introduzione Ø Discepolo di Parmenide, probabilmente gli successe nella direzione della scuola. Nacque ad Elea a cavallo fra il VI ed il V secolo. Ø Della sua opera, la tradizionale Sulla Natura, rimangono pochissimi frammenti e testimonianze. lo scopo principale di Zenone fu quello di difendere la dottrina parmenidea da quanti lo criticavano. Noi, oggi, non conosciamo l identità di questi oppositori a Parmenide. Sappiamo, però, che negavano l Essere di Parmenide perché andava contro l evidenza. Premessa 1: Parmenide ci dice che l Essere è immobile, ma i nostri sensi ci dicono che le cose del mondo si muovono... Premessa 2: Parmenide ci dice che l Essere è unico, ma i sensi di mostrano un mondo molteplice. Conclusione: Parmenide si sbaglia.
A difesa di Parmenide In che modo Zenone pensò di difendere il suo maestro? Questo è quanto ci interessa maggiormente... Zenone, invece, di sostenere le idee del maestro, si dedica alla confutazione di quelle dei suoi avversari. Ecco che si dedica all analisi delle presunte evidenze invocate da questi personaggi, allo scopo di mostrare come non si tratti affatto di cose evidenti! In che modo? Zenone vuol far vedere come queste evidenze siano, da un punto di vista logico-razionale, autocontraddittorie.
I paradossi Questo procedimento ha fatto dire ad Aristotele che Zenone fu l inventore della dialettica intesa come controversia fra due posizioni che si vogliono demolire a vicenda. Quello che Zenone compie per la prima volta, è quanto i matematici chiamano dimostrazione per assurdo.
La dimostrazione per assurdo Zenone vuole dimostrare che assumendo il movimento e il molteplice come fatti reali evidenti e in effetti la realtà sensibile indica proprio questo si giunge a risultati logicamente assurdi. Prima di vedere alcuni esempi di Zenone, proviamo a dire cos è la dimostrazione per assurdo.
La dimostrazione per assurdo Ipotizziamo di voler dimostrare la seguente proposizione matematica T : Dato un numero naturale n arbitrariamente grande, esiste sempre un numero primo P tale per cui P > n T è il celebre teorema dell infinità dei numeri primi. Euclide (IV-III secolo ac) lo dimostrò nei suoi famosi Elementi (libro IX, proposizione 20). Nel corso della storia sono state date molte dimostrazioni diverse per questo teorema, ma la dimostrazione di Euclide è assai interessante per la sua semplicità e perché è, appunto, una dimostrazione per assurdo!
La dimostrazione per assurdo: Euclide Passaggio 1 Ipotizziamo che non T cioè il contrario di ciò che vogliamo dimostrare sia vero. In questo caso i numeri primi sarebbero un insieme finito del tipo I = {2, 3, pn} pn sarebbe, quindi, il più grande fra gli n numeri primi esistenti. Passaggio 2 Assumiamo, ora, un nuovo numero pm così definito: pm = (2 x 3 x pn) + 1
La dimostrazione per assurdo: Euclide Passaggio 3 Il numero pm è chiaramente più grande di pn, che per ipotesi è il più grande fra i primi. Avendo assunto non T come vera, inoltre, pm non può essere un numero primo... Vediamo: pm non è divisibile per 2 (resto 1), non è divisibile per 3 (resto 1) non è divisibile neppure per pn (resto 1). Allora anche pm è primo! Passaggio 4 Aggiungendo pm all elenco dei numeri primi, I = {2, 3, pn, pm}, potremmo ripetere l identico procedimento scoprendo un primo po più grande di pm e così via all infinito... Abbiamo così dimostrato che non T è falso. Ma visto che T è l esatto contrario di non T, il principio di non contraddizione di assicura che T deve essere vero! Abbiamo dimostrato che i numeri primi sono infiniti...
I paradossi relativi al movimento Torniamo a Zenone, l inventore della dimostrazione per assurdo. Egli vuole dimostrare che assumendo il movimento e il molteplice come fatti reali evidenti e in effetti la realtà sensibile indica proprio questo si giunge a risultati logicamente assurdi. Contro il movimento la storia ci tramanda quattro paradossi di Zenone. Analizziamone solo due, a mo di esempio.
I paradossi relativi al movimento Premessa Assumiamo un qualunque corpo C in movimento con una certa velocità costante V. Passaggio 1 Se C si muove, significa che in un certo tempo dato, diciamo t, percorrerà una certa distanza: d. Passaggio 2 Ma allora deve accadere che nel tempo t/2, C percorra la distanza d/2. Passaggio 3 Ma allora deve accadere che nel tempo t/4, C percorra la distanza d/4.
I paradossi relativi al movimento Passaggio 4 I passaggi 2 e 3 sono, chiaramente, ripetibili all infinito. In un tempo sempre più piccolo t/2 t/4 t/2 n con n appartenente a N, il corpo C percorrerà una distanza sempre più piccola d/2 d/4 d/2 n. Conclusione Visto che tempo (e distanza) possono essere divisi all infinito, il corpo C per compiere il tragitto d dovrà percorrere la somma di infiniti piccolissimi segmenti d/. Ma la somma di infiniti segmenti, per quanto piccoli, rappresenta una distanza infinita, la quale richiede un tempo infinito per essere percorsa. Eppure noi eravamo partiti da una distanza finita: d!
il movimento: Achille e la tartaruga Del tutto analogo a quello appena visto, ma molto più famoso per la sua struttura narrativa assai fantasiosa, è il paradosso di Achille e della tartaruga. Achille è celebre per la sua velocità, almeno quanto le tartarughe lo sono per la loro lentezza! Ecco che Achille e una tartaruga si sfidano in una gara di corsa: vince chi arriva per primo a un traguardo fissato!
il movimento: Achille e la tartaruga Achille, ritenendo di essere troppo forte per la tartaruga, decide magnanimamente di concederle un vantaggio: diciamo 100 metri sulla linea di partenza. Cosa accade? Esattamente quanto visto prima! 1 Achille e la tartaruga partono nello stesso momento. Achille è velocissimo e in un tempo t percorre i 100 metri di vantaggio della tartaruga. Nello stesso tempo t la tartaruga percorre solo 10 metri. Quindi ora è in vantaggio di dieci metri.
il movimento: Achille e la tartaruga 2 Achille è velocissimo e in un tempo t/10 percorre i 10 metri di vantaggio della tartaruga. Nello stesso tempo t/10 la tartaruga percorre solo 1 metro. Quindi ora è in vantaggio di un metro. 3 Come appare chiaro, anche questo procedimento si può ripetere all infinito! Accadrà, allora, che Achille si avvicinerà sempre di più alla tartaruga, ma non riuscirà mai a raggiungerla il che è assurdo! Ecco che Zenone può dire ai critici di Parmenide: vedete che il movimento non è una cosa così evidente come voi pensate? La dimostrazione di Zenone, diversamente da quella di Euclide, è sbagliata. Ma perché? Questo lo vedrete nella parte di matematica dedicata a questo tema...
il movimento: la velocità Consideriamo brevemente anche l argomento detto dello stadio, il quale dimostra efficacemente come la velocità sia un concetto relativo, dunque privo di realtà oggettiva. In uno stadio, due corridori c1 e c2 partono dalle opposte estremità e corrono verso il centro dello stadio. Qual è la loro velocità? Se la velocità di c1 rispetto al centro dello stadio è v1, e quella di c2 è di v2, allora accadrà che la velocità di c1 rispetto a c2 sarà pari a v1+v2.
I paradossi relativi alla molteplicità Anche rispetto al tema della molteplicità di contro all unità e unicità dell Essere pretesa da Parmenide Zenone utilizza il medesimo sistema. Importante, come nelle argomentazioni precedenti, non è certo la correttezza o meno del risultato, ma la novità della procedura utilizzata.
I paradossi relativi alla molteplicità Passaggio 1 Ammettere la molteplicità, significa ammettere che ogni grandezza sia divisibile in parti. Ammettiamo, allora, di avere un oggetto lungo un metro e di cominciare a dividerlo in due parti uguali, di 50 cm ciascuna... Passaggio 2 Lo stesso, chiaramente, deve poi valere per ogni singola parte (le due parti di 50 cm, sono quindi divisibili ciascuna in due parti di 25 cm ciascuna), e così via all infinito...
I paradossi relativi alla molteplicità Passaggio 3 Le parti che, sommate insieme, dovrebbero di nuovo dare origine alla grandezza di partenza hanno: 1) Una lunghezza pari a 0 2) Oppure una lunghezza che, per quanto piccola possa essere, ha una certa misura, chiamiamola d. Logicamente non ci sono altre possibilità: una misura o è nulla o è equivalente a un certo numero, per quanto piccolo!
I paradossi relativi alla molteplicità Conclusione (paradossale) Ora abbiamo infiniti piccoli segmenti di lunghezza 0 oppure di lunghezza d. Vogliamo tornare all unità di partenza, il nostro oggetto lungo 1 metro... Però non ci riusciamo! - Sommare infiniti segmenti di lunghezza 0, dà ancora un segmento di lunghezza 0 - Sommare infiniti segmenti di lunghezza d, dà luogo ad una lunghezza infinita! Dov è finito il nostro metro di partenza???
I paradossi relativi alla molteplicità Fate molta attenzione a questo punto! Con i suoi paradossi Zenone non intendeva dire che le cose non si muovono, né che non esiste la molteplicità! Ciò che voleva dimostrare è, invece, che queste cose che appaiono ovvie, scontate ai nostri sensi sono, se sottoposte all analisi della ragione, problematiche e difficili a comprendersi! Questo vuol dire che le presunte evidenze su cui i critici di Parmenide si basavano... non erano affatto così evidenti!
I paradossi relativi alla molteplicità Zenone, pur rimanendo nella scia del maestro, istituisce dei paragoni fra la via della Verità (episteme) e quella dell opinione (doxa). Pensa cioè gli eventi del mondo reale in rapporto a principi logici. Con i suoi esempi concreti Zenone non fa altro che sottolineare il contrasto fra i principi logici esposti e la realtà. La logica e l esperienza si mettono così in crisi a vicenda. Parmenide ha posto le due vie, verità logica e opinione, su binari paralleli e inconciliabili. L Essere, la logica, ha una sua libertà e non concerne il mondo sensibile. Questa concezione però non appare soddisfacente e, se pure Zenone vuole riaffermare la verità contro l opinione, i confronti da lui istituiti hanno come effetto di far apparire i principi razionali ancora più contrastanti con il mondo sensibile. La filosofia successiva si occuperà di conciliare la razionale logica di Parmenide con le attestazioni dei sensi.