Lez. 15-10-08 prof. Molinari diagnostica di LABORATORIO



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Lez. 15-10-08 prof. Molinari diagnostica di LABORATORIO Il coinvolgimento dell endotelio interessa molte patologie: >Diabete >Ipertensione >Patologie renali >Patologie neurologiche (come l ictus) Ci sono dati di natura genetica, non ancora ben descritti sui libri ma che voi dovete conoscere perché si è visto che alterazioni di alcuni fattori della coagulazione pro coagulanti e anticoagulanti sono coinvolti in una serie di patologie in cui il pz è ad alto rischio di sviluppare una malattia trombotica. Vi parlerò di fattori che se alterati portano da un lato alla malattia emorragica e dall altro alla malattia trombotica ma in realtà i protagonisti sono gli stessi. 4 SISTEMI CHE INTERVENGONO NEL PROCESSO EMOSTATICO 1)piastrine 2)vasi (endotelio e sottoendotelio) 3)cascata coagulativa 4)sistema fibrinolitico e possiamo aggiungere a questo il sistema anticoagulante Il processo emostatico è un sistema molto regolato perché deve essere estremamente veloce, infatti se la perdita di sangue non viene immediatamente interrotta può portare a morte il pz. Il processo coagulativo, in condizioni fisiologiche, deve agire solo quando c è una lesione endoteliale ma in realtà può essere attivato in maniera del tutto impropria anche al di fuori di una lesione endoteliale, cioè quando l endotelio è perturbato, quando le sue proprietà (che di solito sono quelle di opporsi alla coagulazione) sono alterate e l endotelio si atteggia come cellula pro trombotica. Ci sono una serie di eventi che possono perturbare l endotelio: diabete i prodotti di glicosilazione possono sbattere contro l endotelio e attivarlo come se ci fosse stata una lesione endoteliale, quindi la cellula comincia a produrre una serie di sostanze che promuovono la cascata coagulativa. Ipertensione Le alterazioni emodinamiche del percorso ematico, cioè le turbolenze del flusso, vengono avvertite dalla cellula endoteliale come se ci fosse un danno, e parte di nuovo la cascata coagulativa. Tappo emostatico Anche qui la cicatrice ripartiva viene interpretata dal flusso ematico come una turbolenza che può quindi attivare ancora una volta in maniera impropria l endotelio. Valvulopatia La valvola artificiale può creare una turbolenza che fa partire la cascata.

Per tutti questi motivi è importante che sia integro il sistema anticoagulante. Il processo di coagulazione, dunque, inizia con la lesione endoteliale esposizione del fattore tissutale che localizza la sede della coagulazione. Poi intervengono le piastrine che sono un mondo a sé perché pur essendo cellule prive di nucleo hanno la capacità di conservare, come se fossero dei serbatoi, delle sostanze che servono per la coagulazione. Tutto questo perché il processo coagulativo deve essere veloce perché come sappiamo esso è un meccanismo salvavita e non ci può essere il tempo per neo sintetizzare quello che serve. Infatti, in condizioni fisiologiche, tutto è già presente nel sangue e lo è già in forma inattiva. Il processo della coagulazione, infine,non termina con la formazione della fibrina perché questa deve essere prima polimerizzata al fattore XIII, che è l unico fattore a non avere attività proteolitica. Il ruolo della fibrina è quello di mantenere adese le piastrine per tutto il tempo necessario alla riparazione dell endotelio leso. Normalmente il flusso ematico funge da pompa di lavaggio che porta via le piastrine evitando di farle aderire all endotelio; il contrario di quello che avviene nella coagulazione. La polimerizzazione è un momento importante nella coagulazione, tant è vero che il pz può diventare emorragico, anche gravemente, se il fibrinogeno o il fattore XIII sono modificati. Può accadere che la fibrina polimerizza ma male e in questo caso >se le piastrine si aggregano male e tendono a dissociarsi tra loro, il coagulo si dissolve troppo rapidamente e non risulta stabile; >se le piastrine risultano eccessivamente adese, il sistema fibrinolitico avrà difficoltà a lisare il coagulo. CASCATA COAGULATIVA Distinguiamo una via estrinseca una via intrinseca che convergono a loro volta in una via comune a livello del fattore X. I test di laboratorio cosiddetti di primo livello cioè che vengono fatti a tutti i pz che arrivano in ospedale (per un day-hospital o per un ricovero) sono per esempio il >PT (tempo di protrombina) che indaga la via estrinseca >PTT (tempo di protoplasmina parziale attivato) che indaga la via intrinseca Nessuno dei due indagano alterazioni che possono riguardare la cosiddetta via comune, quindi dal fattore X in poi, fino alla formazione della protrombina, né il PT né il PTT riescono a discriminare se ci sono alterazioni. >Quindi per la via comune si eseguono altri test che dovrebbero essere indagini di primo livello ( come il TT: tempo di trombina ) ma che in realtà non vengono quasi mai richieste come tali. >Come indagine di primo livello rientra anche la determinazione quantitativa del fibrinogeno (generalmente fatta per definire una iperfibrinogenemia che è moto più frequente di una ipofibrinogenemia)

I FATTORI ANTICOAGULANTI I fatt. anticoagulanti sono diversi ed agiscono nella fase finale della coagulazione. Vengono richiesti nelle pratica clinica e sono importanti perché strettamente connessi alla patologia trombotica. Tali fattori sono: la antitrombina III e la proteina C da non confondere con la proteine C reattiva. L antitrombinaiii,lo dice già il nome, agirà fondamentalmente nella fase finale della cascata coagulativa ritardando l attività della trombina. Essendo la trombina una proteasi l antitrombinaiii sarà un inibitore delle proteasi : si lega al sito catalitico dalla proteasi bloccando l attività o meglio, rallentandone l attività. Poiché la trombina è l enzima finale che possiamo bloccare, poiché è quello che agisce sul fibrinogeno trasformandolo in fibrina, è chiaro che una mancata attività dell antitrombina III porta il pz. ad avere più facilmente una patologia di tipo trombotica, viene meno,infatti, l ultimo meccanismo di controllo che potrebbe impedire la formazione della fibrina. La proteina C, invece, agisce sulla cascata coagulativa un po più sopra. Anche le proteina C è una proteasi prodotta,come l antitrombina III,dal fegato. Dunque, il fegato non produce solo i fattori della coagulazione, ma anche gli anticoagulanti. Questo spiega perché il pz. epatopatico,purtroppo, è un pz. molto complicato da gestire. Spesso,infatti, tale pz. va incontro ad una CID e può comparire sia emorragia, da deficit dei fattori della coagulazione, sia andare incontro a complicanze di tipo trombotiche per deficit di anticoagulanti. Dunque la proteina C è una proteasi vitamina K dipendente cosi come lo sono alcuni fattori della coagulazione. Tale proteina è presente nel sangue e quando deve funzionare viene attivata dall endotelio - > La proteina C attivata blocca il processo della coagulazione perché degrada il fattore V e il fattore VIII. Ora ricordiamoci che la mancanza congenita del fattore VIII crea la più grave malattia emorragica, quindi, la regolazione di tale fattore deve essere molto particolare. Ora poichè il fattore VIII è la sostanza antiemofilica per eccellenza viene nel sangue naturalmente protetto dal fattore di vonwillebrand. Il fattore VIII,infatti, viene spesso indicato come fattore VIII - fattore di vonwillebrand, poiché il fattore di vonwillebrand è il naturale partner del fattore VIII e sotto tale configurazione fattore VIII - fattore di vonwillebrand,la proteina C non è in grado di di legarsi e degradare il fattore VIII. Questo significa che in tutte quelle condizioni caratterizzate da una carenza del fattore di vonwillebrand, come succede nella malattia di vonwillebrand, noi potremmo avere un deficit relativo del fattore VIII. Ovviamente questo pz. è altamente a rischio di fare una emorragia molto simile a quella di un soggetto emofilico e presentare un quadro con ematomi profondi, emartri ecc.. proprio come nell emofilia. A differenza della emofilia però qui si tratta di un deficit relativo perché la riduzione del fattore VIII non è legata ad un deficit di produzione ma è legata al deficit del fattore di vonwillebrand - > quindi, da una iperattività della proteina C sul fattore VIII. Quindi gli anticoagulanti che vengono richiesti al laboratorio sono: 1) ANTITROMBINA III 2) PROTEINA C

3). Possiamo aggiungere un terzo anticoagulante a questi anche se non è ancora una determinazione di laboratorio possibile, ma potrà esserlo nei prossimi anni. VIA ESTRINSECA Ora la via estrinseca è una via molto veloce, per essere attivata richiede solo -la disposizione del fattore tissutale da parte delle cellule endoteliali - l attivazione del fattore VII. Ora c è una premessa da fare : la via estrinseca può essere attivata in molte condizioni, la condizione più logica che vi voglio ricordare è quella di un pz. che va incontro ad un intervento cardiochirurgico. Il pz. chirurgico è un pz. a rischio trombotico perchè le alterazioni che si determinano a livello dei tessuti durante l atto operatorio posso attivare il fattore VII cosi come fa il fattore tissutale. Quindi ogni qualvolta c è un tessuto necrotico, modificato,alterato per traumi o per interventi vi sarà la possibilità di trovare attivata, in maniera impropria, la cascata coagulativa spt. attraverso la via estrinseca. Questo spiega perché i pz. che fanno grossi interventi chirurgici e spt. il pz. ortopedico, è un pz. a cui deve essere fatta la profilassi eparinica pre e post operatoria. In particolare gli interventi di tipo ortopedico sono molto destruenti e quindi portano ad una grossa formazione di tessuto modificato. Questo è bene dirlo perché voi conoscete, forse, la tromboplastina tissutale. Quando facciamo la determinazione del PT, noi utilizziamo il plasma del pz. a cui aggiungiamo una preparazione di tessuto normale che va a sostituire il fattore tissutale. Quindi ricordate che, ogni qualvolta c è possibilità di avere tessuto modificato, il pz. deve essere protetto con profilassi eparinica. Perché si usa e che cosa è l eparina? Molti studenti dicono che l eparina è un anticoagulante naturale, questo non è vero, o meglio ci sono delle cose che simulano l attività dell eparina. Perché si usa l eparina come profilassi? Perché l eparina è un glicosoaminoglicano carico negativamente cioè ha cariche negative disponibili. Come si vede nella cascata coagulativa è presenta il calcio che viene utilizzato da molte proteasi nella loro attività. Quindi questo è il primo motivo per cui il Ca è importante nella coagulazione. Ora il Ca poiché ha cariche positive disponibili una possibilità per rallentare la cascata coagulativa è proprio bloccare il Ca che si lega all eparina attraverso legami oinici. ->( primo ruolo dell eparina) L importanza del Ca nella cascata coagulativa è evidente, tanto è vero che nella provetta che viene utilizzata per l esame emocromocitometrico c è il chelante del Ca il EDTA ( acido etilendiaminotetracetico). Il EDTA è una sostanza in grado di sottrarre Ca alla reazione, tanto è vero che il sangue nella provetta non coagula!! Quindi basta inibire il Ca per bloccare completamente la cascata coagulativa. È ovvio che non bisogna dare una quantità di eparina che blocchi tutto il Ca perché si impedirebbe anche la funzione dello stesso Ca come secondo messaggero, importante fattore di innumerevoli reazioni. L eparina oltre che bloccare il Ca ha anche un altra funzione: l eparina che viene data come terapia farmacologica altro non fa che mimare l azione di prodotti naturali che sono gli eparani. ( secondo ruolo dell eparina) Gli eparani sono costituenti di tutte le membrane citoplasmatiche e quindi anche delle cellule endoteliali. In realtà gli eparani dei vasi sono di tipo particolare, sono di tipo 4.

Perché sono importanti gli eparani? Perché l antitrombina III per poter funzionare, cioè per poter diventare attiva ( vi ho detto che tutti gli anticoagulanti sono presenti nel siero in forma inattiva) ha bisogno di legarsi all aparan delle cellule endoteliali. Quindi l antitrombina III in presenza di eparan (o di eparina,quindi terapia) diventa molto più attiva, almeno 1000 volte più attiva. In definitiva l obiettivo della profilassi eparinica è evitare che il pz. possa fare de coaguli!!! Fino a pochi anni fa si usava l'eparina come tale, l'eparina è sempre un glicossamminoglicano e può essere di peso variabile. Si era visto che le eparine ad alto peso molecolare che oggi nn si usano piu erano in grando, essendo molecole grosse, di determinare una risp anticorpale, cioè c'erano pazienti che facevano anticorpi verso le eparine che noi davamo. Questi pazienti andavano incontro ad una piastrinopenia anche grave perchè sulle piastrine ci sn i recettori per tantissime cose tra cui ci sono i recettori per le immunoglobuline, quindi ogni qual volta che si forma un immunocomplesso c'è il rischio che questo venga riconosciuto dalla membrana piastrinica e questa può andare incontro ad agglutinazione per cui pz che facevano eparina ad alto peso molecolare potevano andare incontro a piastrinopenia grave da agglutinazione. Oggi si usano le eparine a basso peso molecolare per cui si usa solo la porzione dell'eparina che serva per attivare l'antitrombina 3. Parliamo del calcio, esistono i fattori vitamina k dipendenti. La vitamina K che noi nn produciamo e che viene assimilata cn l'alimentazione o è prodotta dalla flora batterica intestinale diventa il cofattore di una carbossilasi che è di origine epatica e aggiunge un gruppo carbossilico a quei fattori della coagulazione che sn definiti vitamina k dipendenti e che sn il fattore XII, VII e II antitrombina 3 e che per aggiunta del gruppo carbossilico diventano attivi. L'aggiunta del gruppo carbossilico vuol dire che questi fattori della coagulazione avranno esposti sulla loro molecola un gruppo COO. La coagulazione deve essere localizzata, e sn le piastrine,che si sn aggregate, che localizzano la coagulazione e per localizzarsi vuol dire che questi fattori devono andare a finire sulle piastrine aggregate, quindi ci saranno fattori della coagulazione che trovano sulla membrana piastrinica dei recettori specifici poi ci sn i fattori vitamina k dipendenti che sn stati modificati dalla carbossilasi e che hanno esposti un gruppo COO che possono diventare attivi perchè potranno, grazie al gruppo COO, legarsi sulla membrana piastrinica e si legano attraverso il calcio.il calcio è uno ione bivalente e quindi ha 2 cariche positive per cui una carica positiva del calcio si lega alla carica negativa del gruppo COO, mentre l'altra carica positiva del calcio si lega alle cariche negative della membrana citoplasmatica delle piastrine. Quindi il calcio diventa fondamentale per due cose importanti: perchè attiva le proteasi della coagulazione e perchè funge da ponte per quei fattori vitamina K dipendenti che potranno legarsi sulle piastrine.quando si da il Warfarin che è l'anticoagulante classico che si da ai pazienti scoagulati (infartuati, pz cn fibrillazione atriale etc.),altro non facciamo che inibire la vitamina k, quindi impediamo alla carbossilasi di funzionare bene perchè anzichè legarsi alla vitamina k lo si lega al warfarin per cui l'enzima non potrà usufruire della vitamina k, quindi la carbossilasi funzionerà molto più lentamente per cui i fattori della coagulazione saranno meno attivi. Per cui la funzione del warfarin è quella di bloccare le modifiche indotte dalla vitamina k.le piastrine a riposo hanno una forma discoidale e sulla superficie esterna nn c'è nulla se nn la membrana citoplasmatica, questo perchè le piastrine possono diventare molto appiccicose ma se diventano appiccicose sn rischiose per noi perchè possono attaccarsi all'endotelio. Quindi quando la piastrina è "a riposo" cioè quando circola libera nel sangue è assolutamente

innocua.quando l'endotelio si interrompe, si espone il sottoendotelio e la visibilità del sottoendotelio localizza le piastrine. Quindi fino a quando l'endotelio è integro e funzione bene e la piastrina nn può a vedere ciò che c'è sotto l'endotelio, la piastrina nn riesce a legarsi a meno che l'endotelio nn si attiva in maniera impropria. Quindi sn tutte le molecole del sottoendotelio e in particolare il collagene che rappresenta il punto di aggancio preferito dalla piastrina, per cui ogni qual volta si espone il collagene e le altre molecole che fanno parte della membrana basale come la fibronectina, la piastrina vede questo e comincia ad attivarsi. L'attivazione piastrinica consiste in due processi fondamentali che sn quelli dell'adesione al sottoendotelio e dell'aggregazione. La piastrina che si sta attacando al sottoendotelio cambia forma, quindi deve schiacciarsi e prendere contatto il più possibile con il sottoendotelio sia per rimanere agganciata sia perchè il flusso ematico tenderebbe sempre a staccarla, quindi la piastrina comincia ad emettere lunghe propaggini citoplasmatiche e diventa una specie di ragnetto e queste propaggini si attaccano il più possibile all'endotelio attraverso dei recettori che sn da un lato il recettore per il fattore di von Willebrand e altri recettori nn ben definiti.il fattore di von Willebrand ha due funzioni nel sangue: permette l'adesione e protegge il fattore VIII. Tutti i recettori piastrinici vengono identificati con una sigla internazionale e poichè sn tutte glicoproteine vengono identificati con il termine Gp.Da un lato si attivano le piastrine ma l'endotelio leso espone il fattore tissutale e si attiva la cascata coagulativa. La piastrina attivata espone una quantità enorme di recettori cioè quando la piastrina si attiva si dice che c'è il rovesciamento della sua membrana citoplasmatica cioè tutti i recettori che nn c'erano sulla piastrina a riposo in realtà sono presenti ma guardano verso il citoplasma e quando la piastrina si attiva la prima cosa che deve succedere e che questi recettori escano fuori. Tra i vari recettori alcuni sn recettori per i fattori della coagulazione (es.recettore per la trombina), ci sn anche recettori per farmaci cioè ci sn molecole endogene che hanno attività simile a quella dei farmaci ma la piastrina è in grado di interagire e può essere agglutinata o aggregata da moltissimi farmaci per cui le piastrinopenie e le piastrinopatie sn una conseguenza abbastanza frequente di effetti collaterali da farmaci. Le piastrine normalmente nn si riconoscono perchè sulla loro superficie a riposo nn c'è nulla. La malattia "delle piastrine pigre" in cui le piastrine sn in grado di aderire al sottoendotelio ma nn sn in grado di aggregarsi. La piastrina aggregata è quella che espone i recettori per fattori della coagulazione, la piastrina attivata è quella che permette al calcio di legarsi alla sua membrana e di legarsi ai fattori vitamina k dipendente. Quindi se le piastrine nn si attivano, nn aderiscono e nn si aggregano, la coagulazione nn è efficiente per cui il paziente può sanguinare per un'alterazione piastrinica. Quindi nn è tanto pericolosa per l'uomo una piastrinopenia che difficilmente mette in pericolo la vita del paziente ma è molto più grave una piastrinopatia cioè deficit di adesione e di aggregazione. Tra i vari recettori che la piastrina espone vi è anche anche un recettore Gp2a3b e che è il recettore per il fibrinogeno che rappresenta la molecola ponte tra 2 piastrine. Quindi il fibrinogeno ha alle due estremità la stessa sequenza di amminoacidi per cui diventa una molecola bifunzionale che può legare i recettori per il fibrinogeno presenti su due piastrine. Il fibrinogeno è importante per fare la fibrina quindi per fare il coagulo stabile ma il fibrinogeno è fondamentale anche per fare l'aggregato piastrinico. Quindi possiamo avere deficit di aggregazione piastrinica o perchè manca il recettore piastrinico o perchè manca il fibrinogeno anche se le ipofibrinogenemie sn di difficile osservazione. Se abbiamo un deficit di aggregazione piastrinica, le indagini di primo livello possono già dire se il paziente ha un deficit da carenza da fibrinogeno anche se questa condizione è molto rara a meno che nn ci troviamo di fronte ad un paziente epatopatico cronico in cui qualunque fattore della coagulazione andiamo a dosare sarà ridotto.molto più delicata è la condizione di disfibrinogenemia cioè un fibrinogeno modificato in maniera tale da nn essere funzionale. Il processo di coagulazione se nn fosse regolato tenderebbe naturalmente ad

autoamplificarsi. Il processo viene bloccato dalla dimensione delle molecole procoagulanti nel sangue che sn enzimi e la reazione enzimatica diventa efficiente solo se enzima e substrato raggiungono una certa concentrazione e ciò può succedere solo se questi fattori si concentrano sulla membrana piastrinica.nel sangue anche se i fattori si attivano, sono talmente ridotti che enzima e substrato nn riescono a raggiungere una concentrazione tale da essere efficiente.un altro importante anticoagulante è la proteina C, presente in forma inattiva nel sangue, prodotta nel fegato ed attivata dall'endotelio sano perchè la cell. endoteliale oltre a produrre l'eparano produce anche la trombomodulina che è una molecola che modula la trombina (enzima che dobbiamo bloccare cn l'antitrombina 3 per evitare la formazione della fibrina). La trombina legata alla trombomodulina nn è più in grado di riconoscere il fibrinogeno e trasformarlo in fibrina, quindi diventa inattiva per la coagulazione. Quando ci deve essere la coagulazione, gli anticoagulanti funzionano meno bene, quando nn ci deve essere la coagulazione il sistema degli anticoagulanti viene esaltato fondamentalmente dalle cellule endoteliali. Quindi trombomodulina lega la trombina che nn è più in grado di riconoscere il fibrinogeno ma è in grado di attivare la proteina C che diventa APC. La proteina C funziona come anticoagulante perchè è in grado di legare e degradare il fattore V ed VIII. La proteina C si può dosare in laboratorio. La proteina C ha un cofattore che è la proteina S, proteina molto piccola prodotta dalle piastrine e fa funzionare meglio la proteina C. Pazienti con deficit di proteina S sn ad alto rischio di fare trombosi. La proteina S è nn solo il cofattore della proteina C ma è anche il naturale bersaglio del c3b del complemento che lega la proteina S e la sottrae al sistema. Quindi i pazienti con processi infiammatori acuti o cronici sono a rischio di fare trombosi perchè il c3b legando la proteina S la inattiva e quindi impedisce a questa di attivare la proteina C. Quindi un pz cn processo infiammatorio cronico è necessario far dosare la proteina S dal laboratorio. Il laboratorio può fare la determinazione quantitativa della proteina C ma anche vedere quanto è attiva in quanto vi sono mutazioni genetiche che portano a ridotta attività o produzione dell'enzima ma ci sn anche condizioni secondarie come alcuni farmaci e l'alcol che possono ridurre la sintesi epatica degli anticoagulanti ed in particolare della proteina C. Chi fa uso degli estroprogestinici dovrebbe periodicamente fare il dosaggio degli anticoagulanti, quindi il ginecologo dovrebbe prescrivere prima dell'inizio dell'assunzione degli estroprogestinici il dosaggio degli anticoagulanti ma deve anche seguire nel tempo l'andamento degli anticoagulanti perchè ci sn tra gli estroprogestinici dei farmaci che inibiscono l'attività degli anticoagulanti. Quindi una donna nn dovrebbe fare uso di estroprogestinici,a meno che nn ha necessità, se ha una predisposizione alla trombosi cioè se è una fumatrice, ha le vene varicose, ha una familiarità o se ha un'alterazione genetica degli anticoagulanti o degli altri sistemi della coagulazione perchè gli estroprogestinici possono interferire cn la sintesi epatica degli anticoagulanti e cn la loro attività. C'è un test in laboratorio che si chiama APC resistence o resistenza alla proteina C attivata cn cui posso dosare quanta proteina C viene prodotta, quanta proteina è attiva e se è in grado di funzionare sul fattore V ed VIII. Quindi posso avere un pz in cui la proteina funziona regolarmente, viene sintetizzata regolarmente ma nn riesce a degradare il fattore V. Pz che ha un fattore V di...è un pz ad altissimo rischio di fare trombosi. Quindi posso avere un pz in cui nn è modificata l'attività della proteina C ma ha un fattore V mutato che nn viene quindi riconosciuto dalla proteina C. Quindi ci sn pazienti che possono avere trombosi per mutazione puntiforme del fattore V che è sempre la stessa ed è localizzata nel punto di attacco da parte della proteina C. E' possibile chiedere al laboratorio un test che si chiama APC resistence cioè evidenziare se il pz ha una resistenza alla proteina C per mutazione del fattore V.Quindi useremo una proteina C esogena che sicuramente funziona e il plasma del paziente come sorgente di fattore V, se quest'ultimo nn viene degradato significa che il pz ha nel 90% dei casi ha un fattore V di... che porta una resistenza all'attacco dalla proteina C, quindi il fattore nn viene degradato

dalla proteina C e può mandare avanti in maniera più veloce la cascata coagulativa.