Verso un Etica... Molecolare? Pietro Pietrini, Silvia Pellegrini
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- Gianluigi Gattini
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1 Verso un Etica... Molecolare? Pietro Pietrini, Silvia Pellegrini Professore Ordinario di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Pisa. Ricercatrice Confermata di Biologia Molecolare, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Pisa. E da lungo tempo, probabilmente da sempre, che l uomo si interroga sul senso della sua stessa esistenza. Per secoli i filosofi si sono confrontati con le medesime domande sul significato stesso della vita, del nostro agire, del bene comune, in senso più ampio, sul perchè delle cose. Quanto siamo liberi e quanto siamo determinati nel nostro agire? Come scegliamo tra ciò che è giusto e ciò che è ingiusto, tra ciò che è bene e ciò che è male? E, ancor prima, cosa è bene e cosa è male? Già in Platone, e nei suoi predecessori, troviamo una disquisizione elegantissima su queste questioni, così fine che qualcuno potrebbe persino chiedersi se negli oltre due millenni successivi sia stato aggiunto qualcosa di veramente nuovo rispetto alle argomentazioni de La Repubblica e degli altri scritti platonici (Platone, 1997). Quel che è certo è che secoli e secoli di riflessioni filosofiche non hanno portato ad avanzamenti rilevanti nella comprensione di chi siamo e di come diventiamo coscienti del mondo che ci circonda e di noi stessi. Il notevole sviluppo delle neuroscienze nelle ultime decadi ha messo a disposizione dei ricercatori sofisticate metodologie per lo studio dei correlati neurali che sottendono le più disparate manifestazioni della mente umana e le sue disfunzioni (es. Nichelli e coll., 1995; Pietrini e coll., 1996, 2000 a, b; Koechlin e coll., 1999; Pietrini 2003a, b). Le implicazioni di queste ricerche si estendono ben al di là delle neuroscienze e della medicina ed arrivano a coinvolgere la filosofia, l etica, la giurisprudenza, solo per citare quelle discipline che più strettamente riguardano l interessante articolo bersaglio di Lavazza e Sartori, al quale questo breve commento fa riferimento. 1
2 Le neuroscienze dunque sono e sempre più diventeranno uno strumento potentissimo per comprendere le relazioni più intime che legano mente e cervello e, in ultima analisi, le basi neurobiologiche della coscienza stessa (Laurey e Tononi, 2009). Se pur è vero che queste conoscenze ci permetteranno di meglio definire il senso della natura umana e il modo in cui possiamo e dovremmo interagire socialmente (Gazzaniga, 2005), ci si domanda se abbiano davvero una ragion d essere termini come Neuro-Phylosophy, Neuro-Ethics, o addirittura Neuro- Law - per non parlare di Neuro-Economy, Neuro-Politics, e Neuro-Marketing. L impiego indiscriminato del prefisso Neuro appare riduttivo nei confronti di discipline che si avvalgono di una moltitudine di strumenti di indagine per studiare l essere umano quale membro appartenente ad una comunità sociale altamente complessa e intricata e non può non far sorridere chi, come chi scrive, trova improprio persino lo stesso termine Neuro-Imaging, dizione con la quale generalmente si fa riferimento agli studi che impiegano le metodologie di esplorazione metabolico funzionale del cervello (Pietrini e coll., 1996; Pietrini 2003a, b). Ma, peggio ancora, rischia di trascinare nella fossa comune della Neuro-Mania (Legrenzi e Umiltà, 2009) tanto la ricerca seria quanto lo studio ad effetto mediatico. Dunque, piuttosto che di Neuroetica, riteniamo sia preferibile parlare di Neuroscienze ed Etica o, per dirla con A. Roskies (2002), di neuroscienze dell etica, intendendo con ciò il contributo che le acquisizioni delle ricerche neuroscientifiche possono dare per rispondere alle questioni che l etica si pone da sempre. Su questo tema, nel loro articolo bersaglio, Lavazza e Sartori passano in rassegna alcuni importanti aspetti legati al libero arbitrio, alla personalità e all imputabilità e sollevano questioni che, lungi dal poter essere trattate in maniera esaustiva in un solo articolo, sono state oggetto di convegni e trattati multidisciplinari degli ultimi anni, alcuni dei quali coordinati dagli stessi autori (es., De Caro, Lavazza e Sartori, 2010). Se era già documentato fin dall ottocento che lesioni traumatiche di certe zone dell encefalo potevano portare ad evidenti cambiamenti del comportamento e della personalità si pensi al famoso caso di Phineas Gage descritto dal medico John Harlow (Harlow, 1848) negli ultimi trenta 2
3 anni lo sviluppo delle metodologie di esplorazione funzionale del cervello, quali la tomografia ad emissione di positroni (PET) e la risonanza magnetica funzionale (fmri), ha reso possibile indagare i correlati nervosi cerebrali implicati non solo in processi cognitivi come attenzione e memoria, ma anche in funzioni mentali più complesse ed elusive come l esperienza emotiva, il controllo degli impulsi, il giudizio morale, il rispetto delle norme. Parallelamente, i grandi progressi della biologia molecolare e della genetica, con la decodifica del genoma umano e l identificazione di varianti alleliche, hanno permesso di cominciare a comprendere il ruolo svolto dal patrimonio genetico nel determinare non soltanto i tratti fisici dell individuo ma anche la predisposizione a sviluppare caratteristiche della personalità (Pellegrini, 2009; Pellegrini e Pietrini 2010). Prendere in esame i risultati e le implicazioni dei diversi studi di esplorazione funzionale del cervello o di genetica molecolare condotti nella popolazione generale e in soggetti criminali ricadrebbe ben al di fuori degli scopi di questo breve commentario, e pertanto si rimanda a trattazioni separate e ai lavori in esse citati (es., Grafman e coll., 1996; Pellegrini, 2009; Pellegrini e Pietrini, 2010; Pietrini, 2007; Pietrini e coll., 2000a, 2003 a, b; Pietrini e Bambini, 2009). Riteniamo invece di proporre alcune riflessioni a carattere generale. Le nuove acquisizioni delle neuroscienze ricordate sopra, infatti, hanno riaperto il dibattito su quanto l individuo sia veramente libero e responsabile delle proprie azioni (libero arbitrio) o quanto invece sia determinato nel suo agire. Ciò ha una prominente rilevanza anche in campo giuridico. Come è noto, presupposto del sistema penale è che l individuo sia dotato di libero arbitrio, ossia sia in grado di distinguere il bene dal male e di decidere di agire in un senso o nell altro. Su questo presupposto si fonda il principio dell imputabilità, che caratterizza gli ordinamenti giuridici retributivistici, tipici di tutte le società progredite. La riconosciuta incapacità di intendere e di volere rappresenta ragione di esclusione o riduzione della pena pressocchè ovunque. Ebbene, se il controllo del comportamento e dell aggressività è riconducibile a precisi circuiti nervosi, non è ipotizzabile che una qualsiasi alterazione di questi circuiti congenita o acquisita, morfologica o funzionale possa portare ad un comportamento abnorme che sfugge al controllo intenzionale dell individuo, anche in assenza di 3
4 una conclamata patologia di rilevanza clinica? Possiamo in tali casi continuare a parlare di piena capacità di intendere e di volere? E ancora, in che termini possiamo definire il libero arbitrio quando dalla genetica molecolare apprendiamo che avere un certo allele invece di un altro aumenta in maniera significativa la spinta a cercare situazioni estreme, anche al di fuori della legalità, e quindi la probabilità di arrivare a commettere un crimine (Pellegrini e Pietrini, 2010; Rigoni e coll., 2010)? A ben pensarci, la questione generale riguarda la nostra capacità di osservazione, cioè la capacità che abbiamo di identificare una condizione di alterazione, di allontanamento dalla condizione di funzionamento fisiologico, che possiamo definire patologica. Se vogliamo essere ancora più precisi, il primo punto fondamentale, conditio sine qua non per l identificazione della condizione patologica, è la definizione dei limiti della condizione fisiologica, cioé la definizione di quell ambito all interno del quale operiamo in condizioni di funzionamento fisiologico. Questi concetti si applicano non solo alle neuroscienze ma alla medicina in generale e, come vedremo, hanno importanti ripercussioni anche al di fuori di questi domini. Fino a tempi non lontani, la diagnosi in medicina si avvaleva sostanzialmente dell esame clinico, ove possibile integrato con esami ematochimici ed indagini strumentali relativamente semplici (si pensi all elettrocardiogramma o alle radiografie). In questi casi l identificazione di uno stato di alterata funzionalità, cioè la diagnosi di una condizione patologica, avveniva quando gli effetti di quella patologia si erano già in gran parte manifestati, cioè quando il paziente presentava sintomi e segni indicativi del fatto che la condizione fisiologica era venuta meno. L avvento di metodologie di indagine assai più sofisticate - si pensi alla tomografia assiale computerizzata, alla risonanza magnetica nucleare, a tutte le indagini molecolari genetiche - ha grandemente aumentato la nostra capacità di identificare condizioni patologiche nelle fasi pre-cliniche o sub-cliniche, cioè in soggetti che manifestano poco o nulla della fenomenica clinica, ma che hanno già in atto un processo patologico che comporta un alterazione dell omeostasi funzionale di quel determinato sistema. Nella malattia di Alzheimer, per citare un esempio, l impiego combinato di queste metodologie ha 4
5 permesso, in caso di soggetti a rischio (quali gli individui con storia familiare di malattia di Alzheimer a trasmissione autosomica dominante o con fattori genetici di vulnerabilità), di identificare alterazioni morfologiche e/o funzionali in determinate strutture cerebrali e quindi di fare diagnosi addirittura anni prima della comparsa del quadro clinico (Pietrini e coll., 2000b; Nordberg, 2009). Tutto questo ha potenzialmente importanti implicazioni per l etica e la giurisprudenza. Come nella medicina, l aumentata risoluzione della capacità di osservazione potrà spostare il livello di analisi da un mero piano fenotipico, cioè dall esame di ciò che può essere apprezzato esteriormente, ad un piano più propriamente di meccanismi cerebrali, cioè di esame del funzionamento delle strutture cerebrali che sottendono determinate capacità. E così, se oggi la capacità di intendere e di volere in un individuo che abbia manifestazioni indicative di un quadro clinico di demenza frontale o di psicosi dissociativa sarà verosimilmente considerata ridotta, un domani come potrebbe essere considerata la capacità di intendere e di volere di un individuo che abbia una misurabile disfunzione di circuiti fronto-limbici deputati al controllo dell impulsività e dell aggressività, seppur in assenza di un conclamato quadro clinico di demenza o psicosi? Non sarebbe, suddetto individuo, paragonabile ad un paziente con una lesione dell area di Broca e che certo nessuno riterrebbe colpevole per non essere in grado di comunicare? La questione è di grande delicatezza e complessità e il condizionale è d obbligo per una domanda che altrimenti potrebbe suonare irragionevole e provocatoria o far pensare che il neuroscienziato voglia prendere il posto del giudice. Al contrario, lo scopo delle neuroscienze è quello di far luce sulle basi biologiche delle funzioni mentali e del comportamento, e, se possibile, fornire al giudice ulteriori elementi di valutazione. Se è vero che nessun pixel o nessun allele genetico può determinare la colpevolezza, resta il fatto che il controllo dell individuo sull azione sembra essere meno forte quando sussistono alterazioni morfologiche e/o funzionali. Tant è che, in alcuni casi, i pixel e i geni sono già stati usati nelle aule di tribunale (Garland, 2004; Greene & Cohen, 2004; Pietrini 2007; Rigoni et al., 2010). 5
6 L avanzamento delle conoscenze scientifiche comporta inevitabilmente la riconsiderazione di altri concetti etici e giuridici oltre a quelli discussi in questo commentario. Si pensi all impatto che le biotecnologie e le metodologie di terapia intensiva stanno avendo sulla definizione stessa della vita (e della morte) e le conseguenti implicazioni per quel che riguarda aborto, eutanasia, fecondazione assistita, vita vegetativa (Singer, 1994). Non è passato molto tempo da quando le malattie mentali venivano suddivise in organiche e funzionali, a seconda che fossero accompagnate o meno da un alterazione visibile, come le pieghe atrofiche del cervello del demente. Questo non rifletteva altro che la nostra incapacità di spingerci oltre a ciò che potevamo vedere letteralmente ad occhio nudo. I progressi delle neuroscienze ci hanno portato ad avere un microscopio potentissimo per scrutare le più intime interazioni biochimiche che sottendono le funzioni cerebrali. Come clinici, tuttavia, non dobbiamo mai dimenticare che la mente umana potrà anche esprimersi attraverso una catena di eventi molecolari, ma non sarà mai una mera questione di molecole (Pietrini, 2003). 6
7 BIBLIOGRAFIA DE CARO M., LAVAZZA A., SARTORI G. (eds.). (2010). Siamo davvero liberi? Le neuroscienze e il mistero del libero arbitrio. Torino: Codice Edizioni. GARLAND B. (2004). Neuroscience and the Law; Brain, Mind, and the Scales of Justice. Dana Press. GAZZANIGA M.S. (2005). The ethical brain. New York: The Dana Press. GRAFMAN J, SCHWAB K, WARDEN D, PRIDGEN A, BROWN HR, et al. (1996). Frontal lobe injuries, violence, and aggression: A report of the Vietnam Head Injury Study. Neurology, 46: GREENE J., COHEN J.D. (2004). For the law, neuroscience changes nothing and everything. Phil Trans. R. Soc. Lond. B. Biol. 359, HARLOW J. (1848). Passage of an iron bar through the head. Boston Med Surg J 13: KOECHLIN E., BASSO G., PIETRINI P., PANZER S., GRAFMAN J. (1999). The role of the anterior prefrontal cortex in human cognition. Nature, 399: LEGRENZI P., UMILTA C. (2009). Neuro-mania. Il cervello non spiega chi siamo. Bologna: il Mulino. NICHELLI P., GRAFMAN J., PIETRINI P., CLARK K., LEE K.Y., MILETICH R. (1995). Where the brain appreciates the moral of a story. Neuroreport, 6: NORDBERG A. (2009). The future: new methods of imaging exploration in Alzheimer disease. Front Neurol Neurosci, 24: PELLEGRINI S. (2009). Il ruolo dei fattori genetici nella modulazione del comportamento: le nuove acquisizioni della biologia molecolare genetica. In Bianchi A.,Gulotta G., Sartori G. (eds.). Manuale di neuroscienze forensi. Milano: Giuffrè editore, pp PELLEGRINI S., PIETRINI P. (2010). Siamo davvero liberi? Il comportamento tra geni e cervello. Sistemi Intelligenti, Bologna: Il Mulino, XXII, 2: PIETRINI P. (1996). In tema di esplorazione funzionale del cervello: la tomografia ad emissione di positroni. Problemi in Psichiatria, 11: PIETRINI P., GUAZZELLI M., BASSO G., JAFFE K., GRAFMAN J. (2000a). Neural correlates of imaginal aggressive behavior assessed by positron emission tomography in healthy humans. Am J Psychiatry, 157:
8 PIETRINI P., ALEXANDER G.E., FUREY M.L., HAMPEL H., GUAZZELLI M. (2000b). The neurometabolic landscape of cognitive decline: in vivo studies with positron emission tomography in Alzheimer s disease. Int J Psychophysiol, 37:87-98 PIETRINI P. (2003a). Toward a biochemistry of mind? (Editorial) Am J Psychiatry, 160: , PIETRINI P. (2003b). Emozioni e sentimenti: come il cervello anima la nostra esistenza. In Lanzavecchia G. e Colombo E (eds.), La Società Infobiologica, Collana La Nuova Scienza, Libri Scheiwiller - Milano, pp PIETRINI P. (2007). Responsabilmente: dai processi cerebrali al processo penale. Prospettive e limiti dell approccio neuroscientifico. in DE CATALDO NEURBURGER L. (ed.), La prova scientifica nel processo penale, CEDAM, PIETRINI P., BAMBINI V. (2009). Homo Ferox: The contribution of functional brain studies to understanding the neural bases of aggressive and criminal behavior. Int J Law Psychiatry, 32: PLATONE. (1997). La Repubblica, traduzione di Franco Sartori. Bari: Editori Laterza RIGONI D., PELLEGRINI S., MARIOTTI V., COZZA A., MECHELLI A., FERRARA S.D., PIETRINI P., SARTORI G. (2010). How neuroscience and behavioral genetics improve psychiatric assessment: report on a violent murder case. Front Behav Neurosci, Oct. 11, vol. 4 ROSKIES A. (2002). Neuroethics for the new millennium. Neuron, 35: SINGER, P. (1994). Rethinking Life and Death: The Collapse of Our Traditional Ethics. Text Publishing. Melbourne. [Oxford University Press, Oxford, 1995]. Traduzione italiana: Ripensare la vita. Milano: Il Saggiatore,1996. TONONI G., LAUREY S. (eds.). (2009). The Neurology of Consciousness. New York: Elsevier. 8
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