Ipercolesterolemia ed ipertensione spesso coesistono: le basi biologiche e cliniche di questo rapporto

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Ipercolesterolemia ed ipertensione spesso coesistono: le basi biologiche e cliniche di questo rapporto CLAUDIO BORGHI, ARRIGO CICERO Dipartimento di Medicina clinica e Biotecnologia Applicata, Università degli Studi di Bologna, Bologna 10 INTRODUZIONE Le malattie cardiovascolari (CV) rappresentano la prima causa di morte nei paesi industrializzati e tale destino coinvolge anche il nostro Paese dove i dati pubblicati dall ISTAT suggeriscono la presenza di una malattia CV alla base del decesso nel 38,7% dei maschi ed addirittura nel 48,4% dei soggetti di sesso femminile, in netta controtendenza con la sensazione comune che vuole il sesso femminile parzialmente protetto dalle malattie che coinvolgono cuore e vasi. Inoltre le malattie CV generano costi economici elevatissimi che, secondo recenti stime americane, superano di molto i 450 miliardi (!) di dollari ai quali vanno aggiunti gli altrettanto rilevanti costi sociali, spesso sottovalutati (anche perché difficilmente quantificabili con precisione) e che sono più strettamente correlati con la morbilità e vanno ad incrementare in modo significativo il carico che le malattie cardiovascolari impongono direttamente ed indirettamente alle società moderne. Indirizzo per la corrispondenza Prof. Claudio Borghi Dipartimento di Medicina Clinica e Biotecnologia applicata "D. Campanacci" Via Massarenti, 9-40138 Bologna E-mail: claudio@med.unibo.it Tra le ragioni di tale triste primato delle malattie CV va annoverato l intervento deleterio dei fattori di rischio CV che agendo in maniera isolata, o più spesso concomitante ed integrata sono direttamente responsabili dello sviluppo a livello vascolare della malattie aterosclerotica e delle sue complicanze maggiori che coinvolgono soprattutto il circolo coronarico, cerebrale, renale e arterioso periferico. In particolare, tra i diversi fattori di rischio che tendono a co-segregare nello stesso soggetto un ruolo di primo piano è certamente giocato da ipertensione ed ipercolesterolemia, tra le quali intercorre un rapporto assai complesso ed i cui aspetti di reciprocità sono stati recentemente indagati ottenendone una serie di evidenze di grande rilevanza per la interpretazione dei meccanismi globalmente responsabili della transizione dalla condizione di rischio a quella di malattia CV conclamata. CENNI EPIDEMIOLOGICI In termini epidemiologici ipertensione arteriosa ed ipercolesterolemia tendono a coesistere molto frequentemente nello stesso soggetto e tale aspetto che emerge dai maggiori studi di popolazione condotti negli ultimi 3 decenni negli Stati Uniti (MRFIT, Framingham) so-

no stati confermati anche nella popolazione italiana. In particolare le evidenze emerse dallo studio di Gubbio hanno sottolineato come la percentuale di pazienti ipercolesterolemici sia significativamente maggiore nella popolazione ipertesa rispetto a quella normotesa indipendentemente dalla classe di età considerata ed evidenze sostanzialmente analoghe sono emerse anche dallo Studio di Brisighella. Più recentemente i dati dello studio SMOOTH condotti sulla popolazione di San Marino hanno confermato la associazione tra ipertensione ed ipercolesterolemia dimostrando inoltre come sia possibile identificare una progressione lineare tra prevalenza di elevati livelli di colesterolo plasmatico e gravità del quadro ipertensivo in accordo con la classificazione ESH-ESC (Figura 1). Tale aspetto, che risulta largamente in linea con le osservazioni fornite dai dati dello studio NHANES III, apre un nuovo scenario non esclusivamente epidemiologico sulla base del quale è ragionevolmente possibile ipotizzare una interazione fisiopatologica tra i due fattori di rischio in esame ed incentrata sulla plausibile ipotesi che la presenza di ipercolesterolemia possa condizionare lo sviluppo di ipertensione e la progressione nel tempo dei valori pressori. In aggiunta, la presenza contemporanea di ipertensione ed ipercolestrolemia è responsabile di un incremento rilevante del rischio relativo ed assoluto di incorrere in una complicanza CV, specie coronarica, e tale interazione, chiaramente emergente dai dati dello studio MRFIT (Figura 2), ha ricevuto una recente conferma anche nella popolazione asiatica, notoriamente esposta a percentuali diverse di prevalenza dei vari fattori di rischio, ma perfettamente integrata nella logica che vuole una espressione amplificata del rischio CV in presenza di più determinanti nello stesso soggetto. In particolare la presenza di una interazione negativa tra i diversi fattori di rischio è alla base del concetto di rischio CV globale in base al quale il potenziale di nuocere di ciascun valore di ogni determinato fattore di rischio deve essere interpretato alla luce della presenza di fattori di rischio concomitanti. Nel caso del rapporto ipertensione-ipercolesterolemia è evidente che anche livelli relativamente normali di pressione possono comportare un aumento di rischio in presenza di elevati livelli di colesterolemia e viceversa. 0 40 Fumo BMI Ipercolesterolemia Iper-TG 57,7 0,3 53,4 48,9 48,4 43,7 % 20 30,1 25,4 2,1 22,2 24,5 33,1 % 0 0 40 20 0,0,3 Δ Col-HDL Ac. Urico Diabete NS 5,2 5,2 2,4 3,8,3 5,3 5,1 FIGURA 1 Distribuzione della ipercolesterolemia in rapporto ai valori della pressione arteriosa nella popolazione dello studio SMOOTH.,1 13,1 12,1 8,0 12,0 12,2 14,3 PA ottimale PA normale PA normale-alta Ipertensione P<0,0001 ΔP<0,0002 11

34 N=31.099 Morti / 10.000 pazienti-anno 245+ 12 13 17 10 221-244 203-220 182-202 Quintile colesterolo (mg/dl) 21 8 4 <182 Neaton JD et al. Arch Intern Med 1992; 152: 5-4 12 9 3 23 11 8 3 <118 18 8 118-224 17 5 125-131 14 132-141 Quintile PAS (mmhg) 142+ FIGURA 2 Interazione reciproca tra pressione arteriosa, colesterolemia e incidenza di cardiopatia ischemica nello studio MRFIT. Il ruolo patogenetico dell ipercolesterolemia rispetto all ipertensione è largamente sostenuto dai risultati della sperimentazione animale che dimostrano come la procedura di exanguinotrasfusione tra un animale ipercolesterolemico e il controllo si traduca in un incremento dei valori pressori di quest ultimo a dimostrazione di una potenziale trasferibilità di un meccanismo ipertensivante, a sviluppo funzionale e legato a fattori circolanti. Tali evidenze sperimentali sono supportate dai risultati dello studio di Tromso (Figura 3) che dimostrano la presenza di una associazione non esattamente lineare tra livelli di colesterolemia totale e pressione arteriosa diastolica con uno slope della relazione che appare assai più ripido e lineare nella popolazione più giovane, per la quale maggiore potrebbe essere l impatto funzionale della dislipidemia in termini di modificazioni del tono vascolare arterioso. Inoltre le evi- 7.0 50-54 Uomini Donne 12 Colesterolo (mmol/l).5.0 5.5 5.0 40-49 40-49 30-39 30-39 20-29 20-29 70 80 90 100 70 80 90 100 Pressione diastolica (mmhg) FIGURA 3 Relazione tra valori di pressione arteriosa diastolica e livelli di colesterolemia in diverse classi di età di soggetti nello studio di Tromso.

denze recentemente emerse da una serie di studi di coorte hanno dimostrato la esistenza di una associazione tra la presenza di elevati livelli di colesterolo e l incremento del rischio relativo di sviluppare ipertensione arteriosa. Tale correlazione è stata dimostrata sia separatamente in entrambi i sessi, sia nella popolazione generale. Infatti, sulla base dei risultati distinti del Physician Health Study, del Women Health Study e del Brisighella Heart Study è oggi possibile dimostrare un incremento del rischio relativo di sviluppare ipertensione arteriosa in concomitanza con un aumento dei livelli di colesterolemia totale e LDL e con una riduzione della concentrazione plasmatica di colesterolo HDL. Un incremento significativo del rischio di ipertensione è stato riportato anche nei soggetti portatori di pressione normale-alta nei quali la probabilità di sviluppare un quadro ipertensivo risulta evidente a partire da livelli di colesterolemia totale intorno a 230 mg/dl, in pieno accordo con le evidenze che derivano dalla analisi dei quintili delle diverse subfrazioni lipidiche nella popolazione dei due grandi studi americani citati in precedenza. Tale aspetto ricopre una grandissima rilevanza in termini di impatto clinico e preventivo in quanto suggerisce la importanza di un trattamento precoce della dislipidemia anche per valori di colesterolemia totale relativamente innocui ed in soggetti nei quali le modificazioni del profilo lipidico potrebbero rappresentare una evenienza isolata ed apparentemente priva di impatto in termini di rischio aterogeno. In aggiunta alle evidenze che dimostrano la capacità della ipercolesterolemia di associarsi allo sviluppo di ipertensione arteriosa, esistono una serie di interessanti osservazioni che sostengono la evidenza speculare che la modulazione del profilo lipidico possa prevenire l incremento dei valori pressori. In termini patogenetici, uno studio finalizzato a valutare l impatto delle terapia ipolipemizzante con clofibrato si è dimostrato in grado di ridurre di oltre il 20% la incidenza di nuovi casi di ipertensione arteriosa e tale risultato ha ricevuto una conferma dopo un decennio attraverso un studio condotto in una popolazione analoga e nella quale il trattamento ipocolesterolomizzante con colestiramina ha prevenuto lo sviluppo di elevati valori in oltre il 25%. In aggiunta negli ultimi 10 anni si sono accumulate una serie di interessanti evidenze che suggeriscono come la riduzione della colesterolemia mediante l impiego di statine possa tradursi in una riduzione dei valori di pressione arteriosa nella popolazione ipertesa. Tale effetto, la cui ampiezza risulta fortemente condizionata da alcune caratteristiche di base della popolazione trattata e dalla interazione eventuale con la terapia antiipertensiva concomitante, non sembra tuttavia interamente riconducibile alle modificazioni del profilo lipidico indotto dalle statine in assenza di una dimostrazione di una correlazione lineare tra riduzione dei livelli di colesterolemia e riduzione dei valori pressori. Alcuni elementi sembrano infatti indirizzare verso una azione più complessa delle statine che risulterebbe dalla combinazione tra la riduzione dei livelli di colesterolo oltre un cut-off funzionale (>25%) e la capacità delle statine di attivare meccanismi di vasodilatazione endogena che pressoché invariabilmente includono un incremento della disponibilità di ossido nitrico a livello vascolare. Complessivamente esistono pertanto interessanti evidenze che sembrano sostenere la possibilità di una stretta relazione tra ipertensione arteriosa e caratteristiche del profilo lipidico. Tale interazione ha importanti implicazioni epidemiologiche, cliniche e terapeutiche e se confermata da evidenze ulteriori dovrebbe, necessariamente, portare ad un riesame delle modalità di sviluppo delle malattie cardiovascolari nei pazienti multi-rischio e delle diverse priorità e possibilità di ampliamento razionale delle strategie di prevenzione primaria. MECCANISMI RESPONSABILI DELLA INTERAZIONE TRA IPERTENSIONE ED IPERCOLESTEROLEMIA In una realtà così complessa l aspetto speculativamente più interessante è quello di fornire una spiegazione su quali siano le possibili motivazioni alla base della osservata interazione tra ipertensione ed ipercolesterolemia. La prima spiegazione più semplicistica potrebbe essere la casualità conseguente alla elevata prevalenza di entrambi i fattori di rischio nella popolazione generale e conseguentemente alla elevata probabilità che entrambi siano presenti nello stesso soggetto. Tale ipotesi resta tuttavia confutata 13

14 dalla discrepanza temporale della relazione nei soggetti normotesi (la ipercolesterolemia in genere precede l aumento dei valori pressori) e dalla stretta dipendenza tra prevalenza della ipercolesterolemia e livelli di pressione arteriosa descritta in precedenza, difficilmente sostenibile in una logica di mera casualità. La seconda e più credibile possibilità è rappresentata dal fatto che la interazione tra ipertensione ed ipercolesterolemia possa essere sostenuta da un meccanismo fisiopatologico che sembra nel soggetto ipercolesterolemico articolarsi attraverso una serie di evidenze significative quali: a) una riduzione della capacità di vasodilatazione periferica endotelio mediata; b) lo sviluppo di una condizione di insulino-resistenza; c) la riduzione della capacità di vasodilatazione renale e di controllo del volume extracellulare e del bilancio sodico; d) la alterazione della funzione di controllo barocettivo e conseguenti modificazioni del tono simpatico. Tuttavia il meccanismo più funzionalmente coinvolto nel promuovere le modificazioni pressorie nei pazienti ipercolesterolemici è certamente rappresentato dalla attivazione tissutale del Sistema Renina-Angiotensina-Aldosterone (RAS) ed in particolare una condizione di esagerata espressione dei recettori per la angiotensina II di tipo AT 1, responsabili dei principali effetti fisiologici dell angiotensina II, ivi compresi la capacità di aumentare il tono vascolare periferico, la ritenzione di sodio e di conseguenza la pressione arteriosa sistemica. In particolare la densità tissutale dei recettori AT 1 risulta essere linearmente proporzionale ai livelli di colesterolemia LDL (Figura 4) e tale condizione si associa ad un incremento proporzionale della risposta vasocostrittiva e pressoria alla infusione di angiotensina II che potrebbero risultare elementi cruciali in quanto responsabili dell incremento dapprima episodico e poi persistente dei valori di pressione arteriosa nei soggetti dislipidemici. Per contro la somministrazione di un inibitore recettoriale della angiotensina II (candesartan) in una popolazione di pazienti ipertesi ed ipercolesterolemici, ha determinato una riduzione della pressione arteriosa di entità maggiore (anche se non significativamente in ragione dell insufficiente campione dello studio) rispetto a quella osservata negli Densità recettori AT 1 (fmol/mg protein) 15 10 5 0 0 100 200 300 400 Colesterolemia LDL (mg/dl) FIGURA 4 Correlazione lineare tra livelli plasmatici di colesterolo LDL e densità di recettori AT1 per la angiotensina II a livello piastrinico. stessi pazienti in risposta al trattamento con un calcio-antagonista diidropiridinico a conferma del ruolo funzionale della attivazione RAS nel paziente dislipidemico. L incremento della densità recettoriale per la angiotensina II rilevabile a livello tissutale in risposta alla ipercolestrolemia non rappresenta tuttavia l unico elemento di coinvolgimento del sistema RAS nel paziente dislipidemico. In particolare Daugherty et al. hanno dimostrato come la ipercolesterolemia si associ ad una attivazione di tutta la cascata del RAS a livello tissutale con iperproduzione locale di angiotensina II la quale presenta inoltre una esagerata capacità di legarsi ai recettori di tipo AT 1 secondo un meccanismo altamente specifico che esclude una analoga interazione con i recettori di tipo AT 2.Inoltre alcune interessanti evidenze sperimentali dimostrano come nei pazienti ipercolesterolemici sia presente una iperespressione della attività chimasica tissutale, la quale risulta proporzionale ai livelli di colesterolo plasmatico ed in grado di generare localmente angiotensina II in assenza di una attivazione completa del RAS. La combinazione sinergica di tali elementi determina una situazione potenzialmente esplosiva nella quale alla maggiore generazione e disponibilità di un agonista specifico (angiotensina II) corrisponde una aumentata avidità dei recettori nei confronti della stessa con conseguente incremento della capacità di promuovere alterazioni funzionali, ivi compreso l aumento del tono vascolare periferico e della pressione arteriosa. Alla maggiore capacità di legame tra angiotensina II ed il suo recettore nel pa-

ziente ipercolesterolemico contribuirebbe una modificazione conformazionale del recettore stesso il quale andrebbe incontro a dimerizzazione. La presenza di un dimerismo del recettore AT 1 è stata infatti descritta in presenza di alterazioni dei livelli di colesterolemia plasmatica e potrebbe condizionare una esagerata attivazione del recettore stesso con evidenti conseguenze sia di tipo funzionale (es. modificazioni del tono vascolare) che strutturale (es.: sviluppo di malattia aterosclerotica). La complessa e reciproca interazione tra RAS e ipercolesterolemia sembra quindi rappresentare il meccanismo fisiopatologico più probabilmente in causa come determinante dello sviluppo di ipertensione arteriosa. A conferma di tale affermazione uno studio condotto nel nostro Istituto e che ha coinvolto una popolazione di pazienti con pressione normalealta caratterizzati da diverse combinazioni di PRA e colesterolemia, ha dimostrato come il rischio relativo di sviluppare ipertensione lungo un periodo di 15 anni di follow-up sia comparabilmente aumentato sia nei soggetti con ipercolesterolemia lieve ed elevati livelli di PRA sia in coloro che presentano elevati livelli di colesterolemia e attività reninica nei limiti della norma. Tutto ciò conferma come sia proprio la risultante di attivazione dei due sistemi l elemento centrale e identifica pertanto un razionale perseguibile per l impiego di strategie terapeutiche di controllo di entrambi i fattori coinvolti. Per contro una riduzione della colesterolemia, ottenuta mediante l impiego di statine, determina una riduzione contemporanea della densità di recettori per la angiotensina II, la quale si associa ad un aumento della dose di angiotensina II necessaria per indurre un incremento di 20 mmhg della pressione arteriosa. A tale riduzione della densità e reattività recettoriale si associa un parallela riduzione della risposta pressoria alla infusione della stessa sostanza senza alcuna modifica della reattività pressoria nei confronti della noradrenalina. A livello post-recettoriale la attivazione dei recettori AT 1 indotta dalla ipercolesterolemia sarebbe quindi responsabile di un incremento del calcio-intracellulare e dell aumentato rilascio di vasocostrittori endogeni quali la endotelina 1 ed il TGF 1 con conseguente incremento del tono vascolare che potrebbe contribuire allo sviluppo di ipertensione. Inoltre attraverso lo stesso meccanismo recettoriale la angiotensina II sarebbe causa della produzione di radicali dell ossigeno, responsabili a loro volta dell incremento dello stress ossidativo con riduzione della disponibilità di ossido nitrico che potrebbe, ancora una volta, contribuire alla modifica in senso vascocostrittivo del tono arterioso attraverso lo sviluppo di una alterazione dei meccanismi di vasodilatazione endotelio-mediati ampiamente descritta nella popolazione ipercolesterolemica. L effetto negativo nei confronti dell ossido nitrico che consegue alla attivazione RAS nel paziente ipercolesterolemico deve essere considerato la risultante sia della inattivazione ossidativa dello stesso, ma anche Ipercolesterolemia Attività RAS Produzione angiotensina II Espressione recettori AT 1 Legame angiotensina II FIGURA 5 Ipotesi schematica dei meccanismi fisiopatologici coinvolti nello sviluppo di ipertensione e aterosclerosi nei soggetti con ipercolesterolemia. Vasocostrizione Ipertensione arteriosa Rilascio vasocostrittori Stress ossidativo Disponibilità NO Funzione endoteliale Proliferazione tissutale Aterosclerosi 15

1 della ridotta attività della nitroso sintetasi endoteliale (e-nos) la quale potrebbe contribuire significativamente allo sviluppo di ipertensione in presenza di elevati livelli di colesterolo. In questo ambito un interessante lavoro pubblicato nel 2004 da Zhou Ming-Shang et al. ha dimostrato come il trattamento con atorvastatina in un modello sperimentale di ratto con ipertensione sodio-sensibile sia in grado di incrementare la attività della e-nos vascolare (aortica) e contemporaneamente di prevenire lo sviluppo di ipertensione nei ratti inizialmente normotesi o di determinare una regressione del quadro ipertensivo quando già instaurato. Complessivamente pertanto esistono sufficienti evidenze per pensare che proprio la modulazione del rapporto angiotensina II/recettore AT 1 a livello pree post-recettoriale rappresenti l elemento centrale della interazione tra ipercolesterolemia ed ipertensione (Figura 5). Il diverso coinvolgimento di tale interazione nei singoli pazienti sarebbe responsabile delle contraddizioni ancora presenti nella letteratura in merito al rapporto tra ipertensione ed ipercolesterolemia, soprattutto sul versante degli studi clinici. Infatti molte delle esperienze cliniche condotte su pazienti ipertesi e/o ipercolesterolemici hanno coinvolto popolazioni di pazienti eterogenee e sottoposte ad interventi farmacologici e non-farmacologici in grado di influenzare variamente la attivazione del RAS plasmatico e tissutale ed i livelli plasmatici di lipidi. Ciò non esclude che le evidenze sostanziali accumulate aprano la strada ad una ulteriore evoluzione del concetto di rischio CV basata sulla interazione seriale tra ipertensione ed ipercolesterolemia, che presuppone una maggiore conoscenza della complessità dei meccanismi fisiopatologici la cui contemporanea modulazione sembra in grado di rappresentare una interessante prospettiva terapeutica per una prevenzione cardiovascolare sempre più mirata e sempre più efficace. LETTURE CONSIGLIATE A co-operative trial in the primary prevention of ischaemic heart disease using clofibrate. Report from the Committee of Principal Investigators. Br Heart J 1978; 40(10): 109-1118. American Heart Association. Heart Disease and stroke statistics-2007 Update. Dallas, Texas: American Heart Association; 2007. Asia Pacific Cohort Studies Collaboration. Joint effects of systolic blood pressure and serum cholesterol on cardiovascular disease in the Asia Pacific region. Circulation. 2005; 112 (22): 3384-3390. Atarashi K, Ishiyama A, Minami M, Takagi M, Omata M. Effects of acute hypercholesterolemia on blood pressure and pressor response to norepinephrine in rats. Blood Press. 2004; 13 (1): 5-1. Bonaa KH, Thelle DS. Association between blood pressure and serum lipids in a population. The Tromso Study. Circulation. 1991; 83 (4): 1305-1314. Borghi C, Dormi A, Ambrosioni E, Gaddi A on behalf of the Brisighella Heart Study working party. Relative role of systolic, diastolic and pulse pressure as risk factors for cardiovascular events in the Brisighella Heart Study. J Hypertens. 2002; 20 (9): 1737-1742. Borghi C, Dormi A, Gaddi A, Ambrosioni E. Relationship between serum cholesterol and development of hypertension in the population of the Brisighella Heart Study. Am J Hypertens 2003; 1 (5): 207A. Borghi C, Veronesi M, Bacchelli S, Degli Esposti D, Cosentino E, Ambrosioni E. Serum cholesterol levels, blood pressure response to stress and incidence of stable hypertension in young subjects with high normal blood pressure. J Hypertension 2004; 22: 25-272. Borghi C, Veronesi M, Prandin MG, et al. Statins and blood pressure regulation. Curr Hypertens Rep. 2001; 3: 281-288. Borghi C. Veronesi M, Cosentino E, Kuria F, Dormi A, Cicero AFG, Ambrosioni E. Interaction between serum cholesterol levels and reninangiotensin-system on the new onset of arterial hypertension in subjects with high-normal blood pressure. J Hypertens 2007; in press. Creager MA, Cooke JP, Mendelsohn ME, Gallagher SJ, Coleman SM, Loscalzo J, Dzau VJ. Impaired vasodilation of forearm resistance vessels in hypercholesterolemic humans. J Clin Invest. 1990; 8 (1): 228-234. Daugherty A, Rateri DL, Lu H, Inagami T, Cassis LA. Hypercholesterolemia stimulates angiotensin peptide synthesis and contributes to atherosclerosis through the AT 1A receptor. Circulation. 2004; 110 (25): 3849-3857. Ekelund LG. Lovering lipids and the genesis of hypertension. Drugs 1988; 3 (suppl 3): 21. Halperin RO, Sesso HD, Ma J, Buring JE, Stampfer MJ, Gaziano JM. Dyslipidemia and the risk of incident hypertension in men. Hypertension. 200; 47 (1): 45-50.

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