UOC RISK MANAGEMENT DIRETTORE V.A. CICOGNA

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1 AZIENDA ASL ROMA 6 Borgo Garibaldi Albano Laziale Roma Tel Fax UOC RISK MANAGEMENT DIRETTORE V.A. CICOGNA LINEE DI INDIRIZZO PER LA PROFILASSI DELLA TROMBOSI VENOSA PROFONDA (TVP) ASL ROMA 6 1

2 GRUPPO DI LAVORO Dott. V.A. Cicogna Risk Manager Dott. B. Alfonsi coordinatore gruppo Dott. C. De Angelis Anestesia Dott. M. Picchio Chirurgia Generale - Vascolare Dott. F. Ratto Ostetricia e ginecologia Dott.ssa A. Reali Nefrologia e Dialisi Dott. M. Silvestrini Medicina Generale Dott. G. Tucci Ortopedia N.B. Documento approvato dai Direttori dei Dipartimenti Dott. Andrea Pinto - Direttore Dipartimento Emergenza f.f. documento approvato in data 30/11/2017; Dott Giuseppe Pajes Direttore Dipartimento Area medica documento approvato in data 04/12/2017; Dott. Fabio Cerza Direttore Dipartimento Area Chirurgica documento approvato in data 08/12/2017; 2

3 INDICE Presentazione Pag 4 Guida ai livelli di prova Pag 5 Profilassi del tromboembolismo venoso nei pazienti ospedalizzati Pag 6 La valutazione del rischio trombo embolico individuale Pag 8 La profilassi antitromboembolica nel paziente obeso Pag 15 Linee guida per la profilassi della TVP in medicina interna Pag 16 Stratificazione del rischio di TEV in medicina interna Pag 17 Algoritmo per la definizione del rischio TVP in medicina interna Pag 20 La profilassi antitromboembolica in Chirurgia Generale Pag 21 La profilassi antitromboembolica in Chirurgia Vascolare Pag 27 Bibliografia Pag 33 La profilassi antitromboembolica in Ortopedia Pag 37 Bibliografia Pag 39 La profilassi antitromboembolica in Ostetricia e ginecologia Pag 40 Contraccezione e TVP Pag 44 Bibliografia Pag 47 La profilassi antitromboembolica in Anestesia Locoregionale Pag 48 Bibliografia Pag 55 La profilassi antitromboembolica nel paziente con Insufficienza Renale Pag 57 Bibliografia Pag 63 3

4 PRESENTAZIONE Il tromboembolismo venoso (TEV) rappresenta un problema clinico di notevole impatto per la sua elevata incidenza e la gravità delle sue complicanze. Vista la rilevanza del problema la UOC di Risk Management, coinvolgendo i Dipartimenti Aziendali, ha costituito un gruppo di lavoro per l aggiornamento del documento aziendale di indirizzo sulla profilassi della TVP; tale documento ha lo scopo di fornire agli operatori una guida operativa alla suddetta profilassi soprattutto per l utilizzo nella pratica clinica quotidiana. Il documento è stato redatto facendo riferimento alle linee guida internazionali riguardanti ciascuna specialità analizzata. Le linee di indirizzo sono strutturate in due parti: la prima parte è narrativa-teorica, la seconda con un indirizzo pratico-operativo. Il lavoro elaborato è stato condiviso e approvato dal gruppo in una serie di incontri. Non è stata oggetto di lavoro la profilassi in pediatria ed in oncologia. Le linee guida internazionali analizzate sono state adattate per essere facilmente fruibili nella realtà quotidiana della nostra azienda. Questo documento vuole essere uno strumento operativo, realizzato insieme ai professionisti del settore, adattato alla nostra realtà aziendale con lo scopo di aggiornare e standardizzare la profilassi del TEV, al fine di ridurre il rischio di TVP nei pazienti e quindi migliorare la qualità, l appropriatezza e la sicurezza delle cure. L elaborato contiene indicazioni applicabili a gruppi di pazienti e non intende sostituirsi al giudizio clinico del medico rispetto al singolo caso. Nell esercizio dell attività clinica, il medico può doversi discostare dalle raccomandazioni fornite, annotando le motivazioni della scelta. I destinatari del documento elaborato sono i medici e gli infermieri di tutti i dipartimenti aziendali. 4

5 Guida ai livelli di prova e al grado delle raccomandazioni (Secondo il Sistema Nazionale Linee Guida-SNLG) Livello di prova I. Prove ottenute da più studi controllati randomizzati e/o da revisioni sistematiche di studi randomizzati. II. Prove ottenute da un solo studio randomizzato di disegno adeguato. III. Prove ottenute da studi di coorte non randomizzati con controlli concorrenti o storici o loro metanalisi. IV. Prove ottenute da studi retrospettivi tipo caso controllo o loro metanalisi. V. Prove ottenute da studi di casistica senza gruppo di controllo. VI. Prove basate sull opinione di esperti autorevoli o di comitati di esperti o basate su opinioni dei membri del gruppo di lavoro responsabile delle linee guida. Forza delle raccomandazioni A. L esecuzione della procedura diagnostica o terapeutica è fortemente raccomandata (indica una particolare raccomandazione sostenuta da prove scientifiche di buona qualità, anche se non necessariamente di tipo I o II). B. Si nutrono dubbi sul fatto che la procedura o l intervento debbano sempre essere raccomandati, ma si ritiene che la loro esecuzione debba essere attentamente considerata. C. Esiste una sostanziale incertezza a favore o contro la raccomandazione di eseguire la procedura o l intervento. D. L esecuzione della procedura o intervento non è raccomandata. E. Si sconsiglia fortemente l esecuzione della procedura o intervento. 5

6 PROFILASSI DEL TROMBOEMBOLISMO VENOSO NEI PAZIENTI OSPEDALIZZATI INTRODUZIONE La malattia tromboembolica venosa o tromboembolismo venoso (TEV) è una delle patologie più comuni del sistema circolatorio. Nei paesi occidentali si calcola sia la terza malattia cardiovascolare più frequente dopo la cardiopatia ischemica e l ictus, con un caso ogni abitanti per anno. Il TEV prende origine da un trombosi venosa profonda (TVP), quando, all interno di una vena profonda, generalmente del polpaccio, si forma un iniziale aggregato di piastrine cementato dalla fibrina, ovvero un trombo. Il distacco di frammenti dal trombo determina la formazione di emboli che, tramite le vie venose, possono raggiungere le camere destre del cuore e fermarsi nel circolo polmonare, là dove la sezione del vaso è inferiore alla dimensione dell embolo. Si realizza, così, la temuta complicanza della trombosi venosa, ovvero l embolia polmonare (EP), con quadri clinici di gravità diversa, in rapporto alla percentuale di letto polmonare che viene ostruito improvvisamente dal materiale embolico. Quando l impegno del letto polmonare è massivo, l evoluzione clinica può essere la morte improvvisa. Nella grande maggioranza dei casi (90%) l EP è causata da una TVP. I quadri clinici principali della malattia trombo embolica venosa sono, dunque, la trombosi venosa profonda e l embolia polmonare. In una buona parte dei casi, la prima è clinicamente silente e la morte improvvisa per embolia polmonare può essere la prima e unica manifestazione del TEV. on G chirurgico Rischio di TEV nei pazienti ricoverati in ospedale 6

7 La maggior parte dei pazienti ricoverati in ospedale presenta almeno un fattore di rischio per TEV e circa il 40% ne ha tre o più. In assenza di profilassi, l incidenza di TVP oggettivamente documentata nei pazienti ricoverati per patologie mediche o chirurgiche varia dal 10 al 40% e raggiunge il 40-60% nei pazienti sottoposti a interventi di chirurgia ortopedica. La mortalità e la morbosità a breve e lungo termine e i costi correlati al TEV supportano la necessità di misure di profilassi almeno nei pazienti a rischio moderato e alto. Inoltre, numerosi studi clinici hanno dimostrato che la profilassi antitrombotica riduce l incidenza di TEV e di EP fatale senza associarsi a un incremento significativo del rischio. Ciò nonostante, la profilassi tromboembolica rimane sottoutilizzata, soprattutto in ambito medico. Approccio alla profilassi del TEV nel singolo paziente Vi sono sostanzialmente due modalità di profilassi del TEV. 1 - profilassi per tutti i pazienti ad alto rischio 2 valutazione del rischio tromboembolico nel singolo paziente, sulla base del rischio associato alla condizione morbosa o alla procedura a cui il paziente stesso è sottoposto sia dei fattori predisponenti individuali. Il primo approccio è quello raccomandato dall American College of Chest Physicians (ACCP) Diverse sono le ragioni di tale scelta: in primo luogo, sebbene sia riconosciuto il ruolo di un numero sempre crescente di fattori di rischio paziente-specifici nel determinismo del TEV, il principale fattore rimane il motivo per cui il paziente si ricovera, ovvero un intervento chirurgico oppure una patologia medica acuta. Inoltre non è possibile identificare con certezza, all interno dei vari gruppi, le sottopopolazioni di pazienti che non hanno necessità di profilassi antitrombotica. Ancora la suddivisione in gruppi di rischio è alla base della maggior parte dei trial clinici sulla prevenzione del TEV, mentre l approccio individualizzato manca di una rigorosa validazione clinica ed è più complesso e più difficile da attuare, L approccio individualizzato alla profilassi del TEV si basa sulla stima del rischio nel singolo paziente. A tale scopo sono stati proposti vari modelli di stratificazione del rischio più o meno complessi, che tengono conto sia delle caratteristiche individuali del paziente (fattori di predisposizione) sia delle condizioni morbose incidenti (fattori di esposizione). Mentre nei pazienti chirurgici la stratificazione del rischio individuale di TEV, sia in base al tipo di intervento sia in base ai fattori predisponenti (età, trombofilia nota, neoplasie maligne, storia di TEV), permette di identificare quei pazienti che possono trarre beneficio dalla profilassi antitrombotica e di individuare dosaggio e durata ottimali della profilassi, la stratificazione del rischio di TEV è senza dubbio più problematica nei pazienti medici. 7

8 La difficoltà nasce da diversi elementi: in primo luogo, dalla eterogeneità dei pazienti dovuta alla loro complessità (prevalente polipatologia ed età avanzata); in secondo luogo, dalla frequente presenza di un elevato rischio emorragico. Nel paziente medico vi sono poi altre difficoltà intrinseche quali: una diagnosi precoce spesso difficile; il fatto che i pazienti sono spesso asintomatici per TEV; la bassa sensibilità delle tecniche non invasive; il fatto che l EP è spesso il primo segno della trombosi in atto; l ampia diagnosi differenziale. Gli studi clinici condotti su pazienti medici sono meno numerosi rispetto a quelli sui pazienti chirurgici, e i risultati sono spesso non comparabili, a causa dell eterogeneità nel disegno degli studi e nelle tecniche utilizzate per la diagnosi di TVP. La valutazione del rischio tromboembolico individuale Il rischio tromboembolico venoso nel paziente ricoverato risulta dalla somma di fattori predisponenti individuali e di fattori legati all evento, classificabili in base alla causa di ricovero. La conoscenza di specifici fattori di rischio in pazienti da sottoporre a procedure diagnostiche e terapeutiche di natura chirurgica o che si ricoverano in reparti medici, costituisce la base per un appropriata profilassi della malattia tromboembolica venosa. Fattori di rischio individuali I fattori di alto grado presentano tutti un OR fra 2 e 9 e a ciascuno è stato attribuito arbitrariamente il punteggio di 2: storia personale di TEV; trombofilia congenita (deficit di antitrombina, proteina C, proteina S, omozigosi per fattore V Leiden o protrombina G20210A o doppia eterozigosi); sindrome da anticorpi antifosfolipidi; emiplegia o paraplegia da danno neurologico; cancro in fase attiva; sindrome mieloproliferativa; chemioterapia o radioterapia; insufficienza respiratoria con NIV (ventilazione non invasiva); scompenso cardiaco classe NYHA III/IV; sepsi; gravidanza o puerperio (<6 settimane dal parto). Ai fattori di basso-medio grado che hanno un OR <2 attribuito un punteggio di 1: storia familiare di TEV; obesità (IMC >30); 8

9 uso di pillola contraccettiva o terapia ormonale sostitutiva post-menopausa (già dal primo mese di assunzione e per 30 giorni dalla sospensione); trombofilia congenita eterozigote (eterozigosi per fattore V Leiden o protrombina G20210A); varici importanti (insufficienza venosa cronica); malattia infiammatoria cronica intestinale; insufficienza respiratoria o BPCO riacutizzata; presenza di CVC; sindrome nefrosica; recente (<1 mese) chirurgia e/o trauma; infarto miocardio acuto; malattia infettiva acuta. Per quanto riguarda l ipomobilità, viene considerata l immobilità totale >3 giorni, attribuendole un punteggio di 1,5 (Hull 2010). Per l età il rischio aumenta a partire dai 40 anni e tende a raddoppiare per ogni successiva decade. (Attribuito il punteggio di 0,5 per l età fra anni, 1 per l età fra anni, 1,5 per l età >75 anni I mezzi di profilassi del tromboembolismo venoso Misure generali Nei pazienti immobilizzati, la stasi venosa può essere contrastata incoraggiando l esecuzione di alcuni esercizi degli arti inferiori. L emoconcentrazione aumenta la viscosità del sangue e nei pazienti immobilizzati contribuisce a ridurre la velocità del flusso ematico soprattutto nelle vene profonde. Tuttavia, non ci sono sufficienti prove sul bilancio rischi/benefici dell emodiluizione o dei salassi (con eccezione per la policitemia primaria). Raccomandazioni È necessario incoraggiare la mobilizzazione precoce dei pazienti anche attraverso esercizi per gli arti inferiori (prova VI A). Nei pazienti immobilizzati è necessario assicurare un adeguata idratazione (prova VI B). Metodi meccanici Calze elastiche a compressione graduata (CCG) Sono efficaci per la profilassi della TEV nei pazienti a rischio con controindicazione assoluta alla profilassi farmacologica per alto rischio emorragico. Nei pazienti chirurgici, le CCG possono essere usate in combinazione con la profilassi farmacologica o con la compressione pneumatica intermittente, allo scopo di ridurre l incidenza di TVP. Meno nota è l utilità delle CCG nei pazienti medici e in particolare è stata dimostrata la loro inefficacia nei pazienti con ictus ischemico acuto. Le CCG devono essere mantenute almeno fino alla dimissione (o comunque fino alla completa 9

10 mobilizzazione del paziente). Sono controindicazioni al loro impiego: arteriopatie periferiche degli arti inferiori; neuropatie periferiche; deformità degli arti inferiori; dermatiti. Le precauzioni da adottare nel loro impiego sono: scegliere una taglia appropriata; calzare con cura seguendo il giusto verso; controllare quotidianamente la circonferenza della gamba; non ripiegare sulla gamba; togliere quotidianamente per un tempo non superiore ai 30 minuti. Raccomandazioni Le CCG sono indicate per la profilassi dei pazienti chirurgici con controindicazione assoluta a profilassi farmacologica per alto rischio emorragico (prova I A). Nei pazienti chirurgici le CCG possono essere utilizzate in combinazione con la profilassi farmacologica allo scopo di ridurre l incidenza di TVP ( prova I A). Possono essere utilizzate anche nei pazienti ricoverati in terapia intensiva e nei pazienti classificabili ad altissimo rischio di TVP indipendentemente dalla patologia associata (prova VI A). Compressione pneumatica intermittente (CPI) La CPI consiste nell applicazione di un manicotto gonfiabile che comprime ritmicamente i muscoli del polpaccio o della coscia. Gli strumenti di compressione sono solitamente applicati prima, durante o dopo l intervento chirurgico (insieme o senza CCG) e sono mantenuti fino alla mobilizzazione del paziente. Questa procedura può essere mal tollerata dal paziente per il fastidio provocato dalla compressione a intermittenza. Gli studi sulla CPI per la prevenzione della TVP in pazienti sia ortopedici sia chirurgici hanno mostrato una riduzione del rischio relativo, mentre minori prove sono disponibili per i pazienti medici. Gli studi osservazionali hanno confermato la riduzione della riospedalizzazione per TEV in seguito a chirurgia dell anca in elezione. Uno studio randomizzato controllato ha mostrato che l uso combinato di CPI ed eparine non frazionate riduce il rischio di EP nei pazienti sottoposti a chirurgia cardiaca dal 4% all 1,5%. I metodi meccanici possono essere preferibili per i pazienti a rischio di emorragia o quando si può configurare un rischio nella profilassi farmacologica o non ne sia chiaro il beneficio. 10

11 I dispositivi meccanici sono controindicati nei pazienti a rischio di lesioni cutanee e/o patologie ischemiche delle gambe e neuropatia periferica. Inoltre, se usati impropriamente, possono essere veicolo di infezione fra pazienti. Metodi Farmacologici Sebbene sia giustificato l uso dell eparina non frazionata (ENF), salvo che in chirurgia ortopedica maggiore, in linea generale sono da preferire le eparine a basso peso molecolare (EBPM) per il minor rischio di piastrinopenia da eparina e per la più vantaggiosa somministrazione (un iniezione invece che due o tre al giorno). Eparine a basso peso molecolare e fondaparinux Caratteristica delle EBPM è quella di avere un attività anti-fattore Xa maggiore dell attività antitrombinica (4:1, rispetto a 1:1 dell ENF). Questa proprietà, in teoria, è molto favorevole per l attività di profilassi, perché l inibizione di una molecola di fattore Xa porta alla mancata generazione di 50 molecole di trombina. Non è necessario il monitoraggio di laboratorio. Il picco di attività anti-fattore Xa si raggiunge dopo 4 ore dalla somministrazione. In chirurgia generale non esistono studi consolidati che abbiano verificato l efficacia di un inizio postoperatorio rispetto al classico inizio preoperatorio della profilassi. Va peraltro precisato che, in base alla letteratura disponibile, bemiparina, unica fra le EBPM disponibili in Italia, prevede in scheda tecnica la possibilità di un inizio postoperatorio. Il fondaparinux, inibitore selettivo del fattore Xa, è un pentasaccaride sintetico contenente unicamente le 5 unità saccaridiche capaci di interagire con l antitrombina per ottenere un inibizione ottimale del fattore Xa. Non si lega alle proteine plasmatiche e induce raramente trombocitopenia da eparina (HIT)*. Ha una lunga emivita (17-20 ore) ed è eliminato interamente per via renale. Lo si somministra sottocute una sola volta al giorno e la prima somministrazione deve essere in fase postoperatoria (6-8 h dopo la fine dell intervento, anche se un recente studio condotto in pazienti sottoposti a intervento di chirurgia ortopedica maggiore ha dimostrato la sua efficacia anche se iniziato più tardi, entro 24 ore dalla fine dell intervento). E attualmente indicato nella profilassi in medicina interna, chirurgia addominale maggiore (in specie oncologica ad alto rischio) e in chirurgia ortopedica maggiore. * Negli studi clinici, l incidenza di trombocitopenia è stata simile nei due gruppi dei pazienti trattati con fondaparinux e con enoxaparina (circa 3%). A sviluppare anticorpi antieparina sono stati rispettivamente il 4,3% e il 3,3% (FDA - Center for drug evaluation and research Application number fondaparinux - Memorandum 19 July 2001). Raccomandazione La CPI è indicata nella profilassi della TVP nei pazienti chirurgici e in quelli ricoverati in terapia intensiva (prova I A) nei quali sia controindicata o insufficiente la profilassi con eparina. I dispositivi meccanici sono controindicati nei pazienti a rischio di patologie cutanee e/o patologie ischemiche delle gambe e nelle neuropatie periferiche. Dabigatran è risultato essere non inferiore alle EBPM in termini sia di efficacia sia di sicurezza. Peraltro, non esistono confronti diretti fra i due farmaci che consentano di stabilire con certezza una loro diversa efficacia e sicurezza. Non esistono prove in letteratura relative all impiego dei 11

12 NAO in pazienti sottoposti a intervento per frattura di collo di femore e nella profilassi prolungata dopo protesi di ginocchio; inoltre, l esperienza nei pazienti fragili è limitata. Per il dabigatran non sono disponibili in letteratura dati relativi a pazienti sottoposti ad anestesia con catetere peridurale inserito a scopo analgesico. Un analisi successiva alla pubblicazione degli studi di registrazione del rivaroxaban ne ha evidenziato la sicurezza in pazienti sottoposti ad anestesia neurassiale. Altri farmaci L aspirina non deve essere utilizzata come profilassi anti-tev, come del resto è esplicitato dalla scheda tecnica e dalle linee guida. I dicumarolici (TAO) non vengono più raccomandati in quanto difficili da gestire e da mantenere in un range di anticoagulazione terapeutico (INR compreso tra 2 e 3). Dosaggi dei farmaci antitrombotici In pazienti ad alto e altissimo rischio di TEV e limitatamente alle indicazioni da scheda tecnica: Dalteparina U sc 8-12 ore prima dell intervento, 12 ore dopo l intervento e poi una volta al dì; oppure, in chirurgia ortopedica maggiore, U 1-2 ore prima e U 8-12 ore dopo l intervento, quindi U/dì; oppure, solo per la chirurgia d anca, U 4-8 ore dopo l intervento, quindi U/dì; Enoxaparina: U sc 12 ore prima dell intervento, 12 ore dopo l intervento e poi una volta al dì; Nadroparina: in chirurgia ortopedica maggiore, 38 U/kg 12 ore prima dell intervento e 12 ore dopo, 38 U/kg ogni 24 ore nei tre giorni successivi l intervento, incrementando quindi la dose a 57 U/kg/dì; in altri pazienti ad alto rischio: peso <50 kg UI (0,3 ml) sc 12 ore prima dell intervento, 12 ore dopo l intervento e poi una volta al dì; peso kg UI (0,4 ml) con le stesse modalità; peso >70 kg UI (0,6 ml) con le stesse modalità; Parnaparina U (0,4 ml) sc 12 ore prima dell intervento, 12 ore dopo l intervento e poi una volta al dì; Reviparina U sc 12 ore prima dell intervento, 12 ore dopo l intervento e poi una volta al dì; Bemiparina U sc iniziando 2 ore prima o 6 ore dopo l intervento e poi una volta al dì; Fondaparinux 2,5 mg sc 6-24 ore dopo l intervento e poi una volta al dì; Dabigatran, 110 mg po 1-4 ore dopo l intervento e poi 220 mg po una volta al dì; in pazienti fragili (età >75 anni, clearance della creatinina ml/min) e in pazienti in terapia con amiodarone, chinidina e verapamil è raccomandato il dosaggio giornaliero di 150 mg (75 mg x 2); Rivaroxaban, 10 mg po 6-10 ore dopo l intervento e poi una volta al dì. Nei pazienti non chirurgici si deve prescrivere il dosaggio di mantenimento della chirurgia sopra indicato. In pazienti a rischio moderato TEV e limitatamente alle indicazioni da scheda tecnica: Dalteparina U sc 1-2 ore prima dell intervento e una volta al dì dopo l intervento; Enoxaparina U sc una volta al dì iniziando 12 ore prima dell intervento; 12

13 Nadroparina U (0,3 ml) sc 2-4 ore prima dell intervento e una volta al dì dopo l intervento; Parnaparina U (0,3 ml) sc 2 ore prima dell intervento e una volta al dì dopo l intervento; Reviparina U sc 2 ore prima dell intervento e una volta al dì dopo l intervento; Bemiparina U sc 6 ore dopo l intervento e poi una volta al dì. Nei pazienti medici si applica la dose dell alto rischio. La valutazione del rischio emorragico in pazienti che devono eseguire la profilassi farmacologica del tromboembolismo venoso La profilassi farmacologica del tromboembolismo venoso è basata sull uso di anticoagulanti che trovano limitazione al loro impiego nei pazienti con aumento del rischio emorragico, nei quali, un inibizione dei meccanismi fisiologicamente preposti al controllo della formazione del trombo potrebbe innescare un sanguinamento o aggravare un sanguinamento già in atto. A fronte di una stratificazione sempre più precisa e individuale del rischio trombotico, la definizione del rischio emorragico, anche nelle ultime linee guida (ACCP, NICE, Intensive Care), è lasciata a suggerimenti. Sono infatti indicazioni empiriche, termine usato nel testo delle linee guida di Intensive Care, non basate su dati ottenuti in trial clinici, per le quali non è possibile precisare il grado della prova. Le controindicazioni all uso di una profilassi farmacologica del TEV sono riportate come assolute o relative, ma anche sulla definizione di quelle assolute ci sono discordanze fra le indicazioni riportate nelle diverse linee guida. Per esempio, per le linee guida NICE un numero di piastrine <20.000/uL è una controindicazione assoluta, mentre per le linee guida di Intensive Care il cut off di controindicazione assoluta per piastrinopenia si innalza a <50.000/uL. Ancora più incerte sono le indicazioni per l uso della profilassi farmacologica per il TEV nei pazienti con ictus emorragico e/o ischemico. Secondo le linee guida di Intensive Care, l indicazione è di attendere 2 settimane dopo l evento ischemico e/o emorragico prima di iniziare la profilassi farmacologica per TEV, mentre in accordo con le linee guida della Società Italiana per lo Studio dell Emostasi e della Trombosi (Ageno 2009) in pazienti con ictus ischemico la profilassi farmacologica va iniziata a non più di 48 ore dall evento, dato l elevatissimo rischio di TEV. Per i pazienti con ictus emorragico l indicazione non è definita in criteri temporali precisi, per la necessità di valutare l andamento del rischio emorragico su dati clinici e strumentali. Nelle schede tecniche (AIC) dei farmaci utilizzati nella profilassi del TEV (eparine a basso peso molecolare e fondaparinux) sono riportate controindicazioni assolute e avvertenze all uso non omogenee. E tuttavia da sottolineare che anche nelle schede sono utilizzati termini generici tipo sanguinamenti clinicamente rilevanti o lesioni organiche a rischio di sanguinamento, per cui la decisione di iniziare o meno la profilassi si basa comunque su una valutazione individuale del rapporto rischio emorragico/rischio trombotico. Controindicazioni assolute Transitorie: 13

14 - sanguinamenti in atto (cerebrale e/o gastrointestinale e/o genito-urinario); - piastrinopenia (<20.000/ L); - interventi neurochirurgici o chirurgia oculare; - puntura lombare, anestesia lombare o epidurale nelle 4 h precedenti o prevista nelle 12 ore successive alla somministrazione. Per piastrinopenie fra e / è indicata la valutazione individuale del rapporto rischio emorragico/rischio trombotico. Permanenti: - coagulopatie congenite non trattate (NICE 2010) (emofilia e malattia di von Willebrand grave). A proposito del rischio emorragico correlato alle procedure, le linee guida di Intensive Care suggeriscono di somministrare la profilassi farmacologica per TEV sempre la sera dopo le h 18, in quanto gran parte delle procedure interventistiche a rischio emorragico vengono eseguite al mattino o nelle prime ore del pomeriggio. Utilizzando questo orario si limita sia il rischio emorragico procedura-correlato sia il numero di dosi di anticoagulante da somministrare. Controindicazioni relative Vanno valutate caso per caso: coagulopatie acquisite (insufficienza epatica nella quale un aumento INR >1,5 si può combinare con piastrinopenia); metastasi cerebrali o angiomi cerebrali a rischio sanguinamento (in rapporto al risultato di esami morfologici II livello, come angiotac o RM); ictus emorragico/ischemico; emorragie gastriche e/o genito-urinarie o oculari nei 14 gg precedenti; ipertensione arteriosa III grado (230/120 mmhg) (NICE 2010); endocardite infettiva acuta (a eccezione di quelle relative a protesi meccaniche). Quando una controindicazione è transitoria, la profilassi antitrombotica dovrà essere indicata, al persistere del rischio trombotico, non appena il rischio emorragico è controllato. Dai dati attualmente disponibili, i suggerimenti che si possono trarre sono solo di indirizzo: è buona pratica clinica valutare volta per volta la posizione della bilancia rischio/beneficio. In tutti i pazienti che necessitano di profilassi farmacologica antitrombotica la valutazione del rischio trombotico deve essere sempre accompagnata alla valutazione del rischio emorragico. La valutazione deve essere clinico anamnestica, volta a identificare coagulopatie acquisite e/o congenite, sanguinamenti recenti interventi chirurgici e/o procedure a rischio già programmate, nonché di laboratorio. Esami ematochimici essenziali per la valutazione del rischio emorragico sono: emocromo, per determinazione di: a) numero piastrine b) valore emoglobina (valori <10g/dL o inferiori possono indurre il sospetto di sanguinamento in atto o recente, soprattutto se gli eritrociti sono microcitici e ipocromici) assetto coagulativo per determinazione di: - tempo di protrombina (PT) - tempo di tromboplastina parziale attivato (aptt) - livelli plasmatici di fibrinogeno Raccomandazioni 14

15 In tutti i pazienti che necessitano di profilassi farmacologica antitrombotica, la valutazione del rischio trombotico deve essere sempre accompagnata alla valutazione del rischio emorragico, identificando le controindicazioni assolute (permanenti o temporanee) e relative (prova VI A). Nei pazienti nei quali la profilassi farmacologica non può essere effettuata, deve essere applicata la profilassi meccanica con calze elastiche a compressione graduata e/o compressione pneumatica intermittente (prova I A). Quando la controindicazione è transitoria, la profilassi antitrombotica farmacologica dovrà essere iniziata, se persiste il rischio trombotico, non appena il rischio emorragico è controllato (prova I A). La profilassi antitromboembolica nel paziente obeso Molte informazioni sulla profilassi antitromboembolica nei pazienti obesi derivano da studi condotti nell ambito della chirurgia bariatrica. Per le indicazioni in quel settore si rimanda allo specifico capitolo, mentre di seguito si riporta il ruolo che l obesità deve avere nella scelta delle dosi di anticoagulanti per la profilassi in qualunque tipo di chirurgia. Da tempo si dibatte se le dosi degli anticoagulanti debbano essere aumentate negli obesi, ma vi sono poche linee guida disponibili. Infatti, dato che il volume intravascolare non è correlato linearmente con il peso corporeo, se si stabiliscono dosi di EBPM aggiustate in base al peso, si rischia il sovradosaggio; d altra parte, se si usano le EBPM a dose fissa vi è il rischio di sottodosaggio. Di fatto, la sicurezza e l efficacia dei vari dosaggi non sono state adeguatamente studiate in questi pazienti. A tale riguardo, le linee guida dell ACCP del 2004 (Hirsh 2004) suggerivano, su base empirica, di aumentare la dose di EBPM di circa il 25% nei pazienti obesi. Le stesse linee guida nell edizione 2008 suggeriscono poi il monitoraggio dell attività anti-fattore Xa nei pazienti di peso >150 Kg trattati con dosi aggiustate di EBPM, ma non è ben definita la correlazione tra livelli di antifattore Xa e manifestazioni cliniche (TEV ed emorragia). Tradizionalmente, si considera che dopo 4 ore dalla somministrazione di EBPM i livelli di antifattore Xa in pazienti in profilassi debbano essere fra 0,1 e 0,4 U/ml. Un recente studio sulla farmacodinamica della parnaparina in pazienti obesi (BMI >36), in cui era previsto un intervento di chirurgia bariatrica (Imberti 2010), ha fornito dati di potenziale interesse per orientare le scelte terapeutiche. Lo studio ha valutato l attività anti-fattore Xa di un gruppo di pazienti trattati con UI/ al dì (dose profilattica standard per i pazienti a maggior rischio di TEV) con quella di pazienti trattati con una dose del 50% superiore. Mentre nei primi l attività a 4 ore dalla somministrazione restava nel range atteso, in oltre il 50% dei pazienti sottoposti alla dose maggiore l attività anti-fattore Xa era più elevata e spesso a livelli compatibili con una terapia anticoagulante e non con una profilassi. I risultati di questo studio, seppur indirettamente, suggeriscono la potenziale pericolosità di utilizzare nei pazienti obesi dosi di EBPM del 50% superiori a quelle standard. In attesa di ulteriori dati della letteratura, il gruppo suggerisce di non aggiustare la dose di EBPM in rapporto al peso corporeo (salvo che per nadroparina, quando usata secondo lo schema in base al peso corporeo). Tale suggerimento si applica anche a fondaparinux (in quanto gli studi che ne hanno validato l efficacia includevano anche pazienti grandi obesi), dabigatran e rivaroxaban. 15

16 Raccomandazione Nei pazienti obesi si raccomanda di utilizzare i farmaci anticoagulanti per la profilassi del tromboembolismo venoso alle dosi raccomandate dalla scheda tecnica del singolo farmaco (prova VI B). Linee guida per la profilassi del tromboembolismo venoso in medicina interna Il paziente internistico acuto è a rischio di tromboembolismo venoso al pari del paziente chirurgico: in assenza di profilassi è infatti possibile documentare una trombosi venosa profonda nel 15% dei casi. Lo studio italiano prospettico osservazionale GEMINI (Gussoni 2009), condotto su oltre pazienti ricoverati in ospedali distribuiti su tutto il territorio nazionale, ha documentato nei pazienti ricoverati in medicina interna un incidenza di TEV sintomatico del 3,65% Questo dato è in linea con i 3 grandi trial MEDENOX (Samama 1999), PREVENT (Leizorovicz 2004) e ARTEMIS (Cohen 2006), che hanno definito l entità del problema e stabilito l efficacia della profilassi antitrombotica con eparina a basso peso molecolare (EBPM) e fondaparinux in questa categoria di pazienti. Attualmente, il TEV è di riscontro più frequente nel paziente internistico che nel paziente chirurgico: negli ultimi venti anni, infatti, l embolia polmonare fatale si è ridotta del 78% in chirurgia a fronte di una ben più modesta diminuzione (18%) in medicina interna (Geerts 2008), dove numerosi studi documentano che non vi è un corretto utilizzo della profilassi antitrombotica (Gussoni 2009): vi è una tendenza alla sottoprescrizione, con percentuali di uso comprese fra meno del 30% e circa il 50% nei pazienti per i quali ci sarebbe l indicazione, nonostante la provata efficacia. Nello studio cross-sezionale, internazionale, condotto su oltre pazienti ospedalizzati ENDORSE (Cohen 2008) solo il 40% dei pazienti internistici con indicazione a profilassi secondo le raccomandazioni dell American College of Chest Physicians (ACCP) veniva effettivamente trattato. Un insoddisfacente impiego della profilassi viene riportato anche nel registro IMPROVE (Tapson 2007). Nella realtà italiana, lo studio GEMINI ha evidenziato un applicazione della profilassi nel 58,7% dei casi in cui vi era l indicazione in accordo alle linee-guida internazionali ACCP. Uno studio americano ha mostrato che il 52% dei pazienti che sviluppava TEV in ospedale aveva ricevuto una tromboprofilassi a dosi inappropriate. La difficoltà di eseguire una corretta profilassi, nei tempi e nei modi, nelle degenze internistiche nasce da diversi elementi: in primo luogo, dalla problematica stratificazione del rischio in classi omogenee per l eterogeneità dei pazienti dovuta alla loro complessità, alla 16

17 costante polipatologia e all eventuale età avanzata, in secondo luogo, dalla frequente presenza contemporanea di un elevato rischio emorragico. Nel paziente internistico, oltre alle già descritte incertezze di ordine epidemiologico, vi sono poi difficoltà intrinseche quali: una diagnosi precoce di fatto difficile, l insorgenza spesso asintomatica del TEV, la bassa sensibilità delle tecniche non invasive, ma soprattutto, l ampia scelta di diagnosi alternative al TEV. Stratificazione del rischio di TEV in medicina interna Vanno considerati i fattori di rischio alto e medio già individuati come comuni a tutte le specialità. Nelle specialità di tipo chirurgico-rianimatorio formano il setting del rischio individuale, mentre per la medicina interna danno il quadro completo delle possibilità di rischio. Per ciò che riguarda età e mobilità, va considerato che i pazienti ricoverati in reparti di medicina sono in maggioranza anziani e per lo più ipomobili durante la degenza. Una corretta stratificazione del rischio in questo tipo di pazienti non dovrà mai disgiungersi dall attenta valutazione del rischio emorragico, connesso all età e all insufficienza renale cronica, di frequente riscontro nel paziente internistico. Protocollo di profilassi Le linee guida internazionali (Nicolaides 2006, Geerts 2008, NICE 2010) indicano per la profilassi nel paziente medico: eparina non frazionata (ENF), EBPM e fondaparinux, mentre nel paziente ad aumentato rischio emorragico vengono indicati solo i mezzi fisici di prevenzione. Nella profilassi medica, si possono considerare i seguenti farmaci: ENF (eparina calcica) UIsc 2-3/dì Enoxaparina UIsc 1/dì Dalteparina UIsc 1/dì Fondaparinux 2,5 mg sc 1/dì Nadroparina UIsc 1 1/dì Parneparina UIsc 1/dì Reviparina UIsc 1/dì In ampie metanalisi (Wein 2007, Kannan 2007) la ENF si è dimostrata inferiore rispetto a EBPM/fondaparinux nel prevenire il TEV (riduzione di circa 1/3 del rischio relativo di TVP). Inoltre, EBPM/fondaparinux si associano a minori complicanze emorragiche sia in sede di iniezione sia generali. 17

18 Per enoxaparina, dalteparina e fondaparinux sono disponibili studi che ne hanno dimostrato l efficacia rispetto al placebo in pazienti internistici. Per la nadroparina sono disponibili solo studi in particolari subset internistici (insufficienza respiratoria) e su campioni di numerosità limitata. La scelta della EBPM per la profilassi del TEV nel paziente internistico deve essere coerente con le indicazioni contenute nella specifica scheda tecnica. Nella condizione normativa attuale tali indicazioni differiscono per le varie preparazioni; di conseguenza, la scelta per il singolo paziente dovrà essere differenziata in base alla specifica condizione clinica da sottoporre a profilassi. Le EBPM, come l ENF, necessitano di un controllo periodico dell emocromo per evidenziare un eventuale piastrinopenia da eparina (HIT), che peraltro si verifica con una frequenza significativamente inferiore rispetto all ENF (<1% vs 1-3%). Il fondaparinux ha minore necessità di questi controlli, in quanto i casi segnalati di HIT sono sporadici e dubbi, inoltre, può essere usato nei pazienti con allergia o intolleranza alle EBPM non presentando allergia crociata con l eparina Per fondaparinux sono disponibili maggiori dati circa il mantenimento della stessa dose anche nei pazienti obesi (BMI>30), che, invece, è meno chiaro per le EBPM. Particolare attenzione è da prestare al paziente con insufficienza renale cronica: il fondaparinux presenta un dosaggio apposito di 1,5 mg da usare in tutti i pazienti con clearance della creatinina fra 20 e 50 ml/min, mentre il farmaco è controindicato in pazienti con clearance <20 ml/min. Per le EBPM si ritiene di rimandare a quanto indicato nelle schede tecniche dei diversi preparati in quanto esistono pochi e controversi dati sulla necessità e sull eventuale entità della riduzione delle dosi in questi pazienti (Douketis 2008). Nei pazienti con emorragia in atto (cerebrale, gastrointestinale) o gravemente piastrinopenici (< mm3) o con altri gravi deficit dell emostasi, la terapia farmacologica anticoagulante è controindicata e bisogna adottare metodi meccanici che nel paziente internistico sono costituiti dalle calze antitrombo. La durata della profilassi deve coprire tutto il periodo di ricovero o anche oltre, se permane ipomobilità a domicilio, fino a un massimo di 28 giorni. Raccomandazioni Per il paziente medico a rischio di TEV ricoverato in ospedale si raccomanda trombo profilassi con: eparina non frazionata (ENF) a basse dosi (prova I A); eparina a basso peso molecolare (EBPM) (prova I A); fondaparinux (prova II A). Per i pazienti a rischio di TEV ma con controindicazione alla tromboprofilassi per rischio emorragico, si raccomanda l uso di mezzi meccanici (calze antitrombo e/o compressione pneumatica intermittente) (prova I B). Come buona pratica clinica si raccomanda di: 18

19 non considerare routinario l uso di ENF dati i confronti sfavorevoli con EBPM (in termini sia di efficacia e sicurezza sia di praticità di uso) (prova VI A); considerare le EBPM e il fondaparinux come i farmaci di riferimento per la profilassi (prova VI A). Il fondaparinux andrà preferito (prova VI A) nei pazienti: con intolleranza o allergia all eparina; a rischio di HITo piastrinopenici; obesi. 19

20 La tabella seguente: Algoritmo per la definizione del rischio tromboembolico in medicina interna, è tratta dalle linee guida della Regione Toscana e può essere utilizzata come modello per la stratificazione del rischio nei reparti di medicina. 20

21 LA PROFILASSI DEL TROMBOEMBOLISMO VENOSO IN CHIRURGIA Il tromboembolismo venoso (TEV) è una causa rilevante di morbilità e mortalità nel paziente chirurgico. Negli studi osservazionali dell epoca precedente all introduzione della profilassi del TEV l incidenza di trombosi venosa profonda degli arti inferiori e di embolia polmonare oscillava dal 15 al 30% e dallo 0,2% allo 0,9%, rispettivamente. 1 La trombosi venosa profonda degli arti inferiori è frequentemente asintomatica, tanto che spesso il TEV si manifesta con i sintomi dell embolia polmonare. Per tale motivo non è razionale confidare nella diagnosi precoce. Inoltre, lo screening del TEV asintomatico degli arti inferiori ha un accuratezza non sufficiente ed è complesso da praticare. La profilassi del TEV è il principale mezzo per ridurre l incidenza di questa importante complicanza. 2 Se usata appropriatamente, è anche vantaggiosa dal punto di vista dei costi per il sistema sanitario, perché riduce l insorgenza del TEV sintomatico, patologia che richiede spese aggiuntive sia per la diagnosi sia per la terapia. La valutazione del rischio tromboembolico Il razionale della profilassi del TEV in chirurgia si basa sull analisi dei fattori di rischio individuali e su quelli legati alla procedura. Un sistema di stratificazione del rischio tromboembolico, basato su fattori di rischio rilevati sui singoli pazienti, è stato proposto più di 25 anni fa ed è raccomandato dalle principali lineeguida internazionali. In particolare, è utilizzato il modello di Caprini proposto nel Questo modello è stato validato in studi clinici 4,5 e recentemente raccomandato dalla Società Internazionale della Trombosi e dell Emostasi. 6 Per quanto riguarda l analisi dei fattori di rischio individuali non collegati all atto chirurgico si rimanda alla trattazione generale. In questa sezione ci limitiamo a riportarne l elenco con la suddivisione in base alle classi di rischio tromboembolico (Tabella 1). 21

22 Tabella 1. Fattori di rischio individuali stratificati in base al modello di Caprini. Rischio debole (1 punto ciascuno) Rischio moderato (2 punti Rischio forte (3 punti Rischio molto forte (5 ciascuno ciascuno) punti ciascuno) Età anni Età anni Età >75 anni Ictus (<30 giorni) Edema arti inferiori Neoplasia (in atto o pregressa) Pregresso TEV Trauma maggiore con Vene varicose Prolungata immobilità ( 3 Diatesi trombofilica (deficit di fratture di: colonna Obesità (BMI >25) giorni) proteina C o S o antitrombina vertebrale, pelvi, arti Uso di estroprogestinici/terapia ormonale Presenza di catetere venoso III, resistenza alla proteina C inferiori sostitutiva centrale attivata/fattore V Leiden, ecc.) Lesione midollare (<30 Gravidanza e puerperio Ingessatura arti inferiori Anamnesi familiare positiva giorni) Anamnesi di patologia riproduttiva (es.: per trombofilia venosa abortività ricorrente, morte intrauterina del feto, basso peso alla nascita, ecc.) Sepsi (<30 giorni) Patologia respiratoria acuta Broncopneumopatia cronica ostruttiva Infarto miocardico acuto Scompenso cardiaco congestizio (<30 giorni) Immobilità a letto Anamnesi positiva per malattia infiammatoria cronica intestinale Pregressa chirurgia maggiore (<30 giorni) Il rischio relativo alle varie procedure chirurgiche può essere stratificato in base ad alcuni fattori di seguito elencati: complessità della procedura chirurgica; durata globale dell intervento; sede dell intervento; organo bersaglio; tipo di accesso. Analizzeremo di seguito alcuni di questi fattori per la loro rilevanza e per la presenza di aspetti ancora controversi. La chirurgia oncologica Il TEV è una causa frequente di mortalità nei pazienti neoplastici. In paragone ai pazienti affetti da patologie benigne, quelli con neoplasie che devono essere sottoposti a intervento chirurgico hanno un più elevato rischio di TEV. 7 Tuttavia, nella chirurgia oncologica, a esclusione di quella del distretto addomino-pelvico, una recente meta-analisi ha evidenziato che non c è 22

23 nessun vantaggio nella profilassi del TEV, quando si utilizzano presidi farmacologici rispetto a quelli meccanici, mentre c è un aumento del rischio emorragico. 8 La chirurgia addomino-pelvica La chirurgia addomino-pelvica è riconosciuta come predisponente al TEV probabilmente anche in considerazione della complessità degli interventi in questo distretto e per la posizione del paziente. 9 Gli interventi resettivi del colon hanno un incidenza di TEV superiore a quella di molte altre procedure chirurgiche, inclusi anche molti interventi di chirurgia ortopedica. 9 In considerazione di tutto ciò e dai risultati emersi da una recentissima meta-analisi si raccomanda la tromboprofilassi farmacologica. 8 Il tempo operatorio Il tempo operatorio è un fattore di rischio indipendente e direttamente proporzionale alla durata della chirurgia in qualsiasi tipo di intervento chirurgico. 10 Il modello di Caprini prevede che le procedure chirurgiche siano ritenute a basso rischio di TEV se la durata è inferiore a 45 minuti. Esempi di chirurgia minore sono: Nodulectomia (mammella); Quadrantectomia senza cavo ascellare; Asportazione di ginecomastia; Interventi su cute e sottocute; Cisti pilonidali; Ernioplastica. In realtà non ci sono dati solidi a sostegno di questo limite temporale, tant è vero che in letteratura si trovano valori anche superiori (90 minuti compresa l anestesia, o 60 minuti se l intervento è a carico di pelvi o arti inferiori). 11 È evidente, quindi, che il solo criterio temporale non è sufficiente per la classificazione delle procedure chirurgiche. La chirurgia laparoscopica Per quanto riguarda le tecniche di chirurgia laparoscopica non esistono al momento elementi che dimostrino un aumentata incidenza di TEV in pazienti trattati con queste metodiche. Alcuni fattori come la precoce mobilizzazione possono ridurre il rischio di TEV. Tuttavia, fattori intraoperatori, quali lo pneumoperitoneo e la posizione di anti-trendelemburg, favoriscono il TEV. Uno studio, basato su un ampio registro, ha dimostrato una riduzione del rischio tromboembolico in caso di approccio laparoscopico rispetto alla chirurgia aperta

24 La chirurgia in regime di day hospital La reale incidenza del TEV nella day surgery è ancora non ben determinato e, pertanto, le raccomandazioni per quanto riguarda la tromboprofilassi sono ancora variabili. Le caratteristiche di questo gruppo di pazienti è la precoce mobilizzazione rispetto ai pazienti in ricovero ordinario e la breve durata dell intervento. Tuttavia, come in tutti i pazienti da sottoporre a interventi chirurgici, occorre valutare i fattori di rischio individuali in base ai quali decidere la strategia di profilassi tromboembolica. Da una recentissima meta-analisi si conferma la validità del modello di Caprini nella stratificazione del rischio tromboembolico. 12 In particolare, i tassi di incidenza di TEV in base al punteggio ottenuto con il modello di Caprini sono riportati in Figura. Da questi dati emerge un significativo incremento del rischio tromboembolico per un punteggio > 6. 24

25 La valutazione del rischio emorragico Il sanguinamento postoperatorio è una complicanza della profilassi tromboembolica. La profilassi farmacologica del TEV è basata sull'uso di anticoagulanti che trovano limitazione al loro impiego nei pazienti che presentano un aumentato rischio emorragico. Il rischio di sanguinamento è legato a fattori individuali e dipendenti dal tipo di procedura chirurgica. Quelli individuali sono: Sanguinamento attivo; Nota malattia emorragica non trattata; Grave insufficienza renale (clearance creatinina < 30 ml/min) o epatica (INR > 1,5); Trombocitopenia; Ictus cerebrale acuto; Ipertensione arteriosa non trattata; Uso concomitante di anticoagulanti, antiaggreganti piastrinici, fibrinolitici. Questi fattori di rischio non sono supportati da prove scientifiche valide, basati su trial clinici. Per esempio, per le linee guida NICE 13 un numero di piastrine <75.000/uL è una controindicazione, mentre per le linee guida di Intensive Care 14 il valore limite di controindicazione assoluta per piastrinopenia si riduce a <50.000/uL. Gli studi in pazienti in terapia concomitante con antiaggreganti piastrinici non riportano nessun aumento del rischio di sanguinamento; tuttavia, l esatta incidenza di sanguinamento non è definita, quando si associa la terapia antiaggregante a quella per la profilassi del TEV. 15 I mezzi di profilassi del tromboembolismo venoso Misure generali Nei pazienti immobilizzati, la stasi venosa può essere contrastata incoraggiando l esecuzione di alcuni esercizi degli arti inferiori. Un recente studio ha confermato l efficacia della mobilizzazione precoce. 16 Metodi meccanici 25

26 La profilassi meccanica si basa essenzialmente sull uso della compressione pneumatica intermittente (CPI), delle calze elastiche a compressione graduata (CEG). La CPI consiste nell applicazione di un manicotto gonfiabile che comprime ritmicamente il muscolo del polpaccio o della coscia. Le calze sono disponibili in taglie e lunghezze diverse, con estensione sopra e sotto il ginocchio. Nella maggior parte degli studi sono state utilizzate calze sopra il ginocchio. I metodi meccanici per la profilassi antitrombotica aumentano la velocità media del flusso sanguigno nelle vene degli arti inferiori riducendo la stasi venosa Una meta-analisi Cochrane 17 ha evidenziato l efficacia delle CEG nella profilassi del TEV sia da sole sia in associazione con altri metodi, tanto da raccomandarne l uso in tutti i pazienti chirurgici. In confronto alla profilassi farmacologica con eparina l efficacia è sovrapponibile con una riduzione del rischio emorragico, anche se non c è conferma di questa superiorità con le eparine a basso peso molecolare (EBPM). 18 I presidi meccanici trovano indicazione principale in caso di pazienti con elevato rischio di sanguinamento, che controindica la profilassi tromboembolica farmacologica. L altra indicazione è l associazione con la tromboprofilassi farmacologica nei pazienti ad alto rischio tromboembolico. C è un evidenza insufficiente per preferire la CPI alle CEG. 19 Metodi Farmacologici Gli antiaggreganti piastrinici Gli antiaggreganti piastrinici (di solito l aspirina) nella profilassi del TEV offrono il vantaggio di essere una terapia assumibile per via orale, poco costosa e che non necessita di monitoraggi con esami ematochimici. Le evidenze in letteratura suggeriscono che l aspirina è più efficace del placebo nella profilassi del TEV. Eparina non frazionata ed eparine a basso peso molecolare Le eparine non frazionate (ENF) sono costituite da catene polisaccaridiche con peso molecolare tra 3000 e dalton. Hanno un azione indiretta, in quanto richiedono la presenza di antitrombina III. L'attività anticoagulante si esplica mediante l'inibizione soprattutto della trombina e del fattore X attivato. Nell'impiego delle ENF si raccomanda l'esecuzione di un emocromo basale e di uno ogni 2-3 giorni fino al 15 giorno per evitare il rischio di trombocitopenia indotta da eparina. Per l'elevata variabilità di risposta è indicato il monitoraggio di laboratorio e, in particolare, del tempo di tromboplastina parziale attivata (aptt). 26

27 Le EBPM sono prodotte dalla depolimerizzazione delle ENF e hanno un peso molecolare compreso tra 3000 e 7000 dalton. Queste caratteristiche consentono un profilo farmacocinetico più prevedibile, una maggiore biodisponibilità e un emivita compresa tra 4 e 6 ore. Le EBPM sono utilizzabili in monosomministrazione giornaliera, senza necessità di monitoraggio di laboratorio. Il fondaparinux, un inibitore selettivo del fattore X attivato (Xa), è un pentasaccaride sintetico contenente unicamente le 5 unità saccaridiche, capaci di interagire con l'antitrombina III (ATIII) per ottenere un inibizione ottimale del fattore Xa. Ha una lunga emivita (17-20 ore) ed è eliminato interamente per via renale. Sebbene sia giustificato l uso dell ENF, in linea generale sono da preferire le EBPM per il minor rischio di piastrinopenia da eparina e per la più vantaggiosa somministrazione (un iniezione invece che due o tre al giorno). Il fondaparinux è associate con un aumentato rischio di sanguinamento rispetto alle EBPM. 21 Anche se le schede tecniche prevedono l inizio del trattamento eparinico nell immediato preoperatorio, l evidenza scientifica non fornisce supporto. Una meta-analisi di confronto tra somministrazione di EBPM 12 ore prima dell intervento chirurgico e nel postoperatorio non mostra differenze di efficacia nel prevenire il TEV. 22 Del resto, le linee guida ACCP 2 suggeriscono la somministrazione preoperatoria come una delle opzioni possibili e non come una raccomandazione. L efficacia dell estensione della profilassi nel postoperatorio fino a 4 settimane è stata dimostra solo nella chirurgia oncologica addomino-pelvica. 8 Linee guida per la profilassi del TEV in chirurgia generale La medicina moderna tende a individualizzare le terapie in modo da ottimizzare il rapporto rischio/benefico, insito in ogni trattamento. Le strategie profilattiche del TEV devono seguire questo indirizzo. Ci sono varie linee-guida internazionali, che riguardano i pazienti chirurgici, le principali delle quali sono quelle americane dell American College of Chest Physicians (ACCP) 2 e dell Agency for Healthcare Research and Quality (AHRQ), 23 quelle inglesi del National Guideline Clearinghouse (NICE), 24 quelle asiatiche dell Asian Venous Thrombosis Forum (AVTF). 25 Le linee-guida ACCP, le più utilizzate internazionalmente, raccomandano sempre la chemioprofilassi con punteggio di Caprini 5, a meno che non ci sia un forte rischio di sanguinamento. Dai dati emersi dalla letteratura l efficacia della chemioprofilassi del TEV è stata dimostrata solo nei pazienti chirurgici con punteggio di Caprini >6. 12 Invece, per quanto riguarda il rischio di sanguinamento postoperatorio lo stesso studio ha dimostrato che è indipendente dal punteggio di Caprini. 27

28 In base a queste considerazioni si propone il modello di profilassi del TEV, riportato in Tabella 2. Tabella 2. Strategie preventive del TEV. Livello di rischio Caprini Strategie preventive Durata della profilassi Rischio molto basso 0-1 Mobilizzazione precoce Rischio basso 2-3 Profilassi meccanica Rischio moderato 4-5 Profilassi meccanica Rischio elevato 6-8 Senza elevato rischio di sanguinamento EBPM Di norma: 7 giorni Da valutare in caso di immobilità prolungata e/o complicanze Con elevato rischio di Profilassi meccanica sanguinamento Rischio molto elevato >8 Senza elevato rischio di sanguinamento EBPM+profilassi meccanica Limite minimo: 7 giorni Da valutare in caso di immobilità prolungata e/o complicanze. Si raccomanda di prolungare la profilassi fino a 4 settimane nella chirurgia oncologica addomino-pelvica Con elevato rischio di sanguinamento Profilassi meccanica Raccomandazioni in chirurgia vascolare La frequenza del TEV venoso è significativamente bassa nei pazienti sottoposti a chirurgia vascolare. Probabilmente ciò è da correlarsi a due fattori rilevanti: l uso frequente in questi pazienti di terapia antiaggregante piastrinica e di infusione intraoperatoria di ENF, terapie entrambi in grado di ridurre significativamente il rischio di TEV. Un ulteriore elemento è rappresentato dalla possibilità di una più rapida mobilizzazione anche in chirurgia maggiore (addominale), con la sola eccezione delle rivascolarizzazioni periferiche, condotte in stadi avanzati della malattia o in pazienti particolarmente compromessi. La chirurgia vascolare può essere suddivisa in due grandi categorie: la chirurgia arteriosa periferica, che include quella carotidea, aorto-iliaca e degli arti e quella venosa, che comprende sia gli interventi per l insufficienza venosa profonda sia quella delle varici. Bisogna tener presente che la maggior parte degli interventi per le vene varicose è effettuata in day-surgery. 28

29 La stratificazione del rischio tromboembolico nei pazienti che affrontano interventi di chirurgia vascolare si basa sul punteggio dato dalla somma dei fattori di rischio relativi al paziente e relativi alla procedura chirurgica, come avviene per la chirurgia generale. I fattori di rischio individuali non sono stati studiati approfonditamente. 2 Tuttavia, poiché in letteratura la chirurgia vascolare è stata inclusa nella popolazione chirurgica generale nella valutazione del rischio di TEV, si può prendere in considerazione come valido lo score di Caprini utilizzato per la chirurgia generale (ACCP). 2 I fattori relativi alle procedure chirurgiche si possono inserire nella stratificazione riportata in Tabella 3. Tabella 3. Stratificazione del rischio di TEV in base al tipo di procedura di chirurgia vascolare. Rischio basso (0 punti) Rischio medio (1 punto) Rischio elevato (2 punti) 1. Chirurgia flebologica - Esclusione endovascolare di aneurismi - Aneurismi aortici open 2. Chirurgia carotidea - Aneurismi periferici degli arti open - Aneurismi aorto-iliaci-femorali open 3. Exeresi di tumore del glomo - Rivascolarizzazione periferica open - Aneurismi viscerali open carotideo - Decompressione sindrome stretto toracico - Rivascolarizzazioni aorto-iliacofemorali 4. Procedure endovascolari superiore open percutanee - Simpaticectomia lombare - Rivascolarizzazioni viscerali open 5. Fistola artero-venosa per emodialisi periodica - Amputazioni arti - Chirurgia su vene profonde. I fattori che possono alterare il rischio di TEV sono: Il paziente con patologia chirurgia arteriosa sono spesso anziani e con deficit motori; Molti paziente sono in terapia antiaggregante piastrinica o con anticoagulanti orali; Durante l intervento chirurgico si ricorre frequentemente all infusione di eparina.; La chirurgia della varici si effettua frequentemente in donne in terapia anticontraccetiva o di sostituzione ormonale. I fattori connessi a un aumentato rischio di sanguinamento sono: Pazienti che usano terapia antiaggregante piastrinica; Pazienti che usano terapia anticoagulante orale; Altri fattori che possono alterare la scelta della terapia di tromboprofilassi sono: L impiego di CEG o di CPI è controindicato in pazienti con arteriopatia degli arti inferiori; L uso di CEG o di CPI è di solito inappropriato in caso di interventi chirurgici sugli arti inferiori. Tenuto conto di tali premesse, anche la chirurgia vascolare non può che rientrare nei parametri individuati per la chirurgia generale. 2 Comunque, le evidenze della letteratura al riguardo sono scarse. Del resto, una meta-analisi Cochrane 26 sulla tromboprofilassi nella chirurgia dell aneurisma dell aorta addominale non ha 29

30 fornito nessun supporto all uso della profilassi farmacologica in unione o meno a quella meccanica rispetto ai controlli senza profilassi, anche se i trial valutati avevano delle limitazioni metodologiche che ne inficiavano la qualità. Terapia-ponte La gestione dei pazienti in terapia anticoagulante orale (TAO), che necessitano di essere sottoposti a terapia chirurgica, deve essere distinta in base al tipo di TAO: Antagonisti della vitamina K (AVK); Anticoagulanti orali ad azione diretta (AOAD), come gli inibitori diretti della trombina (dabigatran) o del fattore Xa (rivaroxaban, apixaban, endoxaban). I criteri da seguire per la terapia-ponte, esposti nelle linee guida ACCP 2012, 27 sono inficiati dal fatto di essere basati su limitati studi randomizzati e molti studi osservazionali. Occorre sempre valutare il profilo di rischio tromboembolico ed emorragico sia per quanto riguarda il paziente sia per quanto concerne la procedura chirurgica da eseguire, l interruzione e la ripresa della TAO e la necessità o meno di una terapia-ponte con eparina. In base alle tre principali indicazioni alla TAO (TEV, valvola cardiaca artificiale, fibrillazione atriale) l ACCP ha suggerito una stratificazione del rischio (Tabella 4). 27 Tabella 4. Classi di rischio dei pazienti in terapia con AVK. Classe di rischio Soggetti portatori di valvola cardiaca Soggetti affetti da fibrillazione Soggetti con TEV meccanica atriale Elevato Protesi valvolare mitralica di qualsiasi tipo Portatore di protesi valvolare aortica di prima generazione Ictus o TIA recenti (da non oltre 6 mesi) Punteggio CHADS2 di 5-6 Ictus o TIA recenti (da non più di 3 mesi) Malattia reumatica della valvola cardiaca Anamnesi di TEV recente (da non più di 3 mesi) Trombofilia grave (es. deficit di proteina C, S, antitrombina, anticorpi antifosfolipidi, anomalie multiple) Moderato Portatore di protesi valvolare aortica a due emidischi più una delle seguenti condizioni: fibrillazione atriale, ictus o TIA pregressi, ipertensione, diabete, insufficienza cardiaca congestizia, età >75 anni Punteggio CHADS2 di 3-4 Anamnesi di TEV nei passati 3-12 mesi Condizioni trombofiliche non gravi (es, mutazione del fattore V Leiden eterozigote, del fattore II eterozigote) Anamnesi di TEV ricorrente Cancro attivo (trattato da 6 mesi o in terapia palliativa) Basso Protesi valvolare aortica a due emidischi, senza fibrillazione atriale e altro fattore di rischio di ictus Punteggio CHADS2 di 0-2 (senza ictus o TIA pregressi) Anamnesi di un singolo TEV insorto > 12 mesi (senza nessun altro fattore di rischio) CHADS2 (Congestive heart failure-hypertension-age-diabetes-stroke). In questo sistema sono conteggiati 2 punti in caso di ictus o TIA pregressi e 1 punto ciascuno per scompenso cardiaco congestizio, ipertensione arteriosa, età > 75 anni, diabete mellito. 30

31 Il rischio di sanguinamento in relazione al tipo di procedura chirurgica da eseguire può essere stratificato come suggerito in Tabella 5. Tabella 5. Stratificazione del rischio di sanguinamento in base al tipo di procedura chirurgica. Rischio alto ( 2% sanguinamenti maggiori postoperatori) Rischio basso Rischio minimo Chirurgia maggiore (durata > 45 min.) Chirurgia oncologica Chirurgia digestiva Resezione intestinale Chirurgia di organi riccamente vascolarizzati (reni, fegato, milza Biopsie cutanee/linfonodali Colecistectomia laparoscopica Chirurgia delle ernie Chirurgia delle emorroidi Chirurgia ambulatoriale In base a tali classi di rischio di sanguinamento si decide la necessità o meno dell interruzione della TAO e come gestire la sua ripresa e l eventuale terapia-ponte. Sebbene questo schema non sia stato validato per quanto riguarda il periodo perioperatorio, rimane utile dal punto di vista della gestione clinica di questi pazienti. Nei pazienti da sottoporre a procedure chirurgiche minori esiste un evidenza ben supportata in letteratura di continuare la TAO. 28 Le line-guida ACCP del suggeriscono l utilizzo di dosi terapeutiche di ENF/EBPM come terapia ponte in pazienti a rischio elevato. Anche in questo ambito le EBPM hanno soppiantato le ENF in ragione della loro nota superiore maneggevolezza e sicurezza. 29 Un recentissimo trial randomizzato e controllato, 30 condotto in 1884 pazienti affetti da fibrillazione atriale non valvolare, ha provveduto a valutare eventuali differenze in termini di efficacia (riduzione del rischio tromboembolico) e di sicurezza (sanguinamento maggiore) tra la terapia-ponte con EBPM (dalteparina, 100 UI/kg 2x/die) e la sola sospensione della terapia con warfarina (follow-up di 30 giorni). I risultati dello studio hanno evidenziato, nei due gruppi, una sostanziale equivalenza nel numero di eventi tromboembolici. Per contro, l'impiego di dalteparina ha determinato un significativo aumento dei sanguinamenti maggiori nei soggetti sottoposti a terapia-ponte. Questo studio trova conferma anche nei risultati di una corposa meta-analisi 31 e nei dati tratti di un registro nazionale. 32 In base alle classi di rischio sia per il TEV sia per il sanguinamento postoperatori si propone lo schema di gestione della TAO nel periodo perioperatorio in regime di elezione, riportato in Tabella 6. 31

32 Tabella 6. Gestione perioperatoria della TAO e della terapia-ponte in base al rischio di TEV e di sanguinamento postoperatorio. Rischio di sanguinamento alto Rischio di sanguinamento basso Rischio di sanguinamento minimo Rischio di TEV AOAD: interrompere la TAO; non AOAD: interrompere la TAO; non Non interrompere la TAO alto effettuare la terapia-ponte con EBPM AVK: interrompere la TAO; terapiaponte con EBPM consigliata* effettuare la terapia-ponte con EBPM AVK: interrompere la TAO; terapia-ponte con EBPM consigliata* Rischio di TEV AOAD: interrompere la TAO; non AOAD: interrompere la TAO; non Non interrompere la TAO moderato effettuare la terapia-ponte con EBPM AVK: interrompere la TAO; terapiaponte con EBPM non consigliata* effettuare la terapia-ponte con EBPM AVK: interrompere la TAO terapia-ponte con EBPM non consigliata* Rischio di TEV basso AOAD: interrompere la TAO terapia ponte con EBPM non consigliata AVK: interrompere la TAO; non effettuare la terapia- ponte con EBPM AOAD: interrompere la TAO; non effettuare la terapia-ponte con EBPM AVK: interrompere la TAO; non effettuare la terapia-ponte con EBPM Non interrompere la TAO *Fibrillazione atriale: terapia-ponte non consigliata di routine ma solo in pazienti ad alto rischio con punteggi CHADS2 di 5-6. Soggetti portatori di valvola e soggetti con TEV: studi retrospettivi hanno documentato che la terapia-ponte aumenta i rischi di sanguinamento postoperatorio senza ridurre l incidenza di TEV. Si può somministrare una dose profilattica di EBPM in pazienti da sottoporre a procedure chirurgiche ad alto rischio di sanguinamento o a chirurgia maggiore con comportano un rischio di TEV elevato. Si può considerare l interruzione della terapia con AOAD nello stesso giorno dell intervento chirurgico. 32

33 Un validato protocollo di terapia-ponte con EBPM nei pazienti in terapia con AVK è riportato in Tabella 7, in base a quanto proposto in una recente revisione della letteratura. 28 Tabella 7. Protocollo per la terapia-ponte con EBPM in pazienti in terapia con AVK (TAO) Giorno Dose di AVK Terapia ponte con EBPM Monitoraggio dell INR Da 7 a - 10 Dose di mantenimento Valutazione della necessità della terapia ponte in base al rischio/beneficio Esami ematochimici di base (emoglobina, conta piastrinica, creatininemia, INR) Da -6 a -5 Inizio della sospensione di AVK No EBPM No -4 No AVK No EBPM No -3 No AVK Inizio della terapia con EBPM a No dose terapeutica -2 No AVK EBPM a dose terapeutica* No -1 No AVK Ultima dose preintervento di EBPM, da somministrare non meno di 24 h dall inizio dell intervento chirurgico e con dose pari alla metà di quella INR prima dell intervento chirurgico; operare se l INR è < 1.5. Se l INR è > 1.5 e < 1.8, considerare la terapia con vitamina K (1-2,5 mg per os) totale giornaliera 0 o +1 Ripresa della dose di Nulla None mantenimento con AVK la sera dell intervento o la mattina del giorno dopo +1 Dose di mantenimento Basso rischio di sanguinamento: In base al giudizio clinico ripresa della terapia con EBPM al dosaggio pre-sospensione Alto rischio di sanguinamento: nessuna terapia con EBPM Da +2 a +3 Dose di mantenimento Basso rischio di sanguinamento: In base al giudizio clinico continua terapia con EBPM Alto rischio di sanguinamento: ricominciare la terapia con EBPM alla dose pre-sospensione +4 Dose di mantenimento Basso rischio di sanguinamento: INR sospendere la terapia con EBPM se INR> 1.9) Alto rischio di sanguinamento: sospendere la terapia con EBPM se INR> 1.9) Da +7 a +10 Dose di mantenimento INR Sia regimi con di somministrazione di EBPM bid (per esempio enoxaparina 1 mg kg -1 s.c., dalteparina 100 IU kg- 1 ) sia regimi con monosomministrazione giornaliera di EBPM (per esempio enoxaparina 1 mg kg -1 s.c., dalteparina 100 IU kg- 1 ) sono stati utilizzati. 33

34 Gestione dei pazienti in terapia antiaggregante piastrinica da sottoporre a intervento chirurgico L acido acetilsalicilico assunto in prevenzione primaria va sospeso in tutti i casi. Assunto in prevenzione secondaria (per pregresso episodio ischemico cardiovascolare) va continuato a un dosaggio di mg/dì. In caso di intervento urgente non dilazionabile, il chirurgo dovrebbe prestare particolare attenzione all emostasi locale. In caso di emorragia, vanno somministrate 4-6 sacche di concentrato piastrinico. In caso di intervento urgente dilazionabile, se il paziente assume Clopidogrel o Ticlopidina, va richiesta la consulenza specialistica per valutare se è possibile sospendere la terapia o se l intervento vada fatto senza interromperla. Per interventi elettivi, se il paziente assume Clopidogrel o Ticlopidina, sospendere rispettivamente 7 e 10 giorni prima dell intervento, mentre per i pazienti in doppia antiaggregazione (aspirina e clopidogrel) rinviare l intervento se è prevista nei mesi successivi la sospensione del clopidogrel; se non è prevista, richiedere consulenza specialistica. In tutti i casi, come regola generale, riprendere la terapia antipiastrinica prima possibile e comunque una volta controllata l emostasi. Bibliografia 1. Agnelli G. Prevention of venous thromboembolism in surgical patients. Circulation. 2004;110(24 Suppl 1):IV Gould MK, Garcia DA, Wren SM, Karanicolas PJ, Arcelus JI, Heit JA, Samama CM. Prevention of VTE in nonorthopedic surgical patients: antithrombotic therapy and prevention of thrombosis, 9th ed: American College of Chest Physicians evidence-based clinical practice guidelines. Chest. 2012;141(2 Suppl):e227S-e277S. 3. Caprini JA. Thrombosis risk assessment as a guide to quality patient care. Dis Mon. 2005;51: Pannucci CJ, Bailey SH, Dreszer G, Fisher Wachtman C, Zumsteg JW, Jaber RM, Hamill JB, Hume KM, Rubin JP, Neligan PC, Kalliainen LK, Hoxworth RE, Pusic AL, Wilkins EG. Validation of the Caprini risk assessment model in plastic and reconstructive surgery patients. J Am Coll Surg. 2011;

35 5. Hewes PD, Hachey KJ, Zhang XW, Tripodis Y, Rosenkranz P, Ebright MI(4), McAneny D, Fernando HC, Litle VR. Evaluation of the Caprini model for venothromboembolism in esophagectomy patients. Ann Thorac Surg. 2015;100: International Society on Thrombosis and Hemostasis. Venous thromboembolism: a call for risk assessment in all hospitalised patients. Thromb Haemost. 2016;116: Krell RW, Scally CP, Wong SL, Abdelsattar ZM, Birkmeyer NJ, Fegan K, Todd J, Henke PK, Campbell DA, Hendren S. Variation in hospital thromboprophylaxis practices for abdominal cancer surgery. Ann Surg Oncol. 2016;23: Guo Q, Huang B, Zhao J, Ma Y, Yuan D, Yang Y, Du X. Perioperative pharmacological thromboprophylaxis in patients with cancer: a systematic review and meta-analysis. Ann Surg. 2017;265: Henke PK, Arya S, Pannucci C, Kubus J, Hendren S, Engelsbe M, Campbell D. Procedure-specific venous thromboembolism prophylaxis: a paradigm from colectomy surgery. Surgery. 2012;152: Kim JY, Khavanin N, Rambachan A, McCarthy RJ, Mlodinow AS, De Oliveria GS Jr, Stock MC(2), Gust MJ, Mahvi DM. Surgical duration and risk of venous thromboembolism. JAMA Surg. 2015;150: Hill J, Treasure T; National Clinical Guideline Centre for Acute and Chronic Conditions. Reducing the risk of venous thromboembolism in patients admitted to hospital: summary of NICE guidance. BMJ. 2010;340:c Pannucci CJ, Swistun L, MacDonald JK, Henke PK, Brooke BS. Individualized venous thromboembolism risk stratification using the 2005 Caprini score to identify the benefits and harms of chemoprophylaxis in surgical patients: a meta-analysis. Ann Surg. 2017;265: Venous thromboembolism: reducing the risk for patients in hospital Clinical guideline Published: 27 January 2010 nice.org.uk/guidance/cg The Intensive Care Society. Guidelines for venous thromboprophylaxis in critical care. The Intensive Care Society Standards and Guidelines, Kebede S, Prakasa KR, Shermock K, Shihab HM, Brotman DJ, Sharma R, Chelladurai Y, Haut ER, Singh S, Segal JB. A systematic review of venous thromboembolism prophylaxis strategies in patients with renal insufficiency, obesity, or on antiplatelet agents. J Hosp Med. 2013;8: Cassidy MR, Rosenkranz P, McAneny D. Reducing postoperative venous thromboembolism complications with a standardized risk-stratified prophylaxis protocol and mobilization program. J Am Coll Surg. 2014;218: Sachdeva A, Dalton M, Amaragiri SV, Lees T. Graduated compression stockings for prevention of deep vein thrombosis. Cochrane Database Syst Rev. 2014;(12):CD Eppsteiner RW, Shin JJ, Johnson J, van Dam RM. Mechanical compression versus subcutaneous heparin therapy in postoperative and posttrauma patients: a systematic review and meta-analysis. World J Surg. 2010;34: Morris RJ, Woodcock JP. Intermittent pneumatic compression or graduated compression stockings for deep vein thrombosis prophylaxis? A systematic review of direct clinical comparisons. Ann Surg. 2010;251: Sahebally SM, Healy D, Walsh SR. Aspirin in the primary prophylaxis of venous thromboembolism in surgical patients. Surgeon. 2015;13: Eikelboom JW, Quinlan DJ, O'Donnell M. Major bleeding, mortality, and efficacy of fondaparinux in venous thromboembolism prevention trials. Circulation. 2009;120: Strebel N, Prins M, Agnelli G, Buller HR. Preoperative or postoperative start of prophylaxis for venous thromboembolism with low-molecular- weight heparin in elective hip surgery? Arch Intern Med. 2002;162: Agency for Healthcare Research and Quality (AHRQ) guide for effective quality improvement for preventing hospital-acquired venous thromboembolism can be found at AHRQ Evidence Report 2008 Aug: PDF. 24. National Institute for Health and Care Excellence (NICE) guidelines on reducing risk of venous thromboembolism in patients admitted to hospital can be found at NICE 2010 Jan:CG92 PDF or at National Guideline Clearinghouse 2015 Nov 9:

36 25. Liew NC, Alemany GV, Angchaisuksiri P, Bang SM, Choi G, DE Silva DA, Hong JM, Lee L, Li YJ, Rajamoney GN, Suviraj J, Tan TC, Tse E, Teo LT, Visperas J, Wong RS, Lee LH. Asian Venous Thrombosis Forum. Asian venous thromboembolism guidelines: prevention of venous thromboembolism. Int Angiol. 2017;36: Bani-Hani MG, Al-Khaffaf H, Titi MA, Jaradat I. Interventions for preventing venous thromboembolism following abdominal aortic surgery. Cochrane Database Syst Rev. 2008;CD Douketis JD, Spyropoulos AC, Spencer FA, Mayr M, Jaffer AK, Eckman MH, Dunn AS, Kunz R. Perioperative management of antithrombotic therapy: Antithrombotic therapy and prevention of thrombosis, 9th ed: American College of Chest Physicians evidence-based clinical practice guidelines. Chest. 2012;141:e326S-50S. 28. Spyropoulos AC, Al-Badri A, Sherwood MW, Douketis JD. Periprocedural management of patients receiving a vitamin K antagonist or a direct oral anticoagulant requiring an elective procedure or surgery. J Thromb Haemost 2016;14: ). 29. Dunn AS, Spyropoulos AC, Turpie AG. Bridging therapy in patients on long-term oral anticoagulants who require surgery: the Prospective Peri-operative Enoxaparin Cohort Trial (PROSPECT). J Thromb Haemost. 2007;5: Douketis JD, Spyropoulos AC, Kaatz S, Becker RC, Caprini JA, Dunn AS, Garcia DA, Jacobson A, Jaffer AK, Kong DF, Schulman S, Turpie AG, Hasselblad V, Ortel TL. Perioperative bridging anticoagulation in patients with atrial fibrillation. N Engl J Med. 2015;373: Siegal D, Yudin J, Kaatz S, Douketis JD, Lim W, Spyropoulos AC. Periprocedural heparin bridging in patients receiving vitamin K antagonists: systematic review and meta-analysis of bleeding and thromboembolic rates. Circulation. 2012; 126: Steinberg BA, Peterson ED, Kim S, Thomas L, Gersh BJ, Fonarow GC, Kowey PR, Mahaffey KW, Sherwood MW, Chang P, Piccini JP, Ansell J. Use and outcomes associated with bridging during anticoagulation interruptions in patients with atrial fibrillation: findings from the Outcomes Registry for Better Informed Treatment of Atrial Fibrillation (ORBIT-AF). Circulation. 2015;131: Healey JS, Eikelboom J, Douketis J, Wallentin L, Oldgren J, Yang S, Themeles E, Heidbuchel H, Avezum A, Reilly P, Connolly SJ, Yusuf S, Ezekowitz M; RE-LY Investigators. Periprocedural bleeding and thromboembolic events with dabigatran compared with warfarin: results from the Randomized Evaluation of Long-Term Anticoagulation Therapy (RE-LY) randomized trial. Circulation. 2012;126: Sherwood MW, Douketis JD, Patel MR, Piccini JP, Hellkamp AS, Lokhnygina Y, Spyropoulos AC, Hankey GJ, Singer DE, Nessel CC, Mahaffey KW, Fox KA, Califf RM, Becker RC. Outcomes of temporary interruption of rivaroxaban compared with warfarin in patients with nonvalvular atrial fibrillation: results from the rivaroxaban once daily, oral, direct factor Xa inhibition compared with vitamin K antagonism for prevention of stroke and embolism trial in atrial fibrillation (ROCKET AF). Circulation. 2014;129: Beyer-Westendorf J, Gelbricht V, Forster K, Ebertz F, Kohler C, Werth S, Kuhlisch E, Stange T, Thieme C, Daschkow K, Weiss N. Peri-interventional management of novel oral anticoagulants in daily care: results from the prospective Dresden NOAC registry. Eur Heart J. 2014;35:

37 Profilassi del Tromboembolismo venoso (TEV) in Chirurgia Ortopedica Introduzione La prevenzione del tromboembolismo venoso (TEV) in ambiente ospedaliero costituisce una priorità nell ambito degli obiettivi del Sistema Sanitario Nazionale. L attenzione alla prevenzione di questa complicanza è particolarmente importante in Chirurgia Ortopedica nella quale, soprattutto negli interventi di chirurgia ortopedica maggiore (artroprotesi di anca e ginocchio e trattamento delle fratture del collo del femore) il rischio tromboembolico legato all intervento è per definizione molto elevato anche in assenza di fattori di rischio predisponenti. Un discorso a parte necessita la prevenzione del TEV nel paziente sottoposto ad intervento di chirurgia minore (ad es. chirurgia artroscopica o traumatologia degli arti inferiori al di sotto del ginocchio below the knee) o le eventuali misure di prevenzione nella piccola traumatologia (paziente ambulatoriale). Obiettivo del documento La profilassi del TEV viene comunemente attuata in tutte le divisioni di Ortopedia per i pazienti nei quali si rende necessaria. Scopo di questo documento è passare brevemente in rassegna le più recenti prove scientifiche desunte dalla letteratura. La valutazione delle linee guida nazionali ed internazionali può consentire di eseguire una sintesi ragionata delle evidenze disponibili sull argomento per fornire indicazioni aggiornate agli operatori sanitari allo scopo di uniformare i protocolli di profilassi e, se possibile, contribuire a rendere omogenei indicazioni, modalità e durata delle misure preventive per quanto riguarda la prevenzione farmacologica. Metodologia di lavoro e Ricerca bibliografica Considerata la disponibilità di Linee Guida (LG) italiane ed internazionali accreditate ed aggiornate sull argomento (SIGN , SIOT/GLOBE , NICE , ACCP , Consenso Intersocietario , Consenso intersocietario ) e poiché questo Gruppo di Lavoro non ha ovviamente la 37

38 pretesa di elaborare raccomandazioni proprie, si è scelto di adottare queste LG come base scientifica di riferimento, in ragione dell elevata qualità metodologica. LG di area ortopedica e disponibilità delle raccomandazioni In particolare nel 2012 e nel 2013 sono stati pubblicati dei documenti di consenso intersocietari circa la profilassi del TEV in Ortopedia derivanti dal lavoro di un panel multidisciplinare che ha considerato la letteratura e le LG esistenti raccogliendole in due testi riassuntivi. Questi documenti recepiscono le indicazioni della letteratura tra cui le autorevoli raccomandazioni dell ACCP pubblicate su Chest nel 2012 e le osservazioni emerse dalla LG dei Chirurghi Ortopedici americani AAOS. L importanza di questa sintesi di raccomandazioni risiede anche nel fatto che sono stati condivise da più Società Scientifiche (SIOT, SISET, SIAARTI, SIMG, OTODI) tra le quali, oltre ad anestesisti e chirurghi ortopedici, figurano anche quelle degli Ematologi e dei Medici di Medicina Generale e garantiscono quindi la presenza di osservazioni e punti di vista di tutti gli operatori sanitari coinvolti nella loro applicazione. Al momento non sono stati pubblicati aggiornamenti successivi di queste LG per cui vengono considerate ancora valide e utilizzabili in ambito clinico. Si rimanda pertanto a questi documenti che vengono esplicitamente citati in bibliografia e la cui versione italiana in formato.pdf è aggiunta in allegato a questo documento per una più agevole e diretta consultazione. Il primo documento tratta della prevenzione del TEV nei pazienti sottoposti ad intervento di chirurgia protesica di anca e ginocchio e a fratture di collo femore, mentre il secondo riguarda la profilassi in generale dei pazienti in ambito ortopedico con uno sguardo anche alla chirurgia minore ed artroscopica. Infine, nell ottica del continuo aggiornamento cui le raccomandazioni di pratica clinica devono prevedere, qualora si rendessero disponibili aggiornamenti delle LG e dei documenti che sono stati inseriti in questa revisione andranno opportunamente considerati. Nel caso questi contenessero differenze significative rispetto alle precedenti raccomandazioni con impatto sostanziale sull attività clinica, sarà opportuno recepire le eventuali nuove indicazioni per la loro applicazione quotidiana. 38

39 BIBLIOGRAFIA 1) SIGN 122. Prevention and Management of venous thromboembolism. 2) La prevenzione del tromboembolismo venoso in chirurgia ortopedica sostitutiva dell anca e del ginocchio Banca dati comparativa tra Linee Guida e raccomandazioni per la pratica clinica GIOT 2011, 37: ) Venous thromboembolism: reducing the risk for patients in hospital 4) Prevention of VTE in Orthopedic Surgery Patients ull.html 5) Italian intersociety consensus statement on antithrombotic prophylaxis in hip and knee replacement and in femoral neck fracture surgery. J Orthop Traumatol Mar;12(1): ) II Italian intersociety consensus statement on antithrombotic prophylaxis in orthopaedics and traumatology Arthroscopy, traumatology, leg immobilization, minor orthopaedic procedures and spine surgery.j Orthop Traumatol Mar; 14(1):

40 Profilassi Tromboembolismo Venoso Profondo in Ostetricia e Ginecologia Insito nella gravidanza è l'aumento del rischio di sviluppare tromboembolismo venoso (TEV) da 4 a 10 volte maggiore rispetto alle donne non in gravidanza, con una incidenza di circa 1:1000 pazienti, con un ulteriore incremento di 5 volte durante il puerperio. L'aumento del rischio è legato ad uno stato di "ipercoagulabilità" proprio della gravidanza, (filogeneticamente predisposto per prevenire le gravi emorragie del post-partum), associata alla presenza di fattori di rischio aggiuntivi quali l'età della paziente, l'obesità, precedenti tromboembolie, trombofilia acquisita, fumo. L ncidenza della TEV stimata in 1:1000 in gravidanza, diviene 5 volte maggiore in puerperio; al quadro della TEV contribuiscono la stasi venosa pelvica e la compressione cavale determinate dalla compressione dell utero gravido assieme ad una diminuita mobilità della paziente. Nei paesi industrializzati, al contrario dei paesi in via di sviluppo ove la prima causa di mortalità è legata alle emorragie, la TEV risulta la prima causa di mortalità materna. Indicazioni allo screening trombofilico Età giovanile di comparsa dell evento trombotico (< 50 anni) Tromboembolismovenoso idiopatico Tromboembolismo venoso ricorrente Trombosi venose superficiali recidivanti Trombosi in sedi non usuali Soggetti asintomatici con familiarità positiva per eventi tromboembolici ricorrenti Familiari di primo grado di soggetti portatori di trombofilia eredo-familiare Associazione trombosi/perdita fetale Necrosi cutanea indotta da anticoagulanti orali Porpora fulminante neonatale Test consigliati per lo screening Tempo di Protrombina (PT) Tempo di Tromboplastina parziale attivato (aptt) Fibrinogeno Resitenza alla Proteina C attivata ( e/o Fattore V Leiden) Mutazione G20210A del gene della protrombina Omocisteina ATIII Proteina C Proteina S Ricerca anticorpi antifosfolipidi tipo Lupus Anticoagulant (LAC) Anticorpi anti-beta 2 glicoproteina I Anticorpi anticardiolipina Resistenza alla Proteina C attivata (in assenza di FV Leiden) Fattore VIII Linee guida per la conduzione di uno screening trombofilico Scopo delle indagini di laboratorio e l identificazione accurata di uno o più difetti trombofilici nei pazienti che presentino le indicazioni elencate in precedenza. Attualmente non esistono test semplici o globali che consentano di confermare o escludere il sospetto diagnostico. Di conseguenza la ricerca dei difetti trombofilici prevede l esecuzione di numerosi test abbastanza complessi e costosi. 40

41 Esistono condizioni cliniche nelle quali non e opportuno eseguire le indagini. Infatti, a differenza dei test genetici (mutazione fattore V e II ), i test funzionali per la trombofilia sono spesso alterati in modo aspecifico nelle seguenti condizioni: durante la fase acuta di un evento trombotico, venoso o arterioso durante la terapia anticoagulante durante malattie intercorrenti acute che possono influenzare il risultato durante la terapia estroprogestinica durante la gravidanza in presenza di epatopatie. Eventuali risultati alterati, ottenuti in queste condizioni, non potrebbero essere ritenuti attendibili, comporterebbero errori diagnostici e quindi spreco di risorse economiche in quanto andrebbero comunque ripetuti. Durante la terapia anticoagulante orale possono comunque essere eseguiti i test genetici e la ricerca degli anticorpi antifosfolipidi. La ricerca di questi ultimi in particolare può essere utile per valutare la durata ottimale della terapia anticoagulate. Nelle donne che devono assumere contraccettivi, che non presentano le indicazioni raccomandate, non e indicato eseguire screening trombofilici completi o mirati alla ricerca delle mutazioni piu frequenti presenti nella popolazione generale in quanto non giustificati da un rapporto positivo costo/ beneficio Fattori di rischio Sono numerosi e vanno da un precedente TEV alla trombofilia ereditaria, dall età materna > di 35 anni all obesità (BMI>30 all inizio della gravidanza) dalla parità al fumo, dall espletamento al parto tramite T.C. all emorragia p.p., etc. Determinazione del rischio trombo embolico I fattori di rischio per il TEV e possono essere suddivisi in maggiori e minori con una Odds ratio > di 6 se isolati o >di 6 se combinati (Tab.1) 41

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