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1 Volume di parallelepipedi e determinanti Dimostriamo la seguente relazione fondamentale tra volumi e determinanti. Lemma 1 Sia T una matrice reale (n n) e sia K 1 := [0, 1] n. Allora dove mis denota la misura di Peano Jordan in R n. mis(tk 1 )= det T (1) Dimostrazione Se n = 1 la (1) è banalmente vera 1. Assumiamo, quindi, n 2. Si ricordi che il determinante, visto come funzione delle colonne, è caratterizzato dalle seguenti tre proprietà: 1) scambiando di posto a due colonne, il valore del determinante cambia segno, 2) il determinante è una funzione lineare della prima colonna 2,3)il determinante di (e (1),..., e (n) ), dove {e (i) } è la base standard di R n, vale 1. Tale caratterizzazione significa che se è una funzione a valori reali e definita su n nuple di vettori in R n che verifica 1) (..., v (i),..., v (j),...) = (..., v (j),..., v (i),...), i j, 2) (av (1) + bw (1),v (2),..., v (n) )= = a (v (1),v (2),..., v (n) )+b (w (1),v (2),..., v (n) ), 3) (e (1),..., e (n) )=1, (2) (dove la scrittura simbolica nel punto 1) sta a significare che scambiando la i esima colonna con la j esima il valore di cambia segno) allora coincide con il determinante, cioè (v (1),..., v (n) ) = det[v (1),..., v (n) ]= ε σ v σ (1) 1 v σ (n) n, σ dove la sommatoria è estesa a tutte le permutazioni σ dell insieme {1,..., n} e ε σ denota il 3 segno di σ. Nel corso della dimostrazione useremo le seguenti notazioni. Se v (1),..., v (n) sono n vettori in R n denotiamo con T := [v (1),..., v (n) ] la matrice che ha come j esima colonna le n componenti, v (j) i,div (j) cosicché T ij = v (j) ( i, Tx = x j v ) (j) x R n, Te (j) = v (j) ; (3) j=1 1 In tal caso T = α R è un numero e T [0, 1] = [0,α]seα 0e[α, 0] se α<0. 2 E dunque, per 1), il determinante è una funzione lineare della j esima colonna, con j qualunque. 3 Una permutazione σ di {1,..., n} è una mappa uno uno σ : j {1,..., n} σ j {1,..., n} e ε σ èil segno di σ (cioè ( 1) p dove p è il numero di scambi che bisogna fare per ordinare la n nupla (σ 1,..., σ n ) o, più analiticamente, ε σ = i<j segno(σ j σ i )). 1

chiameremo, poi, Π(v (1),..., v (n) ) il parallelepipedo di spigoli v (1),..., v (n) (o anche parallelepipedo generato da v (1),..., v (n) ) l insieme Si noti che Π(v (1),..., v (n) ):={y R n : y = x j v (j) con 0 x j 1, 1 j n}. (4) j=1 Π(v (1),..., v (n) )=TK 1, ( T := [v (1),..., v (n) ],K 1 := [0, 1] n). (5) Identificando una n-pla di vettori 4 (v (1),..., v (n) ) con la matrice T := [v (1),..., v (n) ], definiamo 0 (v (1),..., v (n) ) := mis(tk 1 ) = mis ( Π(v (1),..., v (n)), (6) e 5 (T ) := segno (det T ) 0 (T ). (7) Si noti che se det T =0,Π(T )è contenuto in uno spazio vettoriale di dimensione m<n e dunque, in tal caso, mis(π(t ))=0e (T ) = 0. Per dimostrare (1) basterà dimostrare che la funzione verifica 1), 2), 3) di (2) cosicché siavrà (T ) = det T e prendendo il modulo di tale relazione si otterrà (1). Dalla definizione di Π(v (1),..., v (n) ) segue immediatamente che Π(..., v (i),..., v (j),...) =Π(..., v (j),..., v (i),...) (8) e da (5) e da (7) segue immediatamente che, scambiando due vettori di posto, cambia segno: la proprietà 1) è verificata. E anche chiaro che Π(e (1),..., e (n) )=K 1 (9) e dunque (e (1),..., e (n) ) = 1 e cioè vale la proprietà 3). Più delicata è la verifica della linearità. Cominciamo col dimostrare che (av (1),..., v (n) )=a (v (1),..., v (n) ), (10) per ogni a R. Innanzitutto, se det[v (1),..., v (n) ] = 0 allora anche det[av (1),..., v (n) ]=0e al (10) segue dall osservazione fatta dopo la (7). Assumiamo quindi che det[v (1),..., v (n) ] 0 ed osserviamo che se p è un intero positivo, si ha che [0,p]={x 1 p :0 x 1 1} = 4 Si ricordi che n 2. 5 Useremo qui la convenzione che segno (0) = 0. p ( ) (i 1)+[0, 1] 2

e, dunque, Π(pv (1),v (2),..., v (n) ) := {x 1 pv (1) + x j v (j) : 0 x j 1} p = {(i 1+x 1 )v (1) + x j v (j) : 0 x j 1} p ( = (i 1)v (1) +Π(v (1),..., v (n) ) ). (11) L insieme nell ultima riga di (11) è formato dall unione di p insiemi di eguale misura (essendo la misura invariante per traslazioni) aventi in comune solo insiemi di misura nulla ( facce dei parallelepipedi): infatti, se T =[v (1),..., v (n) ]ese ( kv (1) +Π(T ) ) ( jv (1) +Π(T ) ) (12) con j k, esistono x, y K 1 tali che kv (1) + Tx = jv (k) + Ty, cioè, ( (j k)+t (y1 x 1 )+ (y i x i )v (i) =0. i=2 Dall indipendenza dei vettori v (i) segue che x i = y i per ogni i 2eche1 j k = x 1 y 1 il che implica j k =1eox 1 =0ey 1 =1oy 1 =0ex 1 = 1, cioè kv (1) + Tx e jv (k) + Ty appartengono alla faccia comune dei parallelipepide traslati in (12). Quindi, da (11) segue che la misura di Π(pv (1),v (2),...) è p volte la misura di Π(v (1),v (2),...); cioè 0 (av (1),..., v (n) )=a 0 (v (1),..., v (n) ) (13) vale con a = p intero positivo. Ora se det T>0 da (13) segue la (10) e se det T<0, per (13) si ha che (av (1),..., v (n) ) = 0 (av (1),..., v (n) ) = a 0 (v (1),..., v (n) ) = a (v (1),..., v (n) ), (14) il che dimostra la (10) con a = p N + per ogni T. Ora, (v (1),..., v (n) )= (p 1 p v(1),..., v (n) )=p ( 1 p v(1),..., v (n) ) (15) e quindi (dividendo la (15) per p, si vede che) (10) vale anche per a = 1 con p intero positivo. Combinando questi due fatti si ottiene subito che (10) vale per a numero razionale p positivo. Dopodiché osservando che, se 0 <α<β Π(αv (1),..., v (n) ) Π(βv (1),..., v (n) ) (16) 3

si ottiene facilmente (13) per a (0, ): basta infatti considerare due successioni monotone di numeri razionali positivi, a i <a<a i che tendano, rispettivamente da sinistra e da destra al numero reale a, ed usare (10) per razionali positivi che insieme alla relazione (16) implica a i 0 (v (1),..., v (n) ) 0 (av (1),.., v (n) ) a i 0 (v (1),..., v (n) ) e prendendo il limite per i si ottiene (13) con a numero reale positivo. Da (13) segue la (10) quando det T>0 e, nel caso det T<0, la (10) per a>0 segue da (14). Per a = 0, (10) deriva immediatamente dalla definizione, essendo det[0,v (2),.., v (n) ]=0. Infine si noti che v (1) +Π( v (1),..., v (n) ) = {(1 x 1 )v (1) + x j v (j) : 0 x j 1} = Π(v (1),..., v (n) ) (17) e dunque, essendo il segno di det( v (1),..., v (n) ) opposto a quello di det(v (1),..., v (n) ), si ottiene (10) con a = 1. Infine se a è un numero reale negativo, a = a, si ottiene (av (1),..., v (n) )= ( a v (1),..., v (n) )=a (v (1),..., v (n) ), quindi (10) è vera per ogni a R. Usando la già dimostrata proprietà 1) si ottiene immediatamente che (v (1),..., av (j),..., v (n) )=a (v (1),..., v (n) ), (18) per qualunque 1 j n. Resta ora da dimostrare (v + w, v (2),..., v (n) )= (v, v (2),..., v (n) )+ (w, v (2),..., v (n) ). (19) Cominciamo col discutere un caso particolare di (19) e cioè v = v (1), w = v (2) (in qual caso il secondo addendo a destra di (19) è nullo per definizione di ): (v (1) + v (2),v (2),..., v (n) )= (v (1),v (2),..., v (n) ). (20) Se det T = det[v (1),..., v (n) ] = 0, la (20) è chiaramente vera. Assumiamo che det T>0e introduciamo i seguenti prismi D 1 := {x K 1 : x 2 x 1 }, D 2 := {x K 1 : x 2 x 1 }, D 3 := e (2) + D 1 (21) 4

e si noti che mis(d 1 D 2 ) = 0, mis(d 2 D 3 ) = 0; che Π(e (1),..., e (n) )=K 1 eche Π(e (1) + e (2),e (2),..., e (n) ) = {x 1 e (1) +(x 1 + x 2 )e (2) +, 0 x i 1} = {x 1 e (1) + ye (2) +, 0 x 1 1,x 1 y 1+x 1,...} = {x 1 e (1) + ye (2) +, 0 x 1 1,x 1 y 1,...} {x 1 e (1) +(1+y)e (2) +, 0 x 1 1, 0 y x 1,...} = D 2 ( ) e (2) + D 1 =: D2 D 3 (22) Si ricordi anche che, se T =[v (1),..., v (n) ], Te (i) = v (i) e che, per ogni A Mat(n n), AT =[Av (1),..., Av (n) ]eaπ(t )=Π(AT ). Quindi, Π(v (1),..., v (n) )=TK 1 = TD 1 TD 2, Π(v (1) + v (2),v (2),..., v (n) )=Π ( Te (1) + Te (2),Te (2),..., T e (n)) =Π ( T [e (1) + e (2),e (2),..., e (n) ] ) = T Π(e (1) + e (2),e (2),..., e (n) ) = TD 2 TD 3 = TD 2 (v (2) + TD 1 ). Quindi, poiché mis(td 1 TD 2 ) = 0 e mis(td 2 TD 3 ) = 0 (essendo x Tx derivabile) e poiché la misura è invariante per traslazioni, si ottiene mis (Π(v (1) + v (2),v (2),..., v (n) )) = mis(td 2 ) + mis(td 3 ) = mis(td 2 ) + mis(td 1 ) = mis(td 1 TD 2 ) = mis (Π(v (1),v (2),..., v (n) ), il che dimostra (20) nel caso det T>0; poiché det[v (1) + v (2),v (2),...] = det[v (1),v (2),...], il caso det T<0 segue immediatamente. Combinando (20) con la proprietà 1) si ottiene (v (1) + v (j),v (2),..., v (n) )= (v (1),v (2),..., v (n) ) (23) per ogni 2 j n. Sia ora a un numero diverso da 0. Allora da (18) (con j =2)eda (20), si ottiene (v (1) + av (2),v (2),..., v (n) ) = 1 a (v(1) + av (2),av (2),..., v (n) ) = 1 a (v(1),av (2),..., v (n) ) = (v (1),v (2),..., v (n) ). (24) 5

Naturalmente per a = 0, l uguaglianza tra il primo e l ultimo membro di (24) è banalmente vera. Usando ancora la proprietà 1), otteniamo, per ogni 2 j n, e per ogni a R, (v (1) + av (j),v (2),..., v (n) )= (v (1),v (2),..., v (n) ) ; (25) da tale relazione segue facilmente che, per ogni a j, (v (1) + a j v (j),v (2),..., v (n) )= (v (1),v (2),..., v (n) ), (26) che equivale alla (19) nel caso in cui w appartenga allo spazio vettoriale generato da {v (j),j 2}. Naturalmente se v (2),..., v (n) sono linearmente dipendenti, (19) è banalmente vera, essendo entrambi i membri a sinistra e destra dell uguaglianza nulli. Assumiamo dunque w =: v (1), v (2),..., v (n) linearmente indipendenti, cosicché v (1),..., v (n) forma una base in R n. Allora esistono n costanti a i tali che v = n a i v (i) ed usando (25) ed (10), (v + w, v (2),..., v (n) ) = ( a i v (i) + v (1),v (2),..., v (n) ) = ((1 + a 1 )v (1) + a i v (i),v (2),..., v (n) ) i=2 = ((1 + a 1 )v (1),v (2),..., v (n) ) =(1+a 1 ) (v (1),v (2),..., v (n) ) = (v (1),v (2),..., v (n) )+ (a 1 v (1),v (2),..., v (n) ) = (v (1),v (2),..., v (n) )+ (a 1 v (1) + a i v (i),v (2),..., v (n) )) i=2 = (w, v (2),..., v (n) )+ (v, v (2),..., v (n) ). Questo completa la dimostrazione della proprietà 2) e quindi per quanto discusso sopra, vale (1). 6