Introduzione al teorema di Riemann-Roch

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1 Introduzione al teorema di Riemann-Roch Lucio Guerra Prefazione. Questi appunti presentano una introduzione al teorema di Riemann-Roch, il cardine della teoria delle curve algebriche, e sono concepiti come un supplemento al testo di W. Fulton, Algebraic Curves. Sono stati preparati per un corso che intendeva rivolgersi anche a studenti della laurea triennale in matematica. Da qui la scelta di esporre con accuratezza la materia che prepara l enunciato del teorema, rimandando invece a un successivo approfondimento la dimostrazione del teorema, e di giustificare l importanza di questo risultato mediante alcune applicazioni significative. Le applicazioni scelte per questo scopo sono relative alla teoria delle cubiche proiettive, che è stata trattata nel corso di geometria del secondo anno nel quadro della geometria proiettiva, e alla classificazione delle curve di genere piccolo, le curve speciali nella classica tricotomia. Una scelta ulteriore, adatta allo scopo di mantenere l esposizione a un livello introduttivo, evitando in particolare il procedimento di risoluzione delle singolarità, è la scelta di lavorare solo con le curve piane non singolari. Gli enunciati hanno una forma che rimane valida in generale per curve non singolari arbitrarie, mentre le dimostrazioni sono semplificate per le curve piane e si possono ritrovare nel libro di Fulton. Non sarebbe difficile d altronde estendere la trattazione alle curve non singolari arbitrarie. Questi appunti sono stati preparati per il corso di Geometria Superiore che ho tenuto presso l Università di Perugia in diversi anni nel periodo dal 2001 al (giugno 2011) 1

2 Indice 1 Divisori di una curva 3 2 Sezioni con le altre curve nel piano 4 3 Divisori principali 5 4 Equivalenza lineare di divisori 7 5 Divisori canonici 9 6 Funzioni con poli limitati da un divisore 10 7 Il teorema di Riemann-Roch 12 8 La classificazione delle cubiche piane proiettive 13 9 La struttura di gruppo su una cubica piana Curve di genere Curve di genere Lucio Guerra - Introduzione al teorema di Riemann-Roch

3 1 Divisori di una curva Sia C una curva irriducibile, affine o proiettiva. Introduciamo un linguaggio che risulta conveniente per esprimere certi risultati geometrici. Definizione 1.1. Un divisore di C è il dato di: un insieme finito {p 1,..., p k } di punti della curva (supponiamo non ci siano ripetizioni nell elenco) con una applicazione {p 1,..., p k } Z {0}, che a ogni punto p i associa un intero a i 0, e questo dato viene indicato con il simbolo a 1 p a k p k ; se l insieme è il (con l applicazione vuota) il dato si indica con il simbolo 0 e si chiama il divisore nullo; oppure, equivalentemente, è il dato di: una applicazione C Z, che a ogni punto p associa un intero a p, tale che si abbia a p 0 solo per un numero finito di punti, e questo dato viene indicato con il simbolo a p p; p C l applicazione nulla si indica con il simbolo 0 e si chiama il divisore nullo. Definizione 1.2. Si definisce una operazione di somma di divisori, che si esprime più facilmente con la seconda notazione, ponendo: ( ( ) ap p) + bp p := (a p + b p ) p. Rispetto a questa operazione l insieme dei divisori della curva forma un gruppo abeliano, che si indica con il simbolo Div(C). Definizione 1.3. Si definisce il grado di un divisore come: ( ) deg ap p = a p (notare che la somma a destra è in effetti una somma finita). L applicazione deg : div(c) Z è un omomorfismo di gruppi. Lucio Guerra - Introduzione al teorema di Riemann-Roch 3

4 Definizione 1.4. Un divisore D = a p p si dice effettivo (o positivo) se a p 0 per ogni punto p, e in tal caso si scrive D 0. Si introduce un ordinamento sull insieme dei divisori ponendo D D se e solo se D D 0, e questo ordinamento è compatibile con la struttura di gruppo in div(c), nel senso che D D implica D + E D + E. 2 Sezioni con le altre curve nel piano Un primo esempio di utilizzazione del linguaggio dei divisori. curva irriducibile nel piano proiettivo P 2. Sia C una Definizione 2.1. Sia D = V (G) una curva in P 2 che non contiene C (qui il termine curva si intende in senso esteso, che corrisponde al dato di un polinomio omogeneo a meno di proporzionalità). L insieme intersezione C D è un insieme finito {p 1,..., p k } e nei vari punti di intersezione sono definite le molteplicità di intersezione i α := i pα (C, D). Si definisce il divisore intersezione C D := i 1 p i k p k. Il teorema di Bézout si esprime con la formula: deg(c D) = deg(c) deg(d). A proposito delle molteplicità di intersezione, dimostriamo un risultato che sarà utile in seguito. Lemma 2.2. Sia p un punto di C D, e supponiamo che sia un punto semplice di C. Se p si trova nell aperto Z 0 di P 2, la funzione razionale ϕ := Ḡ/ Z d, dove d := deg(g), è elemento di O p (C). Allora i p (C, D) = ord p (ϕ). Dimostrazione. Usiamo l identificazione U Z = A 2 e consideriamo le tracce affini C = V (f) e D = V (g), con f, g K[x, y], e possiamo assumere f irriducibile. Nella identificazione K(C) = K( x, ȳ) abbiamo ϕ = ḡ = g C. Possiamo supporre che p sia l origine, che l asse y non sia tangente a C in p, quindi la funzione x è un parametro locale in p. Sia ord p (ḡ) = m. Allora ḡ = u x m con u = ā/ b e con a(p) 0 e b(p) 0. In K[C] si ha bḡ = ā x m e quindi in K[x, y] si ha bg = ax m + cf. Allora: i p (f, g) = i p (f, bg) = i p (f, ax m + cf) = i p (f, ax m ) = m i p (f, x) = m. 4 Lucio Guerra - Introduzione al teorema di Riemann-Roch

5 3 Divisori principali Da questo punto in poi, supponiamo che C sia una curva irriducibile e non singolare, affine o proiettiva. Per semplicità di esposizione le dimostrazioni sono date per una curva piana. Una funzione razionale f K(C) può avere ord p (f) 0 al massimo in un numero finito di punti p C, e questi punti sono classificati come zeri oppure poli della funzione. Definizione 3.1. Sia f K(C). Il divisore associato è: div(f) = p C ord p (f) p e si dice un divisore principale di C. La funzione div : K(C) Div(C) così definita soddisfa le proprietà: div(fg) = div(f) + div(g), div(1/f) = div(f), per ogni f, g K(C), che derivano immediatamente dalle proprietà della funzione ord p (f). Si definiscono anche il divisore degli zeri e il divisore dei poli div 0 (f) = ord p (f) p, div (f) = ord p (f) p, ord p(f)>0 che sono divisori effettivi, e si ha: div(f) = div 0 (f) div (f). ord p(f)<0 Esempio 3.2. Sia C una curva in P 2. Sia f K(C) e scriviamo f = Ḡ/ H con G, H polinomi omogenei dello stesso grado. Allora div(f) = C V (G) C V (H). Dimostrazione. Sia p C. Supponiamo si trovi nell aperto Z 0, e poniamo ḡ := Ḡ/Zd e h := H/Z d. Per il lemma 2.2 si ha i p (C, V (G)) i p (C, V (H)) = ord p (ḡ) ord p ( h) = ord p (f). Il fatto fondamentale è il seguente. Proposizione 3.3. Se C è una curva proiettiva, un divisore principale div(f) ha grado 0. Lucio Guerra - Introduzione al teorema di Riemann-Roch 5

6 Equivalentemente deg div 0 (f) = deg div (f), in altre parole una funzione razionale non nulla ha tanti zeri quanti poli, contati con molteplicità. Dimostrazione. Supponiamo che C sia in P 2. Scriviamo f = Ḡ/ H, con G, H polinomi omogenei dello stesso grado d. Dalla formula div(f) = C V (G) C V (H), applicando il teorema di Bézout, segue che se C ha grado n allora div(f) ha grado nd nd = 0. Proposizione 3.4. Sia C una curva proiettiva e sia f K(C). proprietà equivalenti: Sono 1. f O p (C) per ogni p C, 2. f K, 3. div(f) = 0. Dimostrazione. (1 2) Sia p 0 C e sia f(p 0 ) = c 0. La funzione f c 0 è definita ovunque, come f, e ha uno zero in p 0. Supponiamo f c 0 0. Allora div(f c 0 ) p 0 e quindi deg div(f c 0 ) > 0, in contraddizione con la proposizione precedente. Le implicazioni (2 3) e (3 1) sono ovvie. In particolare abbiamo che le funzioni regolari su una curva proiettiva (non singolare) sono solo le costanti. Lo stesso si può dimostrare per una curva proiettiva arbitraria, e in generale per una varietà proiettiva di dimensione arbitraria. È questa una differenza fondamentale tra la geometria affine e la geometria proiettiva. Corollario 3.5. Sia C una curva proiettiva e siano f, g K(C). Si ha div(f) = div(g) se e solo se si ha g = cf con c K. Dimostrazione. div(f) = div(g) implica div(g/f) = 0 e questo implica g/f K, per la proposizione precedente. Esempio 3.6. Utilizziamo la descrizione di P 1 come unione di due aperti affini: l aperto U : X 0 con la coordinata Y X =: y, e l aperto V : Y 0 con la coordinata X Y =: x. Abbiamo isomorfismi K(P 1 ) = K(U) = K(V ) e ad esempio nel secondo isomorfismo y 1 x. Sia f K(P1 ) e supponiamo che f a(y) b(x). Allora b(x) = a( 1 x ). Consideriamo ad esempio la f := ax + by cx + dy a + by c + dy ax + b cx + d 6 Lucio Guerra - Introduzione al teorema di Riemann-Roch

7 e supponiamo ad bc 0 affinché la funzione non sia costante. Nel punto p di coordinate omogenee (b, a) ha uno zero di ordine 1 e nel punto q di coordinate omogenee (d, c) ha un polo di ordine 1, e dunque div(f) = p q. 4 Equivalenza lineare di divisori Da questo punto in poi, supponiamo che C sia una curva proiettiva (irriducibile e non singolare). Nel gruppo dei divisori Div(C) indichiamo con P (C) l insieme dei divisori principali div(f) con f K(C), che forma un sottogruppo in virtù delle proprietà dell applicazione div enunciate nel paragrafo precedente. L omomorfismo indotto div : K(C) P (C) ha nucleo K, per la proposizione 3.4, e induce quindi un isomorfismo K(C) /K P (C). Infatti P (C) è un sottogruppo di Div 0 (C), per la proposizione 3.3. Definizione 4.1. La relazione di equivalenza nel groppo Div(C) associata al sottogruppo P (C) si dice equivalenza lineare tra divisori della curva. Due divisori D, D sono linearmente equivalenti, e si scrive D D, se e solo se si ha D = D + div(f) con f K(C) opportuno. Alcune prime proprietà dell equivalenza lineare di divisori: D 0 se e solo se D = div(f) è principale; D 1 D 1, D 2 D 2 implica D 1 + D 2 D 1 + D 2, in altre parole la relazione è compatibile con l operazione +; D D implica deg(d) = deg(d ). Le prime due sono immediate, la terza segue dalla proposizione 3.3. Esempio 4.2. Se C è una curva in P 2, tutti i divisori intersezione C V (F ) con le curve V (F ) di un dato grado d, definiti in 2.1, sono linearmente equivalenti. È conseguenza immediata dell esempio 3.2. Lucio Guerra - Introduzione al teorema di Riemann-Roch 7

8 Osservazione 4.3. La seguente proprietà veniva in origine usata come definizione dell equivalenza lineare: si ha D D se e solo se esistono in P 2 due curve H, H dello stesso grado tali che D + C H = D + C H. La dimostrazione è facile, e comunque non ne avremo bisogno. Definizione 4.4. Il gruppo delle classi di divisori della curva, detto a volte semplicemente il gruppo delle classi della curva, è il gruppo quoziente ClDiv(C) := Div(C) P (C). Ricordiamo che l operazione di somma tra classi di divisori è definita ponendo [D] + [D ] := [D + D ], e l elemenro mullo è la classe del divisore nullo, cioè la classe che consiste di tutti e soli i divisori principali. L omomorfismo deg : Div(C) Z induce passando al quoziente un omomorfismo deg : ClDiv(C) Z definito ponendo deg[d] := deg(d). Il sottogruppo ClDiv 0 (C) := Div 0(C) P (C), il gruppo delle classi di divisori di grado 0, è il nucleo di questo omomorfismo indotto. Preso un punto p C, l omomorfismo Z ClDiv(C) che manda n [n p] è una sezione dell omomorfismo deg. Se ne deduce un isomorfismo ClDiv 0 (C) Z ClDiv(C) in cui ([D], n) [D + n p]. Si vede così che viceversa il gruppo ClDiv 0 (C) determina il gruppo ClDiv(C), a meno di isomorfismi. Alcuni autori, ad esempio Fulton, chiamano gruppo delle classi della curva il gruppo ClDiv 0 (C). Il simbolo qui adottato ClDiv(C) è inusuale, si usa piuttosto il simbolo breve Cl(C), ma anche questo è oggi inusuale. Lo stesso gruppo, o meglio un modello isomorfo, si costruisce a partire dai fibrati in rette sulla curva, e si chiama allora il gruppo di Picard della curva, e si indica con il simbolo Pic(C). Esempio 4.5. ClDiv(P 1 ) = Z. 8 Lucio Guerra - Introduzione al teorema di Riemann-Roch

9 Dimostrazione. Nell esempio 3.6 abbiamo visto che per ogni coppia di punti p, q in P 1 esiste una funzione f K(P 1 ) con div(f) = p q, dunque si ha equivalenza lineare p q e nel gruppo ClDiv(P 1 ) si ha [p] = [q]. Questo implica che l omomorfismo Z ClDiv(P 1 ) tale che n [np] costruito sopra non dipende dalla scelta del punto p, e che è inverso bilaterale dell omomorfismo deg : ClDiv(P 1 ) Z. Infatti se deg(d) = n allora per l osservazione iniziale D = a 1 p a k p k (a a k )p = np e quindi [D] n [np] = [D]. Vedremo in seguito un secondo esempio di gruppo delle classi di divisori. 5 Divisori canonici I divisori principali formano una classe di divisori linearmente equivalenti, la classe nulla nel gruppo delle classi di divisori. I differenziali razionali determinano una nuova classe di divisori. Sia C una curva. Sia ω Ω(C) {0}. Definizione 5.1. Il divisore associato a un differenziale razionale 0 è div(ω) := p C ord p (ω) p e si dice un divisore canonico di C. La somma nella definizione è in effetti una somma finita, e la definizione è ben posta. La funzione div : Ω(C) {0} Div(C) così definita soddisfa la proprietà: div(fω) = div(f) + div(ω), per ogni f K(C) e ω Ω(C) {0}, che deriva immediatamente dalle proprietà della funzione ord p (ω). I divisori canonici formano una classe completa di divisori linearmente equivalenti, in virtù della formula precedente. Questa è chiamata la classe canonica della curva. In questa classe i divisori canonici effettivi corrispondono ai differenziali regolari sulla curva, cioè si ha div(ω) 0 se e solo se ω Ω[C]. Il grado dei divisori canonici deg div(ω) è una costante, e rappresenta un invariante della curva. Vedremo in seguito come questo intero è legato al genere della curva. Lucio Guerra - Introduzione al teorema di Riemann-Roch 9

10 Esempio 5.2. Divisori canonici su P 1. Utilizziamo ancora la descrizione di P 1 come unione degli aperti affini: U con la coordinata y, e V con la coordinata x, come nell esempio precedente. Supponiamo che tramite gli isomorfismi Ω(P 1 ) = Ω(U) = Ω(V ) si corrispondano ω f(y) dy g(x) dx con g(x) = 1 f( 1 x 2 x ). Ad esempio, se f(y) = 1 allora g(x) = 1 x 2. Detto il punto di V con x = 0, il divisore associato è div(ω) = 2. 6 Funzioni con poli limitati da un divisore Il problema fondamentale, al quale sono ricondotte molte questioni geometriche, è il problema di sapere, dato un divisore effettivo, se esiste una funzione razionale avente come divisore dei poli il divisore assegnato. Questo problema si affronta studiando un problema un po più generale. Sia C una curva, e sia D = n p p un elemento di Div(C). Per una f K(C) la condizione div(f) + D 0 significa che deve aversi ord p (f) n p per ogni p C. Se p è un polo di f allora 0 > ord p (f) n p implica che n p > 0 (e inoltre in valore assoluto ord p (f) n p ). In particolare, i poli di f sono tra i punti p per cui n p > 0, e possiamo dire che i poli di f sono limitati dalla parte positiva di D. Definizione 6.1. Sia D Div(C). L insieme L(D) := {f K(C) : div(f) + D 0} {0} è uno spazio vettoriale su K, e si pone: l(d) := dim K L(D). Notare che se D 0 allora L(D) K e quindi l(d) 1. Esempi 6.2. (1) L(0) = K quindi l(0) = 1. (2) Se K è un divisore canonico, si ha L(K) = Ω[C] e quindi l(k) = g(c). 10 Lucio Guerra - Introduzione al teorema di Riemann-Roch

11 Dimostrazione. (1) Si ha div(f) 0 se e solo se f è regolare su C se e solo se f K, per la proposizione 3.4. (2) Se K = div(ω) allora div(f) + K 0 se e solo se div(fω) 0 se e solo se fω Ω[C]. Dunque l applicazione L(K) Ω[C] data da f fω è un isomorfismo. Esempio 6.3. Sia p C. Per ogni intero n 1 si ha il divisore np, e lo spazio L(np) è l insieme delle f K(C) che sono regolari su C {p} e hanno ord p (f) n, oltre alla funzione nulla. Si ha una successione ascendente K = L(0) L(p) L(2p)... L(np)... Notare che ad esempio la differenza L(p) L(0) è l insieme delle funzioni che sono regolari su C {p} e hanno ord p (f) = 1. In generale l insieme delle funzioni che hanno precisamente un polo in un punto assegnato con ordine assegnato sono descritte come una differenza di sottospazi del tipo L(np). Ecco un esempio di come il problema enunciato all inizio del paragrafo si studia mediante il problema più generale. Proposizione 6.4. dim L(D )/L(D) deg(d D); 2. deg(d) < 0 implica L(D) = 0; 1. Se D D allora L(D) L(D ) e inoltre 3. L(D)è di dimensione finita; in particolare se deg(d) 0 allora l(d) deg(d) + 1; 4. se D D allora l(d) = l(d ). Dimostrazione. (1) Possiamo scrivere D = D + p p s. Si ha allora la successione L(D) L(D + p 1 )... L(D + p p s ). Possiamo ragionare per induzione su s. È sufficiente dimostrare che aggiungendo un punto si ha dim L(D + p)/l(d) 1. Sia t un parametro locale in O p (C), e diciamo r il coefficiente di p in D. Consideriamo l applicazione lineare ϕ : L(D + p) K tale che f (t r+1 f)(p). Notare che se f L(D + p) allora t r+1 f è definita in p. Si ha Ker(ϕ) = L(D). Infatti (t r+1 f)(p) = 0 significa ord p (t r+1 f) 1 cioè ord p (f) + r 0 che significa f L(D). Si deduce un omomorfismo iniettivo L(D + p)/l(d) K. (2) Se div(f) + D 0 allora deg(d) 0, per la proposizione 3.3. (3) Se deg(d) < 0 l enunciato viene dal punto (2). Supponiamo n := deg(d) 0. Preso un punto p C, consideriamo il divisore D := D (n + Lucio Guerra - Introduzione al teorema di Riemann-Roch 11

12 1)p. Allora deg(d ) = 1 e quindi L(D ) = 0 per il punto (2). Quindi per il punto (1) si ha dim L(D) deg(d D ) = n + 1. (4) Scriviamo D = D + div(g). Si verifica facilmente che l applicazione lineare L(D ) L(D) tale che f fg è un isomorfismo. Osservazione 6.5. Di conseguenza è di dimensione finita lo spazio dei differenziali regolari Ω[C], isomorfo a L(K) se K è un divisore canonico, e pertanto il genere g(c) = dim Ω[C] è un numero finito. 7 Il teorema di Riemann-Roch La risposta al problema introdotto nel paragrafo precedente è data dal celebre teorema di Riemann-Roch, il cardine della teoria delle curve algebriche. L obiettivo di questo corso è quello di arrivare a comprendere l enunciato del teorema, e ad apprezzare la sua utilità in alcune prime applicazioni. Nel libro di Fulton si può trovare una dimostrazione classica del teorema. Sia C una curva, e diciamo g il suo genere. Teorema 7.1. Per ogni divisore D in Div(C) si ha l(d) l(k D) = deg(d) + 1 g dove K è un divisore canonico della curva. Si osservi che la dimensione l(k D) non dipende dalla scelta del divisore canonico K. Si noti inoltre che in questo enunciato ogni divisore D appare accoppiato con il divisore K D. Mettiamo in evidenza alcune conseguenze immediate. Corollario 7.2. deg(k) = 2g 2. Esempi: per la retta P 1 si ha deg(k) = 2, come abbiamo già visto nell esempio 5.2, con un calcolo diretto; per una cubica in P 2 si ha deg(k) = 0, e più precisamente possiamo dire che si può prendere K = 0, come segue dalla descrizione dei differenziali regolari sulla cubica che abbiamo visto in precedenza. Corollario 7.3. Se deg(d) > 2g 2 allora l(d) = deg(d) + 1 g. Dimostrazione. Per il corollario precedente si ha che deg(k D) < 0, quindi dalla proposizione 6.4, punto (2), si deduce l(k D) = 0. Infine alcuni casi particolari, che verranno utilizzati in seguito. 12 Lucio Guerra - Introduzione al teorema di Riemann-Roch

13 Esempio 7.4. Per un divisore del tipo n p con n > 0, come nell esempio 6.3, dal secondo corollario segue che: se la curva ha genere g = 0, allora l(np) = n + 1; se la curva ha genere g = 1, allora l(np) = n. Nei paragrafi che seguono, sono presentati alcuni primi risultati la cui dimostrazione fa uso del teorema di Riemann-Roch. Si tratta di alcuni risultati che precisano e approfondiscono la teoria delle cubiche proiettive, che è stata introdotta nel corso del secondo anno, e dei risultati già annunciati sulla classificazione delle curve di genere piccolo. 8 La classificazione delle cubiche piane proiettive Nel corso di geometria del secondo anno abbiamo studiato la classificazione delle cubiche nel piano proiettivo rispetto all equivalenza proiettiva, e sappiamo che questa classificazione è controllata dal cosiddetto invariante modulare. In questo corso abbiamo introdotto la nuova nozione di isomorfismo tra curve. Per le cubiche piane proiettive la classificazione a meno di isomorfismi coincide con la classificazione proiettiva. Proposizione 8.1. Due cubiche non singolari in P 2 sono isomorfe se e solo se sono proiettivamente equivalenti. Dimostrazione. Siano C e C due cubiche non singolari in P 2, tra loro isomorfe, e dimostriamo che sono proiettivamente equivalenti. Ogni cubica non singolare in P 2 è proiettivamente equivalente a una che abbia equazione affine y 2 = x(x 1)(x c) con c K {0, 1}. Possiamo allora limitarci a considerare due cubiche C, C aventi entrambe equazione affine del tipo sopra, con due valori c, c del parametro. In questo caso, il punto p di coordinate omogenee (0, 1, 0) è un flesso per entrambe le curve. Sapendo che C e C sono isomorfe, dimostriamo che esiste un isomorfismo C C tale che p p. Dato un isomorfismo C C, supponiamo che p a. Una traslazione C C è un isomorfismo del tipo x x y, definito usando l operazione geometrica sulla cubica. È chiaro che esiste una traslazione di C tale che a p. Per composizione si ottiene dunque un isomorfismo C C che fissa il punto p. Lucio Guerra - Introduzione al teorema di Riemann-Roch 13

14 Consideriamo in C il divisore np, e lo spazio associato L(np) in K(C), e consideriamo in C lo stesso divisore np, e lo spazio L (np) in K(C ). L isomorfismo K(C ) = K(C) induce un isomorfismo L (np) = L(np). Descriviamo per la curva C la successione L(p) L(2p) L(3p). Diciamo x, ȳ le funzioni coordinate su C. Utilizzando l esempio 3.2, calcoliamo facilmente: div( x) = div( X/ Z) = C H X C H Z = (2a + p) 3p = 2a 2p, div(ȳ) = div(ȳ / Z) = (a + b + c) 3p, dove a, b, c sono i tre punti di intersezione tra C e l asse x. Dunque x L(2p) mentre ȳ L(3p) L(2p). Il teorema di Riemann-Roch ci dice che l(np) = n per n 1, vedere l esempio 7.4, punto 2. Abbiamo di conseguenza: L(p) = K, L(2p) = 1, x, L(3p) = 1, x, ȳ. Analoga descrizione per gli spazi corrispondenti relativi a C. Allora l isomorfismo K(C ) = K(C) induce isomorfismi L (2p) = L(2p) in cui x a x + b, L (3p) = L(3p) in cui ȳ c x + dȳ + e, per opportuni valori dei coefficienti tali che le due immagini in K(C) siano linearmente indipendenti. Questo significa che l affinità A 2 A 2 tale che (x, y) (ax + b, cx + dy + e), estesa a una proiettività P 2 P 2, induce una equivalenza proiettiva C C. Per completare il quadro della classificazione delle cubiche proiettive, non è difficile dimostrare che due cubiche irriducibili singolari in P 2 sono isomorfe se e solo se sono proiettivamente equivalenti. Basta usare il fatto che ogni cubica irriducibile singolare in P 2 è proiettivamente equivalente o alla cubica di equazione affine y 2 = x 2 (x 1), con un nodo, o alla cubica di equazione affine y 2 = x 3, con una cuspide, e osservare che un nodo non è isomorfo a una cuspide. 14 Lucio Guerra - Introduzione al teorema di Riemann-Roch

15 9 La struttura di gruppo su una cubica piana Nel corso di geometria del secondo anno abbiamo visto che su una cubica non singolare C in P 2 si definisce una operazione tale che (C, ) è un gruppo abeliano. Il punto difficile è verificare la proprietà associativa. Una dimostrazione completa, che utilizza il cosiddetto teorema fondamentale di M. Noether, si trova in [Fulton], ch. 5, 6, p Esiste un collegamento tra l operazione geometrica sulla cubica e l operazione naturale + sul gruppo delle classi di divisori della cubica, e questo porta a due risultati: una dimostrazione più semplice della proprietà associativa di, che utilizza il teorema di Riemann-Roch, e una descrizione del gruppo ClDiv 0 (C) per una cubica piana proiettiva. Sia C una curva arbitraria. Un punto p C determina un divisore, indicato con lo stesso simbolo, il divisore in cui compare il solo punto p con molteplicità 1, e questo determina una classe di equivalenza lineare [p] ClDiv(C). Fissato un punto ausiliario o, si definisce l applicazione C ClDiv 0 (C) tale che p [p o]. Notare che questa applicazione dipende dal punto o, in generale. È chiaro che l applicazione naturale C ClDiv(C) tale che p [p] si ricostruisce da questa applicazione C ClDiv 0 (C). Sia ora C una cubica non singolare in P 2. Ricordiamo come si definisce su C l operazione geometrica. Per ogni coppia di punti p, q C esiste una unica retta R in P 2 tale che C R = p + q + r con r C opportuno (se p q allora R è la retta congiungente p, q, mentre se p = q allora R è la retta tangente proiettiva T p (C)), e si pone ϕ(p, q) := r. Scelto un punto origine o C, si definisce p q := ϕ(o, ϕ(p, q)). Notare che la definizione dipende dalla scelta del punto origine. Proposizione 9.1. Se p, q, r, s sono punti arbitrari della cubica C, si ha: (a) p q se e solo se p = q; (b) p + q r + s se e solo se ϕ(p, q) = ϕ(r, s); (c) se o C è l origine per l operazione, allora: p q = r se e solo se p + q r + o. Dimostrazione. (a) Il teorema di Riemann-Roch ci dice che l(p) = 1, cioè L(p) = K, si veda l esempio 7.4, punto 2. Se q p = div(f) allora f K e quindi q = p. Lucio Guerra - Introduzione al teorema di Riemann-Roch 15

16 (b) I divisori del tipo C R al variare della retta R sono linearmente equivalenti, si veda l esempio 4.2. Poichè p + q + ϕ(p, q) r + s + ϕ(r, s), allora si ha p + q r + s se e solo se ϕ(p, q) ϕ(r, s) e, per il punto (a), questo si ha se e solo se ϕ(p, q) = ϕ(r, s). (c) Per definizione si ha p q = r se e solo se ϕ(p, q) = ϕ(r, o) e, per il punto (b), questo si ha se e solo se p + q r + o. Proposizione 9.2. Sia o C l origine scelta per l operazione. Allora: (1) l operazione è associativa, dunque (C, ) è un gruppo abeliano; (2) l applicazione (C, ) ClDiv 0 (C) tale che p [p o] è un isomorfismo di gruppi. Dimostrazione. L applicazione di cui al punto (2) conserva le operazioni. Infatti, per il punto (c) della proposizione precedente, p q = r implica p o + q o r o, e quindi [p o] + [q o] = [r o]. Inoltre l applicazione in questione è biiettiva. Iniettiva: p 0 q o implica p q e questo implica p = q, per il punto (a) della proposizione precedente. Suriettiva: un divisore di grado 0 si scrive come D = n i p i con n i = 0, e si può anche scrivere D = n i (p i o), dunque D proviene dal punto n i p i, grazie al fatto che l applicazione conserva le operazioni. Osservazione 9.3. Come conseguenza immediata della proposizione precedente abbiamo che la struttura di gruppo che si costruisce su C è essenzialmente indipendente dalla scelta del punto origine o. Per completezza dell informazione è utile menzionare i seguenti risultati. Se C è una cubica irriducibile singolare in P 2, la stessa costruzione porta a definire una operazione di gruppo sull insieme dei punti semplici C ns. Non è difficile dimostrare in modo diretto che il gruppo (C ns, ) è isomorfo al gruppo additivo K, per la cubica cuspidale, oppure al gruppo moltiplicativo K, per la cubica nodale. Notare che in ogni caso si ha ClDiv 0 (C ns ) = {0}. 10 Curve di genere 0 Sia C una curva proiettiva. Si dice che C è una curva razionale se esiste una applicazione razionale dominante P 1 C, e sappiamo che necessariamente questa applicazione si estende a una applicazione regolare suriettiva P 1 C. La retta P 1 ha genere 0, e vedremo che ogni curva razionale ha genere 0. Proposizione Sia C una curva proiettiva non singolare. Sono condizioni equivalenti: 16 Lucio Guerra - Introduzione al teorema di Riemann-Roch

17 1. C è razionale, 2. C ha genere 0, 3. C è isomorfa a P 1. Dimostrazione. Sia C una curva proiettiva non singolare. (1 2) Supponiamo che C sia razionale. Una applicazione razionale dominante P 1 C induce una estensione di campi K(C) K(P 1 ) e quindi un omomorfimo Ω(C) Ω(P 1 ) tra gli spazi dei differenziali razionali. Dimostriamo che questo omomorfismo è iniettivo. Sia f K(C) K e sia f K(P 1 ) l immagine di f, è chiaro che anche f K. Allora df Ω(C) è trasformato in df Ω(P 1 ). Poiché df è una base di Ω(C) su K(C) e poiché df 0, si deduce l affermazione precedente. Ma abbiamo in effetti una applicazione regolare suriettiva P 1 C. Dimostriamo che allora l omomorfismo Ω(C) Ω(P 1 ) trasforma differenziali regolari in differenziali regolari. Se ω Ω[C] è trasformato in ω Ω(P 1 ), per ogni punto p P 1, detto q C il punto corrispondente, possiamo scrivere ω = gdf con f, g O q (C), e di conseguenza ω = g df con f, g O p (P 1 ), dunque ω è regolare in ogni punto. Rimane così indotto un omomorfismo Ω[C] Ω[P 1 ], ancora iniettivo. Poichè Ω[P 1 ] = 0 allora Ω[C] = 0, cioè g(c) = 0. (2 3) Supponiamo che g(c) = 0. Il teorema di Riemann-Roch ci dice che l(p) > 1, vedere l esempio 7.4, punto 1. Significa che esiste f L(p) K, cioè una funzione razionale su C tale che div (f) = p. Questo implica che anche div 0 (f) ha grado 1, per la proposizione 3.3. A questo punto si deve ricorrere a un risultato che non abbiamo dimostrato nel corso, per il quale una dimostrazione, non proprio illuminante, si può trovare in [Fulton], p. 194, prop. 4. Sia f : C K una funzione razionale su una curva proiettiva non singolare, e sia d := [K(C) : K(t)] il grado della corrispondente estensione di campi K(t) K(C). Si ha allora deg div 0 (f c) = d per ogni c K. Nella situazione precedente abbiamo dunque d = 1, quindi un isomorfismo K(t) K(C), cioè f : C K è un applicazione birazionale, che pertanto si estende a un isomorfismo C P Curve di genere 1 Sappiamo che una cubica non singolare in P 2 ha genere 1. Proposizione Una curva proiettiva non singolare di genere 1 è isomorfa a una cubica piana. Lucio Guerra - Introduzione al teorema di Riemann-Roch 17

18 Dimostrazione. Sia C una curva proiettiva non singolare di genere 1. Il teorema di Riemann-Roch ci dice che si ha l(np) = n per ogni n > 0, si veda l esempio 7.4, punto 2. Studiamo la successione K = L(p) L(2p) L(3p) L(6p). Prendiamo in L(2p) una base del tipo 1, f. Allora div (f) = 2p. La funzione f : C K corrisponde alla estensione di campi K(f) K(C) e, per lo stesso risultato utilizzato nella dimostrazione del paragrafo precedente, abbiamo che [K(C) : K(f)] = 2. Costruiamo ora in L(3p) una base del tipo 1, f, g. Allora div (g) = 3p. Questo implica che g K(f). Infatti un elemento di K(f) si rappresenta come f e u con u K(f) tale che ord (u) = 0 e l ordine ord (f e u) = e ord (f) = 2e è sempre un intero pari. Di conseguenza K(C) = K(f, g). In L(6p) le funzioni 1, f, g, f 2, fg, g 2, f 3 sono linearmente dipendenti, dunque soddisfano una relazione che si può esprimere nella forma ag 2 + (bf + c)g = p(f) dove p(x) è un polinomio in una variabile di grado 3 e dove a, b, c sono scalari. Poiché g K(f) deve essere a 0, e allora è lecito assumere a = 1. Calcolando ord p dei vari termini, poiché ord p (bf + c)g = 5, troviamo che deve essere deg p = 3. Il polinomio y 2 + (bx + c)y p(x) valutato in x = f è il polinomio minimo di g su K(f), in particolare è un polinomio irriducibile. Questo polinomio definisce una cubica in A 2 e quindi una cubica completata C in P 2. Scriviamo K(C ) = K( x, ȳ), con la solita notazione. L isomorfismo naturale K(C ) = K( x, ȳ) K(f, g) = K(C) determina un applicazione birazionale C C. La cubica C è certamente non singolare, altrimenti sarebbe una curva razionale e anche la curva C sarebbe razionale. Di conseguenza si ha un isomorfismo C C. Riassumendo: la classificazione delle curve di genere 1 (proiettive non singolari) coincide con la classificazione delle cubiche non singolari in P 2 (proposizione 11.1), e per queste curve la classificazione a meno di isomorfismi coincide con la classificazione e meno di proiettività (proposizione 8.1), che sappiamo controllata dall invariante modulare. 18 Lucio Guerra - Introduzione al teorema di Riemann-Roch

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