Medicina narrativa: un inchiesta

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1 Master in La scienza nella pratica giornalistica SAPIENZA Università di Roma Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Master in La scienza nella pratica giornalistica A.A. 2013/2014 Medicina narrativa: un inchiesta Masterizzando Mattia Maccarone Docente guida Dr. Elisa Manacorda Direttore Prof. Isabella Saggio Pag. 1

2 Mattia Maccarone Indice Introduzione Definizione, ruolo ed efficacia della medicina narrativa Sviluppo del fenomeno narrative medicine L'esperienza della ASL di Firenze Valore quantitativo e qualitativo a confronto Lo strumento della cartella parallela Intervista a Stefania Polvani L'importanza della narrazione Effetto terapeutico del raccontarsi I risultati del progetto «Viverla Tutta» Il significato della contro-storia Evidence e Narrative-based medicine: critiche e punti d'incontro La Evidence-based medicine Due metodologie a confronto Intervista a Lorenzo Moja Sostenibilità del sistema medicina narrativa La narrazione difensiva Regioni ed empowerment Gli sforzi sul cambiamento della sanità visti dai professionisti Riorganizzazione delle strutture sanitarie: l'ausl di Ravenna Il modello della rete riabilitativa dell'asl3 Umbria Intervista a Mauro Zampolini Conclusioni Bibliografia Pag 2

3 Master in La scienza nella pratica giornalistica Introduzione Lo scopo di questa inchiesta è quello di analizzare nel dettaglio una pratica di recente sviluppo, quella della medicina narrativa, che ha tra i suoi obiettivi quello di incoraggiare il malato a raccontarsi. A raccontare di sé per avere una percezione migliore della propria malattia: una consapevolezza che sembra essere in grado di incrementare la qualità di vita del paziente stesso. La parola, il logos, può diventare un mezzo per migliorare il percorso di cura e anche il rapporto tra il terapeuta e il suo paziente. Il Master «La scienza nella pratica giornalistica» della Sapienza si occupa di comunicazione scientifica e nella medicina narrativa la comunicazione è la parte centrale. «La medicina narrativa è una sorta di pratica clinica rinforzata dalle parole (dei medici e degli infermieri, ma anche e soprattutto dei pazienti) al fine di riconoscere, assorbire, interpretare, onorare, metabolizzare e infine lasciarsi guidare dalla storia con cui ci si confronta verso un certo tipo di azione medica. Attenzione: non si tratta semplicemente di aggiungere un po' di empatia alla competenza tecnica. Piuttosto, di rendere concreta un'idea di salute e di malattia viste non più solo come specifiche situazioni fisiche, ma come condizioni profonde dell'essere da cui dipendono la sofferenza, il dolore, la salute e la stessa morte. Dal punto di vista pratico, esistono molte possibili declinazioni di questo concetto incentrate sul paziente, sul medico, sul lavoro di gruppo o individuale, sul dialogo, la scrittura, o su forme espressive diverse e così via, ma è sempre necessaria una formazione, perché la malattia non è semplicemente un guasto tecnico, e chi ha l'onere di aiutare gli altri a uscirne deve essere formato ad affrontare le complesse interazioni che si sviluppano tra esperienze reali e vissuto del singolo, che dunque comprendono ma non sono limitate a una mera descrizione dei sintomi». Così Rita Charon, in un'intervista del 2011 per «L'Espresso», dà una definizione personale della medicina basata sulla narrazione. Tra i principali promulgatori della medicina narrativa o, secondo la sua stessa definizione, della Narrative-based medicine (NBM), e direttrice Pag. 3

4 Mattia Maccarone del programma di Medicina Narrativa della Columbia University di New York, è stata lei che ha iniziato a sistematizzare esperienze molto eterogenee di centri diversi, istituito i primi corsi, scritto libri e articoli. Il movimento di medicina narrativa è ben descritto in un articolo di Dinitia Smith sul «New York Times» dove appare come una tendenza, quasi esplosiva negli Stati Uniti, destinata a diffondersi nell approccio della biomedicina alla salute. Il suo sviluppo negli USA nasce dalla constatazione che, a fronte di tecnologie di diagnosi e analisi sempre più sofisticate, è passata in secondo piano la capacità da parte dei medici di ascoltare i pazienti leggendo nelle loro parole quegli elementi indispensabili per il trattamento e la cura della malattia. La NBM compare per la prima volta sulle riviste scientifiche alla fine degli anni novanta, in una raccolta di articoli pubblicati sul «British Medical Journal». Prende forma nell'ambito dei corsi di psicologia medica della Harvard Medical School, dove lavorano due grandi protagonisti della psicologia antropologica del Novecento: Arthur Kleinman e Byron J. Good. Per Kleinman e Good la medicina è un sistema culturale, e come tale usa significati simbolici che danno forma sia alla realtà clinica (cioè alla diagnosi) sia all'esperienza di malattia. Per capire meglio questo concetto bisogna rifarsi alla lingua inglese, che ha tre modi diversi per dire «malattia». È proprio Arthur Kleinman, nel 1988, a far notare che i termini vogliono dire cose assai differenti: con disease si intende infatti la malattia in senso biomedico (una lesione organica o comunque qualcosa che si può dimostrare sulla base di alterazioni di tipo fisico-chimico, come la temperatura corporea o un valore di laboratorio), mentre con illness si intende il malessere, ossia il vissuto soggettivo, che può essere influenzato anche dalla cultura 1. Infine con il termine sickness si intende il significato sociale dello star male, per esempio in relazione alle assenze dal lavoro o da scuola. La medicina narrativa dovrebbe fornire, attraverso il racconto del paziente, strumenti sufficienti a consentire di curare non solo il «disease» ma anche l'«illness» e la Pag 4

5 Master in La scienza nella pratica giornalistica «sickness», per esempio coordinando la presa in carico da parte dell'istituzione sanitaria con quella dei servizi sociali o del sostegno psicologico 2. Nelle università statunitensi e canadesi, così come più di recente anche in alcuni istituti italiani (Università Cattolica, Fondazione ISTUD, ecc.) si sono sviluppati corsi specifici di narrative medicine, sia in connessione allo sviluppo dell antropologia medica di Byron Good e Brian Hurwitz, sia attraverso l originale coniugazione della medicina con gli studi umanistici e letterari. Appaiono così, accanto ai testi di anatomia, libri come «La morte di Ivan Ilic» di Tolstoj o «La montagna incantata» di Thomas Mann, o saggi come «Malattia come metafora» di Susan Sontag. A questo punto una domanda potrebbe sorgere spontanea: vista la necessità della medicina narrativa di essere un aspetto integrato e integrante nella formazione, nella pratica clinica e nell'attitudine personale di chiunque si occupi di salute, era altrettanto necessario darle una dimensione e un'importanza tale da farne un campo di studi a sé stante? Secondo i protagonisti della Narrative-based medicine era necessario perché, a quanto pare, solitamente non è un aspetto così integrato nella clinica, anzi. L'ascolto, e più in generale la relazione con il paziente nella sua totalità (psicofisica, storica e sociale), pare sia qualcosa di ormai talmente estraneo alla medicina intesa come prassi e sistema (i clinici durante un consulto interrompono i pazienti in media ogni 23 secondi) 3, che è emerso il bisogno di ribadirne l'importanza trovando nuovi nomi e nuove definizioni. La spinta analitica e industriale che ha portato la medicina a strutturarsi così com'è oggi e che ha consentito di raggiungere traguardi eccezionali in termini di conoscenza e di efficienza, sembra stia da tempo rivelando alcuni effetti collaterali. Il primo, tra quelli riscontrati, è proprio quello della progressiva disumanizzazione delle cure. Il complesso sistema (politico, economico e burocratico) di saperi frazionati, specializzazioni, protocolli, standard, certificazioni e statistiche, pur avendo aumentato l'aspettativa di sopravvivenza a cui si può ambire, ha effettivamente trasformato la gente in qualcosa che assomiglia più Pag. 5

6 Mattia Maccarone a un ingranaggio che a una persona in quanto tale. E questo vale sia per i pazienti, sia per i professionisti della sanità. Ed ecco allora che hanno cominciato a nascere movimenti culturali volti a reintegrare questa umanità perduta per strada, movimenti che sostengono la necessità di mettere in correlazione una medicina tecnocratica e autoreferenziale, con saperi provenienti dalle discipline umanistiche. E così nascono le medical humanities di cui la medicina narrativa è un esempio. Ma al di là delle descrizioni, delle declinazioni, degli esempi e delle spiegazioni della Narrative-based medicine, cosa c'è realmente dietro la creazione di questa disciplina? È veramente il bisogno di recuperare un modo di fare medicina e di prendersi cura dei pazienti che contempli l'indeterminato, la soggettività e l'incertezza, o è la necessità di creare un nuovo sistema per il mantenimento dei costi in sanità che rientri nell'apparato della medicina difensiva? Sembra infatti che il sistema medicina narrativa sia lontano dall'essere un lusso che la sanità non si può permettere, anzi, al contrario, potrebbe essere un valido strumento di contenimento dei costi che è ancora in fase di sperimentazione. Il tutto rientra in un concetto di sostenibilità della medicina narrativa che, oltre a fornire metodologie e approcci, suggerisce anche un modello. Un modello orientato alla riduzione degli sprechi (esami non necessari, ricoveri inutili, terapie inappropriate), al consolidamento del rapporto con il paziente (una medicina difensiva che riduce i rischi di denunce), al coordinamento dei processi interni alle strutture (spesso poco presidiati) e al miglioramento del rapporto fra processi interni ed esterni (territorio) 4. Pag 6

7 Master in La scienza nella pratica giornalistica 1. Definizione, ruolo ed efficacia della medicina narrativa 1.1 Sviluppo del fenomeno narrative medicine Dall 11 al 13 giugno 2014 si è svolta a Roma la Consensus Conference sulla medicina narrativa, promossa dal Centro Nazionale Malattie Rare dell Istituto Superiore di Sanità. Una giuria di esperti, medici e associazione di pazienti si è confrontata sulla creazione delle linee di indirizzo necessarie per la definizione e l applicazione della medicina narrativa nella pratica clinica del nostro paese. I partecipanti hanno cercato di circoscrivere, capire e organizzare un ambito sfuggente e stratificato come quello della medicina narrativa, grazie all aiuto di un analisi dettagliata di studi e sperimentazioni offerta da un pool di studiosi ed esperti. Quali studi, evidenze, trial mostrano che la medicina narrativa è efficace e funziona? Le linee di indirizzo della Consensus Conference hanno innanzitutto individuato la definizione più efficace del sistema medicina narrativa in Italia: Con il termine di «medicina narrativa» (mutuato dall inglese narrative medicine) si intende una metodologia d intervento clinico-assistenziale basata su una specifica competenza comunicativa. La narrazione è lo strumento fondamentale per acquisire, comprendere, e integrare i diversi punti di vista di quanti intervengono nella malattia e nel processo di cura. Il fine è la cocostruzione di un percorso di cura personalizzato e condiviso (storia di cura). La medicina narrativa si integra con la medicina basata sulle evidenze e, tenendo conto della pluralità delle prospettive, rende le decisioni clinico assistenziali più complete, personalizzate, efficaci e appropriate. La narrazione del paziente e di chi se ne prende cura è un elemento imprescindibile della medicina contemporanea, fondata sulla partecipazione attiva dei soggetti coinvolti nelle scelte. Le persone, attraverso le loro storie, diventano protagoniste del processo di cura. La definizione delle linee di indirizzo si affianca ai concetti di Pag. 7

8 Mattia Maccarone Brian Hurwitz, uno dei maggiori esperti della Narrative-based medicine, che con parole più semplici inquadra la materia come quello che viene circoscritto tra il professionista sanitario e il paziente, a partire dalla raccolta di informazioni su eventi precedenti alla malattia, a come la malattia si è manifestata, con attenzione ai risvolti psicologici, sociali e ontologici, ovvero esistenziali del paziente. La medicina narrativa si occupa infatti di come la persona viva il suo essere ammalato, e di quale possa essere l'eventuale significato di un percorso di cura da avviare insieme al proprio terapeuta o gruppo di cura di riferimento. Il rischio di fallimento degli obiettivi di cura si origina dal possibile disallineamento di significato tra un eventuale medico, o terapeuta, e il suo paziente. Un esempio valido che inquadra bene il problema è raccontato dallo stesso Hurwitz nel suo libro «Incontro tra narrazioni ed evidenze per una sanità da trasformare» - Una signora anziana di ottant'anni, vedova da cinque anni con due figli che di frequente entrano ed escono dal carcere, viene chiamata dal suo medico di famiglia perché da molto tempo non viene visitata e quindi le prescrive una serie di esami di routine: leggendo i risultati delle analisi emerge un quadro di ipertensione e di diabete, come indicato dal tasso di glicemia e di emoglobina glicosilata. Il medico, molto scrupoloso nella gestione del diabete e dell'ipertensione di questa anziana donna, le prescrive dei farmaci; poi guarda la signora per cercare di capire se ha ben compreso tutti i passaggi clinici necessari. Lei, dopo averlo ascoltato con attenzione, risponde semplicemente così: Jack è morto e i miei figli se ne sono andati. Ecco cosa significa disallineamento: il medico è concentrato sulla malattia, la disease, e sui parametri biochimici, mentre la signora gli comunica di nascosto che ha un grave problema esistenziale e che l'ultima delle sue priorità è curare la sua malattia. Il prendersi cura di questa signora avrebbe previsto l'andare oltre la patologia diabetica per accogliere il suo malessere esistenziale che deve riprendersi ancora, dopo cinque anni, dal lutto della morte del marito e dal suo possibile fallimento come madre in quanto i suoi figli sono, agli occhi della società, Pag 8

9 Master in La scienza nella pratica giornalistica pericolosi, e quindi da detenere in prigione - 5. Lo strumento della narrazione dovrebbe quindi aiutare chi ha una malattia a fare ordine, a dare un senso alle sue esperienze e a collocarle a livello spazio-temporale, in modo da farlo diventare un meccanismo terapeutico. Dall'altra parte aiuterebbe il curante a conoscere la persona che ha davanti, a costruire percorsi di cura condivisi e a migliorare la compliance, ossia l'adesione ai trattamenti proposti dal terapeuta. Non solo: negli Stati Uniti, alla fine degli anni novanta, l'esplosione della NBM ha portato al fiorire di seminari di letteratura e gruppi di lettura riservati ai medici, anche nell'ottica di far fronte al burnout, ovvero all'esaurimento della spinta ideale e psicologica a portare avanti il proprio lavoro che può colpire proprio i medici più umanamente disponibili all'ascolto. I benefici della medicina narrativa sembrano quindi evidenti anche per i medici che, attraverso il confronto con il paziente, riscoprono gli aspetti umani della loro professione e superano più facilmente le frustrazioni a essa legate 2. Da una serie di lavori empirici e dalle pubblicazioni scientifiche dei professionisti che da anni si occupano di medicina narrativa, partendo da Harvard e passando per il King's College e il Queen Mary of London, fino ad arrivare alle università italiane e ai vari enti e fondazioni che si occupano di salute, si possono sintetizzare alcuni documentati vantaggi della medicina narrativa 6 : migliora la pratica clinica [Greebhalgh T., Hurwitz B., 1998; Hurwitz B., 2003]; permette una diagnosi più approfondita [Byron J. Good, 1999]; favorisce l'aderenza alla terapia [Vermeire E., Hearnshaw H., Van Royen P., 2001]; aiuta e consolida le scelte [Gordon D., Peruselli C., 2001]; favorisce le relazioni tra paziente, famiglia, medici e personale sanitario [Fins J., Guest R.S., Acres C.A., 2000]; migliora la qualità reale e percepita del servizio [Giarelli G., 2005]; Pag. 9

10 Mattia Maccarone migliora la strategia curativa [Zannini L., 2008]; riduce la sofferenza [Cepeda M.S., Chapman C.R., Miranda N., Sanchez R., Rodriguez C.H., Restrepo A.E., Ferrer L.M., Linares R.A., Carr D.B., 2008]; verifica e permette un feedback ampio sull'aderenza e la funzionalità della terapia [Greenhalg T., Chowdhury M., Wood G.W., 2006]; crea benefici per i malati cronici e favorisce la formazione di comunità che aiutano il paziente a livello sociale e psicologico [Greenhalgh T., 2009]; fornisce materiale utile da analizzare per nuove strategie di cura [Engblom M., Alexandersson K., Rudebeck C.E., 2009]. 1.2 L'esperienza della ASL di Firenze In Italia esistono diverse esperienze, come quella consolidata della ASL 10 di Firenze prima in Italia con l'azienda sanitaria di Reggio Emilia ad avere avviato progetti di approfondimento sulla narrazione (NBM) - in cui alcuni dipartimenti medici lavorano supportati dalle pratiche della medicina narrativa in modalità multidisciplinare e in continuità fin dal 2004 (progetto del laboratorio sperimentale di medicina narrativa coordinato dall Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con la European Society for Health and Medical Sociology e Pfizer Italia). Queste le tappe dell'approccio della ASL di Firenze alla NBM attraverso un percorso di formazione e ricerca: 2004 Primo seminario NBM: formazione di circa 70 persone 2005 Secondo seminario NBM: formazione di circa 50 persone 2006 Start up del progetto triennale NaMe (da NArrative MEdicine) Pag 10

11 Master in La scienza nella pratica giornalistica 2009 Convegno internazionale 12 gennaio 2012 dove partecipano 236 persone alla disseminazione dei risultati NaMe 2010 Start up progetto annuale NaMe 2011 Start up NAME 3 patologie croniche e malattie rare 2011 Viverla Tutta campagna per la raccolta storie su www. repubblica.it., il primo studio di Medicina Narrativa sul web 2012 costituzione del laboratorio di NBM in ASL I progetti NaMe promossi a Firenze si inseriscono nella logica di promozione della continuità assistenziale e dell'esigenza di formazione continua degli operatori sanitari. Per questo motivo, in parallelo all'avanzare del progetto NaMe, è stata effettuata attività di formazione, in modo da diffondere e valorizzare la cultura della Narrative based medicine. Il primo passo, negli anni , è stato appunto attivare un percorso formativo attraverso un seminario di una giornata e un corso di formazione di due giorni, volti a promuovere la cultura della NBM tra gli operatori dell'azienda sanitaria di Firenze. In totale hanno partecipato circa 70 operatori dell'azienda e del mondo del volontariato. Questi primi interventi hanno reso possibile l'individuazione di tre aree di applicazione o gravi patologie, da privilegiare per un primo intervento della NBM: oncologia, cardiologia e morbo di Alzheimer. In seguito al coinvolgimento dimostrato durante il primo percorso formativo, nel 2006 è stato poi attivato il primo progetto di ricerca NaMe, un progetto triennale inserito dal 2008 nel Laboratorio d'innovazione per la salute (LIS) della ASL di Firenze. Il primo obiettivo di NaMe è stato quello di promuovere l'integrazione della narrazione clinica della malattia, dal punto di vista biomedico (disease), come quella elaborata dai pazienti e dai familiari (illness) 1. Il secondo obiettivo è stato integrare le informazioni rilevate attraverso strumenti di rilevazione quantitativa (questionari di soddisfazione) con le indicazioni Pag. 11

12 Mattia Maccarone ottenute dalle narrazioni dei pazienti, al fine di produrre elementi di cambiamento qualitativo nel processo di cura. Il terzo obiettivo, infine, è stato integrare le linee guida e i care path (percorsi di cura) esistenti con i suggerimenti raccolti dall'ascolto dell'esperienza del paziente. Alla luce dei risultati ottenuti dal primo progetto, nel 2010 è stato lanciato, in continuità, un secondo progetto aziendale denominato NaMe2, il cui ambito di interesse ha riguardato i pazienti affetti da patologie cardiache croniche con diagnosi di infarto del miocardio o scompenso cardiaco, concentrandosi, in particolare, sulla relazione medico-paziente, in quanto le maggiori criticità emerse con il primo progetto in ambito cardiologico riguardavano il legame tra l'aderenza terapeutica e l'aspetto comunicativo nella relazione medico-paziente. Le tre diverse correnti (stream) di lavoro su cui si è concentrata la seconda ricerca hanno riguardato, quindi, il colloquio medico-paziente, la storia di malattia dei pazienti stessi e le storie di reclamo. Cronologicamente, in un primo momento, sono stati studiati i reclami presentati all'urp (Ufficio relazioni con il pubblico) nei confronti del Dipartimento di medicina per l'anno I reclami sono stati letti come se fossero delle vere e proprie storie, perché i cittadini, solitamente, presentano reclami descrittivi, non sintetici, che ricostruiscono la storia di malattia e il percorso di cura. Ciò ha permesso di analizzare e ricostruire complessivamente gli elementi problematici percepiti dai cittadini stessi, per cercare di ri-orientare e trasformare le criticità in una maggiore qualità dei servizi assistenziali. Mentre si portava a compimento il progetto NaMe2, in parallelo il Dipartimento di oncologia ha proseguito le tradizionali attività in medicina narrativa e nel laboratorio di psico-oncologia. Inoltre il reparto di Terapia intensiva dell'ospedale Santa Maria Nuova ha collaborato strettamente con NaMe2. I medici e il personale di questo reparto, non a caso, sono particolarmente attenti al rapporto con il paziente trovandosi a vivere ogni giorno situazioni piuttosto difficili e in circostanze di emergenza. Pag 12

13 Master in La scienza nella pratica giornalistica Dal 2012 è partito un altro progetto NaMe, il terzo, improntato sulla divulgazione e formazione in medicina narrativa. Gli interventi di NaMe3 riguardano i percorsi di assistenza ai pazienti con patologie rare nell'ambito della regione Toscana. L'approccio narrativo è stato sperimentato in più contesti operativi che corrispondono a specifici stream progettuali. In particolare gli obiettivi di questo terzo progetto hanno riguardato quattro punti 6 : la redazione e pubblicazione di articoli scientifici, sia a livello nazionale sia internazionale, nonché di materiale divulgativo all'interno di ospedali, ambulatori pubblici e privati, e consultori; la creazione di una rete locale, ragionale e nazionale di enti, associazioni, istituzioni e partner come laboratorio permanente sulla medicina narrativa; l'organizzazione e la gestione di un sistema di formazione che crei competenze specifiche per diffonderne la conoscenza e l'adozione; creare dei reparti/ambulatori che adottino la metodologia narrativa all'interno dei processi di assistenza e cura, anche a integrazione dei protocolli di Evidence-based medicine. L'utilizzo degli strumenti appropriati per la valorizzazione delle storie di cura e malattia come interviste semi-strutturate, videoriprese di colloqui, analisi dei reclami, uso di diari, poesia, gruppi di lettura e di analisi, ha sollecitato a Firenze come altrove il riconoscimento e la verifica di alcuni vantaggi, in particolare nei casi di persone affette da malattie croniche cardiologiche, oncologiche e colpite da Alzheimer. Questi sono stati i reparti e i soggetti coinvolti nel laboratorio sperimentale di medicina narrativa istituito dalla ASL di Firenze: Oncologia Cardiologia Terapie intensive Pag. 13

14 Mattia Maccarone Rischio clinico Comunicazione URP e Tutela Reumatologia Infermieristica Innovazione e sviluppo servizi sanitari Formazione Epidemiologia Educazione alla Salute Dipartimento Pianificazione e controllo Il lavoro integrato teorico e operativo da parte di metodologi e professionisti sanitari insieme, ha permesso l'ideazione e la realizzazione di un laboratorio sperimentale di medicina narrativa che, grazie alle esperienze consolidate attorno alla narrazione in sanità, potrebbe espandersi a livello nazionale. La speranza degli attori di questo progetto è che questo modo di agire già presente a Firenze e in altre aziende ospedaliere si possa diffondere in modo più uniforme sul territorio nazionale. Il dato reale è che i clinici sono divisi in specialità sempre più esperte e segmentate. Un altro obiettivo della medicina narrativa, come nel caso della ASL di Firenze, è anche quello di tentare la costruzione di legami tra queste specialità sempre più distanti. La formazione universitaria della classe medica solitamente non prevede un corso di comunicazione medico-paziente (oggi è presente in alcune facoltà come esame complementare) e l'insegnamento umanistico è delegato all'educazione, alla cultura generale, al buon senso e alla volontà di alcuni professori più inclini alle relazioni umane. Ufficialmente, a livello universitario, è contemplato l'esame di psichiatria obbligatorio per il futuro medico, e azioni come umanizzare, parlare, ascoltare e applicare la terapia della parola sono spesso riservate ai soli casi psichiatrici. Per il resto della popolazione dei pazienti il logos, la parola, è un elemento che sembra meno necessario di quanto lo sia invece il farmaco, in quanto solitamente non rientra nella formazione universitaria 7. Pag 14

15 Master in La scienza nella pratica giornalistica 1.3 Valore quantitativo e qualitativo a confronto Gli strumenti tipici del mondo quantitativo per esplorare l'organizzazione sanitaria sono i questionari rivolti sia ai professionisti sanitari sia ai pazienti. Campi tipici di un questionario per indagare una realtà sanitaria sono, ad esempio, il numero di pazienti da seguire, i tempi di attesa, la costituzione dell'équipe, il numero di farmaci e le indagini prescritte. Parametri classici di un questionario di qualità percepita di una struttura sanitaria sono: la modalità di organizzazione delle visite, gli orari e la qualità dei pasti, la pulizia e via dicendo. Questi sono strumenti già consolidati, facili da utilizzare e da analizzare; ma, da una ricognizione effettuata presso le direzioni sanitarie e generali degli ospedali, risulta che non è più un'epoca d'oro per i questionari - rapporto AGENAS (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) dell'aprile I professionisti che per anni hanno diligentemente compilato le interviste, ora, almeno in alcuni campi come quelli dei malati cronici e degli anziani, provano un forte rifiuto di fronte a questo strumento di misura se lasciato fine a sé stesso. Perché tale disagio? Perché spesso sono state eseguite analisi a cui non è stato poi dato riscontro ai professionisti, ovvero non è stato restituito il giusto feedback. Oppure è stato dato il feedback ma non sono state poi effettuate azioni di correzione e di miglioramento rispetto a quanto tenuto sotto controllo nelle indagini. Quanto poi ai questionari di qualità percepita dai pazienti, i campi da indagare riguardano principalmente dei servizi accessori alla cura e il livello qualitativo delle informazioni, e si applicano perché la certificazione della qualità richiede di registrare tali dati. Ma, ad esempio, è risaputo che, benché i pazienti continuino a segnalare la scarsa qualità del cibo in ospedale, spesso in ospedale si continua a mangiare male, proprio in un luogo dove potrebbe essere il nutrimento uno dei fattori di cura 7. La narrazione è effettivamente un mezzo che potrebbe intervenire là dove questionari, test, scale di misura e strumenti di utilizzo comune nelle organizzazioni sanitarie non riescano a cogliere la Pag. 15

16 Mattia Maccarone totalità degli aspetti di un fenomeno. Infatti, gli strumenti attualmente in uso nel sistema sanitario presentano alcuni limiti oggettivi come quello di indurre la persona a crearsi delle opinioni che non permettono la libera espressione, e quindi possono risultare non esaustivi rispetto al fenomeno indagato. L'aspetto più evidente è che il compilatore diventa un soggetto passivo che subisce lo strumento, anche perché non ci sono spazi di libertà per lasciare una testimonianza attiva. Nel pensare comune di molti statistici che agiscono nel panorama sanitario, i campi di risposta aperti non sono facilmente analizzabili e troppo spesso sono ritenuti problematici e non scientificamente attendibili. Differentemente, il contenuto di un racconto, contiene invece non soltanto considerazioni qualitative e aneddoti, ma anche numerosi dati quantitativi, un patrimonio conoscitivo importante che spesso non viene considerato ma che potrebbe fornire indicazioni nella comprensione di cosa sia di valore per il paziente. Bisogna inoltre considerare che il questionario è spesso vincolato temporalmente all'atto della compilazione, non c'è sempre la possibilità di calibrare il dato, di coglierne le sfumature, di modificarle e aggiornarle nel tempo. In questo contesto, la narrazione potrebbe effettivamente rappresentare uno strumento di raccolta informazioni più personale, flessibile e mirato. In uno studio del 2009 della Fondazione ISTUD, svolto in collaborazione con INAIL 8, sono state censite il numero delle persone in Italia che hanno avuto una lesione al midollo spinale in seguito a traumi sul lavoro, a incidenti stradali, ad attività sportive, oppure ad altre situazioni che abbiano comportato un grave danno improvviso. È risultato che le persone con lesione midollare sono una popolazione relativamente giovane: infatti l'80% dei casi si trova in una fascia di età che va dai 18 ai 40 anni. Si tratta di persone che rimangono in condizioni di disabilità da paraplegia o tetraplegia. Poter intervenire attraverso un programma sociale e sanitario adeguato significa voler ripristinare, nel più breve tempo possibile, una vita autonoma e indipendente in cui, nonostante le condizioni di disabilità, le persone possano inserirsi di nuovo nel Pag 16

17 Master in La scienza nella pratica giornalistica mondo relazionale e professionale. Nello studio del 2009 sono stati censiti 1531 casi di persone con paraplegia e tetraplegia. Presupponendo una durata media di ospedalizzazione in un centro specializzato pari a sei mesi per i nuovi casi è stata calcolata la proporzione tra il numero di posti letto qualificati e il numero di nuovi casi ricoverati. Il rapporto evidenzia come, nella fase di emergenza, i posti letto esistenti in Italia coprono il 77% del fabbisogno. Resta dunque un 23% di persone con una nuova diagnosi di lesione al midollo spinale che, durante la fase acuta, non trova adeguate risposte assistenziali. Questa percentuale diventa più favorevole nel Nord e nel Centro Italia, mentre al Sud la situazione è peggiore. Per posto letto qualificato si intende la possibilità di offrire un ricovero che sappia gestire le fasi più intensive della malattia, dall'insufficienza respiratoria alle manovre che portano a una corretta stabilizzazione della colonna vertebrale: ci si riferisce quindi a una fase acuta, da curare attraverso équipe multidisciplinari in centri ad alta specializzazione. Di fronte a questo dato quantitativo piuttosto preoccupante, la Fondazione ISTUD in collaborazione con INAIL ha voluto indagare i motivi di questa penuria di posti letto, e le storie dei pazienti sono state poi raccolte attraverso narrazioni libere Lo strumento della cartella parallela La cartella parallela è stata introdotta da Rita Charon 10 ed è lo strumento chiave della medicina narrativa. Nasce come integrazione alla schematizzazione della cartella clinica, il documento sanitario che accompagna il paziente nel suo iter di cura. La cartella clinica è un documento che ha valenza conoscitiva clinica, legale e amministrativa. Con l'avvenuta aziendalizzazione della sanità, in Italia, ma anche in altri paesi, la cartella clinica rappresenta l'atto attraverso cui avviene il rimborso del ricovero sanitario. Le schede di dimissione ospedaliera (SDO) sono i giustificativi con cui le diverse regioni italiane pagano le quote Pag. 17

18 Mattia Maccarone dei diversi DRG (Diagnosis Related Groups) e, quindi, riconoscono agli ospedali le loro prestazioni. In Italia il significato clinico della cartella sottende, dal 1992, un significato economico legge 502/92 aziendalizzazione della sanità italiana - ; si aggiunge anche un valore legale, in quanto, in caso di medicina difensiva, è la cartella clinica il documento che attesta l'insieme delle indagini diagnostiche e percorsi di cura erogati dai terapeuti nei confronti dei pazienti. La cartella è uno strumento di lavoro fondamentale in quanto permette il passaggio di conoscenze e informazioni cliniche sullo stato di salute del paziente tra gli operatori che si alternano nei turni di giorno e notte nelle strutture di ricovero: la sua compilazione deve essere quindi comprensibile, chiara ed esauriente all'équipe di cura per consentire il trasferimento informativo nel cambio turno e tra ruoli diversi tra medici, infermieri e altri operatori sanitari. Oggi le cartelle cliniche informatizzate sono luoghi di raccolta delle informazioni su supporto elettronico e facilitano la diffusione dei dati del paziente a tutti i membri dell'équipe, minimizzando il rischio di decifrazione di grafie non comprensibili e abbassando quindi il rischio di errore. Notevoli sono i benefici dell'informatizzazione delle cartelle cliniche per una dimensione organizzativa che riesca a diventare knowledge based (dove le corrette informazioni circolano a tutti i livelli appropriati) e ad applicare una dimensione di gestione del rischio che può derivare da disinformazione o informazione errata. Tecnicamente e scientificamente le cartelle cliniche contengono le check list con le serie di variabili cliniche che devono essere indagate e che descrivono lo stato di salute e malattia: le variabili registrate quindi si riferiscono più alla dimensione paziente (disease) che a quella di persona (illness). Sono dati legati alla medicina basata sulle evidenze per un ricavo basato sulle evidenze (vedi Cap. 3) e, infatti, su questa dimensione si sviluppa appunto il Disease Management, una pratica gestionale della malattia. La domanda era se questa cartella clinica fosse effettivamente sufficiente per come veniva impostata. Non era contemplato il Pag 18

19 Master in La scienza nella pratica giornalistica modo di vivere e di pensare della persona/paziente, i suoi valori di riferimento, ed erano nascoste anche le reazioni e le emozioni dei curanti di fronte al malato. Questa perdita informativa, principalmente nei casi in cui il paziente presenti una cronicità, ovvero una condizione di disequilibrio di salute che perdura nel tempo, si è cercato di colmarla attraverso l'introduzione della cartella parallela. La cartella si chiama parallela e non alternativa o sostitutiva : accompagna infatti, in modo parallelo, l'altra cartella, quella clinica, dall'inizio della presa in carico del paziente e poi per tutto il trattamento di cura. L'intento è quello di modificare la visione del fenomeno stesso: quindi non più solo la presa in carico del paziente ma anche il prendersi cura della persona e del curante. Ma in pratica, cos'è questa cartella parallela? È solo una pagina bianca, uno spazio di libertà espressiva dove il curante scrive le impressioni evocate dal paziente, e anche i fatti, ma non solo quelli clinici, come le vicende umane del paziente e del reparto che gli ruota attorno. Non bisogna essere né scrittori, né particolari creativi per scrivere una cartella parallela: basta una penna, un pezzo di carta o un computer qualsiasi Intervista a Stefania Polvani, sociologa, dirigente della struttura di Educazione alla Salute e coordinatrice del laboratorio di Medicina Narrativa della ASL di Firenze. Quali sono state le motivazioni che hanno spinto la ASL di Firenze a essere uno dei primi esempi in Italia a interessarsi di medicina narrativa? Non ci sono state motivazioni vere e proprie. L esperienza di Firenze è nata molto spontaneamente, e anche un po casualmente. In pochissimo tempo, nel 2004, con una mia collega ci siamo confrontate su quello che girava intorno ai metodi qualitativi in sanità. Abbiamo notato entrambe questa realtà che veniva dalla Pag. 19

20 Mattia Maccarone Harvard University, a partire da Byron Good, e che parlava di medicina basata sulla narrazione. Da qui abbiamo avuto l idea di fare una giornata formativa, un seminario, con l approvazione del direttore sanitario. Nonostante ci aspettavamo poche persone che avrebbero partecipato all evento, se ne presentarono circa 70, e capimmo che l interesse era molto alto. Parlammo di medicina basata sulla narrazione, ma parlammo anche di alleanza terapeutica, di metodi qualitativi, e da lì in poi è stato un crescendo di bisogni espressi da parte degli operatori. Quindi abbiamo continuato, prima con un altra formazione, e poi con una storia che dura da dieci anni fatta di sperimentazione di strumenti e metodi qualitativi; fino a oggi, dove siamo principalmente in una fase di disseminazione. I reparti che sono stati coinvolti hanno fatto la loro storia e la loro sperimentazione pubblicando un libro e un paper. A dieci anni di distanza siamo passati dalla formazione alla sperimentazione di metodi all interno di realtà operative come la cardiologia, la terapia intensiva, l oncologia, l Alzheimer, la reumatologia, fino alla costruzione di questo laboratorio che interessa molte strutture dell azienda. Adesso cerchiamo di disseminare la nostra esperienza in un momento storico in cui questo aspetto della medicina basata sulla narrazione, e l importanza delle storie, sono d forte interesse nazionale e internazionale. A proposito del laboratorio di NBM creato nella ASL di Firenze nel 2012, quali sono stati i risultati e gli obiettivi raggiunti che, a partire dai primi seminari di medicina narrativa del 2004, passando per il progetto NAME degli anni seguenti, hanno permesso la sua realizzazione? Con dieci anni di lavoro il risultato principale è stato quello dell organizzazione di un laboratorio, e quindi di soggetti istituzionali, che hanno e hanno avuto degli obiettivi in parte separati. Come quello del reparto di terapia intensiva, che ha tentato di raccogliere delle storie di malattia e di cura per poter fare anche un ragionamento di tipo organizzativo, anche a livello di Pag 20

21 Master in La scienza nella pratica giornalistica team professionale. La cardiologia invece, ad esempio, sta sperimentando un decalogo del buon medico e del buon paziente, molto semplice e strutturato su dieci regole a specchio: dieci per il medico e dieci per il paziente. Questi sono due esempi, tra i tanti, che illustrano alcuni dei risultati e degli obiettivi raggiunti. I risultati ottenuti sono quelli di un cambiamento di paradigma in cui la medicina narrativa cerca, attraverso l importanza di una singola storia, di integrare le conoscenze e le evidenze che la sanità in questo momento possiede attraverso la EBM. I risultati ottenuti sono supportati anche da dati statistici significativi che quantificano l'efficacia della medicina narrativa nel corso di questi anni di sperimentazione? Dati statistici e narrazione non sono parenti. Visto che la sanità e la medicina sono guidate dalla EBM, la NBM cerca un integrazione e non una sostituzione. L identità della Narrative based medicine non è l identità della Evidence based medicine. Un esempio: quando abbiamo deciso di fare trenta interviste, dieci in cardiologia, dieci in oncologia, e dieci a malati di Alzheimer, abbiamo seguito il criterio della non ripetitività, non della dimensione statistica del campione. Per cui, una singola storia, può far capire tutto quello che si vuol sapere da quel tipo di argomento. È l opposto della EBM. Per cui dieci interviste non sono né poche né tante, ma nel nostro caso, dopo tre o quattro risposte, solitamente ricorrevano gli stessi elementi. A parte l'entusiasmo iniziale per un progetto così interessante a livello umano, come è stata presa a lungo andare la sua messa in pratica da parte del personale sanitario? Ancora come un'opportunità o con il tempo è diventato un peso a fronte della già vasta mole di lavoro da svolgere? A lungo andare la messa in pratica della medicina narrativa non so Pag. 21

22 Mattia Maccarone se ha seguito lo stesso entusiasmo iniziale. Non so neanche se si possa parlare di vero e proprio entusiasmo. Però ha di certo avuto un valore peculiare nella partecipazione diretta degli operatori. Ci sono molte realtà che lavorano o hanno lavorato con la medicina narrativa e gli operatori sono stati coinvolti direttamente. Quindi non è stato un percorso solamente culturale ma è stato un percorso in cui la messa in pratica ha visto il mettersi in gioco degli operatori con focus group che hanno elaborato in profondità le interviste raccolte dalle storie dei pazienti. Nel libro «Medicina narrativa in terapia intensiva. Storie di malattia e di cura», Armando Sarti, primario di terapia intensiva dell ospedale Santa Maria Nuova della nostra ASL, lo spiega molto bene. Sarti afferma che alcune decisioni organizzative le ha prese dopo aver sentito le storie. Per cui questo aspetto del tempo diventa un opportunità, non diventa un peso. Almeno questo è quello che posso dire io, anche se bisognerebbe sentire chi è coinvolto personalmente. Anche perché è comunque un aspetto più che altro culturale, c è solo da allenarsi a una buona comunicazione e a un aspetto relazionale leggermente diverso. Cartelle parallele, questionari, storie e interviste. Una volta catalogato e raccolto questo materiale come diventa utile ai vostri scopi? L aspetto dell analisi qualitativa in medicina narrativa è complesso e richiede una formazione specifica. Noi abbiamo utilizzato l analisi del testo e abbiamo impiegato tempo per leggere e rileggere le storie e le interviste insieme ai professionisti che hanno una borsa di studio per questo progetto. Abbiamo anche sperimentato questo software di elaborazione statistica che si chiama NVivo. Anche se ci sono software come questo, o ATLAS, ad esempio, che ci fanno risparmiare tempo e portano dritti alla meta, nella NBM il tema principale è sempre quello della centralità della persona e la parola chiave è l ascolto. Pag 22

23 Master in La scienza nella pratica giornalistica In che modo questi software elaborano dati di tipo qualitativo? Il software NVivo è stato utilizzato per raccogliere i dati di Viverla Tutta che sono stati poi portati direttamente all ISS. Le storie di Viverla Tutta erano 812 e più di 2500 risposte ai questionari. Se fossero stati dati quantitativi avremmo usato parametri statistici come media, mediana, scostamento dalla media, ecc. Invece qui abbiamo concetti, ma anche i concetti nel ripetersi delle stesse esperienze, come lo sono le storie di cura e di malattia, chiaramente sono ricorrenti. Per cui per prima cosa abbiamo letto tutte le storie, poi estrapolato i concetti ricorrenti (come il presentarsi dei sintomi, il rapporto paziente-medico, ecc.) e in seguito li abbiamo strutturati dentro NVivo, dove sono emersi elementi chiave come, ad esempio, il rapporto medico-paziente nel disease. Questo materiale è ancora utile anche quando il paziente è stato dimesso? La risposta è molto difficile. Posso rispondere con le parole del nostro primario di cardiologia, parole che non ho mai dimenticato. Una volta disse durante una sessione pubblica: «Io ho imparato più da una storia che da molte meta-analisi della letteratura». Per cui, indipendentemente dall esito del percorso di cura del paziente, anche dopo la sua dimissione dall ospedale, quella storia resta utile: perché ci si è lavorato sopra, è stata ascoltata e magari ha cambiato le persone aiutandole a riflettere su una condizione particolare, indicando una strada che attraverso l EBM non era chiara. Le storie di cura e di malattia hanno questo valore, questa potenza, perché viaggiano non solo nella parte di informazione ma anche nella parte delle emozioni. Quando hai letto una storia, se per qualche motivo ti è arrivata, può cambiare il tuo modo di vedere le cose. Con questo non voglio dire che gli operatori sanitari senza la medicina narrativa non ascoltano le storie, ma se Pag. 23

24 Mattia Maccarone lavori con la NBM la consapevolezza con cui dai importanza alle singole storie di cura e di malattia cambia un po il paradigma. Quindi se una storia è stata utile in un certo momento, la stessa storia può tornare utile sempre, anche quando il paziente è stato dimesso. 2. L'importanza della narrazione 2.1 Effetto terapeutico del raccontarsi «Il pensiero narrativo non è da considerarsi in opposizione al mondo astratto e assertivo del pensiero scientifico. La logica narrativa opera, infatti, in maniera semplicemente diversa e complementare: non generalizza, ma resta radicata al particolare e alla sua interpretazione simbolica. L'interesse per la forma narrativa sta tutto qua: nella sua possibilità di offrirci una strada per comprendere l'incomprensibile, spiegare l'inspiegabile al di là del pensiero razionale» con queste parole nel novembre 2011 il sociologo Guido Giarelli, uno dei protagonisti della medicina narrativa in Italia, comincia un articolo su repubblica.it intitolato «Pazienti e svolta narrativa oltre il pensiero razionale». Le testimonianze dei pazienti possono essere raccontate per iscritto fino a trasformarsi in diari che a volte assomigliano a delle vere e proprie opere di narrativa. Inoltre, che la scrittura sia di per sé una forma di terapia è stato dimostrato da diverse pubblicazioni negli ultimi vent'anni 11. La lista dei benefici attesi è lunga: meno stress durante le visite con il proprio curante, migliora il funzionamento del sistema immunitario, abbassa la pressione del sangue, l'umore è più sereno e si riducono i sintomi depressivi; diminuiscono i giorni di ospedale, si abbassa l'assenteismo dal lavoro e migliorano le relazioni interpersonali. Tutti questi vantaggi quindi si riflettono sulla persona, sulla famiglia e in ambito sanitario, e sembra siano raggiungibili grazie all'introspezione riflessiva e alla calma generata dalla scrittura del proprio modo di essere e di vivere che, Pag 24

25 Master in La scienza nella pratica giornalistica in questo caso, coinvolge la malattia. Come mai scrivere e narrare di sé funziona? Secondo la psicologa clinica Karen Baikie la scrittura permette di affrontare emozioni inibite in precedenza, di cui la persona difficilmente aveva percezione: «consente un'elaborazione cognitiva in cui è probabile che lo sviluppo di una narrazione coerente aiuti a riorganizzare e strutturare ricordi traumatici, generando schemi interni più adattabili e meno oscuri». Nel 2004 un gruppo di ricercatori dell'università di Toronto, in Canada, ha pubblicato una revisione di tutti gli studi sull'argomento dimostrando che le aree cruciali per queste elaborazioni risiedano nella corteccia mediale e laterale, sede della memoria di lavoro. Questa funzione cognitiva consente di tenere a mente le sequenze di eventi narrati fino a ricomporne il significato. Sempre grazie alla corteccia prefrontale si riesce a immaginare lo sviluppo di una storia nel tempo e nello spazio. La corteccia del cingolo invece sembra essere necessaria ad aggiungere alle storie una dimensione spaziale e a creare le immagini mentali che le accompagnano, spesso grazie all'enorme archivio visivo costituito dai nostri ricordi. Le principali aree cerebrali deputate alla teoria della mente sono la corteccia prefrontale mediale, la giunzione temporo-parietale e parte del lobo temporale. Si attivano quando ascoltiamo o creiamo storie, per consentirci di capire i sentimenti dei personaggi e di immedesimarci in essi. Questa funzione offrirebbe dei vantaggi, dal momento che consente di interagire con gli altri sul piano sociale 12. Queste evidenze sono utili a organizzatori e programmatori dell'offerta di cura perché permettono di ripianificare caremaps più aderenti ai valori esistenziali dei pazienti. I diari dei pazienti sono delle cronache del loro percorso di cura: da «Lo scafandro e la farfalla» di Jean-Dominique Bauby, la storia autobiografica di un malato di una tetraplegia in gravissime condizioni che detta il suo diario con un battito di ciglia, fino a Tiziano Terzani che, con «Un altro giro di giostra», narra da cronista il suo viaggio tra Oriente e Occidente per la cura del suo tumore, fino a quaderni meno noti Pag. 25

26 Mattia Maccarone che permettono di leggere e comprendere il rapporto tra individuo, ambiente, malattia e cura. La grande maggioranza di questi non è stata pubblicata: una produzione di diari che, seppur non condivisi con la comunità di lettori, rappresenta un grande approfondimento sui temi della cura e conserva il suo significato anche se non è presente in libreria, nelle pubblicazioni e in rete La narrazione inoltre è un punto centrale di tutte le psicoterapie, che sono definite appunto come terapie della parola, o talking cure: «A usare per la prima volta questo termine per definire la nascente psicoanalisi è una delle prime pazienti di Freud, Bertha Pappenheim, passata alla storia come Anna O. e in seguito diventata sociologa femminista», ricorda Clara Mucci, psicoterapeuta e docente all'università di Chieti. «La piscoanalisi nasce dal racconto di queste storie femminili, da questi corpi repressi che parlano attraverso i sintomi. È lo stesso Freud a descrivere come i sintomi spariscano via via che le pazienti ritrovano la parola ricostruendo un tassello della loro storia: tra narrazione e guarigione, in questa fase, c'è una relazione che non si è mai più ripetuta». Secondo Franco del Corno, psicologo e psicoterapeuta, presidente per l'italia della Society for Psychotherapy Research: «Il racconto non è più visto come un messaggio che arriva da un emittente a un ricevente, e che il curante è chiamato a commentare come diceva Foucault, ma come percorso di co-costruzione. Un concetto centrale che non vede più il terapeuta e l'analista come esterno alla storia ma come interno». «Il lavoro terapeutico consiste nel ristrutturare questa teoria portandola a una condivisibilità intersoggettiva», in questo modo la storia sta al centro del processo di guarigione: «L'obiettivo è aiutare il paziente a costruire una teoria di sé e del mondo più partecipata e più comprensibile, e raccontare una storia che gli altri possano condividere» sottolinea Del Corno 13. Pag 26

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