Economia e gestione delle imprese 3/ed Franco Fontana, Matteo Caroli Copyright 2009 The McGraw-Hill Companies srl RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA



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RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA (CAP. 9) 1. Illustra le principali tipologie dei processi produttivi. Sulla base della diversa natura tecnologica del ciclo di produzione, i processi produttivi si distinguono in processi a ciclo tecnicamente obbligato e processi a ciclo tecnicamente non obbligato, a seconda che il ciclo di produzione sia imposto o meno dalla tecnologia di trasformazione. A seconda della natura tecnologica-merceologica del prodotto si distingue invece tra produzione a flusso (nella quale, una volta ottenuto il prodotto finito, non è più possibile risalire ai materiali di origine, in quanto il processo produttivo ne ha modificato le proprietà chimiche e fisiche) e produzione per parti (nella quale il prodotto è ottenuto dall assemblaggio di diverse parti componenti ed è quindi tecnicamente scomponibile). Infine, in base al volume di produzione ottenuto di uno stesso prodotto si possono avere tre tipologie: a) la produzione unitaria, nella quale il processo di produzione è finalizzato alla fabbricazione di un solo prodotto, che possiede caratteristiche specifiche ogni volta diverse. b) La produzione intermittente, la quale si svolge in un sistema produttivo organizzato per ottenere una varietà (più o meno ampia) di prodotti della stessa famiglia ; ogni prodotto è ottenuto in una prestabilita quantità, denominata lotto di produzione. c) La produzione continua, nella quale si ottiene una grande quantità dello stesso tipo di prodotto, per periodi indeterminati di tempo, con risorse produttive specializzate ed elevati livelli di meccanizzazione e di automazione. 2. Illustra gli aspetti tecnico-organizzativi delle tipologie di disposizione delle macchine. Nel mondo industriale si riscontrano due soluzioni estreme di layout: 1) la disposizione delle macchine per reparto, nella quale le macchine del medesimo tipo funzionale vengono raggruppate in reparti specializzati, indipendentemente dall ordine delle operazioni richieste dai diversi cicli produttivi, che vengono svolti contemporaneamente all interno dello stabilimento. Il problema tecnico-organizzativo principale (di natura squisitamente planimetrica) di tale layout consiste nella determinazione della più conveniente posizione relativa dei vari reparti; 2) la disposizione a catena, nella quale le macchine sono collocate in base alla sequenza delle operazioni richieste tecnologicamente dall unico ciclo che viene effettuato: il pezzo in lavorazione si trasferisce da una macchina all altra, via via che si svolge il ciclo di trasformazione. Il problema tecnico-organizzativo principale di tale layout è quello del bilanciamento della linea di produzione. Nella realtà si riscontrano anche alcune soluzione intermedie, quali: a) la disposizione dei reparti in linea, in cui i reparti di macchine omogenee per funzione vengono disposti secondo la sequenza delle fasi dei processi da svolgere; b) la disposizione a catena con funzionamento per cicli intermittenti, in cui la linea viene spezzata in vari segmenti, e funziona a intermittenza per modelli (o versioni) relativamente diversi, cioè per prodotti della medesima famiglia ; c) layout ad isole (Group Technology), in cui le macchine vengono disposte in gruppi, in ciascuno dei quali vengono collocate, in sequenza, le diverse macchine richieste per svolgere le operazioni di una data fase del ciclo. 3. In cosa consiste la modularità del prodotto? La modularità è una caratteristica dell architettura di un prodotto, la quale si contraddistingue per due elementi: 1. la presenza di interfacce standardizzate tra i moduli, che rendono questi ultimi intercambiabili fra loro; 2. la relazione biunivoca tra ciascun elemento fisico del prodotto e la funzione svolta nell ambito del sistema-prodotto. Grazie a queste caratteristiche, la modularità consente lo sviluppo contemporaneo di diversi modelli di prodotto (appartenenti alla stessa famiglia), invece che lo sviluppo di ogni modello 1

singolarmente. Inoltre, i moduli possono essere progettati, fabbricati e forniti da imprese diverse (i modular suppliers), autonomamente e simultaneamente. 4. Quali sono i principali fattori determinanti la capacità e la struttura del sistema produttivo? I fattori che influiscono sulla scelta della capacità produttiva dell impianto (e quindi dell impresa industriale) sono molteplici; i principali sono i due seguenti: il tipo e il livello della domanda (che l impresa vuol soddisfare), a cui si ricollegano la strategia di marketing aziendale e il processo concorrenziale; l efficienza, che deriva dalla tecnologia, dai metodi di gestione e dagli schemi organizzativi; rilevante è la possibilità di conseguire eventuali economie di scala tecnologiche, la quale potrebbe indurre a scelte di sovradimensionamento degli impianti rispetto alla capacità produttiva iniziale strettamente necessaria per soddisfare la domanda. 5. Indica le caratteristiche e i criteri di scelta dei sistemi flessibili di produzione. I Sistemi Flessibili di produzione costituiscono il risultato tecnologico di un trade-off fra: l esigenza di ottenere gli elevati livelli di efficienza propri degli impianti dedicati automatizzati (linee transfer rigide); l esigenza di operare con impianti general purpose, idonei per ottenere produzioni diversificate (macchine universali). Essi sono sistemi complessi di produzione, composti da diverse macchine a controllo numerico (CN) e robot, che sono collegati da mezzi di trasporto automatico di pezzi e utensili e controllati da computer. L adozione di questi sistemi consente di ridurre la dimensione ottima-minima del singolo lotto di produzione, pur rimanendo l esigenza di raggiungere un elevato volume di produzione complessiva, al fine di ammortizzare sia l investimento nell impianto (che resta elevato, sia l investimento nel software. Per determinare il grado di flessibilità di un sistema produttivo occorre considerare tre elementi: a) l insieme dei diversi stati (numero di parti, di prodotti, di cicli di lavorazione ecc.) che il sistema produttivo può assumere; b) i periodi di tempo necessari per passare da uno stato all altro; c) i costi (relativi a modifiche nell hardware e nel software) per passare da un dato stato a un altro. Ogni modificazione, apportata in un dato momento a un sistema produttivo preesistente, comporta per l impresa un certo lasso di tempo e un costo di trasformazione, che sono tanto minori, quanto maggiore è il grado di flessibilità di cui il sistema di produzione è dotato. 6. Quali sono i criteri di scelta tra l'integrazione verticale e l outsourcing delle attività produttive? I criteri tecnico-economici sono principalmente tre: il confronto fra costo di acquisto e costo di produzione del componente; il raffronto fra la capacità produttiva ottima-minima (cui corrisponde il minimo costo unitario di fabbricazione del componente) dell impianto da integrare con il quale verrà fabbricato il componente e il fabbisogno interno di tale componente; il confronto tra la redditività dell investimento nell impianto da integrare e quella di altri investimenti possibili (in cui il capitale disponibile può essere alternativamente impiegato), ponderando i rischi economici che la nuova attività produttiva comporta inevitabilmente. 7. Quali sono le attività e gli obiettivi della programmazione della produzione? L obiettivo principale della programmazione della produzione è l armonizzazione delle richieste provenienti dal mercato (costituite da un portafoglio ordini ricevuti o dalle previsioni di vendita elaborate dalla funzione di marketing) con le potenzialità del sistema produttivo aziendale. Le attività di cui la programmazione si compone sono le seguenti: definizione degli ordini di produzione, cioè stabilire la quantità di pezzi da fabbricare per ogni prodotto (o componente); 2

assegnazione degli ordini di produzione ai vari reparti produttivi; pianificazione dei fabbisogni di componenti e materie prime, cioè calcolare la quantità richiesta di ciascuna materia dal complesso delle lavorazioni che devono essere svolte; definizione della sequenza delle lavorazioni sulle singole macchine, cioè determinare quando e per quanto tempo ogni specifico lotto di prodotto impegna la disponibilità di ogni macchina operatrice. 8. Illustra le differenze tra logica push e logica pull nella programmazione della produzione. Il principale elemento differenziante tra logica push e logica pull sta nel diverso momento, in cui vengono lanciati gli ordini di produzione, rispetto al manifestarsi del fabbisogno degli articoli, che sono oggetto di tali ordini. La richiesta di semilavorati o di componenti di un dato centro di lavorazione verso il centro precedente, è infatti: effettiva, nel caso della logica pull, in quanto essa dipende dai consumi reali del materiale, derivanti dallo svolgimento delle lavorazioni effettuate in ciascun centro; le attività di produzione in ciascun centro sono svolte sulla base del fabbisogno di lavorazione effettivo, che il centro immediatamente successivo ha richiesto, tramite il prelievo dal magazzino intermedio (buffer) dei pezzi necessari per l esecuzione delle lavorazioni di competenza. Gli ordini effettivi di un centro tirano la produzione e l acquisto di tutti i materiali necessari per la fabbricazione del prodotto, trascinando in cascata sequenziale le varie fasi del processo produttivo, a partire dall assemblaggio; prevista, nel caso della logica push, in quanto essa è determinata ex-ante dal sistema centrale di programmazione, il quale lancia gli ordini di produzione o di acquisto, in base ai fabbisogni di lavorazione e di approvvigionamento, che derivano dal Piano Principale di Produzione. Il programma spinge (in una precisa sequenza temporale) i pezzi in lavorazione lungo il ciclo di produzione, definendo il momento di passaggio di un dato semilavorato da una fase di lavorazione a quella successiva. 9. Illustra il ruolo della matrice di Kralijc nella politica di approvvigionamento. La matrice di Kralijc è una tecnica per suddividere gli acquisti di un impresa in quattro tipologie in base a due variabili: a) l importanza economica e/o strategica del materiale, che dipende dall impatto che l acquisto esercita sulla redditività dell impresa, b) il rischio di approvvigionamento, che attiene alle difficoltà di reperimento del componente sul mercato di fornitura. L articolazione degli acquisti nei quattro quadranti della matrice risponde all esigenza di adottare politiche di approvvigionamento differenti in termini di obiettivi e linee di azione in relazione alle caratteristiche dell acquisto. Per i materiali non critici l impresa dovrà cercare di ridurre i costi del processo di acquisto, mettendo in concorrenza tra loro i fornitori e sfruttando il potere contrattuale. Per i materiali con effetto leva dovrà puntare sulla riduzione dei livelli di scorta (impiegando, ad es. logiche flow control di gestione dei materiali) o sulla ricerca di materiali sostituitivi. I colli di bottiglia impongono l adozione di misure (ad es. ricerca di fornitori alternativi, costituzione di scorte di sicurezza) volte ad assicurare la disponibilità del materiale nella quantità e nei tempi, richiesti dal programma di produzione. Le linee di azione per i materiali strategici prevedono infine lo sviluppo di rapporti di collaborazione con i fornitori, per accrescere la stabilità e la disponibilità del materiale nel lungo periodo. 10. Illustra le tecniche di gestione a scorta : in particolare, il metodo a periodo fisso e il metodo a quantità fissa. Nelle tecniche di gestione dei materiali a scorta la quantità da ordinare di un materiale e il momento in cui emettere l ordine di acquisto (o di produzione) sono definiti sulla base di un attento controllo del livello di scorta del materiale. Nel metodo a periodo fisso il controllo della quantità di materiale presente in magazzino e l emissione degli ordini (di acquisto o di produzione) avviene ad intervalli di tempo costanti (per es. ogni settimana, ogni mese, ecc.) e per quantità variabili, in funzione degli andamenti della domanda (o dell impiego del materiale) nei vari periodi. Il metodo a quantità fissa prevede invece un controllo continuo del materiale in stock e, quando le scorte 3

scendono al di sotto di un determinato livello (definito livello di riordino), avviene il reintegro sempre della medesima entità. In questo caso l intervallo tra un ordine e il successivo non è costante ma varia in funzione delle variazioni nel volume di assorbimento del materiale. 11. Indica le caratteristiche salienti del Material Requirement Planning. Il Material Requirement Planning (MRP) è una tecnica di gestione dei materiali che si pone l obiettivo di ridurre al minimo le scorte, cercando di rendere disponibile ogni materiale nel momento in cui esso risulta necessario. Nel funzionamento del MRP si distinguono le seguenti fasi: 1) determinazione delle quantità da produrre per ogni prodotto finito (tali informazioni sono contenute nel Piano Principale di Produzione); 2) calcolo delle quantità di ciascun materiale necessarie per l attuazione del programma di produzione, utilizzando le informazioni contenute nella distinta base di ciascun prodotto finito; 3) determinazione (in base ai lead time di produzione e di approvvigionamento di ciascun materiale) del momento in cui dovranno essere inviati gli ordini di acquisto (ai fornitori) o gli ordini di produzione (ai reparti interni), per i quantitativi calcolati nella fase precedente. 12. In cosa consiste la Quick Response? La Quick Response consiste in un approccio di gestione integrata dei flussi fisici ed informativi tra le imprese della filiera produttiva-distributiva del settore dell abbigliamento, con lo scopo di accrescere la velocità di questi flussi e migliorare così la capacità di risposta delle imprese alle variazioni quantitative e qualitative della domanda. L approccio gestionale in esame si fonda in particolare su accordi, che coinvolgono tutti gli anelli della catena di approvvigionamento, dall impresa industriale tessile fino all azienda commerciale al dettaglio di abiti. Questi accordi vanno al di là del semplice rapporto di fornitura, perché permettono a ogni soggetto economico di una filiera produttiva-distributiva di avere immediato accesso alle informazioni relative alle vendite nel mercato finale del prodotto. I commercianti al dettaglio di abiti comunicano infatti le loro informazioni relative alle vendite, non soltanto al produttore dei capi di abbigliamento, ma a tutte le aziende a monte, fino al produttore tessile. 13. Indica gli aspetti salienti della scelta tra stock control e flow control. Per ogni materiale utilizzato nel processo produttivo il management dovrà valutare se utilizzare un approccio di gestione di tipo stock control o di tipo flow control. La logica del flow control si può applicare ad un materiale soltanto quando: 1) il suo fabbisogno può essere determinato con precisione a partire dalla domanda del prodotto finito (materiali a domanda dipendente). 2) il suo lead time di produzione/approvvigionamento è inferire al suo tempo di programmazione, cioè al tempo che intercorre tra l istante di definizione del Piano Principale di Produzione e l istante in cui il materiale deve essere disponibile per lo svolgimento delle attività programmate. Se queste due condizioni non vengono rispettate (il codice è a domanda indipendente oppure il suo lead time di produzione/approvvigionamento è superiore al tempo di programmazione) il materiale può essere gestito solo con la logica dello stock control e non si pone pertanto alcun problema di scelta, tra stock control e flow control. Se le condizioni 1 e 2 sono rispettate nella scelta il management dovrà considerare altri due aspetti. a) Quando la frequenza di utilizzo di un materiale è elevata, i fabbisogni previsti tendono ad essere più affidabili ed aumenta pertanto la convenienza dell impresa ad adottare la logica semplice e poco costosa dello stock control. Se la frequenza d uso è bassa, l impresa ha convenienza a lanciare gli ordini di produzione e di acquisto in base ai fabbisogni effettivi (logica flow control). b) In genere una quota rilevante del valore di impiego complessivo di tutti i materiali si concentra su un numero esiguo di essi. Per i pochi materiali ad alto valore di impiego si ha convenienza ad utilizzare la logica flow control, che garantisce un controllo più rigoroso delle scorte, anche se è più complessa da implementare. Per gli altri materiali si utilizzano metodi stock control più semplici da attuare, anche se meno efficaci nella riduzione delle scorte. 4

14. Quali sono i principali fattori che influiscono sulla scelta del livello del servizio logistico? La scelta di un impresa sul livello di servizio logistico da offrire ai propri clienti deve tener conto del trade-off, che si riscontra tra servizio logistico offerto e costi sostenuti dall impresa. Infatti, se la decisione di migliorare il servizio logistico offerto può tradursi in un aumento delle vendite, non bisogna dimenticare che, in assenza di evidenti sacche di inefficienza, all incremento del livello di servizio erogato, corrisponde un aumento esponenziale del costo logistico globale sostenuto per la sua erogazione. Pertanto, l impresa, che intende gestire il servizio logistico come variabile competitiva, dovrà formulare delle ipotesi sulle variazioni dinamiche del rapporto tra costi del servizio logistico e vantaggi conseguiti, in funzione dei diversi livelli di servizio, ed individuare il punto in cui, riesce a massimizzare il valore generato da tale servizio. Quest approccio non risulta però di facile attuazione, poiché le variabili economiche in oggetto (ricavi e costi) risultano spesso difficili da stimare. 15. Illustra le principali iniziative collaborative tra imprese nella Supply Chain. Per arginare il problema dell amplificazione degli ordini nella supply chain (effetto Forrester o bullwip effect ), le imprese possono adottare iniziative, che consentono di favorire la condivisione delle informazioni tra imprese oppure possono cercare di allineare le attività svolte nel canale logistico. Tra gli approcci gestionali volti a realizzare la seconda linea di azione possono essere distinti tre modalità collaborative. Il vendor managed inventory, nel quale il fornitore si assume la responsabilità di gestire le scorte dei materiali per conto del cliente. I rifornimenti nello stabilimento del cliente non derivano dagli ordini di ricostituzione delle scorte emessi dal cliente, ma è il fornitore stesso che decide le quantità, i tempi e le modalità di spedizione in base ai dati sulle previsioni di vendita e sullo stato delle giacenze messi a disposizione dal cliente. Nel continuous replenishment, invece, il cliente trasferisce al fornitore i dati sulle vendite effettivamente realizzate. In base a questi dati il fornitore elabora le previsioni di vendita, che rappresentano il punto di partenza del processo di pianificazione delle spedizioni al cliente. Nel collaborative planning, forecasting and replenishment infine due o più membri del supply network pianificano congiuntamente le attività promozionali da svolgere in futuro, ed elaborano comuni previsioni di vendita relative al mercato finale; sulla base di tali previsioni le aziende stabiliscono i propri piani di approvvigionamento, di produzione e di spedizione. 5