Filiere agroalimentari e prodotti tipici: il caso della mozzarella di bufala campana DOP.

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Filiere agroalimentari e prodotti tipici: il caso della mozzarella di bufala campana DOP. Candidata Edvige Petraglia La mia tesi si focalizza sull importanza delle produzioni tipiche all interno del settore agricolo nazionale, in generale, e sulla loro influenza economica nei sistemi locali di produzione. L idea di dedicarmi allo studio di questo settore nasce essenzialmente da una constatazione di fatto. Nell ultimo decennio, nella provincia di Salerno, e in particolare nella zona denominata Piana del Sele, si è assistito ad un incremento degli allevamenti bufalini e dei caseifici che trasformano il latte di questi animali, per ottenere uno dei prodotti tipici più famosi in Italia: la mozzarella di bufala campana. La curiosità rispetto ad un fenomeno così evidente e repentino nel suo sviluppo mi ha spinto a svolgere questo lavoro. Esso comincia con lo studio dell'evoluzione del sistema agroalimentare in Italia. Nell arco temporale da me analizzato, che va dagli anni 50 fino ai giorni nostri, il sistema agroalimentare è stato caratterizzato da un importante variazione nel peso relativo delle sue diverse componenti. In particolare, l agricoltura, oggi, rappresenta solo il 16% dell intero settore, e la sua importanza si è ridotta enormemente a favore degli altri segmenti (industria di trasformazione e distribuzione). Questo è il risultato di una crescente richiesta di beni che incorporino sempre più servizi. Attualmente, infatti, la domanda alimentare si è orientata sempre di più verso prodotti di qualità. 1

Mi sono soffermata, a questo punto, sull importanza che l'agricoltura riveste sia nel sistema agroalimentare italiano, sia nell intera economia nazionale. Il dato più significativo emerso da questa analisi, riguarda il fatto che il nostro Paese appare sempre più terziarizzato. Questo sia perché esso ha seguito la linea evolutiva propria delle moderne economie, sia perché negli ultimi anni, a causa della liberalizzazione ed internazionalizzazione dei mercati, soffre molto la concorrenza degli altri paesi nel settore primario. Per superare la concorrenza internazionale non sono bastati i pur importanti aumenti della meccanizzazione e della produttività, poiché il costo della manodopera, nonostante l avvento di extracomunitari, è ancora troppo alto rispetto a molti paesi europei. Affinché l'agricoltura italiana possa uscire da questo vicolo cieco e riconquistare le ampie fette di mercato perdute, è necessario che essa concentri tutti gli sforzi produttivi per una sempre maggiore specializzazione delle aziende agricole, in modo da sfruttare le possibilità offerte, sia a livello legislativo sia di mercato, al settore dei prodotti tipici. Questa soluzione è di fondamentale importanza soprattutto per quelle zone del Paese, quali quelle meridionali, dove la conformazione del territorio rende difficile lo sviluppo di un agricoltura intensiva. Il capitolo si conclude con un'analisi della politica agricola comunitaria: un tentativo, da parte degli stati membri dell UE di risolvere i problemi del settore agricolo con un intervento sopranazionale. Lo studio tocca tutti i diversi momenti della PAC soffermandosi sulle riforme Mac Sherry e Agenda 2000, e sugli effetti che la prima ha avuto sull agricoltura italiana. Il capitolo II inizia con la definizione di tipicità, legata alle tre dimensioni storia, territorio e qualità. Il prodotto tipico è la risposta alle nuove tendenze, che si sono sviluppate nei consumi alimentari e costituisce un importante elemento di differenziazione favorendo la penetrazione in nicchie di mercato con un forte tasso di sviluppo. 2

Il capitolo continua con un analisi del quadro giuridico di riferimento. Alla base di qualunque produzione tipica, infatti, ci devono essere delle leggi che la salvaguardino, rendendo possibile la distinzione della stessa dagli altri prodotti presenti sul mercato, risolvendo così il problema dell'asimmetria informativa. Lo studio, poi, si sofferma sul ruolo delle produzioni tipiche in Italia. Il nostro Paese si pone al secondo posto dopo la Francia, per numero di prodotti tipici riconosciuti a livello internazionale (113). Questo settore del nostro paese è caratterizzato da una forte concentrazione, sia a livello di sottosettori (salumi e formaggi la fanno da padroni), sia a livello di fatturato (parmigiano reggiano e grana padano sono i leader). A questo punto ho analizzato i punti di forza e di debolezza dei prodotti tipici. In generale, se il loro elemento distintivo è la specialità del prodotto, dall altra parte la difficoltà di valorizzarlo, la sua scarsa conoscenza e la ridotta dimensione aziendale costituiscono innegabili ostacoli per lo sviluppo degli stessi. Le possibili soluzioni consistono nel prestare maggiore attenzione alle politiche di comunicazione (marchio), e di qualità (ISO), e nella costituzione di organismi sovraziendali (consorzi). Nel terzo capitolo, mi sono concentrata sullo studio di un prodotti tipico che negli ultimi anni ha evidenziato uno dei più alti tassi di sviluppo: la mozzarella di bufala campana DOP. Dopo una breve introduzione sull origine storica del bufalo e della mozzarella, mi sono soffermata sull attività legislativa attuata per la valorizzazione di questo prodotto a partire dal disciplinare di produzione, continuando con la costituzione del consorzio (DM 21/03/1983), fino all assegnazione dei marchi DOC (DPCM del 10 maggio 1993) e DOP (regolamento CE n. 1107 del 12/6/96). Grazie alla relazione annuale per il 2001, fornitami dal Consorzio, ho potuto analizzare lo sforzo prodotto da questo sia riguardo alle politiche di marketing e 3

di promozione, sia per ciò che concerne l attività di vigilanza e di miglioramento delle tecniche produttive. Poi, con l aiuto dei risultati di un analisi di marketing dell AC Nielsen reperiti sul sito internet dell ISMEA e attraverso i dati dell Annuario del latte 2000, ho osservato l importanza della MBC nel settore dei formaggi DOP italiani. Dalle fonti citate risulta che essa è al 5 posto per PLV e al 7 rispetto alla quantità prodotta. TAB. 1. Formaggi DOP italiani - PLV diretta (in mld di lire) Formaggio 1999 % % cumulata Grana padano 1552 36,5 36,5 Parmigiano Reggiano 1379 32,4 68,9 Gorgonzola 330 7,7 76,6 Pecorino Romano 220 5,2 81,8 Mozzarella di Bufala Campana 170 4,0 85,8 Altri 606 14,2 100,0 Totale 4257 100,0 --- Fonte: Nomisma (2001) TAB. 2. Formaggi DOP italiani - Quantità prodotta (in tonnellate) Formaggio 1991 1996 1999 Var. % 91-99 Grana padano 97086 131204 142373 46.65 Parmigiano Reggiano 106264 104919 108673 2.27 Gorgonzola 37891 42394 43760 15.49 Pecorino Romano 31093 35349 30320-2.49 Provolone Valpadana 23100 24205 20900-9.52 Asiago 16599 19521 19970 20.31 Mozzarella di Bufala Campana 9100 15000 17200 89.01 Taleggio 15500 10900 10246-33.90 Montasio 15000 9691 9451-36.99 Altri 19979 31837 25611 28.19 Totale 371612 425020 428504 15.31 Fonte: Mie elaborazioni su dati Annuario del latte (2000) Bisogna considerare che questi dati, secondo il consorzio, pur essendo ufficiali, non sono dati reali, poiché i caseifici non dichiarano tutta la loro produzione. Prendendo per buone le stime non ufficiali del consorzio la MBC sarebbe addirittura al 3 posto per PLV e al 4 come quantità prodotta. 4

Il capitolo continua con un analisi dettagliata della filiera in tutti i suoi stadi, utilizzando come fonte principale la relazione del consorzio. Da questo studio si evince che nella provincia di Salerno si concentra circa il 23% degli allevamenti e dei caseifici dell intera area DOP. Lungo tutta la trattazione sin qui svolta, è stato anche posto l accento sui punti di debolezza di questa particolare produzione tipica. Oltre a quelli già menzionati la mozzarella soffre di due ulteriori problemi: 1) la stagionalità della produzione; 2) la scarsa conservabilità del prodotto. Il capitolo si conclude con uno studio dettagliato del peso del settore mozzarella di bufala campana nell'economia di un campione di paesi situati nella Piana del Sele, in provincia di Salerno. L'analisi comprende tutti gli stadi della filiera. Le fonti, da me utilizzate, per gli allevameti, sono il libro "La filiera della mozzarella di bufala campana nell'area della Denominazione di Origine Protetta" (Cerrato, 1999) e i dati dei servizi veterinari locali e regionali, raccolti personalmente. Per i caseifici, infine, ho utilizzato i dati ottenuti dalla Camera di Commercio di Salerno. Il campione studiato è molto significativo rispetto all intera provincia, giacché in esso sono concentrati l 80% degli allevamenti e dei capi, nonché un importante percentuale di caseifici. 5

GRAF. 1. Numero di capi bufalini nei paesi del campione 12000 10000 8000 6000 4000 2000 0 Agropoli Albanella Altavilla Sil Battipaglia Capaccio Eboli Giungano Roccadaspide Serre 1990 1996 2001 I risultati della ricerca vedono una forte crescita dell intero settore nel campione di riferimento. Riguardo agli allevamenti, dal 1990, si è verificato un incremento del 150% circa del numero dei capi persenti, ed anche la dimensione media aziendale è aumentata, passando da 81 a 121 capi per allevamento (+50%). TAB. 3. Numero di aziende e capi bufalini nei paesi del campione Paese 1990 (ISTAT) 1996 (Fonti sanitarie) 2001 (Fonti sanitarie) Aziende Capi Aziende Capi Aziende Capi Tot Agropoli 9 555 5 625 5 820 Albanella 33 2406 37 3080 42 5500 Altavilla Silentina 48 2021 43 3044 65 6500 Battipaglia 8 854 7 967 12 1639 Capaccio 49 4440 62 5652 79 10000 Eboli 16 3398 22 3446 48 7500 Giungano 9 413 10 270 8 600 Roccadaspide --- --- 5 388 9 950 Serre 9 175 24 799 25 2000 Totale campione 172 13849 205 18001 293 35509 Totale provincia 220 14262 247 20060 367 44235 *Femmine in età di lattazione. Fonte: Cerrato (1999) e dati servizi veterinari locali e regionali (2001) 6

Lo studio si conclude con una stima prudenziale delle ripercussioni occupazionali del settore nel campione di riferimento, che porta a contare circa 1700 addetti, tra produzione e trasformazione del latte. Il IV capitolo è interamente dedicato all analisi del caso aziendale del caseificio La Contadina, dei fratelli Di Masi, sito in Altavilla Silentina. La scelta è ricaduta su questa azienda per tre motivi fondamentali: 1. l impresa controlla direttamente tutti gli stadi della filiera; 2. essa costituisce un valido esempio di come si possano sfruttare i punti di forza e superare le criticità proprie delle produzioni tipiche; 3. il caseificio è situato in uno dei paesi del campione, analizzato nel precedente capitolo. Per scrivere il IV capitolo ho sottoposto un questionario ad un dirigente dell azienda. Dal colloquio che ne è scaturito, sono saltati chiaramente alla luce sia le scelte strategiche, che hanno permesso al caseificio di superare le maggiori difficoltà, sia i limiti che ancora ne caratterizzano la politica aziendale. I punti di forza dell'impresa sono: l attenzione verso la qualità, le politiche di marketing, la politica di marchio, la presenza in tutti gli stadi della filiera. Nel corso della trattazione ho posto in evidenza come i dirigenti de La Contadina siano riusciti a superare con intelligenza e tenacia alcuni limiti delle produzioni tipiche, spesso a torto ritenuti insormontabili, quali la scarsa conoscenza del prodotto e la ridotta dimensione aziendale. L azienda però deve superare ancora due grossi ostacoli per un suo ulteriore sviluppo: l organizzazione aziendale è ancora a carattere familiare; le vendite sono penalizzate dal fenomeno della stagionalità. 7

A questo punto, ho proposto due possibili soluzioni al secondo problema. La prima, più semplice e raggiungibile anche nel breve periodo, consiste nel cercare di entrare nella grande distribuzione, superando la difficoltà del pagamento a 90 giorni che essa impone. La seconda, si colloca in un ottica di lungo periodo, ed è sicuramente di più difficile attuazione, ma anche più suggestiva, e consiste nello sfruttare l'ottima politica di marchio fin qui attuato dall azienda aprendo una serie di punti vendita in franchising nelle regioni del Centro-Nord. 8