Geometria della Programmazione Lineare

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1 Capitolo 2 Geometria della Programmazione Lineare In questo capitolo verranno introdotte alcune nozioni della teoria dei poliedri che permetteranno di cogliere gli aspetti geometrici della Programmazione Lineare e del suo algoritmo risolutivo più noto, trattato nel capitolo successivo. 2.1 Insiemi convessi e poliedri Un semispazio chiuso in R n è un insieme della forma{x R n a T x β}, dove a R n {0} e β R. Scritto per esteso, un semispazio chiuso è l insieme dei punti di R n che soddisfano una disequazione del tipo a 1 x 1 + +a n x n β. Un poliedro in R n è l intersezione di un numero finito di semispazi chiusi. In altre parole, un poliedro è un insieme che può essere scritto nella forma{x R n Ax b}, dove A R m n e b R m. Si noti che la regione ammissibile di un qualunque problema di programmazione lineare è un poliedro(eventuali vincoli scritti sotto forma di equazioni possono essere sostituiti ciascuno con una coppia di disequazioni opposte). Un insieme K R n si dice convesso se, per ogni coppia di punti y,z K, il segmento di retta che congiunge y e z è contenuto in K, cioè se λy+(1 λ)z K per ogni scelta di y,z K e λ [0,1]. Proposizione 2.1 Valgono le seguenti proprietà: (i) Ogni semispazio chiuso è convesso. (ii) L intersezione di insiemi convessi è un insieme convesso. (iii) Ogni poliedro è convesso. Dimostrazione. (i) Sia S il semispazio chiuso definito dalla disequazione a T x β e scegliamo arbitrariamente y,z S e λ [0,1]. Allora a T (λy+(1 λ)z)=λa T y+(1 λ)a T z λβ+(1 λ)β=β, dove la disuguaglianza vale perché y,z S, λ 0 e 1 λ 0. Dunque λy+(1 λ)z S, da cui segue che S è convesso. 5

2 6 CAPITOLO 2. GEOMETRIA DELLA PROGRAMMAZIONE LINEARE (ii) Per semplicità di scrittura diamo la dimostrazione per il caso in cui vengono intersecati due insiemi convessi, ma l argomento è identico per il caso di più insiemi convessi (anche se noninnumerofinito). SianoK 1 ek 2 dueinsiemi convessi edefiniamok=k 1 K 2. Scegliamo arbitrariamente y,z K e λ [0,1]. Allora il punto λy+(1 λ)z appartiene sia a K 1 che a K 2 (in quanto questi due insiemi sono convessi) e dunque a K. Ne segue che K è convesso. (iii) Poiché un poliedro è l intersezione di un numero finito di semispazi chiusi, il risultato segue dalle proprietà (i) e (ii). Chiudiamo questa sezione con una definizione. Un punto x R n è detto combinazione convessa dei punti y,z R n se x è contenuto nel segmento di retta che congiunge y e z, cioè se esiste λ [0,1] tale che x=λy+(1 λ)z. Se, inoltre, x y e x z, allora si dice che x è combinazione convessa propria di y e z; si noti che in tal caso si ha necessariamente λ ]0,1[. 2.2 Punti estremi, punti esposti, soluzioni di base, vertici Dato un insieme convesso K R n, un punto x K è un punto estremo di K se x non è combinazione convessa propria di due punti di K, cioè se non esistono due punti y,z K {x} e λ ]0,1[ tali che x=λy+(1 λ)z. Dato un insieme convesso K R n, un punto x K è un punto esposto di K se esiste c R n tale che c T x<c T x per ogni x K { x}. In altre parole, x è un punto esposto di K se esiste una funzione obiettivo lineare per cui x è l unico punto ottimale di K. Come vedremo più sotto, ogni punto esposto di un insieme convesso K è un punto estremo di K, ma la Figura 2.1 mostra che il viceversa non è vero. Dimostreremo, tuttavia, che i concetti di punto estremo e punto esposto coincidono nel caso in cui K sia un poliedro (Figura 2.2). Prima di verificare questo fatto, introduciamo alcune ulteriori definizioni. c x c ȳ w ū K z Figura 2.1: Un insieme convesso K e tre suoi punti estremi x, ȳ, z. Di questi, solo x e ȳ sono anche punti esposti di K. Per ciascuno di questi due punti è rappresentato un vettore c come nella definizione di punto esposto. I punti ū e w, invece, non sono né punti estremi né punti esposti di K. Consideriamo un generico sistema di equazioni e/o disequazioni lineari in R n : a T i x=b i, i=1,...,k (2.1) a T ix b i, i=k+1,...,m. (2.2)

3 2.2. PUNTI ESTREMI, PUNTI ESPOSTI, SOLUZIONI DI BASE, VERTICI 7 c c x w P z ȳ c c Figura 2.2: Nel caso di un poliedro P, i punti estremi sono esattamente i punti esposti. I vincoli (2.1) (2.2) sono detti linearmente indipendenti se i vettori{a i } i=1,...,m sono linearmente indipendenti. Dati un punto x R n e un indice i {1,...,m}, l i-esimo vincolo è attivo in x se a T i x=b i. Un punto x R n è detto una soluzione di base del sistema di vincoli (2.1) (2.2) se (i) a T i x=b i per i=1,...,k, (ii) esistono n vincoli del sistema attivi in x che sono linearmente indipendenti. Si noti che non è richiesto che una soluzione di base soddisfi anche tutti i vincoli di disuguaglianza (2.2); quando questo avviene, la soluzione di base è detta soluzione di base ammissibile. Teorema 2.2 Sia P R n il poliedro definito dal generico sistema (2.1) (2.2). Dato un punto x P, le seguenti affermazioni sono equivalenti: (i) x è un punto estremo di P; (ii) x è un punto esposto di P; (iii) x è una soluzione di base ammissibile del sistema (2.1) (2.2). Dimostrazione. (i) (iii) Supponiamo che x sia un punto estremo di P. Poiché x P, x soddisfa tutti i vincoli del sistema. Allora, per dimostrare che x è una soluzione di base ammissibile, basterà dimostrare che esistono n vincoli del sistema attivi in x che sono linearmente indipendenti. Scriviamo il sistema (2.1) (2.2) nella forma matriciale Ax b, dove A R m n, b R m e la notazione indica che su ciascuna riga del sistema appare il simbolo = oppure il simbolo. Sia A = la sottomatrice di A formata dalle righe che corrispondono ai vincoli del sistema che sono attivi in x; sia A < la sottomatrice di A formata dalle righe rimanenti. Definiamo b = e b < come i sottovettori di b corrispondenti ad A = e A < rispettivamente. Allora valgono le condizioni A = x=b = A < x<b <. Dire che esistono n vincoli del sistema attivi in x che sono linearmente indipendenti equivale a dire che rk(a = )=n. Supponiamo per contraddizione che rk(a = )<n. Allora esiste un vettore

4 8 CAPITOLO 2. GEOMETRIA DELLA PROGRAMMAZIONE LINEARE non-nullo v R n tale che A = v=0. Scelto uno scalare ε>0 e definiti i vettori y= x+εv e z= x εv, si ha A = y=a = x+εa = v=a = x+0=b =, A = z=a = x εa = v=a = x 0=b = ; inoltre, se ε è scelto sufficientemente piccolo, si ha A < y=a < x+εa < v b <, A < z=a < x εa < v b <. Dunque y e z soddisfano tutti i vincoli del sistema e sono quindi punti di P. Tuttavia, poiché x= 1 2 y+ 1 2z, x y e x z, si ha che x è combinazione convessa propria di y e z, in contraddizione con il fatto che x è un punto estremo di P. (iii) (ii) Supponiamo che x sia una soluzione di base ammissibile. Definiamo A =, A <, b = e b < come sopra. Possiamo assumere senza perdita di generalità che, per un qualche intero p 0, le righe di A = siano i vettori a T 1,...,aT p e che b= =(b 1,...,b p ) T. Scegliamo c=a 1 + +a p : dimostreremo che c T x<c T x per ogni x P { x}, da cui x è un punto esposto di P. Per ogni x P si ha c T x=a T 1 x+ +at p x b 1+ +b p =a T 1 x+ +at p x=ct x. Dunque c T x c T x per ogni x P e l uguaglianza vale se e solo se a T i x=b i per i=1,...,p, cioè se e solo se A = x=b =. Poiché x è una soluzione di base, la matrice A = ha rango n, dunque il sistema A = x=b = ha x come unica soluzione. Pertanto c T x<c T x per ogni punto x P { x}. (ii) (i) Supponiamo che x sia un punto esposto di P e sia c R n tale che c T x<c T x per ogni x P { x}. Assumiamo per assurdo che x non sia un punto estremo di P. Allora esistono due punti y,z P ed uno scalare λ ]0,1[ tali che x=λy+(1 λ)z, x y e x z. Per la scelta di c, abbiamo c T y<c T x e c T z<c T x. Ne segue che c T x=c T (λy+(1 λ)z)=λc T y+(1 λ)c T z<λc T x+(1 λ)c T x=c T x, dove la disuguaglianza vale perché λ>0 e 1 λ>0. Abbiamo dunque ottenuto la contraddizione ct x<c T x. Si noti che per dimostrare l implicazione(ii) (i) non abbiamo sfruttato il fatto che P è un poliedro. Ne segue che ogni punto esposto di un insieme convesso K è un punto estremo di K, mentre il viceversa vale solo per poliedri. (Infatti per mostrare l implicazione inversa siamo passati attraverso il concetto di soluzione di base ammissibile, che ha senso solo per sistemi lineari e dunque solo per poliedri.) I punti estremi (cioè i punti esposti) di un poliedro sono anche detti vertici. Non diamo qui la definizione di vertice per un generico insieme convesso, ma menzioniamo il fatto che nel caso di poliedri la nozione di vertice coincide con quelle di punto estremo e punto esposto. Nel seguito vedremo che le soluzioni di base ammissibili giocano un ruolo fondamentale in programmazione lineare. Conviene sempre tenere presente l interpretazione geometrica delle soluzioni di base ammissibili, cioè il fatto che esse corrispondono ai punti estremi (cioè ai punti esposti) della regione ammissibile.

5 2.3. SOLUZIONI DI BASE PER PROBLEMI IN FORMA STANDARD Soluzioni di base per problemi in forma standard Sia P R n un poliedro definito da un sistema lineare in forma standard Ax=b (2.3) x 0, (2.4) con A R m n e b R m. Nel seguito assumeremo che P. In particolare, il sistema Ax = b ammette una soluzione, da cui segue che rk(a) = rk(a b). Possiamo assumere senza perdita di generalità che le righe di A siano linearmente indipendenti (cioè che rk(a) = m): in caso contrario, se si avesse cioè rk(a)=m < m, potremmo tenere nel sistema m equazioni linearmente indipendenti e rimuovere le altre senza alterare l insieme delle soluzioni ammissibili, riducendoci così ad avere un sistema A x=b con m righe e rk(a )=m. Vogliamo caratterizzare le soluzioni di base del sistema (2.3) (2.4). Da ora in avanti, denoteremo con A j, j = 1,...,n, le colonne di A. Dato un sottoinsieme S {1,...,n}, indicheremo con A S la sottomatrice di A formata dalle colonne A j con j S. Data una matrice A R m n di rango m, un insieme B {1,...,n} è detto una base di A se B =m e la matrice A B è invertibile. Con riferimento ad un sistema in forma standard del tipo (2.3) (2.4), B viene anche detta una base del sistema. I risultati seguenti giustificano l utilizzo del termine base. Proposizione 2.3 Un punto x R n è una soluzione di base del sistema in forma standard (2.3) (2.4) se e solo se A x=b ed esiste una base B di A tale che x j =0 per ogni j B. Dimostrazione. Supponiamo che x sia una soluzione di base del sistema (2.3) (2.4). Allora esistono n vincoli attivi in x che sono linearmente indipendenti. Si noti che gli m vincoli del sistema Ax = b sono necessariamente attivi in x. Inoltre, poiché rk(a) = m, tali vincoli sono linearmente indipendenti. Dunque esistono n m vincoli di non-negatività attivi in x, diciamo le disuguaglianze x j 0 per j N, dove N {1,...,n} e N =n m, tali che i vincoli a T ix=b i, i=1,...,m (2.5) x j 0, j N, (2.6) siano linearmente indipendenti. In altre parole, la matrice del sistema (2.5) (2.6) è invertibile. Amenodipermutarelevariabili, possiamoassumerechen={m+1,...,n}. Definiamoinoltre B={1,...,m}. Allora la matrice del sistema (2.5) (2.6) è la seguente: ( A B A N ), (2.7) 0 I dove I denota la matrice identità(n m) (n m). Poiché, come detto, la matrice (2.7) è invertibile, anche A B è invertibile. Dunque B è una base di A. Inoltre, siccome i vincoli x j 0 per j N sono attivi in x, si ha x j =0 per j N (cioè per j B), come volevasi dimostrare. Viceversa, supponiamo che A x=b ed esista una base B di A tale che x j =0 per ogni j B. A meno di permutare le variabili, possiamo assumere che B={1,...,m}. Definiamo inoltre N={m+1,...,n}. Poiché B è una base di A, la sottomatrice A B è invertibile, dunque anche la matrice (2.7) è invertibile. Pertanto i vincoli (2.5) (2.6) sono linearmente indipendenti e sono attivi in x, cioè x è una soluzione di base del sistema (2.3) (2.4).

6 10 CAPITOLO 2. GEOMETRIA DELLA PROGRAMMAZIONE LINEARE Corollario 2.4 Un punto x R n è una soluzione di base del sistema in forma standard (2.3) (2.4) se e solo se A x=b e i vettori{a j } j S sono linearmente indipendenti, dove S= {j {1,...,n} x j 0}. Dimostrazione. Se x è una soluzione di base del sistema (2.3) (2.4), allora per la proposizione precedente esiste una base B di A tale che{a j } j S {A j } j B ; inoltre, tali vettori sono linearmente indipendenti per definizione di base. Viceversa, seivettori{a j } j S sonolinearmenteindipendenti,allorapossiamoscegliere una base B di A tale che S B. Dunque x j =0 per ogni j B. Per la proposizione precedente, x è una soluzione di base del sistema (2.3) (2.4). Osservazione 2.5 Data una base B del sistema in forma standard (2.3) (2.4), esiste un unico vettore x che soddisfa A x=b e x j =0 per j B. Dimostrazione. A meno di permutare le variabili, possiamo assumere che B={1,...,m}. Sia inoltre N={m+1,...,n}. Se x R n è un vettore che soddisfa Ax=b e x j = 0 per j B, allora b=ax=a B x B +A N x N =A B x B. Poiché B è una base di A, la matrice A B è invertibile. Pertanto l unica scelta possibile per x B è data da x B =A 1 B b. Ne segue che vi è un unico vettore x che soddisfa A x=b e x j=0 per j B, precisamente il vettore x le cui componenti sono definite da x B =A 1 B b e x N=0. L osservazione precedente permette di dare la seguente importante definizione. Data una base B del sistema in forma standard (2.3) (2.4), la soluzione di base relativa a B è l unico vettore x che soddisfa A x=b e x j =0 per j B, cioè il vettore definito da x B =A 1 B b x N =0. Se x è una soluzione ammissibile del sistema (2.3) (2.4), cioè se x B = A 1 B b 0, allora B è detta una base ammissibile del sistema (2.3) (2.4). Siamo ora in grado di dimostrare il seguente importante risultato, che viene spesso considerato parte integrante del Teorema Fondamentale della Programmazione Lineare (Teorema 1.1). Teorema 2.6 Se un programma lineare in forma standard max c T x (2.8) s.a Ax=b (2.9) x 0 (2.10) ha una soluzione ottima, allora ha una soluzione ottima che è una soluzione di base ammissibile. Dimostrazione. Tra tutte le soluzioni ottime del problema dato (ce n è almeno una per ipotesi), ne scegliamo una che abbia il numero massimo di componenti nulle e la chiamiamo x. Dimostreremo che x è una soluzione di base (ovviamente ammissibile).

7 2.3. SOLUZIONI DI BASE PER PROBLEMI IN FORMA STANDARD 11 Supponiamo che x non sia una soluzione di base e definiamo S={j x j >0}={j x j 0}. PerilCorollario2.4, ivettori{a j } j S sonolinearmentedipendenti. Dunquepossiamoottenere il vettore nullo come combinazione lineare di tali vettori, dove i coefficienti della combinazione non sono tutti nulli: in altre parole, esiste v R S tale che v 0 e A S v=0. Possiamo assumere senza perdita di generalità che v abbia almeno una componente positiva (in caso contrario basta rimpiazzare v con v). Estendiamo v ad un vettore v R n come segue: v j, j S v j = 0, j S. Si noti che A v=0 e v ha almeno una componente positiva. Per ogni ε 0 si ha A( x±ε v)=a x±εa v= b; inoltre, poiché v j = 0 per ogni j S, si ha v j = 0 per ogni j tale che x j = 0. Allora, se ε>0 è scelto sufficientemente piccolo, entrambi i punti x+ε v e x ε v sono soluzioni ammissibili. Inoltre, poiché x è una soluzione ottima, si ha c T x c T ( x+ε v)=c T x+εc T v, c T x c T ( x ε v)=c T x εc T v, da cui segue che c T v=0. Consideriamo un punto della forma x ε v con ε 0. Poiché c T v=0, il punto x ε v è una soluzione ottima per ogni ε 0 per cui il punto stesso è ammissibile. Ci chiediamo ora quali siano i valori ε 0 per cui il punto x ε v è ammissibile. Questo avviene se e solo se x j ε v j 0 per ogni j= 1,...,n. Si noti che se j è un indice tale che v j 0, allora, poiché x j 0, si avrà x j ε v j 0 per ogni ε 0. Dunque il punto x ε v è ammissibile se e solo se x j ε v j 0 per ogni j {1,...,n} tale che v j >0, cioè se e solo se ε x j / v j per ogni j {1,...,n} tale che v j >0. (2.11) Sia h un indice tale che v h >0 per cui il valore x h / v h sia il più piccolo possibile. Come assunto in precedenza, il vettore v ha almeno una componente positiva, dunque h è ben definito. Poniamo ora ε= x h / v h e x = x ε v. Poiché ε soddisfa la condizione (2.11), il punto x è ammissibile. Inoltre, x h = x h ε v h = 0, mentre, per ogni j S, si ha x j = x j ε v j = 0 0=0. Dunque x è una soluzione ottima con almeno una componente nulla in più rispetto a x, il che contraddice la scelta di x. Il teorema precedente chiarisce perché la programmazione lineare sia considerata parte dell ottimizzazione discreta nonostante la regione ammissibile di un programma lineare sia una regione continua: il fatto che, quando esiste una soluzione ottima, ce ne sia una che è una soluzione di base ammissibile permette di limitare la ricerca dell ottimo alle sole soluzioni di base ammissibili, che sono in numero finito (come segue dalla definizione di base). Dunque la programmazione lineare può essere vista come un problema di ottimizzazione discreta. Come vedremo nel capitolo successivo, questa osservazione è alla base del metodo del simplesso. Il teorema precedente ha anche la seguente immediata conseguenza. Corollario 2.7 Se un sistema in forma standard ha una soluzione ammissibile, allora ha una soluzione di base ammissibile. Dimostrazione. Un sistema in forma standard ha la forma (2.9) (2.10). Scegliendo c = 0 come vettore dei coefficienti della funzione obiettivo, ogni soluzione ammissibile del problema

8 12 CAPITOLO 2. GEOMETRIA DELLA PROGRAMMAZIONE LINEARE (2.8) (2.10) è una soluzione ottima. Il teorema precedente mostra che il programma lineare così ottenuto ha una soluzione ottima che è una soluzione di base ammissibile; nel nostro caso, possiamo parafrasare dicendo che il problema ha una soluzione ammissibile che è una soluzione di base ammissibile. Chiudiamo il capitolo con un importante precisazione. Mentre abbiamo visto che ogni sistema in forma standard che ammetta soluzione ha una soluzione di base ammissibile, questo non è sempre vero per sistemi lineari generali. Ad esempio, il sistema di vincoli x 1 +x 2 +x 3 1 x 1 +x 2 0 x 3 0 non ha alcuna soluzione di base, in quanto non è possibile estrarre dal sistema tre vincoli linearmente indipendenti. Tuttavia il sistema ammette soluzioni (ad esempio l origine). Geometricamente, questo sistema definisce un poliedro non vuoto privo di vertici e dunque privo di soluzioni di base ammissibili.

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