I Appello di Analisi Matematica I

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1 I Appello di Analisi Matematica I Corso di laurea in Ingegneria Clinica. A.A Testo del compito d esame e sue soluzioni Esercizio 1. Studiare, al variare del parametro reale α, il carattere della serie + 3αe 1 3n 1 3n + sin n. n=1 Svolgimento. Osserviamo innanzitutto che per ogni α R la serie in esame è almeno definitivamente a segno costante ovvero almeno per n sufficientemente grandi il termine generico a n della serie mantiene segno costante. Va notato che indipendentemente dal valore del parametro α R, il denominatore del termine generico a n della serie assegnata è strettamente positivo. Si ha nfatti n N 3n > 1 sin n n N 3n + sin n > 0. Il segno del numeratore della frazione che definisce il termine generico a n della serie in esame è invece determinato almeno definitivamente dalla scelta del parametro α. Volendo essere estremamente rigorosi, risulta quanto segue. CASO 1. Se α 0, allora a n < 0 per ogni n N (ovvero la serie in esame è a termini negativi). Per quanto detto pocanzi, è chiaro che il segno di a n dipende esclusivamente dal segno del numeratore dell espressione che definisce il termine generico della serie. In particolare, è banale accorgersi del fatto che, se α 0, allora 3αe 1 3n 1 < 0 n N. CASO 2. Se α > 0, allora possono presentarsi due diverse situazioni. 2A. Se 0 < α < 1 3, allora a n < 0 per n N sufficientemente grandi (ovvero la serie in esame è definitivamente a termini negativi). Per verificare questo asserto, bisogna osservare che visto che α < 1 3. lim (3αe 1 3n 1) = 3α 1 < 0, n + 1

2 La definizione di questo limite comporta l esistenza di un indice n N tale che per ogni n n risulti a n < 0 ovvero che per n sufficientemente grandi a n è un espressione negativa. 2B. Se α 1 3, allora a n > 0 per ogni n N (ovvero la serie in esame è a termini positivi). Risulta infatti che (userò la semplice disuguaglianza e 1 3n > 1 n N) α 1 3 3α 1 3αe 1 3n > 1 n N an > 0 n N. Indipendentemente dal valore del parametro α, la serie in esame è, come affermato prima (e ora lo abbiamo anche verificato), una serie almeno definitivamente a segno costante. Stabiliamo il carattere della serie al variare del parametro α R. I. Se α < 1 3 (riuniamo il CASO 1 e il CASO 2A), allora la serie (almeno definitivamente negativa) può o convergere o divergere a. Si ha (moltiplico due volte per 1 il termine generico della serie) La serie + n=1 3αe 1 n 1 + 3n + sin n = 1 3αe 1 n 3n + sin n. + n=1 n=1 1 3αe 1 n 3n + sin n è ora una serie a termini almeno definitivamente positivi e può o convergere o divergere a +. Se questa serie converge e ha come somma S, allora la serie assegnata converge e ha come somma S. Se invece questa serie diverge a +, allora la serie di partenza diverge a. Di fatto la serie + n=1 1 3αe 1 n 3n + sin n diverge a + (per esaustività osservate che il termine generico di questa serie è infinitesimo per n + ). Ciò è conseguenza della seguente equivalenza asintotica (e dunque dell uso del criterio di confronto asintotico per serie almeno definitivamente positive) 1 3αe 1 n 3n + sin n 1 3α 3n per n +. 2

3 La verifica di questa equivalenza asintotica è abbastanza semplice. Osserviamo, per esempio, che visto che 3n + sin n lim = lim n + 3n n + dato che 3n + sin n 3n per n +, 3n ( 1 + sin n ) ( 3n = lim 1 + sin n ) = 1, 3n n + 3n sin n lim n + 3n = 0 per il teorema del confronto per limiti di successioni. Analogamente, 1 3αe 1 3n 1 3α per n +. Dunque, se α < 1 3, allora la serie assegnata diverge a. II. Se α 1 3, allora la serie in esame è a termini positivi e si ha facilmente che (per esaustività osservate che anche in questo caso il termine generico della serie è infinitesimo per n + ) 3αe 1 3n 1 3n + sin n { 3α 1 3n se α > n 2 se α = 1 3 per n +. Per il criterio del confronto asintotico risulta quindi che la serie converge se α = 1 3 e diverge se α > 1 3. L esercizio è concluso. Riassumendo schematicamente i risultati ottenuti, si ha che la serie assegnata diverge a per α < 1 3, converge per α = 1 3 e diverge a + per α >

4 Esercizio 2. Sia assegnata la funzione Stabilire i) il dominio D di f. f(x) = e 2x 3 x x. ii) gli eventuali massimo e minimo assoluti della f in D [ 1, 1]. iii) gli eventuali massimo e minimo assoluti della f in D (, 0). iv) gli eventuale massimo e minimo assoluti della f in D [0, + ). Svolgimento. Abbiamo bisogno del maggior numero di informazioni possibili sul comportamento della funzione f nel suo dominio. Sono, in particolare, necessarie le informazioni sui limiti della f agli estremi del suo dominio, sugli intervalli di monotonia della f e sui valori degli eventuali massimi e minimi relativi della f nel suo dominio (i punti di estremo relativo della f vanno, com è noto, cercati fra i punti di derivabilità della f a derivata nulla e fra i punti di non derivabilità della f!). Fate attenzione, l esercizio richiede di stabilire di volta in volta se la funzione ammette massimo e minimo assoluti (ed eventualmente di determinarli) su tre particolari sottoinsiemi del dominio. La strategia di svolgimento dell esercizio è allora quella di raccogliere il maggior numero di informazioni possibili sulla f (eventualmente tracciandone un grafico qualitativo su tutto il dominio) e ragionare poi sul comportamento della f in ciascuno dei sottoinsiemi, di cui ai punti ii) iv) del testo dell esercizio. Studiamo allora velocemente (come siamo soliti fare) la funzione f(x) = e 2x 3 x x. Il dominio della funzione è dato da (e il punto i) è concluso) D = R. Infatti l espressione che definisce la f ha senso per le x reali che appartengono all insieme delle soluzioni reali della disequazione 3 x x 0. Tale disequazione è equivalente all unione dei seguenti due insiemi di disequazioni { x 0, 3x x 0, { x < 0, 3x x 0, 4

5 che ha come insieme delle soluzioni tutto R. Possiamo aiutarci per lo studio della funzione f con la seguente espressione della f come funzione definita per casi f(x) = e 2x 3 x { e 2x 2x se x 0, x = e 2x 4x se x < 0. È immediato accorgersi che la funzione f è non negativa sul proprio dominio e che in particolare f(x) > 0 se x D \ {0} e f(0) = 0. L unico punto di intersezione del grafico della f con gli assi coordinati è dato dall origine del sistema di riferimento cartesiano O = (0, 0). La funzione f è continua in tutto D e risulta (limiti agli estremi del dominio) lim f(x) = + x + mentre (ricorrete al teorema di De L Hospital o al confronto di infiniti per x per sciogliere la forma indeterminata nel limite che segue) lim f(x) = 0. x Dunque la funzione f non ammette asintoti orizzontali a +, ha un asintoto orizzontale (l asse x di equazione y = 0) a, non presenta asintoti verticali nè (verificatelo) asintoti obliqui a +. La funzione f è derivabile in D \ {0} con la derivata, f, data da { e 2x f 4x+1 (x) = 2x se x > 0, e 2x 8x+2 4x se x < 0. Il punto x 0 = 0 D è un punto di non derivabilità della f, dal momento che la f non è derivabile nè da destra nè da sinistra in x 0 = 0. Si ha infatti f(0 + h) f(0) e 2h 2h lim = lim = + h 0 + h h 0 + h e f(0 + h) f(0) e 2h 4h lim = lim = +. h 0 h h 0 h Il punto x 0 = 0 è in particolare una cuspide per la f (in questo caso è, in particolare, un punto a tangente verticale destra e sinistra per la f). 5

6 Lo studio del segno della derivata prima (effettuato eventualmente prima in (, 0) e poi in (0, + )) implica che f (x) > 0 se x (, 1 4 ) (0, + ), = 0 se x = 1 4, > 0 se x ( 1 4, 0). Dunque la funzione f è crescente in (, 1 4 ), ammette un punto di massimo relativo (punto di derivabilità della f a tangente orizzontale) in x 1 = 1 4, decresce in ( 1 4, 0), ammette un punto di minimo relativo in x 0 = 0 (punto di non derivabilità per la f) per poi crescere in (0, + ). La funzione f non ammette punti di massimo assoluto su tutto il suo dominio D, mentre il punto x 0 = 0 è l unico punto di minimo assoluto della f in tutto D. A questo punto ripondiamo ai quesiti ii) iv) dell esercizio. L insieme D [ 1, 1] = [ 1, 1] è un intervallo chiuso e limitato in cui la funzione f è continua. Dunque per il teorema di Weierstrass la funzione f ammette massimo e minimo assoluti in [ 1, 1]. I punti di minimo e massimo assoluti della f in [ 1, 1] vanno cercati tra i punti di derivabilità della f con derivata nulla e i punti di non derivabilità della f nell intervallo aperto ( 1, 1) nonchè agli estremi dell intervallo in esame (x 2 = 1, x 3 = 1). La visualizzazione della porzione di grafico qualitativo della f ristretto all intervallo reale [ 1, 1] e un rapido calcolo sui valori che la f assume in x 2 e in x 3 mostra come il punto di minimo assoluto della f in [ 1, 1] sia il punto x 0 = 0 (con il valore del minimo pari a 0), mentre il punto di massimo assoluto della f in [ 1, 1] sia il punto x 3 = 1 (con il valore di massimo pari a e 2 2). Il punto ii) è concluso. Per quanto concerne l intervallo D (, 0) = (, 0), le ipotesi del teorema di Weierstrass non sono verificate. La funzione f potrebbe anche non ammettere massimo e/o minimo assoluti in questo intervallo aperto e illimitato. Visualizzando nuovamente il grafico qualitativo della f ristretto all intervallo (, 0), si deduce facilmente che la funzione f non ammette minimo assoluto in (, 0) mentre ammette un unico punto di massimo assoluto in (, 0), il punto x 4 = 1 4 (con il valore del massimo pari a e 1 2 ). Il punto iii) è concluso. 6

7 Per terminare l esercizio, risolviamo il punto iv). Anche in questo caso le ipotesi del teorema di Weierstrass non sono verificate e anche in questo caso ricorriamo al grafico qualitativo della funzione f ristretta all intervallo D [0, + ) = [0, + ). La funzione f ammette un unico punto di minimo assoluto in [0, + ), il punto x 0 = 0 (con il valore del minimo pari a 0), mentre non ammette massimo assoluto in [0, + ). L esercizio è concluso. Esercizio 3. Sia assegnata la funzione Stabilire ii) il dominio D della f. ii) se f è invertibile in D. f(x) = log[e 2 log(x 2 2)]. iii) se f è invertibile in D [0, + ). Svolgimento. Per rispondere alle domande ii) iii) è anche questa volta necessario visualizzare il grafico qualitativo della funzione f su tutto D. Sarà in particolare cruciale la parte relativa allo studio della monotonia della f in D. Per quanto riguarda il dominio della f, esso è costituito dalle soluzioni reali del seguente sistema (ottenuto, richiedendo che gli argomenti dei due logaritmi presenti nell espressione per la f siano positivi) { x 2 2 > 0, e 2 log(x 2 2) > 0. La prima disuguaglianza del sistema è soddisfatta dalle x appartenenti a (, 2) ( 2, + ). Per la seconda disuguaglianza si ha invece quanto segue e 2 log(x 2 2) > 0 log(x 2 2) < e 2 x 2 2 < e e2 x ( 2 + e e2, 2 + e e2 ). Ne segue che il dominio della f (concludiamo così il punto i)) è rappresentato dall insieme D = ( 2 + e e2, 2) ( 2, 2 + e e2 ). 7

8 Osserviamo che per disegnare il grafico della funzione f sul suo dominio, basta disegnarlo solo nell intervallo ( 2, 2 + e e2 ) e poi ottenere per simmetria pari (riflettendo cioè tale grafico rispetto all asse y) il grafico di f in tutto D. Ciò in virtù del fatto che la funzione f è pari in D ovvero per ogni x D risulta (di immediata verifica) f(x) = f( x). In particolare, la funzione f non è invertibile in tutto D, dato che per ogni x in ( 2, 2 + e e2 ) D risulta f(x) = f( x) (con x un punto che è ancora in D) ovvero esistono infinite coppie (x, x) (con x D) di punti distinti del dominio della funzione in cui f assume lo stesso valore (cioè la f non è iniettiva in D e dunque non vi è invertibile). Il punto ii) è concluso. Lo studio della invertibilità della f in D [0, + ) = ( 2, 2 + e e2 ) richiede ancora un po della nostra attenzione. È vero che evitiamo la patologia del caso precedente (punto ii)), restringendoci al solo intervallo ( 2, 2 + e e2 ), ma in questo intervallo la funzione potrebbe essere ancora non iniettiva. Una risposta esauriente al problema della iniettività della f nell intervallo ( 2, 2 + e e2 ) è in questo caso fornita dallo studio della monotonia di f in tale intervallo. La funzione f è derivabile in ( 2, 2 + e e2 ) (lo è in tutto D) e la sua derivata, f, è data da f 2x (x) = (x 2 2)[e 2 log(x 2 2)] (x ( 2, 2 + e e2 )). In particolare f (x) < 0 per ogni x ( 2, 2 + e e2 ) (è facilissimo, il segno del denominatore nell espressione che definisce f è stato già studiato in precedenza). La funzione f è dunque strettamente decrescente in ( 2, 2 + e e2 ) e questo è sufficiente per concludere che la f è invertibile in tale intervallo. Il punto iii) è concluso. 8

9 Esercizio 4. Risolvere il seguente problema di Cauchy y + 6y + 5y = x, e 5x y(0) = 0, y (0) = 0. (1) Svolgimento. Il problema di Cauchy in esame ammette un unica soluzione definita in tutto R (visto che il termine forzante f(x) = x ) è definito ed è e 5x continuo in tutto (a, b) = R. PASSO 1 (soluzioni dell equazione caratteristica relativa all equazione omogenea associata alla (1)). L equazione caratteristica in esame è λ 2 + 6λ + 5 = 0 che ammette due soluzioni reali distinte λ 1 = 1, λ 2 = 5. PASSO 2 (integrale generale dell equazione omogenea associata alla (1)). L integrale generale dell equazione omogenea associata all equazione in esame è dato da (c 1 e c 2 costanti reali) y 0 (x) = c 1 e x + c 2 e 5x (x R). PASSO 3 (ricerca di una soluzione particolare dell equazione non omogenea con il metodo della somiglianza). Il termine forzante f(x) = x = xe 5x e5x è nella forma (utilizzabile per il metodo della somiglianza) con e αx (P 1 (x) cos(βx) + P 2 (x) sin(βx)) (2) α = 5, β = 0, P 1 (x) = x, P 2 (x) = 0. Notate che il polinomio P 2 = P 2 (x) poteva in realtà essere scelto del tutto arbitrariamente, visto che ha uno 0 come fattore moltiplicativo (il termine sin(βx) = sin 0 = 0). Una soluzione particolare di un equazione lineare del secondo ordine non omogenea, il cui termine forzante f = f(x) sia nella forma (2), va cercata nella forma ȳ(x) = x m e αx (Q 1 (x) cos(βx) + Q 2 (x) sin(βx)) (3) 9

10 dove m {0, 1, 2} rappresenta la molteplicità di p = α + iβ C come soluzione dell equazione caratteristica relativa all omogenea associata all equazione completa assegnata, mentre Q i = Q i (x) rappresenta un generico polinomio a coefficienti reali avente lo stesso grado di P i = P i (x) (i = 1, 2). Nel nostro caso p = α + iβ = 5 è una soluzione con molteplicità algebrica 1 dell equazione caratteristica prima studiata. Dunque, posto m = 1, Q 1 = Q 1 (x) = ax + b (generico polinomio di primo grado a coefficienti reali) e non preoccupandoci del polinomio Q 2 = Q 2 (x) che avrà sempre nell espressione (3) uno 0 come fattore moltiplicativo, cerchiamo una soluzione particolare dell equazione assegnata nella forma ȳ(x) = x(ax + b)e 5x = (ax 2 + bx)e 5x (x R). Dobbiamo, in particolare, determinare i valori da attribuire alle costanti reali a e b, affinchè la funzione ȳ = ȳ(x) appena definita sia una soluzione dell equazione assegnata dall esercizio. Risulta e ȳ (x) = ( 5ax 2 5bx + 2ax + b)e 5x (x R) ȳ (x) = (25ax bx 20ax 10b + 2a)e 5x (x R). Sostituendo nell equazione assegnata dal problema, si ha (semplificando e 5x a membro destro e sinistro dell uguaglianza funzionale) 8ax 4b + 2a = x. Perchè quest uguaglianza sia vera per ogni x R, le costanti a e b devono soddisfare (principio di identità dei polinomi) il sistema { 8a = 1, 2a 4b = 0. Tale sistema ammette come coppia soluzione a = 1 8 e b = In definitiva, la funzione ȳ = ȳ(x) cercata ha l espressione ȳ(x) = ( 18 x2 116 ) x e 5x (x R). PASSO 4 (integrale generale dell equazione e soluzione del problema di Cauchy). L integrale generale dell equazione assegnata nel problema è dato da ( 1 y(x) = y 0 (x) + ȳ(x) = c 1 e x + c 2 e 5x 8 x2 + 1 ) 16 x e 5x (x R). 10

11 Derivando y = y(x), si trova che y (x) = c 1 e x 5c 2 e 5x + ( 5 8 x x 1 ) e 5x (x R). 16 Richiedendo che siano verificate le condizioni iniziali, si determina il sistema { c1 + c 2 = 0, c 1 5c = 0, che ammette come coppia soluzione c 1 = 1 64 e c 2 = Ne segue in definitiva che la soluzione del problema di Cauchy cercata è data dalla funzione y(x) = 1 64 e x 1 ( 1 64 e 5x 8 x2 + 1 ) 16 x e 5x (x R). Esercizio 5. Determinare massimo e minimo assoluti della funzione sull insieme f(x, y) = xy x3 y 2 E = {(x, y) R 2 : x [0, 2], x 2 y 5}. Svolgimento. L insieme chiuso e limitato E rappresenta la regione di piano (reale) delimitata dal concatenamento del segmento curvilineo OA (avente per estremi i punti O = (0, 0) e A = (2, 4) e coincidente con la porzione del grafico della parabola di equazione y = x 2 relativa all intervallo [0, 2] di variabilità della x), del segmento verticale AB (avente per estremi i punti A e B = (2, 5) e giacente sulla relativa porzione della retta verticale di equazione x = 2), del segmento orizzontale BC (avente per estremi i punti B e C = (0, 5) e giacente sulla relativa porzione della retta orizzontale di equazione y = 5) e del segmento verticale CO (avente per estremi i punti C e O e giacente sull asse delle ordinate). Dal momento che la funzione f è definita e continua in E e l insieme E e ùn sottoinsieme compatto (chiuso e limitato) di R 2, il teorema di Weierstrass (le cui ipotesi sono dunque soddisfatte nel nostro caso) garantisce che la funzione f ammette massimo e minimo assoluti in E. Tali valori di massimo e minimo assoluti possono essere assunti o nei punti critici della f (ovvero punti in cui la f è derivabile e ha il gradiente nullo) o 11

12 nei punti di non derivabilità della f interni a E oppure nei punti della sua frontiera (la curva chiusa OABCO). La funzione f è derivabile in R 2 e risulta f x (x, y) = y2 x 2, f y (x, y) = 2xy 2y ((x, y) R2 ). I punti critici della f sono quei punti del dominio della f in cui il gradiente della f si annulla ovvero quei punti di R 2 le cui coordinate sono coppiesoluzioni del sistema { f x (x, y) = y2 x 2 = 0, f y (x, y) = 2xy 2y = 2y(x 1) = 0. Questo sistema ammette come soluzioni i punti C 1 = (1, 1), C 2 = (1, 1) e C 3 = (0, 0) = O. Nessuno di questi punti è interno a E. Cerchiamo di stabilire dunque il massimo e il minimo assoluti della f sulla frontiera E di E che, per quanto appena osservato, saranno anche il massimo e il minimo assoluti della f su tutto E. Proseguiamo nel seguente modo. Stabiliamo in successione il massimo e minimo valore assunto dalla f (sempre in virtù del teorema di Weierstrass) su ciascuno dei quattro segmenti in cui abbiamo suddiviso la frontiera di E. Il più grande fra questi quattro valori di massimo (uno per segmento) sarà il massimo della funzione f su E (e quindi su tutto E). Analoghe considerazioni valgono per il minimo assoluto di f su E. 1. Segmento parabolico OA. Stabiliamo il massimo e il minimo della funzione f sul segmento parabolico OA. Tale segmento ammette la seguente parametrizzazione { x = x(t) = t, y = y(t) = t 2 t [0, 2]., Ma allora, determinare il massimo e il minimo assoluti della f sul segmento parabolico OA equivale a determinare il massimo e il minimo assoluti della funzione sull intervallo [0, 2]. g = g(t) = f(x(t), y(t)) = t 5 t3 3 t4 Risulta (g valutata negli estremi dell intervallo [0, 2]) g(0) = f(o) = 0, g(2) = f(a) = 40 3, 12

13 mentre risulta che la derivata di g, g (t) = 5t 4 t 2 4t 3 = t 2 (5t 2 4t 1) (t (0, 2)), si annulla (facile verifica) in t = 1 (0, 2) e g( t) = g(1) = 1 3. Si osservi anche che il punto di ascissa 1 sul segmento parabolico OA è il punto C 1. Ma allora risulta evidentemente che max P OA f(p ) = f(a) = 40 3 e min f(p ) = g( t) = f(c 1 ) = 0. P OA 2. Segmento verticale AB. Stabiliamo il massimo e il minimo della funzione f sul segmento verticale AB. Tale segmento ammette la seguente parametrizzazione { x = x(t) = 2, t [4, 5]. y = y(t) = t, Ma allora, determinare il massimo e il minimo assoluti della f sul segmento verticale AB equivale a determinare il massimo e il minimo assoluti della funzione g = g(t) = f(x(t), y(t)) = 2t t2 = t sull intervallo [4, 5]. Risulta (g valutata negli estremi dell intervallo [4, 5]) mentre risulta che la derivata di g, g(4) = f(a) = 40 3, g(5) = f(b) = 67 3, g (t) = 2t (t (4, 5)), non si annulla in nessun punto dell intervallo aperto (4, 5). Ne segue che non esistono punti di estremo relativo (e a maggior ragione quelli di estremo assoluto) per la g all interno di (4, 5). Ma allora risulta evidentemente che max P AB f(p ) = f(b) = 67 3 e 40 min f(p ) = f(a) = P AB Segmento orizzontale BC. Stabiliamo ora il massimo e il minimo della funzione f sul segmento orizzontale BC. Tale segmento ammette la seguente parametrizzazione { x = x(t) = t, t [0, 2]. y = y(t) = 5, 13

14 Ma allora, determinare il massimo e il minimo assoluti della f sul segmento orizzontale BC equivale a determinare il massimo e il minimo assoluti della funzione sull intervallo [0, 2]. g = g(t) = f(x(t), y(t)) = 25t t Risulta (g valutata negli estremi dell intervallo [0, 2]) mentre risulta che la derivata di g, g(0) = f(c) = 25, g(2) = f(b) = 67 3, g (t) = 25 t 2 (t (0, 2)), non si annulla in nessun punto dell intervallo aperto (0, 2). Ne segue che non esistono punti di estremo relativo (e a maggior ragione quelli di estremo assoluto) per la g all interno di (0, 2). Ma allora risulta evidentemente che 67 max f(p ) = f(b) = P BC 3 e min f(p ) = f(c) = 25. P BC 4. Segmento verticale CO. Stabiliamo da ultimo il massimo e il minimo della funzione f sul segmento verticale CO. Tale segmento ammette la seguente parametrizzazione { x = x(t) = 0, t [0, 5]. y = y(t) = t, Ma allora, determinare il massimo e il minimo assoluti della f sul segmento verticale CO equivale a determinare il massimo e il minimo assoluti della funzione g = g(t) = f(x(t), y(t)) = t 2 sull intervallo [0, 5]. Risulta (g valutata negli estremi dell intervallo [0, 5]) mentre risulta che la derivata di g, g(0) = f(o) = 0, g(5) = f(c) = 25, g (t) = 2t (t (0, 5)), non si annulla in nessun punto dell intervallo aperto (0, 5). Ne segue che non esistono punti di estremo relativo (e a maggior ragione quelli di estremo 14

15 assoluto) per la g all interno di (0, 5). Ma allora risulta evidentemente che max f(p ) = f(o) = 0 e min f(p ) = f(c) = 25. P CO P CO Infine, confrontando i valori dei massimi e minimi assoluti assunti dalla f su ciascun tratto della frontiera di E, ne deduciamo che il massimo valore che la f assume su tutta la frontiera di E (e, per quanto detto prima, su tutto E) è dato da 67 max f(p ) = max f(p ) = f(b) = P E P E 3, mentre risulta (ragionando nello stesso modo) che min f(p ) = min f(p ) = f(c) = 25. P E P E Esercizio 6. Risolvere la seguente equazione differenziale y = 2e x e 2x + 2e x + 5 y. Svolgimento. L equazione in esame è un equazione lineare omogenea del primo ordine della forma y + a(x)y = 0 con 2e x a(x) = e 2x + 2e x + 5. La funzione a è definita in tutto (a, b) = R (il denominatore nell espressione che definisce a è infatti una somma di funzioni strettamente positive in R e dunque non si annulla mai) ed è continua su tutto il dominio. L integrale generale di quest equazione ha la seguente espressione y(x) = Ce A(x) (x R) con A = A(x) una primitiva della funzione a = a(x) e C una costante reale. Determiniamo dunque una primitiva A = A(x) della funzione a = a(x). Si ha A(x) = 2e x e 2x + 2e x + 5 dx. Vi ricordo che, qualora non si riuscisse a esplicitare l espressione della A ovvero non si riuscisse a risolvere l integrale indefinito appena introdotto, si 15

16 deve, scelto x 0 R arbitrariamente, utilizzare per la A = A(x) l espressione integrale x 2e t A(x) = x 0 e 2t + 2e t dt (x R) + 5 che rappresenta una particolare primitiva della funzione a = a(x). Non è il nostro caso. Infatti, l integrale indefinito per la A = A(x) ammette, dopo un po di calcoli, una esplicitazione. Effettuiamo la sostituzione t = t(x) = e x. Risulta dt = e x dx dx = e x dt = 1 t dt e, effettuando la sostituzione nell integrale, troviamo a dover risolvere l integrale dt 2 t 2 + 2t + 5 con il denominatore nell espressione per la funzione integranda che non ammette radici reali. Cerchiamo allora due costanti reali M e N tali che per ogni t R risulti t 2 + 2t + 5 = (t M) 2 + N = t 2 2tM + M 2 + N. In virtù del principio di identità dei polinomi, le costanti M e N devono costituire una coppia-soluzione del sistema { 2M = 2, M 2 + N = 5. L unica soluzione di questo sistema è data da M = 1, N = 4. Si ha, in particolare, ( ) ( (t + 1) t 2 + 2t + 5 = (t + 1) 2 2 (t ) = = 4 + 1) 4 2 e l integrale nella variabile t (sostituendo al denominatore della funzione integranda l espressione alla fine dell ultima catena di uguaglianze e effettuando una semplice semplificazione numerica) può essere riscritto come 1 2 ( t+1 2 dt )

17 Effettuiamo da ultimo la sostituzione ( ) t + 1 z = z(t) =. 2 Si ha dz = 1 dt dt = 2 dz 2 e, effettuando la sostituzione nell integrale indefinito di prima, si trova dz z = arctan(z). Tornando alla variabile x, si ha che una primitiva di a = a(x) è data dalla funzione ( e x ) + 1 A(x) = arctan (x R) 2 e l integrale generale dell equazione cercata è dato da (C R) y(x) = Ce A(x) = Ce arctan e x +1 2 (x R). 17

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