Università degli Studi di Torino Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Corso di Laurea in Matematica TESI DI LAUREA SPECIALISTICA

Dimensione: px
Iniziare la visualizzazioe della pagina:

Download "Università degli Studi di Torino Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Corso di Laurea in Matematica TESI DI LAUREA SPECIALISTICA"

Transcript

1 Università degli Studi di Torino Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Corso di Laurea in Matematica TESI DI LAUREA SPECIALISTICA SCHEMI DI HILBERT RELATORE: Prof.ssa Margherita Roggero CANDIDATO: Paolo Lella A.A

2 La mathématique était devenue pour moi une maîtresse toujour accueillante à mon désir. Alexandre GROTHENDIECK [R&S]

3 Introduzione L oggetto di studio di questo lavoro è lo schema di Hilbert. Per darne una definizione, bisogna introdurre l idea moderna di famiglia di varietà in geometria algebrica: una famiglia è rappresentata da un morfismo f : X Y, gli elementi della famiglia sono le controimmagini mediante f dei punti di Y e il generico punto y Y ha il ruolo di parametro. Fissato uno spazio proiettivo P r, lo schema di Hilbert, associato al polinomio P(z), è uno schema parametro di una famiglia di sottoschemi di P r con polinomio di Hilbert P(z). Si tratta di una famiglia speciale, in quanto tra gli elementi della famiglia si trovano tutti i possibili sotttoschemi con tale polinomio. La dimostrazione di esistenza dello schema di Hilbert è dovuta al padre degli schemi, Grothendieck (dimostrazione presente nei Séminaire Bourbaki dei primi anni 60) e, per esempio, Hartshorne ne ha dimostrato la connessione. Oltre a questo, si conoscono poche altre proprietà generali ed alcune caratterizzazioni approfondite in casi particolari; per questi motivi lo schema di Hilbert è attualmente oggetto di ricerca e questo lavoro ha come obiettivo la presentazione di alcune idee nuove in proposito. Il Capitolo 1 contiene un riepilogo riguardante le basi di Gröbner, utilizzate poi per dimostrare il noto Teorema delle Sizigie di Hilbert. L impostazione seguita è quella presentanta nel libro [CLOb]. Nella seconda parte del capitolo, si espone il risultato più importante per il proseguio: mediante le risoluzioni libere di moduli, si arriva alla dimostrazione che la funzione di Hilbert HF(n) di un modulo graduato è polinomiale per n sufficientemente grande. I Capitoli 2 e 3 sono dedicati all apprendimento del linguaggio degli schemi. La geometria algebrica classica ha come oggetto di studio varietà e algebre su campi; l idea introdotta da Grothendieck con gli schemi è di estendersi ad oggetti che comprendano anche gli anelli commutativi con unità. La fonte principale di riferimento per questa parte è il manuale per eccellenza di geometria algebrica, cioè il libro di Hartshorne [Hart]. Nella seconda parte del Capitolo 3 vengono quindi introdotti fasci coerenti e strumenti coomologici, indispensabili per la costruzione dello schema di Hilbert. ii

4 Introduzione Il Capitolo 4 ha come risultato finale la dimostrazione di esistenza dello schema di Hilbert. La dimostrazione presentata in questo lavoro segue quella illustrata da Sernesi nel libro [Sern]; essa richiede una serie di proprietà e lemmi tecnici a cui è dedicato l intero capitolo. Molto importante è la discussione riguardante la regolarità di Castelnuovo-Mumford; dato un polinomio P(z) il Corollario 4.13 ci fornisce uno strumento per calcolare un limite oltre il quale la funzione di Hilbert di un qualsiasi ideale con polinomio di Hilbert P(z) è polinomiale. L altra idea fondamentale, presentata nella dimostrazione del Teorema 4.23 di esistenza e ripresa nel capitolo successivo, è quella di costruire lo schema di Hilbert come chiuso di una opportuna grassmanniana. Nel Capitolo 5, vengono presentate le idee introdotte da R. Notari e M. L. Spreafico nell articolo [NS]. Esse si basano sull impiego delle basi di Gröbner e hanno aperto nuovi scenari in questo campo. Il risultato di partenza è il teorema dimostrato da Macaulay [Mac] che afferma che un qualsiasi ideale omogeneo ha lo stesso polinomio di Hilbert del suo ideale iniziale. Fissato un ideale monomiale i 0 k[x 0,..., X r ] con polinomio di Hilbert ( z+r r ) P(z) (quindi corrispondente ad un punto di Hilb r P(z) ), si considera l insieme H i 0 = {x Hilb r P(z) In(i x) = i 0 }; H i0 viene detto strato e possiede una naturale struttura di schema molto particolare: riprendendo le idee di Margherita Roggero e Lea Terracini ([RT]), si dimostra che lo strato ha una struttura di schema affine oppure il punto corrispondente all ideale monomiale è singolare. Per poter utilizzare questa stratificazione nello studio dello schema di Hilbert, è necessario identificare i punti degli strati con i punti di un opportuna grassmanniana; nella Sottosezione viene proposto un modo possibile, ottenuto formalizzando la riduzione di S-polinomi come riduzione per righe di matrici. Nell ultima parte del lavoro, viene quindi proposto un algoritmo teorico di stratificazione dello schema di Hilbert, che sintetizza le idee e gli strumenti introdotti nei Capitolo 4 e 5. iii

5 Indice Introduzione ii 1 Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert Introduzione alle basi di Gröbner Costruzione della base di Gröbner Moduli Basi di Gröbner su A p Calcolo delle sizigie Risoluzione libera di moduli Il caso graduato Il polinomio di Hilbert Polinomi numerici Spazi anellati Lo spettro di un anello Esempi non banali Ideali radicali La topologia di Zariski L interpretazione geometrica Fasci Definizione e proprietà elementari Il fascio strutturale su Spec A Spazi anellati Schemi Definizioni Schemi proiettivi Il prodotto fibrato Fasci coerenti Fasci associati a moduli graduati Fasci di ideali iv

6 Indice 3.3 Fibrati proiettivi Coomologia Lo schema di Hilbert Il polinomio di Hilbert di un fascio Morfismi piatti Definizione e costruzione Regolarità di Castelnuovo-Mumford Flattening stratification Il caso delle ipersuperfici Grassmanniane Esistenza Stratificazione dello schema di Hilbert Strumenti Ideale iniziale generico Regolarità e saturazione Strati Strategia computazionale Prospettive La riduzione di matrici Un algoritmo per la stratificazione La stratificazione dello schema di Hilbert Hilb 2 z Bibliografia 136 v

7 Mon approche des mathématiques, depuis l âge de dix-sept ans quand j ai commencé à m y investir à fond, a été de me poser des grandes tâches. C étaient toujours, dès le début, des tâches de mise en ordre, de grand nettoyage. Je voyais un apparent chaos, une confusion de choses hétéroclite ou de brumes parfois impondérables, qui visiblement devaient avoir une essance commune er réceler un ordre, une harmonie encore cachée qu il s agissait de dégager par un travail patient, méticuleux, souvent de longue haleine. Alexandre GROTHENDIECK [R&S]

8 Capitolo 1 Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert 1.1 Introduzione alle basi di Gröbner L idea di partenza delle basi di Gröbner è l estensione al caso dei polinomi in n variabili della divisione con resto nel dominio euclideo k[x]. Disporre di un algoritmo di divisione è la base per poter mettere a punto procedure per risolvere importanti problemi come per esempio l ideal membership. La prima cosa da fare è dare un ordinamento sull insieme T n = {X α = X α Xα n n α = (α 1,..., α n ) N n } dei monomi dell anello k[x 1,..., X n ]. Definizione 1.1. Un term order (o monomial order) è una relazione sull insieme dei monomi X α = X α Xα n n tale che: 1. è un ordine totale; 2. è compatibile con il prodotto, cioè X α, X β, X γ T n X α X β = X α X γ X β X γ ; 3. è un buon ordinamento. Scrivendo gli esponenti di X come n-uple α = (α 1,..., α n ) viene fissato in modo naturale un ordinamento sulle variabili: X 1 X 2... X n 1 X n ; con questa scelta esistono comunque molteplici term order su T n. 2

9 1. Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert Definizione 1.2 (Ordinamento Lex). Siano X α e X β due monomi fissati in k[x 1,..., X n ]. X α Lex X β se α = β oppure se α i = β i, i = 1,..., r, e α r+1 > β r+1. Definizione 1.3 (Ordinamento DegLex). Siano X α e X β due monomi fissati in k[x 1,..., X n ]. X α DegLex X β se α = i=1 n α i > β = i=1 n β i oppure se α = β e X α Lex X β. Definizione 1.4 (Ordinamento RevLex). Siano X α e X β due monomi fissati in k[x 1,..., X n ]. X α RevLex X β se α > β oppure se α = β e α = β o se α = β e α i = β i, i = r,..., n, e α r 1 < β r 1. Esempio 1.5. Dati i monomi X 5 Y 3 Z 2 e X 3 Y 5 Z 2 in k[x, Y, Z] X 5 Y 3 Z 2 > Lex X 3 Y 5 Z 2 ; X 5 Y 3 Z 2 > DegLex X 3 Y 5 Z 2 ; X 5 Y 3 Z 2 > RevLex X 3 Y 5 Z 2 ; Definizione 1.6. Supponiamo ora di aver fissato un term order su T n. Per ogni polinomio f k[x 1,..., X n ], considerata la sua scrittura f = j a j X α j, definiamo il Leading monomial LM( f ) come il monomio massimo X α j di f secondo l ordinamento ; il Leading coefficient LC( f ) come il coefficiente a j del leading monomial di f ; il Leading term LT( f ) = a j X α j dove X α j = LM( f ). Passiamo ora a vedere come possono tornare utili queste definizioni lavorando con ideali di un anello di polinomi. Definizione 1.7. Un ideale i di k[x 1,..., X n ] di dice monomiale se soddisfa le seguenti condizioni equivalenti: 1. se f i, allora ogni monomio di f appartiene ad i; 2. i è generato dall insieme dei suoi monomi; 3. i = (X α 1,..., X α r). Un insieme minimale di generatori monomiali si dice base di i. È immediato dimostrare la seguente proprietà Proposizione 1.1. Un ideale monomiale i ha un unica base. 3

10 1. Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert Dimostrazione. Partendo dall insieme di tutti i monomi appartenenti ad i possiamo estrarre un insieme minimale di generatori cancellando tutti i monomi divisibili per qualche altro monomio. Supponiamo quindi di avere due sistemi minimali {X α 1,..., X α r} e {X β 1,..., X β s}. Ogni elemento X α i della prima base dovrebbe dividere un elemento X β j della seconda che a sua volta dovrebbe dividere un elemento X α k, cioè X α i dividerebbe X α k, ma per costruzione l unica possibilità è X α i = X α k ed infine X α i = X β j. Definizione 1.8. Sia i un ideale di k[x 1,..., X n ]. Si definisce ideale iniziale di i (rispetto al term order fissato) l ideale monomiale In(i) = ( {X α X α = LM( f ), per un qualche f i} ). Definizione 1.9. Sia i un ideale di k[x 1,..., X n ] e sia fissato un term order. Si definisce base di Gröbner o G-base un insieme di polinomi { f 1,..., f r } i tali che In(i) = ( LM( f i ),..., LM( f r ) ). Una base di Gröbner si dice ridotta se per ogni i, LC( f i ) = 1 e per ogni j = i, LT( f i ) non divide alcun monomio di f j. A questo punto vorremmo che questo insieme di elementi dell ideale i rappresentasse un insieme di generatori dell ideale. Questo ci è garantito dalla seguente Proposizione 1.2. Sia i un ideale di k[x 1,..., X n ] e sia {X α 1,..., X α r} un insieme di generatori monomiali di In(i). Consideriamo i = 1,..., r un polimonio f i i, tale che X α i = LM( f i ), allora i = ( f 1,..., f r ). Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che esisteno nell ideale i degli elementi che non si possono esprimere come combinazioni lineari degli f i. Tra questi scegliamo un elemento f con leading monomial minimo rispetto al term order fissato. Chiamato X β il leading monomial di f, dal fatto che X β In(i), sappiamo che esiste X α j tra i generatori dell ideale iniziale che divide X β : cioè esiste X γ tale che X β = X γ X α j. Consideriamo ora il polinomio g = f LC( f ) LC( f j ) Xγ f j ; g appartiene ad i ma non si può scrivere come combinazione degli f i, inoltre ha leading monomial minore di LM( f ), contro le ipotesi considerate su f Costruzione della base di Gröbner Vediamo ora come è possibile estendere al caso k[x 1,..., X n ] l algoritmo di divisione dei polinomi. Sia B = { f 1,..., f r } k[x 1,..., X n ] un insieme di 4

11 1. Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert polinomi e sia i = (B). Consideriamo ora un polinomio g e la sua scrittura ordinata g = s j=1 c jx α j, con c j = 0 e X α j > X α j 1. Cerchiamo ora un monomio di g divisibile per un qualche LM( f i ): se non ne troviamo si dice che g non è riducibile rispetto a B. In caso contrario consideriamo X α j, massimo monomio divisibile per i leading monomial di B: esistono f i ed X β tali che X α j = X β LM( f i ). Consideriamo ora il polinomio g 1 = g c jx β LC( f i ) f i; questo passo della riduzione si indica di solito con g B g 1. Ripetendo il procedimento a partire g 1 possiamo continuare la riduzione fino ad ottenere un polinomio g non ulteriormente riducibile su B. Il procedimento termina perché ad ogni passo cancelliamo il monomio massimo divisibile per i leading monomial, quindi la successione dei g k è decrescente e finita, grazie alle proprietà di buon ordinamento. La riduzione completa di g sugli elementi di B si indica con g B + g. Esempio In generale questo procedimento di riduzione, non garantisce l unicità della riduzione come si vede in questo esempio: consideriamo l ordinamento DegLex e il polinomio g = 2X 3 Y 3 + 4Y 2 k[x, Y] e cerchiamo di ridurlo sull insieme di polinomi B = { f 1 = 2xy 2 + 4y 2 + 3x, f 2 = y 2 2y 2}. Il problema che non garantisce l unicità della riduzione sorge quando più di uno dei leading monomials degli elementi di B divide il monomio di g massimo. Procediamo a due differenti riduzioni, nella prima scegliamo sempre di ridurre (se possibile) sul polinomio f 1, nella seconda sul polinomio f 2. 5

12 1. Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert PRIMA RIDUZIONE Step 1 x 3 y 3 = x 2 y LM( f 1 ), g 1 = g 2x2 y 2 f 1 g = g 1 + x 2 y f 1 g 1 = 4x 2 y 3 3x 3 y + 4y 2 Step 2 x 2 y 3 = xy LM( f 1 ), g 2 = g 1 + 4xy 2 f 1 g = g 2 + (x 2 y 2xy) f 1 g 2 = 3x 3 y + 8xy 3 + 3x 2 y + 4y 2 Step 3 xy 3 = y LM( f 1 ), g 3 = g 2 8y 2 f 1 g = g 3 + (x 2 y 2xy + 4y) f 1 g 3 = 3x 3 y + 3x 2 y 16y 3 12xy + 4y 2 Step 4 y 3 = y LM( f 2 ), g 4 = g y f 2 g = g 4 + (x 2 y 2xy + 4y) f 1 16y f 2 g 4 = 3x 3 y + 3x 2 y 12xy 28y 2 32 Step 5 y 2 = 1 LM( f 2 ), g 4 = g f 2 g = g 5 + (x 2 y 2xy + 4y) f 1 (16y + 28) f 2 g 5 = 3x 3 y + 3x 2 y 12xy 56y 88 SECONDA RIDUZIONE Step 1 x 3 y 3 = x 3 y LM( f 2 ), g 1 = g 2x 3 y f 2 g = g 1 + 2x 3 y f 2 g 1 = 4x 3 y 2 + 4x 3 y + 4y 2 Step 2 x 3 y 2 = x 3 LM( f 2 ), g 2 = g 1 4x 3 f 2 g = g 2 + (x2x 3 y + 4x 3 ) f 2 g 2 = 3x 3 y + 8xy 3 + 3x 2 y + 4y 2 Step 3 y 2 = 1 LM( f 2 ), g 3 = g 2 4 f 2 Abbiamo quindi ottenuto g = g 3 + (12x 3 y + 4x 3 + 4) f 2 g 3 = 2x 3 y + 8x 3 + 8y + 8 g = (x 2 y 2xy + 4y) f 1 (16y + 28) f 2 3x 3 y + 3x 2 y 12xy 56y 88 g = (2x 3 y + 4x 3 + 4) f x 3 y + 8x 3 + 8y + 8 Ques arbitrarietà sembrerebbe compromettere l uso della riduzione al fine di capire quando un polinomio appartiene ad un ideale, ma questo inconveniente scompare se come insieme B consideriamo una base di Gröbner. Teorema 1.3. Sia un term order e B = { f 1,..., f r } un sottoinsieme finito di elementi di un ideale i di k[x 1,..., X n ]. Le seguenti condizioni sono equivalenti: 1. B è una base di Gröbner; 6

13 1. Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert 2. g = 0 i, esiste f i B tale che LM( f i ) divide LM(g); 3. g = 0 i, g B + 0; 4. g = 0 i, g = r j=1 h j f j e LM(g) = max j {LM(h j f j )}. Dimostrazione. (1. 2.) È conseguenza diretta della definizione di base di Gröbner, infatti LM(g) In(i) = ( LM( f 1 ),..., LM( f r ) ). (2. 3.) Dalla 2 possiamo dedurre che ogni elemento g = 0 i può essere B ridotto su B. La catena di riduzioni g + g è finita quindi esiste g non ulteriormente riducibile, ma g = g h j f j, quindi g i g = 0. (3. 4.) Applicando la riduzione a g, si ottiene g = s j h j f ij, dove al crescere di j i monomi LM(h i f ji ) sono strettamente decrescenti, cioè LM(g) = LM(h 1 f j1 ) = max i (LM(h i f ji )). Ponendo h j = 0 se f j non compare nella riduzione di g e riordinando i termini si ottiene ( LM(g) = max LM(h j f j ) ). j (4. 1.) Per la 4, innanzitutto gli elementi di B generano l ideale i, inoltre consideriamo un polinomio g e l indice i tale per cui LM(g) = LM(h i f i ): si ricava LM(g) = LM(h i )LM( f i ), cioè LM( f i ) divide LM(g), quindi ( LM( f 1 ),..., LM( f r ) ) = In(i). Corollario 1.4. Sia un term order fissato e sia i un ideale di k[x 1,..., X n ] con una sua base di Gröbner B = { f 1,..., f r }. Allora per ogni polinomio g k[x 1,..., X n ] esiste un unico polinomio g non riducibile su B tale che g B + g. g viene detto resto o forma normale di g modulo B. Dimostrazione. Supponiamo che per g k[x 1,..., X n ] esistano due polinomi g e h tali che g B + g e g B + h. Allora g = g g j f j e h = g h i f i da cui si deduce Per il teorema 1.3, g h g h = h i f i g j f j i. B + 0, ma dal momento che g e h non sono riducibili su B, anche g h non è riducibile quindi g h = 0. 7

14 1. Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert A questo punto non resta che capire come è possibile costruire una G-base. Cominciamo con la seguente Definizione Sia un term order su k[x 1,..., X n ] e siano g 1, g 2 due polinomi in k[x 1,..., X n ]. Si dice S-polinomio di g 1 e g 2 la seguente combinazione lineare S(g 1, g 2 ) = mcm( LM(g 1 ), LM(g 2 ) ) LT(g 1 ) g 1 mcm( LM(g 1 ), LM(g 2 ) ) LT(g 2 ) g 2. (1.1) Teorema 1.5 (Criterio di Buchberger). Fissato un term order su k[x 1,..., X n ], si considerino un ideale i di k[x 1,..., X n ] e un sistema di generatori B = { f 1,..., f r } di i. B è una base di Gröbner di i se e solo se per ogni coppia di elementi f i, f j B, B i = j, vale S( f i, f j ) + 0. Dimostrazione. ( ) Per ogni i, j, S( f i, f j ) appartiene all ideale i, quindi per il B teorema 1.3, S( f i, f j ) + 0. ( ) Dal momento che il processo di riduzione è finito, è sufficiente dimostrare che per ogni polinomio f di i è possibile effettuare un primo passo di riduzione. f si può scrivere come combinazione h i g i in modo non unico; tra i vari modi possibili scegliamo la combinazione in cui il monomio X α = max i {LM(h i f i )} compare il minor numero di volte possibile. X α compare una sola volta. Supponiamo che compaia più di una volta, per comodità X α = LM(h 1 f 1 ) = LM(h 2 f 2 ); X α è quindi multiplo di mcm ( LM( f 1 ), LM( f 2 ) ) : Dal momento che S( f 1, f 2 ) mcm ( LM( f 1 ), LM( f 2 ) ) X α = LM(h 1 f 1 ) = M 1 mcm ( LM( f 1 ), LM( f 2 ) ) mcm ( LM( f 1 ), LM( f 2 ) ) = LM(h 1 ) = M 1. LT( f 1 ) X α = LM(h 2 f 2 ) = M 2 mcm ( LM( f 1 ), LM( f 2 ) ) LT( f 1 ) moltiplicando per un M opportuno = LM(h 2 ) = M 2 mcm ( LM( f 1 ), LM( f 2 ) ) LT( f 2 ) B + 0 possiamo scrivere f 1 = mcm( LM( f 1 ), LM( f 2 ) ) LT( f 2 ) LM(h 1 ) f 1 = M ( LM(h 2 ) f 2. + c j f j ).. f 2. + c j f j, Sostituendo nella scrittura di f scelta al posto di LM(h 1 ) f 1, l espressione sopra troviamo una scrittura in cui il monomio X α compare un minor numero di volte in contrasto con l ipotesi considerata (in quanto c j f j è la riduzione di S( f 1, f 2 ) e quindi ogni monomio di M c j f j è minore di X α ). 8

15 1. Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert Se X α compare una sola volta, allora X α = LM( f ), quindi esiste s tale che LM( f ) = LM(h s )LM( f s ) e quindi possiamo ridurre f, f B f LT(h s ) f s. Algoritmo di Buchberger. Sia un ideale i k[x 1,..., X n ] e un suo sistema di generatori B = { f 1,..., f r }. Per calcolare una G-base a partire da B, si ordinano le coppie ( f i, f j ) e per ogni coppia si calcola S( f i, f j ) ed una sua riduzione B S( f i, f j ) + h ij : se h ij = 0 si passa alla coppia successiva, altrimenti si considera il nuovo sistema di generatori B 1 = B {h ij }. L algoritmo termina in quanto gli ideali iniziali, corrispondenti agli insiemi B i, formano una catena ascendente di ideali che per noetherianità si stabilizza. 1.2 Moduli Cercheremo ora di estendere questi metodi al caso più generale dei moduli. In questa sezione A indicherà sempre l anello dei polinomi in n variabili k[x 1,..., X n ]. Ci limiteremo a considerare moduli del tipo M A p = A A A. }{{} p volte Come per gli spazi vettoriali, gli elementi di un sottoinsieme F = { f 1,..., f r } di M si dicono linearmente indipendenti se l unica combinazione lineare c 1 f c r f r = 0, c i A, f i M a tutti i coefficienti nulli: c 1 =... = c r = 0. Un sistema di elementi linearmente indipendenti che generano tutto il modulo si dice base, ma a differenza degli spazi vettoriali su campi, non tutti i moduli hanno una base. Quando consideriamo quindi un A-modulo M A p, possiamo descrivere gli elementi come vettori colonna e nel caso in cui esista una base F = { f 1,..., f r } ogni elemento di può scrivere in modo unico come combinazione lineare f = c 1 f c r f r, c i A, f i F. Definizione Sia M un A-modulo. M si dice modulo libero se possiede una base. Il caso più semplice da considerare è M = A p, infatti una sua base è formata dagli elementi e 1 = t (1, 0,..., 0), e 2 = t (0, 1,..., 0),..., e p = t (0,..., 0, 1). 9

16 1. Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert In modo naturale si può dimostrare che gli omomorfismi tra due moduli A p e A m possono essere rappresentati come matrici m p a coefficienti in A e viceversa. Introduciamo ora il concetto di sizigia. Proposizione-Definizione 1.6. Sia M un A-modulo e sia ( f 1,..., f r ) una r-upla di elementi di M. L insieme di tutti gli elementi t (c 1,..., c r ) di A r tali che c 1 f c r f r = 0 formano un sottomodulo di A r, chiamato primo modulo di sizigie di ( f 1,..., f r ) e denotato con Syz( f 1,..., f r ). Dimostrazione. Consideriamo due elementi t (a 1,..., a r ) e t (b 1,..., b r ) tali che a 1 f a r f r = 0, b 1 f b r f r = 0; sommando le due equazioni (a 1 + b 1 ) f (a r + b r ) f r = 0, quindi t (a 1 + b 1,..., a r + b r ) appartiene a Syz( f 1,..., f r ). Preso ora un elemento c A, c(a 1 f a r f r ) = ca 1 f ca r f r = 0, quindi t (ca 1,..., ca r ) Syz( f 1,..., f r ). Pensando agli elementi di A r come vettori colonna possiamo rappresentare una collezione di sizigie come colonne di una matrice. Se consideriamo come r-upla di M un sistema di generatori, si definisce matrice presentazione di M una matrice con r righe, le cui colonne sono sizigie che generano Syz( f 1,..., f r ). Esempio Come esempio consideriamo A = k[x, Y, Z] e il suo ideale i = (X 2 YZ, XY Z 2 ). Calcoliamo con Macaulay2 una sua base di Gröbner e quindi la matrice presentazione. i1 : A = QQ[X,Y,Z]; i2 : I = ideal(xˆ2 - Y*Z,X*Y - Zˆ2) 2 2 o2 = ideal (X - Y*Z, X*Y - Z ) o2 : Ideal of A i3 : B = gens gb I o3 = XY-Z2 X2-YZ Y2Z-XZ

17 1. Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert o3 : Matrix A <--- A i4 : SyzB = syz B o4 = {2} X YZ {2} -Y -Z2 {3} -1 -X 3 2 o4 : Matrix A <--- A Quindi le sizigie generatrici di Syz(XY Z 2, X 2 YZ, Y 2 Z XZ 2 ) sono: t (X, Y, 1), X(XY Z 2 ) Y(X 2 YZ) 1(Y 2 Z XZ 2 ) = 0 t (YZ, Z 2, X), YZ(XY Z 2 ) Z 2 (X 2 YZ) X(Y 2 Z XZ 2 ) = Basi di Gröbner su A p Per estendere le tecniche illustrare nella sezione 1.1 dobbiamo innanzitutto estendere un ordinamento monomiale ad A p. Un monomio m di A p è un elemento del tipo X α e i per un qualche i, quindi ogni elemento f A p si può scrivere come f = Per esempio su k[x, Y, Z] 2 ( ) 5XY 4 3XZ f = X 3 + Y 2 = 4 ( ) ( ) ( XY 4 XZ = s c i m i, c i k. i=1 0 X 3 = 5XY 4 e 1 3XZe 1 + X 3 e 2 + Y 2 e 2 4e 2. La definizione di ordine monomiale è analoga alla definizione data per l anello dei polinomi; vogliamo che la relazione sia un ordine totale, compatibile con il prodotto per elementi di A e un buon ordianamento. Partendo dalla convenzione che definiamo i seguenti ordinamenti ) e 1 e 2... e m Definizione 1.14 (Ordinamento TOP = Term Over Position). Sia un term order su A. L estensione TOP di è tale che X α e i TOP X β e j se X α X β oppure se X α = X β e i < j. Definizione 1.15 (Ordinamento POT = Position Over Term). Sia un term order su A. L estensione POT di è tale che X α e i TOP X β e j se i < j oppure se i = j e X α X β ( 0 Y 2 ) 4 ( 0 1 ) =

18 1. Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert Considerato quindi un ordinamento fissato, possiamo scrivere ogni elemento di A p come sommatoria f = s c i m i i=1 tale che m 1 m 2... m s e definire leading monomial, leading term e leading coefficient in modo naturale LM( f ) = m 1, LT( f ) = c 1 m 1, LC( f ) = c 1. A questo punto possiamo definire l algoritmo di divisione. Innanzitutto dati due monomi X α e i e X β e j, si dice che X β e j è divisibile per X α e i se i = j e se X α divide X β. Sia ora F = { f 1,..., f r } un insieme di elementi di A p e sia g un elemento in A p. Si cerca in F un elemento f i tale che il suo leading term divida il leading term di g, cioè tale che esista q A per cui LT(g) = qlt( f ); se non lo si trova, g non è riducibile su F, altrimenti si ripete questo procedimento sul polinomio g 1 = g q f i. La dimostrazione che l algoritmo termina è identica alla dimostrazione della terminazione nel caso degli ideali. Non resta che riprendere le definizioni e i teoremi della sezione 1.1 e generalizzarle al caso dei moduli. Definizione Sia M un sottomodulo di A p e sia un ordine monomiale fissato. Si dice modulo iniziale di M, il sottomodulo In(M) = {LM( f ) f M}. Un insieme G = { f 1,..., f r } M si dice base di Gröbner di M se In(M) = ( LT( f 1 ),..., LT( f r ) ). Proposizione 1.7. Sia G = { f 1,..., f r }, una base di Gröbner per il modulo M A p. g A p, il resto della riduzione di g su G è unico e se g M vale 0; gli elementi di G generano il modulo M: M = ( f 1,..., f r ). Definizione Sia un ordine monomiale su A p e siano g 1, g 2 A p. Si dice S-vettore di g 1 e g 2 la seguente combinazione lineare S(g 1, g 2 ) = mcm( LT(g 1 ), LT(g 2 ) ) g 1 mcm( LT(g 1 ), LT(g 2 ) ) g 2. (1.2) LT(g 1 ) LT(g 2 ) 12

19 1. Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert Teorema 1.8 (Criterio di Buchberger per i moduli). Si considerino un ordine monomiale su A p, un sottomodulo M A p e un sistema di generatori G = { f 1,..., f r } di M. G è una base di Gröbner di M se e solo se per ogni coppia di G elementi f i, f j G, i = j, vale S( f i, f j ) + 0. Algoritmo di Buchberger (per i moduli). Sia M A p un modulo e G = { f 1,..., f r } un suo insieme di generatori. Per calcolare una base di Gröbner a partire da G, si ordinano le coppie ( f i, f j ) e per ogni coppia si calcola S( f i, f j ) ed una sua riduzione S( f i, f j ) G + h ij : se h ij = 0 si passa alla coppia successiva, altrimenti si considera il nuovo sistema di generatori G 1 = G {h ij }. L algoritmo termina in quanto i sottomoduli iniziali, corrispondenti agli insiemi B i, formano una catena ascendente di moduli che per noetherianità si stabilizza. Esempio i1 : A = QQ[X,Y,Z]; i2 : M = matrix{{xˆ2 - Y*Z,X+Z},{X*Z-Yˆ2,Y+Z}} o2 = X2-YZ X+Z -Y2+XZ Y+Z o2 : Matrix A 2 2 <--- A i3 : G = gens gb M o3 = X+Z YZ-Z2 Y+Z XY+Y2-YZ-Z2 o3 : Matrix A 2 2 <--- A Calcolo delle sizigie Vedremo ora come è possibile utilizzare gli strumenti per costruire basi di Gröbner per determinare le sizigie di un ideale e più in generale di un modulo. Consideriamo un term order, un ideale i A e una sua base di Gröbner G = {g 1,..., g r }. Sappiamo quindi che Syz(g 1,..., g r ) è un sottomodulo di A r. Per ogni coppia di elementi g i, g j G, si ha che il resto della riduzione del polinomio S(g i, g j ) è 0, cioè S(g i, g j ) = r a ij k g k, k=1 con a ij k A e LT(aij k g k) LT( S(gi, g j ) ) per ogni k. Denotiamo con a ij l elemento r k=0 aij k e k in A r e definiamo s ij = Xγ LT(g i ) e i Xγ LT(g j ) e j a ij. (1.3) 13

20 1. Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert dove X γ = mcm ( LM(g i ), LM(g j ) ). Scritto come vettore risulta ( ) s ij = t a ij 1,..., X γ LT(g i ) aij i,..., Xγ LT(g j ) aij j,..., aij r e s ij rappresenta una sizigia infatti ( ) a ij 1,..., X γ LT(g i ) aij i,..., Xγ LT(g j ) aij j,..., aij r X γ LT(g i ) g i Xγ LT(g j ) g j r a ij k=0 k g k = S(g i, g j ) r k=0 a ij k g k = 0.. g k. = Nel caso dei moduli, consideriamo un ordine monomiale fissato, il modulo M A p e una sua base di Gröbner G = {g 1,..., g s }. Per ogni coppia (g i, g j ) abbiamo che S(g i, g j ) = s a ij k g k k=1 dove a ij k appartiene ad A e LT(aij k g k ) ( ) LT S(gi, g j per ogni k. Definiamo a ij = a ij 1 ɛ a ij s ɛ s A s ; chiamato m ij il minimo comune multiplo tra LT(g i ) e LT(g j ), per ogni coppia di indici i, j, è definito l elemento s ij = m ij LT(g i ) ɛ i m ij LT(g j ) ɛ j a ij (1.4) in Syz(g 1,..., g s ). Vale il seguente importante risultato Teorema 1.9 (Teorema di Schreyer). Fissato l ordinamento monomiale, sia M A p un modulo e sia G = {g 1,..., g r } una sua base di Gröbner. Le sizigie s ij, definite in (1.4), formano una base di Gröbner del sottomodulo Syz(g 1,..., g r ) A r secondo l ordinamento monomiale G definito nel modo seguente X α ɛ i G X β ɛ j se LT(X α g i ) LT(X β g j ) in A p oppure se LT(X α g i ) = LT(X β g j ) e i > j. Dimostrazione. Per una dimostrazione, si veda [CLOb, Ch. 5, Th. 3.3]. 1.3 Risoluzione libera di moduli Proposizione Sia M un A-modulo. Scegliere r elementi in M è equivalente a fissare un omomorfismo di A-moduli ϕ : A r M. Gli r elementi scelti sono un sistema di generatori se e solo se ϕ è un omomorfismo suriettivo. 14

21 1. Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert Dimostrazione. Siano { f 1..., f r } r elementi di M. Possiamo definire l omomorfismo ϕ ϕ(e i ) = f i. Viceversa preso un omomorfismo ϕ : A r M, fisso gli r elementi {ϕ(e 1 ),..., ϕ(e r )}. Il sottomodulo immagine è im ϕ = ( ϕ(e 1 ) = f 1,..., ϕ(e r ) = f r ), quindi se { f 1..., f r } sono generatori im(ϕ) = M. Viceversa se ϕ è suriettiva, M = im ϕ = ( ϕ(e 1 ),..., ϕ(e r ) ), pertanto {ϕ(e 1 ),..., ϕ(e r )} è un insieme di generatori. Consideriamo quindi un modulo M con un sistema di generatori { f 1..., f r } e il morfismo ϕ definito da esso. L immagine di un qualsiasi elemento in A r è ϕ(g 1,..., g r ) = g 1 f g r f r = r g i f i, i=1 pertanto è immediato osservare che ker ϕ = Syz( f 1,..., f r ). Se consideriamo una presentazione del modulo M, abbiamo fissati anche un insieme di generatori {h 1,..., h s } si Syz( f 1,..., f r ), cioè per la proposizione 1.10, un morfismo ψ : A s Syz( f 1,..., f r ) A r suriettivo. Dal momento che im ψ = ker φ abbiamo la successione esatta A s ψ A r ϕ M 0. Il nucleo di ψ è formato dalle sigizie dell insieme {h 1,..., h s }, quindi possiamo ripetere il ragionamento fatto in precedenza per trovare un omomorfismo χ : A t A s che allunga la successione esatta. Questo procedimento risulta applicabile infinite volte e quindi genera una successione esatta infinita di A-moduli. Definizione Sia M un A-modulo. Una risoluzione libera di M è una successione esatta dove per ogni j, F j = A r j F 2 F 1 F 0 M 0, (1.5) è un A-modulo libero. Se inoltre esiste λ tale che F λ+1 = F λ+2 =... = 0 e F λ = 0, allora la risoluzione si dice finita di lunghezza λ e si scrive 0 F λ F λ 1 F 1 F 0 M 0. (1.6) Nel caso di A-moduli finitamente generati, l esistenza di una risoluzione finita è garantita dal famoso Teorema delle Sizigie di Hilbert. Prima di enunciare e dimostrare questo notevole risultato consideriamo il seguente lemma basato sul Teorema di Schreyer (1.9). 15

22 1. Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert Lemma Sia M A r un A-modulo e sia G una sua base di Gröbner secondo un certo ordinamento monomiale fissato. Se le variabili X 1,..., X m non compaiono nei leading terms degli elementi di G, allora le variabili X 1,..., X m, X m+1 non compaiono nei leading terms degli elementi s ij, definiti dalla (1.4), secondo l ordinamento monomiale introdotto nel Teorema 1.9. Dimostrazione. Ordiniamo gli elementi della base di Gröbner G = {g 1,..., g s } in modo che se LT(g i ) e LT(g j ) contengono entrambi il vettore e k e i < j, allora LM(g i )/e k > Lex LM(g j )/e k secondo il term order lessicografico su A (X 1 > X 2 >... > X n ). Possiamo limitarci a ragionare proprio su queste coppie (g i, g j ) tali che LT(g i ) e LT(g j ) contengono lo stesso vettore della base standard di A s e tali che i < j perché: il minimo comune multiplo di due monomi è non nullo solo se i due monomi contengono lo stesso elemento della base standard; s ij e s ji sono uguali a meno del segno. Chiamato m ij = mcm ( LT(g i ), LT(g j ) ), abbiamo che Infatti LT(s ij ) = m ij LT(g i ) ɛ i. (1.7) 1. LT ( mij ) LT(g i ) g i = LT ( mij LT(g j ) g j ) e i < j = m ij LT(g i ) ɛ i > G m ij LT(g j ) ɛ j; 2. la riduzione di S(g i, g j ) = a ij k g k tale che LT ( S(gi, g j ) ) LT(a ij k g k ) k, cancella i monomi più grandi quindi per k = 1,..., s LT ( mij LT(g i ) g i ) ( > LT S(gi, g j ) ) LT(a ij k g k ) = m ij LT(g i ) ɛ i > G a ij k ɛ k. A questo punto, sfruttando l ipotesi che le variabili X 1,..., X m non compaiono nei leading term di G sappiamo che LM(g i ) e k = X α i m+1 m i, LM(g j ) e k = X α j m+1 m j dove m i e m j sono monomi di A nelle variabili X m+2,..., X n. Per l ipotesi X α i m+1 m i > Lex X α j m+1 m j, α i è maggiore di α j quindi m ij contiene la variabile X m+1 alla potenza α i e, concludendo, LT(s ij ) = m ij LT(g i ) ɛ i non contiene le variabili X 1,..., X m+1. 16

23 1. Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert Teorema 1.12 (Teorema delle Sizigie di Hilbert). Sia M un A-modulo finitamente generato (A = k[x 1,..., X n ]). Allora esiste una risoluzione libera finita di M di lunghezza al più n. Dimostrazione. Dal momento che M è finitamente generato possiamo considerare la presentazione di M ϕ 1 ϕ 0 F 1 F 0 M 0, definita scegliendo un sistema di generatori { f 1,..., f r0 } di M e una base di Gröbner G 0 per il modulo Syz( f 1,..., f r0 ), costruita seguendo il Teorema 1.9. Abbiamo innanzitutto F 0 A r 0. Ordiniamo ora gli elementi di G 0 nel modo illustrato nel lemma 1.11: (g 1,..., g r1 ). Applichiamo nuovamente il Teorema di Schreyer per generare una base di Gröbner G 1, che supponiamo ridotta, di Syz(g 1,..., g r1 ) A r 1. Abbiamo costruito un altro pezzo della successione ϕ 2 ϕ 1 ϕ 0 F 2 F 1 F 0 M 0, e il lemma 1.11 ci garantisce che nel caso peggiore, i leading monomial della base G 1 non contengono la variabile X 1. Iterando questo procedimento, dopo λ n passi, abbiamo la successione esatta ϕ λ 1 ϕ 1 ϕ 0 F λ 1 F 1 F 0 M 0, (1.8) e siamo sicuri che la base di Gröbner G λ di Syz(G λ 1 ) non contiene le variabili X 1,..., X n. I leading terms degli elementi di G λ sono quindi prodotti di costanti per vettori della base standard. Quello che voglio far vedere è che gli elementi di G λ sono linearmente indipendenti. Per prima cosa li ordino in base ai leading terms: (h 1,..., h rλ ) = LT(h 1 )... LT(h rλ ). L ipotesi che G λ sia ridotta mi garantisce la disuguaglianza stretta, quindi nella combinazione lineare c 1 h c rλ h rλ = 0 per annullare LT(h 1 ) devo avere c 1 = 0. Ripetendo il ragionamento sugli elementi (h 2,..., h rλ ) e procedendo per induzione si ottiene c 1 =... = c rλ = 0 = Syz(G λ 1 ) A r λ. Posso quindi completare la successione (1.8) con l immersione Syz(G λ 1 ) = F λ F λ 1. ϕ λ ϕ 1 ϕ 0 0 F λ Fλ 1 F 1 F 0 M 0 (1.9) è quindi una risoluzione libera finita di M di lunghezza al più n (λ n). 17

24 1. Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert Il caso graduato Durante questa discussione, interpreteremo l anello A = k[x 0,..., X n ] dei polinomi in n + 1 variabili con la struttura di anello graduato A = A s. s=0 Definizione Un modulo graduato M su A è una collezione di sottogruppi {M t } t Z di M tale che 1. la struttura di gruppo è M = t Z M t ; 2. la struttura è compatibile con il prodotto per elementi di A, quindi A s M t M s+t. Gli elementi di M t vengono detti omogenei di grado t. Facendo slittare la graduazione di un modulo M, è possibile costruire nuovi moduli graduati. Proposizione-Definizione Sia M = M t un A-modulo graduato. Per un certo d Z fissato, la somma diretta M(d) = M d+t (1.10) t Z è ancora un A-modulo graduato. Se consideriamo come modulo graduato A r, il modulo graduato A r (d) = A(d) r si dice modulo libero twisted di grado d. La graduazione influisce anche sulla definizione di omomorfismi di moduli graduati. Definizione Dati due A-moduli graduati M, N, un omomorfismo ϕ : M N si dice graduato di grado d, se per ogni t Z ϕ(m t ) N t+d. Utilizzando i moduli twisted è facile costruire omomorfismi graduati, per esempio consideriamo un modulo graduato M generato dagli elementi omogenei f 1,..., f r di grado d 1,..., d r. Abbiamo quindi definito un morfismo non graduato tra A r ed M. Per renderlo graduato basta considerare lo stesso omorfismo definito tra A( d 1 )... A( d r ) 18 ϕ M.

25 1. Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert Dal momento che ( ) A( d 1 )... A( d r ) = A( d 1) t... A( d r ) t = A t d1... A t dr t l elemento omogeneo di grado t è del tipo h 1 e h r e r e per ogni i il grado di h i in A è t d i. Pertanto ϕ(h 1 e h r e r ) = h 1 f h r f r è un elemento omogeneo di grado t in M, cioè ϕ è un omomorfismo graduato di grado 0. Si intuisce che ogni omomorfismo ϕ : A m A p può essere visto come omomorfismo graduato di grado 0 tra moduli twisted generati con opportuni shift. Consideriamo per esempio il morfismo ϕ è rappresentato da una matrice B, le cui colonne sono elementi omogenei anche di gradi diversi d j. Preso un elemento generico h 1 e 1,..., h m e m in A m tale che per ogni i il grado di h i sia δ i, abbiamo che ϕ(h 1 e h m e m ) = B h 1. h j. h m b 11 h b 1j h j b 1m h m. = b i1 h b ij h j b im h m. b p1 h b pj h j b pm h m Affinché il morfismo sia graduato la generica componente (b i1 h b ij h j b im h m )ɛ j deve essere omogenea, cioè d 1 + δ 1 =... = d i + δ i =... = d m + δ m = t. Se voglio che ϕ sia graduato di grado 0, è sufficiente riconsiderare B dal modulo libero twisted A( d 1 )... A( d j )... A( d m ) al modulo libero A p. Ancora più in generale, un omomorfismo graduato di grado 0 tra i moduli twisted A( d 1 )... A( d m ) A( δ 1 )... A( δ p ) si può scrivere come matrice i cui elementi b ij A sono elementi omogenei di grado d j δ i. Infatti preso un elemento omogeneo h j e j di grado t in A( d 1 )... A( d m ) abbiamo che per ogni j il grado di h j è t d j e la i-esima componente di B ( ) h j e j è b i1 h b ij h j b im h m. Il grado del generico elemento b ij h j è d j δ i + t d j = t δ i quindi B ( ) h j e i è omogeneo di grado t in A( δ 1 )... A( δ p ). 19

26 1. Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert Definizione Dato M, un A-modulo graduato, una risoluzione graduata di M è una risoluzione della forma F 2 F 1 F 0 M 0, dove per ogni i, F i è un modulo libero twisted della forma A( d 1 )... A( d pi ) e ogni morfismo ϕ i è un omomorfismo graduato di grado 0. Teorema 1.14 (Teorema Graduato delle Sizigie di Hilbert). Sia M un A-modulo graduato finitamente generato (A = k[x 0,..., X n ]). Allora esiste una risoluzione graduata finita di M di lunghezza al più n + 1. Dimostrazione. L idea della dimostrazione è che per il Teorema delle Sizigie di Hilbert generale (1.12) sappiamo dell esistenza di una risoluzione libera di lunghezza al più n + 1 (in quanto abbiamo una variabile in più). Operando opportuni shift, seguendo la tecnica illustrata precedentemente, è possibile scrivere una risoluzione graduata. 1.4 Il polinomio di Hilbert Definizione Sia M = t Z M t un modulo graduato su k[x 0,..., X n ]. Si definisce funzione di Hilbert di M la funzione HF M : Z N che associa ad ogni intero t la dimensione di M t come spazio vettoriale su k: HF M (t) = dim k M t. (1.11) Se consideriamo come modulo graduato l anello dei polinomi stesso A = k[x 0,..., X n ], abbiamo la funzione di Hilbert: ( ) t + n HF A (t) =, n dove supponiamo che il binomiale ( a b ) valga 0 se a < b. Se prendiamo il modulo twisted A(d) abbiamo che ( ) t + d + n HF A(d) (t) = HF A (t + d) =. n Questo tipo di funzioni di Hilbert è polinomiale rispetto a t con t 0, infatti ( ) t + n (t + n)! (t + n)(t + n 1)... (t + 1) = =. n n!t! n! Teorema Sia M un modulo graduato su A finitamente generato. Allora 1. HF M (t) = 0, per ogni intero t sufficientemente piccolo; 20

27 1. Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert 2. esiste un unico polinomio HP M tale che per ogni t sufficientemente grande HF M (t) = HP M (t); HP M viene detto polinomio di Hilbert del modulo M. Dimostrazione. Per il Teorema delle Sizigie di Hilbert (1.14) esiste una risoluzione graduata finita di M: 0 F λ F λ 1 F 1 F 0 M 0. Dal momento che tutti gli omomorfismi sono graduati di grado 0, possiamo restringerci agli elementi omogenei di grado fissato t, ottendendo una successione esatta finita di k spazi vettoriali 0 (F λ ) t (F λ 1 ) t (F 1 ) t (F 0 ) t M t 0. (1.12) Per dimostrare il punto 1 consideriamo solo l ultimo segmento della successione ϕ 0 (F 0 ) t M t 0. F 0 è del tipo A( d 1 )... A( d m ) quindi abbiamo un naturale isomorfismo Dalla suriettività di ϕ 0, si deduce che (F 0 ) t A( d 1 ) t... A( d m ) t. dim M t dim(f 0 ) t = dim A( d 1 ) t dim A( d m ) t. Presa una componente generica della somma diretta A( d i ) t, sappiamo che dim A( d i ) t = dim A t d1, quindi dim A( d i ) t = 0 se t d i < 0 t < d i. Per ogni t < min i=1...m {d i }, dim M t 0 dim M t = 0. Per quanto riguarda il punto 2, osserviamo che per la (1.12) dim M t = λ j=0 ( 1) j dim(f j ) t, t Z. Denotando con HF j la funzione di Hilbert del modulo graduato F j, possiamo affermare che HF M (t) = λ j=0 ( 1) j HF j (t). Ogni modulo graduato F j è del tipo A( d 1 ) A( d p ) quindi la funzione di Hilbert corrispondente è una somma di binomiali HF j (t) = p i=1 ( ) t di + n 21 n

28 1. Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert e risulta polinomiale se ogni addendo è polinomiale, cioè per t max i=1...p {d i n}. Per t sufficientemente grande ogni funzione HF j risulta polinomiale quindi definisco HF M (t) = HP M (t) = λ j=0 ( 1) j HF j (t). Esempio Nel caso dei quozienti dell anello A per un suo ideale i, per calcolare la funzione di Hilbert di A/i, possiamo calcolare HF i mediante una risoluzione e dedurre HF A/i dalla successione esatta corta 0 i A A/i 0 per cui HF A/i (t) = HF A (t) HF i (t). Consideriamo come esempio l ideale omogeneo i = (X 2 XZ, XY, Y 2 YZ) in k[x, Y, Z]. Calcolando una risoluzione con Macaulay2 otteniamo i1 : A = QQ[X,Y,Z]; i2 : I = ideal(xˆ2 - X*Z,X*Y,Yˆ2 - Y*Z); o2 : Ideal of A i3 : ri = resolution I o3 = A <-- A <-- A < o3 : ChainComplex i4 : ri.dd 1 3 o4 = 0 : A < A : 1 1X2-1XZ 1XY 1Y2-1YZ : A < A : 2 {2} -1Y 0 {2} 1X-1Z -1Y1Z {2} 0 1X 2 2 : A < : 3 0 o4 : ChainComplexMap 22

29 1. Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert che rappresenta la risoluzione 0 A 2 ψ A 3 ϕ i 0 dove l omomorfismo ϕ è rappresentato dalla matrice riga ( ) B ϕ = X 2 XZ XY Y 2 YZ e l omomorfismo ϕ dalla matrice B ψ = Y 0 X Z Y + Z 0 X Per rendere l omomorfismo ϕ graduato di grado 0 dobbiamo fare uno shift di un fattore -2 tutti gli addendi di A 3 in quanto le tre colonne della matrice B ϕ hanno grado 2. Voglio ora applicare uno shift a A 2 in modo che anche ψ sia graduato di grado 0:. A( d 1 ) A( d 2 ) A( 2) 3 ; poiché tutti gli elementi non nulli della matrice B ψ hanno grado 1 deve essere d 1 2 = 1 = d 1 = 3 e d 2 2 = 1 = d 2 = 3. La risoluzione graduata risulta quindi essere 0 A( 3) 2 ψ A( 2) 3 ϕ i 0. Calcoliamo le funzioni di Hilbert di A( 2) e A( 3): ( ) ( ) ( ) ( ) t t t t 1 HF A( 2) (t) = = HF 2 2 A( 3) (t) = = 2 2 e quindi ( ) ( ) t t 1 HF i (t) = 3HF A( 2) (t) 2HF A( 3) (t) = Dal momento che HF A (t) = ( t+2 2 ), si ricava ( ) ( ) ( ) t + 2 t t 1 HF A/i (t) = ; se t 1 posso sviluppare i binomiali ottenento il polinomio di Hilbert HP A/i (t) = (t + 2)(t + 1) 2 t(t 1) (t 1)(t 2) =

30 1. Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert i5 : HP = hilbertpolynomial (I,Projective => false) o5 = 3 o5 : QQ [i] Esempio Consideriamo ora l anello di polinomi A = k[x, Y, Z, W] e l ideale i = (XZ Y 2, YW Z 2 ). La risoluzione calcolata con Macaulay2 è i1 : A = QQ[X,Y,Z,W]; i2 : I = ideal(x*z - Yˆ2,Y*W - Zˆ2); o2 : Ideal of A i3 : ri = resolution I o3 = A <-- A <-- A < o3 : ChainComplex i4 : ri.dd 1 2 o4 = 0 : A < A : 1 1Y2-1XZ 1Z2-1YW : A < A : 2 1 {2} -1Z21YW {2} 1Y2-1XZ 2 : A < : 3 o4 : ChainComplexMap 0 Effettuando gli shift opportuni, la risoluzione graduata è pertanto 0 A( 4) A( 2) 2 i 0, ( ) ( ) t + 1 t 1 HF i (t) = 2HF A( 2) (t) HF A( 4) (t) = da cui calcoliamo la funzione di Hilbert di A/i ( ) ( ) ( ) t + 3 t + 1 t 1 HF A/i (t) = HF A/i è sicuramente polinomiale per t max { 3, 1, 1} t > 0: (t + 3)(t + 2)(t + 1) HP A/i (t) = 3! = 4t. (t + 1)t(t 1) (t 1)(t 2)(t 3) 2 + = 3! 3! 24

31 1. Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert i5 : HP = hilbertpolynomial (I,Projective=>false) o5 = 4i o5 : QQ [i] Polinomi numerici Concludiamo il capitolo con una breve discussione sui polinomi numerici. Definizione Un polinomio P(z) Q[z] si dice polinomio numerico se per ogni n Z sufficientemente grande, P(n) appartiene a Z. Proposizione Sia P(z) Q[z] un polinomio numerico di grado d. Esiste una sequenza di d + 1 interi c 0,..., c d tali che ( ) ( ) z z P(z) = c j = c d 0 j d d j=0 ( ) z + c c d 1 d. Dimostrazione. Dimostriamo la proposizione procededo per induzione sul grado del polinomio P(z). Se d = 0, è immediato: P(z) = c 0 Q. Supponiamo ora che la proposizione sia vera per ogni polinomio di grado minore o uguale a d 1 e verifichiamolo per un qualsiasi polinomio Q(z) di grado d. Questo polinomio sarà quindi del tipo Q(z) = a d z d +... ; considero ora il polinomio ( ) z R(z) = Q(z) (a d d!) d che posso esprimere come somma di binomiali in quanto il grado di R(z) è sicuramente strettamente minore di d perché i termini di grado d si semplificano, cioè ( ) z Q(z) (a d d!) d ( ) z = c c d 1 d. Ponendo c 0 = a d d! Q, si ottiene ( ) ( ) z z Q(z) = c 0 + c d c d 1 d. Rimane da far vedere che i coefficienti scelti sono interi. Sempre per induzione sul grado di Q(z), nel caso d = 0, c 0 deve appartenere a Z altrimenti Q(z) non sarebbe numerico. Supponiamo quindi che tutti i polinomi numerici di grado strettamente minore di d, abbiamo coefficienti c 0,..., c d 1 in Z. Preso un polinomio numerico Q(z) di grado d, consideriamo il polinomio differenza Q(z) = Q(z + 1) Q(z) = (( ) ( )) z + 1 z = c 0 d d 25 (( ) z c d 1 1 ( )) z 1

32 1. Basi di Gröbner e polinomio di Hilbert che per la formula di Stiefel risulta essere uguale a ( ) z c c d 1 d 1. Quest ultimo polinomio ha grado al più d 1 ed è numerico, quindi per l ipotesi induttiva c 0,..., c d 1 appartengono a Z. Infine c d deve essere intero, perché P(n) Z, n 0. Proposizione Sia P(z) Q[z] un polinomio numerico di grado d. Esiste una sequenza di d + 1 interi c 0,..., c d tali che d ( ) ( z + j z + 1 P(z) = c j = c 0 + c j 1 1 j=0 ) ( ) z c 2 2 ( ) z + d + c d. d Dimostrazione. La dimostrazione segue esattamente la tecnica induttiva usata nella dimostrazione della Proposizione Interessante notare che P(z) = c 0 + c 1 (z + 1) + c 2 2! (z + 1)(z + 2) c d (z + 1) (z + d) d! può essere riscritto come ( P(z) = c 0 + (z + 1) c 1 + z + 2 (... + z + d 1 ( ))) z + d c 2 d 1 d 1 + c d. d Proposizione Sia f : Z Z una funzione qualsiasi. Se esiste un polinomio numerico Q, tale che f (n) = f (n + 1) f (n) = Q(n) per ogni n 0, allora esisiste un polinomio numerico P tale che per n 0 f (n) = P(n). Dimostrazione. Scriviamo innanzitutto il polinomio Q come nella Proposizione 1.16: ( n Q(n) = c 0 r con c 0,..., c r Z. Consideriamo ora il polinomio ( ) ( n n P(n) = c 0 + c r r tale che P(n) = P(n + 1) P(n) = = Pertanto, per n 0 ) ( ) n + c c r, r 1 ) c r ( n 1 r (( ) ( n + 1 c j r + 1 j j=0 r ( ) n c j = Q(n) = f (n). r j j=0 ), ( f P)(n) = 0 = ( f P)(n) = c r+1, n r + 1 j )) = da cui f (n) = P(n) + c r+1. 26

33 L année 1955 marque un tournant crucial dans mon travail mathématique: celui du passage de l analyse à la géométrie. Je me rappelle encore de cette impression saissante [... ] comme si je quittais des steppes arides et revêches, pour me retrouver soudain dans un sort de pays promis aux richesses luxuriantes [... ]. Alexandre GROTHENDIECK [R&S]

34 Capitolo 2 Spazi anellati Nella geometria algebrica classica, lo studio degli zeri dei polinomi su un campo k rivela una corrispondenza tra alcuni particolari oggetti geometrici e alcuni particolari oggetti algebrici: da un lato abbiamo le varietà affini, dall altro le k-algebre finitamente generate. L idea alla base degli schemi risponde alla seguente domanda: se come oggetti algebrici si considerano tutti gli anelli commutativi con identità, che corrispettivi geometrici si trovano? La risposta è: gli schemi affini. {varietà affini} {k-algebre finitamente generate} {schemi affini} {anelli commutativi con identità} 2.1 Lo spettro di un anello Nella trattazione, per anello A si intenderà sempre un anello commutativo con unità e per morfismo φ : A B si intenderà morfismo di anelli commutativi con unità, cioè tale che φ(1 A ) = 1 B. Definizione 2.1. Si definisce spettro primo di un anello A e si indica con Spec A l insieme formato dagli ideali primi di A, cioè Spec A = {p p A è un ideale primo}. (2.1) Si definisce spettro massimale e si indica con m-spec A l insieme formato dagli ideali massimali. Spec A non contiene quindi l anello A, ma contiene, se primo, l ideale (0). Per comodità si userà semplicemente spettro in luogo di spettro primo. Esempi facili sono quindi: 28

NOTE DI ALGEBRA LINEARE v = a 1 v a n v n, w = b 1 v b n v n

NOTE DI ALGEBRA LINEARE v = a 1 v a n v n, w = b 1 v b n v n NOTE DI ALGEBRA LINEARE 2- MM 9 NOVEMBRE 2 Combinazioni lineari e generatori Sia K un campo e V uno spazio vettoriale su K Siano v,, v n vettori in V Definizione Un vettore v V si dice combinazione lineare

Dettagli

LEZIONE 12. v = α 1 v α n v n =

LEZIONE 12. v = α 1 v α n v n = LEZIONE 12 12.1. Combinazioni lineari. Definizione 12.1.1. Sia V uno spazio vettoriale su k = R, C e v 1,..., v n V vettori fissati. Un vettore v V si dice combinazione lineare di v 1,..., v n se esistono

Dettagli

3/10/ Divisibilità e massimo comun divisore

3/10/ Divisibilità e massimo comun divisore MCD in N e Polinomi 3/10/2013 1 Divisibilità e massimo comun divisore 1.1 Divisibilità in N In questa sezione introdurremo il concetto di divisibilità e di massimo comun divisore di due numeri naturali

Dettagli

Spazi Vettoriali ed Applicazioni Lineari

Spazi Vettoriali ed Applicazioni Lineari Spazi Vettoriali ed Applicazioni Lineari 1. Sottospazi Definizione. Sia V uno spazio vettoriale sul corpo C. Un sottoinsieme non vuoto W di V è un sottospazio vettoriale di V se è chiuso rispetto alla

Dettagli

Giovanna Carnovale. October 18, Divisibilità e massimo comun divisore

Giovanna Carnovale. October 18, Divisibilità e massimo comun divisore MCD in N e Polinomi Giovanna Carnovale October 18, 2011 1 Divisibilità e massimo comun divisore 1.1 Divisibilità in N In questa sezione introdurremo il concetto di divisibilità e di massimo comun divisore

Dettagli

Appunti sui Codici di Reed Muller. Giovanni Barbarino

Appunti sui Codici di Reed Muller. Giovanni Barbarino Appunti sui Codici di Reed Muller Giovanni Barbarino Capitolo 1 Codici di Reed-Muller I codici di Reed-Muller sono codici lineari su F q legati alle valutazioni dei polinomi sullo spazio affine. Per semplicità

Dettagli

Geometria e Topologia I (U1-4) 2006-mag-10 61

Geometria e Topologia I (U1-4) 2006-mag-10 61 Geometria e Topologia I (U1-4) 2006-mag-10 61 (15.9) Teorema. Consideriamo il piano affine. Se A A 2 (K) è un punto e r una retta che non passa per A, allora esiste unica la retta per A che non interseca

Dettagli

Elementi di Algebra e di Matematica Discreta Numeri interi, divisibilità, numerazione in base n

Elementi di Algebra e di Matematica Discreta Numeri interi, divisibilità, numerazione in base n Elementi di Algebra e di Matematica Discreta Numeri interi, divisibilità, numerazione in base n Cristina Turrini UNIMI - 2016/2017 Cristina Turrini (UNIMI - 2016/2017) Elementi di Algebra e di Matematica

Dettagli

LEZIONE 3. a + b + 2c + e = 1 b + d + g = 0 3b + f + 3g = 2. a b c d e f g

LEZIONE 3. a + b + 2c + e = 1 b + d + g = 0 3b + f + 3g = 2. a b c d e f g LEZIONE 3 3.. Matrici fortemente ridotte per righe. Nella precedente lezione abbiamo introdotto la nozione di soluzione di un sistema di equazioni lineari. In questa lezione ci poniamo il problema di descrivere

Dettagli

Un polinomio è un espressione algebrica data dalla somma di più monomi.

Un polinomio è un espressione algebrica data dalla somma di più monomi. 1 I polinomi 1.1 Terminologia sui polinomi Un polinomio è un espressione algebrica data dalla somma di più monomi. I termini di un polinomio sono i monomi che compaiono come addendi nel polinomio. Il termine

Dettagli

Appunti su Indipendenza Lineare di Vettori

Appunti su Indipendenza Lineare di Vettori Appunti su Indipendenza Lineare di Vettori Claudia Fassino a.a. Queste dispense, relative a una parte del corso di Matematica Computazionale (Laurea in Informatica), rappresentano solo un aiuto per lo

Dettagli

1 Indipendenza lineare e scrittura unica

1 Indipendenza lineare e scrittura unica Geometria Lingotto. LeLing7: Indipendenza lineare, basi e dimensione. Ārgomenti svolti: Indipendenza lineare e scrittura unica. Basi e dimensione. Coordinate. Ēsercizi consigliati: Geoling. Indipendenza

Dettagli

LEZIONE 13. v =α 1 v α i 1 v i 1 + α i v i = =α 1 v α i 1 v i 1 + α i (λ 1 v λ i 1 v i 1 ) =

LEZIONE 13. v =α 1 v α i 1 v i 1 + α i v i = =α 1 v α i 1 v i 1 + α i (λ 1 v λ i 1 v i 1 ) = LEZIONE 13 13.1. Il metodo degli scarti. Sia dato uno spazio vettoriale V su k = R, C e siano v 1,..., v n V. Quanto visto nella lezione precedente ci suggerisce il seguente algoritmo per stabilire se

Dettagli

LEZIONE i i 3

LEZIONE i i 3 LEZIONE 5 51 Determinanti In questo lezione affronteremo da un punto di vista prettamente operativo la nozione di determinante, descrivendone le proprietà ed i metodi di calcolo, senza entrare nei dettagli

Dettagli

Esercizi di Algebra Superiore. φ : k[x 1,..., X n ] k[t] φ(x i ) = t a i.,..., X n t a n X0 X 1 X 3 2 X 1 X 2 X 0 X 2 3.

Esercizi di Algebra Superiore. φ : k[x 1,..., X n ] k[t] φ(x i ) = t a i.,..., X n t a n X0 X 1 X 3 2 X 1 X 2 X 0 X 2 3. Esercizi di Algebra Superiore 1 Sia l omomorfismo definito da φ : k[x 1,, X n ] k[t] φ(x i ) = t a i, a i 1 Provare che Ker(φ) = (X 1 t a 1,, X n t a n ) k[x 1,, X n ] 2 Sia I l ideale di R = k[x 0,, X

Dettagli

ALGEBRA I: SOLUZIONI QUINTA ESERCITAZIONE 9 maggio 2011

ALGEBRA I: SOLUZIONI QUINTA ESERCITAZIONE 9 maggio 2011 ALGEBRA I: SOLUZIONI QUINTA ESERCITAZIONE 9 maggio 2011 Esercizio 1. Usando l algoritmo euclideo delle divisioni successive, calcolare massimo comune divisore e identità di Bézout per le seguenti coppie

Dettagli

ALGEBRA 1 Secondo esonero 15 Giugno 2011 soluzioni

ALGEBRA 1 Secondo esonero 15 Giugno 2011 soluzioni ALGEBRA 1 Secondo esonero 15 Giugno 2011 soluzioni (1) Verificare che l anello quoziente Z 5 [x]/(x 3 2) possiede divisori dello zero, e determinare tutti i suoi ideali non banali. Soluzione: Il polinomio

Dettagli

Introduciamo ora un altro campo, formato da un numero finito di elementi; il campo delle classi resto modulo n, con n numero primo.

Introduciamo ora un altro campo, formato da un numero finito di elementi; il campo delle classi resto modulo n, con n numero primo. Capitolo 3 Il campo Z n 31 Introduzione Introduciamo ora un altro campo, formato da un numero finito di elementi; il campo delle classi resto modulo n, con n numero primo 32 Le classi resto Definizione

Dettagli

Spazi affini e combinazioni affini.

Spazi affini e combinazioni affini. Spazi affini e combinazioni affini. Morfismi affini. Giorgio Ottaviani Abstract Introduciamo il concetto di combinazione affine in uno spazio affine, e in base a questo, ne caratterizziamo i sottospazi.

Dettagli

LEZIONE 2. ( ) a 1 x 1 + a 2 x a n x n = b, ove a j, b R sono fissati.

LEZIONE 2. ( ) a 1 x 1 + a 2 x a n x n = b, ove a j, b R sono fissati. LEZIONE 2 2 Sistemi di equazioni lineari Definizione 2 Un equazione lineare nelle n incognite x, x 2,, x n a coefficienti reali, è un equazione della forma (2 a x + a 2 x 2 + + a n x n = b, ove a j, b

Dettagli

1 Estensioni in C, automorfismi, polinomi.

1 Estensioni in C, automorfismi, polinomi. Lezioni del 15,18,20,22 aprile, II. Registro dettagliato 1 Estensioni in C, automorfismi, polinomi. 1.1 Estensioni di sottocampi di C. Una coppia di campi, uno contenuto nell altro, si dice estensione

Dettagli

Operazioni tra matrici e n-uple

Operazioni tra matrici e n-uple CAPITOLO Operazioni tra matrici e n-uple Esercizio.. Date le matrici 0 4 e dati λ = 5, µ =, si calcoli AB, BA, A+B, B A, λa+µb. Esercizio.. Per ognuna delle seguenti coppie di matrici A, B e scalari λ,

Dettagli

Monomi L insieme dei monomi

Monomi L insieme dei monomi Monomi 10 10.1 L insieme dei monomi Definizione 10.1. Un espressione letterale in cui numeri e lettere sono legati dalla sola moltiplicazione si chiama monomio. Esempio 10.1. L espressione nelle due variabili

Dettagli

Elementi di Algebra Lineare Matrici e Sistemi di Equazioni Lineari

Elementi di Algebra Lineare Matrici e Sistemi di Equazioni Lineari Elementi di Algebra Lineare Matrici e Sistemi di Equazioni Lineari Antonio Lanteri e Cristina Turrini UNIMI - 2016/2017 Antonio Lanteri e Cristina Turrini (UNIMI - 2016/2017 Elementi di Algebra Lineare

Dettagli

Algoritmi. per l Algebra e la Geometria

Algoritmi. per l Algebra e la Geometria Margherita Roggero Algoritmi per l Algebra e la Geometria Laurea Magistrale in Matematica A.A. 2006/2007 Indice Capitolo 1 - Anelli di polinomi 4 Prerequisiti di algebra commutativa.....................

Dettagli

Esercizi di Algebra commutativa e omologica

Esercizi di Algebra commutativa e omologica Esercizi di Algebra commutativa e omologica Esercizio 1. Sia A un anello non nullo. Dimostrare che A è un campo se e solo se ogni omomorfismo di A in un anello non nullo B è iniettivo. Esercizio 2. Sia

Dettagli

CORSO ZERO DI MATEMATICA per Ing. Chimica e Ing. delle Telecomunicazioni MONOMI E POLINOMI Prof. Erasmo Modica

CORSO ZERO DI MATEMATICA per Ing. Chimica e Ing. delle Telecomunicazioni MONOMI E POLINOMI Prof. Erasmo Modica CORSO ZERO DI MATEMATICA per Ing. Chimica e Ing. delle Telecomunicazioni MONOMI E POLINOMI Prof. Erasmo Modica erasmo@galois.it MONOMI In una formula si dicono variabili le lettere alle quali può essere

Dettagli

Riassumiamo le proprietà dei numeri reali da noi utilizzate nel corso di Geometria.

Riassumiamo le proprietà dei numeri reali da noi utilizzate nel corso di Geometria. Capitolo 2 Campi 2.1 Introduzione Studiamo ora i campi. Essi sono una generalizzazione dell insieme R dei numeri reali con le operazioni di addizione e di moltiplicazione. Nel secondo paragrafo ricordiamo

Dettagli

i) la somma e il prodotto godano delle proprietà associativa, commutativa e distributiva;

i) la somma e il prodotto godano delle proprietà associativa, commutativa e distributiva; 1 Spazi vettoriali 11 Definizioni ed assiomi Definizione 11 Un campo è un insieme K dotato di una operazione somma K K K, (x, y) x + y e di una operazione prodotto K K K, (x, y) xy tali che i) la somma

Dettagli

c A (a c = b) Le ipotesi che abbiamo ci dicono che esistono h, k A tali che:

c A (a c = b) Le ipotesi che abbiamo ci dicono che esistono h, k A tali che: Definizione 1. Dato un insieme A, un operazione su A è una applicazione da A A a valori in A. Definizione 2. Se A è un insieme con una operazione, dati a, b A diciamo che a divide b (e scriviamo a b) se

Dettagli

Pagine di Algebra lineare. di premessa al testo Pagine di Geometria di Sara Dragotti. Parte terza: SISTEMI LINEARI

Pagine di Algebra lineare. di premessa al testo Pagine di Geometria di Sara Dragotti. Parte terza: SISTEMI LINEARI Pagine di Algebra lineare di premessa al testo Pagine di Geometria di Sara Dragotti Parte terza: SISTEMI LINEARI 1. Definizioni Dato un campo K ed m 1 polinomi su K in n indeterminate di grado non superiore

Dettagli

A.A CORSO DI ALGEBRA 1. PROFF. P. PIAZZA, E. SPINELLI. SOLUZIONE ESERCIZI FOGLIO 5.

A.A CORSO DI ALGEBRA 1. PROFF. P. PIAZZA, E. SPINELLI. SOLUZIONE ESERCIZI FOGLIO 5. A.A. 2015-2016. CORSO DI ALGEBRA 1. PROFF. P. PIAZZA, E. SPINELLI. SOLUZIONE ESERCIZI FOGLIO 5. Esercizio 5.1. Determinare le ultime tre cifre di n = 13 1625. (Suggerimento. Sfruttare il Teorema di Eulero-Fermat)

Dettagli

a + 2b + c 3d = 0, a + c d = 0 c d

a + 2b + c 3d = 0, a + c d = 0 c d SPAZI VETTORIALI 1. Esercizi Esercizio 1. Stabilire quali dei seguenti sottoinsiemi sono sottospazi: V 1 = {(x, y, z) R 3 /x = y = z} V = {(x, y, z) R 3 /x = 4} V 3 = {(x, y, z) R 3 /z = x } V 4 = {(x,

Dettagli

Corso di Laurea in Fisica. Geometria. a.a Canale 3 Prof. P. Piazza Magiche notazioni

Corso di Laurea in Fisica. Geometria. a.a Canale 3 Prof. P. Piazza Magiche notazioni Corso di Laurea in Fisica. Geometria. a.a. 23-4. Canale 3 Prof. P. Piazza Magiche notazioni Siano V e W due spazi vettoriali e sia T : V W un applicazione lineare. Fissiamo una base B per V ed una base

Dettagli

Colorazioni di mappe e basi di Gröbner

Colorazioni di mappe e basi di Gröbner Colorazioni di mappe e basi di Gröbner Marcelo Escudeiro Hernandes 12 Luglio 2012 Per il famoso Teorema dei quattro colori, abbiamo bisogno solo di quattro colori per colorare una mappa in modo che nessuna

Dettagli

Appunti di ALGEBRA LINEARE

Appunti di ALGEBRA LINEARE Appunti di ALGEBRA LINEARE Corso di Laurea in Chimica A. A. 2009/200 Capitolo SPAZI VETTORIALI In matematica si incontrano spesso insiemi di elementi su cui sono definite delle operazioni che godono di

Dettagli

Parte 8. Prodotto scalare, teorema spettrale

Parte 8. Prodotto scalare, teorema spettrale Parte 8. Prodotto scalare, teorema spettrale A. Savo Appunti del Corso di Geometria 3-4 Indice delle sezioni Prodotto scalare in R n, Basi ortonormali, 4 3 Algoritmo di Gram-Schmidt, 7 4 Matrici ortogonali,

Dettagli

Introduzione ai grafi

Introduzione ai grafi TFA A048 Anno Accademico 2012-13 Outline Cenni storici sui grafi Nozioni introduttive: cammini, connessione, alberi, cicli Cammini di costo minimo Origini storiche La nascita della teoria dei grafi risale

Dettagli

Elementi di Algebra Lineare Spazi Vettoriali

Elementi di Algebra Lineare Spazi Vettoriali Elementi di Algebra Lineare Spazi Vettoriali Antonio Lanteri e Cristina Turrini UNIMI - 2015/2016 Antonio Lanteri e Cristina Turrini (UNIMI - 2015/2016) Elementi di Algebra Lineare 1 / 37 index Spazi vettoriali

Dettagli

Per le risposte utilizza gli spazi predisposti. Quando richiesto, il procedimento va esposto brevemente, ma in maniera comprensibile.

Per le risposte utilizza gli spazi predisposti. Quando richiesto, il procedimento va esposto brevemente, ma in maniera comprensibile. COGNOME............................... NOME..................................... Punti ottenuti Esame di geometria Scrivi cognome e nome negli spazi predisposti in ciascuno dei tre fogli. Per ogni domanda

Dettagli

Intersezione e somma di sottospazi vettoriali

Intersezione e somma di sottospazi vettoriali Capitolo 6 Intersezione e somma di sottospazi vettoriali 6.1 Introduzione Ricordiamo le definizioni di intersezione e somma di due sottospazi vettoriali. Anche in questo caso rimandiamo al testo di geometria

Dettagli

M.P. Cavaliere ELEMENTI DI MATEMATICA E LOGICA MATEMATICA DISCRETA STRUTTURE ALGEBRICHE

M.P. Cavaliere ELEMENTI DI MATEMATICA E LOGICA MATEMATICA DISCRETA STRUTTURE ALGEBRICHE M.P. Cavaliere ELEMENTI DI MATEMATICA E LOGICA MATEMATICA DISCRETA STRUTTURE ALGEBRICHE Operazioni in un insieme Sia A un insieme non vuoto; una funzione f : A A A si dice operazione binaria (o semplicemente

Dettagli

Sistemi lineari. Lorenzo Pareschi. Dipartimento di Matematica & Facoltá di Architettura Universitá di Ferrara

Sistemi lineari. Lorenzo Pareschi. Dipartimento di Matematica & Facoltá di Architettura Universitá di Ferrara Sistemi lineari Lorenzo Pareschi Dipartimento di Matematica & Facoltá di Architettura Universitá di Ferrara http://utenti.unife.it/lorenzo.pareschi/ lorenzo.pareschi@unife.it Lorenzo Pareschi (Univ. Ferrara)

Dettagli

11. Misure con segno.

11. Misure con segno. 11. Misure con segno. 11.1. Misure con segno. Sia Ω un insieme non vuoto e sia A una σ-algebra in Ω. Definizione 11.1.1. (Misura con segno). Si chiama misura con segno su A ogni funzione ϕ : A R verificante

Dettagli

I. Foglio di esercizi su vettori linearmente dipendenti e linearmente indipendenti. , v 2 = α v 1 + β v 2 + γ v 3. α v 1 + β v 2 + γ v 3 = 0. + γ.

I. Foglio di esercizi su vettori linearmente dipendenti e linearmente indipendenti. , v 2 = α v 1 + β v 2 + γ v 3. α v 1 + β v 2 + γ v 3 = 0. + γ. ESERCIZI SVOLTI DI ALGEBRA LINEARE (Sono svolti alcune degli esercizi proposti nei fogli di esercizi su vettori linearmente dipendenti e vettori linearmente indipendenti e su sistemi lineari ) I. Foglio

Dettagli

Definizione 1. Una matrice n m a coefficienti in K é una tabella del tipo. ... K m, detto vettore riga i-esimo, ed a im

Definizione 1. Una matrice n m a coefficienti in K é una tabella del tipo. ... K m, detto vettore riga i-esimo, ed a im APPUNTI ed ESERCIZI su matrici, rango e metodo di eliminazione di Gauss Corso di Laurea in Chimica, Facoltà di Scienze MM.FF.NN., UNICAL (Dott.ssa Galati C.) Rende, 23 Aprile 2010 Matrici, rango e metodo

Dettagli

ANALISI 1 - Teoremi e dimostrazioni vari

ANALISI 1 - Teoremi e dimostrazioni vari ANALISI 1 - Teoremi e dimostrazioni vari Sommario Proprietà dell estremo superiore per R... 2 Definitivamente... 2 Successioni convergenti... 2 Successioni monotone... 2 Teorema di esistenza del limite

Dettagli

Esercitazione 6 - Soluzione

Esercitazione 6 - Soluzione Anno Accademico 28-29 Corso di Algebra Lineare e Calcolo Numerico per Ingegneria Meccanica Esercitazione 6 - Soluzione Immagine, nucleo. Teorema di Rouché-Capelli. Esercizio Sia L : R 3 R 3 l applicazione

Dettagli

Algebra Commutativa a Genova

Algebra Commutativa a Genova Algebra Commutativa a Genova Matteo Varbaro Workshop di presentazione Dottorato Parte del gruppo di Algebra Commutativa Figure : Aldo Conca Postdocs: - Dang Hop Nguyen - Ramakrishna Nanduri - Oscar Fernandez

Dettagli

Insiemi numerici. Teoria in sintesi NUMERI NATURALI

Insiemi numerici. Teoria in sintesi NUMERI NATURALI Insiemi numerici Teoria in sintesi NUMERI NATURALI Una delle prime attività matematiche che viene esercitata è il contare gli elementi di un dato insieme. I numeri con cui si conta 0,,,. sono i numeri

Dettagli

FONDAMENTI DI ALGEBRA LINEARE E GEOMETRIA

FONDAMENTI DI ALGEBRA LINEARE E GEOMETRIA Cognome Nome Matricola FONDAMENTI DI ALGEBRA LINEARE E GEOMETRIA Ciarellotto, Esposito, Garuti Prova del 21 settembre 2013 Dire se è vero o falso (giustificare le risposte. Bisogna necessariamente rispondere

Dettagli

Il teorema di Eakin-Nagata per gli anelli noetheriani

Il teorema di Eakin-Nagata per gli anelli noetheriani Il teorema di Eakin-Nagata per gli anelli noetheriani Dispense per i corsi di Algebra Commutativa a.a. 2015/2016 Stefania Gabelli Dipartimento di Matematica, Università degli Studi Roma Tre 1 Gli anelli

Dettagli

0.1 Condizione sufficiente di diagonalizzabilità

0.1 Condizione sufficiente di diagonalizzabilità 0.1. CONDIZIONE SUFFICIENTE DI DIAGONALIZZABILITÀ 1 0.1 Condizione sufficiente di diagonalizzabilità È naturale porsi il problema di sapere se ogni matrice sia o meno diagonalizzabile. Abbiamo due potenziali

Dettagli

Due numeri naturali non nulli a, b tali che MCD(a,b) = 1 si dicono coprimi o relativamente primi.

Due numeri naturali non nulli a, b tali che MCD(a,b) = 1 si dicono coprimi o relativamente primi. MASSIMO COMUNE DIVISORE E ALGORITMO DI EUCLIDE L algoritmo di Euclide permette di calcolare il massimo comun divisore tra due numeri, anche se questi sono molto grandi, senza aver bisogno di fattorizzarli

Dettagli

dipendenti. Cosa possiamo dire sulla dimensione di V?

dipendenti. Cosa possiamo dire sulla dimensione di V? Esercizi Esercizi. In uno spazio vettoriale V ci sono tre vettori v, v 2, v linearmente indipendenti. Cosa possiamo dire sulla dimensione di V? 2. In uno spazio vettoriale V ci sono tre vettori v, v 2,

Dettagli

Sia k un campo e sia un elemento non appartenente a k chamato, al solito, infinito. Consideriamo k := k { }. Poniamo per definizione:

Sia k un campo e sia un elemento non appartenente a k chamato, al solito, infinito. Consideriamo k := k { }. Poniamo per definizione: Capitolo 6 Posti Sia k un campo e sia un elemento non appartenente a k chamato, al solito, infinito. Consideriamo k := k { }. Poniamo per definizione: a ± := := ± a, a k; a := := a, a k \ {0} ; := ; 1

Dettagli

1. Sia x un elemento nilpotente di A. Provare che 1 + x è un unità di A. Dedurre che la somma di un elemento nilpotente e di un unità è un unità.

1. Sia x un elemento nilpotente di A. Provare che 1 + x è un unità di A. Dedurre che la somma di un elemento nilpotente e di un unità è un unità. 1. Sia x un elemento nilpotente di A. Provare che 1 + x è un unità di A. Dedurre che la somma di un elemento nilpotente e di un unità è un unità. 2. Sia p(x) = n i=0 a ix i A[x]. (a) p è invertibile se

Dettagli

0.1 Spazi Euclidei in generale

0.1 Spazi Euclidei in generale 0.1. SPAZI EUCLIDEI IN GENERALE 1 0.1 Spazi Euclidei in generale Sia V uno spazio vettoriale definito su R. Diremo, estendendo una definizione data in precedenza, che V è uno spazio vettoriale euclideo

Dettagli

SOTTOSPAZI E OPERAZIONI IN SPAZI DIVERSI DA R n

SOTTOSPAZI E OPERAZIONI IN SPAZI DIVERSI DA R n SPAZI E SOTTOSPAZI 1 SOTTOSPAZI E OPERAZIONI IN SPAZI DIVERSI DA R n Spazi di matrici. Spazi di polinomi. Generatori, dipendenza e indipendenza lineare, basi e dimensione. Intersezione e somma di sottospazi,

Dettagli

Indice. 5 Basi di Gröbner Ideali monomiali Basi di Gröbner... 22

Indice. 5 Basi di Gröbner Ideali monomiali Basi di Gröbner... 22 Prefazione In questo breve testo delineiamo la teoria delle basi di Gröbner avendo presente il problema della discussione e della risoluzione di un sistema di equazioni polinomiali come si presenta ad

Dettagli

LEZIONE 12. Y = f(x) = f( x j,1 f(e j ) = x j,1 A j = AX = µ A (X),

LEZIONE 12. Y = f(x) = f( x j,1 f(e j ) = x j,1 A j = AX = µ A (X), LEZIONE 1 1.1. Matrice di un applicazione lineare. Verifichiamo ora che ogni applicazione lineare f: R n R m è della forma µ A per un unica A R m,n. Definizione 1.1.1. Per ogni j 1,..., n indichiamo con

Dettagli

IL TEOREMA DEGLI ZERI Una dimostrazione di Ezio Fornero

IL TEOREMA DEGLI ZERI Una dimostrazione di Ezio Fornero IL TEOREMA DEGLI ZERI Una dimostrazione di Ezio Fornero Il teorema degli zeri è fondamentale per determinare se una funzione continua in un intervallo chiuso [ a ; b ] si annulla in almeno un punto interno

Dettagli

Spazi vettoriali euclidei.

Spazi vettoriali euclidei. Spazi vettoriali euclidei Prodotto scalare, lunghezza e ortogonalità in R n Consideriamo lo spazio vettoriale R n = { =,,, n R}, n con la somma fra vettori e il prodotto di un vettore per uno scalare definiti

Dettagli

Esercizi svolti. delle matrici

Esercizi svolti. delle matrici Esercizi svolti. astratti. Si dica se l insieme delle coppie reali (x, y) soddisfacenti alla relazione x + y è un sottospazio vettoriale di R La risposta è sì, perchè l unica coppia reale che soddisfa

Dettagli

Esercizi di Algebra Commutativa Moduli 1 Tracce delle soluzioni

Esercizi di Algebra Commutativa Moduli 1 Tracce delle soluzioni Esercizi di Algebra Commutativa Moduli 1 Tracce delle soluzioni 1. Sia A un anello A 0. Provare che: A n A m m = n. Soluzione. Sia m A un ideale massimale. Sia m m = ma m e m n = ma n. Se ϕ : A m A n e

Dettagli

8. Completamento di uno spazio di misura.

8. Completamento di uno spazio di misura. 8. Completamento di uno spazio di misura. 8.1. Spazi di misura. Spazi di misura completi. Definizione 8.1.1. (Spazio misurabile). Si chiama spazio misurabile ogni coppia ordinata (Ω, A), dove Ω è un insieme

Dettagli

1 Il polinomio minimo.

1 Il polinomio minimo. Abstract Il polinomio minimo, così come il polinomio caratterisico, è un importante invariante per le matrici quadrate. La forma canonica di Jordan è un approssimazione della diagonalizzazione, e viene

Dettagli

Parte 4. Spazi vettoriali

Parte 4. Spazi vettoriali Parte 4. Spazi vettoriali A. Savo Appunti del Corso di Geometria 23-4 Indice delle sezioni Spazi vettoriali, 2 Prime proprietà, 3 3 Dipendenza e indipendenza lineare, 4 4 Generatori, 6 5 Basi, 8 6 Sottospazi,

Dettagli

I POLINOMI. La forma normale di un polinomio. Un polinomio è detto in FORMA NORMALE se in esso non compaiono monomi simili.

I POLINOMI. La forma normale di un polinomio. Un polinomio è detto in FORMA NORMALE se in esso non compaiono monomi simili. I POLINOMI Un polinomio è una somma algebrica tra monomi Sono polinomi le seguenti espressioni 2ab + 4bc -5a 2 b + 2ab - 5c 5x + 2y + 8x in esse infatti troviamo somme o differenze tra monomi La forma

Dettagli

Sui determinanti e l indipendenza lineare di vettori

Sui determinanti e l indipendenza lineare di vettori Sui determinanti e l indipendenza lineare di vettori 1 Si dice che m vettori v 1, v 2,,v m di R n sono linearmente indipendenti, se una loro combinazione lineare può dare il vettore nullo solo se i coefficienti

Dettagli

Capitolo IV SPAZI VETTORIALI EUCLIDEI

Capitolo IV SPAZI VETTORIALI EUCLIDEI Capitolo IV SPAZI VETTORIALI EUCLIDEI È ben noto che in VO 3 si possono considerare strutture più ricche di quella di spazio vettoriale; si pensi in particolare all operazioni di prodotto scalare di vettori.

Dettagli

ESERCIZI DI MATEMATICA DISCRETA ANNO 2006/2007

ESERCIZI DI MATEMATICA DISCRETA ANNO 2006/2007 ESERCIZI DI MATEMATICA DISCRETA ANNO 6/7 //7 () Ridurre la seguente matrice ad una a scala ridotta utilizzando il metodo di Gauss-Jordan. Soluzione. () Determinare quante e quali sono le matrici a scala

Dettagli

Complessi di Catene e Gruppi di Omologia. 28 febbraio 2007

Complessi di Catene e Gruppi di Omologia. 28 febbraio 2007 Complessi di Catene e Gruppi di Omologia 28 febbraio 2007 Complessi di Catene Definizione Un complesso di catene è una successione C di gruppi abeliani con i loro omomorfismi n+1 C n+1 n Cn Cn 1 infinita

Dettagli

Omomorfismi e matrici

Omomorfismi e matrici Capitolo 12 Omomorfismi e matrici 121 Introduzione Nel corso di Geometria è stato visto come associare una matrice ad un omomorfismo tra spazi vettoriali Rimandiamo al testo del corso per esempi e esercizi

Dettagli

APPLICAZIONI LINEARI

APPLICAZIONI LINEARI APPLICAZIONI LINEARI Esercizi Esercizio Date le seguenti applicazioni lineari f : R 2 R 3 definita da fx y = x 2y x + y x + y; 2 g : R 3 R 2 definita da gx y z = x + y x y; 3 h : Rx] 2 R 2 definita da

Dettagli

Algebra Commutativa a Genova

Algebra Commutativa a Genova Algebra Commutativa a Genova Matteo Varbaro Workshop di presentazione Dottorato Parte del gruppo di Algebra Commutativa Postdoc: Figure : Aldo Conca - Hop D. Nguyen - Shreedevi K. Masuti Ph.D.: Figure

Dettagli

Un monomio è in forma normale se è il prodotto di un solo fattore numerico e di fattori letterali con basi diverse. Tutto quanto sarà detto di

Un monomio è in forma normale se è il prodotto di un solo fattore numerico e di fattori letterali con basi diverse. Tutto quanto sarà detto di DEFINIZIONE Espressione algebrica costituita dal prodotto tra una parte numerica (coefficiente) e una o più variabili e/o costanti (parte letterale). Variabili e costanti possono comparire elevate a potenza

Dettagli

LEZIONE 8. k e w = wx ı + w y j + w z. k di R 3 definiamo prodotto scalare di v e w il numero

LEZIONE 8. k e w = wx ı + w y j + w z. k di R 3 definiamo prodotto scalare di v e w il numero LEZINE 8 8.1. Prodotto scalare. Dati i vettori geometrici v = v x ı + v y j + v z k e w = wx ı + j + k di R 3 definiamo prodotto scalare di v e w il numero v, w = ( v x v y v z ) w x = v x + v y + v z.

Dettagli

CONGRUENZE. 2 La formula risulta vera anche per n+1. Per induzione è allora vera per ogni n.

CONGRUENZE. 2 La formula risulta vera anche per n+1. Per induzione è allora vera per ogni n. CONGRUENZE 1. Cosa afferma il principio di induzione? Sia P(n) una proposizione definita per ogni n n 0 (n 0 =naturale) e siano dimostrate le seguenti proposizioni: a) P(n 0 ) è vera b) Se P(n) è vera

Dettagli

Università degli studi di Trieste Corso di Studi in Matematica. Algebra 2 (9 cfu) docente: prof. Alessandro Logar anno accademico:

Università degli studi di Trieste Corso di Studi in Matematica. Algebra 2 (9 cfu) docente: prof. Alessandro Logar anno accademico: 1 Richiami/premesse Università degli studi di Trieste Corso di Studi in Matematica Algebra 2 (9 cfu) docente: prof. Alessandro Logar anno accademico: 2013-2014 Richiami su gruppi, anelli, campi; omomorfismi,

Dettagli

Appunti di matematica per le Scienze Sociali Parte 1

Appunti di matematica per le Scienze Sociali Parte 1 Appunti di matematica per le Scienze Sociali Parte 1 1 Equazioni 1.1 Definizioni preliminari 1.1.1 Monomi Si definisce monomio ogni prodotto indicato di fattori qualsiasi, cioè uguali o diseguali, numerici

Dettagli

LEZIONE 4. { x + y + z = 1 x y + 2z = 3

LEZIONE 4. { x + y + z = 1 x y + 2z = 3 LEZIONE 4 4.. Operazioni elementari di riga. Abbiamo visto, nella precedente lezione, quanto sia semplice risolvere sistemi di equazioni lineari aventi matrice incompleta fortemente ridotta per righe.

Dettagli

Algebra Lineare e Geometria. Il teorema fondamentale dell algebra. 1 Non c è un ordine totale sull insieme dei complessi

Algebra Lineare e Geometria. Il teorema fondamentale dell algebra. 1 Non c è un ordine totale sull insieme dei complessi Università di Bergamo Anno accademico 2008 2009 Primo anno di Ingegneria Algebra Lineare e Geometria Il teorema fondamentale dell algebra 1 Non c è un ordine totale sull insieme dei complessi Vogliamo

Dettagli

TEOREMA DEL RESTO E REGOLA DI RUFFINI

TEOREMA DEL RESTO E REGOLA DI RUFFINI TEOREMA DEL RESTO E REGOLA DI RUFFINI ALCUNI TEOREMI IMPORTANTI Prendiamo una divisione intera tra numeri: 6 : 3 = 2. Il resto di questa divisione è 0, e questo significa che moltiplicando il quoziente

Dettagli

Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Principio di induzione matematica

Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Principio di induzione matematica Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Principio di induzione matematica Il Principio di induzione matematica è una tecnica di dimostrazione che permette la dimostrazione simultanea di infinite affermazioni.

Dettagli

LEZIONE Equazioni matriciali. Negli Esempi e si sono studiati più sistemi diversi AX 1 = B 1, AX 2 = R m,n, B = (b i,h ) 1 i m

LEZIONE Equazioni matriciali. Negli Esempi e si sono studiati più sistemi diversi AX 1 = B 1, AX 2 = R m,n, B = (b i,h ) 1 i m LEZIONE 4 41 Equazioni matriciali Negli Esempi 336 e 337 si sono studiati più sistemi diversi AX 1 = B 1, AX 2 = B 2,, AX p = B p aventi la stessa matrice incompleta A Tale tipo di problema si presenta

Dettagli

Si consideri il sistema a coefficienti reali di m equazioni lineari in n incognite

Si consideri il sistema a coefficienti reali di m equazioni lineari in n incognite 3 Sistemi lineari 3 Generalità Si consideri il sistema a coefficienti reali di m equazioni lineari in n incognite ovvero, in forma matriciale, a x + a 2 x 2 + + a n x n = b a 2 x + a 22 x 2 + + a 2n x

Dettagli

Metodi per la risoluzione di sistemi lineari

Metodi per la risoluzione di sistemi lineari Metodi per la risoluzione di sistemi lineari Sistemi di equazioni lineari. Rango di matrici Come è noto (vedi [] sez.0.8), ad ogni matrice quadrata A è associato un numero reale det(a) detto determinante

Dettagli

LEZIONE 5. AX = 0 m,1.

LEZIONE 5. AX = 0 m,1. LEZIONE 5 5 isoluzione di sistemi Supponiamo che AX = B sia un sistema di equazioni lineari Ad esso associamo la sua matrice completa (A B Per quanto visto nella precedente lezione, sappiamo di poter trasformare,

Dettagli

I teoremi della funzione inversa e della funzione implicita

I teoremi della funzione inversa e della funzione implicita I teoremi della funzione inversa e della funzione implicita Appunti per il corso di Analisi Matematica 4 G. Mauceri Indice 1 Il teorema della funzione inversa 1 Il teorema della funzione implicita 3 1

Dettagli

Programma di Algebra 1

Programma di Algebra 1 Programma di Algebra 1 A. A. 2015/2016 Docenti: Alberto Canonaco e Gian Pietro Pirola Richiami su relazioni di equivalenza: definizione, classe di equivalenza di un elemento, insieme quoziente e proiezione

Dettagli

Esercizi Applicazioni Lineari

Esercizi Applicazioni Lineari Esercizi Applicazioni Lineari (1) Sia f : R 4 R 2 l applicazione lineare definita dalla legge f(x, y, z, t) = (x + y + z, y + z + t). (a) Determinare il nucleo di f, l immagine di f, una loro base e le

Dettagli

m = a k n k + + a 1 n + a 0 Tale scrittura si chiama rappresentazione del numero m in base n e si indica

m = a k n k + + a 1 n + a 0 Tale scrittura si chiama rappresentazione del numero m in base n e si indica G. Pareschi COMPLEMENTI ED ESEMPI SUI NUMERI INTERI. 1. Divisione con resto di numeri interi 1.1. Divisione con resto. Per evitare fraintendimenti nel caso in cui il numero a del Teorema 0.4 sia negativo,

Dettagli

Frazioni algebriche. Osserviamo che un espressione di questo tipo si ottiene talvolta quando ci si propone di ottenere il quoziente di due monomi.

Frazioni algebriche. Osserviamo che un espressione di questo tipo si ottiene talvolta quando ci si propone di ottenere il quoziente di due monomi. Frazioni algebriche 14 14.1 Definizione di frazione algebrica Diamo la seguente definizione: Definizione 14.1. Si definisce frazione algebrica un espressione del tipo A B polinomi. dove A e B sono Osserviamo

Dettagli

1 Definizione di sistema lineare omogeneo.

1 Definizione di sistema lineare omogeneo. Geometria Lingotto. LeLing1: Sistemi lineari omogenei. Ārgomenti svolti: Definizione di sistema lineare omogeneo. La matrice associata. Concetto di soluzione. Sistemi equivalenti. Operazioni elementari

Dettagli

LEZIONE 9. Figura 9.1.1

LEZIONE 9. Figura 9.1.1 LEZIONE 9 9.1. Equazioni cartesiane di piani. Abbiamo visto come rappresentare parametricamente un piano. Un altro interessante metodo di rappresentazione di un piano nello spazio è tramite la sua equazione

Dettagli

Inversa di una matrice

Inversa di una matrice Geometria Lingotto. LeLing: La matrice inversa. Ārgomenti svolti: Inversa di una matrice. Unicita e calcolo della inversa. La inversa di una matrice. Il gruppo delle matrici invertibili. Ēsercizi consigliati:

Dettagli

misura. Adesso, ad un arbitrario punto P dello spazio associamo una terna di numeri reali x

misura. Adesso, ad un arbitrario punto P dello spazio associamo una terna di numeri reali x 4. Geometria di R 3. Questo paragrafo è molto simile al paragrafo : tratta infatti delle proprietà geometriche elementari dello spazio R 3. Per assegnare delle coordinate nello spazio, fissiamo innanzitutto

Dettagli

x 1 Fig.1 Il punto P = P =

x 1 Fig.1 Il punto P = P = Geometria di R 2 In questo paragrafo discutiamo le proprietà geometriche elementari del piano Per avere a disposizione delle coordinate nel piano, fissiamo un punto, che chiamiamo l origine Scegliamo poi

Dettagli

LeLing12: Ancora sui determinanti.

LeLing12: Ancora sui determinanti. LeLing2: Ancora sui determinanti. Ārgomenti svolti: Sviluppi di Laplace. Prodotto vettoriale e generalizzazioni. Rango e determinante: i minori. Il polinomio caratteristico. Ēsercizi consigliati: Geoling

Dettagli