RILEVAMENTO METRICO IN AMBITO LOCALE. 1. Determinazione della posizione dei punti su un edificio.

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1 RILEVAMENTO METRICO IN AMBITO LOCALE 1. Determinazione della posizione dei punti su un edificio Determinazione per coordinate polari - Si supponga che siano note le coordinate cartesiane (x 0, y 0, z 0 ) di un punto P 0 a terra in un opportuno sistema di riferimento, e, che, facendo stazione in P 0, con uno strumento posto ad altezza h 0 rispetto a P 0 si collimi un punto P sull edificio (fig.1) e si misurino la distanza d fra P 0 e P, l angolo ζ della direzione collimata con la verticale (angolo zenitale) e l angolo α della proiezione sul piano orizzontale della direzione collimata con l asse x (angolo azimutale). Assumendo che l asse z sia diretto lungo la verticale, le coordinate di P sono x = x 0 + d sin ζ cos α y = y 0 + d sin ζ sin α z = z 0 + h 0 + d cos ζ (1) Il primo problema è la determinazione del sistema di riferimento. In generale, quando si esegue un rilievo, in prima istanza si fissa un sistema di riferimento locale arbitrario, e solo in un secondo tempo, se necessario, si trasformano le coordinate in un sistema esterno dato (per esempio quello della cartografia). Per esempio, si può fissare l origine nel punto P 0, e l asse x lungo la proiezione sul piano orizzontale di una direzione collimata da P 0. Si noti che, per poter misurare l angolo α, è necessario che la direzione dell asse x sia materializzata, ossia definita come direzione di collimazione. Si è già detto che l asse z è lungo la verticale, che viene materializzata all atto della messa in stazione come asse principale dello strumento. Va osservato che la verticale varia da punto a punto, e di questo si dovrebbe tener conto quando si fa stazione in più di un punto, e in ciascuno si determina la verticale. Tuttavia, poichè la variazione della verticale è di circa 1 in 30 metri, se l area del rilievo è abbastanza piccola, come accade quando si fa il rilievo di un edificio, può essere trascurata Poligonale - Se la collimazione sui punti dell edificio viene eseguita da più stazioni, è necessario conoscere le loro coordinate tutte nello stesso sistema di riferimento. A tale scopo occorre eseguire una serie di misure che collegano fra di loro tali punti, costituendo un rete topografica. Il modo più semplice consiste nel costruire una poligonale che connetta in sequenza i punti di stazione, misurando per ogni punto di stazione la distanza dal punto successivo, l angolo zenitale della direzione di collimazione del punto successivo e l angolo azimutale fra le direzioni di collimazione del punto precedente e di quello successivo (fig.2). In realtà quelli che vengono collimati non sono i punti a terra, ma delle mire montate su cavalletto ad una certa altezza dal punto a terra, che deve essere misurata. Si assume che l origine delle coordinate sia in P 0 ; facendo stazione in P 0, vengono misurati l angolo azimutale θ 0 fra l asse x (che, come si è visto, è la proiezione sul piano orizzontale di una direzione collimata) e la direzione di collimazione di P 1, l angolo zenitale ζ 0 di tale direzione e la distanza d 1 fra P 0 e P 1. Per convenzione, in luogo di θ 0, si introduce nelle formule l angolo α 0 fra il semiasse y positivo e la direzione collimata, preso in verso orario; ovviamente α 0 = π/2 θ 0. Detta h 1 l altezza del punto collimato in corrispondenza di P 1, le coordinate di P 1 sono x 1 = d 1 sin ζ 0 sin α 0 y 1 = d 1 sin ζ 0 cos α 0 (2) z 1 = h 0 h 1 + d 1 cos ζ 0 Analogamente si procede per determinare le coordinate di P 2 facendo stazione in P 1, e si ottiene x 2 = x 1 + d 2 sin ζ 1 sin α 1 y 2 = y 1 + d 2 sin ζ 1 cos α 1 (3) z 2 = z 1 + h 1 h 2 + d 2 cos ζ 1 1

2 Non è detto che, quando sul treppiede in corrispondenza di P 1 si sostituisce la mira con lo strumento di misura, l altezza del centro dello strumento sia uguale a quella della mira, e quindi la misurazione va rifatta. Va inoltre osservato che l angolo α 1 non è direttamente misurabile, perchè non è collimabile da P 1 una direzione parallela all asse x o all asse y. Si misura invece l angolo azimutale θ 1 fra le direzioni di P 0 e P 2 ; si vede che α 1 = α 0 π + θ 1. Procedendo in questo modo, per ogni punto di stazione si misurano 3 quantità, che servono per determinare le 3 coordinate del punto successivo. Il numero di equazioni è quindi sempre uguale al numero delle incognite, e gli errori di misura si propagano da un punto all altro, accrescendosi senza possibilità di controllo (fig.3). Se la poligonale viene chiusa, ossia l ultimo punto della sequenza coincide con il punto di partenza P 0 (fig.4), le ultime misure sono ridondanti, poichè deve essere, con riferimento alla figura, x 3 + d 4 sin ζ 3 sin α 3 = x 0 0 y 3 + d 4 sin ζ 3 cos α 3 = y 0 0 z 3 + h 3 h 4 + d 4 cos ζ 3 = z 0 0 (4) e inoltre θ 1 +θ 2 +θ 3 +θ 4 = 2π (nel caso di n lati θ i = (n 2)π ); in generale, invece, queste uguaglianze non sono esattamente verificate a causa degli errori di misura. Questa ridondanza consente di eseguire una compensazione, ossia di correggere opportunamente i valori misurati in modo da verificare esattamente le equazioni. Ad esempio, se la somma degli angoli misurati eccede 2π di una quantità ɛ (errore di chiusura), basta sottrarre ɛ/4 da ognuno dei θ i. L entità di queste correzioni è in relazione con la grandezza degli errori di misura. In generale la compensazione per sistemi ridondanti viene eseguita con il metodo dei minimi quadrati. Gli strumenti moderni (stazioni totali) consentono di calcolare direttamente le coordinate del punto collimato, se sono note quelle del punto di stazione, utilizzando le misure di distanza, angolo azimutale e angolo zenitale; inoltre consentono di impostare su un display le coordinate del punto di stazione e, in corrispondenza di una direzione collimata, un valore arbitrariamente scelto dell angolo azimutale (questa scelta corrisponde alla scelta della direzione dello zero dello strumento). Facendo sempre riferimento alla fig.4, è possibile allora procedere nella seguente maniera: - collimando P 1 da P 0 si scelgono le coordinate di P 0 e un valore arbitrario dell angolo azimutale; in questo modo si fissa il sistema di riferimento locale. Ad esempio, si può imporre che P 0 sia l origine e che la direzione di P 1 abbia angolo azimutale nullo; in questo modo si impone che la direzione collimata sia il semiasse y positivo. Lo strumento calcola le coordinate di P 1. - facendo stazione in P 1, la direzione di collimazione di P 0 ha angolo azimutale π. Si imposta questo valore sul display, e si impostano le coordinate di P 1 calcolate dallo strumento nel passo precedente. Collimando P 2, l angolo azimutale misurato risulta essere θ 1 + π, e inoltre lo strumento calcola le coordinate di P 2. - si procede nello stesso modo per tutti i punti di stazione, tenendo conto che l angolo azimutale della direzione di collimazione di P n 1 da P n è uguale a quello della direzione di P n da P n 1 diminuito o aumentato di π (gli angoli misurati sono sempre compresi fra 0 e 2π). Quindi, se collimando P n 1 da P n si imposta un valore dell angolo azimutale uguale a quello ottenuto collimando P n da P n 1 aumentato o diminuito di π, la lettura dell angolo azimutale della direzione di collimazione di P n+1 da P n risulta riferita ad uno zero dello strumento che ha sempre la stessa direzione in ogni punto di stazione. - All ultimo passaggio, quando si collima P 0 dall ultimo punto P N, la lettura dell angolo azimutale deve differire di π dalla lettura già fatta collimando P N da P 0, e inoltre le coordinate di P 0 calcolate dallo strumento devono essere (0, 0, 0). E quindi possibile ottenere gli errori di chiusura direttamente dalla lettura senza ulteriori calcoli Intersezione in avanti - Se un punto P sull edificio viene collimato da due punti a terra (fig.5), e vengono misurati angoli azimutali e zenitali, l intersezione delle proiezioni sul piano orizzontale delle direzioni di collimazione definisce la posizione planimetrica del punto collimato, mentre gli angoli zenitali definiscono la quota. Collimando P da più di 2 punti a terra si ottiene ridondanza. Questa procedura, detta intersezione 2

3 in avanti, consente di evitare le misure di distanza, cosa particolarmente vantaggiosa se si dispone soltanto di strumenti che richiedono l uso di prismi riflettenti per le misure di distanza. Oggi tuttavia sono disponibili distanziometri laser che non richiedono l uso di prismi riflettenti. Riassumendo, una buona procedura per il rilevamento metrico di un edificio consiste nell istituire una poligonale attorno ad esso, e nel rilevare mediante intersezione in avanti i punti ritenuti necessari facendo stazione nei vertici della poligonale (fig.6). I punti rilevati possono poi, ad esempio, essere utilizzati come punti di appoggio per un rilievo fotogrammetrico. Se si dispone di uno strumento che consente di rilevare in breve tempo un numero molto elevato di punti, è possibile rilevare un edificio per via puramente topografica. In questo caso la documentazione fotografica, che è pur sempre importante, non deve essere necessariamente metrica (fig.7). NOTA - Le procedure sopra descritte non sono altro che esempi elementari di reti topografiche, che verranno riprese in seguito con una descrizione più dettagliata delle relazioni che intercorrono fra le quantità misurate e le coordinate dei punti di stazione e dei punti collimati, e dei metodi di trattamento dei dati per la determinazione delle posizioni. 2. Inquadramento in un sistema di riferimento esterno L inquadramento di un rilievo topografico in un sistema di riferimento esterno viene eseguito collegando mediante misure topografiche punti appartenenti al rilievo (nel caso illustrato, i vertici della poligonale) con punti di coordinate note in tale sistema. Ad esempio, se si vuole inquadrare il rilievo nel sistema di riferimento adottato per la cartografia nazionale, si possono usare come punti noti i vertici trigonometrici IGM; in questo caso i calcoli sono piuttosto complicati, dato che la superficie di riferimento è un ellissoide. Più semplice è l inquadramento nel sistema di riferimento GPS, dato che i ricevitori GPS forniscono direttamente coordinate cartesiane. In questo paragrafo vengono descritte le trasformazioni necessarie per l inquadramento planimetrico di una rete locale in un sistema esterno di coordinate piane. Se (X 0, Y 0 ) sono le coordinate dell origine del sistema locale nel sistema esterno, e gli assi del sistema locale sono ruotati di un angolo α (in verso antiorario) rispetto agli assi del sistema esterno (fig.8), la trasformazione di coordinate di un generico punto Q è data da ( xq y Q ( XQ Y Q ) ( ) XQ X 0 = R(α) Y Q Y 0 ) ( ) X0 = + R( α) Y 0 ( xq y Q ( ) cos α sin α dove R(α) = sin α cos α ) (5) (6) Le lettere minuscole x, y indicano le coordinate nel sistema locale, quelle maiuscole X, Y sistema esterno. La trasformazione dipende quindi da 3 parametri: X 0, Y 0, α. le coordinate nel Da un punto di vista operativo, si supponga ad esempio di conoscere le coordinate di 2 punti P1 e P2 nel sistema esterno, e che entrambi i punti siano collimabili dall origine P 0 del sistema locale. Allora, misurando le distanze di P 0 dai due punti (e sapendo da quale parte della loro congiungente si trova P 0 ), si possono determinare le coordinate di P 0 nel sistema esterno. Poi, misurando ad esempio l angolo fra la direzione di collimazione di P1 da P 0 e quella di un generico punto Q, il cui angolo azimutale è già stato misurato nel sistema locale, è possibile determinare l orientazione del sistema di assi locale rispetto a quello esterno (fig.9). Si potrebbe pensare che questa procedura consenta di inquadrare direttamente il rilievo sulla carta, ossia di riportare i punti rilevati su una carta in cui siano rappresentati punti collimabili dalle stazioni utilizzate 3

4 per il rilievo. Questo equivale ad affermare che la carta riproduce fedelmente alla scala nominale un piano orizzontale passante per l origine del sistema locale. In effetti, data la piccola estensione del territorio rilevato, in generale non sono presenti all interno della carta deformazioni significative. Ci sono però variazioni rispetto alla scala nominale, dovute alla rappresentazione cartografica, che in certe zone possono raggiungere qualche decimillesimo; inoltre la scala nominale è riferita all ellissoide, e il fatto che l area rilevata sia in quota può dar luogo a variazioni anch esse di pochi decimillesimi (poche migliaia di metri di quota rispetto ai circa 6000km del raggio terrestre). Queste variazioni sono nel loro complesso inferiori al millesimo, e quindi, essendo il segmento minimo rilevabile sulla carta di 0.2mm, incominciano ad essere visibili per distanze sulla carta dell ordine di qualche decina di cm. 3. Strumenti topografici 3.1. Teodolite - Il teodolite (fig.10) è lo strumento che misura gli angoli azimutali e zenitali. Fissato il centro dello strumento, e definita la direzione congiungente il centro dello strumento con un altro punto (direzione di collimazione), si dice angolo zenitale l angolo fra la verticale e tale direzione, angolo azimutale l angolo sul piano orizzontale fra una direzione di riferimento definita al momento della messa in stazione dello strumento e la proiezione sul piano orizzontale della direzione di collimazione. Lo strumento è costituito da una base, che viene poggiata su un treppiede, su cui è posta una forcella, detta alidada, ruotante intorno ad un asse ortogonale alla base (asse principale). L alidada sostiene il supporto di un cannocchiale che può ruotare attorno ad un asse perpendicolare all asse principale (asse secondario). L asse del cannocchiale (asse di collimazione) è a sua volta ortogonale all asse secondario, attorno a cui può ruotare. I tre assi si incontrano in un punto, che è il centro dello strumento. Le misure eseguite sono riferite al centro dello strumento. Lo strumento viene messo in stazione facendo in modo che l asse principale sia orientato lungo la verticale. Questa operazione viene eseguita agendo su 3 viti calanti su cui poggia la base, e controllando la verticalità con una livella incorporata nello strumento. Le case costruttrici garantiscono per gli strumenti più sofisticati un accuratezza nella messa in stazione dell ordine di qualche secondo d arco. E possibile, nel caso che si voglia riferire le misure ad un punto segnalizzato a terra con un chiodo, fare in modo che la verticale sia centrata sul punto. E inoltre necessario conoscere con precisione l altezza del centro dello strumento rispetto il punto a terra. Eseguita la collimazione con il cannocchiale, gli angoli azimutale e zenitale vengono letti su due cerchi graduati, rispettivamente orizzontale e appoggiato sulla base, e verticale e fissato all asse secondario. La direzione di riferimento del cerchio orizzontale, che definisce lo zero degli angoli azimutali, è in linea di massima arbitraria: in generale si è interessati agli angoli fra due direzioni collimate, che vengono determinati per differenza, e sono indipendenti dalla direzione di riferimento. Le precisioni raggiungibili sono molto elevate, fino ad 1 per gli angoli azimutali determinati per differenza fra due letture del cerchio orizzontale in corrispondenza a due collimazioni (che corrisponde, alla distanza di 50m, a 0.25mm in direzione ortogonale alla direzione di collimazione); per gli angoli zenitali, a causa della curvatura del cammino ottico, difficilmente modellizzabile con questi livelli di precisione, l accuratezza delle misure non raggiunge questi livelli e può essere stimata dell ordine di qualche secondo d arco. Poichè su una circonferenza del diametro di 10 cm un grado corrisponde a circa 1mm e 1 ad una frazione di micron, la graduazione del cerchio deve essere estremamente accurata e la lettura richiede strumenti sofisticati. Non è invece possibile determinare con precisione paragonabile la direzione dello zero del cerchio orizzontale. Per orientare lo zero nel piano del meridiano (ossia in direzione nord) si può usare un giroscopio, che è una grossa massa ruotante, con l asse di rotazione libero di ruotare nel piano orizzontale; in virtù della conservazione del momento angolare, per effetto della rotazione terrestre, l asse di rotazione del giroscopio tende a orientarsi nel piano del meridiano. L accuratezza nella determinazione di questa direzione è tanto maggiore quanto più grande è la massa e la sua velocità angolare; in generale non scende al di sotto dei In ogni caso, l uso del giroscopio nei rilevamenti topografici non è molto frequente, ed è essenziale soltanto dove è necessario mantenere un orientamento assoluto molto accurato, senza poter disporre di punti 4

5 di riferimento; il caso tipico è quello del tracciamento di gallerie. Per compensare gli errori dovuti ad imprecisioni della graduazione, è bene ripetere le misure cambiando la direzione dello zero della graduazione (reiterazione). Gli strumenti moderni eseguono le reiterazioni automaticamente, e riportano su un display il risultato ottenuto mediando le diverse misure. Errori sistematici possono essere dovuti ad una imprecisa messa in stazione dello strumento con l asse principale deviato rispetto alla verticale (errore di verticalità ), oppure a difetti costruttivi, come una non perfetta ortogonalità fra asse principale e asse secondario (errore di inclinazione) o fra asse secondario e asse di collimazione (errore di collimazione). La geometria degli errori sugli angoli azimutali dovuti a queste cause e le corrispondenti formule sono riportate in fig.12. In pratica non c è modo di valutare e correggere l errore di verticalità, che peraltro, come si può vedere dalla formula, è piccolo per direzioni di collimazione non molto alte sull orizzonte. Gli errori di inclinazione e di collimazione, invece, possono essere rettificati facendo una seconda lettura nella posizione coniugata, ossia ruotando l alidada di 180. Se le due letture sono α e α, la misura rettificata è (α + (α 180 ))/2, l errore è (α (α 180 ))/2. NOTA - L unità di misura usata per la misura degli angoli con gli strumenti topografici è in generale il grado centesimale (g), che è la centesima parte dell angolo retto, a sua volta suddiviso in 100 centesimi (c); il centesimo, poi, è suddiviso in 100 cc. Un cc corrisponde a circa Distanziometri ad onde elettromagnetiche - Il distanziometro ad onde elettromagnetiche (DEM) viene messo in stazione ad un estremità della distanza da misurare, mentre all altro estremo viene posto un prisma riflettente (fig.11). Il DEM emette un onda elettromagnetica che viene riflessa dal prisma verso il DEM stesso. La differenza di fase fra l onda riflessa e quella emessa dal DEM è l osservabile utilizzata per la determinazione della distanza. La relazione fra differenza di fase e la distanza è espressa dall equazione d = (n + ψ) λ 2 dove n è un numero intero e ψ è legato alla differenza di fase φ ( 0 φ 2π ) dalla relazione ψ = φ/(2π) ; ψ è quindi un numero compreso fra 0 e 1. Il problema è che il numero intero di cicli n non è osservabile; si determina quindi un ambiguità che deve essere rimossa. L idea più semplice è quella di usare lunghezze d onda λ tali che λ/2 > d, in modo che n = 0. Va preliminarmente osservato che l onda portante prodotta dal DEM è nella banda del visibile o dell infrarosso, con lunghezze d onda dell ordine del micron. È però possibile modulare in ampiezza la portante con un onda sinusoidale di lunghezza d onda molto più grande, per esempio λ = 2 km, e si ha così la possibilità di misurare senza ambiguità distanze fino a 1 km. Bisogna però tenere conto che la misura della differenza di fase comporta un errore strumentale dell ordine di 10 3 λ/2 sulla distanza; l uso di lunghezze d onda molto grandi può quindi portare ad errori inaccettabili, e d altra parte la necessità di limitare la lunghezza d onda comporta che la distanza massima misurabile senza ambiguità sia piccola rispetto alla portata dello strumento, cioè alla distanza massima per cui il segnale riflesso viene ricevuto dallo strumento con intensità sufficiente. Un possibile procedimento per superare questa limitazione è il cosiddetto metodo delle decadi. Si usano lunghezze d onda grandi, tali che d < λ 1 /2, per una prima determinazione grossolana della distanza, e successivamente lunghezze d onda molto più piccole (in genere scelte in modo che il loro rapporto con la lunghezza d onda iniziale sia una potenza di 10) per una determinazione più fine; l ambiguità viene risolta imponendo che la distanza ottenuta nella seconda misura cada nell intervallo di incertezza della prima misura. Questa circostanza deve ovviamente verificarsi per un solo valore del numero intero di cicli n 2. Per ottenere questo risultato, considerando l intervallo di incertezza [d 1 3σ, d 1 + 3σ], dove d 1 è il risultato della prima misura, si deve imporre λ 2 /2 > 6σ. Imponendo, come in precedenza, σ 10 3 (λ/2), si vede che è accettabile il valore λ 2 = λ 1 /100. L accuratezza della seconda misura è quindi 100 volte migliore di 5

6 quella della prima. Per determinare n 2, si divide d 1 per λ 2 /2, e si sceglie per n 2 la parte intera di tale quoziente, oppure la parte intera aumentata di 1, oppure la parte intera diminuita di 1; una sola di queste tre possibilità è compatibile con la necessità che la seconda misura stia nell intervallo di incertezza della prima. Esempio - Si supponga di usare λ 1 = 2000m, λ 2 = 20m. - Se si ottengono le misure ψ 1 = , ψ 2 = , risulta d 1 = 781.2±3m, d 2 = ±0.03m (n 2 = 77) ; - se si ottiene ψ 1 = , ψ 2 = , risulta d 1 = ± 3m, d 2 = ± 0.03m (n 2 = 78) ; - se si ottiene ψ 1 = , ψ 2 = , risulta d 1 = ± 3m, d 2 = ± 0.03m (n 2 = 79) ; - infine, il risultato ψ 1 = , ψ 2 = è impossibile: infatti d 1 = ± 3m, e le determinazioni d 2 = ± 0.03m (n 2 = 77) e d 2 = ± 0.03m (n 2 = 78) sono entrambe al di fuori, la prima per difetto e la seconda per eccesso, dell intervallo di incertezza per d 1. NOTA 1 - Da quanto visto sopra potrebbe sembrare che l errore di misura dei DEM dipenda unicamente dalla lunghezza d onda usata per la determinazione più fine, e sia indipendente dalla distanza misurata. In realtà, a causa dell instabilità dell oscillatore che produce la frequenza modulante, e anche a causa dell incertezza nella velocità di propagazione del segnale nell atmosfera, si ha un incertezza nel valore della lunghezza d onda, che determina una componente dell errore proporzionale alla distanza misurata. Usualmente si assume per l errore di misura risultante la forma ɛ = c 0 + c 1 d, dove c 0 è compreso fra 0.1cm e 0.5cm, c 1 è compreso fra 10 6 e Ad esempio, ponendo c 0 = 0.2cm, c 1 = , ad una distanza di 50m l errore risulta essere di ( )cm. Come si vede, per piccole distanze il termine proporzionale alla distanza è trascurabile rispetto al termine costante. NOTA 2 - Esistono anche distanziometri a impulsi, che misurano direttamente l intervallo di tempo fra l invio di un impulso elettromagnetico di durata molto breve e la ricezione dell impulso riflesso. Questi strumenti possono essere utilizzati sfruttando la riflessione sulle superfici esistenti, anche senza dover fare uso di un prisma riflettente; essi consentono quindi di eseguire un numero elevato di misure in breve tempo. Un fascio laser coassiale al segnale consente di visualizzare il punto battuto. Questa tecnica è praticata diffusamente nel rilievo architettonico. NOTA 3 - Molto diffuse sono le stazioni totali, costituite da un teodolite e da un distanziometro accoppiati su un unico supporto, e che consentono quindi, ad ogni messa in stazione, di eseguire sia misure di angoli sia di distanze, che vengono visualizzate su un display, e possono anche essere memorizzate e scaricate in un computer. 6

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