitori o vinti uno sport dove non esistono limiti di tempo e non c è la possibilità di chiedere un time-out uno sport dove ci sono molte interruzioni dovute alle regole del gioco (attualmente sono il 20% circa della durata totale del match) uno sport in cui soprattutto a livello professionistico si gioca tutto l anno, e in tutti i continenti con pochi e brevi periodi da dedicare al recupero e agli allenamenti uno sport in cui gli spettatori duarante gli scambi assistono in 13

16 silenzio, ampliando le sensazioni di solitudine dei giocatori 2.2 Le abilità mentali nello sport del tennis La ricerca ha dimostrato come gli allenatori siano sempre più consapevoli dell'importanza delle abilità mentali per raggiungere la prestazione ottimale. La figura1 indica quali sono, secondo gli allenatori le abilità mentali più importanti nel tennis e quali di queste sono più difficili da sviluppare (Gould e al., 2001 ; Moran 1995) 14

17 Le abilità mentali più importanti Quelle più difficili da sviluppare piacere fiducia in se stessi motivazione /passione essere positivi/dialogo interno gestione positiva degli errori attenzione/concentrazione controllo delle emozioni onestà/integrità controllo delle emozioni gestione positiva degli errori gestione dei momenti di crisi immaginazione/visualizzazione autostima gestione del tempo motivazione intensità negli allenamenti Figura 1 - Le abilità mentali più importanti nel tennis e quelle più difficili da sviluppare secondo gli allenatori. La figura2 indica quali sono secondo i giocatori professionisti le abilità mentali più importanti per il raggiungimento della migliore prestazione e quali siano mancate durante i match persi (Jones e Terry,1994; Young, 1998 ). 15

18 Abilità mentali ritenute importanti dai giocatori per la loro performance Determinazione/impegno concentrazione/fiducia in se stessi credere nelle proprie capacità abilità nel controllo dell'ansia amore e interesse verso il tennis Abilità mentali che sono mancate durante i match persi Perdita di concentrazione nervosismo ansia mancanza di motivazione mancanza di fiducia Figura 2 - Le abilità mentali più importanti nel tennis e quelle che determinano le sconfitte secondo giocatori professionisti. Vealey (1988) suddivide le abilità mentali in abilità di base, di prestazione e facilitatorie. Nella schema seguente sono riportate le abilità mentali secondo Vealey (1988). Abilità mentali Abilità di base Volizione Consapevolezza di sè Autostima Fiducia in sè Abilità di prestazione Arousal fisico ottimale Arousal mentale ottimale Attenzione Ottimale 16

19 Abilità facilitatorie Abilità interpersonali Gestione dello stile di vita Martens (1987) propone invece 5 abilità mentali di base: controllo dell'attenzione gestione dello stress controllo delle immagini modulazione dell'arousal formulazione degli obiettivi Bisogna inoltre aggiungere anche il controllo dei pensieri per integrare il modello di Martens. Ora cercheremo di approfondire alcuni concetti e ci soffermeremo su alcune delle abilità sopra menzionate che riteniamo più importanti nel tennis. La motivazione. Cos è quella volontà che spinge un atleta ad allenarsi duramente ogni giorno per mesi, o quei processi che ci hanno fatto scegliere il tennis anzichè un altro sport? Weinberg e Gould (1995) considerano la motivazione come quel complesso di processi mentali che determina la direzione e l intensità dello sforzo. 17

20 Le teorie attualmente più accreditate che cercano di dare una spiegazione di cosa sia la motivazione sono quattro: la teoria della riduzione della tensione la teoria dell auto affermazione la teoria cognitiva la teoria della meta La teoria della riduzione della tensione si riferisce a stati interni di tensione che spingono gli individui ad agire per ridurre quelle spiacevoli sensazioni che turbano il loro benessere. La motivazione sarebbe dunque la molla che spinge a soddisfare certi bisogni interiori. La teoria dell autoaffermazione, invece, pone l'accento sulla tendenza dell individuo a realizzare il proprio potenziale anche a costo di un aumento della tensione. La teoria cognitiva sostiene che l individuo sia animato da bisogni di coerenza, prevedibilità e conoscenza; questo spiega il perchè molti sportivi, pur non ottenendo grossi risultati, nè fama nè denaro, continuino a giocare, sentano cioè la necessità di mantenere un quadro coerente di sè. La teoria della meta infine, vede l individuo fortemente interessato a raggiungere gli obiettivi e i traguardi prefissati. 2.3 Il controllo delle emozioni Il controllo delle emozioni, durante una partita di tennis è di fondamentale importanza per raggiungere la massima prestazione. 18

21 Parlando di emozioni e stati d animo è utile introdurre i concetti di arousal, ansia e stress. Arousal L'arousal viene considerato come una funzione che permette l accesso alle risorse energetiche dell'organismo per prepararlo all'azione. Ogni atleta per rendere al massimo deve avere la capacità di autoregolarsi e di tenere sotto controllo il livello di attivazione necessario che come vedremo non dovrà essere nè troppo basso nè troppo alto, ma dovrà avere un valore medio. Esistono alcune teorie che mettono in relazione l'arousal con la prestazione. Drive theory. Questa teoria sostiene che ci sia una relazione direttamente proporzionale tra arousal e prestazione, cioè all aumentare della prima aumenta anche la seconda o al diminuire della prima diminuisce anche la seconda. Questa teoria però non convince perchè molto spesso atleti iperattivati non riescono a raggiungere la prestazione ottimale. La suddetta teoria, leggermente modificata, asserisce che nelle abilità già ben acquisite o in compiti motori molto semplici l aumento dell'arousal corrisponde a un'aumento della prestazione, al tempo stesso, nell'esecuzione di abilità complesse o durante le prime fasi di apprendiment, l aumento dell arousal si rivela dannoso per la prestazione. Inverted-U theory. Questa teoria afferma che l aumento dell arousal sia legato ad un progressivo miglioramento della prestazione fino a un punto ottimale oltre il quale l incremento si accompagna invece allo scadimento della prestazione. Il grado di attivazione ottimale varia da uno sport all altro, negli sport più complessi in genere l'attivazione 19

22 deve essere minore. Figura 3 - Relazione ad U-inversa fra arousal e prestazione. Per determinare la complessità del compito vanno considerati i fattori decisionali, percettivi e motori. Landers e Boutcher (1986). La figura 4 mostra la ad U-inversa tra arousal e prestazione in compiti diversi. 20

23 Figura 4 - Relazione ad U-inversa fra arousal e prestazione in compiti diversi. Bisogna sottolineare che con l aumento dell arousal si determina un restingimento del focus attentivo. Ad un livello basso corrisponde una percezione ampia e poco selettiva rispetto agli stimoli; con l aumentare dell arousal entro la gamma di attivazione ottimale, la selettività percettiva sugli indizi importanti aumenta, a vantaggio della prestazione; andando oltre una certa soglia di attivazione si ha un ulteriore restringimento percettivo con l esclusione sia di stimoli importanti che irrilevanti a scapito della prestazione. Lo stato di ottimale di arousal dipende inoltre dalle caratteristiche individuali e dalle abilità del soggetto. Ansia. Weinberg e Gould (1995) definiscono l ansia come uno stato 21

24 emozionale negativo accompagnato da nervosismo, preoccupazione, oppressione associati ad un aumento dell attivazione corporea. Spielberger (1966) distingue l ansia di stato e l ansia di tratto. L ansia di stato è concettualizzata come una condizione dell organismo transitoria e specifica in un particolare momento. L ansia di tratto invece è una caratteristica stabile e duratura della personalità, una predisposizione a reagire a molte situazioni con un alto livello di ansia di stato. Una seconda distinzione prende in considerazione le manifestazioni soggettive degli stati ansiosi. L ansia cognitiva è la componente mentale che origina da attese negative, paura delle conseguenze, scarsa fiducia.l ansia somatica è la componente collegata all attivazione dell organismo e si manifesta con risposte fisiologiche quali l incremento del battito cardiaco, dispnea, sudorazione, tensione muscolare. Si può parlare anche di ansia competitiva di stato che è l insieme di risposte fisiologiche e psichiche dell organismo in situazioni competitive come reazione a percezioni di pericolo o danno potenziali o reali. L ansia competitiva di tratto invece è la tendenza a percepire situazioni competitive come paurose o pericolose e a rispondervi con ansia di stato. Stress. È un processo derivante dalla percezione di un sostanziale squilibrio fra richieste ambientali e capacità di risposta dell'individuo, che sente questa sua inadeguatezza potenzialmente pericolosa, incrementando così i livelli di ansia di stato. Per misurare questi stati emozionali sono stati studiati diversi tipi test tra questi: lo STAI (State Trait Anxiety Inventory ; Spielberger 1970) 22

25 che è l'autovalutazione più usata, lo SCAT (Sport Competition Anxiety Test ; Martens 1977) che misura l ansia competitiva di tratto, e lo CSAI (Competitive State Anxiety Inventory Martens 1990) e lo SCAT 2 (Martens 1982) che misura l ansia competitiva di tratto. Pressione. Pressione è un termine molto usato tra giocatori e allenatori (soprattutto nel tennis) per definire lo stress. Questa pressione non causa automaticamente un decremento della prestazione, dipende molto dall interpretazione del giocatore sulla situazione di stress. 2.4 Il controllo dei pensieri. Controllare gli aspetti cognitivi del comprtamento è fondamentale anche per ottenere un alta prestazione nel tennis. Ora concentreremo maggiormente l attenzione su alcune abilità mentali: credere in sè (self-efficacy) e attribuzione di causalità. Credere in sè (self efficacy). Bandura (1977) ha introdotto il concetto di self-efficacy per definire la fiducia nelle capacità personali di eseguire un compito con esito positivo attraverso l espressione di abilità. Diversi studiosi hanno analizzato la relazione tra self-efficacy e prestazione e la possibilità di incrementare tali aspettative tramite quattro fonti principali: la realizzazione di prestazioni (le esperienze vissute come successo aumentano la self-efficacy, quelle negative la fanno abbassare), esperienze sostitutive (osservando dei modelli o delle dimostrazioni), persuasione verbale (spesso gli allenatori ricorrono a questi tipi di rinforzi per influenzare positivamente il comportamento dell'atleta, 23

26 possono essere utili come stimolo iniziale ma perdono di efficacia se vengono usati a sproposito), arousal emozionale (percezioni dell arousal possono influenzare dei comportamenti alterando le aspettative di efficacia). Molte ricerche hanno valutato la self-efficacy nei tennisti; il metodo più usato per misurarla è il PSE (Physical Self Efficacy Scale) di Ryckman (1982). 2.5 L attribuzione di causalità Weiner (1985) postula la teoria dell'attribuzione, affermando che gli individui valutano i propri risultati in termini di causalità e considera l influenza che tali valutazioni hanno sulle reazioni emotive e sui comportamenti futuri. Gli atleti ad esempio per spiegare una loro prestazione positiva o negativa, possono adottare diverse ragioni: la bravura dell'avversario, la fortuna o la sfortuna, l arbitro ecc. Esse sono incluse in tre dimensioni fondamentali: direzione. Le ragioni di successo o insuccesso sono individuati nelle proprie capacità (attribuzione interna) oppure sono attribiute ad altri fattori non collegati alla persona (attribuzione esterna); stabilità. La causa della prestazione è considerata più o meno stabile nel tempo; controllabilità. La persona sente di poter controllare o meno i fattori che determinano la sua prestazione. Le reazioni emotive agli eventi sono in genere precedute da una valutazione cognitiva di quanto è accaduto o del risultato; cioè l indivuduo cerca di darsi una spiegazione dei fatti attribuendoli a cause specifiche e di conseguenza si generano paricolari risposte 24

27 emotive. La direzione di causalità in genere comporta emozioni autodirette collegate all'autostima, il controllo invece genera sentimenti diretti verso gli altri negativi o positivi, la stabilità sembra generi stati emotivi legati al tempo (speranza, paura). Figura 5 - Attribuzione di causalità ( Biddle e Fox, 1988 modificato). 25

28 2.6 Controllo dell'attenzione. La concentrazione è un abilità che si compone di diversi elementi, può sinteticamente essere definita come la capacità di focalizzare l attenzione su un compito per un certo periodo di tempo senza essere influenzati da stimoli non pertinenti. Le operazioni cognitive in sintesi sono costituite da: - raccolta di informazioni esterne e interne attraverso gli organi di senso (analizzatori) importanti per il movimento (visivo, uditivo, cinestesico, vestibolare e tattile); - elaborazione delle informazioni (confronto delle informazioni in entrata con quelle già depositate in memoria; attivazione di processi decisionali, scelta e programmazione della risposta); - esecuzione e controllo della risposta. Le connessioni tra prestazione e attenzione sono state approfondite da due teorie, quella cognitivista si è occupata degli aspetti cognitivi dell'attenzione (selettività, capacità, automatismo) e quella psicosociale che ha studiato le caratteristiche individuali e dell ambiente che influiscono sull attenzione. Teoria cognitivista. In situazioni sportive quindi anche nel tennis l atleta è continuamente bombardato da una grande quantità di stimoli che però non possono essere recepiti ed elaborati tutti contemporaneamente dato che le capacità umane sono ridotte, quindi attraverso la selettività solo alcuni stimoli interni o esterni verranno considerato a scapito di altri che saranno ignorati. La selettività dell attenzione qundi è una caratteristica cognitiva molto importante ed è quella che contraddistingue il giocatore esperto da quello 26

29 dilettante. Parlando di elaborazione delle informazioni possiamo anche considerarle in termini di capienza o spazio di elaborazione, date le scarse capacità dei processi attentivi, la possibilità di svolgere più compiti contemporaneamente dipende da quanto spazio viene occupato da ogni singolo compito. Ad esempio un tennista esperto che esegue un attacco e una discesa a rete, eseguirà il colpo d approccio in maniera quasi automatica mentre la sua attenzione sarà rivolta alla tattica da eseguire, alla posizione dell avversario ecc. Nel tennista dilettante, invece, i processi elaborativi saranno quasi completamente impegnati nell esecuzione del colpo e poco spazio sarà dato per la componente tattica e strategica del colpo. Teoria psicosociale. L interesse di queste teoria è rivolto allo studio sull'influenza di fattori cognitivi sulla prestazione come la preoccupazione, l eccessiva analisi, le caratteristiche individuali e quelle relative all ambiente. Le azioni o programmi motori consolidati sono guidati da processi elaborativi automatizzati e un uso inappropriato di processi cognitivi coscenti produce effetti deleteri sulla prestazione; quest ultimi, infatti, non contengono informazioni inerenti le contrazioni muscolari e la coordinazione motoria. Allo stesso modo, pressione, paura, timore dell insuccesso, sono fattori che inducono l atleta a controllare la prestazione e inducono a pensieri negativi con il risultato di peggiorare la performance. Secondo Nideffer (1976) ogni persona possiede una particolare stile attentivo abbastanza stabile nel tempo, poco modificabile; tuttavia vi sono poi aspetti dell'attenzione che sono specifici alle situazioni sportive su cui si può lavorare. 27

30 Nideffer (1986, 1989, 1993) ha individuato due dimensioni dell attenzione: l ampiezza, che definisce l attenzione lungo un continuum ampioristretto con possibili variazioni tra i due estremi la direzione che può essere interna o esterna rispetto all individuo 28

31 Figura 6 - Dimensioni dell'attenzione (Nideffer 1976, 1978 modificato) Ogni sport richiede una particolare combinazione di ampiezza e direzione. In generale, in discipline open, con situazioni sempre diverse e rapidi cambiamenti, l atleta ha bisogno di uno stile attentivo esterno ampio o ristretto; in discipline closed, invece, assume più importanza la dimensione interna dell attenzione. Molti sport come il tennis invece richiedono che l atleta sappia modificare spesso e molto rapidamente il focus attentivo sia in ampiezza che in direzione. Nella figura 7 Prapavessis (1993) propone tre categorie di fattori distraenti l attenzione nei tennisti. 29

32 Figura 7 - Fattori distraenti nel tennis (Prapavessis,1993) L'attenzione è anche in stretto collegamento con il livello di arousal dell atleta: a un basso livello di attivazione corrisponde un attenzione molto ampia che lascia passare sia stimoli pertinenti che irrilevanti, a un livello di attivazione medio invece l'attenzione si restringe per captare solo le informazioni pertinenti, aumentando ulteriormente l arousal si restringe di molto il campo percettivo con il risultato di perdere anche stimoli rilevanti. 30

33 Figura 8 - Ricezione degli stimoli e relazione arousal-prestazione (Landers, 1980, modificato) Per misurare lo stile attentivo dell'atleta Nideffer propone il TAIS(Test of Attentional and Interpretation Style) ma non essendo specifico per nessuno sport non ha un grande valore predittivo. Van Schoyk e Grasha (1981) hanno elaborato una versione del TAIS specifica per i tennisti per misurare la loro capacità di concentrazione. Modalità alternative di indagine prevedono la verbalizzazione dei pensieri durante la prestazione, l analisi dei tempi di reazione in compiti complessi, la registrazione dei movimenti oculari ed il monitoraggio di parametri fisiologici. 2.7 Le abilità immaginative. Gli atleti utilizzano spesso e senza che nessuno abbia insegnato loro particolari tecniche, attività immaginative per anticipare, rivedere o 31

34 correggere la loro prestazione. In uno studio condotto da Hall, Rodgers e Barr (1990) su molti atleti di diverse discipline si notava come la maggior parte di essi impiegava immagini specifiche per prepararsi mentalmente, e più alto era il livello tecnico dell atleta, più spesso venivano impiegate. L immaginazione è considerata come la riproduzione parziale o globale, con un certo grado di realismo, di una precedente esperienza percettiva in assenza della stimolazione sensoriale originale. Le immagini possono essere di tre tipi (Hove 1991): riproduttive, quando evocano un azione già eseguita creative, quando rappresentano un comportamento non ancora attuato emotive, quando generano sensazioni collegabili con il movimento Frester (1984) definisce le funzioni della pratica immaginativa: programmatoria, per la scelta di un programma motorio da svolgere attraverso l immagine ideale dell azione; allenante, per il perfezionamento e la stabilizzazione del gesto; regolatoria, nel controllo e nella correzione del movimento Ipotesi teoriche. Molte ricerche e studi sono stati fatti da diversi autori, ma i risultati non sempre hanno dato risposte conclusive o soddisfacenti. Teoria psiconeuromuscolare. Secondo questa teoria le attività motorie immaginate vividamente producono impercettibili stimolazioni nervose, registrabili con elettromiografo, ai muscoli coinvolti nell attività ed altri tipi di risposte a livello cardiocircolatorio e respiratorio, simili a quelli dell'esecuzione reale. Questi minuscoli 32

35 impulsi consoliderebbero la traccia di memoria del movimento determinando un transfer positivo alle situazioni pratiche. In altre parole le visualizzazioni attiverebbero allora, preparandole, le vie nervose successivamente coinvolte nella trasmissione dell'impuso motorio. Teoria dell'apprendimento simbolico. Secondo questa teoria la funzione principale della pratica mentale è di rafforzare gli aspetti cognitivi del movimento. L immaginazione agisce come un sistema di codifica per comprendere e acquisire schemi di movimento; aiuta l atleta ad esaminare e capire meglio la prestazione e a modificarla quando necessario. 33

36 Capitolo III Tecniche di mental training 3.1 Rilassamento All interno di un protocollo di mental training è difficile non includere un fase detta di rilassamento, in cui, attraverso specifiche esercitazioni l atleta raggiunge uno stato di equilibrio psico-fisico che gli consente di addentrarsi in altre tecniche, o semplicemente di beneficiare degli effetti di questo status psichico. L'obiettivo del rilassamento è controllare il livello di attivazione al fine di gestire stati d'ansia e di tensione psicofisica. Il rilassamento è, probabilmente, tra le tecniche di preparazione mentale, quella più conosciuta ed accettata. Nonostante ciò, tale pratica ancora troppo spesso viene lasciata alla libera iniziativa del singolo atleta (che ne sente il bisogno) e stenta a far parte sistematica dell'allenamento psicofisico dell'individuo. I benefici che ne possono derivare sono notevoli: dal miglioramento della qualità di tutto il periodo di allenamento alla gestione ed ottimizzazione delle ore pre-gara fino alla creazione di una base solida su cui instaurare un serio progetto di preparazione mentale. Ecco riassunta una tabella che ne enuncia alcune caratteristiche peculiari: 1. rallentamento della frequenza respiratoria e regolarizzazione dei cicli respiratori 34

37 2. riduzione del consumo di ossigeno 3. rallentamento della frequenza cardiaca 4. aumento della resistenza cutanea 5. diminuzione del tono della muscolatura scheletrica 6. vasodilatazione periferica 7. aumento della sincronizzazione dell'eeg cioè, aumento della percentuale di onde alfa La caratteristica fisiologica della reazione di rilassamento consiste fondamentalmente in un abbassamento generale dell'intensità di eccitazione della componente simpatica del sistema nervoso autonomo ed in un aumento dell'attività della componente parasimpatica che si manifesta attraverso: variazione delle funzioni autonome (diminuzione pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, riduzione del diametro pupillare, diminuzione della sudorazione e aumento dell'attività motoria e secretoria del sistema gastrointestinale) variazioni nervose centrali (aumentate sincronizzazioni dell'eeg e ipotonia della muscolatura scheletrica) variazione del comportamento, del vissuto e della coscienza (inattività, obnubilamento e stato ipnagogico). Le complesse reazioni fisiologiche che si manifestano durante il rilassamento non devono essere confuse con quelle caratteristiche del 35

38 sonno. L'insieme delle risposte che costituiscono lo stato rilassamento sono opposte rispetto alle reazioni di emergenza tipiche dei riflessi di lotta e di fuga. Il rilassamento si identifica quindi attraverso una riduzione della prontezza di eccitazione del tono simpatico. A livello psicologico il rilassamento si manifesta mediante: 1. sensazione soggettiva di tranquillità e distensione 2. diminuzione della vigilanza 3. marcata indifferenza di fronte a stimoli interni ed esterni A livello neurofisiologico, durante lo stato di rilassamento è possibile registrare una riduzione dell'attività della formazione reticolare e un equilibrio tra il sistema reticolare (intensità) e quello limbico (qualitativo-emozionale). E importante sottolineare che lo stato di rilassamento non consiste nel ridurre al massimo le funzioni fisiologiche, bensì nel mantenere una condizione di equilibrio della loro interazione. Vi sono molti metodi per ottenere una buon rilassamento: dal training autogeno, al rilassamento di Jacobson, yoga, zen, ecc. Per effettuare un buon rilassamento dobbiamo tener presente tre fasi da sviluppare e successivamente abbinare tra loro. I modi con si può ottenere un buon rilassamento sono diversi, basti pensare al Training Autogeno di Schultz (in cui il termine Autogeno vuole mettere in risalto come le modificazioni psichiche e somatiche vengono provocate autonomamente dal praticante, adattando il metodo alle proprie esigenze), al Rilassamento Progressivo di Jacobson (che prevede un 36

39 rilassamento generale dell'intero corpo ed un rilassamento differenziale col quale si insegna, nei gesti della vita quotidiana, ad utilizzare solo i muscoli impegnati in posture o movimenti, lasciando rilasciati gli altri) o alle tecniche di origine orientale (quali lo joga e lo zen). La cosa importante è che, a prescindere dalla tecnica utilizzata, il soggetto deve raggiungere bene l'obiettivo: il controllo del livello di attivazione psicofisica. Le tecniche di rilassamento fisico e mentale consentono all'atleta non solo di gestire l'ansia in vista della gara o durante questa, ma anche di essere maggiormente presente e concentrato sulla competizione, potendo accedere a tutte le sue risorse spesso bloccate da un eccesso di tensione. Una procedura di rilassamento può prevedere tre fasi differenti da svilupparsi progressivamente: 1. Esercizi di contrazione-decontrazione di alcuni gruppi muscolari, mantenendoli in tensione isometrica per alcuni secondi e successivamente rilasciarli; 2. Concentrarsi sulla frequenza respiratoria, cercando di diminuirla, con inspirazioni brevi ed espirazioni lente, con movimento diaframmatico e respirazione addominale. Difatti. una respirazione lenta segnala al cervello un momento di tranquillità, con conseguente diminuzione delle funzioni vitali; al contrario, se avessimo una respirazione veloce e frequente, il cervello interpreterebbe lo stimolo come una situazione di pericolo, non ideale quindi per rilassarsi; 37

40 3. Abbinare gli esercizi di contrazione-decontrazione muscolare alla respirazione: partendo dalla parte bassa del corpo, inspirando si contrae la muscolatura ed espirando la si rilassa. Infine, è doveroso porre l'attenzione a quei soggetti affetti da disturbo d'ansia generalizzata, disturbo da attacchi di panico, depressione mascherata, claustrofobia, fobia specifica poiché il settino del rilassamento potrebbe causare un certo disagio; in tale occasione (non così rara anche in ambito sportivo) uno psicologo sportivo, con competenze anche cliniche, troverà insieme all'atleta un modo personalizzato per raggiungere, comunque, il controllo dello suo stato di attivazione che rimane possibile e che, anzi, in queste persone, assume una doppia valenza: terapeutica e di preparazione mentale. 3.2 Self talk Self-Talk tradotto alla lettera vuol dire: ascoltare se stessi. Durante un match, l'atleta parla a se stesso e, molto spesso, la natura di questi dialoghi influenza l esito della sua prestazione. Risulta dunque necessario, innanzitutto imparare a riconoscere questi flussi di pensieri negativi che impediscono la totale concentrazione sulla competizione, per poi gestirli con opportune tecniche che permettono di bloccarli e trasformarli. Un ulteriore definizione di Self Talk inteso come sub-vocalizzazione, consiste nell individuazione e nell utilizzo mirato di parole stimolo volte a favorire nel giocatore l ottimizzazione dell esecuzione del gesto tecnico della self efficacy (autoefficacia), e del livello ottimale 38

41 di performance di allenamento e gara. La struttura ed il contenuto di alcuni specifici pensieri influenzano la prestazione in modo più marcato rispetto ad altri. Il self talk, secondo questa definizione, spinge l atleta durante la gara ad evocare consapevolmente stati psicologici positivi e produttivi che comportano una percezione di autocontrollo e una sensazione di autoefficacia. Generalmente viene considerato che parole, frasi o immagini di natura positiva possono svolgere una funzione positiva sulla percezione di efficacia che l'atleta ha di se stesso in una determinata situazione sportiva. In effetti, è ragionevole credere che la struttura e i contenuti di specifici pensieri influenzino la prestazioni più di altri: 1. affermazioni rilevanti per il compito (aspetti tecnico-tattici); 2. parole chiave riguardanti l'umore (singole parole a forte contenuto emotivo-affettivo); 3. affermazioni positive (parole significativamente positive). Nell applicare questa tecnica, i "promemoria psicologici" consistono quindi in simboli o parole chiave il cui scopo funzionale è quello di richiamare sensazioni associate a ciò che si intende pensare, sentire o fare. Il self talk viene quindi suggerito attraverso apposite parolestimolo che aiutano l'atleta a focalizzare l'attenzione su aspetti chiave della prestazione, nel caso specifico, durante l andamento di un match, e ad evocare volontariamente stati chiave psicologici positivi e produttivi, comportando una percezione di autocontrollo e di autoinduzione emotiva. La procedura consiste nel definire ed evidenziare un simbolo (una parola specifica o una frase), annotarla, cercare di visualizzarla, e tenerla impressa nella mente. Ogni qual volta che si indirizza la propria attenzione al simbolo o si pensa alla 39

42 parola presa in considerazione, verranno sperimentati i pensieri e le azioni associate allo stato che si vuole raggiungere. La reiterazione e l intensità delle sensazioni che si associano allo specifico simbolo o parola, renderanno quest'ultimo un efficiente promemoria. In tal modo, si intuisce come il self talk, da una parte, possa costituire una forma di controllo attentivo, e indirizzi l'attenzione verso segnali più inerenti e rilevanti rispetto al compito, dall'altra, sia inscildibile dalla corretta applicazione del pensiero positivo assieme al quale trova la massima espressione. 3.3 Goal setting Goal setting vuol dire formulazione degli obiettivi. Durante il susseguirsi delle stagioni di competizione e di preparazione, la mole degli impegni diviene consistente, ed in alcuni casi l atleta finisce per smarrire le giuste coordinate stabilite a priori per il raggiungimento degli obbiettivi finali. Frequentemente gli atleti non sono in grado di definire accuratamente un'adeguata scala degli obiettivi da perseguire durante il corso della stagione agonistica. Questa difficoltà nel pianificare gli specifici standard di abilità da raggiungere in un compito, ed in sostanza nel valutare il giusto livello di performance da ottenere, può compromettere l'esito di una stagione, con la possibilità di ripercuotersi sul resto della carriera. La suddetta programmazione degli obiettivi deve essere suddivisa in sub-obiettivi a breve, medio e lungo termine, motivando l atleta ad un miglioramento graduale della prestazione. 40

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