APPUNTI DI MATEMATICA LE EQUAZIONI DI SECONDO GRADO
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- Serafino Danieli
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1 APPUNTI DI MATEMATICA I radicali LE EQUAZIONI DI SECONDO GRADO Le equazioni di secondo grado ALESSANDRO BOCCONI
2 Indice 1 I radicali 1.1 Introduzione Definizione di radicale Le condizioni di esistenza dei radicali I radicali aritmetici Le due proprietà fondamentali dei radicali La proprietà invariantiva Semplificazione dei radicali Prodotto e quoziente di radicali Il portare fuori dal segno di radice Addizione e sottrazione fra radicali Domande Esercizi Le equazioni di secondo grado 19.1 Le equazioni di secondo grado Casi Particolari Equazioni di secondo grado pure Equazioni di secondo grado spurie Equazioni di secondo grado monomie Il caso generale La formula ridotta Relazione fra coefficienti e soluzioni di un equazione di secondo grado Scomposizione di un trinomio di secondo grado tramite le equazioni Problemi risolubili tramite equazioni di secondo grado Domande Esercizi Problemi
3 Capitolo 1 I radicali 1.1 Introduzione Molto spesso in matematica e nelle sue applicazioni capita di dover risolvere il seguente problema: assegnato un numero, determinare quel numero che, elevato ad una certa potenza, sia uguale al numero assegnato. Sono problemi di questo tipo quelli illustrati nei seguenti Esempi Determinare quel numero che elevato alla seconda dia come risultato 9. Determinare quel numero che elevato alla terza dia come risultato 15. Determinare quel numero che elevato alla quarta dia come risultato 16. e così via. I problemi precedenti si risolvono tramite un procedimento chiamato di estrazione di radice. Più in generale risulta estremamente utile saper effettuare determinate operazioni con le radici (che d ora in avanti chiameremo radicali), ed è questo lo scopo del presente capitolo. 1. Definizione di radicale Col simbolo n a si intende un generico radicale in cui n è l indice del radicale e a è l argomento del radicale (detto anche radicando). Quindi ad esempio 4 7 è un radicale di indice 4 e di radicando 7; mentre è un radicale di indice 3 e di radicando x + y. 3 x + y Osservazione. L indice del radicale deve essere un numero naturale maggiore di zero, mentre il radicando può essere qualunque numero reale.
4 Alessandro Bocconi 3 Quindi ha perfettamente senso il radicale: 4, 718 mentre non ha senso il radicale: 3,7 0 A questo punto, tramite un espressione, diamo la seguente: Definizione di radicale. n a = b b n = a che si legge: la radice ennesima (cioè di indice n) di a è quel numero b che elevato all esponente n ha come risultato a. Chiariamo con alcuni esempi: 5 = 5 perché 5 = 5 Notiamo come questo esempio deriva dal caso generale della definizione sostituendo a n il numero, ad a il numero 5 e a b il numero = perché 3 = 8 (n = 3, a = 8 e b = ). 16, 81 = 4, 1 perché 4, 1 = 16, 41 (n =, a = 16, 81 e b = 4, 1) = 1, perché (1, ) 4 = 15 (n = 4, a = 15 e b = 1, ). 7 1 = 1 perché 1 7 = 1 (n = 7, a = 1 e b = 1). 5 0 = 0 perché 0 5 = 0 (n = 5, a = 0 e b = 0). Osservazione. Guardando il primo degli esempi appena affrontati potremmo fare un obiezione importante: 5 non è l unico numero che elevato alla seconda è uguale a 5, infatti sappiamo che anche 5 elevato alla seconda è 5 (ricordiamoci che un numero negativo elevato ad esponente pari ha risultato positivo). Si pone quindi il problema che, se l indice è pari, uno stesso radicale fornirebbe risultati diversi e questo non è accettabile in matematica. Per evitare questa situazione è stata adottata la seguente: Convenzione. La radice di un numero positivo è sempre un numero positivo. Grazie a tale convenzione possiamo affermare che 9 = 3 e non 3 sebbene valga che anche ( 3) = 9; 4 16 = e non sebbene valga che anche ( ) 4 = 16 e così via.
5 Alessandro Bocconi 4 Osservazione. Se l indice della radice è 1, dalla definizione risulta che: 1 a = b b 1 = a ma noi sappiamo che b 1 = b, quindi la formula appena scritta può essere letta come: la radice di indice 1 di a è quel numero b che è uguale ad a. Quindi risulta che: 1 a = a Osservazione. Dal penultimo esempio ricaviamo facilmente che n 1 = 1 per qualunque valore di n; mentre dall ultimo esempio risulta che n 0 = 0 per qualunque valore di n. Convenzione. Dal momento che la radice di indice (la famosa radice quadrata) è quella usata più frequentemente, è stata adottata la convenzione che se l indice non è specificato è sottinteso che l indice del radicale sia. Esempi: 100 equivale a 100; 8 equivale a 8 e così via. Abbiamo osservato in precedenza che a può essere qualunque numero reale e quindi anche negativo. Consideriamo allora un radicale di indice pari e di radicando negativo, come ad esempio: 9 dalla definizione di radicale sappiamo che il risultato è quel numero che, elevato alla seconda, è uguale a 9. Ma noi sappiamo che un numero elevato alla seconda non può essere negativo e quindi non può esistere la radice quadrata di 9, o di qualunque altro numero negativo. Più in generale possiamo affermare che un numero elevato ad esponente pari non è mai negativo. Vale quindi la seguente: Regola dei radicali di indice pari e radicando negativo. Non esiste la radice di indice pari di un numero negativo. Consideriamo adesso un radicale di indice dispari e di radicando negativo, come ad esempio: 3 7 sempre dalla definizione di radicale sappiamo che il risultato è quel numero che, elevato alla terza, è uguale a 7. In questo caso un numero elevato alla terza è negativo se la base è negativa. In particolare risulta che: 3 7 = 3 perchè ( 3) 3 = 7 Più in generale sappiamo che un numero negativo elevato ad esponente dispari è negativo. Vale quindi la seguente: Regola dei radicali di indice dispari e radicando negativo. La radice di indice dispari di un numero negativo esiste ed è un numero negativo.
6 Alessandro Bocconi Le condizioni di esistenza dei radicali Abbiamo appena constatato che non esiste un radicale di indice pari e radicando negativo. Un problema interessante risulta allora quello di determinare le condizioni di esistenza (abbreviato C.E.) di un radicale. Premettiamo la seguente: Definizione di condizione di esistenza di un radicale di indice pari. Le condizioni di esistenza di un radicale sono l insieme dei valori che può assumere la parte letterale affinché il radicando sia non negativo. Esempi Determinare le C.E. del seguente radicale: 4 x 5. L indice del radicale è pari quindi il radicando deve essere non negativo (cioè maggiore o uguale a zero). Le C.E. si trovano risolvendo: x 5 0 x 5 quindi le C.E. risultano: C.E. = {x R x 5} Determinare le C.E. del seguente radicale: 8 3a. L indice del radicale è pari (sappiamo già che quando non è specificato l indice è sottinteso che sia ). Le C.E. si trovano risolvendo: 8 3a 0 3a 8 a 8 3 a 8 3 quindi le C.E. risultano: C.E. = {a R a 8 3 } Determinare le C.E. del seguente radicale: 5 7x + 3. L indice del radicale è dispari quindi il radicando può essere sia positivo che negativo che zero e quindi tutti i valori di x fanno parte delle C.E.; risulta allora: C.E. = {x R} 5 7x+3 Determinare le C.E. del seguente radicale: x 6. L indice del radicale è dispari quindi il radicando può essere sia positivo che negativo che zero. In questo caso però il radicando è una frazione algebrica il cui denominatore deve essere diverso (e non maggiore!!) da zero. Quindi per determinare le C.E. risolviamo: x 6 = 0 x = 6 x = 6 x = 3 risulta allora: C.E. = {x R x 3}
7 Alessandro Bocconi I radicali aritmetici Definizione di radicale aritmetico. Per radicale aritmetico si intende un radicale il cui radicando è non negativo e, nel caso il radicando sia un prodotto di fattori, tutti questi fattori sono non negativi. Osservazione. Si consideri il radicale a b per essere un radicale aritmetico non solo deve essere non negativo il radicando (cioè il prodotto a b) ma sia a che b devono essere non negativi. Nel resto del capitolo tratteremo solo di radicali aritmetici. 1.4 Le due proprietà fondamentali dei radicali Prima proprietà fondamentale dei radicali. Vale che: ( n a) n = a Seconda proprietà fondamentale dei radicali. Vale che: n a n = a Esempi Determinare ( 4 a) 4 Applicando la prima proprietà fondamentale si ottiene ( 4 a) 4 = a Determinare 3 (x + y) 3 Applicando la seconda proprietà fondamentale si ottiene 3 (x + y) 3 = x + y 3 Determinare x 3 + y 3 L esempio è simile al precedente, ma in questo caso non si può applicare nessuna proprietà fondamentale perchè x 3 + y 3 non è il cubo di nessun binomio! Determinare 6 6 Anche in questo caso non si può applicare nessuna proprietà fondamentale perchè il radicando deve avere l esponente uguale all indice della radice e non, come in questo caso, al radicando stesso. Determinare 5 3 In apparenza, non avendo il radicando nessun esponente (e quindi sottointeso esponente 1) non si può applicare nessuna proprietà fondamentale. Però, scomponendo 3 si ottiene 3 = 5 e quindi il radicale diventa: = 5 =
8 Alessandro Bocconi La proprietà invariantiva Proprietà invariantiva dei radicali. Moltiplicando l indice della radice ed esponente del radicando per uno stesso numero si ottiene un radicale equivalente. Esempi Il radicale 5 a è equivalente a 15 a 6 : infatti il secondo radicale è ottenuto dal primo moltiplicando sia l indice del radicale sia l esponente del radicando per il numero 3. Il radicale 3 x + y è equivalente a 6 (x + y) : infatti il secondo radicale è ottenuto dal primo moltiplicando sia l indice del radicale sia l esponente del radicando per il numero. Il radicale 3 4 è equivalente a 9 64: infatti il secondo radicale è ottenuto dal primo moltiplicando sia l indice del radicale sia l esponente del radicando per il numero 3 (ricordiamo che 64 = 4 3 ). La proprietà invariantiva risulta estremamente utile per ridurre più radicali allo stesso indice. Metodo per la riduzione di più radicali allo stesso indice. 1. Si considerano gli indici dei radicali e se ne determina il loro minimo comune multiplo.. Si riscrivono i radicali con, al posto del loro indice originale, il minimo comune multiplo precedentemente determinato. 3. Per ciascun radicale si divide il mcm con l indice originale. Si moltiplica l esponente del radicando per il risultato di tale divisione. Esempi Ridurre allo stesso indice i seguenti radicali: 3 x + y; 6 x 3 ; 9 5 Gli indici sono 3; 6 e 9 e quindi il minimo comune multiplo è 18. I radicali dovranno avere tutti indice 18. Si divide il minimo comune multiplo per l indice originale del radicale e si moltiplica l esponente del radicando per il risultato di tale divisione. Quindi per il primo radicale: 18 : 3 = 6; l esponente di x + y è 1 quindi moltiplichiamo 1 6 = 6 e il radicando diventa (x + y) 6. Per il secondo radicale: 18 : 6 = 3; l esponente di x 3 è 3 quindi moltiplichiamo 3 3 = 9 e il radicando diventa x 9. Per il terzo radicale: 18 : 9 = ; l esponente di 5 è 1 quindi moltiplichiamo 1 = e il radicando diventa 5 cioè 5. Riassumendo i radicali ridotti allo stesso indice sono: 18 (x + y) 6 ; 18 x 9 ; 18 5 Ridurre allo stesso indice i seguenti radicali: x + ; 3 6 x 5
9 Alessandro Bocconi 8 Gli indici sono e 6 quindi il minimo comune multiplo è 6. I radicali dovranno avere tutti indice 6. Si divide il minimo comune multiplo per l indice originale del radicale e si moltiplica l esponente del radicando per il risultato di tale divisione. Quindi per il primo radicale: 6 : = 3; l esponente di x+ 3 è 1 quindi moltiplichiamo 1 3 = 3 e il radicando diventa ( x+ 3 )3 che preferiamo scrivere come (x+)3 7. Per il secondo radicale l indice rimane uguale e quindi rimane uguale anche il radicando. Riassumendo i radicali ridotti allo stesso indice sono: 6 (x + ) 3 ; 7 Osservazione. Il lettore attento avrà trovato una somiglianza fra l applicazione della proprietà invariantiva per portare due radicali allo stesso indice e la somma di frazioni. Vediamolo col seguente esempio: 4 6 Portare i seguenti radicali allo stesso indice: x 5 ; x 7. Si determina il mcm fra 4 e 6 che è 1. Tale numero sarà l indice comune dei radicali Si divide 1 per 4 (che è l indice del primo radicale), ottenendo 3. Si moltiplica l esponente 1 del primo radicando (5) per 3 ottenendo 15. Il primo radicale diventa quindi: x 15 Si divide 1 per 6 (che è l indice del secondo radicale), ottenendo. Si moltiplica l esponente 1 del secondo radicando (7) per ottenendo 14. Il secondo radicale diventa quindi: x 14 6 x 5 Consideriamo adesso la seguente somma di frazioni: Si determina il mcm fra 4 e 6 che è 1. Tale numero sarà il denominatore della somma delle frazioni Si divide 1 per 4 (che è il denominatore della prima frazione), ottenendo 3. Si moltiplica il numeratore della prima frazione (5) per 3 ottenendo 15. La prima frazione diventa quindi: 15 1 Si divide 1 per 6 (che è il denominatore della seconda frazione), ottenendo. Si moltiplica il numeratore della seconda frazione (7) per ottenendo 14. La seconda frazione diventa 14 quindi: 1 Possiamo adesso effettuare la somma che è = 9 1 Appare quindi evidente l analogia dei procedimenti dove l indice del radicale corrisponde al denominatore della frazione e l esponente del radicando corrisponde al numeratore. 1.6 Semplificazione dei radicali Teorema. Se l esponente del radicando e l indice del radicale hanno un divisore comune, dividendo sia l esponente che l indice per tale divisore si ottiene un radicale equivalente. Tale operazione si chiama semplificazione di un radicale.
10 Alessandro Bocconi 9 Osservazione. In un certo senso si può dire che la semplificazione è l inverso dell applicare la proprietà invariantiva, infatti se abbiamo il radicale 5 a 3 e lo vogliamo trasformare in un radicale equivalente di indice, ad esempio, 15 applicando la proprietà invariantiva otteniamo: 5 a 3 = 15 a 9 Ma il radicale 15 a 9, in accordo con il teorema, può essere semplificato dividendo sia l indice che l esponente per 3, tornando quindi a essere 5 a 3 che è il radicale di partenza. Esempi Semplificare il radicale 6 x 4 L indice del radicale è 6 e l esponente del radicando è 4. Sono entrambi divisibili per, quindi in base al teorema risulta che: 6 x 4 = 3 x 8 x Semplificare il radicale: 4 y 6 Quando parliamo di esponente del radicando intendiamo l esponente di una potenza in cui la base è tutto il radicando. È quindi sbagliato dire che l esponente del radicando è 4 perché il numeratore ha esponente 4 oppure che è 6 perché il denominatore ha esponente 6. Per le proprietà delle potenze possiamo affermare che: x 4 ( x ) y 6 = y 3 a questo punto osserviamo che tutta la frazione è elevata alla seconda e quindi possiamo semplificare il con l indice 8 della radice: 8 x 4 (x y 6 = ) 8 = 4 x y 3 y 3 in pratica quindi bisogna determinare un divisore comune a tutti i fattori del radicando e all indice e dividere tutto per tale divisore. 4 Semplificare il seguente radicale: xy 6 L indice del radicale è 4, l esponente del fattore x è 1 e l esponente del fattore y è 6. L unico divisore comune è 1 e quindi il radicale non può essere semplificato. 4 Semplificare il seguente radicale: x + y In questo caso x e y non sono fattori (è una addizione) e quindi il radicando va visto come una potenza di base x + y e esponente 1. Il radicale non è quindi semplificabile. Semplificare il seguente radicale: 4 (x + y) Anche se il radicale appare simile al precedente in questo caso l esponente è riferito a tutto il radicando e quindi può essere semplificato. Si ottiene quindi: 4 (x + y) = x + y Semplificare il seguente radicale: 4 x y In questo caso x e y sono fattori. Possiamo quindi semplificare: 4 x y = xy Semplificare il seguente radicale: 4 16
11 Alessandro Bocconi 10 In apparenza l esponente del radicando è 1 e quindi il radicale non risulta semplificabile. Se scomponiamo il numero 16 si ottiene però 16 = 4 e quindi il radicale è semplificabile e si ottiene: = 4 = 1 = Semplificare il seguente radicale: 8 5 In apparenza l esponente del radicando è 1 e quindi il radicale non risulta semplificabile. Se scomponiamo il numero 5 si ottiene però 5 = 3 5 e quindi il radicale è semplificabile e si ottiene: 4 5 = = 3 5 = 15 Semplificare il seguente radicale: 6 x + x + 1 In apparenza l esponente del radicando è 1 e quindi il radicale non risulta semplificabile. Se proviamo a scomporre il polinomio x + x + 1 si ottiene x + x + 1 = (x + 1) e quindi il radicale è semplificabile e si ottiene: 6 x + x + 1 = 6 (x + 1) = 3 x Prodotto e quoziente di radicali È estremamente semplice determinare il prodotto o il quoziente fra due radicali grazie al seguente: Teorema. Il prodotto (quoziente) fra due radicali aventi lo stesso indice è un radicale che ha lo stesso indice e come radicando il prodotto (quoziente) dei radicandi. Quindi per eseguire un prodotto (quoziente) fra radicali, basta portarli allo stesso indice tramite la proprietà invariantiva e poi fare il prodotto (quoziente) fra i radicandi. Esempi Eseguire la moltiplicazione: 3 3x (x+y) x+y x 3 Il minimo comune multiplo fra i indici è 6: bisogna quindi trasformare, tramite la proprietà invariantiva, entrambi i radicali in radicali equivalenti aventi indice 6. Il primo radicale ha indice 3, quindi dato che 6 : 3 = ottiene: 3x [ 3 (x + y) = 6 3x ] = 6 (x + y) 9x (x + y) 4 Il secondo radicale ha indice, quindi dato che 6 : = 3 ottiene: (x + y) [(x + y) ] 3 x 3 = 6 6 (x + y) 3 = x 3 x 9 quindi il prodotto iniziale diventa: 6 9x (x + y) (x + y) x 9
12 Alessandro Bocconi 11 Per il teorema si ottiene che: 6 9x (x + y) (x + y) x 9 = 6 che conclude l esercizio. Eseguire la divisione: 10 7 : (x+y) 3 3 x+y 9 x (x + y) 4 (x + y) 3 = 6 x 97 9 x 7 (x + y) Il minimo comune multiplo fra i indici è 10: bisogna quindi trasformare, tramite la proprietà invariantiva, entrambi i radicali in radicali equivalenti aventi indice 10. Il primo radicale ha già indice 10 e rimane quindi invariato, mentre il secondo radicale ha indice, quindi dato che 10 : = 5 ottiene: 3 [ (x + y) = 3 ] 5 10 = x + y (x + y) 5 quindi il quoziente iniziale diventa: Per il teorema si ottiene che: 7 10 (x + y) 3 : (x + y) 5 = (x + y) 3 : (x + y) 5 7 (x + y) 3 : 3 5 (x + y) 5 = 10 7 (x + y)5 (x + y) e dato che 7 = 3 3 si ottiene: che conclude l esercizio (x + y) (x + y) = 10 (x + y) Il portare fuori dal segno di radice Premettiamo che con l espressione 3 a intendiamo che il fattore, fuori dalla radice, moltiplica il radicale 3 a, oppure con l espressione a 5 ab si intende che il fattore a, fuori dalla radice, moltiplica il radicale 5 ab. Detto questo lo scopo del presente paragrafo è quello di trasportare, se possibile, dei fattori che costituiscono il radicando fuori dal segno di radice. Per vedere come consideriamo il seguente: Esempio 4 Portare fuori dal segno di radice nel radicale a 9 Tramite le proprietà delle potenze possiamo scrivere il radicando a 9 come a 4 a 4 a. radicale diventa: 4 a 9 = 4 a 4 a 4 a Quindi il Ma da quanto abbiamo visto nel paragrafo 1.7, letto da destra a sinistra vale che: 4 a4 a 4 a = 4 a 4 4 a 4 4 a per la seconda proprietà fondamentale: 4 a4 4 a 4 4 a = a a 4 a = a 4 a Il fattore a è stato portato fuori dal segno di radice come richiesto dall esercizio.
13 Alessandro Bocconi 1 Il procedimento appena effettuato è abbastanza laborioso ma ha il pregio di spiegare i vari passaggi del portare fuori dal segno di radice. Più veloce è senz altro il seguente: Metodo per portare un fattore fuori dal segno di radice. Per portare un fattore fuori dal segno di radice si effettua la divisione fra l esponente del fattore stesso e l indice del radicale. Il risultato di tale divisione è l esponente del fattore portato fuori mentre il resto della divisione è l esponente del fattore rimasto dentro il radicale. 4 Applichiamo questo metodo all esempio appena visto: a 9. Si effettua la divisione fra l esponente del radicando (9) e l indice del radicale (4). Il risultato è con resto 1. Quindi il fattore a portato fuori dalla parentesi ha esponente mentre il fattore a rimasto dentro ha esponente 1. Cioè a 4 a in accordo col risultato trovato col precedente procedimento. Osservazione. Dal metodo precedente risulta che se un fattore ha esponente minore dell indice del radicale non può essere portato fuori dal segno di radice. Esempi Portare fuori dal segno di radice nel seguente radicale 3 a 6 b c 11 Dall osservazione precedente risulta che b avendo esponente minore dell indice del radicale non può essere portato fuori. Vediamo a 6 : si divide l esponente (6) per l indice della radice (3) e si ottiene con resto 0. Quindi a fuori dalla radice avrà esponente mentre nella radice avrà esponente 0 (e quindi non verrà scritto perché qualunque potenza di esponente 0 è 1 e quindi è inutile scriverla). c ha esponente 11, quindi dato che 11 : 3 = 3 con resto 1, c fuori dalla radice avrà esponente 3 e dentro 1. In conclusione 3 a 6 b c 11 = a c 3 3 b c Portare fuori dal segno di radice nel seguente radicale 3 Dall osservazione precedente risulta che a avendo esponente minore dell indice del radicale non può essere portato fuori. Anche 3 ha esponente 1 e quindi minore dell indice, ma come ben sappiamo 3 = 5 e quindi il radicale diventa 5 a. Dato che 5 : = con resto 1, fuori dalla radice avrà esponente e dentro 1. In conclusione 3 = = 4 Portare fuori dal segno di radice nel seguente radicale 3 16a 5 b 4 16 = 4 quindi 4 : 3 = 1 con resto 1 e il fattore fuori dalla radice avrà esponente 1 e anche nella radice avrà esponente 1. a ha esponente 5, quindi dato che 5 : 3 = 1 con resto, a fuori dalla radice avrà esponente 1 e dentro. b è al denominatore dentro la radice e quindi anche portato fuori sarà al denominatore. b ha esponente 4, quindi 4 : 3 = 1 con resto 1 da cui b fuori dalla radice avrà esponente 1 e anche nella radice avrà esponente 1. Concludendo: 16a 5 3 b 4 = b 3 b Portare fuori dal segno di radice nel seguente radicale 3 4
14 Alessandro Bocconi 13 4 = 3 3 quindi il fattore può essere portato fuori dalla radice, e fuori avrà esponente 1 mentre dentro, dovendo avere esponente 0 non verrà scritto. 3 avendo esponente minore dell indice non può essere portato fuori. Concludendo: 3 4 = 3 3 Portare fuori dal segno di radice nel seguente radicale x 5 + y 4 In questo caso siamo di fronte ad un addizione e il radicando va visto come un fattore unico (cioè x 5 + y 4 ) avente esponente 1. Quindi non può essere portato fuori. Portare fuori dal segno di radice nel seguente radicale 3 (x + y) 5 In questo caso l unico fattore, x + y ha esponente 5 e quindi può essere portato fuori, ottenendo 3 (x + y) 5 = (x + y) 3 (x + y) 1.9 Addizione e sottrazione fra radicali Definizione di radicali simili. Due radicali si dicono simili se hanno lo stesso indice e lo stesso radicando. Esempi 3 a + b e 3 a + b 4 a + b e 3 a + b 3 a + b e 5 3 a + b non sono simili perchè hanno lo stesso indice ma radicando diverso. non sono simili perchè hanno uguale radicando ma indice diverso. sono simili perchè hanno lo stesso indice e lo stesso radicando. Teorema. Due radicali si possono sommare fra loro se e solo se sono simili. Esempio Effettuare la seguente addizione fra radicali: questi radicali non sono simili e, per il teorema, sappiamo che non possono essere sommati. Infatti se si scrivesse: = 5 (abbiamo scritto 5 perché è la somma fra 9 e 16) commetteremmo un grave errore. Infatti noi sappiamo che: 9 = 3; 16 = 4; 5 = 5 quindi se la somma fosse giusta dovrebbe verificarsi che = 5 che è ovviamente falso. Il lettore si sarà ricordato che la parola simili era stata usata anche per i monomi e anche per i monomi, come per i radicali, vale che possono essere addizionati o sottratti se e solo se sono simili. L addizione e la sottrazione dei radicali si effettua in maniera uguale all addizione e sottrazione dei monomi. Si veda per questo il seguente:
15 Alessandro Bocconi 14 Esempio Si determini la seguente somma: a 3 a + 5 a I tre monomi sono simili e possono essere sommati: a 3 a a = ( )a = 10 a = 1 10 a Analogamente si procede per una somma di radicali come la seguente: 3 x 3 3 x x I tre radicali sono simili e possono essere sommati: 3 x 3 3 x x = ( ) 3 x = x = x Esempi Si risolva la seguente espressione di radicali: a + 3 b 7 b + 4 a Questi radicali non sono tutti simili, ma lo sono il primo con il quarto e il secondo con il terzo per cui: a + 3 b 7 b + 4 a = (1 + 4) a + (3 7) b = 5 a 4 b Si determini la seguente somma di radicali: In apparenza i radicali non sono simili, ma sappiamo che 16 = 4 e quindi il fattore può essere portato fuori dalla radice. Quindi: = = = 3 3 Da questo esempio, e anche dai precedenti degli altri paragrafi, possiamo affermare che se un radicale ha un numero come radicando, conviene sempre scomporre tale numero per vedere se il radicale è semplificabile, o se possiamo portare fuori un fattore. Si risolva la seguente espressione di radicali: In apparenza questi radicali non sono simili, ma, seguendo il consiglio dell ultimo esempio, scomponiamo i 3 radicandi: 1 = 3; 75 = 3 5 ; 7 = 3 3 quindi = portando fuori otteniamo: = = Domande Parafrafo L indice del radicale può essere decimale?. L indice del radicale può essere negativo? 3. Il radicando può essere decimale?
16 Alessandro Bocconi Dai la definizione di radicale 5. Perché 9 = 3 e non 3? 6. Quanto vale 1 a? 7. Quanto vale n 1? 8. Quanto vale n 0? 9. Esiste la radice di indice pari di un numero negativo? 10. Esiste la radice di indice dispari di un numero negativo? 11. Cosa sono le condizioni di esistenza di un radicale? Parafrafo Cos è un radicale aritmetico? Parafrafo Cosa stabilisce la prima proprietà fondamentale. 14. Cosa stabilisce la seconda proprietà fondamentale. Parafrafo Enuncia la proprietà invariantiva dei radicali 16. Come si può ridurre più radicali allo stesso indice? 17. A cosa assomiglia il metodo per ridurre più radicali allo stesso indice? Parafrafo Cosa afferma il teorema della semplificazione di un radicale 19. Di quale proprietà è l inverso la semplificazione? Parafrafo Come si effettua il prodotto fra radicali aventi lo stesso indice? 1. Come si effettua il prodotto fra radicali aventi indice diverso? Parafrafo 1.8. Si può portare fuori dal segno di radice un fattore avente esponente minore dell indice? Parafrafo Quando radicali si dicono simili? 4. Quando radicali si possono sommare o sottrarre? 1.11 Esercizi Parafrafo 1. Determinare le condizioni di esistenza dei seguenti radicali x; 8x + 4; 3 8x 4
17 Alessandro Bocconi x + ; 7 8x+4 x ; 6 x x + ; 7 8x+4 x ; 5 x Parafrafo 1.4 Determina i seguenti radicali: ( ) 3 5; x 3 ; 5 x + y 7 ( ( ) 3 3; a 4 b x 4 y 4 ; 7 b ) 6 6; ( a + x 4 x ) ; 34y 64 Parafrafo 1.5 Completa le seguenti uguaglianze: 7. 3 = 6...; 4 7 = 8...; 3 a =... a = 15...; 3 1 = 30...; a 3 =... a = 16...; 9 = 7...; 3 a 4 =... a a + b = 6...; 4 a b = 8...; Porta allo stesso indice i seguenti radicali: 3 a + b =... (a + b) ; 4 7; 8 a 1. 3 a ; 6 a 5 ; 9 a ; 6 7 ; 3 a ; 5 x + ; b 3 ; 3 a b; 1 a + 3b x + 3; x 3 ; 17. x y ; x 7 ; 4 x 15 a x+1 x + 3y; ; 8 x x+3y x 3y ; 4 7; 4 8x Parafrafo 1.6 Semplifica i seguenti radicali ; 10 3; 1 a 4 ; a 3 ; 10 x y x 3 y 9 ; a 1 1; x + 4x x 8 + x 7 y + x 6 y 9 7 ; ; 4 a 400 6
18 Alessandro Bocconi a 6 ; Parafrafo a 6 b 8 ; 0 36 Esegui le seguenti operazioni fra radicali ; x+y x y (x y) x+y ; x ; 10 xy x 5 ; a b 5 : ab ; x+y x y : (x+y) 10 ; ; a b 4 ab; a : 5 0 a ; x+y x y 1; a3 6 a 5 x a 3 : 8 a 5 ; x+y x y : 10 (x y) x+y ; x 3 y Esegui le seguenti espressioni : a+b a b : 6 a+b 4 3 a b 5 : : 3 x y a+b a : 3 a b b : 6 b (a+b) a (a b) : : x 4y 9x ab x3 3 : 3 x y 3x 10 x 4b 49 Parafrafo 1.8 : 3 5 x : 6 x Porta fuori, quando possibile, i fattori dal segno di radice a 5 b; a 4 b 5 c 7 3 ; x 4 y z ; 3 81; 9a a 5 (a 1) 3 ; 4. 18x y; a 13 bc 6 ; 5 64a 4 b 5 ; x 6 y 3 z 9 b 100 ; x + xy + y 3 ; 15 z a 5 b + a 4 c; 9a + 9b 9c; 3 x 4 y x 4 y 5
19 Alessandro Bocconi 18 Parafrafo 1.9 Effettua le seguenti espressioni contenenti addizioni e sottrazioni fra radicali ; 5 a 7 a; ; 5 4 a 7 a; a a 7 a ; 5 4a 7 a;
20 Capitolo Le equazioni di secondo grado.1 Le equazioni di secondo grado Abbiamo già affrontato le equazioni di primo grado e conosciamo la tecnica per risolverle: dopo aver tolto parentesi e denominatori, si portano tutti i monomi contenenti l incognita (la x) al primo termine cioè a sinistra dell uguale, e tutti i monomi che non la contengono (e quindi i numeri senza parte letterale) al secondo termine cioè a destra dell uguale. Alla fine ci riduciamo alla forma: ax = b dove a e b sono dei numeri. A questo punto, dividendo per a (ammesso che a sia diverso da zero) si ottiene la soluzione x = a b. Per essere un equazione di primo grado, ovviamente, non devono essere presenti monomi con parte letterale di grado maggiore di 1. Analogamente un equazione è di secondo grado se il grado massimo dei monomi è. Dal momento che l unica lettera presente è l incognita x, questo significa che ci saranno monomi aventi come parte letterale x, che ci possono essere monomi con parte letterale x e monomi senza parte letterale. Giungiamo quindi alla: Definizione di forma normale di un equazione di secondo grado. Un equazione di secondo grado è in forma normale se si presenta nella forma: dove a, b e c sono dei numeri. Esempi L equazione è in forma normale con a =, b = 3 e c = 7. L equazione ax + bx + c = 0 x 3x + 7 = 0 3x + x 4 = 3x + 5 è di secondo grado ma non è in forma normale perché al secondo termine non c è zero. Si può comunque facilmente portare a forma normale portando i monomi al secondo termine a sinistra dell uguale: 3x + x 4 = 3x + 5 3x + x 4 3x 5 = 0 3x x 9 = 0 abbiamo portato l equazione in forma normale con a = 3, b = e c = 9
21 Alessandro Bocconi 0. Casi Particolari..1 Equazioni di secondo grado pure Consideriamo adesso il caso particolare in cui b = 0. secondo termine e rimane: ax + c = 0 Un equazione di secondo grado di questo tipo si dice pura. Dalla forma normale scompare quindi il Per risolvere questo tipo di equazioni si procede nel seguente modo: si porta c al secondo termine cambiandogli il segno: ax + c = 0 ax = c dividiamo entrambi i termini per a: ax = c a x a = c a x = c a a questo punto conosciamo x, ma a noi interessa trovare x, cioè vogliamo determinare quel numero che elevato alla seconda è uguale a c a. Dobbiamo quindi dividere casi: se c a è minore di zero non esiste nessun numero che elevato alla seconda sia uguale a un numero negativo e quindi, in questo caso, l equazione non ha soluzioni. se c a è positivo allora esistono numeri, uno opposto dell altro, che elevati alla seconda sono uguali a c a. Tali numeri si trovano estraendo la radice quadrata di c a. Quindi le soluzioni sono x = + c a e x = c a. In modo più sintetico possiamo scrivere x = ± c a. Osservazione Nel primo caso, dal momento che l equazione non ha soluzioni si dice che l insieme delle soluzioni è vuoto e si scrive S = ; mentre nel secondo caso si scrive S = {x R x = c a, x = + c a } Esempi Risolvere l equazione x 7 = 0 Si tratta di un equazione di secondo grado pura con a = e c = 7. Risolviamola: x 7 = 0 x = 7 x = 7 36 x = è un numero positivo e si può quindi estrarre la radice quadrata ottenendo: quindi la soluzione è S = {x R x = 6, x = 6} Risolvere l equazione 3x + 1 = 0 x = ± 36 x = ±6 Si tratta di un equazione di secondo grado pura con a = 3 e c = 1. Risolviamola: 3x + 1 = 0 3x = x = x = 4
22 Alessandro Bocconi 1-4 è un numero negativo quindi non esistono soluzioni e si scrive S = Risolvere l equazione x 50 = 4 L equazione non è in forma normale. Portiamola quindi in tale forma: x 50 = 4 x = 0 x 46 = 0 Si tratta di un equazione di secondo grado pura con a = e c = 46. Risolviamola: x 46 = 0 x = 46 x = 46 3 x = 3 3 è un numero positivo e si può quindi estrarre la radice quadrata ottenendo: x = ± 3 quindi la soluzione è S = {x R x = 3, x = + 3} In conclusione possiamo affermare che un equazione di secondo grado pura o ha soluzioni o non ne ha nessuna... Equazioni di secondo grado spurie Affrontiamo adesso il caso in cui c = 0 e quindi l equazione di secondo grado si presenta nella forma: ax + bx = 0 Osserviamo che i monomi hanno in comune x che può quindi essere messo a fattor comune ottenendo: x(ax + b) = 0 Sappiamo già che il prodotto di fattori è zero se e soltanto se uno dei due fattori è zero. Quindi affinché l equazione sia verificata deve verificarsi che: x = 0 oppure ax + b = 0 abbiamo quindi trasformato un equazione di secondo grado in equazioni di primo grado di cui una, x = 0, è già risolta e l altra ha soluzione: quindi S = {x R x = 0, x = b a }. ax + b = 0 ax = b a a x = b a x = b a Possiamo quindi concludere che un equazione spuria ha sempre due soluzioni di cui una è sempre x = 0. Esempio Risolvere la seguente equazione: 3x + 11x = 0 Si tratta di un equazione spuria con a = 3 e b = 11. Raccogliamo la x e otteniamo: x(3x + 11) = 0 pertanto una soluzione è x = 0 e l altra si ottiene risolvendo: quindi otteniamo S = {x R x = 0, x = 11 3 } 3x + 11 = 0 3x = x = 11 3 x = 11 3
23 Alessandro Bocconi..3 Equazioni di secondo grado monomie Quando si verifica che b = 0 e c = 0, siamo di fronte ad un equazione monomia che si presenta sotto la forma: ax = 0 dividiamo entrambi i termini per a: a a x = 0 a x = 0 quindi la soluzione è data da quel numero che elevato alla seconda è uguale a zero. Ma l unico numero che elevato alla seconda è zero, è lo zero stesso. Quindi abbiamo che S = {x R x = 0}. Possiamo quindi concludere che un equazione monomia ha un unica soluzione che è sempre x = 0. Esempio Risolvere 5x = 0 è un equazione monomia pertanto l unica soluzione è x = 0 quindi S = {x R x = 0}..3 Il caso generale Veniamo adesso al caso generale quello in cui a, b e c sono tutti diversi da zero e quindi l equazione si presenta nella forma: ax + bx + c = 0 Per arrivare alla formula generale sono necessari alcuni passaggi che sfruttano i principi di equivalenza validi per tutte le equazioni. Inizialmente moltiplichiamo ambo i termini per 4a: 4a (ax + bx + c) = 4a 0 4a x + 4abx + 4ac = 0 Aggiungiamo b sia al primo che al secondo termine: 4a x + 4abx + 4ac + b = b Portiamo il monomio 4ac a destra dell uguale cambiandogli il segno: 4a x + 4abx + b = b 4ac E notiamo che al primo termine abbiamo il quadrato del binomio x + b, quindi: (x + b) = b 4ac Un quadrato è una quantità che non è mai negativa, quindi, affinché l equazione abbia soluzioni deve essere non negativa anche l espressione b 4ac. Per motivi che vedremo in seguito indichiamo con la lettera greca (delta) la quantità b 4ac. Cioè: Abbiamo quindi 3 casi possibili: = b 4ac se < 0 l eguaglianza non è mai verificata e quindi l equazione non ha soluzioni (è impossibile) e si indica S =.
24 Alessandro Bocconi 3 se = 0 l eguaglianza diventa (x + b) = 0 ma noi sappiamo che una potenza è zero se e soltanto se è zero la base, quindi: (x + b) = 0 x + b = 0 x = b x = b x = b quindi l equazione ha un unica soluzione S = {x R x = b } se > 0 allora per ricavarsi x + b bisogna estrarre la radice come abbiamo fatto per le equazioni pure; quindi: (x + b) = x + b = ± portiamo allora b al secondo termine e dividiamo per ottenendo: x + b = ± x = b ± x = b ± Quindi l equazione ha soluzioni che si ottengono facendo precedere la radice una volta dal segno meno e l altra dal segno più. L ultima formula che abbiamo trovato, che per la sua importanza riscriviamo di seguito, è chiamata formula risolutiva per le equazioni di secondo grado. x = b ± Definizione di discriminante. La quantità b 4ac che abbiamo indicato con la lettera greca prende il nome di discriminante. Il motivo di questo nome deriva dal fatto che discrimina il numero di soluzioni di un equazione. Infatti: se < 0 l equazione non ha soluzioni se = 0 l equazione ha un unica soluzione x = b se > 0 l equazione ha soluzioni che si determinano mediante la formula risolutiva delle equazioni di secondo grado. Osservazione. Come vedremo in seguito e in future applicazioni spesso è conveniente interpretare il caso = 0 non come un equazione che ha un unica soluzione ma che ha soluzioni uguali fra loro. Convenzione Spesso il discriminante è chiamato più semplicemente delta. Esempi Risolvere l equazione x 3x + 9 = 0
25 Alessandro Bocconi 4 Osserviamo innanzitutto che l equazione di secondo grado è in forma normale ed è completa. I valori dei parametri sono a =, b = 3 e c = 9. Calcoliamoci il discriminante: = b 4ac = ( 3) 4 9 = 9 7 = 63 Il discriminante è negativo e quindi l equazione non ha soluzioni e si scrive: S = Risolvere l equazione x 7x + 10 = 0 Osserviamo innanzitutto che l equazione di secondo grado è in forma normale ed è completa. I valori dei parametri sono a = 1, b = 7 e c = 10. Calcoliamoci il discriminante: = b 4ac = ( 7) = = 9 Il discriminante è positivo e quindi l equazione ha soluzioni che si determinano tramite la formula risolutiva: x = b ± peranto S = {x R x =, x = 5} = 7 ± 9 1 = 7 ± 3 Risolvere l equazione x + 10x + 8 = 4x 1 x = 7 3 =, x = Osserviamo innanzitutto che l equazione di secondo grado non è in forma normale. Portiamola in tale forma: = 5 x + 10x + 8 = 4x 1 x + 10x + 8 4x + 1 = 0 x + 6x + 9 = 0 L equazione è completa e i valori dei parametri sono a = 1, b = 6 e c = 9. discriminante: = b 4ac = (6) = = 0 Il discriminante è zero e quindi l equazione ha un unica soluzione che è Calcoliamoci il x = b = 6 1 = 3 peranto S = {x R x = 3} Osservazione importantissima. In queso paragrafo e nel precedente, abbiamo visto che a seconda del tipo di equazione esiste una tecnica diversa per determinare le soluzioni. Questo può rendere difficile ricordare, a seconda dei casi, quale tecnica applicare. Fermo restando che le tecniche indicate sono le più efficaci nei vari casi, la formula risolutiva può essere usata per risolvere qualunque tipo di equazione di secondo grado. In altre parole, se ad esempio dobbiamo risolvere un equazione spuria, usare la formula risolutiva non è la strada più veloce ma porta comunque al risultato giusto. Verifichiamo quanto appena detto applicando la formula risolutiva a tutti gli esempi del precedente paragrafo: Esempi Risolvere l equazione x 7 = 0
26 Alessandro Bocconi 5 È un equazione di secondo grado con a =, b = 0 e c = 7. Calcoliamo il discriminante: = b 4ac = 0 4 ( 7) = 8 ( 7) = 576 Il discriminante è maggiore di zero, ci aspettiamo quindi soluzioni che determiniamo tramite la formula risolutiva: x = b ± = 0 ± 576 = ±4 4 x = 4 4 = 6, x = 4 4 = 6 peranto S = {x R x = 6, x = 6}. Si confronti tale soluzione con quella del medesimo esempio del paragrafo.. Risolvere la seguente equazione: 3x + 11x = 0 È un equazione di secondo grado con a = 3, b = 11 e c = 0. Calcoliamo il discriminante: = b 4ac = = 11 Il discriminante è maggiore di zero, ci aspettiamo quindi soluzioni che determiniamo tramite la formula risolutiva: x = b ± = 11 ± 11 3 = 11 ± 11 6 x = 6 = 11 3, x = 0 6 = 0 peranto S = {x R x = 11 3, x = 0}. Si confronti tale soluzione con quella del medesimo esempio del paragrafo.. Risolvere l equazione x + 10x + 8 = 4x 1 Portata in forma normale l equazione diventa: x + 6x + 9 = 0 L equazione è completa e i valori dei parametri sono a = 1, b = 6 e c = 9. discriminante: = b 4ac = (6) = = 0 Calcoliamoci il Il discriminante è zero e quindi l equazione ha un unica soluzione. Applichiamo la formula risolutiva: x = b ± = 6 ± 0 1 = 6 = 3 peranto S = {x R x = 3} che è lo stesso risultato ottenuto precedentemente..4 La formula ridotta Nel caso che il coefficiente b sia un numero pari, esiste una formula, detta formula ridotta, che proviene dalla formula risolutiva delle equazioni di secondo grado. Il vantaggio di tale formula, rispetto a quella risolutiva, sta nel fatto che permette di trovare le soluzioni tramite calcoli più semplici. Ricaviamoci allora tale formula che, come già detto, funziona solo se b è un numero pari. Essendo un numero pari esiste un altro numero, chiamiamolo β (lettera greca che si legge beta), uguale alla metà di b. Quindi b = β.
27 Alessandro Bocconi 6 Scriviamo allora la formula risolutiva con β al posto di b. Il discriminante diventa: = (β) 4ac = 4β 4ac = 4(β ac) e la formula risolutiva: x = β ± = β ± 4(β ac) possiamo portare il 4 fuori dalla radice e raccogliere il : = la formula ridotta è quindi: = β ± β ac = ( β ± β ac) a x = β ± β ac a = β ± β ac a Osservazione Per la formula ridotta non serve calcolarsi il discriminante (cioè b 4ac) ma è sufficientamente calcolare la quantità β ac (indicata con l espressione 4 perchè equivale al discriminante diviso 4) Esempio Risolvere l equazione x + 8x 33 = 0 b = 8 quindi β = 4 quindi: applichiamo la ridotta: x = β ± β ac a quindi S = {x R x = 11, x = 3} 4 = β ac = 16 1 ( 33) = 49 = 4 ± 49 1 Risolviamo adesso lo stesso esercizio con la formula tradizionale: applichiamo la formula risolutiva = 4 ± 7 x = 11; x = +3 = b 4ac = ( 33) = = 196 x = b ± = 8 ± 196 = 8 ± 14 x = = = 11; x = = 6 3 = +3 quindi si trovano le stesse soluzioni ma con calcoli più difficili..5 Relazione fra coefficienti e soluzioni di un equazione di secondo grado Come prevedibile esiste una relazione fra le soluzioni (chiamate anche radici) di un equazione di secondo grado e i coefficienti dell equazione stessa. Consideriamo tre casi a seconda che il sia maggiore, minore o uguale a zero.
28 Alessandro Bocconi 7 > 0. In questo caso l equazione ha soluzioni. Chiamiamole x 1 e x per distinguerle fra loro. Sappiamo che: x 1 = b ; x = b + Osserviamo adesso che la somma delle soluzioni è: x 1 + x = b + b + = b b + = b a = b a mentre il prodotto è: x 1 x = b b + = ( b ) ( b + ) 4a al numeratore c è il prodotto di una somma per una differenza quindi: ( b) ( ) 4a = b 4a = b (b 4ac) 4a = b b + 4ac 4a = 4 a c 4 a = c a Abbiamo quindi stabilito che, se x 1 e x sono le due soluzioni di un equazione di secondo grado vale che: x 1 + x = b a ; x 1 x = c a = 0. In questo caso abbiamo un unica soluzione, o meglio, come abbiamo osservato in precedenza, ne abbiamo fra loro uguali. Continuiamo a chiamarle x 1 e x con x 1 = x = b Inoltre se = 0 significa che b 4ac = 0 cioè b = 4ac. Quindi: x 1 + x = b b = b a = b a x 1 x = b ( b ) = b 4a = ma, dato che b = 4ac, possiamo sostituire 4ac a b : = 4 a c 4 a = c a quindi anche nel caso = 0 la somma e il prodotto delle soluzioni è uguale del caso > 0. < 0 in questo caso non ci sono soluzioni quindi non ci può essere alcuna relazione fra soluzioni e coefficienti. Conoscere queste relazioni può essere estremamente utile per risolvere il problema inverso a quello che siamo soliti affrontare: generalmente viene assegnata un equazione di cui bisogna determinare le soluzioni; supponiamo invece di dover risolvere il seguente: Problema inverso. Dati numeri determinare un equazione di secondo grado che abbia tali numeri come soluzioni. Determinare un equazione di secondo grado significa determinare i coefficienti a, b e c.
29 Alessandro Bocconi 8 Per risolvere questo problema risultano fondamentali le relazioni fra soluzioni e coefficienti, come si vede dai seguenti: Esempi Determinare un equazione di secondo grado che abbia come soluzione i numeri 3 e 5. Risulta quindi che x 1 = 3 e x = 5. Dal momento che x 1 + x = b a abbiamo che: 8 = b a b a = 8 Inoltre dato che x 1 x = c a risulta che: 15 = c a c a = 15 Dal momento che abbiamo 3 incognite e sole equazioni possiamo dare ad una delle tre incognite un qualunque valore. Scegliamo (come faremo sempre in questo tipo di problemi) a = 1, quindi dalle precedenti relazioni si ricava: b = 8; c = 15 quindi l equazione cercata è: x 8x + 15 = 0. Verifichiamo che tale equazione abbia come soluzione proprio 3 e 5: applicando la formula risolutiva otteniamo: = b 4ac = ( 8) = = 4 x = b ± = 8 ± 4 = 8 ± x = 8 = 6 3 = 3; x = 8 + = 10 5 = 5 che conferma che l equazione trovata è quella che risolve il problema assegnato. Determinare un equazione di secondo grado che abbia come soluzione il numero. Abbiamo già osservato che un unica soluzione può essere vista come soluzioni coincidenti. Quindi x 1 = x =. Da cui (ponendo sempre a = 1): 4 = b 1 b = 4 Inoltre: 4 = c 1 c = 4 quindi l equazione cercata è: x + 4x + 4 = 0. Verifichiamo che tale equazione abbia come soluzione proprio : = b 4ac = (4) = = 0 applicando la formula risolutiva otteniamo: x = b ± = 4 ± 0 = 4 = che conferma che l equazione trovata è quella che risolve il problema assegnato.
30 Alessandro Bocconi 9.6 Scomposizione di un trinomio di secondo grado tramite le equazioni Le equazioni di secondo grado risultano utili anche per la scomposizione di un trinomio di secondo grado. Ricordiamoci che scomporre un polinomio significa scriverlo come un prodotto di polinomi di grado minore. Come scomporre un trinomio di secondo grado tramite un equazione di secondo grado è sintetizzato dal seguente: Teorema. Siano x 1 e x le due soluzioni di un equazione di secondo grado, allora il polinomio ax + bx + c può essere scomposto come: ax + bx + c = a(x x 1 )(x x ) si osservi che abbiamo scritto il trinomio di secondo grado come il prodotto di binomi di primo grado e quindi lo abbiamo scomposto. Dimostrazione: è sufficiente verificare l uguaglianza del teorema. a(x x 1 )(x x ) = a(x x 1 x x x + x 1 x ) = a[x (x 1 + x )x + x 1 x ] ma abbiamo visto prima che x 1 + x = b a e x 1 x = c a. Sostituendo otteniamo: a[x (x 1 + x )x + x 1 x ] = a[x ( b a )x + c a ] = a(x + b a x + c a ) = ax + a b c x+ a a a = ax + bx + c che verifica l uguaglianza. Osservazione. Il teorema vale anche nel caso l equazione di secondo grado abbia un unica soluzione (o due coincidenti). In questo caso, dato che x 1 = x, si ottiene: ax + bx + c = a(x x 1 )(x x ) = a(x x 1 ) Osservazione. Se l equazione di secondo grado non ha soluzioni allora il trinomio non è scomponibile e quindi è irriducibile. Esempi Scomporre il trinomio x 4x 30. Risolviamo l equazione associata: x 4x 30 = 0. = b 4ac = ( 4) 4 ( 30) = = 56 x = b ± = 4 ± 56 4 = 4 ± 16 4 x 1 = = = 3; x = = = 5 Quindi la scomposizione risulta: x 4x 30 = (x + 3)(x 5)
31 Alessandro Bocconi 30 Scomporre il trinomio 3x 4x + 1. Risolviamo l equazione associata: 3x 4x + 1 = 0. = b 4ac = ( 4) = 16 1 = 4 x = b ± = 4 ± 4 6 Quindi la scomposizione risulta: = 4 ± 6 x 1 = 4 6 = 6 3 = 1 3 ; x = 4 + = = 1 3x 4x + 1 = 3(x 1 )(x 1) 3 Scomporre il trinomio x 10x + 5. Risolviamo l equazione associata: x 10x + 5 = 0. = b 4ac = ( 10) = = 0 x = b ± = 10 ± 0 = 10 ± 0 x 1 = 10 = 5 Quindi la scomposizione risulta: x 10x + 5 = (x 5) Scomporre il trinomio x x + 5. Risolviamo l equazione associata: x x + 5 = 0. = b 4ac = ( ) = 4 0 = 16 quindi, essendo il discriminante negativo, l equazione non ha soluzioni ed il trinomio è irriducibile. Osservazione. Il lettore, scomponendo un trinomio tramite le equazioni di secondo grado, si sarà ricordato della scomposizione del particolare trinomio di secondo grado. In tale scomposizione dovevamo trovare due numeri p e q tali che la loro somma fosse uguale al coefficiente di x e il loro prodotto fosse uguale al termine noto. Una volta trovati la scomposizione risultava essere (x + p)(x + q) (tutto ciò funzionava se il coefficiente di x era 1). Ovviamente scomporre tramite il particolare trinomio oppure scomporre tramite l equazione di secondo grado porta allo stesso risultato: bisogna però aggiungere che la scomposizione tramite equazione di secondo grado si applica ad un numero maggiore di casi..7 Problemi risolubili tramite equazioni di secondo grado Le equazioni di secondo grado possono essere utilizzate, al pari delle equazioni di primo grado, per risolvere dei problemi. I passi da seguire sono i seguenti: 1. Definire cosa indichiamo come incognita (cioè cosa ci chiede il problema)
32 Alessandro Bocconi 31. Stabilire i vincoli a cui deve sottostare l incognita (ad esempio se deve essere intera, positiva, minore di qualcosa ecc.) 3. Impostare l equazione risolutiva e risolverla 4. Verificare se la soluzione soddisfa i vincoli Esempi In un cinema tutte le file sono composte dallo stesso numero di sedie. Il numero di file è uguale al numero di sedie per fila aumentato di 3 (in altre parole se ci fossero 10 sedie per fila le file sarebbero 13, oppure se ci fossero 15 sedie per fila le file sarebbero 18 e così via). In tutto il cinema ha 08 posti. Quante sedie ci sono per ogni fila? 1. L incognita x è il numero di sedie per fila. Dal momento che il numero di file supera di 3 il numero di sedie per fila, il numero di file è x + 3. Vincoli: ovviamente x deve essere positivo e intero. 3. Impostiamo l equazione risolvente: il numero di posti equivale al numero di sedie per fila (che abbiamo chiamato x) moltiplicato il numero di file (x + 3). Dal momento che i posti totali sono 08 risulta che: x (x + 3) = 08 Cioè Risolviamola: x = b ± x + 3x 08 = 0 = b 4ac = (3) 4 1 ( 08) = = 841 = 3 ± 83 = 3 ± 9 x = = = 16; x = Una soluzione è negativa e quindi non rispetta il vincolo mentre l altra, 13 è positiva ed intera e quindi soddisfa i vincoli e risolve il problema. = 6 13 = 13 Il numero di sedie per fila è quindi 13. Francesca vuole organizzare una festa di compleanno e invita un certo numero di ragazze/i. Ciascun invitato, a sua volta, invita lo stesso numero di persone che ha invitato Francesca (in altre parole se Francesca invita 10 persone, ciascuna di queste 10 persone ne invita altre 10 e così via. In questo caso abbiamo 10 persone invitate da Francesca più = 100 persone invitate dagli invitati). Alla fine, alla festa ci sono, compreso Francesca, 41 persone. Quante persone ha invitato Francesca? 1. L incognita x è il numero di persone invitato da Francesca. Dal momento che ciascuno degli x invitati può invitarne altri x gli invitati dagli invitati sono x.. Vincoli: x deve essere positivo e intero. 3. Impostiamo l equazione risolvente: alla festa ci sono gli invitati dagli invitati (che sono x ), gli invitati direttamente da Francesca (che sono x) e Francesca stessa. Dal momento che in tutto alla festa ci sono 41 persone risulta che: x + x + 1 = 41 Cioè x + x 40 = 0
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