f r A g ANALISI DI BILANCIO I A.A. 2010/2011 F. Giunta LEZIONE 16 L ANALISI DELLA REDDITIVITÀ DELLE VENDITE Dispensa



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f r A.A. 2010/2011 A g ANALISI DI BILANCIO I F. Giunta LEZIONE 16 L ANALISI DELLA REDDITIVITÀ DELLE VENDITE Dispensa

1. LE DETERMINANTI DELLA REDDITIVITÀ OPERATIVA: LA REDDITIVITÀ DELLE VENDITE 2 Misura di sintesi della redditività operativa è il tasso di rendimenti del capitale operativo investito netto. Questo tasso viene comunemente denominato R.O.I. (ossia return on investment) operativo. La redditività degli investimenti dipende dal combinarsi di due circostanze: a) capacità di generare vendite attraverso gli investimenti; b) capacità di estrarre margini dalle vendite realizzate. L aspetto sub a) fa riferimento a livelli di produttività del capitale; quello sub b) di redditività delle vendite. Guardando alla redditività delle vendite, il margine di guadagno operativo che l imprenditore realizza su ogni unità di fatturato può essere espresso dal seguente rapporto: MON (EBIT)/ fatturato Tale quoziente, detto anche ROS (Return On Sales), esprime, in percentuale, il divario prezzi costo - prezzi ricavo con cui opera l azienda. Il numeratore, infatti, non è altro che la differenza fra ricavi netti e costi operativi. Anche per questa misura si presenta l esigenza di eliminare l effetto esercitato dai costi discrezionali sul risultato operativo. Coerentemente con la soluzione adottata nel calcolo del R.O.I., la redditività delle vendite viene espressa come rapporto fra redditività operativa lorda e vendite, ossia: MOL (EBITDA)/fatturato La redditività delle vendite è, comunque, solo una macro-determinante della redditività operativa. Da qui, la necessità di sottoporre questa macro-determinante a un più approfondito esame che conduca verso le cause ultime del valore aziendale. Le direttrici da seguire emergono chiaramente considerando la composizione del numeratore, ossia del margine estratto da ogni unità di fatturato: (fatturato costi operativi))/vendite = 1 (costi operativi/fatturato) I costi, dunque, rappresentano la principale determinante (contabile) della redditività delle vendite.

2. LE DETERMINANTI DELLA REDDITIVITÀ DELLLE VENDITE: NATURA E STRUTTURA DEI COSTI OPERATIVI 3 L approfondimento dell analisi del R.O.S. passa per l analisi dei costi operativi. Questi possono essere esaminati muovendosi in tre direzioni: - natura; - grado di variabilità; - destinazione. La percorribilità delle direttrici indicate è legata alla possibilità di riclassificare opportunamente il Conto Economico (cfr. tavola 1). In particolare, la terza direttrice di analisi è possibile solo se il Conto Economico è già configurato in tal senso nel bilancio ufficiale. Essa risulta, dunque, raramente praticabile. Tavola 1 Direttrici di analisi dei costi operativi e configurazione del Conto Economico L analisi dei costi per natura L analisi dei costi per natura si basa su un Conto Economico (CE) configurato a valore della produzione e valore aggiunto. Per rendere evidente il peso delle varie voci di costo, queste devono essere espresse in percentuale sui ricavi delle vendite o sul valore della produzione. Il CE in common size che così si ottiene facilita notevolmente i confronti nel tempo e nello spazio. Come già osservato parlando di processi di crescita, le variazioni di composizione dei costi espresse dal common size risultano più significative se accompagnate dalla variazione percentuale annua di ogni voce contenuta nei prospetti di bilancio, e dal CAGR di tale voce su un congruo orizzonte di tempo. Solo grazie a tali misure, infatti, è possibile apprezzare l andamento delle singole variabili osservate (laddove l informazione in common size si limita a evidenziarne la

dinamica rispetto a un altra variabile di confronto). Così, ad esempio, guardando alla tavola 2, l incidenza del costo del venduto sul fatturato può essersi ridotta nel tempo in seguito a un processo di efficientamento, ma aver subito allo stesso tempo un forte incremento a fronte, però, di una crescita ancor più intensa del giro d affari. 4 Tavola 2 Il Conto Economico in common size La riesposizione del CE in percentuale consente, in particolare, di mettere in evidenza la consistenza e le variazioni percentuali subite da un saldo reddituale che assume un ruolo chiave ai fini dell analisi della redditività operativa, ossia il Valore Aggiunto (VA), ossia: valore aggiunto/fatturato Il rilievo segnaletico di questo indicatore è notevole. Il VA è per così dire il punto di incontro delle condizioni di: efficienza, relative all impiego delle risorse per realizzare la produzione; efficacia, intesa come capacità dell impresa di ottenere dal mercato il riconoscimento effettivo dell accrescimento potenziale di valore derivante dai processi produttivi aziendali. Poco Valore Aggiunto significa, in sostanza, poca ricchezza lorda a disposizione per remunerare congruamente i diversi fattori della produzione, mantenendoli avvinti alla combinazione aziendale nei tempi e nelle quantità necessarie a realizzare l equilibrio economico. Soprattutto, l andamento del VA è spia della rispondenza dell attività operativa alle strategie aziendali perseguite. Così, se ad esempio, l impresa decide di puntare decisamente verso produzioni di fascia qualità-prezzo alta, il successo nell attuazione di questa strategia dovrà essere confermato da una netta crescita nel tempo del VA in percentuale.

L analisi dei costi per grado di variabilità L analisi dei costi per grado di variabilità si basa su un Conto Economico (CE) configurato a margine lordo di contribuzione. Anche in questo caso, per rendere evidente il peso delle varie voci di costo e favorire la comparazione nel tempo e nello spazio, queste devono essere espresse in percentuale sui ricavi delle vendite, secondo la logica common size. Il margine di contribuzione in percentuale che emerge dallo schema in common size assume notevole importanza. Esso, infatti, esprime la ricchezza lorda a disposizione per la copertura di quei costi (fissi) che devono comunque essere sostenuti dall impresa. In questo senso, a parità di costi fissi, esso rappresenta il principale driver della redditività delle vendite. Alla base di questa direttrice di analisi si pone la distinzione fra costi fissi e costi variabili. Poiché la distinzione non è presente in alcun modello di CE del bilancio ufficiale, si rende necessario individuare dei criteri che consentano di operare tale distinzione. Come è noto, i costi variabili sono strettamente correlati ai volumi di attività dell impresa. Queste voci di costo, un tipico esempio delle quali è costituito dai consumi di materie prime e dalle lavorazioni svolte da terzi, variano secondo un dato rapporto di proporzionalità al variare dei volumi di produzione e/o di vendita. I costi fissi, al contrario, sono rappresentati da tutte quelle voci di costo che, entro determinati limiti, non risentono della variazione dei volumi di produzione e/o di vendita. Rientrano, ad esempio, tra i costi fissi i costi del personale, i costi per locazioni, per pubblicità, di ricerca e sviluppo ecc. A dispetto dell apparente semplicità delle definizioni, la separazione dei costi fissi da quelli variabili è un problema di non facile soluzione. I metodi utilizzati a tal fine sono principalmente due: 5 a) statistici; b) intuitivo-analitici o logico-deduttivi. a) I metodi statistici si basano sull individuazione (in via grafica o tramite formule matematiche) dei parametri della funzione di costo attraverso una retta interpolatrice dei valori di due serie di dati storici: - i volumi di vendita; - il valore dei costi operativi. Come è noto, l interpolazione di una retta avviene attraverso l analisi di regressione lineare. Attraverso la funzione di regressione lineare è possibile, infatti, tracciare la linea retta che approssima nel modo migliore l andamento tra la variabile dipendente, rappresentata in questo caso dai costi operativi, e quella indipendente, rappresentata dai volumi di vendita. Per comprendere meglio la metodologia di individuazione della retta di interpolazione, può essere opportuno ricordare la rappresentazione grafica della funzione dei costi operativi. La funzione è illustrata su un piano cartesiano costruito ponendo sull asse delle ascisse i valori di

vendita, mentre sull asse delle ordinate i valori di costo (cfr. tavola 3). 6 Tavola 3 La funzione dei costi operativo totali Graficamente i costi fissi sono rappresentati da una costante. Il punto in cui la funzione dei costi fissi intercetta l asse delle ordinate indica l ammontare dei costi fissi che l impresa deve, in ogni caso, sostenere indipendentemente dalle quantità vendute. I costi variabili, invece, vengono rappresentati da una retta che è funzione dei volumi di vendita e dei costi variabili unitari. Si ipotizza, infatti, che l ammontare totale dei costi variabili sia direttamente proporzionale ai volumi di vendita. Osservando il grafico, nel punto in cui i volumi di vendita sono pari a zero anche i costi variabili assumono valore zero; quando i volumi iniziano a crescere, anche i costi variabili totali iniziano, proporzionalmente, a crescere. La funzione dei costi totali, ottenuta dalla somma della funzione dei costi fissi e di quella dei costi variabili si presenta come una retta con inclinazione pari a quella dei costi variabili che, in corrispondenza di volumi di produzione e vendita nulli, assume valore pari all ammontare dei costi fissi. Attraverso la regressione lineare si vuole stimare il coefficiente a (ovvero l intercetta della retta che rappresenta la funzione dei costi fissi) e il coefficiente b (ovvero la pendenza della retta che rappresenta la funzione dei costi variabili), in modo tale da riuscire a stimare l andamento dei costi in funzione delle vendite. A questo fine, si può impiegare un foglio elettronico tipo Excel. I dati di Tabella 1 descrivono le relazioni tra le vendite e i costi operativi di un ipotetica azienda negli anni che vanno dal 2002 al 2006. Il foglio Exel offre una funzione di calcolo specifica per la regressione; per utilizzarla è necessario aver installato tra i COMPONENTI AGGIUNTIVI della sezione STRUMENTI il componente STRUMENTI DI ANALISI. Una volta selezionata la funzione REGRESSIONE dalla lista dei componenti di analisi, si procede indicando, nella maschera di inserimento, i valori relativi alla variabile dipendente e indipendente, nel nostro caso il valore dei costi e delle vendite, rispettivamente.

L output ottenuto dalla regressione è riportato in Tavola 4. 7 Tabella 1 serie storica di valori di fatturato e costi operativi Anno Vendite Costi operativi 2002 177.594 163.877 2003 183.940 173.115 2004 199.493 184.325 2005 191.034 177.941 2006 176.090 169.152 Tavola 4 Regressione con il foglio Excel Statistica della regressione R multiplo 0,955615465 R al quadrato 0,913200917 R al quadrato corretto 0,884267889 Errore standard 2680,813298 Osservazioni 5 ANALISI VARIANZA gdl SQ MQ F Significatività F Regressione 1 226832664,2 226832664,2 31,56257702 0,011149841 Residuo 3 21560279,82 7186759,941 Totale 4 248392944 Valore di Coefficienti Errore standard Stat t Inferiore 95% Superiore 95% significatività Intercetta 30230,12241 25562,1982 1,182610438 0,322153214-51120,20079 111580,4456 Variabile X 1 0,772783079 0,137553415 5,618058118 0,011149841 0,335026722 1,210539436 I coefficienti a e b sono indicati rispettivamente come intercetta e Variabile X1. In base ai valori ottenuti, i costi fissi dell esempio ammontano a 30.230, mentre l inclinazione della retta dei costi variabili è pari a 0,77. Tra i valori offerti dal foglio elettronico, ai nostri fini può essere opportuno compiere una verifica sull indice R quadro, che restituisce una misura della bontà della regressione, indicando l entità del legame tra le due variabili. Tanto più l indice è vicino a 1, tanto maggiore è la capacità della variabile indipendente di determinare l andamento della variabile indipendente. L utilizzo dell analisi di regressione richiede cautela. È opportuno ricordare, anzitutto, che il modello di regressione assume per ipotesi la costanza nel tempo dei costi fissi. Si tratta di un ipotesi decisamente semplificatrice. Conviene, infatti, ricordare che fisso non vuol dire avente sempre lo stesso importo, quanto sostanzialmente indipendente dal volume di attività dell impresa. Allo stesso modo, si presume che l incidenza dei costi variabili non si modifichi nel tempo, astraendo, evidentemente, da ciò che accade nella realtà. Un vero e proprio limite all uso della regressione si ha, poi, in tutti i casi in cui l analisi dà come output un intercetta negativa. Per quanto statisticamente corretta, tale soluzione non trova un interpretazione accettabile sotto il profilo economico. Di fronte a tali circostanze, quindi, volendo mettere da parte soluzioni

matematiche inutilmente laboriose, si dovrà necessariamente abbandonare il metodo statistico e rifarsi a criteri logico-deduttivi di separazione dei costi. 8 b) I metodi logico-deduttivi si basano sull individuazione delle voci di costo fisso e variabile secondo criteri logico-tecnici e ipotesi semplificatrici desunte dall esperienza e dalla conoscenza delle dinamiche di funzionamento dell azienda oggetto di osservazione. Si tratta, in pratica, di analizzare voce per voce i costi presenti nel CE, classificando come fissi i costi appartenenti a una delle seguenti categorie: costi di struttura. Vi rientrano i costi che esprimono la struttura produttiva dell impresa. Ne sono esempi i costi del personale, quelli relativi agli affitti, le consulenze, i canoni e le utenze, le manutenzioni periodiche nonché le voci di costo genericamente indicate come spese generali. A questi si associano gli ammortamenti e gli accantonamenti, in quanto costi discrezionali. In quanto correlati alla capacità produttiva allestita e al suo grado di sfruttamento, tali costi vengono anche definiti costi di capacità; costi di sviluppo. A questa categoria si possono ricondurre i costi relativi a iniziative pubblicitarie, promozionali, di formazione del personale e a progetti di ricerca e sviluppo. Si tratta di costi frutto di precise scelte aziendali e stanziati indipendentemente dai volumi di produzione e vendita di un dato periodo (esercizi, semestri, campagne stagionali). Essi riflettono politiche tese allo sviluppo futuro dell azienda espresso dagli organi direzionali; come tali, dunque, vengono sovente definiti costi di politica. Un valido contributo per compiere la separazione può essere offerto dai documenti di bilancio. Innanzi tutto le note al bilancio (o nota integrativa), che spesso offrono il dettaglio delle voci di spesa presentate in CE in forma aggregata. Altre voci di costo, invece, possono trovare chiarimenti nella relazione sulla gestione; è il caso, soprattutto, dei costi di sviluppo, in particolare le spese di ricerca e sviluppo, oggetto di commento del management nell illustrazione dell andamento e delle prospettive della gestione. L applicazione del metodo logico-deduttivo a un CE classificato per destinazione risulta, comunque, difficile. La difficoltà è legata alla possibilità di identificare la natura dei costi all interno degli aggregati presentati nel CE. Qualora gli altri documenti di bilancio non offrano adeguate informazioni, di fatto non sarà possibile operare la distinzione fra costi fissi e variabili. Nel procedere alla scelta del metodo da impiegare per separare costi fissi e variabili è opportuno tener conto che le due soluzioni proposte non necessariamente devono essere utilizzate in modo alternativo. Spesso può capitare di adottare in prima battuta il metodo logicodeduttivo per separare quei costi per i quali si dispone di un sufficiente livello di informazioni, e ricorrere, poi, al metodo statistico per superare i problemi legati a categorie di costi misti, come ad esempio i costi per servizi. Infine, sul piano più propriamente contabile, occorre tener presente che la determinazione

del costo variabile del venduto, dal quale discende il calcolo de margine lordo di contribuzione, è influenzata dal modello di presentazione del CE adottato nel bilancio ufficiale. Se il CE del bilancio ufficiale è a valore della produzione, i costi in bilancio sono quelli della produzione ottenuta e non della produzione venduta. Qualora si utilizzi il metodo statistico, occorrerà, inizialmente, determinare il totale dei costi operativi della produzione ottenuta. Tale aggregato dovrà, poi, essere decurtato dell ammontare dei costi imputabili alle scorte e alle costruzioni in economia, per arrivare a determinare il costo del venduto totale, il cui ammontare verrà separato, mediante regressione, in costi fissi e variabili. Nel caso di impiego del metodo logico-deduttivo, bisogna tener presente che l analisi dei costi evidenzia, da un lato, il totale dei costi fissi e, dall altro, il totale dei costi variabili della produzione ottenuta. Si rende quindi necessario, per quest ultimo aggregato, passare al costo variabile della produzione venduta. Adottando l ipotesi semplificatrice che le scorte e le capitalizzazioni siano valutate a costi primi variabili, tale costo si ottiene sottraendo dal totale dei costi operativi variabili (della produzione ottenuta) il valore della variazione scorte prodotti finiti e semilavorati e delle capitalizzazioni di costi per costruzioni interne. 9 3. LE DETERMINANTI DEI COSTI: LA PRODUTTIVITÀ Il livello dei costi aziendali dipende da due fondamentali fattori: i prezzi-costo dei fattori produttivi negoziati dall impresa sui mercati di acquisto; la capacità dell impresa di ottimizzare l impiego di tali fattori nella produzione. Parlare di capacità dell impresa di ottimizzare l impiego dei fattori produttivi significa parlare di efficienza o produttività dell impresa. Il termine produttività, infatti, vuole indicare: la capacità dell impresa di combinare economicamente, ossia senza sprechi evitabili, le risorse della produzione. L analisi della produttività è un analisi complessa. Ben difficilmente tale analisi può essere svolta utilizzando solo i dati contenuti nei bilanci ufficiali. Per questo, nelle procedure di analisi condotte dall esterno, si affronta il tema della produttività limitandosi al calcolo solo di alcuni indicatori che offrono indicazioni di larga massima su questa dimensione dell operare d impresa. Un primo passaggio dell analisi della produttività è nuovamente rappresentato dalla redazione di un CE a valori percentuali. Ora, però, i valori reddituali relativi alla gestione operativa non vengono percentualizzati rispetto ai ricavi di vendita ma rispetto al Valore della Produzione. Per comprendere il senso di questa scelta, si pensi al costo del lavoro. Si consideri, in particolare, l ipotesi di un impresa che, durante l esercizio, ha prodotto per il magazzino e/o realizzato significative costruzioni interne di impianti o altre immobilizzazioni. Non c è dubbio, in questo caso, che una parte significativa del tempo di lavoro, e quindi dei relativi costi, sia stata dedicata a una produzione che non ha generato ricavi di vendita. Muovendosi in una prospettiva input-output

(risorse consumate-risultati ottenuti mediante il consumo di quelle risorse), il confronto fra il costo del lavoro e il valore complessivo della produzione ottenuta appare ben più coerente, e dunque significativo, del confronto fra costo del lavoro e valore della sola produzione venduta. Una volta apprezzata l incidenza dei costi rispetto al valore della produzione, l analisi si può ulteriormente sviluppare lungo due coordinate, corrispondenti ai due fondamentali fattori la cui dotazione qualitativa e quantitativa condiziona, in modo determinante, la complessiva produttività aziendale: 10 lavoro; capitale. Per misurare la produttività del lavoro, gli indicatori più utilizzati sono i seguenti: fatturato/n dipendenti; valore aggiunto/n dipendenti; costo del lavoro/n dipendenti; Si tratta, come è facile vedere, prevalentemente di valori pro-capite centrati, in modo diretto o indiretto, sul fattore lavoro. In questo senso, particolarmente significativi appaiono gli indicatori del: valore aggiunto pro-capite; costo del lavoro pro-capite. Il valore aggiunto pro-capite si rivela sicuramente più espressivo dei ricavi pro-capite. Il valore aggiunto, infatti, nasce dalla differenza fra Valore della Produzione ottenuta e costi esterni. Esso, dunque, tiene conto di tutto lo sforzo produttivo realizzato nel periodo amministrativo dall impresa impiegando il fattore lavoro. L indice, inoltre, ben si attaglia a tutte quelle imprese che producono su commessa. Per queste, infatti, la variazione delle scorte di lavori in corso su ordinazione, che non forma ricavi ma concorre al VA, rappresenta spesso la gran parte dell attività lavorativa svolta nell esercizio. L analisi del valore aggiunto pro-capite risulta arricchita dal confronto con il costo del lavoro pro-capite. La lettura congiunta di tali indicatori è in grado di segnalare se l evoluzione del costo del lavoro è in sintonia con l evoluzione del valore aggiunto. Se, infatti, il costo del lavoro procapite crescesse a fronte di una riduzione del valore aggiunto pro-capite è logico aspettarsi una riduzione della redditività operativa aziendale o, comunque, una minor capacità della ricchezza in più creata dall impresa (il valore aggiunto appunto) di remunerare gli altri fattori della produzione. Il confronto proposto viene sintetizzato in uno specifico indice, definito costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP):

costo del lavoro/valore aggiunto 11 La logica alla base dell indice è semplice: se un lavoratore costa più di un altro, ma produce proporzionalmente più prodotti (da cui più valore aggiunto), il suo costo del lavoro sarà più alto, ma il suo costo del lavoro per unità di prodotto sarà più basso. Da questo punto di vista, la conoscenza della dinamica del CLUP è utile per misurare l andamento della produttività del lavoro e, quindi, la competitività delle imprese. E, in ogni caso, evidente che la produttività del lavoro, segnatamente il rapporto valore aggiunto/n dipendenti, è condizionata dai mezzi di produzione dei quali ogni addetto è dotato. In altre parole, la produttività del lavoro dipende dalla produttività del capitale e dal capitale di cui ogni lavoratore dispone. In questo senso, l analisi dei margini e quella della produttività si incontrano, la seconda diventando determinante della prima. Per mantenere coerenza con le misure di produttività del lavoro basate sul valore aggiunto, anche quella del capitale può essere in tal senso espressa attraverso l indice: valore aggiunto/immobilizzazioni lorde La produttività del capitale si riconnette a quella del lavoro attraverso l indice che misura l intensità di capitale per addetto, ossia: immobilizzazioni lorde/ n dipendenti I legami richiamati sono evidenziati dalla seguente relazione: valore aggiunto/n dipendenti = (valore aggiunto/immobilizzazioni lorde)x(immobilizzazioni lorde/ n dipendenti) Seguendo la logica di ricercare le cause ultime dei fenomeni indagati, i livelli di produttività segnalati dai vari indici devono essere interpretati alla luce delle fasi del ciclo di vita dell impresa. Come già ricordato, infatti, nella fase introduttiva, di solito i costi di produzione sono alti e la produttività bassa, tenuto conto dell esperienza di produzione ancora scarsa posseduta dall impresa. Nella fase di sviluppo si assiste a una significativa riduzione dei costi dovuta all effetto esperienza legato alla crescita dei volumi di produzione. Nella fase di maturità, infine, si consolida il processo di riduzione dei costi e si massimizza l effetto esperienza con benefici riflessi sulla produttività aziendale; benefici destinati a esaurirsi man mano che l impresa si inoltra nella fase di declino. 4. IL GRADO DI LEVA OPERATIVA E IL RISCHIO OPERATIVO L analisi della gestione operativa è condotta con l intento di comprendere:

la capacità dell impresa di generare reddito, visto quale principale driver dei flussi di cassa operativi o per gli azionisti; i fattori dai quali tale capacità dipende; le condizioni di rischio legate alla gestione operativa che influenzano il costo del capitale. 12 Un significativo contributo alla messa a fuoco dell ultimo aspetto richiamato può derivare dall analisi della struttura dei costi in precedenza discussa. Per cogliere appieno il ruolo che la struttura dei costi operativi assume nella determinazione della rischiosità operativa dell impresa, si consideri un semplice esempio (cfr. tabella 2). Tabella 2 Fatturato e costi operativi Azienda A Azienda B Fatturato 100 100 Costi operativi 60 60 MON 40 40 Le due aziende sono, a prima vista, uguali sotto il profilo dei ricavi, dei costi e del reddito. Partendo dai dati della Tabella 2, supponiamo ora che il fatturato si riduca del 10%. Gli effetti di questa riduzione siano quelli indicati nella tabella 3. Tabella 3 Effetti di una riduzione del fatturato Azienda A Azienda B Fatturato 90 90 Costi operativi 54 60 MON 36 30 Variazione del MON - 10% - 25% È immediato osservare che la stessa riduzione del fatturato ha prodotto conseguenze profondamente diverse sul risultato operativo delle due imprese. il MON di A, infatti, è diminuito del 10%; il MON di B, invece si è ridotto del 25%. Come ciò possa accadere è presto detto: le due imprese sono uguali solo in apparenza. È vero, infatti, che esse presentano lo stesso ammontare di costi operativi, ma è anche vero che la struttura di tali costi è molto diversa: l azienda A ha solo costi variabili, mentre l azienda B ha solo costi fissi. L esempio suggerisce di prestare attenzione alla struttura dei costi operativi, ossia alla loro composizione in termini di costi fissi e costi variabili. La struttura dei costi determina, infatti, il grado di variabilità del risultato operativo al variare del fatturato: più rigida è la struttura dei costi, maggiore è la variabilità del risultato operativo alle variazioni di fatturato. Il grado di variabilità del risultato operativo al variare del fatturato è misurato dall indice del

grado di leva operativa (GLO). Il GLO è espresso dal seguente rapporto: 13 (ricavi delle vendite costi variabili)/mon Moltiplicando la variazione delle vendite per G.L.O. si ottiene l intensità della correlata variazione del risultato operativo (MON o EBIT); vale cioè: % variazione vendite X GLO = % variazione EBIT Torniamo all esempio illustrato nelle Tabelle 2 e 3 e calcoliamo il grado di leva operativa dell azienda A e dell azienda B: A: (100-60) / 40 = 1 B: (100-0) / 40 = 2,5 In conseguenza della diminuzione di fatturato del 10%, il MON di A è variato di 10% x 1 = 10%, mentre il MON di B è variato di 10% x 2,5 = 25%. L esempio evidenzia che più alto è il grado di leva operativa più alta è la variabilità del risultato operativo rispetto a quello atteso. Se interpretiamo il concetto di rischio come ampiezza della distribuzione di probabilità dei possibili valori assunti da una data grandezza, allora, il GLO si configura come una misura del rischio derivante dalle scelte della gestione operativa (cfr. tavola 5). Tavola 5 Variabilità del risultato operativo e GLO Il GLO e la struttura dei costi che lo determina dipende dalle scelte relative alla configurazione dei processi produttivi. Sono queste, infatti, che plasmano la struttura dei costi la quale, a sua volta, determina la sensibilità del risultato operativo alle variazioni del fatturato. Si tratta di scelte relative all organizzazione dei processi produttivi e alla tecnologia che tali processi impiegano. Si pensi, in proposito, agli effetti dei processi di automazione sul costo del lavoro, come pure al

riflesso che determinate tecnologie possono avere sui consumi delle materie impiegate nella produzione. A ben vedere, comunque, il GLO non costituisce la determinante ultima dei livelli di rischio operativo. Questo dipende principalmente dalle scelte relative ai settori/mercati nei quali l impresa compete e dalla ciclicità di tali settori/mercati. Il GLO, in sostanza, si limita ad amplificare gli effetti delle variazioni di fatturato conseguenti agli andamenti congiunturali del sistema competitivo. A questo proposito si ricorda che la congiuntura influenza l andamento delle vendite nei vari settori economici, i quali, tuttavia, rispondo ai cicli congiunturali in maniera diversa, distinguendosi in: 14 settori ciclici, i quali si muovono nella stessa direzione del sistema, come nel caso dei settori del legno, costruzioni, trasporti e comunicazioni, locazioni; settori aciclici, i quali risultano moderatamente influenzati dall andamento del sistema (minerali e metalli, credito e assicurazioni); settori anticiclici, i quali si muovono nella direzione opposta a quella del sistema, come ad esempio il settore degli dei prodotti alimentari di base. Il rischio operativo deriva, quindi, anzitutto dalle circostanze esterne che determinano le variazioni del fatturato. Il rischio operativo, in conclusione, è legato al rischio di mercato, inteso come variabilità dei ricavi in relazione all andamento generale del sistema economico (cfr. tavola 6). L analisi della redditività operativa si salda, così, con quella delle condizioni di crescita dell impresa, riaffermando il carattere sistemico della logica che ispira l analisi. Tavola 6 Componenti e determinanti del premio per il rischio

5. L ALBERO DEL R.O.I. 15 L analisi della redditività operativa si è basata su una misura di sintesi, il R.O.I., e una serie di indici che esprimono le determinanti, ossia le causali, di tale misura. Le relazioni che avvincono i vari indicatori evidenziano la logica sistemica che ha guidato lo sviluppo di tale analisi. Questa logica emerge con evidenza dalla tavola 7, la quale riassume il sistema di indici per l analisi della redditività operativa sviluppato lungo le sue direttrici principali: la redditività delle vendite (sintetizzata dall indice ROS); la produttività del capitale investito (PC). Tavola 7 L albero del R.O.I.