Teoria e tecniche dei test. Lezione 4 a.a. 2013/14 TEORIE E MODELLI DI COSTRUZIONE DEI TEST PSICOLOGICI LA STRUTTURA DI UNA TEORIA

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Transcript:

Teoria e tecniche dei test Lezione 4 a.a. 2013/14 TEORIE E MODELLI DI COSTRUZIONE DEI TEST PSICOLOGICI LA STRUTTURA DI UNA TEORIA Nella costruzione di un test psicologico devono essere presi in considerazione 3 livelli di astrazione: 1) LIVELLO DI ASTRAZIONE TEORICO 2) LIVELLO DI ASTRAZIONE DERIVATO 3) LIVELLO DI ASTRAZIONE EMPIRICO LA STRUTTURA DI UNA TEORIA e 4 tipi di relazione: 1) Proposizione non osservabile 2) Definizione teorica 3) Regola di corrispondenza 4) Definizione empirica 1

LA STRUTTURA DI UNA TEORIA (2) LA STRUTTURA DI UNA TEORIA 1. LIVELLO DI ASTRAZIONE TEORICO 1. Livello teorico, teoria pura, sistemi di idee legati tra di loro da relazioni chiamate proposizioni non osservabili (tipico della matematica e della logica ma non della psicologia). Esempio: teoria della Frustrazione-Aggressione: la frustrazione è la causa fondamentale dell aggressione (Dollard et al 1939) LA STRUTTURA DI UNA TEORIA 2. LIVELLO DI ASTRAZIONE DERIVATO Livello dei concetti derivati, concetti astratti più dettagliati di quelli teorici e in relazione con questi. La relazione che lega concetti teorici ai concetti derivati è chiamata definizione teorica e dà luogo a costrutti teorici definiti. Esempio: definizione di aggressività come insieme di comportamenti atti a recare danno intenzionale nei confronti di un altra persona 2

LA STRUTTURA DI UNA TEORIA 3. LIVELLO DI ASTRAZIONE EMPIRICO Livello dei concetti empirici, in relazione con i concetti derivati attraverso la regola di corrispondenza o definizione operativa Esempio: definire operativamente il costrutto aggressività attraverso il punteggio ottenuto dal soggetto a un questionario LA STRUTTURA DI UNA TEORIA 4. L ultimo tipo di relazione è quella tra la realtà osservata e i concetti empirici tramite la definizione empirica, ovvero il metodo utilizzato per raccogliere i dati (dominio della psicometria) LA STRUTTURA DI UNA TEORIA (3) Spesso vengono utilizzati solo due livelli, quello teorico (dei concetti) e quello empirico (delle misurazioni), basandosi sulla convinzione errata che esista una corrispondenza biunivoca tra i due (approccio operazionalista). Conseguenze paradossali: si avranno tanti costrutti teorici diversi quanti sono le diverse modalità di misurazione di essi. 3

INDICATORI E COSTRUTTO Per indicatore si intende: Una misura empirica che, tramite una regola di corrispondenza, si pone in relazione al costrutto teorico. Una variabile osservata che si ipotizza cogliere il costrutto teorico, o parte di esso. Una definizione sul piano empirico (misurabile) di un costrutto teorico. Solitamente ci sono molti indicatori per ogni costrutto, a seconda del metodo utilizzato per misurarlo. La scelta degli indicatori (definizione empirica) deve essere strettamente correlata alla definizione teorica. A) con un unico metodo Costrutto Indicatore A Indicatore B B) con più metodi Costrutto Metodo 1 Metodo 2 Indicatore A Indicatore B Indicatore C Indicatore D 4

MODELLI DI COSTRUZIONE DI TEST PSICOLOGICI Per poter procedere alla operazionalizzazione di un costrutto teorico è necessario definire un concetto empirico. La misura di questo concetto empirico si otterrà attraverso un test psicologico. Per costruire tale strumento abbiamo comunque bisogno di un modello/teoria. Vi sono diversi modelli di costruzione di test psicologici. a) TEORIA DELL ERRORE CASUALE X = V + E dove X è il punteggio ottenuto al test, V è il punteggio vero, e E è l errore casuale. L idea sottostante è che il punteggio osservato a un test non sia quello vero ma comprenda una porzione di errore dovuta all atto del misurare. a) TEORIA DELL ERRORE CASUALE (2) Esistono due tipi di errori: - Errore sistematico, quando il suo effetto influenza sistematicamente (ovvero nella stessa direzione e con la stessa intensità) tutti i punteggi raccolti ad un test; - Errore casuale, quando il suo effetto agisce in modo diverso (per direzione e intensità) su soggetti diversi sottoposti ad uno stesso test (es. ambiguità nell interpretazione di un item). Incide su attendibilità e validità. 5

a) TEORIA DELL ERRORE CASUALE (3) Il punteggio osservato di un soggetto al test è una variabile che assume i suoi valori secondo una distribuzione di probabilità che contiene il punteggio vero. Di conseguenza tanti più campionamenti verranno effettuati, tanto più la media dei campioni tenderà alla media della popolazione (o punteggio vero). a) TEORIA DELL ERRORE CASUALE (4) Errore standard di misura rappresenta una misura della variabilità dei punteggi osservati. Se un punteggio osservato è un campione casuale che proviene da una popolazione, prendendo più campioni noi avremo una distribuzione di punteggi osservati, all interno del quale sarà contenuto il punteggio vero. a) TEORIA DELL ERRORE CASUALE (5) Da questa distribuzione si può inferire un parametro che quantifichi la variabilità dei punteggi (o intervallo di confidenza) all interno dei quali con una certa probabilità si può dire che è contenuto il valore vero. L errore standard di misura, che deriva anche dalla deviazione standard dei punteggi osservati, dà questo tipo di informazione. 6

b) TEORIA DELLA GENERALIZZABILITA X = V1 + V2 + V3 + Vn + E Costituisce un estensione e miglioramento della teoria dell errore casuale. Esistono tanti errori quante sono le sfaccettature (facets) implicate nell operazione di misurazione. b) TEORIA DELLA GENERALIZZABILITÀ (3) La variabilità complessiva di un punteggio viene quindi scomposta in tante fonti distinte quanti sono i fattori implicati noti. Non abbiamo più un unico punteggio vero ma tanti punteggi veri quante sono le sfaccettature. c) TEORIA RAPPRESENTAZIONALE DELLA MISURAZIONE Una determinata caratteristica è misurabile solo se esiste un sistema di relazioni empiriche che soddisfa una certa quantità di condizioni sufficienti per l esistenza di un isomorfismo tra sistema empirico e sistema numerico, laddove per isomorfismo si intende una corrispondenza tra proprietà del sistema empirico e proprietà del sistema numerico. 7

c) TEORIA RAPPRESENTAZIONALE DELLA MISURAZIONE (2) Il problema della misurazione presuppone perciò l esistenza di caratteristiche che posseggano delle proprietà tali da consentirne la misurazione, e definire i criteri necessari e sufficienti affinché tale misurazione sia possibile (assiomi di transitività, della concatenabilità ) -> corrispondenza biunivoca tra proprietà del sistema empirico e quelle del sistema numerico. d) ITEM RESPONSE THEORY (1) Famiglia di modelli, sviluppati nell arco degli ultimi 30 anni. Il più famoso è il modello di Rasch. Condivide gli elementi essenziali del modello rappresentazionale. Viene postulata l esistenza di un modello matematico che rispecchi il processo psicologico sottostante alla risposta data da una persona ad un item. d) ITEM RESPONSE THEORY (2) Quest approccio risulta più fruttuoso quando si sta lavorando su una dimensione semplice di abilità cognitiva, quando quest abilità sia gerarchica o cumulativa, e quando si usano campioni di dimensioni rilevanti. 8

d) ITEM RESPONSE THEORY (3) La risposta può essere spiegata a partire da un certo numero di tratti latenti molto inferiore al numero di item di partenza. Per tratto latente si intende un costrutto non osservato che viene inferito in base ad una serie di indicatori osservati di cui esso è causa. In realtà la maggior parte dei modelli assume un unico tratto latente come spiegazione delle risposte ad una serie di item. d) ITEM RESPONSE THEORY (4) Si può derivare la probabilità che un soggetto che ha un certo valore nel tratto latente risponda correttamente ad un item che ha una certa difficoltà (modello di Rasch ad un parametro). d) ITEM RESPONSE THEORY (5) Si può ulteriormente distinguere in funzione della capacità discriminativa dell item (modelli a due parametri) tenendo sotto controllo la possibilità che il soggetto indovini a caso (a tre parametri) o che anche sbagli per caso (a 4 parametri). 9

e) TEORIE INGENUE Non viene esplicitato il modello di costruzione che si sta utilizzando. Si dichiara di far uso di un certo modello teorico di costruzione e poi nella pratica si compiono scelte che non si possono giustificare con quella teoria. Non vi è alcuna verifica di tipo empirico. INDICATORI RIFLETTIVI E FORMATIVI Gli indicatori riflettivi sono così chiamati perché si ipotizza che riflettano l effetto del costrutto teorico; si ipotizza il costrutto teorico come costrutto latente e gli indicatori come variabili misurate che sono causate da esso. Gli indicatori formativi vanno a formare il costrutto latente, che risulta dunque dalla somma lineare di una serie di indicatori, e quindi funzione di essi. INDICATORI RIFLETTIVI E FORMATIVI 10

INDICATORI RIFLETTIVI E FORMATIVI (2) Gli indicatori riflettivi sono effetto di un fattore comune e quindi ci si deve aspettare che siano correlati, L insieme degli indicatori formativi forma il costrutto e quindi non è necessario che ci sia correlazione. Gli indicatori formativi forniscono meno informazioni di quelli riflettivi e si prestano più facilmente alla costruzione di test non valutabili scientificamente e di poca utilità. MODELLI REGRESSIVI E FATTORIALI Se gli indicatori sono riflettivi, allora il modello di costruzione sarà fattoriale. L analisi fattoriale è una tecnica statistica che consente di individuare dimensioni latenti comuni ad una serie di item o variabili. La logica è semplice: se alcune variabili correlano tra loro, cioè presentano correlazioni di una certa entità, allora si può dedurre che c è qualcosa che le accomuna. La logica è simile a quella dell Item Response Theory. MODELLI REGRESSIVI E FATTORIALI (2) Innanzitutto è necessario vedere se tali correlazioni emerse sono sufficientemente elevate da consentire l emergenza di una dimensione (o più di una) che accomuni le variabili. Sulla base di quante e quali di queste variabili sono accomunate, cioè risultano raggruppate in una dimensione (o fattore), si cerca di capire quale sia questa dimensione e se essa corrisponde a quanto in partenza abbiamo ipotizzato. 11

MODELLI REGRESSIVI E FATTORIALI (3) Se gli indicatori sono formativi, allora il modello di costruzione sarà regressivo. La regressione multipla distingue tra variabili che predicono (dette variabili indipendenti) e variabili che vengono predette (dette variabili dipendenti). MODELLI REGRESSIVI E FATTORIALI (4) Con tale tecnica statistica oltre al potere predittivo complessivo delle variabili indipendenti, si può valutare anche l importanza relativa di ciascuna variabile predittrice. Non interessa sapere se le variabili indipendenti correlano tra loro, l importante è che correlino con le variabili dipendenti, cioè che le predìcano. 12