UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BOLOGNA IDENTIFICAZIONE DI PROCESSI CAOTICI NELLE SERIE STORICHE

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BOLOGNA FACOLTÀ DI ECONOMIA Corso di laurea in Economia e Commercio IDENTIFICAZIONE DI PROCESSI CAOTICI NELLE SERIE STORICHE Candidato : Gianluca Papa Matricola n Relatore : Chiar.mo Prof. Renzo Orsi Materia di Insegnamento : Econometria Parole chiave : analisi delle serie storiche,caos deterministico, simulazioni numeriche, stime semiparametriche, epistemologia Sessione Terza Anno Accademico

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3 Indice pag. Introduzione 5 1. Sistemi Dinamici Introduzione 8 1. Comportamento asintotico e stabilità dei sistemi dinamici Definizione di sistema dinamico, esistenza ed unicità della soluzione Insiemi limite e attrattori Teoria della stabilità Tipi fondamentali di attrattori Stabilità asintotica nei sistemi lineari Stabilità asintotica nei sistemi non lineari Stabilità strutturale e biforcazioni Introduzione Biforcazioni locali Biforcazioni globali La comparsa del caos 7 1.A - Appendice A. La cascata di Feigenbaum 30. Il modello di Rosenzweig 3.1 Introduzione 3. Descrizione del modello Una interpretazione economica del modello di Rosenzweig 34.3 Il modello a parametri costanti 36.4 L introduzione del meccanismo di stagionalità Diagramma di biforcazione 4.4. Attrattori multipli, Catastrofi e Caos 44.5 Due metodi per l identificazione delle varie tipologie di attrattore L analisi spettrale La trasformata di Fourier Spettro di potenza e sua stima in campioni finiti. Aliasing L identificazione dei tipi di attrattore attraverso lo SP La mappa di Poincaré 54.6 Alcune simulazioni 54 3

4 .6.1 Il ciclo limite di periodo Un moto quasiperiodico La biforcazione flip L emergere del caos 63.A - Appendice A. Ricostruzione dell attrattore : il metodo di Takens 65.B - Appendice B. SDIC nell attrattore strano : una verifica empirica Una stima econometrica Introduzione L impostazione di stima alla Box-Jenkins SNP : Un modello semiparametrico per l analisi delle serie storiche La struttura del modello I test diagnostici La funzione di autocorrelazione e la statistica di Ljung-Box Criteri di informazione Test di normalità di Kolmogorov-Smirnov La stima sul modello Conclusioni Il quadro metodologico Introduzione Una premessa epistemologica: Il programma di ricerca Lakatosiano L analisi delle serie storiche La teoria del caos Confronto sui dati e conclusioni 91 Bibliografia 95 4

5 Introduzione L economia è una scienza empirica, essa cioè non si basa su costruzioni formali che partono da assiomi non confutabili, ma, al pari di altre scienze fisiche e sociali il suo oggetto di studio sono i fatti. La costruzione di un insieme teorico passa attraverso quella fase fondamentale della scienza che è l astrazione scient i- fica. Con l astrazione noi poniamo l attenzione su alcuni particolari fatti per studiare le relazioni ad essi sottostanti trascurando altri fenomeni per limitare la complessità dell analisi. Ciò è possibile nelle scienze fisiche (o almeno, in quasi tutte) attraverso la costruzione di un esperimento, tramite cioè la costruzione di una realtà artificiale nella quale solo i fenomeni oggetto di speculazione teorica vengono fatti variare annullando invece la variabilità e perciò l influenza di tutti gli altri fenomeni non oggetto d indagine. In economia tale astrazione è resa più difficoltosa dall impossibilità dell utilizzo di esperimenti a sostegno delle teorie che da luogo al coesistere di un insieme di posizioni teoriche tra loro non coerenti ed anzi talora in acuto contrasto tra loro. Ma il legame tra teoria e fatti non è spezzato, rimanendo l economia una scienza empirica: un surrogato dell esperimento in economia si trova nell utilizzo dei dati del passato. Per dare un senso a questo utilizzo è stato necessario lo sviluppo di metodi avanzati di raccolta e di analisi dei dati. Questo cammino ha portato alla nascita di una vera e propria disciplina, l econometria, che tramite l utilizzo di metodi statistici si propone di verificare i criteri di costruzione e di valutazione dei modelli economici utilizzati per descrivere o prevedere la realtà. Tale disciplina si configura dunque come un vero e proprio laboratorio economico ove, con l aiuto di metodi statistici si usano i dati per confutare le teorie economiche. Non bisogna dimenticare però che la verifica statistica dei dati costituisce solo un surrogato dell esperimento e perciò la confutazione delle teorie economiche è alquanto difficoltosa e ciò spiega in parte il proliferare di correnti teoriche alternative. Il dibattito teorico che coinvolge la scienza economica investe anche l econometria. Infatti, in tale disciplina vi è anche chi rimette in discussione addirittura, quello che dovrebbe essere il ruolo giocato dall econometria nello spiegare i dati utilizzando le teorie economiche sotto forma di modelli econometrici. Secondo alcuni econometrici, infatti, la realtà economica è talmente complessa 5

6 che cercare di catturarne la logica di comportamento tramite modelli strutturali (cioè modelli in cui le relazioni tra le variabili sono l espressione delle teorie economiche) per quanto complessi, da luogo ad un eccessiva semplificazione del fenomeno oggetto di studio. È da questa posizione critica che prende avvio un filone di ricerca noto come analisi delle serie storiche sviluppato a partire dal contributo di [Box G. e Jenkins G., 1976]. In tale filone o programma di ricerca le teorie econometriche assumono la forma di modelli ARMA univariati o loro derivazioni e sviluppi quali ad esempio i modelli ARCH. Tali modelli spiegano una variabile in funzione dei suoi stessi ritardi e perciò rinunciano a qualsiasi tentativo di spiegazione causale del comportamento di una variabile: essi sono sostanzialmente ateorici. Tali modelli sono impiegati principalmente a fini previsivi; infatti, vennero impiegati sin dall inizio a tale scopo dato che essi fornivano previsioni migliori dei complicati modelli strutturali utilizzati negli anni 60 comprendenti centinaia di equazioni e di variabili. Nel campo della modellistica strutturale si è assistito fino ad un epoca recente all utilizzo quasi esclusivo di modelli lineari. Tale scelta non è dettata dalla convinzione che i processi economici sono lineari. Ma tale semplificazione non eccessiva, consente di avere modelli attraenti dal punto di vista analitico e della stima. Infatti, modelli economici con funzioni obiettivo quadratiche e vincoli lineari possono ben essere rappresentati da modelli econometrici di tipo VAR (Vettoriali Autoregressivi). L interesse per i modelli strutturali non lineari è stato risvegliato di recente dagli studi matematici nel campo dei sistemi dinamici non lineari che hanno portato alla scoperta, anche tramite l utilizzo di calcolatori, dell esistenza di dinamiche non lineari particolarmente complesse note come dinamiche caotiche. Tali dinamiche sono caratterizzate da un andamento erratico che le fa rassomigliare a processi stocastici pur essendo causate da processi deterministici. Inoltre essi sono caratterizzati anche da un altra proprietà chiamata SDIC (Dipendenza Sensibile dalle Condizioni Iniziali): due traiettorie che partono da punti arbitrariamente vicini divergeranno localmente pur rimanendo comunque confinate in un insieme finito. Tale scoperta ha dato l avvio a diverse correnti di ricerca nell ambito di plurevoli discipline quali la fisica, la meteorologia, l epidemiologia ed anche l economia. L utilizzo di sistemi dinamici non-lineari in economia è promettente in diversi campi nei quali, per dare ragione di irregolarità nel comportamento di 6

7 variabili con andamento altrimenti regolare si suppone l esistenza di shocks esogeni. Nello studio dei cicli economici, ad esempio, questo approccio sembra spiegare meglio l irregolarità dei cicli economici che non introducendo shocks stocastici esogeni. Naturalmente i problemi legati all effettivo utilizzo di questa classe di modelli sono ancora molti e legati soprattutto ai problemi di stima che comportano. Discuteremo più avanti alcune di queste problematiche. Con la comparsa dei modelli non lineari deterministici il dibattito tra modelli strutturali e modelli di analisi delle serie storiche si è fatto di nuovo acceso ed ora attende un serio confronto sui dati. È in questo dibattito che si inserisce il nostro modesto contributo. Tramite questo lavoro vogliamo, infatti, mostrare come sia problematico decidere quale approccio seguire sulla base dell evidenza sperimentale e di come si renda necessario sviluppare nuovi metodi d indagine empirica. Procederemo quindi, costruendo una serie simulata con caratteristiche caotiche per poi stimarla secondo un modello che si rifà all approccio dell analisi delle serie storiche e discutere infine, dei risultati della stima alla luce delle due teorie secondo l impostazione epistemologica della metodologia dei programmi di ricerca scientifica di [Lakatos, 1970]. Nel primo capitolo è introdotta la teoria matematica inerente ai sistemi dinamici con particolare attenzione al comportamento asintotico (attrattori), alla stabilità strutturale e alla comparsa del caos deterministico. Nel secondo capitolo viene descritto un esempio di sistema dinamico capace di dare origine per alcuni valori dei parametri a dinamiche di tipo caotico, vengono poi fatte simulazioni per diversi valori dei parametri e vengono impiegate alcune tecniche matematiche per distinguere tra le serie simulate, quelle che danno effettivamente luogo a dinamiche caotiche e non, per esempio, quasiperiodiche. Nel terzo capitolo viene poi utilizzata la serie caotica simulata come sorgente di dati per la stima tramite un modello semiparametrico che riprende la filosofia dei modelli ARMA. Nel quarto capitolo infine dopo una breve introduzione dell approccio epistemologico di Lakatos e della filosofia dei due programmi di ricerca vengono tratte le conclusioni dell esperimento. 7

8 1. Sistemi Dinamici 1.1 Introduzione I modelli dinamici, modelli cioè che fanno uso di sistemi dinamici, sono di uso frequente nella teoria economica. Lo scopo di questo capitolo è illustrare i principali risultati nel campo della teoria matematica che ad essi fanno capo. Vedremo nel paragrafo seguente quali siano le condizioni, con particolare riferimento ai sistemi non lineari, affinché il comportamento asintotico dei sistemi dinamici sia stabile. Nel terzo paragrafo ci occuperemo invece di teoria delle biforcazioni che studia la sensibilità del comportamento del sistema al variare di uno o più parametri. Nell ultimo paragrafo vedremo invece quali sono i meccanismi di nascita del caos deterministico. 1. Comportamento asintotico e stabilità dei sistemi dinamici 1..1 Definizione di sistema dinamico, esistenza ed unicità della soluzione Un sistema dinamico è un sistema di equazioni differenziali cioè un sistema del tipo (1-1) x&( t) = f ( x( t)) Dove x(t) = x 1 (t)...x n (t) è il vettore di stato all istante t, con f C 1 (E) con E insieme aperto di R n. Nel seguito la soluzione del sistema (1-1) corrispondente ad una condizione iniziale x(0) = x 0 sarà indicata con x(t) = φ(t, x 0 ) ; 8

9 essa inoltre sotto le condizioni sopra specificate per f ed E è unica. La soluzione delinea inoltre nello spazio E(detto spazio delle fasi) una traiettoria od orbita del sistema (1-1) passante per x 0 definita dalla funzione φ(,x 0 ) :R E che può essere vista anche come un moto lungo la curva Γ x0 = {x E x = φ(t, x 0 ), t R}. L unicità delle soluzioni di (1-1) sotto date condizioni iniziali implica che le traiettorie Γ x0 e Γ y0 non si intersecano mai nello spazio delle fasi per qualunque x 0, y 0 E. Mentre con flusso del sistema (1-1) si intenderà la funzione φ t :E E definita da φ t (x 0 ) = φ(t, x 0 ), In questo capitolo passeremo in rassegna i sistemi dinamici soffermandoci particolarmente sul loro comportamento asintotico e sulla loro stabilità. 1.. Insiemi limite e attrattori Un insieme A R n si dirà invariante rispetto ad un flusso φ t se e solo se φ(t, A) A t 0 Un insieme invariante è pertanto una trappola per le traiettorie situate al suo interno, esse vi possono entrare ma non ne possono più uscire. Passiamo ora alla definizione di insieme limite : Un punto p è detto punto ω-limite di una traiettoria φ(,x 0 ) del sistema (1-1) se esiste una sequenza t n tale che lim n φ(t n, x) = p 9

10 nella stessa misura se esiste una sequenza t n tale che lim n φ(t n, x) = q e il punto q E, allora il punto q è detto punto α-limite della traiettoria φ(,x 0 ) del sistema (1-1).L insieme di tutti i punti ω-limite di una traiettoria è detto insieme ω-limite ed è indicato con ω(γ).l insieme di tutti i punti α-limite di una traiettoria è detto insieme α-limite ed è indicato con α(γ). Gli insiemi limite rappresentano dunque la descrizione del comportamento asintotico della traiettoria considerata. Più importante è però l esistenza di un insieme limite per un intera regione dello spazio E e non solamente per un unica traiettoria. Ecco perciò la definizione di insieme attraente : Un insieme compatto A Ε è detto insieme attraente di (1-1) se : (i) A è invariante (ii) Esiste un intorno U di A tale che per tutti gli x U, φ t (x) U per tutti i t 0 e φ t (x) A per t Il bacino di attrazione B dell insieme attraente A è l insieme U B(A) = φ( t, U ) t 0 L'insieme A è dunque l insieme ω-limite di tutte le traiettorie originantesi nell intorno U di A e non solo di alcune traiettorie, di qui la sua importanza per un analisi della stabilità come vedremo più avanti. Ma il fatto che A sia attraente non significa che lo siano tutte le sue parti perciò è necessario introdurre il concetto più forte di attrattore : Un insieme A è un attrattore per (1-1) se : (i) A è un insieme attraente (ii) A contiene orbite dense vale a dire : X, X Α t : φ(t, X ) X Ø 10

11 La seconda proprietà implica che l insieme A sia indecomponibile cioè esso non può essere diviso in due o più insiemi invarianti Teoria della stabilità Avendo sinora parlato di stabilità giunge opportuno darne una formulazione più precisa, diamo qui di seguito dunque la definizione di stabilità secondo Liapunov : Una soluzione φ(t) del sistema (1-1) è detta stabile se, dato ε > 0, esiste un δ(ε) > 0 tale che per ogni altra soluzione ϕ(t) di (1-1) per la quale φ(t 0 ) ϕ(t 0 ) < δ, abbiamo φ(t) ϕ(t) < ε per ogni t 0. Assumiamo che una soluzione φ(t) sia stabile nel senso definito sopra e, inoltre, che esista un δ > 0 tale che se φ(t 0 ) ϕ(t 0 ) < δ allora lim t + φ(t) ϕ(t) = 0. Allora φ(t) è detto asintoticamente stabile. Una soluzione φ(t) del sistema (1-1) è detta instabile se non è stabile. Dalle definizioni viste sopra è chiaro che per descrivere il comportamento asintotico di un sistema occorre identificare gli insiemi limite e i relativi bacini di attrazione, ed essendo interessati alla stabilità di un sistema dinamico occorre individuare gli attrattori del sistema. Vediamo perciò quali sono le tipologie fondamentali di attrattore Tipi fondamentali di attrattori Gli attrattori di un sistema dinamico si dividono in alcune tipologie fondamentali : (a) Punti di equilibrio(punti critici) 11

12 Questo è il tipo più semplice di attrattore e consiste dei punti x nello spazio delle fasi tali che per il sistema (1-1) abbiamo : 0 = f( x). (b) Orbite periodiche(cicli limite) Una soluzione del sistema (1-1) da luogo ad un orbita periodica quando per un qualche T positivo, φ T (x)= x. Il più piccolo T per cui vale questa proprietà è detto periodo dell orbita. Se un orbita periodica è un insieme limite essa è detta ciclo limite. L orbita periodica Γ è detto stabile se per ogni ε > 0 esiste un intorno U di Γ tale che per ogni x U e t 0, d(φ(t, x), Γ) < ε. Un orbita periodica è detta instabile se non è stabile ; e Γ è detta asintoticamente stabile se per tutti i punti x in un intorno U di Γ lim t d(φ(t, x), Γ) = 0 Le orbite periodiche che sono anche attrattori sono dalle definizioni viste sopra solo quelle asintoticamente stabili e sono dette cicli limiti stabili. Naturalmente i cicli limite possono apparire solamente in sistemi con n. (c) Orbite quasiperiodiche(tori) Se due sistemi del secondo ordine indipendenti tra loro che hanno come attrattori Figura 1-1 Esempio di toro nello spazio delle fasi e sulla sezione di Poincaré corrispondente 1

13 due cicli γ 1 e γ, di periodo T 1 e T, l insieme dei due sistemi, che è ancora un sistema dinamico ha, in generale, un attrattore che non è un ciclo. Ciò perché, solitamente, i due periodi T 1 e T sono in rapporto irrazionale per cui lo stato del sistema (x (1) (t), x () (t)) è quasiperiodico, anche se x (1) (t) e x () (t) sono tali. L attrattore di un tale sistema è topologicamente uguale ad un toro come quello mostrato in Figura 1-1. Se T 1 e T sono in rapporto razionale, cioè se T 1 /T = m/n, allora la traiettoria si chiude su se stessa dopo m T = n T 1 unità di tempo e l attrattore è ancora un ciclo anche se può essere utile immaginarlo su un toro. Se invece T 1 e T sono in rapporto irrazionale la traiettoria non si chiude mai su se stessa e continuare a rigare indefinitamente la superficie del toro, che viene, così, densamente ricoperto da tale traiettoria. I tori non possono chiaramente sussistere in sistemi con n. (d) Attrattori strani (o caotici) Possiamo innanzi tutto definire come tali tutti quegli attrattori che non sono compresi nelle categorie precedenti. Non vi è accordo generale sulla definizione di attrattore strano o caotico, comunque è in genere definito tale un attrattore che ha le seguenti due proprietà. La prima è legata alla geometria dell attrattore il quale è un frattale cioè un oggetto che ha dimensione non intera ma fratta ed inoltre gode della proprietà di autosomiglianza, per cui l oggetto frattale appare simile a se stesso a qualunque scala lo si osservi. La seconda proprietà è legata alla dinamica dell attrattore ed è detta dipendenza sensibile alle condizioni iniziali(sdic).essa può essere definita formalmente come segue : Un flusso φ t : U U con U R n, possiede dipendenza sensibile alle condizioni iniziali(sdic) se esiste un δ > 0 tale che, per ogni x U ed ogni intorno N di x, esiste un y N e un t 0 tale che φ t (x) φ t (y) > δ. In attrattori con tale proprietà due punti infinitamente vicini danno luogo a traiettorie che divergeranno entro breve tempo in punti lontani tra di loro(stretching). Ma le traiettorie non possono divergere indefinitamente perché siamo pur sempre in presenza di un attrattore per cui il meccanismo di divergenza deve essere compensato da un meccanismo globale che riavvicini le traiettorie 13

14 lontane(folding).mentre la stranezza dell attrattore è dovuta all essere un oggetto frattale non tutti gli attrattori a dimensione fratta possiedono anche la SDIC,ed effettivamente è questa seconda proprietà che caratterizza gli attrattori caotici propriamente detti. Anche gli attrattori caotici compaiono,come i tori, in sistemi di ordine superiore al terzo Stabilità asintotica nei sistemi lineari Fin qui abbiamo visto le varie tipologie di attrattore ma, quali sono le condizioni da porre sulla funzione f del sistema (1-1) affinché gli insiemi limite del sistema siano anche attrattori? Analizziamo qui tali condizioni nel caso di sistemi lineari che rappresentano un caso particolare dei sistemi dinamici ma presentano validi spunti per un generico sistema non lineare (1-1).Un sistema lineare è un sistema dinamico del tipo (1-) x& = Ax con A matrice a coefficienti costanti e x R n. In un sistema lineare vi è un solo insieme limite, e questo è il punto d'equilibrio nell origine e per analizzarne il comportamento asintotico occorre analizzare gli autovalori della matrice A e guardare al segno della loro parte reale. Infatti, indicando con λ j = a j + ib j e w j = u j + iv j rispettivamente un generico autovalore e autovettore della matrice A, risultano individuati tre sottospazi di R n, cioè E s, E u, E c, rispettivamente sottospazio stabile, instabile e centro, cosi definiti : E s = Span{ u j, v j a j < 0} E c = Span{ u j, v j a j = 0} E u = Span{ u j, v j a j > 0} cioè E s, E u, E c sono sottospazi di R n definiti dalle parti reali e immaginarie degli autovettori corrispondenti agli autovalori λ j con parte reale negativa, positiva e nulla. Questi sottospazi sono invarianti rispetto ad un flusso φ t di (1-) ed inoltre 14

15 x 0 E s, lim t φ(t, x 0 ) = 0 x 0 E u, lim t φ(t, x 0 ) = 0 L origine è dunque l insieme ω-limite per il sottospazio stabile e l insieme α- limite per il sottospazio instabile. Se tutti gli autovalori di A hanno parte reale negativa allora l origine è un attrattore per il sistema (1-) ;è cioè asintotic a- mente stabile in e gli autovettori di A definiscono unicamente un sottospazio stabile di dimensione n pari a R n che è il bacino di attrazione dell origine. In questo caso l origine è anche chiamata pozzo per il sistema lineare (1-) Stabilità asintotica nei sistemi non lineari Nell analisi di stabilità dei sistemi non lineari ci vengono in soccorso alcuni importanti teoremi che ci permettono di utilizzare risultati già visti per i sistemi lineari. In generale un sistema non lineare non ha una soluzione analitica ma possiamo almeno conoscerne il suo comportamento qualitativo cioè l esistenza e le caratteristiche dei suoi insiemi limite, la presenza di attrattori ed i loro bacini di attrazione. Tali informazioni sono riassumibili, nei sistemi con n 3, nei diagrammi di fase che visualizzano le orbite significative nello spazio delle fasi (Vedi Figura 1-). Figura 1- Esempio di diagramma di fase per un sistema di ordine 3. 15

16 Vedremo che sotto alcune condizioni sulla funzione f il comportamento qualitativo del sistema non lineare è uguale a quello del sistema linearizzato ad esso corrispondente. Dato un sistema non lineare (1-3) x & = f(x) la linearizzazione in x 0, punto di equilibrio di (1-3) è (1-4) x& = Ax dove A = Df(x 0 ). Essendo il comportamento qualitativo nei sistemi lineari definito dai sottospazi stabile, instabile e centro i teoremi seguenti dimostreranno che esistono nel sistema non lineare dei sottospazi ad essi tangenti chiamati varietà con le stesse proprietà. Supponiamo nei teoremi seguenti di traslare l origine del sistema nel punto critico. Teorema della varietà stabile. Sia E un sottoinsieme aperto di R n contenente l origine, sia f C 1 (E), e sia φ t il flusso del sistema (1-3). Supponiamo che f(0) = 0 e che Df(0) abbia k autovalori con parte reale negativa e n k autovalori con parte reale positiva. Allora esiste una varietà di dimensione k e differenziabile S tangente al sottospazio stabile E S del sistema lineare (1-4) al punto 0 tale che per tutti i t 0, φ t (S) S e per tutti gli x 0 S, lim φ t(x 0 ) = 0 t ed esiste una varietà di dimensione n k e differenziabile U tangente al sottospazio instabile E U di (4) in 0 tale che per tutti i t 0, φ t (U) U e per tutti gli x 0 U, lim φ t(x 0 ) = 0. t 16

17 Teorema di Hartman-Grobman. Sia E un sottoinsieme aperto di R n contenente l origine, sia f C 1 (E), e sia φ t il flusso del sistema (1-3). Supponiamo che f(0) = 0 e che la matrice A = Df(0) non abbia autovalori con parte reale nulla. Allora esiste un omeomorfismo H di un insieme aperto V contenente l origine su un insieme aperto V contenente l origine tale che per ogni x 0 U, ci sia un intervallo aperto I 0 R contenente lo zero tale che per tutti gli x 0 U e t I 0 H o φ t (x 0 ) = e At H(x 0 ) ; cioè, H mappa traiettorie di (1-3) vicino all origine in traiettorie di (1-4) vicino all origine e preserva la parametrizzazione. Dal primo teorema vediamo che la condizione affinché x 0 sia un attrattore e cioè che tutti gli autovalori di A abbiano parte reale negativa è la stessa dei sistemi lineari eccetto che in questo caso il bacino di attrazione, è solamente un intorno di x 0. Il bacino di attrazione dell attrattore 0 è costituito dall insieme W S (0) detto varietà stabile globale e definito da W S (0) = Uφt( S) t 0 Il secondo teorema stabilisce che il sistema non lineare (1-3) e quello linearizzato (1-4) sono topologicamente equivalenti ovvero che hanno lo stesso comportamento qualitativo vicino al punto di equilibrio, cioè le traiettorie del sistema (1-3) sono uguali a quelle del sistema (1-4) a meno di una semplice deformazione(trasformazione cont inua). I due teoremi appena visti richiedono però che i punti di equilibrio siano iperbolici, cioè abbiano autovalori con parti reali non nulle ; nel caso invece che vi siano punti di equilibrio non iperbolici abbiamo il seguente Teorema della varietà centro. Sia f C r (E) ove E sia un sottoinsieme aperto di R n contenente l origine e r 1. Supponiamo che f(0) = 0 e che Df(0) abbia k autovalori con parte reale negativa, j autovalori con parte reale positiva, e m = n 17

18 - k - j autovalori con parte reale nulla. Allora esiste una varietà centro di dimensione m, W c (0) di classe C r tangente al sottospazio centro E c di (1-4) e invariante sotto il flusso φ t di (1-3). Tale teorema, purtroppo, non ci permette di conoscere il comportamento del sistema (1-3) nell intorno del punto di equilibrio perché in generale la varietà centro non è unica e perciò ci occorrono ulteriori condizioni sulla funzione f. Se invece di un punto di equilibrio abbiamo, come insieme limite, un ciclo limite possiamo valerci di analoghi teoremi che ci permettono di definire anche per essi le varietà stabili e instabili le condizioni per avere un ciclo limite stabile(attrattore per il suo intorno).per determinare le condizioni sui cicli limite occorre prima di tutto definire il concetto di sezione di Poincaré. Data un orbita periodica Γ, tale sezione è un iperpiano 1 Σ ad essa perpendicolare in un punto x 0, e dato un punto x in un intorno N δ di x 0, la traiettoria passante per esso transiterà Figura 1-3 Sezione di Poincaré nuovamente su tale iperpiano Σ in un punto P(x) vicino a x 0 (Vedi Figura 1-3). La funzione P(x) = φ τ(x) (x) viene detta mappa di Poincaré. Il tempo di ritorno τ, cioè il tempo necessario affinché la traiettoria ritorni sulla sezione di Poincaré dipende da x ma tende al periodo T del ciclo Γ al tendere di x a x 0. 1 Tale sezione Σ può essere anche una superficie regolare. 18

19 Possiamo dunque studiare un sistema, invece che seguire le traiettorie istante per istante, semplicemente campionando il sistema ad ogni passaggio sulla sezione di Poincaré. In tal modo i cicli del sistema diventano dei punti fissi sulla sezione di Poincaré, mentre i tori diventano linee chiuse e gli attrattori caotici disegnano delle figure frattali dalla geometria complessa per cui diventa ragionevolmente possibile identificare un attrattore dalla sua sezione di Poincaré. Le condizioni già viste sugli autovalori della matrice A di (1-4) nel caso dei punti critici diventano, nel caso dei cicli, condizioni sulla derivata prima della mappa di Poincaré. Infatti, l orbita periodica Γ è asintoticamente stabile se gli n 1 autovalori di DP(x 0 ) hanno modulo inferiore a 1. Anche qui l analisi si complica nel caso che il ciclo sia non iperbolico cioè nel caso che abbia autovalori sulla circonferenza unitaria. Occorre in tal caso approfondire il comportamento del sistema sulla varietà centro. Tutte le condizioni finora viste sono condizioni di stabilità locale cioè valevoli per un intorno dei punti di equilibrio o dei cicli limite. Per passare a condizioni di stabilità globale occorre prima determinare tutti gli insiemi limite ed esaminare le condizioni di stabilità per ognuno. Fatto questo occorre delimitare i bacini di attrazione dei vari insiemi limite e eventuali intersezioni tra varietà stabili e instabili. Questa analisi va condotta tramite metodi numerici perché spesso per valori molto simili dei parametri della funzione f il sistema (1-3) ha comportamenti radicalmente diversi. Questo problema ci introduce all analisi della stabilità strutturale che affronteremo nel prossimo paragrafo. 1.3 Stabilità strutturale e biforcazioni Introduzione Sinora abbiamo studiato come variava il comportamento asintotico di un sistema al variare delle condizioni iniziali. Se per una minima perturbazione di uno stato di equilibrio(insieme ω-limite) il sistema ritornava al suo stato di equilibrio allora il sistema era stabile(l insieme ω-limite era un attrattore). 19

20 In questo paragrafo considereremo invece come cambia il comportamento qualitativo del sistema (1-3) al variare della funzione f.in particolare ci interesserà sapere come cambia il comportamento qualitativo del sistema (1-5) x& ( t ) = f ( x( t), p) al variare del parametro p = p 1... p k T. Tale cambiamento, quando avviene, è detto biforcazione. I risultati di uno studio di stabilità strutturale possono quindi essere visualizzati nei diagrammi di biforcazione che sono grafici nello spazio dei parametri di dimensione k nei quali sono delimitate le regioni che danno luogo a sistemi topologicamente equivalenti. Se un punto p è un punto interno di una regione P i allora il sistema &x = f(x, p ) è strutturalmente stabile, cioè per piccole variazioni di p il comportamento qualitativo del sistema non cambia. Se invece p è un punto di frontiera tra regioni allora il sistema è non strutturalmente stabile e siamo in presenza di una biforcazione. I punti di frontiera sono detti, per definizione, punti di biforcazione.esistono due modi per cui al variare dei parametri il sistema passa attraverso i punti di frontiera : attraverso la collisione di insiemi limite e attraverso la collisione di varietà stabili ed instabili. Il primo dei due meccanismi dà luogo a una biforcazione locale, rivelabile anche dagli autovalori degli Jacobiani degli equilibri o cicli coinvolti nella collisione (abbiamo a che fare con gli Jacobiani delle mappe di Poincaré nel caso dei cicli). Se, ad esempio, due equilibri x (1) (p) e x () (p) vanno in collisione per p p*, i due sistemi linearizzati δ &x (i) (t) = J i δx (i) (t) hanno Jacobiani J i che diventano Figura 1-4 Un esempio di biforcazione locale: collisione di due cicli e sparizione di entrambi nel punto di biforcazione p = p *. 0

21 singolari per p = p* perché per tali valori del parametro l equazione J i δx (i) = 0 deve ammettere soluzioni δx (i) 0. Ciò significa che un autovalore di J i tende a zero per p p*. In generale, ogni biforcazione locale è marcata dal fatto che un autovalore reale (o una coppia di autovalori complessi) di un sistema linearizzato tende verso la frontiera di stabilità (asse immaginario del piano complesso nel caso dei punti di equilibrio, circonferenza unitaria nel caso dei cicli). Le configurazioni con punti critici non iperbolici o cicli non iperbolici sono quindi, in generale, nonstrutturalmente stabili. Vediamo in Figura 1-4 un esempio di biforcazione locale. Il secondo meccanismo di collisione dà luogo a biforcazioni globali e non è rivelabile dagli autovettori di alcun Jacobiano. Esso è illustrato in Figura 1-5, per mezzo di un semplice esempio relativo ad un sistema del secondo ordine con due selle S 1 e S. Le due selle rimangono ben distinte e i loro autovalori non degenerano per p = p*, valore del parametro al quale una delle due semivarietà instabili della prima sella coincide con una delle due semivarietà stabili dell altra sella. La figura mette bene in evidenza che questa collisione di varietà deve essere cons i- derata una biforcazione. Infatti, il sistema non è strutturalmente stabile per p = p*, perché a seconda del segno della perturbazione del parametro si crea un corridoio di traiettorie di verso opposto nello spazio di stato. Figura 1-5 Un esempio di biforcazione globale: la varietà instabile + X 1 della sella S 1 collide per p = p * con la varietà stabile X della sella S Biforcazioni locali 1

22 Lo studio di biforcazioni in sistemi dinamici di dimensioni elevate può essere molto complicato. Ma nel caso delle biforcazioni locali vi sono tecniche che ci permettono di ridurre la dimensione dello spazio delle fasi che occorre consid e- rare. Può essere infatti dimostrato che il comportamento locale di un sistema strutturalmente instabile può essere esaminato studiando la dinamica di un sistema ridotto sulla varietà centro. Come sappiamo tale varietà è di dimensione pari al numero degli autovalori del sistema linearizzato localizzati per p = p* sulla frontiera di stabilità ed è pari a 1 (autovalore reale) o a (autovalori complessi) nella maggior parte dei casi. Questi sistemi ridotti, sono noti come forme normali e catturano la dinamica del sistema &x = f(x, p*) sulla varietà centro. Le biforcazioni locali che illustreremo in seguito saranno perciò discusse con riferimento a sistemi del primo e secondo ordine. (a) Scambio di stabilità, nodo-sella e forcone Iniziamo con i tipi più semplici di biforcazioni e cioè quelle che avvengono nei punti di equilibrio non iperbolici. Tali biforcazioni possono essere descritte da forme normali monodimensionali le cui equazioni sono qui riportate : (i) &x = px x scambio di stabilità (ii) &x = p + x nodo-sella (iii) &x = px x 3 forcone Possiamo visualizzare il comportamento del sistema al variare del parametro nello spazio di controllo (x, p) che, essendo in questo caso bidimensionale, è Figura 1-6 Tre esempi di biforcazioni locali: (a) scambio di stabilità; (b) nodo-sella; (c) forcone

23 rappresentabile senza problemi. Le linee grosse continue in Figura 1-6 indicano equilibri stabili mentre le linee tratteggiate indicano equilibri instabili. Nelle forme normali sopra viste la biforcazione avviene per p = 0, valore per cui si ha un punto critico non iperbolico all origine. Nella prima biforcazione vi sono due nodi, uno in x = 0 e l altro in x = p, il primo stabile e il secondo instabile per p < 0. Per p = 0 i due equilibri collidono nell origine, mentre per p > 0 il primo equilibrio diventa instabile e il secondo stabile. Nella seconda biforcazione abbiamo per p < 0 un equilibrio stabile in x = p e uno instabile in x = p. Per p = 0 i due equilibri collidono nel punto critico non iperbolico in 0 e poi scompaiono cosicché per p > 0 non vi sono punti critici. Nella terza biforcazione abbiamo per p > 0 tre punti critici, il primo instabile in x = 0 e gli altri due stabili in x = ± p. Tali equilibri collidono per p = 0 in un punto critico non iperbolico nell origine e per p < 0 rimane un equilibrio stabile in x = 0. Tali forme normali non sono le uniche possibili, infatti invertendo i segni degli ultimi membri delle equazioni viste sopra otteniamo delle forme speculari alle prime rispetto all asse dei parametri e con le situazioni di stabilità invertite (Vedi Figura 1-7). Figura 1-7 Forme speculari dei diagrammi di biforcazione di Figura 1-6 (b) Biforcazione di Hopf In questa biforcazione si ha la collisione tra un equilibrio ed un ciclo che, in realtà, al momento della collisione si restringe ad un punto. La Figura 1-8 rappresenta i due casi possibili noti rispettivamente come Hopf supercritica e Hopf subcritica. Nel primo caso abbiamo un ciclo stabile al cui interno si trova un fuoco instabile ed al variare del parametro il ciclo si restringe fino a collidere sul 3

24 Figura 1-8 Biforcazione di Hopf (a) supercritica; (b) subcritica fuoco. Dopo la collisione, che avviene per p = 0, il fuoco diventa stabile. Nel caso subcritico invece il fuoco è stabile e il ciclo instabile forma la frontiera del suo bacino di attrazione. La forma normale della biforcazione di Hopf è &x 1 = p x 1 + ω x + c x 1 (x + x ) &x = ω x 1 + p x + c x (x + x ) 1 1 che in coordinate polari diventa &ρ = pρ + cρ 3 &θ = ω Come vediamo dalla seconda equazione la traiettoria gira intorno all origine a velocità costante. La prima equazione invece definisce la distanza dall origine della traiettoria ed è simile alla forma normale del forcone già vista. Per determinare la stabilità del ciclo, cioè il tipo di biforcazione è sufficiente guardare al segno di c. Se c < 0 la biforcazione di Hopf è supercritica (il ciclo limite è stabile), se c > 0 si ha il caso subcritico. Vediamo anche in questo caso che il fuoco diventa non iperbolico per p = 0 con la comparsa di una coppia di autovalori immaginari. 4

25 (c) Tangente e flip Figura 1-9 Esempio di biforcazione tangente di due cicli Nella biforcazione tangente abbiamo due cicli che al variare del parametro vanno in collisione e si annientano l un l altro. Per p < p* un equilibrio asintoticamente stabile è circondato da un ciclo instabile circondato a sua volta da un ciclo asintoticamente stabile. All'approssimarsi di p a p* i due cicli si avvicinano e collidono per p = p* e per p > p* rimane solo l equilibrio stabile (vedi Figura 1-9). Figura 1-10 Esempio di biforcazione flip: (a) il ciclo limite si biforca e da luogo a (b) due cicli limite. La biforcazione flip può avvenire solamente in sistemi di ordine superiore al secondo e non è quindi possibile visualizzarla nello spazio di controllo. Essa ha luogo quando un ciclo limite stabile di periodo T si sdoppia per p = p* in un ciclo limite stabile di periodo T e in uno instabile di periodo T. Vediamo in Figura 1-10 il quadro delle traiettorie per valori del parametro immediatamente precedenti e seguenti a p*. È possibile osservare questa biforcazione anche sulla sezione di Poincaré. Infatti per p < p* abbiamo un solo punto fisso corrispon- 5

26 dente al ciclo stabile. Mentre per p > p* abbiamo tre punti : quello centrale corrispondente al ciclo instabile e gli altri due visitati alternativamente corrispondenti al ciclo stabile di periodo T. Per p p* i tre punti collidono, e affinché ciò avvenga è necessario che uno degli autovalori dello Jacobiano della mappa di Poincaré sia pari a 1 e che nessun altro autovalore abbia modulo pari a 1. Per valori di p vicini a p* il ciclo di periodo T rimane molto simile al ciclo che originario ma per valori crescenti del parametro esso cambia radicalmente forma e periodo. (d) Naimark-Sacker Figura 1-11 Biforcazione di Naimark-Sacker: il ciclo limite stabile si biforca in un toro stabile ed un ciclo limite instabile. La biforcazione di Naimark-Sacker coinvolge un toro asintoticamente stabile che contiene al suo interno un ciclo instabile. Per p p* il toro si restringe e collide con il ciclo che diventa così stabile. La biforcazione è illustrata in Figura Da essa possiamo vedere che la biforcazione di Naimark-Sacker può essere vista come una biforcazione di Hopf sulla sezione di Poincaré. Abbiamo qui una coppia di autovalori di DP(x 0 ) complessi coniugati situati sulla frontiera di stabilità (modulo pari a 1) Biforcazioni globali Come già detto sopra le biforcazioni globali esse hanno luogo quando varietà instabili e stabili di selle entrano in collisione tra di loro. Quando la collisione riguarda due o più selle come nel caso in Figura 1-5 abbiamo quella che è detta 6

27 biforcazione eteroclina. Se invece ad entrare in collisione sono le varietà stabili e instabili della stessa sella ha luogo una biforcazione omoclina. Vediamo in Figura 1-1 uno dei casi più semplici. Esso mostra che in R una biforcazione omoclina può essere vista come collisione di un ciclo con una sella. All avvicinarsi alla sella il ciclo ha periodo T sempre più lungo, anzi T per p p*. Figura 1-1 Biforcazione omoclina: la varietà stabile e quella instabile della stessa sella collidono e danno luogo per p = p * ad una varietà omoclina 1.4 La comparsa del caos Come per gli altri tipi di attrattori anche gli attrattori caotici compaiono attraverso biforcazioni. La loro comparsa può avvenire essenzialmente in due modi : o attraverso una sequenza di infinite biforcazioni locali o attraverso un unica bifo r- cazione globale. Nel primo tipo di sentiero verso il caos esso appare al termine di una sequenza infinita di biforcazioni flip detta cascata di Feigenbaum o cascata di raddoppio del periodo. Il ciclo raddoppia di periodo per valori successivi del parametro p 1, p, p 3,..., tali valori del parametro si accumulano su un valore p oltre il quale si ha la nascita di un attrattore caotico poiché il periodo dell attrattore tende all infinito. Un particolare interessante è che vi sono delle costanti universali comuni a tutte le cascate flip. Infatti per esempio lim n p p n n+ 1 pn p 1 n = δ =

28 tale relazione vale per ogni cascata flip e la costante δ è detta costante di Feigenbaum. Nel secondo sentiero la transizione verso il caos non ha luogo attraverso una sequenza graduale di biforcazioni locali ma avviene improvvisa tramite un unica biforcazione globale. Come già visto per le biforcazioni globali anche le trans i- zioni al caos presentano caratteristiche diverse a seconda che le selle coinvolte nelle collisioni siano una (caos omoclino) o più di una (caos eteroclino). Un esempio di caos omoclino, che si verifica spesso in sistemi del terzo ordine, è quello in cui il passaggio al caos avviene a partire da un regime quasiperiodico. Figura 1-13 Transizione al caos per distruzione di toro: possiamo vedere a destra la biforcazione sulla mappa di Poincaré Abbiamo in questo caso la collisione di varietà stabili e instabili di un ciclo. Vediamo dalla Figura 1-13 la sezione di Poincaré del sistema. Possiamo ivi notare la presenza di un ciclo sella di periodo tre (punti A, B, C) con all interno un toro stabile. Portando il parametro vicino ai valori di biforcazione i punti A, B e C si avvicinano al toro che viene assumendo sempre più la forma di un triangolo curvilineo. Per p = p* il le varietà stabili e instabili del ciclo collidono tra di loro e con il toro come vediamo in Figura 1-13 a destra. Per valori successivi del parametro il toro si infrange e si trasforma in uno strano attrattore che, inizialmente assomiglia al toro ma che poi si deforma, in particolare in prossimità dei punti in cui è entrato in contatto con il ciclo-sella. Per mostrare un esempio di caos eteroclino prendiamo in considerazione il sistema forse più noto nel campo della dinamica caotica : il sistema di Lorenz 8

29 &x 1 = 10(x x 1 ) &x = rx 1 x x 1 x 3 &x 3 = x 1 x 8x 3 /3 Tale sistema è interessante perché oltre a contenere un esempio di caos omoclino contiene numerosi esempi di biforcazioni visti precedentemente. Infatti per 0 < r 1 vi è un punto critico globalmente stabile all origine. Per r = r 1 = 1 il punto critico all origine diventa non iperbolico e si ha una biforcazione forcone con trasformazione dell origine in sella con varietà instabile monodimensionale e varietà stabile bidimensionale e la nascita di due nodi stabili (vedi Figura 1-14). Figura 1-14 Biforcazione forcone all origine nel sistema di Lorenz per r = 1. Tali nodi si trasformano in fuochi per r = 1.34 e rimangono stabili fino ad r = r 4 = 4.73(biforcazione di Hopf subcritica). Per un valore r = r = 13.9 si ha una biforcazione omoclina della sella : la varietà stabile e instabile della sella collidono (vedi Figura 1-15). Nascono da questa biforcazione due cicli sella che rendono intricati i bacini di attrazione dei due fuochi. Infatti partendo da un generico punto vicino all equilibrio-sella la traiettoria che da esso si diparte spirala alter- Figura 1-15 Biforcazione omoclina nel sistema di Lorenz per r =

30 nativamente attorno ai due cicli per un certo numero di volte prima di convergere verso uno dei due fuochi. La nascita di un attrattore caotico avviene per r = r 3 = 4.06 quando si ha una biforcazione eteroclina nella quale la varietà instabile (monodimensionale) dell equilibrio-sella collide con la varietà stabile dei cicli-sella. Come si vede dalla Figura 1-16 il comportamento del sistema per r < r < r 3 è distinguibile da un comportamento genuinamente caotico solo nel lungo periodo. Infine per r = r 4 abbiamo, come già visto, una biforcazione di Hopf subcritica per cui i due fuochi collidono con i due cicli-sella trasformandosi in due fuochi instabili. Ricordiamo inoltre che per valori di r molto elevati lo strano attrattore sparisce per cascata inversa di Feigenbaum. Figura 1-16 Traiettorie del sistema di Lorenz: (a) regime preturbolento con r = per un periodo T = 18; (b) stessa traiettoria ma con T = 45 per evidenziare come essa converga verso uno dei due fuochi stabili; (c) regime turbolento con r = 5 e T = A - Appendice A. La cascata di Feigenbaum Come abbiamo visto nel paragrafo 1.4 una delle transizioni al caos avviene tramite una sequenza infinita di biforcazioni flip detta cascata di Feigenbaum. Osserviamo ora cosa succede nel più semplice sistema dinamico che da luogo alla cascata di Feigenbaum : l applicazione logistica. Può comunque essere dimostrato che la topologia di tale sistema è uguale a quella di un ampia classe di sistemi dinamici anche di dimensione superiore. Quelli per cui è possibile operare una riduzione su una varietà centro monodimensionale (cfr. par. 1.3.).Può essere dimostrato che se il grafico con sulle ascisse il valore M n della mappa unidimensionale di Poincaré risultante dalla riduzione e sulle ordinate il valore M n+1 della mappa al 30

31 L equazione semplice che caratterizza tale sistema è la seguente : x = px (1 x ) n+ 1 n n Osserviamo ora, che per valori di p > p la dinamica del sistema assume le seguenti proprietà : (i) Esiste un infinito numero di intervalli dei parametri di ampiezza variabile all interno dei quali esistono attrattori periodici(finestre periodiche). Appaiono prima i cicli di periodo pari poi quelli di periodo dispari in ordine decrescente. (ii) Vi sono infiniti valori dei parametri per cui l attrattore è caotico, ma tali valori Figura 1-17 Cascata di Feigenbaum: in ascisse abbiamo il parametro r, mentre in ordinata abbiamo i valori di x in equilibrio. non formano intervalli : essi sono densamente mescolati ai valori periodici. Possiamo vedere in Figura 1-17 l estrema complessità del diagramma di biforcazione di questo sistema, e la sua proprietà di autosomiglianza comune a tutti gli attrattori strani: la struttura su piccola scala è riprodotta su larga scala. Dopo la prima cascata che termina nel punto p, sono visibili le finestre periodiche più grandi, specialmente quella di periodo 3, seguite anch esse da altre cascate. successivo ritorno sulla sezione di Poincaré risulta unimodale tale sistema è topologicamente equivalente all applicazione logistica. 31

32 . Il modello di Rosenzweig.1 Introduzione In questo capitolo useremo, allo scopo di simulare un fenomeno caotico, un modello preso a prestito dalle scienze biologiche ma le cui equazioni si adattano a spiegare bene anche fenomeni economici. Tale modello, che consiste in un sistema di equazioni differenziali non lineare del secondo ordine, è il famoso modello di Rosenzweig, usato da più di vent anni in biologia per descrivere la dinamica di una comunità di prede e di una comunità di suoi predatori. Come già visto nel capitolo precedente, fenomeni caotici non possono sussistere in sistemi di ordine inferiore al terzo. Infatti è possibile assistere alla nascita di tali comportamenti solamente quando si fanno variare stagionalmente uno o più parametri. Tali sistemi in cui uno o più parametri sono periodici in t fanno parte di una più ampia classe di sistemi del tipo x&( t) = f ( x( t), t) chiamati sistemi non autonomi in cui f dipende da t anche direttamente oltre che attraverso x mentre sistemi del tipo di quello in (1-1) sono detti autonomi. Comunque i sistemi non autonomi sono riconducibili a quelli autonomi semplicemente aggiungendo ai primi l equazione &t = 1 e perciò tenendo presente questa modifica per essi valgono le considerazioni già viste nel capitolo precedente. Per cui il nostro modello sarebbe riconducibile ad un sistema autonomo del terz ordine e potrebbe in teoria esibire tori e/o strani attrattori. Inizieremo nel prossimo paragrafo descrivendo le equazioni del modello e il significato dei vari parametri. Nel terzo paragrafo esamineremo poi il modello a coefficienti costanti e vedremo come si caratterizza il sistema, in modo particolare riguardo all esistenza di attrattori, al variare dei parametri. Faremo cioè un analisi di stabilità strutturale del sistema. Illustreremo invece, nel quarto paragrafo, il diagramma di biforcazione del modello con l introduzione del meccanismo di stagionalità riportando i risultati dell articolo di [Rinaldi et al., 1993]. 3

33 Infine, nell ultimo paragrafo, condurremo simulazioni del modello per diversi valori dei parametri e, tramite l utilizzo di alcune tecniche, quali l analisi spettrale di Fourier e l utilizzo delle mappe di Poincaré, che verranno descritte nel quinto paragrafo, procederemo all identificazione dei vari tipi di attrattore coinvolti.. Descrizione del modello Il modello che utilizzeremo qui è il modello prede-predatori di Rosenzweig ut i- lizzato negli ultimi venti anni per interpretare il comportamento di diverse comunità prede-predatori. Tale modello è rappresentato da un sistema dinamico del secondo ordine le cui due equazioni rappresentano rispettivamente la dinamica delle prede e la dinamica dei predatori. Ma analizziamo ora attentamente il modello e il significato dei suoi parametri. Vediamo innanzi tutto le equazioni del modello : (-1) &x = rx 1 x y ax K b + x (-) &y = e ax m y b + x le variabili x e y rappresentano il numero di individui della popolazione delle prede e dei predatori o comunque una grandezza equivalente che misuri la loro biomassa. I sei parametri r, K, a, b, d, e sono positivi. Se supponiamo l assenza di predatori ( y = 0) vediamo che il tasso d incremento unitario della preda vale a dire r(1 x/k) decresce al crescere di x. Tale effetto si spiega con l aumentata competizione tra le prede per le quantità limitate di cibo e spazio disponibili e con l accresciuta mortalità alle alte densità dovuta per esempio alle maggiori probabilità di contrarre un epidemia dovuta al più alto tasso di incontri con ind i- vidui della stessa specie. Il parametro r rappresenta il tasso di crescita intrinseco 33

34 della popolazione che alle basse densità di popolazione è poco influenzato dal termine entro parentesi, per cui il tasso di crescita effettivo risulta praticamente esponenziale. La capacità portante K indica il numero di prede in equilibrio in assenza di predatori ed è dovuto alla competizione intraspecifica (r/k) tra le prede. Il termine ax (-3) q( x) = b + x rappresenta la quantità di prede cacciata da ogni predatore in un unità di tempo. Assumiamo infatti che il tempo di ricerca di una preda sia inversamente proporzionale alla densità di prede presenti nell ecosistema : s/x con s un parametro che assuma valori appropriati. Allora avremo che il tempo totale del predatore è cosi ripartito : s x q( x) + hq( x) + u = 1 ove h è il tempo necessario per occuparsi di una preda mentre u è la frazione di tempo spesa in altre attività. Da tale equazione deriva la formula (-3) per q(x) con : a 1 u b = h s = h ove q(x) è una funzione concava limitata superiormente ed il suo limite superiore è dato dal parametro a che rappresenta quindi la percentuale di raccolto massimo mentre b rappresenta la costante di semi-saturazione vale a dire la quantità di prede per cui q(x) raggiunge la metà del suo valore massimo. Infine, abbiamo il parametro e che rappresenta l efficienza del predatore, e ci dice quanti predatori nascono per ogni preda catturata, ed il parametro d che è il tasso di mortalità procapite del predatore...1 Una interpretazione economica del modello di Rosenzweig 34

35 Un modello del tipo prede-predatori quale quello descritto in questo paragrafo si presta bene anche in economia per descrivere la competizione politica od economica tra gruppi umani per l appropriazione di risorse limitate. Possiamo allora considerare il caso, già visto in [Alliney, 1993], del produttore in un mercato variabile. In un tale modello la variabile y rappresenta la quantità del bene prodotto, quantità che non viene tutta necessariamente acquistata dai potenziali clienti, il cui numero è rappresentato dalla variabile x. L impresa non dispone di un potere di mercato ed è quindi price-taker, per cui le sue decisioni avvengono attraverso una modifica della quantità prodotta allo scopo di massimizzare il suo profitto. Consideriamo allora dapprima l equazione (-) che descrive qual è la legge che regola le decisioni di produzione dell impresa descritta. Essa deriva, come già ricordato sopra, dall obiettivo di massimizzazione del profitto del produttore per cui se il profitto è positivo la produzione aumenta mentre se è negativo la produzione diminuisce. La componente ricavo è data dal prezzo unitario e per il numero di unità vendute che è una percentuale del numero di unità prodotte. Tale percentuale è data dal termine q(x) esplicitato nella (-3) ponendo a =1 di modo che 0 q(x) 1, escludendo cioè la possibilità di accumulazione di scorte. Soffermiamoci un attimo su questo termine che rappresenta la capacità imprenditoriale del produttore, o meglio, la sua capacità commerciale. Infatti data la domanda potenziale x, la percentuale di domanda soddisfatta dal produttore dipende dalle capacità di marketing di quest ultimo espresse nel modello dal parametro b (bassi valori del parametro, alte capacità di marketing). Tale capacità perde d importanza man mano che il numero di potenziali clienti aumenta. Tale fenomeno può essere spiegato per esempio, con la maggiore efficacia delle campagne pubblicitarie dovuta ad economie di scala, o all insorgere di fenomeni di moda. La componente costo è data invece semplicemente dal numero di unità prodotte per il costo unitario m. La variazione percentuale della produzione avviene allora, come abbiamo visto nell eq.(-), in funzione del profitto ; funzione che abbiamo supposto lineare e con coefficiente normalizzato ad 1, senza per questo togliere validità generale al modello. La dinamica della popolazione dei clienti potenziali è descritta invece nell equazione (-1) del modello ed è il risultato di due fattori distinti. Il primo termine è una classica funzione di evoluzione demografica che dà luogo ad un 35

36 tracciato temporale della domanda secondo una curva logistica che ben si adatta,secondo alcune teorie, alla descrizione del ciclo di vita di un prodotto. Il secondo termine invece, tiene conto dei clienti che hanno già effettuato un acquisto e perciò non sono più disponibili ad un secondo acquisto (mercato di beni durevoli). Come si vede in entrambe le equazioni è previsto un meccanismo di feedback che permettere alle variabili tramite un aggiustamento dinamico di raggiungere uno stato di equilibrio (punto di equilibrio nel senso del Cap. 1). I due meccanismi purtroppo però interagiscono e ciò avviene, per giunta, tramite reazioni di tipo non lineare, per cui già nel caso di parametri costanti possiamo avere soluzioni oscillanti (cicli limite) mentre con parametri anche solo oscillanti periodicamente possiamo avere soluzioni molto complesse come vedremo nei prossimi due paragrafi..3 Il modello a parametri costanti Vediamo ora sulla sorta di quanto abbiamo appreso dal capitolo precedente come si caratterizza il sistema (-1)-(-) per i diversi valori dei parametri. Cercheremo cioè di compiere un analisi di stabilità strutturale. Innanzi tutto procediamo alla ricerca dei punti di equilibrio : come abbiamo visto per procedere alla loro identificazione occorre porre le espressioni a destra delle equazioni (-1) e (-) uguali a 0. Nel fare ciò identifichiamo i seguenti tre punti di equilibrio : x 1 = 0 0 x = K 0 x 3 = bm ae m bre ( + K ae m Kae ( ( ) K b ) m ) ove con il primo termine del vettore x n indichiamo la coordinata x e con il secondo termine la coordinata y. Per vedere se questi equilibri sono stabili oppure instabili occorre procedere all analisi degli autovalori del sistema linearizzato attorno ai punti di equilibrio. Lo Jacobiano associato al sistema (-1)-(-) è il seguente : 36

37 (-4) A r = r K x aby ax ( b + x) b + x abey aex m b + x b + x ( ) Il punto x 1 è poco interessante per lo studio della stabilità del sistema poiché coincide con l origine degli assi ed è inoltre un punto di sella. Infatti gli autovalori associati al punto x 1 sono : (-5) λ 1 = r λ = m come vediamo un autovalore è positivo e ciò denota l instabilità dell equilibrio qui considerato. L analisi degli ultimi due punti di equilibrio è più interessante. Occorre infatti ricorrere all analisi di stabilità strutturale poiché le caratteristiche di stabilità dei due punti variano al variare dei parametri. Infatti per il punto x abbiamo i seguenti autovalori : aek (-6) λ 1 = b + K m λ = r le cui caratteristiche di stabilità dipendono dai particolari valori dei parametri. Mentre per il punto x 3, dando il calcolo degli autovalori un espressione troppo lunga per poterne calcolare agilmente il segno, ricorriamo al calcolo del determinante e della traccia della matrice A nel punto x 3 essendo valide, in un sistema piano, le seguenti relazioni : Det(A) = λ 1 λ Tr(A) = λ 1 +λ Per cui un equilibrio è stabile se Det(A) > 0 e Tr(A) < 0. Abbiamo dunque nel punto x 3 i seguenti : (-7) Det( A) = mr( aek bm Km) aek Tr( A) = mr( abe aek + bm + Km) aek( m ae) 37

38 Come già visto nel capitolo precedente, per individuare i punti di biforcazione locali occorre individuare i valori dei parametri per cui i punti di equilibrio sono non iperbolici e vi sono perciò collisioni tra equilibri. Essendoci sei parametri nel modello scegliamo di modificare solamente il parametro e tenendo invece costanti gli altri. Troviamo così due punti di biforcazione, il primo punto e 1 * primo autovalore in (-6) uguale a 0 ed è uguale a : si ottiene ponendo il (-8) e = * m bm e = a + 1 ak Per tale valore di e il secondo e il terzo equilibrio coincidono e la biforcazione è uno scambio di stabilità. Infatti per valori di e < e * 1 il punto x è un attrattore mentre per valori maggiori è una sella. Discorso opposto vale per il punto x 3 che oltre ad essere una sella per e < e * 1 assume anche valori non significativi (negativi) mentre per valori di e maggiori di e 1 * tale punto è un attrattore per il sistema. Il secondo punto di biforcazione si trova ponendo uguale a 0 la traccia di A valutata nel punto x 3 trovando perciò il punto di biforcazione * (-9) e = e = m a K + b K b sostituendo tale valore di e nel calcolo degli autovalori di x 3 troviamo effettivamente una coppia di autovalori puramente immaginari (-10) λ 1 = i K bkmr λ = i K bkmr ove i è l unità immaginaria. Il punto x 3 per il valore e è strutturalmente instabile e siamo in presenza come già visto nel capitolo precedente di una biforcazione di Hopf che è denotata infatti dalla presenza di una coppia di autovalori pu- 38

39 ramente immaginari. Si tratta in questo caso di una biforcazione di Hopf supercritica. Il ciclo limite non dà luogo ad altre biforcazioni dato che esso è unico [Cheng, 1981; Sunhong, 1989]. Pertanto abbiamo definito il comportamento del sistema nello spazio dei parametri. Esso risulta così partizionato in tre regioni dai punti e 1 * ed e ed in ognuna vi è un unico attrattore globalmente stabile nel primo a) b) c) Figura -1 Diagr. di fase del sistema per diversi valori di e : a) e > e * ;b) e * > e > e 1 * ;c) e < e 1 * quadrante. Infatti per valori al disopra di e abbiamo un ciclo limite stabile che si restringe per valori di e sempre più bassi finché non sparisce attraverso una biforcazione di Hopf dopodiché per valori intermedi di e (tra e * 1 e e ) abbiamo un fuoco stabile che per valori decrescenti del parametro collassa verso l asse delle ascisse (vedi Figura -1)..4 L introduzione del meccanismo di stagionalità Introduciamo ora, come già anticipato un semplice meccanismo di stagionalità nei parametri nella forma di una perturbazione di forma sinusoidale cosicché il generico parametro p in (-1)-(-) diventa : (-11) p = p ( + ε π sin t ) T 0 1 ove p 0 è il valore medio di p, T il periodo della perturbazione e ε è il grado di stagionalità (ε p 0 è la grandezza della perturbazione).naturalmente, 0 ε 1 dato che p non può essere negativo ; ε = 0 corrisponde ad assenza di 39

40 stagionalità mentre ε =1 significa che il valore massimo del parametro equivale al doppio del suo valore medio. In questo paragrafo presenteremo una panoramica del modello di Rosenzweig con meccanismo di stagionalità illustrando il diagramma di biforcazione del sistema (-1)-(-) sulla scorta dell articolo di [Rinaldi et al., 1993]. Cicli limite di periodo k del sistema (-1)-(-) con meccanismo di stagionalità (-11) possono dar luogo a biforcazioni per determinati valori dei parametri. Abbiamo già visto nel capitolo precedente come i cicli limite siano punti fissi della mappa di Poincaré. Gli autovalori dello Jacobiano della mappa di Poincaré valutati in corrispondenza dei punti fissi sono detti moltiplicatori. Individuando i valori dei parametri per cui tali moltiplicatori si trovano sulla frontiera di stabilità (modulo pari a 1 ;vedi Cap. 1) troviamo i punti di biforcazione del sistema. Essendo interessati ai punti di biforcazione al variare dei parametri p 0 ed ε, individueremo delle curve di biforcazione sul diagramma di biforcazione dato dal piano (ε, p 0 ). Le curve di biforcazione sono state calcolate tramite un metodo di continuazione supportato dal programma LOCBIF sviluppato da Y. Kuznetsov, Khibnik et al. [Khibnik, 1990a,b]. In base a tale metodo, ogni curva di biforcazione è calcolata tramite la proiezione di una varietà monodimensionale collocata nello spazio quadridimensionale (x, y, p 0, ε) sul piano (p 0, ε). La varietà è determinata dalle due equazioni del punto fisso della mappa di Poincaré del sistema e da una condizione di biforcazione imposta sui moltiplicatori. Più in dettaglio le condizioni sono le seguenti : R[det(A µi), det(µa I)] = 0 det(a I) = 0 det(a+i) = 0 (biforcazione di Naimark-Sacker) (biforcazione tangente) (biforcazione flip) con I matrice identità, mentre per la definizione di R si veda [Lancaster e Tismenetsky, 1985]. Col metodo di continuazione i punti fissi vengono calcolati numericamente dato che non è possibile ottenere a soluzione esatta del sistema (-1)- (-). Per trovare le curve viene fissato il valore del parametro p 0 e aumentato gradualmente l altro calcolando per ogni punto i punti fissi e i loro moltiplicatori 40

41 fino a quando uno di essi non attraversa la frontiera di stabilità. A questo punto si procede per continuazione partendo dall intorno del punto in questione e si trova l intera curva. Di particolare importanza per tale metodo sono i punti in cui sono soddisfatte contemporaneamente due condizioni di biforcazione o siano comunque soddisfatte speciali condizioni dette di degenerazione. Tali punti corrispondono a biforcazioni di codimensione. Senza entrare troppo nei dettagli, del resto assai complessi, per cui si rimanda a [Guckenheimer e Holmes, 1986] osserviamo che tali punti sono in genere punti di contatto tra due curve di biforcazione per cui essi sono molto utili per la ricostruzione di tali curve col metodo di continuazione poiché è cosi possibile disegnare il diagramma di biforcazione passando da una curva all altra. Useremo nel seguito le seguenti notazioni per le corrispondenti curve di biforcazione richiamando inoltre le condizioni già viste nel capitolo precedente sugli Jacobiani delle mappe di Poincaré per il verificarsi delle biforcazioni. h (k) Naimark-Sacker : Per valori di (ε, p 0 ) appartenenti a questa curva lo Jacobiano della mappa di Poincaré ha una coppia di autovalori complessi coniugati k sul cerchio unitario : µ 1, ( ) i = e ± ω, ω > 0. Quando la curva h (k) è attraversata, un ciclo attraente (respingente) di periodo k si divide (biforca) in un toro attraente(respingente) ed in un ciclo respingente di periodo k. Tale biforcazione è l equivalente sulla mappa di Poincaré della biforcazione di Hopf. t (k) tangente : I punti dello spazio (ε, p 0 ) corrispondenti a questa biforcazione ( k ) sono tali che vi è un autovalore dello Jacobiano µ 1 = 1. Su questa curva un ciclo sella ed un ciclo non sella di periodo k collidono e scompaiono. f (k) flip : Per valori dei parametri su questa curva la mappa possiede un autovalore dello Jacobiano µ ( k) 1 = 1. All attraversare di questa curva un ciclo sella (non sella) di periodo k si divide in un ciclo non sella(sella) di periodo k e in un ciclo sella (non sella) di periodo k. 41

42 .4.1 Diagramma di biforcazione Vedremo qui in dettaglio il diagramma di biforcazione del sistema (-1)-(-) con l introduzione del meccanismo di stagionalità (-11) in uno dei parametri p (ponendo il periodo della forzante T =1) descrivendo qualitativamente i sistemi risultanti nelle varie regioni topologicamente omogenee. Assisteremo cosi alla presenza di fenomeni affascinanti quali la coesistenza di più attrattori, l aggancio di fase, le transizioni catastrofiche e la isteresi. Saranno qui rappresentate solamente le curve di biforcazione in cui compaiono attrattori. Per una descrizione completa delle curve di biforcazione del modello in esame è possibile consultare [Kuznetsov et al. 199]. In Figura - possiamo vedere i diagrammi di biforcazione per il sistema in que- Figura - Diagrammi di biforcazione per ognuno dei sei meccanismi di stagionalità proposti. Notiamo che i sei diagrammi sono topologicamente equivalenti 4

43 stione per i vari parametri con le sole curve di biforcazione che coinvolgono attrattori. Come è possibile vedere i diagrammi sono topologicamente equivalenti (capovolgendo il quarto e il quinto diagramma) per cui è possibile considerare per la nostra esposizione un generico diagramma di biforcazione quale quello in Figura -3. Sull asse delle ascisse abbiamo il grado di stagionalità ε mentre sulle ordinate abbiamo il valore medio del parametro. Sull asse delle ordinate abbiamo il punto H corrispondente alla biforcazione di Hopf per il sistema non perturbato. Sotto il punto H abbiamo un punto di equilibrio, mentre sopra abbiamo un ciclo limite. Dal punto H parte la curva di biforcazione h (1) cosicché per valori di p 0 al disotto di H abbiamo un ciclo limite di periodo 1 per piccoli valori di ε (regione 1 in Figura -3) mentre per valori di p 0 al disopra di h (1) abbiamo una soluzione quasiperiodica cioè un toro (regione in Figura -3) associato ad un ciclo instabile di periodo 1. Figura -3 Diagramma di biforcazione del sistema(-1)-(-) per un generico parametro p 0 soggetto a perturbazione ε Tale curva di biforcazione termina nel punto A che è un punto di biforcazione di codimensione due poiché soddisfa le condizioni sugli autovalori inerenti due tipi di biforcazione, infatti esso è anche attraversato dalla curva di biforcazione f (1), curva che dopo il punto A non coinvolge più attrattori e non viene perciò rappresentata. Su questa curva è presente un altro punto di biforcazione di codimensione due, il punto B, sul quale converge anche la curva di biforcazione t () 1. Su tale punto si ha una variazione di parametri tale per cui il raddoppio di periodo ha luogo sulla curva f (1) in senso inverso nei due segmenti divisi da B. Così, attraversando la curva f (1) dalla regione 1 alla regione 4 il ciclo limite stabile di pe- 43

44 riodo1 perde stabilità e biforca in un ciclo limite stabile di periodo e un ciclo sella di periodo 1, mentre attraversando la stessa curva dalla regione 3 alla regione 4 il ciclo limite stabile di periodo 1 collide con un ciclo sella di periodo e diventa un ciclo sella di periodo 1. Come abbiamo visto nel punto H si ha la nascita di un ciclo limite da un punto di equilibrio. Tale ciclo limite ha un periodo τ = π/ω ove ± iω sono gli autovalori dello Jacobiano di f per p = p *. Al crescere di p 0 il periodo τ del ciclo aumenta 0 0 con continuità assumendo valori in rapporto razionale con T per un infinità numerabile di valori di p 0. Tra questi valori assumono particolare importanza quelli per cui il periodo del ciclo è un multiplo intero del periodo della perturbazione cioè τ = mt, con m = 1,, 3,..., infatti, la teoria ci garantisce che, dall asse ε = 0 *( in corrispondenza del punto p m ) 0 per cui τ = mt, si dipartono nel piano (p,ε) due ( curve di biforcazione tangente t m). Pertanto, per valori dei parametri interni alla 1, regione delimitata dalle due curve esistono due cicli di periodo mt. Questo fenomeno è detto aggancio di frequenza perché i due cicli hanno frequenza agga n- ciata a quella della perturbazione. Nel sistema in esame la coppia di curve di biforcazione tangente t 1 () e t () è generata proprio da questo meccanismo ove m =. Attraversando queste curve da sinistra assistiamo alla comparsa di un ciclo limite stabile di periodo e un ciclo sella di periodo. Sono presenti per valori più alti di p anche le curve t 1 (3) e t (3) e superiori ma non vengono qui mostrate. Seguendo la curva t () dal punto T il primo moltiplicatore µ 1 () rimane uguale a () 1 mentre il secondo moltiplicatore µ varia con continuità e diventa uguale a 1 nel punto di biforcazione C di codimensione due. Il punto C è l origine della curva di biforcazione h () di Naimark-Sacker che termina nel punto D dove i due moltiplicatori sono uguali a -1. Quando la curva h () è attraversata dal basso, un ciclo stabile di periodo si divide in un ciclo instabile di periodo e in un toro stabile..4. Attrattori multipli, Catastrofi e Caos 44

45 Come già accennato l introduzione di un meccanismo di stagionalità da luogo ad una dinamica abbastanza complessa caratterizzata da fenomeni strani e affascinanti. Il primo fenomeno degno di nota ed al quale occorre prestare particolare attenzione è la coesistenza di diversi attrattori. Infatti, abbiamo che un ciclo stabile di periodo coesiste dapprima con un ciclo stabile di periodo 1 (nella regione 3 in Figura -3) poi con un toro (nella regione 4 immediatamente sopra la curva h (1) ed infine con uno strano attrattore generato attraverso distruzione di toro ( in una sottoregione della regione 4). Vi può essere infine coesistenza di più attrattori per valori dei parametri che danno luogo a cicli limite di periodo 3 o maggiore, valori che non vengono qui esaminati. Il secondo fenomeno degno di nota è l esistenza di transizioni catastrofiche. Es i- stono cioè biforcazioni per le quali piccole variazioni dei parametri non danno luogo ad un mutamento graduale del sistema ma a mutamenti radicali nel comportamento del sistema. Tali mutamenti sono detti catastrofi. Vediamo ora l esempio di transizione catastrofica presente nel nostro sistema. Supponiamo di essere nella regione 1 in Figura -3: il sistema possiede un unico attrattore, e cioè il ciclo stabile di periodo 1. Il sistema rimane intrappolato in questo attrattore fino a quando aumentando gradualmente ε attraversiamo la curva AB da destra. A questo punto il ciclo stabile di periodo1 scompare poiché collide con un ciclo sella di periodo e diventa un ciclo sella di periodo 1. A questo punto il sistema si muove verso un altro attrattore, il ciclo stabile di periodo generato dalla curva t () 1. La transizione è improvvisa in questo caso, ovvero catastrofica poiché si passa da un attrattore ad un altro ad una distanza non infinitesima in seguito ad una variazione infinitesima nei parametri. Riprendendo il nostro esempio, se proviamo ora a diminuire nuovamente ε in modo da attraversare nuovamente la curva AB il sistema resta intrappolato nel bacino di attrazione del ciclo di periodo. Occorre diminuire ulteriormente il parametro ε in modo da attraversare anche la curva t () 1 affinché il sistema ritorni, di nuovo attraverso una transizione catastrofica, al ciclo limite di periodo 1.Tale comportamento può essere riassunto dicendo che il sistema, all alternarsi di un aumento e di una diminuzione di ε attraverso le curve f (1) e t () 1, presenta un isteresi coinvolgendo transizioni attraverso cicli di periodo 1 e. 45

46 Il terzo fenomeno, che è anche quello cui siamo più interessati, è la presenza in due regioni dello spazio dei parametri di attrattori caotici. È particolarmente importante sottolineare come siano presenti i due meccanismi principali di formazione del caos esaminati nel capitolo precedente. La prima regione è caratterizzata da valori relativamente bassi di ε e si trova al disopra della curva h (1). Infatti lo strano attrattore presente in questa regione nasce dalla distruzione del toro stabile generato sulla curva h (1) attraverso una biforcazione omoclina. Il confine della regione caotica non è calcolabile tramite l algoritmo usato per trovare le altre curve dato che si tratta di una biforcazione globale e non locale. La seconda regione caotica è caratterizzata da valori relativamente alti di ε. In tale regione la transizione al caos avviene secondo l altro tipico sentiero verso il caos ovvero la cascata di raddoppio del periodo f (), f (4),f (8),... Il confine di questa regione è la curva f ( ) che rappresenta il limite della sequenza dei raddoppi. Tale curva non può essere integrata numericamente poiché non è possibile distinguere tra un ciclo limite con periodo estremamente alto e una soluzione genuinamente caotica. Nonostante tutto è possibile individuare con una ragionevole approssimazione la sua posizione conoscendo la posizione delle curve f (), f (4) e f (8) e sapendo che la loro posizione segue la legge di Feigenbaum già descritta nel capitolo precedente..5 Due metodi per l identificazione delle varie tipologie di attrattore Illustreremo in questo paragrafo due tra i metodi di indagine più comunemente utilizzati per individuare le tipologie di attrattore avendo a disposizione dati simulati o reali..5.1 L analisi spettrale In economia, cosi come nelle scienze fisiche e naturali, si fa ampio uso di modelli dinamici, che, hanno come soluzioni funzioni della variabile indipendente tempo. Il loro studio si compie, di solito, proiettando tali funzioni nello spazio 46

47 delle fasi. Questa è nota come analisi nella sfera del tempo. Ma in economia spesso le variabili oggetto di esame presentano delle periodicità quali ad esempio cicli economici o componenti stagionali che si vuole mettere in risalto. Il metodo migliore per rendere conto di queste periodicità è l analisi spettrale che permette di ottenere lo spettro di frequenza delle variabili in esame, cioè l identificazione delle frequenze (e perciò dei periodi) di tutte le componenti cicliche. Questa è l analisi nella sfera della frequenza (o spettrale) La trasformata di Fourier Nell analisi spettrale risulta fondamentale il contributo di J.B. Fourier che dimostrò in un teorema che qualsiasi funzione p-periodica può essere rappresentata come una serie convergente di funzioni trigonometriche : f + A0 kt = + A cos π + B sin π p p n n k = 1 kt p o, in forma complessa : + ikt p (-1) f p = ( ake ) π / k = con : i = 1, f = p f ( t ), p p < t <. I coefficienti complessi si ottengono da (-13) a k = 1 p/ p/ p p πikt/ p f ( t) e dt 47

48 Questo risultato può essere esteso anche alle funzioni aperiodiche. Basta cons i- derare le funzioni aperiodiche come funzioni con periodo infinito e prendere cioè il limite p. Poiché i coefficienti a k si annullano sotto questo limite, occorre considerare il prodotto a k p che invece esiste sotto questo limite. Ora definiamo ω = 1 p ove denota l'intervallo tra due campionamenti consecutivi, e a k p = F(k ω), ove F(k ω) può essere considerata come una forma campionata della funzione continua F(ω). Possiamo riscrivere la (-13) e la (-1) rispettivamente come p/ p/ πit( k ω) F( k ω) = f ( t) e dt p f = ω F ( k ω) e p + k = πit( k ω ), da cui prendendo il limite p o, equivalentemente, ω 0, otteniamo πiωt (-14) F( ω) = e f ( t) dt + πiω t (-15) f ( t) e F( ω) dω + = Le equazioni (-14) e (-15), rispettivamente la trasformata di Fourier e la sua inversa, possono essere viste come differenti rappresentazioni dello stesso fenomeno. Da un lato abbiamo l equazione (-15) che descrive il fenomeno nel dominio temporale dandoci il valore della variabile in funzione del tempo. 48

49 Dall altro lato abbiamo l equazione (-14) che ci descrive lo stesso fenomeno nel dominio delle frequenze dandoci la sua ampiezza e fase (F(ω) è in generale una quantità complessa) come funzione della frequenza ω Spettro di potenza e sua stima in campioni finiti. Aliasing Lo spettro di potenza P(ω) di un segnale f(t) è definito come il quadrato del modulo della trasformata di Fourier F ( ω), e misura l energia per unità di tempo, o la potenza del segnale, come funzione della frequenza ω. Inoltre se la funzione f è reale allora è possibile considerare solamente le frequenze positive nell analisi spettrale poiché vale l uguaglianza F ( ω) = F( ω) Durante la stima di P, non abbiamo di solito a che fare con funzioni continue, ma con funzioni campionate a intervalli definiti nel tempo. Ciò è vero sia avendo a che fare con valori ottenuti integrando sistemi di equazioni differenziali, sia con valori ottenuti da dati reali. Se indichiamo con l'intervallo temporale tra due campionamenti successivi possiamo descrivere la sequenza di dati come z k = z(k ), k = 0,1,,...,N-1 Per ogni intervallo definiamo una frequenza ω c = 1 la quale è chiamata frequenza critica di Nyquist. Essa è importante poiché è la massima frequenza individuabile in una serie con un tasso di campionamento uguale a. Essa è pari alla metà della frequenza di campionamento perché per individuare un oscillazione sono necessari almeno due punti. Questa limitazione è importante poiché se nel fenomeno analizzato sono presenti anche frequenze 49

50 superiori si verifica il fenomeno detto effetto di aliasing. Questo fenomeno è tale che le frequenze al di fuori dell intervallo [ ω c, ω c ], sono proiettate su di esso a causa del campionamento. Ciò provoca distorsioni soprattutto alle alte frequenze (vedi Figura -4). Figura -4 Fenomeno dell aliasing presente nel calcolo delle trasformate di Fourier su intervalli discreti Si presenta ora il problema di ottenere una trasformata di Fourier per funzioni discrete(cioè per campioni finiti) che possa quindi essere utile per gli scopi della nostra indagine. Consideriamo allora, come già visto sopra, una serie di N valori z k = z(t k ), t k = k, k = 0,1,,...,N 1, essendo l intervallo di campionamento. Naturalmente, avendo N dati campionari, non possiamo avere più di N stime indipendenti della trasformata di Fourier. Perciò non potendo stimarla sull intero intervallo [ ω c, ω c ], dobbiamo limitare la nostra analisi alle frequenze discrete ω c n N, n = N/,...,N/. La trasformata di Fourier viene cosi approssimata come πiωnt πiω tk ikn/ N F( ω ) = f ( t) e dt z e ν π = z e. n + N 1 k = 0 k N 1 k = 0 k L ultima sommatoria, e cioè, 50

51 (-16) Z = z e n N 1 ikn N π / k k = 0 è la cosiddetta trasformata discreta di Fourier della funzione z(t). Dalla (-16) possiamo ottenere allora anche uno stimatore dello spettro di potenza detto periodogramma : (-17) P P ( 0) P ( ) 1 N Z = ω 0 = 0, 1 ( ω ) = Z + Z N j j N j, j = 1,,..., N / 1 1 P( ω ) = P( ω ) = N Z c N / N /, Il periodogramma è uno stimatore rozzo dello spettro di potenza poiché non è uno stimatore corretto. Infatti, noi attraverso di esso, procediamo ad una stima dello SP a intervalli discreti di frequenza e perciò conosciamo lo SP alla frequenza ω i e alla frequenza ω i+1 ma non sappiamo niente delle frequenze intermedie. Ma l informazione contenuta in queste componenti intermedie non viene persa ma influisce sulle altre. In realtà il valore della componente di frequenza ω i è una specie di media dei valori delle componenti di frequenza non stimati situati in un intorno centrato in ω i. Tale fenomeno va sotto il nome di leakage L identificazione dei tipi di attrattore attraverso lo SP Come già accennato altrove, l uso dell analisi spettrale può essere un valido aiuto per ottenere importanti informazioni sul comportamento qualitativo e quantitativo del sistema in esame. Vediamo ora come si presenta lo spettro in presenza dei vari tipi di attrattore. Nel caso di sistemi periodici lo spettro consiste in un insieme di funzioni δ di Dirac situate alla frequenza principale e probabilmente alle sue subarmoniche. Le 51

52 Figura -5 SP di un sistema periodico subarmoniche sono picchi di intensità decrescente presenti per valori di freque n- za multipli di quella del fenomeno in questione. Esse non denotano la presenza di plurevoli componenti di frequenza ma sono presenti quando la funzione f(t) non è sinusoidale cosicché la sua approssimazione avviene tramite una serie trigonometrica con frequenze multiple a quella di f(t). Esse derivano cioè dal concetto stesso di trasformata di Fourier secondo la quale è possibile approssimare qualunque tipo di funzione 3 tramite un opportuna serie trigonometrica. Nei casi reali, cioè quelli calcolati numericamente le funzioni δ di Dirac sono approssimate da picchi campaniformi di altezza e larghezza finita(mentre la funzione teorica ha altezza infinita e larghezza infinitesima) seppure molto stretti (Figura -5). Inoltre, la serie potenzialmente infinita di subarmoniche incontra un Figura -6 SP di un processo white-noise simulato al computer 3 Anche quelle non continue: esse sono approssimate in media 5

53 limite alla frequenza di Nyquist come già visto. Invece, in presenza di un moto quasiperiodico composto dalle frequenze ω,..., 1 ωn in rapporto irrazionale tra di loro lo spettro di potenza consisterà di funzioni δ situate alle frequenze corrispondenti ed alle loro combinazioni lineari con coefficienti interi. Negli spettri computati numericamente a partire da un numero finito di dati può essere difficile a volte distinguere tra una funzione quasiperiodica ed una periodica caratterizzata dalla presenza di subarmoniche. In un processo white-noise, che è un processo stocastico totalmente imprevedibile, lo spettro di potenza dovrebbe avere la stessa ampiezza ad ogni frequenza. Ciò è essenzialmente confermato in Figura -6 ove sono mostrati la serie storica e lo spettro di Fourier di un processo white-noise simulato al computer. Allora, se il comportamento di un sistema caotico è simile ad un comportamento stocastico ci si aspetterebbe uno spettro simile a quello appena visto. In effetti, uno spettro a banda larga è tipico di un fenomeno caotico. Ma la presenza di picchi ben definiti non esclude tuttavia la presenza di caos. Certe periodicità possono coesistere incastonate all interno di un moto caotico. Tale tipo di caos, caratterizzato dalla presenza simultanea di picchi e bande larghe è detto non-mixing (Figura -7). Inoltre è stata riscontrata la presenza nella maggior parte dei fenomeni caotici analizzati una predominanza dei componenti di frequenza bassa (il cosiddetto rumore in eccesso). In definitiva, possiamo dire che lo strumento dell analisi di Fourier è abbastanza buono per identificare la tipologia di attrattore, anche se in pratica è difficile a volte distinguere funzioni quasiperiodiche di ordine molto alto da funzioni caotiche. Figura -7 Un esempio di non-mixing caos risultante da un fenomeno reale 53

54 .5. La mappa di Poincaré Le caratteristiche della mappa di Poincaré P(x) = φ τ(x) (x) e il suo utilizzo nell analisi delle proprietà asintotiche dei cicli limite e nello studio delle biforcazioni globali coinvolgenti cicli limite, sono già state esaminate nel capitolo precedente. Qui vogliamo ribadire la sua utilità anche per l identificazione del tipo di attrattore. Tale utilità rimane anche quando non è possibile ricostruire la mappa di Poincaré per via analitica, ma occorre farlo per via numerica. In tal caso si calcolano i punti del flusso tramite le equazioni del sistema e poi si prendono i punti distanziati tra di loro di un intervallo τ dato che se consideriamo i flussi corrispondenti ad attrattori l intervallo τ non cambia e ci troviamo sempre sulla stessa sezione di Poincaré. Occorre dunque scegliere attentamente l intervallo τ in modo da avere informazioni corrette sull attrattore 4. Se abbiamo scelto accuratamente allora potremmo trovarci di fronte ad una delle seguenti situazioni : Un punto sulla mappa corrisponde quindi ad un ciclo limite di periodo τ. Un numero finito k di punti corrisponde ad un ciclo di periodo kτ. Un insieme indefinitamente elevato di punti situati su una curva chiusa indica un moto quasiperiodico. Una collezione frattale di punti suggerisce la presenza di un attrattore strano. Tale metodo ci permette dunque di distinguere in particolare tra un attrattore quasiperiodico ed un attrattore strano ;distinzione non sempre chiara dalla semplice osservazione del diagramma di fase. Tale metodo è inoltre applicabile senza alcun problema all analisi di sistemi non autonomi, dato che essi sono sempre pensabili come una particolare classe di sistemi autonomi..6 Alcune simulazioni In questo paragrafo abbiamo creato delle serie storiche del sistema (orbite nello spazio delle fasi) per diversi valori dei parametri e ed ε sulla scorta del diagram- 4 Occorre verificare che la sezione di Poincaré soddisfi le condizioni di ricorrenza (le orbite devono attraversare ripetutamente la sezione) e di trasversalità (la sezione non deve essere tangente alle orbite) 54

55 ma di biforcazione in Figura -8 in modo da evidenziare le varie tipologie di attrattori in esso presenti e per esaminare fenomeni interessanti quali la biforcazione flip. Allo scopo, poi, di poter meglio individuare le diverse tipologie di attrattore nei fenomeni reali abbiamo poi applicato su di essi i due strumenti d indagine a nostra disposizione. Figura -8 Diagramma di biforcazione del modello di Rosenzweig per il parametro e ed il grado di stagionalità ε. Il lavoro di questo paragrafo è stato svolto con l utilizzo del software scientifico Mathematica. La simulazione delle traiettorie è stata eseguita tramite il suo algoritmo di risoluzione numerica di equazioni differenziali dato che non esiste una soluzione analitica al sistema (-1)-(-). Sono stati visualizzati valori delle traiettorie abbastanza vicini al loro valore asintotico in modo da fornire una buona rappresentazione dell attrattore. Il periodo di avvicinamento, detto transitorio (il periodo da 0 a t 0 indicato nelle didascalie) è stato individuato tramite l osservazione delle sere storiche simulate e, ove ciò non bastasse, tramite i metodi di indagine sopra elencati. Il campionamento è effettuato con = 1/1 t dato che la stagionalità dei parametri è annuale, la frequenza di campionamento scelta assume un significato ben preciso e non è necessaria una frequenza più alta poiché tutti i fenomeni sottoposti all analisi di Fourier presentano spettri con frequenze non elevate. Gli spettri di potenza che compaiono nelle pagine seguenti sono ottenuti tramite la seguente formula : 55

56 (-18) N k = 1 N 1 πikn/ N P ( n) = z e k, n = 01,,,..., N / 0 Come si può vedere, tale formula 5 per lo spettro di potenza è leggermente diversa dalla formula (-17) del periodogramma usata per stimare in un intervallo discreto lo spettro di potenza ; ma tale formula da gli stessi risultati a meno di una costante moltiplicativa dato che Z j N j = Z per j = 1,,...,N/ 1. Con tale formula è così possibile evidenziare le tracce spettrali più deboli. La mappa di Poincaré infine, è stata eseguita prendendo i valori della simulazione ad intervalli t = 1 in modo da poter identificare cicli di periodo 1 e superiori. Entrambi gli strumenti di indagine sono stati utilizzati sfruttando i valori di entrambe le variabili del modello. Dovendo analizzare dati reali però non sempre si è in grado di conoscere il vero modello e perciò di identificare le variabili in esso coinvolte. L analisi di Fourier rimane comunque uno strumento valido per ricavare utili informazioni sulle caratteristiche dell attrattore anche avendo a disposizione una sola variabile del nostro modello, anzi è spesso utilizzata proprio quando non sappiamo molto sulle altre variabili in gioco. Al contrario per sfruttare l analisi della mappa di Poincaré con una sola serie storica dobbiamo utilizzare un contributo teorico noto come teorema di Takens (cfr. Appendice 4..A) che ci permette di ricostruire l attrattore del sistema a partire da una sola serie storica..6.1 Il ciclo limite di periodo 1 5 Ove la trasformata di Fourier è stata calcolata sfruttando entrambe le variabili, per cui z k rappresenta il vettore (x k, y k ),ed anche P(n) è un vettore. Lo SP rappresentato nel paragrafo è quello associato alla variabile y. 56

57 Figura -9 Diagramma di fase del sistema con e = 0.8 ed ε = 0.5, x(0) = 0.4, y(0) = 0.4, t 0 =11, T = 47, l intervallo da 0 a t 0 che rappresenta la fase di avvicinamento all attrattore non è stato rappresentato Secondo il diagramma di biforcazione in questa regione dello spazio dei parametri si incontra un ciclo limite di periodo 1. Conducendo una simulazione per i valori dei parametri e = 0.8 ed ε = 0.5 otteniamo effettivamente il ciclo limite cercato come possiamo vedere nel diagramma di fase rappresentato in Figura - 9 nella quale è ben visibile l attrattore una volta eliminato il transitorio, e cioè il periodo di avvicinamento all attrattore. Figura -10 SP del sistema in Figura -9. Notare la lieve subarmonica alle frequenze e 3. Inoltre, possiamo vedere in Figura -10 il picco alla frequenza 1 denuncia lo spettro tipico di un moto periodico di periodo1 con un lieve fenomeno subarmonico denunciato da picchi appena pronunciati alle frequenze e 3.Tale analisi è confermata dalla mappa di Poincaré rappresentata in Figura -11 che, come ci aspetterebbe nel caso in questione, è costituita da un punto. 57

58 Figura -11 Mappa di Poincaré del sistema in Figura Un moto quasiperiodico Nella regione del diagramma di biforcazione dovremmo trovare un attrattore avente moto quasiperiodico. Facendo partire la simulazione per valori dei parametri pari a e = 14.95/14 ed ε =0.06 troviamo l orbita rappresentata in Figura - 1. Sorge ora il problema di determinare che cosa essa rappresenti ; di certo non Figura -1 Diagramma di fase del sistema con e ed ε = 0.06, x(0) = 0.4, y(0) = 0.4, t 0 = 0, T = 180 rappresenta un moto periodico ma non è neanche detto che rappresenti un moto quasiperiodico. Esso infatti, potrebbe anche rappresentare un transitorio, vale a dire la fase di avvicinamento all attrattore. Ci può essere di aiuto l osservazione di una delle due serie storiche, ad esempio quella della serie x (Figura -13) che 58

59 ci mostra l assenza di processi di avvicinamento, anzi ci mostra delle evidenti regolarità di comportamento. Figura -13 Serie storica di x del sistema in Figura -1 Per essere più sicuri ci avvaliamo della mappa di Poincaré rappresentata in Figura -14 dato che l analisi di Fourier di un transitorio può essere fuorviante. L osservazione della mappa di Poincaré ci conferma che abbiamo a che fare con un toro dato che essa disegna il contorno di una linea chiusa. Figura -14 Mappa di Poincaré del sistema in Figura -1 Essendo ora più certi della natura di attrattore della traiettoria in questione possiamo analizzare con più cognizione di causa lo SP della traiettoria. Esso, rappresentato in Figura -15 e seguenti, sembra a prima vista complicato ma se lo si osserva avendo presente che lo spettro di un fenomeno quasiperiodico è dato dalla combinazione lineare, con coefficienti interi, delle frequenze fondamentali componenti e che inoltre sono presenti anche le subarmoniche, lo spettro assume contorni più chiari. In Figura -16 sono maggiormente visibili i picchi a distanze ben definite corrispondenti alle varie combinazioni lineari mentre in Figura -17 vediamo le due frequenze fondamentali ω 1 e ω, ovviamente in rapporto irrazio- 59

60 nale tra di loro e che sono distinguibili solamente ad un occhio particolarmente attento. Figura -15 SP del sistema quasiperiodico di Figura -1 Figura -16 Un ingrandimento della figura precedente in cui si notano più chiaramente i picchi corrispondenti alle combinazioni lineari delle due frequenze fondamentali ω 1 e ω 60

61 ω ω 1 Figura -17 Un particolare della figura precedente in cui sono evidenziate le due frequenze principali.6.3 La biforcazione flip Nella regione 6 abbiamo una sequenza o cascata di biforcazioni flip f (), f (4), f (8),... ed al punto di accumulazione della sequenza si ha la transizione al caos. Possiamo vedere nei diagrammi di fase in Figura -18 la sequenza di raddoppi di periodo per valori crescenti di ε segnalata da un raddoppio delle spire dell attrattore dopo ogni biforcazione. Possiamo osservare con molta chiarezza il fatto che effettivamente il periodo raddoppi attraverso lo spettro di potenza : prima un picco alla frequenza 0.5 con le relative subarmoniche, poi la comparsa di un picco alla frequenza 0.5 e altri picchi alle frequenze subarmoniche indicano un raddoppio di periodo. Questo primo raddoppio è seguito da infiniti altri, ma qui diamo una rappresentazione solo dei primi tre, i cui picchi alle frequenze più basse sono appena percettibili per la lunghezza non eccessiva del campione. Abbiamo infine nell ultima riga un valore del parametro ε che possiamo supporre già oltre il valore f ( ) in uno dei valori caotici della cascata flip. Abbiamo infatti comparsa di uno spettro a bande larghe. Vedremo comunque nel paragrafo seguente più in dettaglio l analisi di un sistema con attrattore caotico. 61

62 ε = 0.35 ε = 0.45 ε = 0.47 ε = 0.48 ε = 0.5 Figura -18 Diagramma di fase e spettro di potenza per p 0 = 0.7 e per diversi valori di ε, eliminato il transitorio, con T = 96. Notiamo per i diversi valori la presenza di cicli di periodo,4,8,16 e infine la comparsa del caos. 6

63 .6.4 L emergere del caos Secondo il diagramma di biforcazione (Figura -8) in questa regione è possibile incontrare attrattori caotici. Essendo il sistema (-1)-(-) della stessa classe di sistemi dell applicazione logistica 6 la cascata flip ha le stesse caratteristiche topologiche della cascata di Feigenbaum e perciò non tutti i punti nella regione 7 corrisponderanno ad attrattori caotici. Dopo vari tentativi possiamo dire di avere Figura -19 Diagramma di fase del sistema con e = 0.9 ed ε = 0.7, x(0) = 0.4, y(0) = 0.4, t 0 = 6, T = 366 identificato un attrattore caotico per i valori dei parametri e = 0.9 ed e = 0.7. Abbiamo simulato tale attrattore per un periodo abbastanza lungo, ciò in modo da poter essere ragionevolmente sicuri di non trovarci ancora nel transitorio e da poter far emergere la struttura frattale dell attrattore sulla mappa di Poincaré. In Figura -19 vediamo perciò il diagramma di fase dell attrattore per T = 360, caratterizzato dalla presenza di innumerevoli spire. Notiamo le regolarità evidenti all interno del comportamento apparentemente disordinato. Dall analisi della mappa di Poincaré (Figura -0) vediamo che essa non forma una curva chiusa e perciò l attrattore non è sicuramente un toro ma possiamo notare che comunque si tratta di una figura dall aspetto regolare con una struttura fine a più strati ripiegati uno sull altro di cui i primi due strati sono ben visibili mentre gli altri sono solo accennati. È ben visibile dunque il carattere frattale della mappa di Poincaré che permette di caratterizzare l oggetto come attrattore strano. La presenza di re- 6 Cfr. Cap.1 Appendice A 63

64 golarità non deve tuttavia trarre in inganno : infatti anche se sappiamo che al Figura -0 Mappa di Poincaré del sistema di Figura -19. Notare il carattere frattale e la presenza di strati multipli. successivo passaggio sulla mappa l attrattore passerà su uno degli strati non sappiamo tuttavia su quale strato o in quale punto dello strato passerà. Vediamo infine quali informazioni possiamo trarre dall analisi di Fourier. Da una prima occhiata alla Figura -1 notiamo immediatamente quello che sembra un ciclo di periodo 3. Se ci trovassimo di fronte ad una serie reale e non sapessimo che questa è una serie simulata saremmo tentati dal supporre che ci troviamo Figura -1 SP del sistema di Figura -19. Da notare la presenza di picchi alla frequenza 1/3 e alle sue subarmoniche, oltreché un eccesso di rumore alle basse frequenze. di fronte ad un ciclo di periodo 3 e che il resto dello spettro è dovuto al rumore. Ma ad un analisi più attenta potremmo vedere uno strano eccesso di rumore alle frequenze più basse (nell intervallo da 0 a 0.66) che denota la presenza di non- 64

65 mixing caos. Infatti abbiamo tutte le caratteristiche che ci attendevamo : la contemporanea presenza di picchi e bande larghe e un eccesso di rumore alle basse frequenze. Abbiamo poi, anche qui, la presenza di subarmoniche. In Appendice.B abbiamo condotto, inoltre, una verifica empirica della presenza di SDIC e perciò del fatto che l attrattore sia caotico oltreché strano. Figura - Un dettaglio del rumore in eccesso nelle basse frequenze presente nell attrattore strano. Basandoci sui risultati teorici sulle cascate flip siamo anche in grado di spiegare la presenza di picchi che sembrerebbero indicare un ciclo di periodo 3. Tale spiegazione risulta più intuitiva se ci rifacciamo alla Figura 1.15 ; probabilmente per gli attuali valori dei parametri ci troviamo in una zona della finestra periodica 7 di periodo 3 ove esistono 3 bande che vengono visitate con periodicità regolare, ma al cui interno il moto è caotico. Lorenz chiama tale fenomeno periodicità rumorosa[lorenz, 1980]..A - Appendice A. Ricostruzione dell attrattore : il metodo di Takens La ricerca di attrattori caotici dall analisi di serie storiche reali si scontra con il fatto oggettivo che il vero modello non è conosciuto dall economista. Questo è dovuto al fatto che non tutte le variabili influenti sulle variabili endogene sono identificabili o misurabili. Da qui l impossibilità nel ricostruire l attrattore del si- 7 Per una definizione di finestra periodica e per una discussione più estesa delle cascate di biforcazioni flip (cascate di Feigenbaum) vedi Appendice 1.A 65

66 stema e solamente attraverso l analisi di Fourier sembrerebbe possibile ottenere qualche informazione sulla dinamica del sistema. Per fortuna non è così : un importante risultato matematico ci permette di avere informazioni qualitative sul vero attrattore avendo a disposizione un unica serie storica appartenente ad una delle variabili del sistema. Tale risultato è riassumibile nel seguente teorema dovuto a Takens [Takens, 1981] : Teorema di Takens. Sia M una varietà compatta di dimensione m. Per una coppia (G, h)dove G : M M è una funzione continua (almeno C )e h : M R è una funzione (almeno C ) su M, la funzione Φ: M R d definita da (-19) Φ G, h, τ ( X t ) = ( h( x), h( G τ ( x),..., h( G ( d 1) τ ( x)) ) = ( Y t, Y t τ,..., Y t ( d 1) τ ) è un embedding a condizione che d m + 1. Per una definizione esatta di embedding si può vedere [Sauer e al., 199]. Quello che ci importa in questo contesto è che l embedding è un diffeomorfismo tra due spazi, esso cioè mette in relazione biunivoca i punti appartenenti ai due spazi cosicché essi risultano topologicamente equivalenti. L immagine dell attrattore originale è costruita quindi utilizzando una delle variabili osservabili del sistema ed i suoi d ritardi presi ad intervalli τ al posto delle restanti m-1 variabili. In generale non è rilevante l intervallo τ al fine di ottenere l immagine migliore anche se di solito si sceglie un intervallo breve per essere sicuri di non perdere informazione. La condizione sulla dimensione d dello spazio contenente l attrattore ricostruito detta dimensione di embedding è una condizione sufficiente ma non necessaria. Per catturare i caratteri salienti dell attrattore è spesso sufficiente infatti considerare una dimensione d molto minore di m anche perché la dimensione dell attrattore è solitamente minore della dimensione m del sistema. Naturalmente nell analisi di dati reali essendo sconosciuta la dimensione m del sistema occorre cautela nella scelta di d poiché valori troppo bassi possono comportare un errata ricostruzione dell attrattore mentre valori troppo alti rendono l analisi troppo complicata. 66

67 Figura -3 Un esempio del metodo di Takens. L attrattore di Figura -19 per i primi 10 periodi e la sua ricostruzione tramite la serie y e i suoi primi due ritardi con τ = 1/1 t. I dati reali inoltre, soprattutto in economia, contengono molto rumore e possono invalidare i risultati di questo metodo di ricostruzione dell attrattore. Esistono comunque delle versioni migliorate di questo metodo o metodi che si rifanno a questo che eliminano o riducono di molto gli effetti del rumore. Uno di questi è la ricostruzione multivariata (vedi [Lisi, 1997]) in cui si sfruttano i ritardi di due o più variabili osservabili che si suppongono appartenenti allo stesso vero modello (la funzione h nell eq.(-19) diviene un vettore)..b - Appendice B. SDIC nell attrattore strano : una verifica empirica Procederemo in questa appendice ad una verifica empirica della dipendenza sensibile alle condizioni iniziali(sdic) 8 dell attrattore strano esaminato nel Paragrafo.6.4. Tale proprietà riassumibile nella frase piccole cause determinano grandi effetti è identificabile solitamente attraverso metodi abbastanza complessi quali, ad esempio, il calcolo dell esponente caratteristico di Lyapunov 9. Tali metodi esulano dai limiti e dalle finalità di questa tesi, perciò ci limiteremo qui a ripercorrere le orme di Lorenz, che per primo trovò tracce di caos su un modello simulato al computer facendolo partire per due condizioni iniziali differenti tra di loro per valori estremamente bassi. Grande fu la sorpresa di Lorenz 8 Vedi Paragrafo Vedi ad esempio [Medio, 199] Capitolo 6 67

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