Sandler AB, Schiller JH, Gray R, Dimery I, Brahmer J, Samant M, Wang LI, and Johnson DH. Retrospective evaluation of the clinical and radiograpich risk factors associated with severe pulmonary hemorrhage in first-line advanced, unresctable non-small-cell lung cancer treated with carboplatin and paclitaxel plus bevacizumab. J Clin Oncol, 27:1405-1412, 2009 Commento a cura di: Diego Cortinovis SC Oncologia Medica Ospedale S. Gerardo, Monza d.cortinovis@hsgerardo.org Introduzione L impiego di bevacizumab associato ad un trattamento chemioterapico standard quale carboplatino e paclitaxel è diventato uno standard of care in US in pazienti affetti da tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC) con istologia non squamosa in stadio avanzato (1). Tale risultato, come è noto, non è stato confermato totalmente da un secondo studio di Fase III randomizzato europeo in cui bevacizumab veniva associato al trattamento chemioterapico considerato standard quale cisplatino e gemcitabina (2). Questi due studi, unitamente a precedenti esperienze di Fase II (3), hanno tuttavia valorizzato l impiego di un agente anti-vegf in prima linea nel NSCLC. Ciò che limita, oltre ai risultati parzialmente discordanti di prima linea, l impiego di bevacizumab nella pratica clinica è la possibile insorgenza di effetti collaterali che si sono resi manifesti a partire dagli studi di Fase II (3), in particolare il rischio di emorragia polmonare severa. Alcune condizioni cliniche tra cui l istologia squamocellulare sembrano essere maggiormente correlate all incidenza di emorragia polmonare severa (4) ed è per questo motivo che nei successivi studi di Fase III non sono stati inclusi pazienti con questo sottotipo istologico. Il presente studio rivisita in maniera retrospettiva, secondo una metodologia caso-controllo, alcuni dei fattori clinico-radiologici che possono essere correlati all evento emorragia polmonare in pazienti trattati con bevacizumab. Metodo L analisi ha riguardato i pazienti provenienti da un precedente studio di Fase II (3) e Fase III (1) (Figura 1) definendo come fattore di interesse la comparsa di emorragia polmonare di grado severo occorsa entro i 150 giorni dall inizio del trattamento con bevacizumab; come obiettivo secondario si sono considerati anche gli eventi emorragici polmonari tardivi (> 150 giorni). 1
Figura 1. N dei pazienti analizzati dallo studio di Fase II e III Sono state, inoltre, considerate alcune caratteristiche radiologiche nei pazienti che hanno sviluppato emorragia polmonare legate al tumore primitivo quali la posizione rispetto ai bronchi principali (centrale vs periferico); la presenza di cavitazione del tumore presente all inizio o in seguito al trattamento con bevacizumab; la valutazione del diametro massimo del tumore e dei linfonodi eventualmente presenti a livello mediastinico. Sono stati esclusi dall analisi tutti i pazienti che hanno manifestato episodi di emorragia polmonare chiaramente legata ad altri fattori come la progressione di malattia o eventi settici. Per l analisi è stato impiegato un disegno casocontrollo proveniente dalla stessa popolazione in studio. Risultati In relazione all obiettivo posto dallo studio sono stati individuati 6 casi di emorragia polmonare severa nello studio di Fase II e 7 casi in quello di Fase III.(Figure 2,3). 2
Figura 2 Caratteristiche cliniche dei pazienti con emorragia polmonare studio di Fase II Figura 3 Caratteristiche cliniche dei pazienti con emorragia polmonare studio di Fase III Dalla revisione dei dati dello studio di Fase III appare evidente come vi sia un associazione tra presenza di cavitazione tumorale evidenziata alla valutazione basale e la comparsa di emorragia polmonare severa con un odds-ratio di 9.6 (95% CI 0.86-107.64; p=.034). La comparsa di cavitazione tumorale successiva al trattamento è anch essa correlata a maggior rischio di sviluppo 3
di emorragia, in particolare per la comparsa di cavitazioni massive (> 49 mm) o coinvolgimento dei grossi bronchi. Nell analisi combinata dei due studi la cavitazione tumorale presente alla valutazione radiologica basale rimane l unico fattore di rischio che incrementa la possibilità di emorragia polmonare con un odds-ratio di 4.5 (95% CI, 0.73-28.33) anche se tale risultato non raggiunge la significatività statistica (p=.063). Commento L impiego del bevacizumab nel NSCLC è stato segnato sin dalle prime esperienze cliniche dalla presenza di effetti collaterali potenzialmente fatali tra cui l emottisi massiva. Tale effetto, in parte prevedibile per la natura stessa del farmaco che come sappiamo determina un potenziale squilibrio tra i fattori della neo-angiogenesi tumorale ma anche fisiologica, si era già reso manifesto in altri tumori, in particolare i tumori colo-rettali con evidenza di maggior rischio di emorragia gastro-enterica e perforazione (5). Nel NSCLC, inoltre, la peculiarità del rapporto anatomico che si crea tra tumore primitivo ed anatomia polmonare oltre al frequente coinvolgimento dei grossi vasi pone ad ulteriore rischio pazienti trattati con terapie anti-vegf. Un ulteriore complicanza propria del NSCLC è chiaramente emersa dallo studio di Fase II (3), ove si è osservato un legame tra emorragia polmonare e istologia squamocellulare. Questo fenomeno potrebbe essere spiegato da diversi fattori tra cui la maggiore propensione di questo istotipo a creare masse centrali coinvolgenti grossi bronchi e grossi vasi, oltre alla vascolarizzazione che come densità e struttura può essere differente da quella propria di un adenocarcinoma polmonare. Questo studio ha permesso di escludere nelle esperienze di Fase III (1,2) l istotipo squamocellulare. L esclusione di questi pazienti ha permesso di evidenziare una minore incidenza di emorragia severa che, nello studio di Sandler, si attesta al 2.3% dei pazienti trattati con bevacizumab. Nello studio AVAIL oltre all esclusione dei pazienti con istologia squamocellulare sono stati introdotti ulteriori correttivi che hanno ulteriormente selezionato la popolazione tra cui l esclusione dei tumori centrali o con coinvolgimento diretto di grossi vasi. Queste restrizioni, seppur oggettivamente non sempre semplici da applicare, hanno comportato un ulteriore riduzione degli eventi di sanguinamento polmonare che si attestano tra 1.2% e 0.9% a seconda della dose di bevacizumab impiegata (7.5 vs 15 mg/kg). Tale incidenza, per quanto superiore a quella osservata nel braccio di controllo senza bevacizumab (0.3%), non è statisticamente superiore a quella che ci si aspetterebbe di osservare in una popolazione affetta da NSCLC localmente avanzato/metastatico. Il presente studio ha una sua importanza in quanto cerca di evidenziare la presenza di alcuni fattori clinico/radiologici che possono essere impiegati nella pratica clinica per stimare il rischio di 4
emorragia fatale in pazienti che, al di là dei classici fattori di esclusione, possano beneficiare di bevacizumab. Un fattore sembra emergere chiaramente: la presenza di lesione cavitata ab initio. Questa caratteristica è tipicamente associata all istotipo squamoso ed è in parte spiegata dai fattori prima esposti; tuttavia anche l adenocarcinoma può presentarsi come lesione escavata (6). Un secondo fattore che si evidenzia da questa revisione è quello inerente il lasso temporale di insorgenza tra emorragia polmonare ed impiego di bevacizumab. La maggioranza degli eventi è infatti relativamente precoce, tra i 100 e 200 giorni dall impiego di bevacizumab, e sono probabilmente questi eventi precoci quelli realmente collegati all uso di anti-vegf. La ristretta minoranza di eventi oltre i 200 giorni è maggiormente legata a caratteristiche intrinseche della patologia polmonare trattata più che dovute alla terapia con bevacizumab. Un fattore che sembra non avere un ruolo predominante nell aumentare il rischio di emorragia polmonare fatale è la posizione centrale della malattia; sembra infatti che l emottisi come sintomo sia più da relazionare alla cavitazione rispetto al coinvolgimento dei grossi vasi polmonari. Tale conclusione, tuttavia, viene in parte ridiscussa dallo studio AVAIL che come già riportato non permetteva l inserimento di pazienti con masse centrali. Dalla rilettura di tutti gli elementi disponibili appare chiaro come l impiego di bevacizumab ed altri agenti che agiscono sull asse del VEGF (7,8) debba essere attentamente considerata nel NSCLC. Ad oggi sembrano emergere diversi fattori di rischio legati all impiego di bevacizumab: istologia squamocellulare, cavitazione tumorale basale, emottisi, tumore centrale (?), coinvolgimento di grossi vasi per infiltrazione, presenza di lesioni cerebrali, coagulopatie/impiego di anticoagulanti. Con questi fattori sembra difficile riuscire ad intravvedere un ruolo a largo spettro di un farmaco che, spenti gli entusiasmi iniziali, sembra essere meno maneggevole del previsto nel NSCLC. Alcuni studi stanno riconsiderando l impiego del farmaco nei soggetti con secondarismi cerebrali (9) e in quelle rare condizioni in cui tumori squamocellulari non si presentano in posizione centrale; mentre sembra essere più accettabile l utilizzo di questo farmaco in chi impiega terapie anticoagulanti croniche come l eparina a basso peso molecolare o antiaggreganti(10). Ciò che realmente manca è l individuazione di fattori predittivi che possano ulteriormente selezionare i pazienti (11) che, oltre ad un rischio calcolato di sviluppare effetti collaterali, ne derivino un reale vantaggio sulla sopravvivenza globale. 5
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