IMPIEGO DELLA FUNDUS CAMERA RETCAM 120 IN ETÀ NON PEDIATRICA

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1 IMPIEGO DELLA FUNDUS CAMERA RETCAM 120 IN ETÀ NON PEDIATRICA USING OF THE FUNDUS CAMERA RETCAM 120 IN ADULT PATIENTS Salati C, Miani F, Brusini P Struttura Operativa Complessa di Oculistica Azienda Ospedaliera S. Maria della Misericordia, Udine Dr. Carlo Salati RIASSUNTO Recentemente è stato messo in commercio un nuovo sistema di acquisizione di immagini retiniche mediante una telecamera digitale con visione ad ampio campo disegnata specificatamente per la visualizzazione della retina dei prematuri. Tale telecamera trova il suo maggiore impiego nelle Unità Intensive Neonatali grazie alla possibilità di visualizzare istantaneamente la retina del prematuro raccogliendo una completa documentazione dell evoluzione della malattia soprattutto per risvolti medico-legali. Scopo di questo studio è di valutare quali sono i possibili campi di impiego di tale telecamera in una popolazione di pazienti adulti. Vengono descritte le caratteristiche della fundus camera e presentate alcune immagini retiniche acquisite nei pazienti adulti. Si discutono infine i vantaggi e limiti di tale strumentazione. PAROLE CHIAVE: Retcam, retina, adulti SUMMARY A new digital wide field-camera (Retcam 120) used in the visualization of retinopathy in premature infants has recently been introduced on the market. The digital camera provides an examination and documentation of nearly all of the retina, providing great assistance especially in neonatal emergencies. Data collection and storage is possible, and thus can be used in medico-legal affairs. The aim of our study was to analyze the possible use of the digital camera (Retcam 120) in adult patients. The retinal images of the adult patients examined in our study are presented, along with a discussion regarding the advantages and disadvantages of its use in adult patients. 63 KEYWORDS: Retcam, retina, adults INTRODUZIONE Recentemente è stato presentato un nuovo sistema di acquisizione e registrazione di immagini retiniche che sfrutta una telecamera digitale con visione ad ampio campo (120 ) disegnata specificatamente per l esame dei prematuri. Tale telecamera a colori visualizza immagini in tempo reale sullo schermo del computer e trova il suo maggiore impiego nelle Unità Intensive Neonatali, grazie alla possibilità di visualizzare istantaneamente la retina del prematuro raccogliendo una completa documentazione dei casi. Le immagini possono essere salvate su un disco video-digitale (DVD) e possono essere elettronicamente trasmesse. Lo strumento, inoltre, può essere utilizzato anche per acquisire immagini fluorangiografiche della retina. SCOPO DEL LAVORO Valutare quali sono i possibili campi di impiego della telecamera RET CAM 120 A in una popolazione di pazienti adulti. MATERIALI E METODI Sono stati esaminati 45 pazienti di età compresa dai 41 anni ai 76 anni affetti da varie patologie retiniche (distacchi di retina, nevi coroideali, occlusioni venose retiniche, degenerazioni retiniche periferiche, retinopatie diabetiche, ecc). Tutti i pazienti sono stati dilatati con collirio tropicamide-fenilefrina. Lo strumento utilizzato è stato la fundus camera a colori RETCAM 120 (distribuito dalla Veditalia) a fibre ottiche, digitale, affiancata ad una sonda (80 di campo) specificatamente disegnata per la visualizzazione della retina degli adulti. La telecamera visualizza in tempo reale sullo schermo del computer ed assiste l operatore nella localizzazione dell immagine desiderata.

2 Figura 1: Retcam 120 Figura 2: Retcam Figura 3: retinopatia diabetica proliferante Figura 4: retinopatia diabetica proliferante Figura 5: retinopatia diabetica con neovasi della papilla ottica Figura 6: alone periferico da lente in pseudofachia Figura 7: esiti distacco di retina, cerchiaggio sclerale Figura 8: esiti distacco di retina; scarsa visualizzazione del fundus a causa di opacità dei mezzi diottrici

3 L immagine è salvata su un disco video digitale (DVD) e può essere elettronicamente trasmessa dall unità. L esame è stato condotto con la sonda a diretto contatto della cornea previa istillazione di ossibuprocaina. L utilizzo di blefarostati è stato indispensabile per ottenere una buona apertura palpebrale. L esame è stato condotto con il paziente sdraiato, l operatore dietro alla testa del paziente con il monitor alla sua destra. RISULTATI L esperienza acquisita negli esami dei pazienti adulti ci ha permesso di formulare le seguenti impressioni cliniche: - Il training nell acquisizione delle immagini retiniche non è stato certamente rapido a causa della difficoltà di trovare la giusta posizione di appoggio della sonda a diretto contatto della superficie corneale, al fine di ottenere immagini retiniche nitide. L inclinazione della sonda per ottenere la visualizzazione della periferia retinica impone comunque la necessità di garantire la perfetta perpendicolarità dello strumento sulla superficie corneale. - L esplorabilità della periferia retinica, specialmente, nei pazienti con mezzi diottrici non perfettamente trasparenti e, soprattutto, negli pseudofachici, risulta essere non ottimale a causa dei fenomeni di diffrazione che si vengono a creare con la luce incidente direttamente a contatto sull occhio. - I fenomeni di abbagliamento sono abbastanza ridotti e comunque non particolarmente fastidiosi. - Una buona midriasi, assieme ad una discreta collaborazione, è risultata essere una condizione indispensabile al fine di ottenere un acquisizione ottimale delle immagini retiniche. - La digitalizzazione delle immagini retiniche con possibilità di elaborazione permette spesso di migliorare la qualità delle immagini. - La ottima profondità di campo della sonda (4 mm) permette di studiare immagini retiniche rilevate, offrendo immagini quasi tridimensionali. - La necessità di sdraiare i pazienti e di applicare la sonda a diretto contatto della cornea non è sempre ben accetta dai pazienti. CONCLUSIONI La telecamera ad ampio campo (120 rispetto ai dei normali retinografi) permette di visualizzare in tempo reale estese aree di retina con una elevatissima risoluzione. Durante l acquisizione delle immagini abbiamo potuto verificare che i fenomeni di abbagliamento da parte del paziente sono ridotti al minimo, il che facilita l esecuzione dell esame. L impiego di una sonda a diretto contatto della superficie corneale, assieme alla necessità di eseguire l esame con il paziente supino ed in pazienti preferibilmente fachici con mezzi diottrici trasparenti, costituisce indubbiamente un limite nell utilizzo routinario della telecamera, che rimane uno strumento ideale per la documentazione di pazienti in età neonatale. La Retcam può trovare un interessante impiego, sia per l esame oftalmoscopico della retina sia, soprattutto, per eventuale fluorangiografia, in pazienti allettati. La notevole profondità di campo facilita lo studio delle lesioni su differenti piani e può consentire di seguire in modo particolarmente preciso neoformazioni retiniche e coroideali, anche periferiche. 65 BIBLIOGRAFIA 1) Lorenz B, Bock M, Muller HM, Massie NA. Telemedicine based screening of infants at risk for retinopathy of prematurity. Stud Health Technol Inform. 1999;64: Autore di riferimento: Dr. Carlo Salati Ospedale Civile S.M.M Struttura Operativa Complessa di Oculistica c.salati@libero.i

4 Dr. SZ Scalinci RUOLO DELLA CISTEINA NELLA RIEPITELIZZA- ZIONE CORNEALE DOPO CHERATECTOMIA FOTOREFRATTIVA ROLE OF CYSTEINE IN CORNEAL REEPITHELIALIZATION AFTER PHOTOREFRACTIVE KERATECTOMY Riccettì A, Scalinci SZ, Scorolli L, Meduri R Università degli Studi di Bologna - Cattedra di Ottica Fisiopatologica (Dir.: Prof. R. Meduri) RIASSUNTO Nel presente studio abbiamo valutato l effetto di una supplementazione orale di cisteina nel processo di riepitelizzazione corneale dopo intervento di cheratectomia fotorefrattiva. A tale scopo sono stati seguiti 32 pazienti (32 occhi) ripartiti in 2 gruppi (Gruppo 1 e Gruppo 2) omogenei per età ed entità del vizio rifrattivo e ciascuno composto da 16 pazienti. Si è quindi somministrato ai pazienti del Gruppo 1 L-cisteina per os con dose giornaliera di 200 mg per 15 giorni a partire dai 7 giorni precedenti l intervento, utilizzando i pazienti dell altro gruppo come controllo. Dopo l intervento i pazienti sono stati monitorati giornalmente a partire dalle 24 ore successive, tramite biomicroscopia, per la misurazione del diametro del difetto epiteliale creato dal laser e successivamente sottoposti a controlli effettuati alla 1, 2, 3, 4 settimana dall intervento per la misurazione tramite microscopia confocale dello spessore dell epitelio corneale neoformato. Nel corso di tali controlli i pazienti del Gruppo 1 hanno mostrato un tempo di riepitelizzazione corneale inferiore rispetto ai pazienti del Gruppo 2 (102±15 ore contro 159±9 ore) e, alla 4 settimana, lo spessore dell epitelio corneale nei primi è risultato significativamente superiore rispetto ai secondi (50±5 µm contro 43±3 µm) ed equiparabile al valore medio misurato durante la visita preoperatoria. PAROLE CHIAVE: PRK, cisteina, riepitelizzazione. 66 SUMMARY In this study we have valued the effect of cysteine oral supplements in the process of corneal reepithelialization after PRK. At such purpose 32 patients (32 eyes), divided into two groups (Group 1 and Group 2) with the same age and comparable refractive defects, each made up of 16 patients, have been monitored. It was administered to patients in Group 1 L-cysteine per os, with a daily dose of 200 mg for 15 days starting from a week before surgery, using the other group (Group 2) as a control. After surgery, patients have been daily monitored starting from 24 hours following surgery, through biomicroscopy, to measure the epithelial diameter defect; patients were then monitored on 1th, 2th, 3th, 4th weeks after surgery through confocal microscopy, to value epithelial corneal thickness. During these controls, patients in Group 1 showed a time of reepithelialization inferior to patients in Group 2 (102±15 hours versus 159±9 hours); 4 weeks after surgery, corneal epithelial thickness, valued through confocal microscopy in patients in Group 1, resulted significatively superior to patients in Group 2 and comparable to the mean value measured during the baseline check. KEYWORDS: PRK, cysteine, reepithelialization. INTRODUZIONE La PRK (Photorefractive Keratectomy) rappresenta, fra le diverse tecniche di chirurgia refrattiva, quella attualmente più utilizzata per il trattamento dei vizi di rifrazione di entità da lieve a moderata. Analogamente alla LASIK (Laser Assisted In Situ Keratomileusis), dalla quale però si differenzia per la metodica di esecuzione, la PRK si avvale di laser ad eccimeri per modificare il raggio di curvatura della cornea e, di conseguenza, il suo potere diottrico. Il laser ad eccimeri, per la peculiarità delle radiazioni ultraviolette utilizzate, caratterizzate da un elevata intensità e da un basso potere di penetrazione nei confronti delle cellule biologiche, è un laser freddo, non producendo il suo effetto attraverso il calore, e quindi bruciando i tessuti, ma vaporizzandoli tramite la dissociazione dei legami molecolari. Il forte assorbimento di tali radiazioni in un ridotto spessore di tessuto corneale (epitelio, membrana di Bowman e stroma superficiale) ne determina la fotoablazione, producendo pertanto un rimodellamento della superficie corneale anteriore ed

5 una conseguente modificazione del potere diottrico oculare. Le principali complicanze della PRK comprendono ipo ed ipercorrezioni, decentramento del trattamento (quest ultimo, con le più recenti evoluzioni della metodica, assai meno frequente rispetto al passato) e le possibili conseguenze, dirette o indirette, della disepitelizzazione della superficie corneale prodotta dall azione del laser. Queste ultime sono rappresentate da processi infiammatori e/o infettivi, reazione algica corneale, comparsa di opacizzazioni corneali (Haze). L insorgenza di tali complicanze riconosce, infatti, nella soluzione di continuo provocata a livello corneale dalle radiazioni ultraviolette il principale fattore causale: la disepitelizzazione della superficie corneale e la distruzione della membrana di Bowman espongono il sottostante stroma superficiale all azione lesiva di agenti patogeni di varia natura (fisici, biologici, chimici) contribuendo, unitamente alla presenza in tale sede di residui ablativi proteici e lipidici, formatisi per effetto del laser e possibili substrati per l azione litica di enzimi ad attività proinfiammatoria, all insorgenza di uno stato flogistico post-operatorio e alla conseguente accentuazione di una sintomatologia algica corneale in genere sempre presente nelle ore successive all intervento. Quest ultima complicanza (reazione algica corneale) consegue all esposizione delle terminazioni nervose dei plessi subepiteliale e stromale traumatizzate dall azione del laser e può trovare un parziale sollievo nell applicazione di una lente a contatto terapeutica. Distruzione della membrana di Bowman (inevitabile conseguenza della fotoablazione laser) e disorganizzazione nel processo di cicatrizzazione corneale, evento quest ultimo estremamente complesso nella sua regolazione e strettamente correlato a eventi lesivi intercorrenti nell immediato decorso post-operatorio, possono essere alla base di un ulteriore complicanza della PRK consistente nella comparsa di opacizzazioni corneali centrali puntiformi, nella maggior parte dei casi asintomatiche e in genere transitorie (Haze), più frequenti con i primi laser che si basavano sull impiego di gas non stabili. La disepitelizzazione corneale laser indotta espone pertanto la cornea ad una serie di possibili complicanze, insorgenti nell immediato post-operatorio o a distanza di tempo dall intervento, in grado di influire sulla sintomatologia soggettiva del paziente, sull esito del trattamento fotoablativo e sul tempo di guarigione del difetto epiteliale. Una precoce riepitelizzazione corneale, con conseguente isolamento dall ambiente esterno del sottostante stroma può pertanto svolgere un ruolo fondamentale nel favorire e promuovere i processi riparativi della cornea, prevenendo l insorgenza di complicanze infiammatorie e/o infettive, limitando la sintomatologia algica successiva alla fotoablazione e favorendo, attraverso il mantenimento di una normale citoarchitettura corneale, la conservazione della trasparenza e della corretta geometria della cornea. Lo scopo del presente studio è stato valutare l efficacia di un apporto supplementare di cisteina nel promuovere e facilitare il processo di riepitelizzazione corneale dopo intervento di cheratectomia fotorefrattiva. PAZIENTI E METODI Il presente studio è stato condotto su un totale di 32 occhi di altrettanti pazienti con vizi di refrazione di entità da lieve a moderata in programma di essere sottoposti a intervento di cheratectomia fotorefrattiva (PRK). L età dei pazienti, di cui 19 maschi e 13 femmine, era compresa tra 22 e 41 anni, con una media di 33±7. I soggetti in esame erano affetti dai seguenti vizi di rifrazione: miopia (media -4.75±2.4 diottrie) in 26 pazienti, ipermetropia (media +3.2±0.5 diottrie) in 6 pazienti. Le seguenti condizioni sistemiche sono state considerate motivo di esclusione: patologie cardiovascolari scompensate, gravidanza, trattamenti immunosoppressivi, disordini neurologici e condizioni associate ad alterazioni del processo di cicatrizzazione, quali malattie autoimmuni e collagenopatie e diabete mellito, quest ultimo anche in relazione alle proprietà glucogenetiche della cisteina. Si sono inoltre considerati criteri di esclusione dallo studio le condizioni oculari di seguito riportate: glaucoma, cataratta, neuropatie ottiche, patologie vitreo-retiniche, cheratocono, flogosi uveali, pregressa cheratite erpetica, difetto rifrattivo non stabile da almeno 2 anni, gravi alterazioni del film lacrimale. Durante la visita preoperatoria i pazienti sono stati sottoposti agli esami qui di seguito indicati: - esame biomicroscopico del segmento anteriore e posteriore (lente VOLK 60D) dell occhio; - studio del campo visivo (perimetro computerizzato Humphrey); - valutazione dell acuità visiva naturale e corretta; - misurazione della PIO tramite tonometria ad applanazione (tonometro di Goldman); - autorefrattometria (autorefrattometro Nidek 1600); 67

6 68 - topografia corneale (Keratron Optikon); - pachimetria corneale (Tomey TMS-2); - conta delle cellule endoteliali (Topcon SP2000P); - valutazione della secrezione lacrimale tramite test di Schirmer, per escludere pazienti con xeroftalmia; - misurazione dello spessore dell epitelio corneale tramite microscopia confocale (Confoscan Nidek). I soggetti in esame sono stati istruiti a non utilizzare lenti a contatto nelle 2 settimane precedenti l intervento. I 32 pazienti inclusi nel nostro studio sono stati quindi ripartiti in 2 gruppi (Gruppo 1 e Gruppo 2), omogenei per età ed entità del vizio rifrattivo dei soggetti. Entrambi i gruppi erano composti da 16 pazienti (16 occhi) con i seguenti vizi di rifrazione: 13 pazienti con miopia e 3 con ipermetropia. Si è poi proceduto alla somministrazione ai pazienti del Gruppo 1 di L-cisteina per os, con dose giornaliera di 200 mg, in forma di capsule da 100 mg da assumere due volte al dì, per una durata complessiva di 14 giorni a partire dalla settimana precedente l intervento; i pazienti del Gruppo 2, cui non è stata somministrata la supplementazione orale di tale aminoacido, sono stati utilizzati come controllo. La procedura fotoablativa è stata condotta come di seguito riportato: previa instillazione di collirio anestetico ed applicazione di un divaricatore palpebrale si è proceduto alla rimozione meccanica dello strato più superficiale di epitelio corneale. E stata quindi condotta la fotoablazione di un area centrale di diametro di 6 mm e di profondità proporzionale all entità del vizio di refrazione negli occhi con miopia e di un area periferica, con zona ottica fissa di 5 mm, negli occhi con ipermetropia; al termine dell intervento è stata posizionata negli occhi trattati una lente a contatto terapeutica per ridurre la sintomatologia algica (Sky soft mensile). Si sono quindi prescritti ai pazienti trattati un collirio con associazione di antibiotico (tobramicina 3 mg) e corticosteroide (desametasone 1mg), con posologia di 4 volte al dì e un FANS topico (diclofenac) da utilizzare al bisogno, in presenza di elevata reazione algica corneale, con analoga posologia (4 volte al dì). L evoluzione del processo di riepitelizzazione corneale nei 2 gruppi di pazienti sottoposti a PRK è stata seguita attraverso la valutazione di due parametri: il diametro orizzontale del difetto epiteliale prodotto dall azione del laser e lo spessore dell epitelio neoformato. I pazienti appartenenti ai 2 gruppi sono stati monitorati giornalmente, a partire dalle 24 ore successive l intervento, per la durata di una settimana e comunque fino a riepitelizzazione corneale avvenuta, per la misurazione, effettuata mediante biomicroscopia con lampada a fessura, previa instillazione di fluoresceina, del diametro orizzontale dell area disepitelizzata. I soggetti sono stati successivamente sottoposti a controlli, compiuti a 1, 2, 3, 4 settimane dall intervento, per la valutazione dello spessore dell epitelio corneale neoformato, misurazione realizzata tramite microscopia confocale. In particolare ci si è avvalsi della possibilità, offerta da tale metodica diagnostica, di caratterizzare, durante ogni scansione antero-posteriore della cornea, ciascuna immagine in base alla sua posizione sull asse z (profondità) e in base alla sua reflettività intrinseca. Ciò consente di ottenere, per ogni singolo strato analizzato, un grafico (grafico Z-scan), in cui vengono riportate le coordinate di profondità e spessore corneale (sull asse x), unitamente al livello di reflettività intrinseco (sull asse y) e da questo, pertanto, derivare il valore dello spessore corneale parziale oggetto di studio. Al termine dei controlli, si sono quindi comparati i valori del diametro del difetto epiteliale e dello spessore dell epitelio neoformato osservati negli occhi dei pazienti trattati con cisteina ai valori osservati negli occhi dei pazienti del gruppo di controllo. RISULTATI In tutti i controlli effettuati durante il periodo di monitoraggio, sia per le misurazioni del diametro del difetto epiteliale, sia per le misurazioni dello spessore dell epitelio neoformato, gli occhi dei pazienti cui è stata somministrata la supplementazione orale di cisteina (Gruppo 1) hanno mostrato un tempo di riepitelizzazione corneale inferiore rispetto agli occhi dei pazienti del gruppo di controllo (Gruppo 2). I valori riportati nella tabella sottostante (Tabella N. 1), fanno riferimento alle misurazioni del diametro (in mm) del difetto epiteliale condotte giornalmente per la durata di una settimana a partire dalle 24 ore successive all intervento ed effettuate tramite biomicroscopia, previa instillazione di fluoresceina.

7 DIAMETRO MEDIO DIFETTO EPITELIALE GRUPPO 1 GRUPPO 2 GIORNO ± ±0.28 GIORNO ± ±0.31 GIORNO ± ±0.25 GIORNO ± ±0.28 GIORNO ±0.27 GIORNO ±0.17 GIORNO Tabella 1: Diametro medio del difetto dell epitelio corneale nei pazienti dei 2 gruppi. Al 4 giorno 7 pazienti del Gruppo 1 (pari al 44%) hanno presentato una completa riepitelizzazione corneale. Al 5 giorno tutti gli occhi sottoposti a PRK dei 16 pazienti del Gruppo 1 (100%) sono risultati completamente riepitelizzati. Al 7 giorno tutti i 16 pazienti del Gruppo 2 (100%) hanno mostrato una riepitelizzazione corneale completa. La presenza di una Deviazione Standard (DS) più ampia nel gruppo di soggetti trattati con cisteina (Gruppo 1) rispetto ai pazienti del gruppo di controllo (Gruppo 2) evidenzia come vi siano stati nel Gruppo 1, accanto a pazienti con un ottima risposta alla supplementazione orale di cisteina, altri con una risposta di minor rilevanza. Nel complesso, la media del tempo di riepitelizzazione corneale osservata negli occhi dei pazienti del Gruppo 1 è risultata pari a 102±15 ore, contro una media di 159±9 ore riscontrata nei pazienti del Gruppo 2 di controllo. I valori dello spessore dell epitelio corneale di seguito riportati si riferiscono alle misurazioni effettuate, tramite microscopia confocale, durante la visita preoperatoria e alla 1, 2, 3, 4 settimana successive all intervento di cheratectomia fotoablativa. Il valore medio dello spessore dell epitelio corneale riscontrato alla visita preliminare nei pazienti oggetto di studio è risultato pari a 51±5 µm (51±4 µm nel Gruppo 1 e 52±4 µm nel il Gruppo 2). Alla 1 settimana il valore dello spessore dell epitelio neoformato è risultato: 29±4 µm nei pazienti del Gruppo 1 e 22±3 µm nei pazienti di controllo. Alla 2 settimana: 37±5 µm nel Gruppo 1 e 29±2 µm nel Gruppo 2. Alla 3 settimana: 45±4 _m nel Gruppo 1 e 35±4 _m nel Gruppo 2. Alla 4 settimana: 50±5 _m nel Gruppo 1 e 43±3 µm nel Gruppo 2. Durante tutti i controlli effettuati tramite microscopia confocale, i pazienti del Gruppo 1 trattati con cisteina hanno mostrato uno spessore di epitelio corneale neoformato superiore rispetto ai pazienti di controllo. Alla 4 settimana il valore medio dello spessore dell epitelio corneale osservato nei pazienti del Gruppo 1, di 7 µm superiore rispetto ai pazienti del Gruppo 2, è risultato equivalente al valore medio riscontrato negli stessi pazienti durante la visita preoperatoria. La seguente figura (Figura N. 2) mostra l andamento della crescita dello spessore epiteliale (in µm) osservato nei 2 gruppi di pazienti tramite microscopia confocale, durante i controlli effettuati alla 1, 2, 3,4 settimana a partire dall intervento. 69 Figura 1: Incremento spessore dell'epitelio corneale nei 2 gruppi di pazienti In tutti i controlli effettuati, nessun paziente ha mostrato effetti indesiderati a livello sistemico o a livello oculare.

8 MOLECOLE IMPIEGATE La cisteina è un aminoacido non essenziale, appartenente al gruppo dei glucogenetici, che nell organismo si forma a partire dalla metionina (aminoacido essenziale) e dalla serina (aminoacido non essenziale). Figura 2: formula di struttura della cisteina. 70 Dotata di un gruppo sulfidrilico (vedi Figura N. 2), la cisteina viene utilizzata, insieme a glutammato e glicina, nella sintesi del glutatione, tripeptide dal basso PM presente in tutte le cellule, spesso in concentrazioni elevate, ove costituisce uno dei principali sistemi antiossidanti intracellulari, fungendo da riserva di equivalenti riducenti. Tali equivalenti riducenti possono essere utilizzati per rimuovere radicali ossidanti e perossidi tossici che si formano durante il metabolismo cellulare in condizioni aerobiche e in quantità maggiore nel corso di eventi infiammatori, secondo la reazione: 2GSH + R-OOH _ GSSG + R-OH + H2O Il gruppo sulfidrilico della cisteina, contenuta nel glutatione, è, infatti, un potente nucleofilo in grado di intercettare i substrati elettrofili dei radicali ossidanti. La reazione sopra riportata è catalizzata dal glutatione perossidasi, enzima che si forma dalla combinazione del glutatione con un atomo di selenio legato covalentemente in forma di selenocisteina, e che rappresenta il principale componente del sistema antiossidante corneale. Radicali ossidanti, con particolare riferimento al perossido di idrogeno (H2O2), fisiologicamente presenti a livello corneale, possono subire un notevole incremento della loro concentrazione allorquando in tale sede (cornea) si vengono ad instaurare determinate condizioni (stati infiammatori) favorite dall esposizione ad agenti biologici, chimici e fisici (ivi comprese anche le radiazioni ultraviolette usate nella PRK). In tali circostanze le specie reattive dell ossigeno agirebbero, come dimostrato dai numerosi studi sull argomento, inducendo una serie di alterazioni dapprima funzionali e quindi strutturali a carico delle cellule dell epitelio e dello stroma corneale, con incremento dei processi apoptosici di cheratociti e fibroblasti stromali. Tali danni tissutali risultano essere una conseguenza delle reazioni di perossidazione indotte dalle sopracitate specie radicaliche a carico delle principali molecole biologiche: lipidi di membrana, proteine enzimatiche e strutturali ed acidi nucleici. L ingente liberazione a livello corneale di perossido di idrogeno e degli altri radicali ossidanti nel periodo immediatamente successivo alla fotoablazione laser prodotta dalla PRK, come conseguenza della massiccia infiltrazione di leucociti polimorfonucleati a livello dello stroma corneale, unitamente al contemporaneo decremento dell attività dell enzima glutatione perossidasi, come da diversi studi dimostrato, appaiono strettamente implicati in alcune delle complicanze insorgenti nel postoperatorio, contribuendo inoltre a ritardare il processo di riepitelizzazione corneale. D altra parte eventi infiammatori e/o infettivi intercorrenti nell immediato postoperatorio, possono a loro volta agire inducendo un ingente liberazione a livello corneale di specie reattive dell ossigeno, instaurando un circolo vizioso in grado di automantenersi e rinforzarsi. L importante funzione svolta dalla cisteina nella sintesi di glutatione e nel fornire il gruppo sulfidrilico per le reazioni di inattivazione dei radicali ossidanti, ne evidenzia un possibile ruolo nella prevenzione delle complicanze post PRK e nel favorire una normale riepitelizzazione corneale. Recenti studi hanno inoltre evidenziato un ulteriore possibile meccanismo d azione della cisteina nelle riparazione delle lesioni corneali. E stato osservato come la fotoablazione laser sia seguita da un notevole incremento nella produzione a livello corneale di metalloproteinasi (MMP, in particolare MMP-3, -8, -9), valutata attraverso misurazione delle concentrazioni nel film lacrimale. Tali enzimi rappresentano una famiglia di endopeptidasi zinco dipendenti, capaci nel loro insieme di degradare, a livello corneale come anche a livello di altri tessuti, i diversi componenti della sostanza intercellulare stromale. Sintetizzate da fibroblasti, cheratociti e, in presenza di uno stato infiammatorio, anche da fagociti attivati, eosinofili, mastociti e neutrofili sottoforma di pro-enzimi inattivi, vengono successivamente attivate mediante la rimozione, catalizzata da altre MMP, di un residuo di cisteina che, interagendo con l atomo di zinco catalitico, provvede a mantenere l enzima nello stato di latenza. Tali enzimi, fisiologicamente implicati nel rimodellamento della matrice extracellulare, attraverso la degradazione del collagene e di altri costituenti, se sovraespressi, come in corso di processi infiammatori, possono interferire col processo di riparazione tissuta-

9 le, ritardandone la guarigione. Si è osservato come la cisteina possa esercitare una specifica inibizione nei confronti dell attività collagenasica delle MMP presenti a livello corneale, sia riducendo i legami di tali enzimi, sia sequestrando gli ioni calcio e zinco, cofattori indispensabili dell attività collagenasica delle MMP. Un ultima importante funzione della cisteina nel processo di riparazione tissutale è stata desunta da alcuni recenti studi condotti sulle metallotioneine, una famiglia di proteine a basso PM, espresse a livello corneale e in altri tessuti in concomitanza di eventi lesivi, e contenenti nella sequenza aminoacidica cisteina in una percentuale anche superiore al 30%. Tali molecole sono prodotte in notevole quantità in corrispondenza dei margini della lesione e, a tale livello, nelle zone ad alta attività mitotica, evidenziandone un possibile ruolo nel promuovere il processo di proliferazione cellulare e di riepitelizzazione. Studi in vitro hanno dimostrato come l espressione del gene che codifica le metallotioneine vada incontro ad una up-regulation in seguito ad aggiunta di cisteina, rivelando un ulteriore possibile meccanismo alla base dell attività riepitelizzante di tale aminoacido. CONCLUSIONI La cisteina, somministrata per via orale con dose giornaliera di 200 mg, si è dimostrata efficace nel ridurre il tempo di riepitelizzazione corneale dopo intervento di cheratectomia fotorefrattiva e nel favorire, a 4 settimane da tale intervento, il ritorno dello spessore epiteliale ai valori riscontrati durante la visita preoperatoria, senza indurre la comparsa di alterazioni significative a livello sistemico o a livello oculare. BIBLIOGRAFIA 1) Vinciguerra P, Camesasca FI, Ponzin D: Use of amino acids in refractive surgery. 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10 Dr. Andrea Bedei VALUTAZIONE DELLA STABILITÀ REFRATTIVA A 12 E 24 MESI DAL TRATTAMENTO DI DIFETTI MIOPICI MEDIANTE CHERATECTOMIA FOTOREFRATTIVA EVALUATION OF REFRACTIVE STATUS 12 AND 24 MONTHS AFTER MIOPIC PHOTOREFRACTIVE KERATECTOMY Bedei A, Giannecchini G, Giannecchini I, Montagnani M, Cariello A, Marabotti A U.O. di Oculistica Casa di Cura M.D. Barbantini - Lucca (Responsabile: Dr. A. Bedei) RIASSUNTO Scopo del lavoro: Valutare le variazioni della refrazione a 12 e 24 mesi dal trattamento di difetti miopici mediante cheratectomia fotorefrattiva. Partecipanti: 211 occhi di 124 pazienti, suddivisi in 3 gruppi in base all entità del difetto refrattivo trattato: 1) da 1,5 a 4 diottrie (60 occhi); 2) da 4,25 a 7,75 diottrie (101 occhi); 3) da 8 a 13 diottrie (50 occhi) Materiali e metodi: Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad una visita oculistica preoperatoria completa. Il laser utilizzato per i trattamenti è stato il Technolas 217 C della Bausch & Laumb. I pazienti furono seguiti per almeno 24 mesi. La determinazione della probabilità di stabilità refrattiva è stata ottenuta utilizzando il test-t student per ciascuno dei 3 gruppi. Risultati: Nei primi due gruppi (miopia < 7,75 diottrie ) si è dimostrata una buona stabilità dei risultati refrattivi che si sono mantenuti praticamente invariati a 12 e a 24 mesi, mentre nel terzo gruppo (da 8 a 13 diottrie) si è osservata una tendenza alla regressione. Conclusioni: La PRK si è dimostrata una tecnica efficace nella correzione dei difetti miopici fino a 8 diottrie con una buona stabilità dei risultati a 2 anni, mentre nelle correzioni al di sopra di tale valore questa stabilità non si conferma. 72 SUMMARY Purpose: to evaluate refractive status, 12 and 24 months after miopic photorefractive keratectomy (PRK). Methods: 211 eyes of 124 patients underwent PRK using Baush & Lomb s Technolas 217C. According to the refractive status before the surgery, we enrolled three groups: the first group (60 eyes) had a correction between and diopters; the second one (101 eyes) had a correction between and diopters; the third one (50 eyes) had a correction between and diopters. Follow up was 24 months. Results: After the first treatment, all eyes with a preoperative correction < diopters (first and second group) achieved their best vision, keeping it for all 24 months. We described a visual acuity loss, in the third group, 12 months after PRK. Conclusion: photorefractive keratectomy is a safe, useful and long-lasting method to treat myopia in eyes with a correction < diopters. INTRODUZIONE La cheratectomia fotorefrattiva con laser ad eccimeri (PRK) è una procedura di chirurgia refrattiva basata sull uso di una luce a raggi ultravioletti (lunghezza d onda di 193 nm) che provoca un ablazione della cornea di precisione altissima e con minimo danno dei tessuti vicini (1). La tecnica consiste in un ablazione dello stroma corneale anteriore, così da modificare il potere diottrico della cornea (2). La miopia rappresenta il difetto che maggiormente ha usufruito di questa tecnica, anche se la correzione di difetti elevati può essere associata ad una maggiore frequenza di haze corneale e regressione refrattiva. Scopo del nostro lavoro è stato quello di verificare la stabilità della refrazione in pazienti miopi trattati con tecnica PRK, suddividendoli in 3 gruppi in base all entità del difetto corretto. MATERIALI E METODI Tra il Settembre 1997 ed il Giugno 2000 sono stati sottoposti a PRK con il laser Technolas 217 C (BausCh & Lomb) 211 occhi di 124 pazienti, di cui 37 maschi e 87 femmine, di età compresa tra i 22 anni ed i 64 anni (media 36 anni). Tutti i pazienti presentavano un visus stabile da almeno due anni. Tutti gli occhi sono stati sottoposti a PRK, previa firma del consenso informato, con trattamenti effettuati a 15 giorni

11 di distanza tra il primo ed il secondo occhio. L anestesia topica è stata effettuata con la somministrazione di ossibuprocaina cloridrato al 0,4% (tre gocce nei 10 minuti precedenti l intervento). La disepitelizzazione corneale è stata eseguita mediante spazzola di Amoils. Ogni paziente ha eseguito una terapia post-operatoria con collirio antibiotico monodose e collirio antiinfiammatorio non steroideo monodose fino all avvenuta riepitelizzazione corneale, seguito dall utilizzo di un collirio steroideo a scalare per circa tre mesi e collirio e/o gel di sostituti lacrimali per un anno. I pazienti sono stati suddivisi in tre gruppi in base all entità del difetto rifrattivo trattato, calcolato in base alla sferoequivalenza: 1. da 1,5 a 4 diottrie (60 occhi); 2. da 4,25 a 7,75 diottrie (101 occhi); 3. da 8 a 13 diottrie (50 occhi). RISULTATI Nei pazienti del primo gruppo, quelli con miopia pre-operatoria compresa tra le 1,5 e le 4 diottrie, si è dimostrata una ottima stabilità della refrazione rilevata a 12 mesi ed a 24 mesi dal trattamento (grafico1). 12 mesi 24 mesi Defocus 0 diottrie 48 occhi (80%) 49 occhi (82%) Defocus fra 0,25 e 1 diottria 9 occhi (15%) 8 occhi (13%) Defocus > 1 diottrie 3 occhi (5%) 3 occhi (5%) Anche nel gruppo con miopia pre-operatoria tra 4,25 e 7,75 diottrie il confronto dei risultati refrattivi a 12 mesi ed a 24 mesi dal trattamento non mostra grandi variazioni (grafico 2) mesi 24 mesi Defocus 0 diottrie 58 occhi (57.4%) 60 occhi (59.4%) Defocus fra 0,25 e 1 diottria 30 occhi (29.8%) 26 occhi (25.7%) Defocus > 1 diottrie 13 occhi (12.8%) 15 occhi (14.9%) Nel gruppo con miopia elevata, sopra le 8 diottrie, la stabilità del risultato refrattivo a 12 ed a 24 mesi era minore rispetto ai precedenti gruppi (grafico 3). 12 mesi 24 mesi Defocus 0 diottrie 10 occhi (20%) 11 occhi (22%) Defocus fra 0,25 e 1 diottria 16 occhi (32%) 10 occhi (20%) Defocus > 1 diottrie 24 occhi (48%) 29 occhi (58%)

12 Pertanto nei primi due gruppi si è dimostrata una buona stabilità dei risultati refrattivi che si sono mantenuti praticamente invariati a 12 e a 24 mesi, mentre nel terzo gruppo si è osservata una tendenza alla regressione. 74 DISCUSSIONE La PRK viene universalmente considerata una tecnica sicura ed efficace nel trattamento delle miopie non superiori alle 6 diottrie, sia per quanto riguarda la predittibilità della refrazione ottenuta, della stabilità del risultato a 12 mesi dall intervento e della formazione dell haze corneale (1,3,4). Nelle miopie al di sopra delle 6 diottrie la PRK viene considerata una tecnica meno prevedibile soprattutto per la maggiore induzione di haze corneale e di regressione. Tale fatto viene messo in relazione con la necessità di ablazioni maggiori e di utilizzare zone ottiche più piccole. Nel nostro studio si è cercato di verificare la stabilità della refrazione a 12 e 24 mesi dalla correzione laser, in occhi miopi trattati con tecnica PRK, suddividendoli in 3 gruppi in base all entità del difetto corretto: 1 gruppo correzione fra 1.5 e 4 diottrie 2 gruppo correzione fra 4.25 e 7.75 diottrie 3 gruppo correzione fra 8 e 13 diottrie. La determinazione della probabilità di stabilità refrattiva è stata ottenuta utilizzando il test-t student per ciascuno dei 3 gruppi. Le proporzioni stimate di instabilità refrattiva nei 3 gruppi (con i relativi intervalli di confidenza al 95%) sono state rispettivamente 0.02, 0.04 e Questi dati sono stati, quindi, analizzati attraverso il modello di regressione logistica (modello logit). In questo caso il modello logit indica che il 1 gruppo di occhi trattati ha una stabilità refrattiva fra 1 e 2 anni di circa 2 volte (2.41) maggiore del secondo gruppo e ben 8 volte maggiore rispetto al 3 gruppo. La nostra esperienza, pertanto, conferma i dati della letteratura: nelle miopie fino ad 8 diottrie la PRK si è dimostrata una tecnica sicura ed efficace nella correzione del difetto refrattivo, ma anche capace di raggiungere una stabilità refrattiva soddisfacente già dopo 12 mesi, mentre nelle miopie al di sopra di tale valore questo risultato non viene confermato, anche se nei casi di alta miopia da noi esaminati la riduzione del difetto visivo ottenuta con la PRK è stata favorevolmente accettata dai nostri pazienti, che erano stati opportunamente informati di questa possibilità prima dell intervento. BIBLIOGRAFIA 1. Seiler T The excimer laser. An instrument for corneal surgery Ophthalmologe 1992;89: Aliò J, Artola A, Claramonte P, Ayala M, Sanchez S Complications of photorefractive keratectomy for myopia: Two years of follow-up of 3000 cases J Cataract Refract Surg 1998:24: Amano S, Shimizu K Excimer laser photorefractive keratectomy for myopia: Two years of follow-up J Cataract Refract Surg 1995;11(3 suppl): Kim J, Lee Y, Hahn T, Sah W Excimer laser photorefractive keratectomy for myopia: Two years of follow-up J Cataract Refract Surg 1994;20(suppl): Kim J, Kim M, Lee Y, Hahn T, Sah W, Park C Five years results of photorefractive keratectomy for myopia J Cataract Refract Surg 1997;23(5): Kim J, Lee Y, Kim M, Sah W, Park C Three years results of photorefractive keratectomy for myopia J Cataract Refract Surg 1995;11(3suppl): Wetterwald N Duex annees d experience dans le traitement de la myopie par la PKR Klin Monatsbl Augenheilkd 1994;204:

13 INTERVENTO DI SCHEIE SOTTOSCLERALE NEL TRATTAMENTO DELLE RECIDIVE DI GLAUCOMA MALFORMATIVO SUBSCLERAL SCHEIE OPERATION FOR THE TREATMENT OF RECURRENCE IN MALFORMATIVE GLAUCOMA Prof. Benedetto Ricci Riccì B, Capobianco A, Riccì F, Russo F Università Cattolica di Roma - Complesso Integrato Columbus Unità operativa assistenziale di Oftalmologia (Primario: Prof. Benedetto Ricci) RIASSUNTO La possibilità che una ipertensione oculare si ripresenti a distanza di anni dopo un iniziale successo chirurgico per un glaucoma malformativo non è tanto rara. Abbiamo studiato 4 casi di tale patologia in bambini e adolescenti nei quali un trattamento medico della recidiva di ipertono oculare è fallito. L intervento cui li abbiamo sottoposti è la cosiddetta Scheie sottosclerale proposta da Luntz. I risultati ottenuti sono stati molto buoni con una normalizzazione della pressione oculare. Questo intervento può essere impiegato nei pazienti pediatrici in alternativa alla trabeculectomia con mitomicina C quando si desidera evitare la formazione di bozze congiuntivali esuberanti e le loro possibili complicanze. PAROLE CHIAVE: glaucoma pediatrico, ipertensione oculare refrattaria, intervento di Scheie sottosclerale. ABSTRACT The recurrence of ocular hypertension after an initial successful surgical treatment for malformative glaucoma is not a rare clinical event. We studied 4 cases of this pathology that resulted refractory to medical treatment. The surgical technique we used was the subscleral Scheie operation according to Luntz procedure. Using this surgical treatment we obtained a normalization of intraocular pressure in cases that were operated on. Usually this procedure is used with good results as an alternative surgical technique to trabeculectomy with mitomycin C. The main advantage is to avoid the risk of cystic bleb formation after antimetabolite application and other serious bleb-related complications in young patients. 75 KEYWORDS: pediatric glaucoma, refractory ocular hypertension, subscleral Scheie operation INTRODUZIONE Le procedure chirurgiche iniziali di scelta per il glaucoma malformativo sono rappresentate dalla goniotomia e dalla trabeculotomia, quest ultima da noi comunemente utilizzata secondo la metodica proposta da Harms e Dannheim (1) Tale intervento, se eseguito correttamente, consente di ottenere buoni risultati con minime o assenti complicanze post-operatorie. In un certo numero di casi peraltro, anche a distanza di svariati anni dall intervento, si può verificare una recidiva dell ipertono oculare. In tali circostanze non sempre la terapia medica dell ipertensione oculare risulta efficace e si pongono di nuovo delle indicazioni chirurgiche. L operazione che in questi casi viene generalmente effettuata è una trabeculectomia con l impiego di Mitomicina C, non essendo agevole eseguire in età pediatrica o nell adolescenza delle iniezioni sottocongiuntivali di 5-fluorouracile. Un ulteriore opzione chirurgica è rappresentata, soprattutto nei casi in cui la pressione oculare è molto elevata, dall operazione di Scheie sottosclerale o iridectomia filtrante protetta proposta da Luntz e McGuigan (2) e da qualche tempo riutilizzata soprattutto nei Paesi anglosassoni. Negli ultimi 5 anni abbiamo rilevato l esistenza di una recidiva di ipertono oculare in 8 casi di glaucoma congenito su un totale di 12 che vengono da noi seguiti attualmente in controlli regolari e periodici. In 4 di questi casi abbiamo effettuato, data la persistenza di un elevata pressione oculare malgrado la terapia topica, una Scheie sottosclerale modificandone alcuni dettagli operativi e attualmente facendone oggetto di questa nota. MATERIALI E METODI Sono da noi seguiti in un follow up regolare 12 casi di glaucoma congenito tutti operati nel corso dei primi 1-2 mesi di vita mediante una trabeculotomia ab externo secondo Harms. In tutti i casi è stata registrata una normalizzazione della pressione oculare dopo l intervento ed è stato effettuato regolarmente un controllo ecobiometrico dei diametri antero-posteriori e trasversali unitamente al controllo tonometrico, dapprima in condizioni di narcosi, poi, a partire dai 6 anni di età, in condizioni di veglia mediante anestesia topica. Dai 6 anni di età in poi è stato eseguito

14 76 regolarmente anche un controllo del campo visivo e dell acutezza visiva. Mentre in 4 casi i valori tonometrici e le funzioni visive si sono mantenuti fino ad oggi normali, in 8 casi, dopo un intervallo di tempo dall intervento variabile tra 7 e 16 anni, abbiamo rilevato nel periodo una recidiva dell ipertono oculare con un valore medio iniziale di 24 ± 3 mmhg. Mentre le altre indagini diagnostiche non evidenziavano alterazioni patologiche particolari, a parte un iniziale compromissione di tipo glaucomatoso del campo visivo in 5 occhi, l esame gonioscopico rivelava delle importanti anomalie dell angolo nei settori superiori, in corrispondenza delle aree interessate dalla pregressa trabeculotomia. Esse consistevano in una contrazione dell ampiezza dell angolo irido-corneale che presentava in pressoché tutti i casi delle goniosinechie settoriali, mentre l ampiezza dell angolo era normale negli altri settori pur in presenza di una pigmentazione irregolare del trabecolato. Una terapia topica con derivati delle prostaglandine ha permesso finora di controllare l ipertono con successo in 4 casi (8 occhi). La terapia farmacologica viceversa è risultata inefficace, malgrado il ricorso anche ai farmaci beta-bloccanti negli altri 4 casi. Il valore medio della pressione oculare in questi casi resistenti alla terapia farmacologica si è progressivamente assestato su 24 ± 5 mmhg; ciò ha indotto ad optare per un trattamento chirurgico. L intervento effettuato è stato quello di Scheie sottosclerale o iridectomia filtrante protetta. L intervento in sostanza riprende la vecchia metodica della sclero-iridectomia di Scheie, ma la ripropone con l idea di ricoprire la fistola con un tassello sclerale che ha due scopi: quello di proteggere la filtrazione evitando anche pericolose bozze cistiche congiuntivali esuberanti e quello di creare una sorta di valvola che permette una variazione di flusso dell acqueo in rapporto all entità della pressione oculare. Dopo aver creato un lembo capsulocongiuntivale a base limbare, si scolpisce un lembo sclerale con una lama crescent, ancora a base limbare, di 5 mm di lunghezza e di 2 mm di larghezza, simile a quello della trabeculectomia ma molto più piccolo. Se si desidera ottenere una filtrazione maggiore o si teme la chiusura dello sportello sclerale per l esistenza di attivi processi di cicatrizzazione, come si verifica in età pediatrica, si possono effettuare due tenui cauterizzazioni con la pinza bipolare in corrispondenza dei due angoli postero-superiori del tassello. La fase successiva prevede l incisione della sclera più profonda, a metà spessore, con un coltello di diamante con taglio di ampiezza di 4 mm. A questo punto è utile predisporre una via di servizio in cornea chiara. Si esegue poi la cauterizzazione accurata del margine posteriore dell incisione, dopo di che si incide più profondamente la rimanente parete sclerale fino ad aprire la camera anteriore. Eseguita una iridectomia periferica abbastanza ampia, si riforma la camera anteriore con visco-elastico a basso peso molecolare e si riposiziona il tassello sclerale nel suo letto senza apporre suture. Molto accurata deve essere invece la sutura a sopraggitto con Vicryl 8/0 del lembo congiuntivale, avendo cura di iniettare prima della chiusura finale della sutura del visco-elastico al di sotto di esso in modo da permettere una buona filtrazione iniziale anche in presenza di piccoli coaguli di sangue. Nel post-operatorio, oltre alla terapia topica con colliri a base di corticosteroidi e antibiotici, vanno utilizzati dei colliri midriatici e cicloplegici per un periodo di 2 settimane. Un collirio antibiotico viene instillato due volte al giorno per un periodo di altri 30 giorni. Generalmente si verifica una condizione di ipotonia e di ridotta profondità della camera anteriore di una certa importanza nei primi 6-7 giorni dopo l intervento. A partire dal giorno dall intervento è opportuno effettuare un delicato massaggio oculare con digitopressione almeno una volta al giorno per circa 10 giorni, in modo da mantenere beante la fistola e permettere alla fuoriuscita dell acqueo di contrastare i processi di cicatrizzazione. RISULTATI Abbiamo ottenuto di solito dei valori pressori iniziali post-operatori di circa 8 mmhg. Anche nei casi in cui era presente una modesta ipotalamia, non si è mai verificato un distacco di coroide. La profondità della camera anteriore è comunque ritornata normale in tutti i casi dopo una settimana circa dall intervento. La pressione oculare si è stabilizzata mediamente in decima giornata intorno a mmhg. In quattro occhi essa è aumentata fino a mmhg dopo due settimane dall operazione. In questi casi un massaggio di circa 2-3 minuti ripetuto due volte al giorno per 10 giorni ha di nuovo riportato la pressione a valori normali in 3 occhi. In un occhio, malgrado ciò, si è reso necessario un trattamento mediante Yag laser utilizzando un vetro da gonioscopia per riaprire ab interno la sclerectomia che dopo 3 settimane dall intervento si era parzialmente obliterata. A distanza di 24 ore da tale trattamento la pressione è tornata a valori di 14 mmhg. In nessun caso la bozza congiuntivale è risultata esuberante o policistica, mentre essa in pressoché tutti i casi appare soltanto lievemente rilevata. Il follow up medio di cui disponiamo finora è di 16 mesi. Non si è reso necessario ad oggi un trattamento supplementare con farmaci ipotonizzanti oculari in nessuno dei casi operati. DISCUSSIONE La prima considerazione che è necessario premettere è che in un considerevole numero di casi di glaucomi malformativi operati con iniziale successo dopo una trabeculotomia ab externo si può verificare una recidiva dell ipertono dopo un certo numero di anni. Non abbiamo esperien-

15 za di quanto avviene dopo una diatermo-trabeculotomia come quella ideata da Maselli e Coll. (3). La seconda considerazione è relativa alla nostra scelta di non eseguire in casi analoghi una trabeculectomia con l impiego di Mitomicina C. In realtà essa è stata condizionata dalla possibilità ben documentata in casi pediatrici di generare una serie di possibili complicanze (4-5) che includono la formazione di bozze congiuntivali esuberanti con lo sviluppo di processi successivi di endoftalmite, oltre all atalamia post-operatoria con possibile distacco di coroide, e in rari casi una scleromalacia (6). Il trattamento post-operatorio con 5-fluorouracile per via sottocongiuntivale a sua volta non è facilmente eseguibile in pazienti di giovane età. L intervento di Scheie sottosclerale presenta il vantaggio di essere di facile attuazione e poco traumatizzante per il bulbo oculare. Esso però genera abitualmente una notevole riduzione della pressione oculare e va quindi riservato ai casi in cui si desidera ottenere una riduzione di circa 15 mmhg di essa (7). Nel glaucoma refrattario o recidivato pediatrico poi la notevole tendenza alla proliferazione fibrosa si giova della cauterizzazione del labbro posteriore della sclerectomia. D altra parte, la mancanza di sutura del tassello sclerale ha lo scopo di permettere allo stesso di agire con un meccanismo a valvola che si attivi con l incremento della pressione oculare. Va sottolineata l utilità dell impiego del visco-elastico per evitare che, nei primi giorni del postoperatorio, eventuali piccoli coaguli di sangue occludano la sclerectomia. Va anche ricordata l opportunità di effettuare dopo la decima giornata dall intervento dei massaggi del bulbo oculare per mantenere beante e funzionante la fistola chirurgica. Nei casi in cui, malgrado tutto ciò, si verifica una obliterazione della sclerectomia e vi è una buona collaborazione da parte del giovane paziente si può effettuare una riapertura di essa ab interno mediante lo Yag laser. In conclusione siamo dell avviso che la Scheie sottosclerale possa rappresentare una valida alternativa alla trabeculectomia con aggiunta di antimetaboliti nel trattamento chirurgico di alcune forme di glaucoma pediatrico refrattario o recidivato, con particolare riguardo alle forme con un ipertono oculare di notevole entità dato l effetto ipotonizzante piuttosto marcato che produce. L ultima considerazione che ci sembra di poter fare è che, mentre l intervento è di semplice esecuzione, il decorso post-operatorio richiede molta attenzione e assiduità nell esecuzione dei controlli per poter conseguire il migliore risultato pressorio finale. BIBLIOGRAFIA 1. Harms H, Dannheim R Epicritical consideration of 300 cases of trabeculotomy ab externo. Trans Ophthalmol Soc U K 1970;89: Luntz MH, McGuigan LJ Subscleral Scheie operation for advanced glaucoma. Dev Ophthalmol 1987;14: Maselli E., Galantino G., Pruneri F, Sirellini M Diathermo-trabeculotomy ab externo: indications and long-term results. Br J Ophthalmol 1977;61: Beck AD, Wilson WR, Lynch MG, Lynn MJ, Noe R Trabeculectomy with adjunctive mitomycin C in pediatric glaucoma. Am J Ophthalmol 1998;126: Al-Hazmi A, Zwaan J, Awad A, al-mesfer S, Mullaney PB, Wheeler DT Effectiveness and complications of mitomycin C use during pediatric glaucoma surgery. Ophthalmol 1998;105: Sidoti PA, Belmonte SJ, Liebmann JM, Ritch R Trabeculectomy with mitomycin-c in the treatment of pediatric glaucomas. Ophthalmol 2000;107: Akova YA, Koc F, Yalvac I, Duman S Scleromalacia following trabeculectomy with intraoperative mitomycin C. Eur J Ophthalmol 1999;9: Buratto L, Picardo V Vademecum sulla chirurgia del glaucoma. Editore Sifi, Autore di riferimento: Prof. Benedetto Ricci Divisione di Oculistica C.I. Columbus U.C.S.C Via Moscati Roma Tel. 06/

16 IL PIRFENOSSONE SODICO NELLA PREVENZIO- NE DELLA CATARATTA SECONDARIA THE ROLE OF PIRENOXINE SODIUM IN THE PREVENTION OF SECONDARY CATARACT Dr. Pietro Fioretto Fioretto P, Maddaloni A, Pattavini L Casa di Cura Nostra Signora di Lourdes, Massa di Somma, Napoli RIASSUNTO La cataratta secondaria (PCO) rappresenta ancora la più comune complicanza tardiva dell intervento di facoemulsificazione (FACO). Sono stati selezionati due gruppi di pazienti (100 in totale) sottoposti ad intervento di FACO; al primo gruppo veniva instillato nel postoperatorio Pirfenossone Sodico (PS) collirio 0.5%, mentre al secondo gruppo un collirio placebo. I controlli, eseguiti a distanza di 7, 30, 60, 180 giorni dall intervento, mostrano una maggiore efficacia del PS rispetto al placebo nel ridurre l incidenza di PCO. PAROLE CHIAVE: Facoemulsificazione, Cataratta secondaria, Pirfenossone Sodico 78 SUMMARY Secondary cataract (PCO) is still the most common late complication of phacoemulsification (PHACO) surgery. Two groups of patients (100 in total) treated with PHACO, have been selected. The first group was treated with Pirenoxine Sodium (PS) eyedrops 0.5%, while the second one was treated with placebo eyedrops in the postoperative period. Follow-up studies at 7th, 30th, 60th, 180th day show a greater efficacy of PS eyedrops towards placebo in reducing the incidence of PCO. KEYWORDS: Phacoemulsification surgery, Secondary cataract, Pirenoxine Sodium INTRODUZIONE L opacizzazione della capsula posteriore (PCO) o cataratta secondaria rappresenta la complicanza più frequente dell intervento chirurgico di cataratta. La frequenza di tale evento sembra essere compresa tra il 18% ed il 50% dei pazienti operati (1,2). Esistono almeno due diversi tipi di cataratta secondaria: 1. Perle di Elsching: dovute alla proliferazione dell epitelio lenticolare sulla capsula posteriore in corrispondenza dei punti di contatto tra i residui della capsula anteriore e quella posteriore. Clinicamente appaiono come uova di pesce translucide poste in corrispondenza del forame pupillare oppure nascoste dietro l iride; 2. Fibrosi Capsulare: in risposta a stimoli ancora sconosciuti le cellule epiteliali residue migrano verso la capsula posteriore e contemporaneamente subiscono un processo di differenziazione terminale che le trasforma in elementi pseudo-fibroblastici capaci di produrre matrice collagene. Questa metaplasia fibrosa sarebbe in ultima analisi la diretta responsabile della perdita di trasparenza del sacco capsulare residuo.

17 E oggi ormai chiaro che diversi fattori risultano essere coinvolti nel determinismo della PCO: 1. Forma e dimensioni della IOL (Presenza o meno di square-edge e diametro della IOL) 2. Materiale della IOL 3. Età e comorbidità del paziente (Maggiore incidenza di PCO nei pazienti più giovani) 4. Tecnica chirurgica adoperata. A quest ultimo proposito sembra essere rilevante la dimensione della capsuloressi (diametro compreso tra 5.0 e 5.5 mm). La cataratta secondaria determina: Nuova perdita progressiva del visus Difficoltà nell esplorazione della periferia del Fundus Necessità di nuovo intervento. Anche se attualmente il trattamento di capsulotomia YAG laser consente di risolvere il problema PCO, non è comunque privo di rischi per il paziente quali: (3,1) Ipertono oculare per ostruzione del trabecolato da parte dei detriti Edema maculare cistoide Distacco di retina Danneggiamento della IOL Costi del trattamento laser. Scopo del nostro studio è di valutare l efficacia del PIRFENOSSONE SODICO collirio, rispetto ad un placebo, nella prevenzione della PCO in pazienti sottoposti ad intervento di facoemulsificazione con impianto di lente intraoculare. 79 Il Pirfenossone sodico è un acido ossiacetico con proprietà antinfiammatorie, ma l effetto principale è quello di inibire la denaturazione delle proteine. La molecola in forma sodica, assorbita meglio, è stata utilizzata nel trattamento della cataratta, che sembra derivare principalmente dalla denaturazione, aggregazione e precipitazione delle proteine all interno del cristallino (4, 5, 6). MATERIALI E METODI Il nostro campione comprende 100 pazienti (100 occhi), di cui 63 femmine e 37 maschi, affetti da cataratta di età compresa tra 60 ed 83 anni. Tutti sono stati sottoposti ad intervento chirurgico di facoemulsificazione ed impianto di lente intraoculare in PMMA nel sacco capsulare. Criteri di esclusione sono stati: Complicanze intra e postoperatorie; Patologie associate che richiedevano terapia topica o sistemica che avrebbe potuto interferire con la valutazione; Pazienti con patologie oculari interessanti la cornea, l uveo-retina, la macula; Pazienti ambliopi; Pazienti con problemi neurologici o non collaboranti. La procedura chirurgica è stata la seguente: Frown incision, ingresso in camera anteriore con lancia precalibrata di 3.2 mm, capsuloressi circolare continua, idrodissezione, facoemulsificazione bimanuale del

18 80 nucleo in camera posteriore, infusione-aspirazione automatizzata dei residui corticali, ampliamento dell incisione sclero-corneale a 3.8 mm, riempimento del sacco capsulare con sostanza viscoelastica. La manovra di impianto è stata eseguita come segue: la lente è stata presa con una pinza sul bordo del piatto ottico e dopo essere stata bagnata accuratamente con soluzione fisiologica la loop inferiore veniva inserita all interno del sacco capsulare. La presa della pinza passava poi dal piatto ottico al centro della loop superiore che veniva a sua volta inserita nel sacco capsulare. Dopo l aspirazione della sostanza viscoelastica, veniva praticata idrosutura dell ingresso principale. Tutti i pazienti hanno seguito la medesima terapia pre e postoperatoria. Il giorno precedente ed il giorno dell intervento sono stati somministrati antibiotici e cortisonici topici per tre volte al dì. La pupilla è stata dilatata con una combinazione di fenilefrina collirio e ciclopentolato collirio. La terapia postoperatoria era costituita da terapia topica con cortisone e antibiotico e tropicamide 1% collirio per tre volte al di per tre settimane e diclofenac sodico per altre 4-5 settimane. Lo studio è stato condotto in doppio cieco ponendo a confronto due gruppi paralleli di pazienti. Ad uno dei due veniva somministrato pirfenossone sodico collirio allo 0.5%, all altro un placebo collirio. Il trattamento è iniziato 60 ore dopo l intervento chirurgico. Lo schema posologico è stato di due gocce instillate nel sacco congiuntivale per quattro volte al dì per tre mesi seguiti da un periodo di altri tre mesi di controllo senza trattamento. Tutti i pazienti sono stati visitati ad una settimana dall intervento per controllare il decorso postoperatorio e ad 1, 3, 6 mesi per valutare l efficacia e la tollerabilità del trattamento. A tutti i controlli sono stati eseguiti: Osservazione della IOL e della capsula mediante lampada a fessura con la tecnica della biomicroscopia speculare. L aspetto della capsula e della IOL è stato classificato con un punteggio da 0 a 3 (0 = trasparente; 1 = lieve opacità; 2 = media opacità; 3 = cataratta secondaria). GRADO ASPETTO DELLA CAPSULA 0 Trasparente 1 Lieve opacità 2 Media opacità 3 Cataratta secondaria Misurazione dell acuità visiva. Tali elementi hanno rappresentato i parametri per la determinazione dell efficacia del trattamento, invece la tollerabilità è stata valutata mediante la rilevazione dei segni e sintomi oculari. RISULTATI Sono stati inclusi nello studio 100 pazienti (55 trattati con pirfenossone sodico e 45 con placebo) di cui 63 femmine e 37 maschi di età compresa tra 60 e 83 anni. La lente intraoculare utilizzata nel corso di tutti gli interventi è stata quella in PMMA. I pazienti sono stati esaminati dopo 7, 30, 90, 180 giorni dall intervento chirurgico. Prima della visita la pupilla è stata dilatata con fenilefrina al 10% collirio o con tropicamide 1% collirio. Alla visita di controllo a 6 mesi l incidenza di cataratta secondaria (punteggio 3) è stata del 5.4% nel gruppo del pirfenossone sodico e del 15.6% nel gruppo placebo. Nessun sintomo importante si è verificato durante lo studio, eccetto un lieve bruciore correlato all instillazione del farmaco e sempre di breve

19 durata. Il segno maggiormente osservato è l iperemia congiuntivale in entrambi i gruppi trattati. CONCLUSIONI La formazione di PCO presenta una genesi multifattoriale. Rientrano in tale genesi i materiali costituenti il disegno delle lenti intraoculari, l infiammazione postchirurgica e le dimensioni della capsuloressi. L effettiva priorità di ciascuno di questi fattori però ancora non è stata definita chiaramente. In tale contesto è sorta l ipotesi di utilizzare un presidio farmacologico che potesse prevenire o quanto meno ritardare la PCO. I presupposti che hanno portato all impiego del pirfenossone sodico risiedono nella sua capacità di controllare il processo di aggregazione proteica e la conseguente opacizzazione del cristallino, ma soprattutto nella sua capacità di ridurre l adesione delle cellule epiteliali del cristallino alle lenti intraoculari. Nel presente studio (eseguito per verificare l efficacia e la tollerabilità del pirfenossone sodico collirio nella prevenzione della PCO in pazienti sottoposti ad intervento di facoemulsificazione con impianto di lente intraoculare) il pirfenossone sodico è risultato efficace nel ridurre significativamente l incidenza di pazienti con cataratta secondaria rispetto al placebo (5.4% rispetto al 15.6%). Percentuale di cataratta secondaria 7 Giorni 30 Giorni 90 Giorni 180 Giorni Pirfenossone Sodico % (1/55) 5.4% (3/55) Placebo 0 2.2% (1/45) 6.7% (3/45) 15.6% (7/45) Sulla base dei risultati ottenuti il trattamento con pirfenossone sodico collirio sembra dunque utile nel prevenire o nel ritardare la progressione dell opacizzazione della capsula posteriore. 81 BIBLIOGRAFIA 1. Apple D.J., Solomon K.D., Tetz M.R.: Posterior capsule opacification, Surv Ophtalmol 1992;37(2): Kappelhof J.P., Vrensen G.F.J.M.: The pathology of after-cataract, A minireview: Acta Ophthalmol 1992;Suppl 205: Javitt J.C., Tielsch J.C., Sharkey P.D.: The content and cost of cataract surgery, Arch Opthalmol 1993;111: Sanguinetti G, Spalton D.J.: Quantificazione della opacizzazione della capsula posteriore, Viscochirurgia, Apr 2002;XVII/1: Zemaitiene R.; Posterior capsule opacification: incidence and pathogenesis, Medicina (Kaunas) 2003;39 (9): Wejde J, Kugelberg M, Zetterstrom C: Posterior capsule opacification: comparison of 3 intraocular lenses of different materials and design, J Cataract Refract Surg 2003 Aug;29 (8): Autore di riferimento: Dr. Pietro Fioretto Casa di Cura Nostra Signora di Lourdes Via Boccarusso Massa di Somma - Napoli

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