Stima della portata di piena con diverse metodologie di calcolo ed applicazione al bacino idrografico del Calopinace (RC)

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1 Stima della portata di piena con diverse metodologie di calcolo ed applicazione al bacino idrografico del Calopinace (RC) Giovanni D. Musolino

2 Stima della portata di piena con diverse metodologie di calcolo ed applicazione al bacino idrografico del Calopinace (RC) Giovanni Musolino Published by: Mistral Service sas, Via U. Bonino, 3, Messina (Italy) This book is distributed as an Open Access work. All users can download copy and use the present volume as long as the author and the publisher are properly cited. The content of this manuscript has been revised by our international Editorial Board members. Important Notice The publisher does not assume any responsibility for any damage or injury to property or persons arising out of the use of any materials, instructions, methods or ideas contained in this book. Opinions and statements expressed in this book are these of the authors and not those of the publisher. Furthermore, the published does not take any responsibility for the accuracy of information contained in the present volume. First published: Oct, 2015 Assembled in Italy Giovanni Musolino A free online copy of this book is available at Stima della portata di piena con diverse metodologie di calcolo ed applicazione al bacino idrografico del Calopinace (RC) Giovanni Musolino ISBN:

3 INDICE INTRODUZIONE... 8 CAPITOLO I: La portata al colmo Componenti dell onda di piena Trasformazione afflussi - deflussi Curve Number Idrogramma di piena CAPITOLO II: Modelli di calcolo per la stima della portata di piena Concetti di base Metodo Cinematico o della corrivazione Metodo del serbatoio lineare Metodo razionale Metodo di Nash Metodo dell analisi regionale CAPITOLO III: Il bacino idrografico Individuazione di un bacino idrografico Caratteristiche planimetriche Caratteristiche del rilievo Curva ipsografica Altezza media Altezza mediana Pendenza media del bacino Leggi statistiche Distribuzione di Gumbel (EV1) Distribuzione di Fréchet (EV2) Distribuzione Log-normalea due o tre parametri Curve di possibilità pluviometrica Ietogramma di progetto Ietogramma costante (o rettangolare) Ietogramma Chicago Ietogramma Sifalda CAPITOLO IV: Applicazione dei modelli di piena al bacino idrografico del Calopinace Descrizione del bacino

4 4.2 Stima delle caratteristiche planimetriche e del rilievo del bacino idrografico del Calopinace Stima delle curve di possibilità pluviometrica per il bacino idrografico del Calopinace Stazione pluviometrica di Reggio Calabria (cod. 2450) Stazione pluviometrica di Arasì (cod. 2460) Stazione pluviometrica di Cardeto (cod. 2465) Idrogramma di piena per il bacino idrografico del Calopinace Stima delle portate di piena per il bacino idrografico del Calopinace Stima della portata di piena con il metodo dell invaso Stima della portata di piena con il metodo razionale Stima della portata di piena con il metodo della regionalizzazione Confronto tra le portate di piena ricavate con le differenti metodologie di calcolo Metodo della corrivazione Metodo del serbatoio lineare Metodo razionale Metodo dell analisi regionale CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA APPENDICE

5 INTRODUZIONE L obiettivo della tesi è l analisi di diverse metodologie di calcolo per la stima della massima portata di piena per un assegnato bacino idrografico. A tal scopo nel capitolo primo verrà analizzato l afflusso meteorico, vale a dire come esso si trasforma in deflusso e come quest ultimo si suddivide in deflusso profondo, superficiale ed ipodermico.verrà quindi descritto come questi diversi tipi di deflusso contribuiranno alla formazione dell onda di piena; nello stesso capito si è analizzato inoltre il metodo del Curve Number che permette il calcolo della pioggia netta in funzione del grado di umidità del terreno e della destinazione d uso di quest ultimo. Quindi verrà ricavato l idrogramma di piena il cui colmo rappresenta la massima portata dell evento di piena. Il secondo capitolo tratterà i modelli per la stima della portata di piena, in particolare verranno presi in esame: il modello cinematico (o della corrivazione), il metodo del serbatoio lineare (o dell invaso), il modello di Nash ed il modello dell analisi regionale. Nel terzo capitolo verranno prese in esame le caratteristiche planoaltimetriche del bacino idrografico, ed i relativi parametri morfologici e del rilievo. Nello stesso capitolo verranno descritte le leggi statistiche che verranno utilizzate per l analisi dei dati pluviometrici forniti dagli Annali Idrologici. In particolare saranno prese in esame la distribuzione di Gumbel (EV1), la distribuzione di Fréchet (EV2), la distribuzione Log-normale a due e tre parametri e la distribuzione TCVE. I dati cosi elaborati serviranno per la stima delle curve di possibilità pluviometrica che permetteranno di ricavare le altezze di pioggia in funzione della durata e di un assegnato periodo di ritorno, tramite lo ietogramma Chicago (ietogramma di progetto ad intensità variabile) verrà distribuita l intensità di pioggia nello spazio e nel tempo; sarà così effettuata l analisi di tutti i dati necessari alla stima della portata al colmo. L ultimo capitolo sarà costituito dall applicazione al bacino idrografico relativo alla fiumara Calopinace, che attraversa con la sua parte terminale dell alveo la parte centro-sud della città di Reggio Calabria per sfociare poi in prossimità della Stazione ferroviaria centrale. Per l analisi pluviometrica verranno presi in esame i dati di pioggia delle stazioni pluviometriche di Reggio Calabria, Arasì e Cardeto (stazioni pluviometriche che si trovano all interno del bacino idrografico in esame); tramite le metodologie che 8

6 saranno prese in esame ed analizzate verrà calcolata la massima portata al colmo per la fiumara Calopinace per un tempo di ritorno T = 100 anni. Tale parametro costituirà la base di partenza per il dimensionamento di una qualsiasi infrastruttura idraulica da realizzarsi nella fiumara in esame. 9

7 CAPITOLO I: La portata al colmo 1.1 Componenti dell onda di piena Al fine di determinare la portata al colmo, dobbiamo essere in grado di determinare quale aliquota della precipitazione caduta al suolo, giunge effettivamente alla sezione di chiusura, per far ciò dobbiamo separare le differenti componenti che costituiscono l onda di piena. La precipitazione caduta al suolo contribuisce infatti con diverse modalità e con diversi tempi alla formazione dell onda di piena di cui la portata al colmo rappresenta il massimo valore. Analizziamo adesso i quattro meccanismi che danno luogo al deflusso di piena. Se durante una precipitazione piovosa la quantità d acqua caduta sulla superficie di un bacino idrografico è maggiore di quella che contemporaneamente ritorna all atmosfera per evapotraspirazione, allora nella rete idrografica si ha un incremento del livello idrico che caratterizza lo stato di piena del corso d acqua appartenente al bacino in esame. Si può supporre che la formazione dei deflussi di piena avvenga attraverso quattro meccanismi distinti: deflusso superficiale, deflusso profondo, deflusso ipodermico e afflusso diretto. Il deflusso superficiale,salvo il caso di bacini molto permeabili, rappresenta l aliquota maggiore del complessivo deflusso di piena; esso inizia a formarsi dopo un certo intervallo di tempo dall inizio dell evento meteorico, in particolare quando l intensità di pioggia supera l intensità di evapotraspirazione e di infiltrazione.inoltre, devono essere esaurite le capacità naturali ed artificiali di invaso del bacino che non hanno connessione diretta con la rete idrografica. Altri fattori che determinano il ritardo con cui la portata si presenta in alveo sono: i caratteri geomorfologici del bacino idrografico (l area del bacino, la natura geologica dei terreni, la destinazione d uso dei suoli, la pendenza dei versanti,l estensione e la struttura della rete idrografica, il tipo e la consistenza della vegetazione, etc.) e l iniziale stato d imbibizione del bacino. Il deflusso profondo rappresenta l aliquota dell acqua d infiltrazione che ha la possibilità di raggiungere la rete idrografica a monte della sezione di fiume considerata. Bisogna però considerare che il moto delle acque filtranti avviene in modo molto lento; quindi, il deflusso sotterraneo 10

8 giunge in alveo con molto ritardo rispetto all inizio del fenomeno piovoso. Se si considerano periodi di tempo molto lunghi si vedrà che il deflusso profondo costituisce il principale contributo alla formazione del deflusso dei corsi d acqua naturali: anzi, nei periodi di siccità ne costituisce l unica componente; il contributo di portata del deflusso profondo risulta inoltre essere molto più regolare rispetto a quello del deflusso superficiale a causa dell azione modulatrice che gli ammassi filtranti attraversati (ossiai serbatoi sotterranei) esercitano sulla portata del deflusso profondo. Il deflusso ipodermico rappresenta la parte dell acqua di pioggia che infiltratasi nel terreno, scorre più o meno parallelamente alla superficie del suolo in uno strato superficiale spesso alcune decine di centimetri. L entità di tale tipo di deflusso dipende dalle caratteristiche litologiche del bacino: tale deflusso, infatti, risulta essere praticamente nullo quando il terreno è impermeabile; in tal caso, infatti, non può esservi infiltrazione, e quando il terreno è permeabile in profondità,in tal caso l infiltrazione forma solo il deflusso profondo. Il contributo del deflusso profondo risulta essere significativo quando sono presenti strati di terreno impermeabile a piccola profondità dalla superficie del suolo e risulta accentuato dall eventuale presenza di macroporosità dovute all apparato radicale della vegetazione. Generalmente il contributo del deflusso ipodermico viene accorpato con le portate dovute ai deflussi superficiali tale accorpamento è dovuto principalmente a tre fattori: la costante di tempo di tale fenomeno risulta essere più vicina a quella tipica del deflusso superficiale che a quella del deflusso sotterraneo; è difficile individuare con sufficiente approssimazione tale contributo; è stato dimostrato da alcune ricerche condotte negli Stati Uniti che il contributo del deflusso ipodermico è rilevante solo in piene di piccola entità; in caso di piene di grossa entità esso risulta essere trascurabile. L afflusso diretto rappresenta l aliquota del volume di pioggia che cade direttamente sulle superfici liquide del bacino; poiché tale contributo risulta essere molto limitato, la portata relativa a tale contributo viene conglobata in quella relativa al deflusso superficiale. 11

9 1.2 Trasformazione afflussi - deflussi Abbiamo visto nel paragrafo precedente come la precipitazione, caduta sul bacino idrografico, viene di norma suddivisa; dobbiamo quindi analizzare il modo in cui tale afflusso meteorico si trasformerà in deflusso di piena; dobbiamo quindi comprendere come decurtare, dalle precipitazioni lorde, le perdite e ricavare così le precipitazioni efficaci, tramite le quali potremo determinare l onda di piena e di conseguenza ricavare la portata al colmo. La determinazione dei deflussi, in una data sezione di un corso d acqua, causati dagli afflussi meteorici al bacino idrografico considerato costituisce uno dei problemi centrali dell idrologia. Con la dicitura "trasformazione afflussi-deflussi" intendiamo l'insieme di quei diversi processi idrologici che concorrono alla formazione del deflusso, a partire dalla precipitazione meteorica, prima ancora che il deflusso stesso si incanali nella rete idrografica. Una visione schematica di tali processi è riportata in Fig Considerando tale schema come rappresentativo del bilancio di massa d'acqua per una porzione elementare di un bacino idrografico,tale bilancio ha come ingresso fondamentale la precipitazione misurata in prossimità del suolo. Tale precipitazione viene in parte intercettata dalla vegetazione, in parte si infiltra nel suolo, in parte ancora va ad accumularsi in piccoli invasi naturali e/o artificiali (pozzanghere, avvallamenti del terreno,impluvi artificiali); la parte rimanente, infine, va a costituire il deflusso superficiale che scorrerà verso la rete idrografica secondo le linee di massima pendenza del terreno. Il sistema suolo - vegetazione, quindi, costituisce una naturale capacità di invaso, che tende a decurtare la quantità di acqua precipitata che arriverà alla rete idrografica (precipitazione efficace). Tale decurtazione dipenderà, istante per istante, dalla capacità complessiva di tali invasi, che varierà nel tempo, sia a causa del loro progressivo riempimento durante prolungati eventi di pioggia, sia a causa di altri processi di trasferimento dell'acqua che agiscono nel sistema suolo - atmosfera. 12

10 Fig Schema del bilancio idrologico di una porzione elementare di bacino. Nell'ambito nello studio dei fenomeni di piena fluviale, i diversi tipi di deflusso (superficiale, ipodermico, profondo o di base) assumono una importanza relativa, che varia in funzione del tempo caratteristico di risposta del bacino in esame. Intendendo come tempo di risposta l'intervallo di tempo trascorso fra l'inizio dell'evento di precipitazione e l'arrivo del colmo di piena alla sezione di chiusura del bacino, questo dipende in maniera sensibile dalle dimensioni areali del bacino stesso e dalla lunghezza del corso d'acqua principale, nonché dal regime di quest'ultimo (torrentizio, fluviale,...) 13

11 Fig Tempi di ritardo, rispetto alla precipitazione, dei diversi tipi di deflusso in arrivo alla rete idrografica. Avendo, quindi, come obiettivo principale la stima dei deflussi superficiali, ed eventualmente ipodermici, la modellazione della trasformazione afflussi - deflussi si basa fondamentalmente sul calcolo, a partire dalla distribuzione spazio - temporale delle piogge, delle perdite che queste subiscono per intercettazione ed infiltrazione. La stima dell'evapotraspirazione influenzerà solo indirettamente la stima di tali perdite, tramite il bilancio di umidità del suolo, da cui dipende il tasso di infiltrazione, ed il bilancio d'acqua dei piccoli invasi, da cui dipende l'intercettazione. Il processo di infiltrazione risulta essere, nella maggior parte dei casi, il fattore di perdita quantitativamente più rilevante. La modellazione del processo di trasformazione degli afflussi in deflussi si inserisce come componente essenziale nella più generale modellistica per la ricostruzione e/o la previsione di idrogrammi di piena, in una o più sezioni fluviali di un bacino idrografico, a partire dalla distribuzione spazio - temporale delle piogge insistenti sul bacino (Fig. 1.3). 14

12 Fig Schema concettuale di trasferimento da precipitazioni distribuite nello spazio e nel tempo ad idrogramma di piena nella sezione di chiusura di un bacino. Dal punto di vista matematico, il problema della ricostruzione (o previsione) di un idrogramma di piena può essere visto come la messa a punto di un filtro il cui ingresso è costituito da misure di una variabile P(s,t) (la precipitazione insistente sul bacino durante un particolare evento) di tipo distribuito, ovvero dipendente sia dalla coordinata temporale t che dalla coordinata spaziale s,e la cui uscita è una variabile Q(t) (la portata nella sezione di chiusura del bacino) di tipo integrato nello spazio, ovvero dipendente solo dal tempo. La trasformazione da pioggia al suolo a portata nella sezione di chiusura avviene secondo una cascata di processi, ciascuno dei quali può essere rappresentato tramite un opportuno sotto-modello specializzato, come schematizzato in Fig.1.4. In particolare, l'ingresso principale al modello sarà costituito da una serie di misurazioni di pioggia, di tipo puntuale (registrazioni pluviometriche) e/o distribuito (radar meteorologico), che dovranno essere in generale interpolate, tramite un opportuno modello estimativo per ottenere l'andamento delle precipitazioni lorde al suolo nello spazio e nel tempo in termini di afflussi per unità di area (ovvero con dimensioni di portata 15

13 perunità di area). La parte di tali precipitazioni che andrà in scorrimento superficiale (ed eventualmente anche in deflusso ipodermico, nei limiti precedentemente accennati), detta anche precipitazione efficace o deflusso efficace, verrà stimata con un opportuno modello di trasformazione afflussi - deflussi, che stimerà la produzione di deflusso q(s, t) idealmente in ciascun punto del bacino, avente questa ancora le dimensioni di una portata per unità di area. Infine, il processo di concentrazione dei deflussi superficiali nel reticolo idrografico e di trasferimento lungo questo fino alla sezione di chiusura verrà rappresentato tramite un opportuno modello di formazione dell'onda di piena. Fig Schema di flusso della modellazione degli idrogrammi di piena. 16

14 1.3 Curve Number Il metodo del "Curve Number", messo a punto dal "SoilConservation Service - UnitedStatesDepartment of Agriculture", permette di determinare la pioggia netta che ci occorre per determinare al portata al colmo. Tale metodo si colloca a metà strada fra i modelli basati sul calcolo delle perdite per infiltrazione in un punto, quindi coerentemente utilizzabili solo in approcci distribuiti esemidistribuiti, ed i modelli formulati in maniera da essere specificatamente utilizzati in approcci integrati. Dal punto di vista matematico, si fa ancora riferimento al calcolo del flusso superficiale come differenza fra precipitazione e perdite, inglobando però adesso in un unico termine di perdita anche gli altri fattori, oltre all'infiltrazione (SoilConservation Service, 1968). I parametri di tale modello infatti sono stati calibrati non in base a soli dati di infiltrazione, (siano questi relativi a prove di laboratorio o misure in campo), ma proprio in base a dati di precipitazione e di portata su un enorme numero di bacini di varie dimensioni negli Stati Uniti, messi in relazione con i tipi pedologici e di uso del suolo di ciascun bacino. Proprio la grossa mole di dati esistente, ed in continuo aggiornamento, a supporto di tale modello, ha fatto sì che questo diventasse molto diffuso negli Stati Uniti. Attualmente trova applicazione sia in modelli di tipo integrato, relativamente a piccoli bacini in cui sia determinabile una classe prevalente di suolo e del relativo uso, sia in approcci di tipo distribuito o semidistribuito (McCuen, 1982). Per l'utilizzazione del metodo SCS-CN in Italia alcuni problemi vanno comunque tenuti presenti: primo fra di essi la mancanza di verifiche sulla corrispondenza fra i tipi di suolo e di uso di suolo, e quindi dei relativi parametri, presenti nei bacini degli Stati Uniti ed in Italia, nonché le diverse condizioni climatiche che influenzano principalmente le caratteristiche di variabilità spaziale e temporale della precipitazione (Busoni et al., 1995). Il metodo CN si basa su una semplice equazione di bilancio fra i valori cumulati nel tempo, a partire dall'inizio dell'evento di precipitazione, della pioggia R(t), del deflusso superficiale V(t), delle perdite iniziali F a (t) prima della produzione di deflusso e di quelle successive F(t). Tali quantità sono funzioni monotone non-decrescenti nel tempo, con dimensione di un volume per unità di area, ovvero di un'altezza. 17

15 L'ipotesi di base del metodo è che il rapporto fra volume di deflusso ed il volume di pioggia depurato delle perdite iniziali rimanga, ad ogni istante, uguale al rapporto tra il volume delle perdite successive ed il volume massimo teorico delle perdite, indicato quest'ultimo con il simbolo S: (1.1) V R - F a = F S Viene inoltre supposto che le perdite iniziali siano proporzionali alle perdite massime possibili S: (1.2) F a = S Con valori tipici di β compresi fra 0.1 e 0.3 (nella procedura così detta standard viene assunto β = 0.2). Combinando le varie relazioni si ottiene quindi la seguente stima del volume di deflusso superficiale: V t ( ) = ì ï 0 ï ; R( t) bs ï ï [ R( t) - bs] í ï R( t) + ( 1- b)s ï ï 1- b + b R( t) ï -S ; b î ; bs < R( t) 1- b + b 2 S b S < R( t) Il nucleo fondamentale di tutto il metodo è quindi costituito dal parametro S, che a sua volta viene espresso in funzione di un indice adimensionale CN, detto "Curve Number", che a sua volta viene tabulato in funzione del tipo di suolo, per tenere in conto le capacità di infiltrazione dello stesso, e della destinazione d uso del suolo, che influenzerà sia l'ammontare della quota delle perdite iniziali dovute a intercettazione che la capacità di infiltrazione stessa del suolo. La relazione che lega S a CN, quando il primo viene espresso in millimetri, risulta essere: 18

16 æ 100 (1.3) S = 254 ç è CN -1 ö ø Da tale relazione ricaviamo i valori limite di CN che teoricamente possono variare tra 0 (superficie totalmente permeabile, con nessuna produzione di deflusso) e 100 (superficie totalmente impermeabile, con nessuna perdita e deflusso uguale alla precipitazione). Secondo tale modello, il volume specifico(altezza) di pioggia netta P net, dall'inizio dell'evento meteorico fino all'istante generico t, risulta legato al volume specifico (altezza) di pioggia lorda P, caduta nel medesimo intervallo temporale, dalla relazione: ( (1.4) P netta = P - I a ) 2 P - I a + S Nella quale P è la precipitazione alla fine della pioggia,i a la perdita iniziale, vale a dire l altezza di precipitazione che è possibile trascurare all inizio del fenomeno prima che inizi a defluire l acqua superficiale, S è il massimo volume specifico di acqua che il terreno può trattenere in condizioni di saturazione. Questa relazione è valida soltanto per P I a, mentre nel caso in cui l'altezza di pioggia risulti minore di I a si ha P netta = 0. In realtà, con l'introduzione della perdita inizialei a, che risulta legata ad Sdalla seguente relazione: (1.5) I a = 0,2 S Si intende tenere conto anche di quel complesso di fenomeni, quali l'intercettazione da parte della vegetazione e l'accumulo nelle depressioni superficiali del terreno, che ritardano il verificarsi del deflusso superficiale. Il termine "Curve Number" (numero di curva), deriva dal fatto che a ciascun valore corrisponde una diversa curva che rappresenta il rapporto fra volumi di deflusso e di precipitazione (coefficiente di deflusso cumulato) in funzione del volume di precipitazione, come rappresentato in Fig

17 Fig Andamento del rapporto fra volumi di afflusso e deflusso per diversi CN. La determinazione di CN si effettua tramite due diverse tabelle: con la prima tabella per aree agricole e boschive(fig. 1.6)e per aree urbane ed assimilabili (Fig. 1.7) si ricava il valore di CN, che corrisponde alle caratteristiche del suolo riguardanti la possibilità di infiltrazione e l insieme delle sue condizioni, nell ipotesi di un contenuto medio di umidità. Dalla seconda tabella (Fig. 1.8) si ricava, in funzione del valore di CN corrispondente alle condizioni medie, il valore di CN corrispondente al contenuto di umidità effettivo. 20

18 Fig. 1.6 Valori del parametro CN per diverse condizioni di suolo e di copertura. Fig. 1.7 Valori del parametro CN per diverse condizioni di suolo e di copertura. 21

19 Queste tabelle classificano i suoli in base a tre voci per quanto riguarda le condizioni del suolo, e in quattro classi idrologiche fondamentali (A, B, C, D),definite in base al tipo di suolo, per quanto riguarda la capacità di infiltrazione. Le tre voci che descrivono le condizioni di suolo sono: 1) uso del suolo (pascoli, boschi, colture, etc); 2) trattamento della superficie (tipologia di solco, terrazzamenti); 3) condizione di drenaggio ( cattivo, discreto, buono). I quattro gruppi in base ai quali si classificano i suoli dal punto di vista dell infiltrazione sono: i suoli di questo gruppo sono costituiti prevalentemente da sabbie o ghiaie di notevole spessore, con drenaggio da buono ad eccessivo: presentano un elevato tasso di infiltrazione anche quando sono completamente bagnati. E sono quindi suoli caratterizzati da un basso potenziale di scorrimento superficiale; i suoli di questo gruppo sono caratterizzati da una granulometria che vada moderatamente fine a moderatamente grossolana, con drenaggio che va da moderatamente buono a buono: presentano un tasso di infiltrazione moderato quando sono completamente bagnati; i suoli di questo gruppo sono caratterizzati da una granulometria che va da moderatamente fine a fine, oppure sono suoli con uno strato che impedisce il movimento discendente dell acqua; presentano un basso tasso di infiltrazione quando sono completamente bagnati; i suoli di questo gruppo sono prevalentemente suoli argillosi con alto potenziale di rigonfiamento, suoli con una falda permanentemente ala, suoli con uno strato di argilla in superficie o in prossimità di essa o suoli sottili giacenti sopra materiale pressoché impermeabile: presentano un tasso di infiltrazione bassissimo quando sono completamente bagnati. Il metodo SCS-CN prevede di tenere in conto anche dello stato iniziale di umidità del suolo, perlomeno in maniera indicativa. In particolare, vengono considerati tre diversi stati di umidità: I - Suolo asciutto. II - Suolo mediamente umido. III - Suolo molto umido. I valori di CN riportati nelle 22

20 tabelle si riferiscono usualmente alla situazione intermedia (CN II ) Una volta determinata la condizione iniziale di umidità del suolo, ad esempio per mezzo dell'ammontare di pioggia registrato nei cinque giorni immediatamente precedenti all'evento di interesse(fig. 1.9), il relativo CN può essere ricavato o da opportune tabelle di conversione (Fig. 1.8) o tramite le seguenti formule semplificate: (1.6) CN( I) = 4,2CN II ( ) ( ) 10-0,058CN II 23CN( II) (1.7)CN( III) = ,13CN( II) Nel caso di bacini con terreni che appartengono a gruppi diversi si adopera un valore medio pesato di CN, o meglio si può calcolare il deflusso totale come media pesata dei deflussi relativi alle diverse parti del bacino (adoperando in ogni caso le aree come pesi). Fig. 1.8 Valori del parametro CN per la I e III categoria della condizione di umidità iniziale corrispondenti, a parità di altre condizioni, a quellai della II categoria (SCS, 1985). 23

21 Fig Individuazione della condizione di umidità antecedente (AMC) in funzione della precipitazione antecedente di 5 giorni (SCS, 1985). 1.4 Idrogramma di piena Con il termine piena si intende un significativo e, in genere, rapido aumento della portata di un corso d acqua, dovuto a un evento meteorico o allo scioglimento di un rilevante manto nevoso, seguito da una diminuzione, generalmente più lenta, di suddetta portata, e, infine, dal ritorno alle condizioni usuali. Ad un aumento di portata corrisponde sempre un innalzamento del pelo libero, che d altra parte costituisce la conseguenza più visibile di una piena; non è però sempre vero il contrario: infatti, a volte, l innalzamento del pelo libero è dovuto a cause diverse da un aumento di portata.l idrogramma di piena conseguente ad un evento di pioggia semplice, ossia caratterizzato da un intensità di pioggia all incirca costante nel tempo e uniforme nello spazio e di consistenza tale da dar luogo ad una piena, ha una forma caratteristica, comune alla maggior parte dei bacini idrografici (Fig 1.10). Fig Idrogramma di piena. 24

22 Nel tratto iniziale, che prende il nome di curva di concentrazione o ramo ascendente, la portata cresce sempre più rapidamente: infatti in questo tratto dell idrogramma si riscontra la maggior velocità di variazione della portata; a tale tratto segue il colmo dell onda di piena ossi il tratto in cui la portata dapprima cresce sempre più lentamente raggiunge un massimo e inizia quindi a decrescere. L ultimo tratto, che prende il nome di curva di esaurimento o ramo discendente, è caratterizzato da una continua e sempre più lenta diminuzione della portata con il passare del tempo; la curva di esaurimento ha una durata maggiore della curva di concentrazione. Per giustificare anche solo qualitativamente l andamento dell idrogramma di piena appena descritto, occorre ricordare brevemente la sequenza dei fenomeni che portano alla formazione della piena. Come visto precedentemente, quando inizia a piovere, il livello non inizia subito a salire poiché in tale fase arriva alla rete drenante solo il contributo dell afflusso diretto, che come abbiamo visto, risulta essere poco rilevante, la superficie della rete drenante costituisce infatti solo una piccola frazione del bacino (generalmente solo il 5%). Quando l intensità di pioggia è tale da superare tutte le perdite, allora ha inizio lo scorrimento superficiale che, come abbiamo visto, generalmente costituisce il contributo più rilevante alla piena; inoltre, dalle modalità con cui esso avviene dipende la forma dell idrogramma di piena. L infiltrazione che inizia subito e continua per tuttala durata dell evento alimenta lo scorrimento sotterraneo e quello ipodermico, con la differenza che lo scorrimento ipodermico è caratterizzato da tempi dello stesso ordine di grandezza dello scorrimento superficiale. Lo scorrimento profondo invece ha tempi caratteristici molto più lunghi: impiega infatti mesi o anni per raggiungere la rete idrografica; il contributo dello scorrimento profondo varia dunque poco,perche gli effetti della pioggia si fanno sentire in modo più limitato. Poco dopo la fine dell evento meteorico si ha la fine dello scorrimento superficiale a cui corrisponde l inizio della fase di esaurimento della piena, fase che è rappresentata nell idrogramma di piena dal ramo discendente, che è composto, in teoria, da tre segmenti ai quali corrispondono tre periodi successivi. Al primo periodo corrisponde il deflusso dovuto allo svuotamento della rete idrica, al deflusso ipodermico e al deflusso profondo; il deflusso che si ha nel secondo periodo è invece dovuto alla 25

23 combinazione del deflusso profondo e di quello ipodermico; il deflusso del terzo periodo(che si protrae fino alla successiva piena) è dovuto esclusivamente al deflusso profondo. Il primo tratto di curva ha un andamento che è difficilmente descrivibile con espressioni matematiche di carattere generale; il secondo e terzo tratto di curva, invece, possono essere ben approssimate dalla seguente legge esponenziale: (1.8) q(t)=q 0 e -t/k dove k è una costante di tempo che assume valori diversi a secondo che si consideri lo scorrimento ipodermico, quello superficiale o la somma di entrambi; q 0 è invece la portata corrispondente all istante di tempo t 0 istante di tempo che corrisponde all inizio del secondo tratto. L idrogrammadi piena presenta molto spesso un andamento irregolare, caratterizzato dalla presenza di picchi secondari che sono dovuti alla non uniforme distribuzione spazio-temporale della pioggia. Come abbiamo appena visto, l idrogramma di pienaè composto dal contributo delle diverse forme di alimentazione del deflusso del corso d acqua: nella maggior parte dei casi di interesse pratico è sostanzialmente impossibile individuare con esattezza le diverse componenti dell idrogramma. Per ovviare a tale problema si suddivide l idrogramma in due parti alle quali corrispondono due forme di deflusso molto diverse tra loro: il deflusso di pioggia che comprende l afflusso diretto, lo scorrimento superficiale e in parte lo scorrimento ipodermico, e il deflusso di base che è costituito prevalentemente dal deflusso sotterraneo. E bene far notare che i due contributi di deflusso sono caratterizzati da tempi che differiscono tra loro di alcuni ordini di grandezza: infatti il deflusso di pioggia raggiunge la sezione di chiusura molto più celermente del deflusso di base. La separazione delle due componenti dell idrogrammapone il problema dell individuazione degli istanti di inizio e di fine dell evento meteorico e il tracciamento della linea di separazione, ossia la determinazione dell idrogramma del deflusso di base, rendendo cosi immediata la determinazione dell idrogramma relativo al deflusso di pioggia per differenza.per quanto riguarda l istante iniziale, c è poca incertezza perche la curva di concentrazione inizia a salire in modo molto brusco (Fig. 1.10); 26

24 molto più incerta ed arbitraria è l individuazione dell istante di fine del deflusso di pioggia; a tal scopo sono utilizzati diversi metodi. Tra i procedimenti empirici, il più semplice consiste nell effettuare la separazione delle due componenti, considerando come istante di fine del deflusso di pioggia quello in cui la portata è tornata al valore che aveva nell istante corrispondente all istante di inizio del deflusso (linea orizzontale A-A I, Fig.1.11). Tale metodo ha lo svantaggio di fornire un tempo di base molto lungo (t A I - t A ) che non corrisponde al reale andamento del fenomeno. Fig Determinazione della durata del flusso di pioggia Un altro criterio consiste nell assumere come istante finale del deflusso di pioggia quello corrispondente al punto in cui la curva di esaurimento assume un andamento esponenzialetipico del deflusso sotterraneo: individuando con tale metodo l istante di fine del deflusso di pioggia con molta probabilità si include anche parte del deflusso relativo allo scorrimento ipodermico. Studi compiuti da Linsley, Kohler epanches forniscono una tabella dalla quale si ricava l intervallo di tempo t che mediamente intercorre tra il picco dell onda di piena e l istante di fine dello scorrimento 27

25 superficiale(linsley et al. 1949): questa tabella può essere approssimata con la seguente formula: (1.9) t = 0,854 A 0,235 Dove t è espresso in giorni e l area in kilometri quadrati. Determinato l intervallo di tempo in cui il deflusso di base è distinto da quello totale, si deve determinare l andamento dell idrogramma del deflusso di base, per far ciò si possono utilizzare, tra gli altri, i seguenti due metodi. Il primo metodo (utilizzabile solo se si è adoperato il secondo dei due criteri visti in precedenza per individuazione dell istante finale del deflusso superficiale) consiste nel prolungare fino all istante di picco la curva esponenziale che rappresenta il deflusso di base; dopo la fine del deflusso di pioggia, e nell unire il punto cosi individuato, in corrispondenza del picco, al punto dell idrogramma in cui comincia il deflusso di pioggia con una curva arbitraria (che conviene assumere uguale ad un segmento di retta).l idrogramma del deflusso di base, durante la piena,risulta costituito da due tratti: un segmento di retta crescente e una curva esponenziale (una retta in scala semilogaritmica) decrescente (Fig. 1.12). Il secondo metodo prevede di assegnare all idrogramma del deflusso di base tra gli istanti di inizio e di fine del deflusso di pioggia un andamento lineare (Fig. 1.12). Fig Separazione delle due componenti dell onda di piena. 28

26 CAPITOLO II: Modelli di calcolo per la stima della portata di piena 2.1 Concetti di base I modelli di trasformazione afflussi-deflussi, consentono il calcolo, idealmente in ciascun punto del bacino idrografico, della precipitazione efficace o netta e della relativa produzione di deflusso superficiale. Indicando con q(x, t) tale deflusso, questo sarà funzione sia dello spazio che del tempo ed avrà dimensioni di una portata per unità di area. Obiettivo dei modelli di formazione dell'onda di piena è la determinazione dell'andamento nel tempo Q(t) della portata nella sezione fluviale di chiusura del bacino in esame, ovvero del calcolo dei tempi impiegati dai deflussi q(x, t) prodotti in ciascun punto x del bacino per arrivare alla sezione di chiusura. Immaginando che la quantità q(x, t) rappresenti il volume di acqua "prodotto" dal bacino, in un intervallo infinitesimo di tempo, all'istante t e nel punto x, il lasso di tempo necessario affinché questo raggiunga la sezione di chiusura (tempo di ritardo) sarà la somma del tempo necessario per raggiungere il tratto di reticolo idrografico "morfologicamente" più vicino al punto x e del tempo necessario per arrivare da questo, lungo il reticolo stesso, alla sezione di chiusura. In altre parole, tale tempo sarà funzione della distanza topologica del punto x dalla sezione di chiusura (somma della distanza dal punto più vicino del reticolo e della distanza di tale punto, lungo il reticolo stesso, dalla sezione di chiusura) e delle velocità di scorrimento lungo i versanti ed i canali del reticolo idrografico. Mentre le distanze topologiche di ciascun punto del bacino sono facilmente determinabili a partire dalla morfologia del bacino stesso (quote, pendenze, tracciato del reticolo idrografico), le velocità di scorrimento saranno in genere funzione, oltre che ancora della morfologia del bacino e delle relative caratteristiche idrauliche sia dei versanti che delle aste fluviali, anche delle condizioni di deflusso in ciascun punto del percorso a valle del punto x nonché del valore di q stesso). In particolare, le condizioni di deflusso (valore della portata) nel tratto fluviale immediatamente precedente la sezione di chiusura dipenderanno dal deflusso prodotto in tutti i punti del bacino e quindi, in ultima analisi, il 29

27 tempo di ritardo di q(x, t) dipenderà, in maniera più o meno sostanziale, dai valori di q in qualsiasi altro punto del bacino stesso. Solo una modellistica di tipo distribuito (ossia in funzione del tempo e dello spazio) ed idraulicamente basata, comprendente cioè la descrizione del moto dell'acqua sia sui versanti che nei canali, è in teoria in grado di stimare correttamente tale complessa sequenza di dipendenze. Si distinguono due categorie di modelli: i modelli a scatola bianca (white box) ei modelli a scatola nera (black box); in particolare in idrologia i primi prendono il nome di modelli concettuali e i secondi modelli empirici. I modelli concettuali sono ottenuti da una schematizzazione del fenomeno preso in esame tenendo conto delle leggi fisiche che lo governano; i modelli empirici invece non considerano minimamente i fenomeni fisici che caratterizzano il fenomeno in esame; essi sono ottenuti tramite l analisi a scatola chiusa, con la quale, noti l ingresso e l uscita, si cerca di trasformare, tramite un operatore più semplice possibile, l ingresso in un uscita il più possibile simile a quella osservata. Nell ambito idrologico, in particolare, ci si interessa solo delle trasformazioni che hanno luogo nel bacino idrografico; i possibili modelli di trasformazione afflussi deflussi sono molti ma devono sempre tenere in considerazione le tre seguenti componenti : 1) la componente dello scorrimento veloce (rete idrografica) che trasforma la pioggia netta in deflusso di pioggia; 2) la componente dello scorrimento sotterraneo (acquiferi) che trasforma la ricarica nel deflusso di base; 3) la componente (superficie e suolo) che comprende la zona non satura, che trasforma l afflusso meteorico nella pioggia netta nell evapotraspirazione e nella ricarica. I modelli prendono il nome di modelli completi se si considera la trasformazione afflussi deflussi per un periodo prolungato, durante il quale le precipitazioni sono per lo più nulle o al più molto scarse, le diverse vie con cui la pioggia arriva alla sezione di chiusura (rete idrografica, suolo superficie ed acquiferi) hanno lo stesso peso e la superficie di controllo con cui si identifica il bacino coincide con quello con base che poggia sullo strato impermeabile sottostante gli acquiferi. 30

28 Se invece dobbiamo considerare la trasformazione afflussi deflussi per un periodo breve che caratterizza un evento di piena, dobbiamo fare considerazioni differenti rispetto alle precedenti: i tempi caratteristici della filtrazione, attraverso gli acquiferi, sono molto più lunghi di quelli caratteristici dell evento; il deflusso di base risulta essere minore del deflusso di pioggia; possiamo così trascurare il fenomeno di ricarica, e ciò implica la possibilità di introdurre alcune semplificazioni; i modelli che si basano su tali assunzioni prendono il nome di modelli di piena. La differenza tra un modello completo e un modello di piena consiste nel ridursi delle procedure di determinazione del deflusso di base e delle perdite a operazioni semplici, ma del tutto accettabili nella simulazione di un evento di piena, il cui risultato dipende in larga parte dal modello di deflusso di pioggia utilizzato. Sia i modelli empirici che quelli concettuali effettivamente usati per rappresentare la trasformazione della pioggia netta in portata di pioggia, sono quasi sempre lineari e stazionari. Un sistema si dice lineare se vale il principio di sovrapposizione degli effetti: nel caso specifico, se agli ingressi p 1 (t) e p 2 (t) corrispondono, rispettivamente, le uscite q 1 (t) e q 2 (t), e all ingresso a p 1 (t)+b p 2 (t) corrisponde l uscita a q 1 (t)+b q 2 (t). Un sistema si dice stazionario se, dato un ingresso p(t) cui corrisponde l uscita q(t), si ha anche che all ingresso p(t+t) corrisponde l uscita q(t+t). I primi modelli lineari e stazionari si basavano sul concetto di idrogramma unitario (UH), proposta da Scherman, nel L UH si basa sull ipotesi che l idrogramma corrispondente ad una pioggia efficace, con intensità costante nel tempo ed uniforme nello spazio, sia sempre lo stesso. Fig UH in risposta ad un ingresso unitario elementare 31

29 Fig UH in risposta ad un ingresso di intensità doppia di quella elementare Fig UH in risposta ad un ingresso elementare traslato di t 1 Dal perfezionamento dell UH si è pervenuti alla definizione dell idrogramma unitario istantaneo (IUH). L IUH rappresenta l idrogramma di piena che si origina in occasione di una precipitazione di durata infinitesima, intensità infinita e volume unitario. Per tale precipitazione valgono le considerazioni del delta di Dirac: p(t) = per t = 0 p(t) = 0 per t 0 + (2.1) ò p( t )dt = p( t = 0)dt = 1 - L onda uscente vale: (2.2) q t ( ) = p t t ò 0 ( )u( t - t )dt = p( t = 0)dt - u t ( ) = 1 - u( t) 32

30 Poiché deve essere anche soddisfatto il bilancio dei volumi l area sottesa dall IUH deve essere unitaria. Si definisce così l integrale di convoluzione (Fig. 2.4): (2.3) p t Con: (2.4) u t é ( ) = dq( t) ê ë t ( ) = p( t ) u( t - t ) dt ò 0 ù ú û æ 1 ö è ç pø La durata totale T dell idrogramma, in uscita, risulta pari alla somma della durata dell evento meteorico e del tempo di base dell IUH. L ascissa del baricentro dell IUH rappresenta, invece, il tempo di ritardo del bacino. Il calcolo delle portate si ottiene discretizzando l integrale di convoluzione. Fissato un intervallo t, vengono campionate le funzioni q(t) e p(t) ad intervalli equispaziali di t. Indicando con q(t k ) la portata osservata nella sezione di chiusura all istante k t, la q(t k ) è espressa dalla sommatoria: k æ ö (2.5) q t k = å p( i) A ( k + 1- i) è ç ø Con: i=1 (2.6) A k + 1- i ( k+1-i) Dt ( ) = h t ò ( k-i) Dt ( )dt L IUH racchiude in sé le caratteristiche fisiche del bacino che determinano le formazione delle piene. Ogni bacino può, quindi, essere sinteticamente rappresentato da uno specifico IUH, che tiene conto sinteticamente delle sue particolarità (pendenza, morfologia, vegetazione, etc.). 33

31 Fig Integrale di convoluzione Se, infatti, il bacino possiede un IUH di tempo di base finito, T 0, l onda di piena è formata da un ramo crescente fino ad un valore di portata massimo, Q max, pari alla portata di pioggia netta P, costante, che si raggiunge al tempo T 0, a partire dal quale essa si mantiene costante. Tale idrogramma caratteristico è detto idrogramma ad S ed è tipico dei bacini nei quali sono prevalenti i fenomeni di traslazione (Fig. 2.5). Fig Idrogramma ad S 34

32 I bacini caratterizzati, invece, da un IUH di tempo di base infinito non raggiungono mai le condizioni di regime. Questo comportamento è tipico dei bacini nei quali sono prevalenti i fenomeni d invaso, e tali che la portata al colmo Q max viene raggiunta all istante di tempo corrispondente all istante di termine dell evento meteorico. 2.2 Metodo Cinematico o della corrivazione Il metodo cinematico (detto anche metodo della corrivazione), considera prevalenti, nel bacino, i fenomeni di traslazione dell acqua. Esso è basato sulla conoscenza del tempo di corrivazione T c del bacino;tale quantità è definita come il tempo necessario alla particella d acqua, che cade nel punto idraulicamente più lontano del bacino, a raggiungere al sezione di chiusura del bacino stesso (è dunque un modello stazionario). Il metodo cinematico si basa sulle seguenti quattro ipotesi: 1) la formazione della piena è dovuta unicamente al fenomeno di trasferimento della massa liquida (per corrivazione si intende infatti il moto dell acqua su una superficie in forma di velo liquido); 2) ogni goccia d acqua si muove sulla superficie del bacino seguendo un percorso immutabile che dipende soltanto dal punto in cui essa è caduta; 3) la velocità di ogni singola goccia non è influenzata in alcun modo dalla presenza delle altre gocce (in realtà si possono avere, per uno stesso percorso, tempi di percorrenza diversi, che dipendono dalla condizioni del suolo, e dalla profondità dell acqua; 4) la portata alla sezione di chiusura è ottenuta sommando tra loro portate elementari, provenienti dalle diverse parti del bacino, che arrivano alla sezione di chiusura nel medesimo istante. La prima ipotesi esclude la possibilità che avvenga un qualsiasi fenomeno di invaso. La seconda e la terza ipotesi equivalgono ad assumere costante il tempo di corrivazione in un qualsiasi punto del bacino. L ultima ipotesi insieme con le due precedenti equivale ad assumere che il modello si stazionario e lineare. Per applicare il metodo cinematico occorre individuare preliminarmente la curva area-tempi s(t) del bacino (Fig 2.6): essa rappresenta le aree s del 35

33 bacino comprese tra la sezione di chiusura e la linea isocorriva relativa al generico tempo t di corrivazione; rappresenta, cioè, la linea che unisce i punti del bacino che distano dalla sezione di chiusura di un medesimo valore t del tempo di corrivazione. La curva s(t) è dunque una curva crescente dall origine al punto di coordinate (S,T c ), dove S è pari alla superficie complessiva del bacino. Fig 2.6 Esempio di curva aree - tempi del bacino. In caso di bacini serviti da una rete di drenaggio artificiale è abbastanza semplice costruire la curva area tempi, se si ammette che i tempi di corrivazione siano legati ai tempi di percorrenza dei singoli tronchi della rete. Una stima approssimativa dei tempi di traslazione in rete, può essere data dal rapporto tra la lunghezza di ogni tronco e la velocità media V, di moto uniforme in condizioni di massimo riempimento. Come risulta dalla formula di Chézy: (2.7) V h ( ) ( ) = C h R( h) i 36

34 la velocità V(h) dell acqua in moto uniforme, varia in funzione del livello idrico h; il tempo di corrivazione T c non potrebbe essere considerato costante; tuttavia per sezioni chiuse in condizione di massimo riempimento, in corrispondenza dei livelli idrici maggiori (che prevalentemente interessano durante le piene), la scala V(h) delle velocità mostra un andamento abbastanza piatto rispetto al valore di V. Partendo quindi dalla sezione di chiusura e risalendo verso monte, si devono quindi cumulare i tempi di percorrenza dei singoli tronchi e le rispettive superfici scolanti. In generale il tempo di corrivazione del bacino sarà dato da: æ (2.8) T c = L ö è ç V ø + t c ossia dalla somma del tempo di traslazione lungo i rami che costituiscono il percorso idraulicamente più lungo (asta principale) del bacino e dal tempo di entrata t e (tempo di ruscellamento). In alternativa, per tracciare la curva area tempi di corrivazione, si può considerare valida l ipotesi di Viparelli (1975); ossia si considerano le linee isocorrive coincidenti con le linee isoipse (linee congiungenti punti ad egual quota) del bacino, supponendo che il tempo di corrivazione di ogni punto del bacino sia proporzionale alla distanza che intercorre tra esso e la sezione di chiusura, e supponendo inoltre che punti a quota più elevata corrispondano a distanze maggiori e di conseguenza, a tempi di corrivazione più grandi. Secondo tale metodo, per individuare l area delle porzioni di bacino comprese tra successive isocorrive, si utilizza la curva ipsografica; si definisce curva ipsografica l'insieme dei punti del grafico (nel quale in ordinata vengono riportate le quote relative alla sezione di chiusura, e in ascissa le percentuali crescenti della superficie del bacino) che rappresentano, per ogni quota, la percentuale di superficie di bacino che si trova al di sopra di quella quota. Si suddivide il massimo dislivello (riferito alla sezione di chiusura, che ha quota H min ) H max - H min in n parti, tante quante sono gli intervalli di tempo t in cui si divide il tempo di corrivazione dell intero bacino T c ; ogni parte sarà quindi pari a (H max -H min )/n. 37

35 Possiamo così ricavare la generica area A i, compresa tra la (i-1)-esima e la i-esima isocorriva, per differenza tra l ascissa del punto della curva ipsografica di ordinata Hmin+(i-1)/n( H max - H min ) e quella del punto di ordinata H min + i/n(h max -H min ) con i intero preso tra (1,n) (Fig. 2.7). Fig 2.7 Suddivisione della curva ipsografica in n parti secondo il modello di Viparelli. Quanto appena visto, però, risulta poco corretto per bacini di forma molto allungata; in essi, infatti, si possono avere zone ad egual quota ma che risultano essere a distanza notevolmente differente tra loro dalla sezione di chiusura. Occorre ora assegnare a ciascuna linea isocorriva il relativo tempo di corrivazione; per far ciò si deve valutare il tempo di corrivazione dell intero bacino, che può essere calcolato mediante diverse formule empiriche. Una delle più usate in Italia è la formula di Giandotti: (2.9) T c = 4 A + 1,5 L 0,8 H Dove T c è il tempo di corrivazione espresso in ore, A è la superficie del bacino espresso in km 2, L è la lunghezza del percorso idraulicamente più 38

36 lungo del bacino espresso in km, H è l altitudine media del bacino rispetto alla sezione di chiusura, espressa in metri. Possiamo ora procedere al calcolo dell onda di piena prodotta da una generica pioggia; fissato un generico intervallo di tempo t (per esempio uguale ad un ora), si considerano le linee isocorrive con tempo di corrivazione pari ad un multiplo di t e si indicano con A 1, A 2,, A n le aree della porzione di bacino comprese, rispettivamente, tra le isocorrive con tempo di corrivazione zero e t, t e 2 t,., (N-1) t e N t. Rappresentiamo inoltre l intensità di afflusso dell evento meteorico (consideriamo pero la sola aliquota di pioggia netta), che supponiamo uniformemente distribuito su tutta la superficie del bacino, discretizzandola tramite intervalli di tempo t. Cosi facendo negli intervalli di tempo l intensità di pioggia avrà valore costante i 1, i 2,.,i n. Per calcolare l onda di piena sovrapporremo le onde elementari prodotte dalle piogge che precipitano nei generici intervalli t sulle generiche aree s k del bacino; vediamo nel dettaglio come calcolare l onda di piena elementare. Si considera la precipitazione che si ha nel primo intervallo di tempo; alla sezione di chiusura, nel primo istante dell evento meteorico, si manifesterà un deflusso dovuto alla pioggia caduta immediatamente a monte della sezione. Se consideriamo il solo contributo dell area A 1, il contributo di portata ad esso relativo aumenterà gradualmente fino all istante di tempo t: in tale istante, infatti, si avrà contemporaneamente il contributo della pioggia caduta, all istante t immediatamente a monte della sezione di chiusura, ed il contributo della pioggia caduta all istante zero sull isocorriva con tempo di corrivazione t. Superato tale istante la portata inizierà decrescere. Infatti la pioggia che stiamo considerando è ormai cessata, e si annullerà all istante di tempo 2 t. All idrogramma, che rappresenta la portata parziale dovuta alla pioggia caduta nell intervallo di tempo (0, t), viene tradizionalmente assegnata la forma di un triangolo isoscele (Fig. 2.8). 39

37 Fig 2.8 Portate parziali causate dalla precipitazione del primo intervallo di tempo sull area A 1. Gli idrogrammmi parziali relativi alla precipitazione avuta nel primo intervallo di tempo ma relativi alle aree A 2, A 3,, A n hanno sempre forma di triangolo isoscele, ma risulteranno ritardati di t, 2 t,, (n-1) t rispetto all idrogramma relativo all area A 1. Lo stesso procedimento si ripeterà per gli intervalli di tempo successivi a (0, t); in generale si avrà che l idrogramma parziale dovuto all intensità di pioggia i i che si ha, durante l intervallo di tempo con inizio all istante (i - 1) t e fine nell istante i t, sulla superficie (di area A j ) delimitata dalle isocorrive con tempo di corrivazione (j - 1) t e j t, è costituito da un triangolo isoscele con base pari a 2 t. L idrogramma parziale inizia all istante (i + j 2) t, presenta il massimo q ij, all istante (i + j - 1) t e termina all istante (i + j) t. Il volume d acqua caduto nella generica superficie A j nell intervallo di tempo t è pari a i i ta j. Il volume che passa nella sezione di chiusura nell intervallo di tempo compreso tra gli istanti (i + j - 2) e (i + j - 1 ) è uguale, data la forma triangolare dell idrogramma, a q ij t; applicando l equazione di continuità e quindi uguagliando i due volumi si avrà : (2.10)q ij = i i A j 40

38 L idrogramma totale si otterrà applicando il principio di sovrapposizione degli effetti, ossia si sommeranno tutti gli ideogrammi parziali risultanti dalle precipitazioni che nei diversi intervalli di tempo cadono sulle diverse aree in cui è stato suddiviso il bacino. Nella sottostante tabella (Fig.2.9) è riportato un esempio di come si svolge il calcolo, per ottenere la portata totale alla sezione di chiusura relativa ad un certo istante di tempo, basta sommare le portate parziali riportate sulla stessa riga. Fig 2.9 Schema di calcolo per il modello della corrivazione Un efficace utilizzo di tale metodo dipende essenzialmente da due fattori : 1) la conoscenza delle caratteristiche del bacino, che devono comportare la formazione della piena principalmente per fenomeni di corrivazione e non per fenomeni di invaso (bacini prevalentemente ripidi e con scarse possibilità di invaso); 2) la conoscenza del tempo di corrivazione del bacino (T c ). 41

39 2.3 Metodo del serbatoio lineare Il metodo del serbatoio lineare (detto anche dell invaso) schematizza il bacino come un unico serbatoio nel quale entra una portata p e dal quale esce, attraverso una luce, la portata q (Fig. 2.10). La portata in ingresso p è in generale variabile nel tempo con una legge p=p(t): essa rappresenta la precipitazione meteorica insistente sul bacino;la portata in uscita rappresenta la portata che transita dalla sezione di chiusura del bacino in seguito all evento di pioggia; il serbatoio è provvista di un propria capacità W che simula la capacità di invaso della rete idrografica.vediamo ora le considerazioni e le ipotesi che stanno alla base di tale metodo e che ci permetteranno di calcolare la portata al colmo.consideriamo una rete di drenaggio i cui tronchi siano costituiti da canali prismatici (tale metodo è usato soprattutto per reti di drenaggio urbano: quindi tale ipotesi rispecchia a pieno i canali utilizzati in reti di drenaggio artificiali); facciamo quindi l ipotesi che durante la piena il moto sia in ogni istante uniforme(la superficie libera della corrente traslerà quindi sempre parallelamente a se stessa). Tale ipotesi implica che il volume d acqua invasato dal tronco sia in ogni istante proporzionale all area della sezione bagnata; aggiungiamo l ipotesi che la frazione della sezione trasversale del condotto occupata dalla corrente dia contemporaneamente la stessa in tutti i tronchi, ciò ovviamente implica che il volume d acqua invasato in ciascun tronco costituisca la stessa frazione del volume di completo riempimento. Queste due ipotesi descrivono il funzionamento sincrono: stiamo cioè assimilando il comportamento della rete idrografica, i cui rami si riempiono contemporaneamente, al comportamento di un serbatoio, nel quale se entra un certo volume d acqua, si avrà un innalzamento, uguale e contemporaneo di tutti i punti del pelo libero. Fig Serbatoio con luce di fondo. 42

40 Dobbiamo ora trovare la legge q = q(t) ossia l andamento della portata nel tempo nella sezione di chiusura. Consideriamo l espressione della portata effluente da una luce : (2.11) q = m s 2 g h Tale portata è funzione, oltre che dell area della luce, anche del carico h insistente sul baricentro di questa. Poiché il carico dipende dal volume invasato nel serbatoio si può scrivere : (2.12) q = f ( h( W )) Poiché la relazione che lega il carico al volume dipende dalla geometria del serbatoio (Fig. 2.11), per assegnata geometria, si può scrivere: (2.13) q = f ( W ) Fig 2.11 A parità di volume invasato W il tirante h varia in funzione della forma del serbatoio. Avendo cosi schematizzato la rete come un serbatoio lineare possiamo scrivere: (2.14) W = k q La costante k dipende dalla forma del serbatoio, ossia dalla morfologia della rete idrografica, è il parametro del modello e può essere stimato attraverso formule empiriche o metodi di taratura. In particolare la 43

41 formula più semplice è quella del modello URBIS che lega k al tempo di corrivazione del bacino T c (2.15) k = 0,7 T c Oppure possiamo calcolare k secondo il metodo italianoche lega il volume invasato W e la portata Q uscente da un invaso lineare attraverso la formula: (2.16) k = 0,8 W r + w 0 S n IMP n Q r Dove: W r = volume interno della rete a monte della sezione considerata; w 0 = volume dei piccoli invasi pari a 10 m 3 per ettaro impermeabile; S n = estensione della superficie del sottobacino; IMP n = coefficiente di impermeabilità; Q r = portata nella sezione considerata in condizioni di massimo riempimento. Altre formule proposte per il calcolo di k sono: Desbordes (1975) (2.17) k= L (1+IMP) -1.9 (100P) h Pedersen, Peters, e Helweg (2.18) k= (Ln) 0.6 i -0.4 P -0.3 Con: A = area del bacino (ha) IMP = coefficiente di impermeabilità n = indice di scabrezza L = lunghezza dell asta principale P = pendenza media del bacino 44

42 h, i, = rispettivamente durata, altezza, ed intensità della precipitazione Un ulteriore ipotesi che possiamo fare (valida soprattutto per bacini di piccola estensione ( area inferiore ai 10 km) è di considerare l intensità di pioggia i costante nel tempo, possiamo cosi scrivere la portata dovuta all evento meteorico come: (2.19) p = i A Dove il simbolo rappresenta il coefficiente d afflusso, e A rappresenta la superficie del bacino idrografico. L equazione che governa il funzionamento del serbatoio p l equazione di continuità: (2.20) p dt q dt = dw Dove: p dt è il volume d acqua in entrata nell intervallo di tempo dt; q dt è il volume d acqua in uscita nell intervallo di tempo dt; dw è la variazione del volume d acqua contenuto nel serbatoio nell intervallo di tempo dt. In particolare essa può essere sia positiva che negativa a secondo che il serbatoio si riempia o si svuoti. Sostituendo nella (2.20) la (2.14) si ottiene un equazione differenziale a variabili separabili: (2.21) p dt q dt = k dq Che si può riscrivere come: (2.22) dt k = 1 p - q dq Prima di trovare le soluzioni particolari,bisogna ricordare che l intensità e la durata di pioggia sono legate da una relazione: la curva di possibilità pluviometrica di dato tempo di ritorno, che fornisce, per assegnato tempo 45

43 di ritorno T, l intensità massima di precipitazione che corrisponde ad ogni durata d; viceversa, fissata l intensità di pioggia, ad essa corrisponde un preciso valore di durata d. Dobbiamo quindi distinguere i due diversi casi ossia t t p e t t p. Quando t t p la (2.22) può essere integrata ponendo i seguenti limiti di integrazione: per t = 0 q = q 0 per t = t q = q L integrale generale è: (2.23) q( t) = p 1- e - t t æ ö k è ç ø + q 0 e- k Il primo termine esprime la portata dovuta alla pioggia che ha inizio all istante iniziale, mentre il secondo termine rappresenta la portata dovuta al progressivo esaurimento del volume d acqua già presente nel serbatoio all istante iniziale; in particolare tale integrale esprime la risposta del bacino ad un evento di pioggia, di intensità costante pari ad i che dura un tempo infinito. In figura 2.12 (tratto continuo) possiamo vedere l andamento di tale curva. Fig Andamento della portata nel tempo; i =costante, durata t t p. 46

44 Quando t t p si ha la fine dell evento di pioggia quindi p = 0 sostituendo nella (2.22) si ha: (2.24) - q dt = k dq Tale equazione può essere integrata ponendo i seguenti limiti di integrazione: per t = t p q = q* per t = t q = q L integrale generale è: t -t p (2.25) q( t) = q * e - k Che rappresenta una curva esponenziale decrescente, che tende asintoticamente a zero (Fig tratto continuo). Fig Andamento della portata nel tempo; i =costante, durata t t p. Da quanto appena visto si affermare che l onda di piena valutata con il metodo del serbatoio lineare, è costituita da una curva crescente fino adun valore massimo che si ha per t = t p, seguita da una curva decrescente che tende asintoticamente a zero. 47

45 Si osservi adesso la figura 2.14, dove alcune aree sono state campite: l area rettangolare evidenziata misura il volume di pioggia caduto sul bacino durante l intero evento meteorico (tale volume è considerato al netto delle perdite per infiltrazione). L area tratteggiata sotto l onda di piena misura il volume defluito attraverso la sezione di chiusura del bacino. Per continuità i due volumi devono essere uguali. Nell intervallo di tempo (0, t p ), attraverso la sezione di chiusura defluisce il volume sottostante la curva (parte evidenziata + tratteggio) mentre il volume sovrastante la curva (parte evidenziata) risulta trattenuto nel bacino. Terminata la pioggia il volume trattenuto viene rilasciato lentamente e indefinitamente (andamento asintotico). Fig 2.14 Confronto tra i volumi defluiti e trattenuti durante la piena. Si potrebbe pensare ora di poter determinare a priori la durata di pioggia, per un dato periodo di ritorno T, che produce la massima portata, ma ciò non e possibile e si deve pertanto procedere per tentativi. Infatti al variare della durata di pioggia varia anche l intensità di precipitazione e conseguentemente la relazione (2.23) che esprime l andamento del ramo crescente dell onda di piena; in particolare, per via dell esponente n-1<0 della curva di possibilità pluviometrica (che ricordiamo essere in generale i = a d n-1 ), al diminuire della durata dell evento aumenta l intensità della precipitazione, e quindi la curva di equazione (2.23) risulta essere più tesa poichè ha asintoto i A più alto. Ciò sta a significare che la portata 48

46 prodotta dal bacino cresce più rapidamente, ma ciò non implica che anche la portata massima Q* sia più grande a causa della minore durata dell evento meteorico. A titolo esplicativo nella figura 2.15 sono riportate a confronto le onde di piena, calcolate a partire da una certa curva di possibilità pluviometrica, per due eventi meteorici di diversa durata, si può osservare che pur crescendo l onda di piena del secondo evento molto più rapidamente rispetto a quella del primo evento, la portata massima Q* 2 risulta inferiore di Q* 1. Fig confronto tra istogrammi relativi a piogge di diversa durata. L ipotesi fin qui fatta di intensità di pioggia costante nel tempo non è ammissibile per bacini di grande estensione (A> 10 km): in questi casi è bene ipotizzare un evento ad intensità di pioggia variabile nel tempo (utilizzando per esempio uno ietogramma Chicago). Al fine di illustrare brevemente come applicare il metodo del serbatoio lineare ad un evento con intensità variabile, si consideri il caso di uno ietogramma di durata due ore, discretizzato in due intervalli di un ora ciascuno; l intensità di pioggia del primo intervallo sarà i 1 el intensità del secondo intervallo i 2 (Fig. 2.16). 49

47 Fig esempio di istogramma ad intensità variabile Per ottenere l onda di piena risultante si applica il principio di sovrapposizione degli effetti. Per quanto riguarda il contributo della pioggia di intensità i 1 caduta nel primo intervallo di tempo, esso sarà valutato mediante le due seguenti equazioni: (2.26) q t Valida fino a t = t p1 = 1 æ è ç ( ) = f i i A 1- e - t k ö ø t -t p (2.27) q( t) = q * 1 e - k Valida per t > t p1 Dove il valore di q 1 * è il valore della portata alla dine dell evento di pioggia di intensità i 1 ed è immediatamente calcolato ponendo t = 1 nell espressione (2.26). (2.28) q t æ ( )f i 2 A 1- e - ç è t -t p k ö ø 50

48 Il contributo della pioggia d intensità i 2 inizia all istante t = 1 ora ed è dato dalle relazioni: (2.29) q t æ ç è ( ) = f i 2 A 1- e - t -t p1 k ö ø Valida fino a t = t p2 = 2; t -t (2.30) q( t) = q * 2 e - k Nella quale q 2 * rappresenta il contributo massimo di portata dovuto alla pioggia di intensità i 2, calcolabile dalla (2.29) ponendo t = t p2 = 2 t æ p 2-t (2.30) q * 2 = q( 2) = f i A 1- e - p1 ö k ç è ø Per ottenere l onda di piena risultante basterà sovrapporre gli effetti sommando i contributi per ciascun istante t. In figura 2.17 sono riportate a titolo di esempio le onde parziali e la risultante onda di piena complessiva ottenuta attraverso la sovrapposizione degli effetti. Fig Esempio di costruzione dell onda di piena mediate la sovrapposizione degli effetti. 51

49 2.4 Metodo razionale Il metodo razionale è uno dei metodi più semplici per la determinazione della portata al colmo Q per un dato tempo di ritorno T assegnato alla sezione di chiusura di un dato bacino. Tale metodo si basa fondamentalmente sull utilizzo della curva di possibilità pluviometrica, assume che la precipitazione sia uniformemente distribuita nel tempo e nello spazio, e si basa, inoltre, sulle seguenti assunzioni: che Q(T) sia uguale alla maggiore delle portate al colmo corrispondenti ad eventi con intensità costante ricavati dalla curva di possibilità pluviometrica con tempo di ritorno T; che la maggiore di queste portate al colmo si abbia in corrispondenza della durata uguale al tempo di corrivazione t c (a parità di tempo di ritorno T); che la portata al colmo Q dell evento di piena causato da una precipitazione rappresentata da uno istogramma ad intensità costante di durata t c sia proporzionale al prodotto dell intensità ragguagliata i r e dell area del bacino A, attraverso un coefficiente di proporzionalità C che comprende l effetto delle perdite. La prima assunzione risulta essere abbastanza aderente alla realtà, la seconda e la terza si possono giustificare schematizzando in modo opportuno il modello afflussi deflussi; in particolare assumendo che le perdite siano proporzionali all intensità di pioggia, che il tempo impiegato a raggiungere la sezione di chiusura sia dipendente esclusivamente dalla lunghezza del percorso compiuto, e che la curva area - tempi abbia un particolare andamento (rettilineo). La relazione utilizzata per la determinazione della portata Q per un assegnato tempo di ritorno T è la seguente: (2.31) Q = C i r ( t c,t ) S nella quale i r (t C,T)è l intensità media di pioggia (ragguagliata) ricavata dalla curva di possibilità pluviometrica con tempo di ritorno T, con durata pari a t c ; S è l area del bacino; C è un coefficiente di proporzionalità che tiene 52

50 conto delle perdite, poiché le perdite crescono ma non in modo proporzionale al crescere della precipitazione; allora anche C cresce al crescere della precipitazione. Il coefficiente C, inoltre, funge anche da coefficiente empirico di aggiustamento: la sua determinazione risulta, quindi, di fondamentale importanza per l applicazione del metodo razionale. Dall analisi dei valori del coefficiente C osservati in differenti bacini sono stata ricavate varie formule empiriche che forniscono C in base a grandezze caratteristiche del bacino. Shaake, Geyer e Knapp propongono di esprimere il coefficiente C per mezzo della seguente formula: (2.32) C = 0,14+0,65A imp +0,05i c Nella quale A imp è il rapporto tra l area della parte impermeabile del bacino e l area totale, i c è la pendenza media espressa come percentuale: si nota come si trascura l effetto dell entità della precipitazione(poco rilevante secondo gli autori). In altri casi invece si tiene conto dell effetto della precipitazione, attraverso il tempo di ritorno T, a titolo di esempio nella tabella sottostante (Tab. 2.1) sono riportati i valori di C in funzione del periodo di ritorno e della pendenza i, per diversi tipi di superficie. Tab Valori del coefficiente C per i diversi tipi di superficie (Chow et al. 1988). 53

51 Questi sono solo due esempi: esistono diverse formule proposte da diversi autori (Ventura, Giandotti, Viparelli, Pugliesi, ecc) proprio per l incertezza dovuta al valore da attribuire a C e d al tempo di corrivazione t c ; il metodo razionale può portare a risultati non molto precisi, ragion per cui viene usato principalmente per il predimensionamento di opere idrauliche. 2.5 Metodo di Nash Il metodo di Nash si basa sull utilizzo di n serbatoi lineari posti in serie (Fig. 2.18): tale metodo, quindi, dipende da n parametri che coincidono con le costanti di tempo dei serbatoi; un maggior numero di parametri permette di adattare meglio l idrogramma unitario istantaneo alle osservazioni, ma al contempo, maggiore è il numero dei parametri, maggiore è la difficoltà di stima degli stessi: per tal ragione è conveniente limitare il numero dei parametri, quindi dei serbatoio posti in serie. Fig Serbatoi lineari posti in serie Nash ha osservato che imponendo che tutti i serbatoi siano tra loro uguali, le possibili varietà di forme non diminuiscono di molto. Il numero deiparametri, invece, si riduce a due: la costante di tempo k, che è uguale per tutti i serbatoi, e il numero di serbatoi n (Nash 1960). 54

52 L idrogramma unitario istantaneo di un serbatoio lineare è: (2.33) h t ( ) = 1 k e- t k L idrogramma unitario istantaneo corrispondente ai primi due serbatoi messi insieme, fornito dalla convoluzione dei relativi ideogrammi unitari istantanei è: (2.34) h( t) = t k 2 e- t k Per i primi tre serbatoi messi in serie l idrogramma unitario istantaneo sarà dato dalla convoluzione dell idrogramma unitario istantaneo dell insieme dei primi due con quello del terzo; dunque si avrà: (2.35) h( t) = t 2 2k 3 e- t k Tale relazione può anche essere scritta come: (2.36) h( t) = t 2 2!k 3 e- t k Per n serbatoi lineari posti in serie possiamo scrivere la seguente espressione generale: (2.37) h( t) = t n-1 ( n - 1)!k n e- t k Dove i parametri k ed n sono sempre positivi, in particolare il parametro n non deve mai essere inferiore ad uno, altrimenti l ordinata dell idrogramma unitario istantaneo tende ad infinito (circostanza priva di significato fisico) al tendere a zero del tempo. La portata al colmo è ricavata dalla seguente espressione: 55

53 (2.38) Q = p t p ò 0 t n-1 ( n - 1)!k n e- t k Dove p è la portata costante di afflusso al bacino. È interessante notare che al tendere di n a infinito, sotto la condizione che l ascissa del baricentro resti invariata, l idrogramma unitario istantaneo del modello di Nash tende a confondersi con quello di un serbatoio lineare con ritardo uguale a nk. 2.6 Metodo dell analisi regionale Una valutazione delle portate al colmo può essere fatta con una stima delle probabilità del loro superamento, ottenuta su basi statistico probabilistiche ricorrendo ad un analisi regionale. Se non esistono sufficienti dati di tipo puntuale è necessario individuare delle procedure atte a consentire il trasferimento, ad altri siti non strumentati, dell informazione idrologica ottenuta dai punti di misura. Data la carenza di stazioni atte alla misurazione della portata, con corrispondenti serie storiche significative, spesso si ricorre all analisi di frequenza delle precipitazioni e delle portate di piena relative all intera regione in esame. In Calabria, purtroppo, le serie storiche dei massimi annuali delle portate al colmo disponibili sono spesso frammentate e in molti casi prive dei dati relativi ai principali eventi alluvionali. Considerato quanto detto precedentemente, nella maggior parte dei casi si devono stimare i valori delle portate di piena con modelli di regionalizzazione del dato idrometrico, costruiti tramite l analisi statistica dei dati idrologici relativi ad una porzione di territorio omogenea rispetto ai fenomeni di piena. In tal modo si ottiene un campione di dati storici di dimensioni molto maggiori rispetto a quelle ottenute da un campione dato da una singola stazione; sulla base di tale campione si ottiene, in genere mediante l impiego di leggi di regressione statistica, la stima della distribuzione di probabilità delle portate di piena. In Calabria, nel 1989 è stato pubblicato, a cura del CNR-IRPI, nell ambito del Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche (GNDCI), il Rapporto sulla Valutazione delle Piene in Calabria (VA.PI.). Nel volume sono riportati criteri e procedure per la stima delle massime portate al colmo di piena di assegnato periodo di ritorno, anche in sezioni 56

54 prive di dati, basati sull'applicazione regionale della distribuzione a due componenti (TCEV) degli eventi estremi. La distribuzione di probabilità a doppia componente TCEV (Two Components Extreme Values) rappresenta la distribuzione del massimo valore conseguito, in un determinato intervallo temporale, da una variabile casuale distribuita secondo la miscela di due leggi esponenziali, nell'ipotesi che il numero di occorrenze, nel medesimo intervallo di tempo, segua la legge di Poisson. Viene dunque ipotizzato che i massimi annuali di variabili idrologiche (precipitazioni o portate) non provengano tutti dalla stessa popolazione ma da due diverse popolazioni, quella cosiddetta dei fenomeni normali, meno gravosi e frequenti, e quella dei fenomeni eccezionali, più gravosi e meno frequenti (outliers). La funzione di probabilità cumulata di una variabile casualex, secondo il modello TCEVè funzione di 4 parametri: 1, 1, 2 e 2, che esprimono il numero medio annuo di eventi indipendenti superiori a una soglia delle due popolazioni ( 1 e 2 ) e il loro valore medio ( 1 e 2 ). Se si pone e si può considerare la quaterna di parametri *, *, 1 e 1. La funzione di distribuzione di probabilità della variabile casuale X è espressa come segue: (2.39) Dove X è la variabile considerata (massimo annuale di pioggia di durata t, o massimo annuale di portata al colmo); x è il generico valore assunto da X. Per la determinazione di x T occorre avere in definitiva una stima dei quattro parametri 1, 1, 2 e 2 o equivalentemente dei quattro parametri 1, 1, * e * con i quali si può ricostruire integralmente la funzione di probabilità cumulata. La stima dei quattro parametri si può ottenere ricorrendo al metodo dei momenti o al metodo della massima verosimiglianza, vincolando con quest ultimo metodo i parametri da stimare alla conoscenza di quelli già noti da indagini a livello regionale. Si utilizzano tecniche di analisi regionale che consentono di stimare almeno alcuni dei parametri sulla base di tutte le serie storiche ricadenti all interno di vaste aree indicate come zone e sottozone omogenee. 57

55 Al 1 livello di regionalizzazione per i due parametri di forma del modello, * e *, si può assumere un valore costante all interno di ampie zone omogenee. La stima dei valori che tali parametri assumono nella singola zona omogenea risulta pertanto molto affidabile, perché si può ottenere utilizzando tutti i dati delle serie ricadenti all interno di essa. Al 2 livello di regionalizzazione, oltre ai valori costanti dei parametri * e *,è possibile identificare, all interno delle zone omogenee, delle sottozone omogenee, entro cui si può ritenere costante anche il parametro di scala 1. Anche in questo caso, utilizzando per la stima di 1 tutti i dati delle serie ricadenti all interno della singola sottozona, risulta essere accresciuta l affidabilità della stima di questo parametro. Per questo livello di analisi, quindi, sono tre i parametri di cui si può assumere a priori un valore regionale. Al 3 livello di regionalizzazione, oltre ai tre parametri * e * e 1 di cui si può assumere un valore regionale, identificato al livello precedente, si persegue in modo regionale anche la stima del quarto parametro che sia 1 o valore indice) in relazione all approccio che si intende adottare. Infatti al secondo ed al terzo livello di regionalizzazione la determinazione di x T può essere effettuata attraverso due metodologie alternative. La prima metodologia consiste nella stima dei quattro parametri 1, 1, 2 e 2 o equivalentemente 1, 1, * e * con i quali si può ricostruire integralmente la funzione di probabilità cumulata. Tale procedura nel prosieguo verrà indicata come approccio F X (x). La seconda è detta metodo del valore indice. Con tale metodo si analizza in luogo di X una variabile adimensionale X/X I dove X I è unvalore caratteristico della distribuzione di X ed assume il nome di valore indice. Nelle applicazioni si utilizza quasi sempre, come valore indice la media e si analizza la variabile X =X/ che viene indicata come fattore di crescita. In generale seguendo tale approccio, la stima di x T si ottiene con due passi distinti: stima del fattore di crescita x T, relativo al periodo di ritorno T; stima del valore indice,. In definitiva la stima di x T si ottiene con il prodotto x T = x T La stima del fattore di crescita, riferita al periodo di ritorno imposto dal problema in esame, è ovviamente una stima probabilistica. La distribuzione di probabilità (curva di crescita) di tale variabile interpretata con la legge probabilistica TCEV assume espressione: 58

56 é (2.40) P ( x ) = exp ê-l 1 exp( -h x ) - L * L 1 Dove: ëê 1 q * æ exp - hx ö ù è ç q * ø ú ûú (2.41) h = m ( q = ln L + g - -1) j L * j 1 e å j =1 j! æ G è ç j ö ø q * Con γ e = (costante di Eulero) e sommatoria che può essere limitata da 1 a 20 con buona approssimazione per scopi pratici. E importante sottolineare che la curva di crescita (della curva espressa dalla 2.40) dipende dai soli parametri *, * e 1. In definitiva, utilizzando l approccio del valore indice, è possibile ottenere una stima di x T dalla conoscenza dei parametri *,, (mediante i quali si stima la curva di crescita) e di (portata indice). L equivalenza tra l approccio del valore indice, e quello indicato come approccio F X (x) è evidente dalla relazione (2.41) che lega tra loro i parametri di posizione 1e. Per confronto con la procedura descritta in precedenza, chiameremo questa procedura approccio FX x. E opportuno sottolineare che mentre per il secondo livello di regionalizzazione il valore indice può essere considerato pari alla media aritmetica della serie campionaria della variabile idrologica considerata, al terzo livello anche questo parametro sarà stimato considerando relazioni empiriche derivate su base regionale. La scelta della procedura da utilizzare, e quindi, del livello di regionalizzazione al quale fare riferimento, dipende sostanzialmente dalla dimensione campionaria. La stima puntuale di tutti e quattro i parametri (livello 0 di regionalizzazione) presenta una elevata incertezza per le dimensioni usuali delle serie campionarie ed è quindi poco utilizzata. Quando si dispone di almeno anni di osservazione, si può adottare il 1 livello di regionalizzazione, utilizzando le stime regionali dei parametri di forma q, L.Per i rimanentidue parametri del modello si utilizzano i dati della serie campionaria, effettuando una stimapuntuale di L 1 e q 1 vincolata ai parametri q el con il metodo della massima verosimiglianza(approccio F X (x)). 59

57 Se si dispone di almeno anni di osservazione, adottando al 2 livello di regionalizzazione i valori regionali stimati per i parametri q *, L * e L 1, si può effettuare sulla base dei dati campionari una stima vincolata di q 1 ai parametri q *, L *, L 1 con il metodo della massima verosimiglianza (approccio FX(x)). Se invece si utilizza la curva di crescita, al valore regionale dei parametri q *, L * e L1 si può affiancare la media aritmetica della serie campionaria, X, come stima del valore indice m. Quest ultimo metodo è più semplice e di immediata applicabilità. Nel caso in cui le osservazioni campionarie manchino completamente o siano scarse per qualità e dimensione, al 3 livello di analisi regionale si preferisce adottare la curva di crescita e affiancare ai valori regionali di q *,L * e L 1 la stima di X ottenuta dalle relazioni empiriche identificate per la singola area omogenea. Equivalentemente è possibile, ottenuta la stima di X, risalire al parametro q 1,attraverso l applicazione di formule empiriche. L analisi statistica di una singola serie campionaria prevede, in definitiva, la scelta di uno solo dei livelli di regionalizzazione proposti, in funzione della dimensione della serie. E comunque consigliabile confrontare i risultati ottenibili dai diversi livelli di regionalizzazione. Nell utilizzo del 3 livello di analisi regionale, infine, è buona norma confrontare tra loro i risultati ottenuti per la stima di X da più formulazioni empiriche tra quelle proposte. Risultati del modello della regionalizzazione per la regione Calabria Gli eventi relativi alle alluvioni, nella regione Calabria, sono, per intensità orarie e precipitazioni giornaliere di più giorni consecutivi, fra le maggiori del territorio nazionale. Per tale motivo l I.R.P.I. ha disposto un piano di 60

58 intervento conoscitivo che prevede un reperimento immediato e continuo dei dati pluviometrici. L altezza di pioggia media che cade ogni anno in Calabria è pari a 1176 mm (970 mm in Italia). La superficie regionale è di poco maggiore di Kmq: si può ritenere che, mediamente, ogni anno cadono 17,5 miliardi di mc di acqua. La distribuzione nello spazio e nel tempo degli afflussi meteorici è molto irregolare. Si hanno, infatti, variazioni sensibili passando da un anno all altro, ed una variazione ancora più marcata all interno dell anno. Dallo studio redatto dal CNR-IRPI del 1990, si è notato come vi sia anche una stretta interconnessione fra la variazione di piovosità e l altitudine: infatti frequentemente le montagne fanno da cornice a vallate, talvolta anche estese, che rimangono isolate dalle correnti aeree determinando significative particolarità nella distribuzione dei venti e dell umidità dell aria. Questa particolarità fa sì che ci sia un graduale aumento delle precipitazioni fino a 850 m circa, per poi avere una decrescita fino ai 1150 m e un repentino aumento oltre i 1150 m. Inoltre il numero medio dei giorni piovosi cresce con l altitudine. La configurazione orografica condiziona, quindi, il regime delle piogge in quanto in tutta l area volta al Mar Tirreno i monti esercitano una determinante azione di cattura delle correnti umide di origine atlantica; in conseguenza le zone montuose interne, specie nella zona occidentale ricevono piogge abbondanti, mentre le pianure costiere generalmente sono poco piovose ed addirittura aride nella zona orientale. Nella catena costiera e nell Aspromonte si toccano e talvolta si superano i 2000 mm annui di precipitazione che, concentrandosi nell inverno, fanno della Calabria la regione con più intensa caduta nevosa dell Italia meridionale. Per contro, tutta la fascia orientale, ionica, si colloca tra i 600 e i 1000 mm annui, con valori anche più bassi nelle aree pianeggianti, per esempio nella Piana di Sibari. L orografia regionale è caratterizzata dalla presenza di numerosi corsi d acqua a carattere torrentizio, di breve lunghezza con pendenze molto accentuate. Le caratteristiche morfologiche dei bacini imbriferi, nonché la presenza di formazioni prevalentemente impermeabili fanno si che le acque meteoriche vengano smaltite rapidamente, facendo risultare il regime idrometrico scorrelato a deflussi di tiposuperficiale. Negli anni, quasi tutti i corsi d acqua calabresi hanno raggiunto almeno una volta la loro portata massima giornaliera. Ogni due anni una parte più 61

59 o meno estesa della Calabria è interessata da alluvioni.se ne deduce che i grandi nubifragi sono ricorrenti nella nostra regione. Grandi quantità d acqua si abbattono a distanza di pochi anni sulle varie zone calabresi: in pochi giorni o poche ore centinaia di mm d acqua colpiscono il territorio mettendo in moto fenomeni franosi, riempiendo fiumare e provocando danni ingenti e perdite di vite umane. Accanto a questi nubifragi, alluvioni e frane, sono anche presenti lunghi periodi di siccità. Le zone più interessate dai fenomeni di siccità sono quelle limitrofe, mentre quelle interessate dai nubifragi sono il versante ionico e centro-meridionale della regione. L alternarsi di periodi molto piovosi e prolungati periodi secchi, condizionano fortemente il regime dei deflussi superficiali.e necessaria la costruzione di opere che da un lato limitino i danni delle piene, accumulando i volumi d acqua nei periodi invernali e dall altro, restituendo tali volumi nel periodo estivo, siano in grado di limitare i danni dovuti alla siccità. Perché ciò si renda possibile bisogna avere un esaustiva conoscenza dei fenomeni idrologici e delle possibili condizioni di pericolosità che riguardano il nostro territorio. A tal proposito è stato redatto, da parte dell Autorità di Bacino Regionale (ABR) un Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) che si prefigge come scopo la valutazione del rischio dipendente da fenomeni di carattere naturale (Fig. 2.19). Fig Sintesi Provinciale della distribuzione dei comuni in base al livello di attenzione per il rischio idrogeologico molto elevato ed elevato. 62

60 La valutazione del rischio deve essere conseguita utilizzando: 1) i risultati di modelli idrologico-idraulici, che hanno permesso di individuare le sezioni di esondazioni con portate di piena con assegnati tempi di ritorno, usualmente pari a 20, 50, 100 e 200 anni; 2) criteri geomorfologici, per tenere conto dell andamento planoaltimetrico degli alvei fluviali e delle evidenze relative ai depositi alluvionali conseguenti a fenomeni di trasporto dei materiali solidi; 3) le informazioni storiche da cui si è dedotto per i vari eventi alluvionali in quale località si siano verificate le inondazioni; 4) le aereofotogrammetrie, utili per l osservazione delle tracce di piena. Il livello di rischio sarà, dunque, valutato tenendo conto del danno temuto e la probabilità che il danno stesso possa verificarsi. Come suggerito dal progetto VA.PI. (Valutazione delle Piene in Italia) sviluppato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), si giunge alla definizione delle massime portate di piena, con assegnato tempo di ritorno,secondo la distribuzione TCEV. Data la scarsa distribuzione delle stazioni idrometriche, rispetto alle stazioni pluviometriche, l analisi delle piene in Calabria è stata preceduta dall analisi dei massimi annuali di pioggia giornaliera che ha fornito utili indicazioni circa l identificazione delle sottozone idrometriche ipotizzate coincidenti, in prima approssimazione, con le sottozone pluviometriche. Inoltre, dalla considerazione che un elevato numero di bacini calabresi è caratterizzato da tempi di corrivazione inferiori all ora, si sono considerati oltre alle precipitazioni di breve durata (1, 3, 6, 12, 24 ore) anche i massimi annuali di durata sub-oraria (15, 20, 30 minuti), in modo da poter definire correttamente la risposta idrologicadei bacini. Tutti i dati utilizzati nella realizzazione del rapporto VA.PI. sono stati desunti dagli annali del Servizio Idrografico e Mareografico (SIMN) di Catanzaro. Per quanto riguarda i valori massimi annuali delle precipitazioni giornaliere sono state utilizzate tutte le stazioni calabresi del compartimento di Catanzaro che hanno funzionato nel periodo Per la definizione del primo livello di regionalizzazione sono state prese in considerazione tutte le serie dei massimi annuali delle piogge giornaliere con dimensione N

61 Nell ipotesi che la Calabria possa essere considerata come un unica zona pluviometricamente omogenea si sono stimati i parametri L*=0,418 e q*=2,154, costanti. Al secondo livello di regionalizzazione si sono individuate tre sottozone in cui si ritiene costante il coefficiente di variazione e di conseguenza il parametro L 1 : 1) sottozona tirrenica, T: L 1 =48,914; 2) sottozona centrale, C: L 1 =22,878; 3) sottozona ionica, I: L 1 =10,987. In figura 2.20 è riportata la cartina della Calabria con la delimitazione delle tre sottozone omogenee. In tabella 2.2 sono riportati i valori dei parametri della distribuzione di probabilità dei massimi annuali di pioggia in Calabria. SOTTOZONA L 1 h L * q Tirrenica 48,914 5,173 Ionica 10,987 3,681 0,418 2,154 Centrale 22,878 4,414 Tab Valori dei parametri della distribuzione di probabilità dei massimi annuali di pioggia in Calabria. Fig Sottozone omogenee 64

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