Esercizi per Casa corso di Elementi di teoria degli insiemi Dario Rancati-2016/2017

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1 Coppie ordinate Esercizi per Casa corso di Elementi di teoria degli insiemi Dario Rancati-2016/2017 ( Es.4.2 dispense 1) Notiamo innanzitutto che, se a = c e b = d, per il principio di estensionalitá vale (a, b) = (c, d). Supponiamo ora (a, b) = (c, d) {{a}, {a, b}} = {{c}, {c, d}}. Dovendo questi insiemi finiti coincidere, anche l intersezione di tutti gli elementi di ciascun insieme dovrá coincidere: questo implica {a} = {c}, che per estensionalitá implica a = c. Dividiamo ora in casi: se b = a allora (a, b) = {{a}} = (c, d) = {{c}, {c, d}} che implica {c, d} {{a}} che a sua volta implica d {a} che implica d = a = b, e similmente c = a, che coincide con la tesi in questo caso particolare. In modo del tutto analogo si tratta il caso c = d. Se a b e c d, allora per ciascuno dei due insiemi (a, b) e (c, d) l unione di tutti gli elementi a cui viene tolta l intersezione di tutti gli elementi deve coincidere (usiamo in modo cruciale l ipotesi a b e c d nella sottrazione di insiemi). Questo implica {b} = {d}, che per estensionalitá implica b = d. Definire (a, b) = {{a, }, {b, { }}} soddisfa a = c b = d (a, b) = (c, d). Notiamo innanzitutto che se a = c e b = d allora (a, c) = (b, d) per il principio di estensionalitá. Ora, se (a, b) = (c, d), abbiamo due casi notando che {a, } (c, d): se {a, } = {c, } allora dato che l unione degli elementi di questi insieme deve coincidere a = c. Altrimenti {a, } = {d, { }}, che per unione implica a = d { }, da cui imponendo l appartenenza di { } in {d { }, } si giunge ai due casi: d = { }, evidentemente assurdo, oppure d = da cui a = { }. Tornando all uguaglianza ({ }, b) = (c, ) imponendo l appartenenza di {b, { }} nell insieme a sinistra abbiamo che in entrambi i casi che si generano deve essere elemento di {b, { }} e quindi b = = d. In maniera del tutto analoga c = = a Torniamo ora alla divisione in casi originaria ed analizziamo i casi che si generano imponendo l appartenenza di {b, { }} in (c, d). Se {b, { }} = {c, } allora visto che l unione degli elementi deve coincidere abbiamo, ripetendo i passaggi svolti sopra per a e c, b = e c = { }, che soddisfano la nostra tesi procedendo come sopra. Altrimenti, se {b, { }} = {d, { }}, imponendo l apparentenza di b nel memebro di destra otteniamo o che b = d, che soddisfa la nostra tesi, oppure b = { }, che imponendo l appartenenza di d a sinistra porta a d = { } = b. Si chiede se (a, b) = {a, {a, b}} sia una buona definizione di coppia. Questa domanda é strettament collegata alle problematiche giá esposte nelle dispense sui paradossi che si generano da questa impostazione non assiomatica della teoria. Stacchiamoci quindi per un momento dalla suddetta, e adottiamo l approccio assiomatico che svilupperemo piú avanti nel corso per mostrare che questa é effettivamente una buona definizione di coppia. Innanzitutto notiamo che l assioma di estensionalitá assicura che a = c b = d (a, b) = (c, d). Mostriamo ora il viceversa: imponiamo {a, {a, b}} = {c, {c, d}}. Dall assioma di estensionalitá si ottiene allora a = c a = {c, d}. Analizziamo prima il secondo caso: esso si divide a sua volta, sempre per estensionalitá, in {a, b} = c {a, b} = {c, d}. Nel primo caso si ottiene a c e c a, cioé {a, c} non rispetta l assioma di regolaritá in quanto interseca ogni suo elemento. Nel secondo caso abbiamo a = {a, b} e quindi a a, ancora

2 contro regolaritá. Nel caso a = c notiamo che, dividendo ancora in casi, se {a, b} = c allora c c, contro regolaritá. Resta dunque il caso in cui {a, b} = {c, d}, che implica b = d ripetendo il ragionamento fatto due esercizi sopra, ossia considerando prima a parte i casi in cui due degli elementi sono uguali (casi che implicano, come sopra, la tesi) e poi imporre che visto che {a, b} = {c, d} e a = c e data la diversitá degli elementi possiamo operare una sottrazione insiemistica membro a membro e concludere per estensionalitá. Relazioni d ordine (Esercizio 5.10 dispense 1) Mostriamo prima di tutto che la minima differenza induce effettivamente un ordine: innanzitutto la proprietá irriflessiva risulta vera a vuoto, in quando non esiste il minimo k che soddisfa la condizione cercata. La proprietá asimmetrica risulta banalmente vera. Mostriamo dunque la transitivitá. Supponiamo f, g, h F un(n, N) e che f < g, g < h. Definiamo inoltre k = min {m f(m) g(m)} e n = min {m g(m) h(m)}. Se k = n la tesi risulta banale. Se n < k allora n coincide anche con il minimo valore per il quale f g, e visto che g(n) = h(n) la tesi risulta verificata. Simmetricamente si dimostra quando n > k, e dunque la minima differenza induce effetivamente un ordine. Questo ordine risulta banalmente essere totale, da cui la tesi. Assioma della Scelta (Esercizio 8.2 dispense 1) Mostriamo innanzitutto che l Assioma della Scelta implica la tesi. Per farlo mostriamo la doppia inclusione: iniziamo col mostrare i I j J F (i,j) f:i J i I F (i,f(i)). Sia x i I j J F (i,j). Vale allora che i jx F (i,j). Possiamo allora definire, per ogni i I, l insieme non vuoto J (i,x) = { j J x F (i,j) } J Ma adesso per mostrare quest inclusione basta notare che, per l Assioma della Scelta applicato alla famiglia degli insiemi J (i,x), x f x : I J t.c. f x (i) J (i,x) i I, e quindi x f:i J i I F (i,f(i)). Per mostrare l inclusione opposta, consideriamo y f:i J i I F (i,f(i)). Per mostrare la tesi, dobbiamo mostrare che i I j J t.c.y F (i,j). Ma per ipotesi esiste banalmente esiste F (i,f(i)) tale che y F (i,f(i), e dunque basta porre j = f(i). Mostriamo ora che la tesi implica l Assioma della Scelta. Lo mostreremo nella seconda delle cinque forme equivalenti mostrate nelle dispense, ossia che per ogni famiglia di insiemi esiste una funzione di scelta per la suddetta famiglia. Siano allora, nelle notazioni del problema, I una qualsiasi famiglia di insiemi non vuoti, J = F I F l unione di tutti i suoi elementi, la cui esistenza é assicurata dall omonimo assioma, e sia F (i,j) definito nel seguente modo: F (i,j) = { } se j i, e F (i,j) = altrimenti. Allora, i esiste banalmente un j tale che F (i,j), in quanto gli insiemi i I sono non vuoti. Allora i I j J F (i,j), ma allora f:i J i I F (i,f(i)), che implica che f : I J tale che F (i,f(i)) i I, il che significa per come abbiamo definito gli insiemi F (i,j) che f(i) i i, il che prova la tesi.

3 Equipotenza Mostrare che A B A C = A B C se B C =. Costruiamo una bigezione esplicita tra i due insiemi, pensati come insiemi di funzioni. Sia f : B A, g : C A e φ : A B A C A B C definita come { f(x) x B φ(x) = g(x) x C Notiamo che questa é una buona definizione in quanto B C =. φ risulta poi banalmente iniettiva e surgettiva, in quanto se φ(f, g) = φ(f, g ) confrontando queste funzioni sulle copie isomorfe di B e C dentro a B C risulta f = f e g = g grazie all intersezione vuota. Inoltre φ risulta surgettiva in quanto ogni funzione su un unione disgiunta si puó definire come funzione sulle copie isomorfe di B e C dentro a B C. Mostrare che (A B ) C = A B C. Costruiamo una bigezione esplicita tra i due insiemi: sia I l insieme delle funzioni dall insieme B all insieme A. Vogliamo costruire una mappa ψ che associ ad ogni funzione f : C I una funzione ψ(f) : B C A. Definiamo ψ(f)(b, c) = f(c)(b) (b, c) B C. Notiamo che questa risulta essere una buona definizione in quanto f é una funzione. Notiamo che ψ risulta iniettiva in quanto ψ(f)(b, c) = ψ(g)(b, c) (b, c) f(c)(b) = g(c)(b) (b, c) f(c) = g(c) c f = g. Inoltre, per ogni funzione h : B C A basta notare che la funzione T : C I tale che T (c)(b) = h(b, c) é tale che ψ(t ) = h. Pertanto ψ risulta essere bigettiva. (Esercizio 1.5 dispense 2) Per tutto l esercizio, siano A, B, C e D insiemi tali che A = C e B = D. Siano inoltre f e g due bigezioni fissate tra A e C e tra B e D, rispettivamente. 1. Definiamo una bigezione h tra A B e C D nel seguente modo: { f(x) x A h(x) = g(x) x C notiamo che, per le condizioni di non intersezione nell ipotesi, questa risulta essere una buona definizione. f e g sono surgettive, quindi anche la funzione h risulta surgettiva. Inoltre vista l ipotesi di disgiunzione di A e C h(x) = h(y) x, y A x, y C e l iniettivitá segue da quella di f e g, da cui la bigettivitá. 2. Definiamo una bigezione h tra A B e C D nel seguente modo: h(a, b) = (f(a), g(b)) (a, b) A B. La bigettivitá segue dal fatto che f e g sono bigezioni. 3. Sia φ F un(a, B). Definiamo ψ : F un(a, B) F un(c, D) come ψ(φ)) = g φ f 1. L iniettivitá segue dal fatto che, se ψ(x) = ψ(y) allora, componendo a destra f e a sinistra g 1, si ottiene x = y. Per la surgettivitá basta notare che ψ(g 1 φ f) = φ φ F un(c, D). 4. Per mostrare la tesi basta mostrare che, detta f : A B, la corrispondente funzione g indotta da f da P(A) a P(B) conserva iniettivitá e suriettivitá. Per l iniettivitá basta notare che f non iniettiva x, y t.c x y f(x) = f(y) g({x}) = g({y}), quindi g non iniettiva. Viceversa, se g é iniettiva allora lo é su tutti i singoletti, da

4 cui f é iniettiva. Per la suriettivitá, notiamo che f suriettiva implica che, per ogni C B, B = g(f 1 (x) f(x) C). (Esercizio 2.4 dispense 2) Vogliamo dimostrare che il segno tra cardinalitá é un ordine parziale. La riflessivitá segue banalmente dal fatto che l identitá é iniettiva. L antisimmetrica é precisamente l enunciato del Teorema di Cantor-Bernstein. La transitiva dalla proprietá generale che, se f : A B e g : B C sono entrambe iniettive, allora g f : A C é iniettiva. (0, 1) = [0, 1]. Notiamo che l ovvia immersione f : (0, 1) [0, 1] tale che f(x) = x risulta banalmente iniettiva. Notiamo inoltre che la funzione g : [0, 1] (0, 1) tale che g(x) = 2x+1 4 é ben definita in quanto 0 < 2x+1 4 < 1 x [0, 1] ed é inoltre banalmente iniettiva. La tesi segue allora dal teorema di Cantor-Bernstein. (0, 1] = [0, 1] Le stesse funzioni dell esercizio precedente risolvono anche questo esercizio per Cantor-Bernstein (cioé l immersione ovvia e 2x+1 4 ). (a, b) = (0, 1) Notiamo che la funzione f : (a, b) (0, 1) definita come f(x) = 2x 2a+1 8(b a) é ben definita (cioé ha l immagine contenuta in (0, 1)) ed é banalmente iniettiva (basta porre f(x) = f(y)). Inoltre la funzione g : (0, 1) (a, b) definita come g(x) = (x+a)(b a) 2 é anch essa ben definita ed iniettiva. R = (0, 1) L immersione ovvia di (0, 1) in R risulta banalmente iniettiva. Consideriamo ora la mappa h : R (0, 1) definita da h(x) = tan 1 x 2π Essa risulta ben definita ed iniettiva (in realtá bigettiva, ma ci basta iniettiva) e possiamo concludere usando Cantor-Bernstein. Mostriamo per induzione su k che N = N k. Il passo base con k = 1 é banale, quello con k = 2 é svolto sulle dispense (cenno: si consideri h : N 2 N t.c.h(a, b) = 2 a (2b + 1)). Mostriamo dunque il passo induttivo k = k + 1, ricordando che come dimostrato in un esercizio precedente A B = C D se A = C e B = D. N k+1 = N k N Hp.Ind Lemma = N N base P asso = N Se X é infinito e X Y é finito, allora X = Y = X Y = X Y. Ricordiamo che, se A é infinito e B finito, allora A \ B = A B = A. A questo punto, notiamo che X = (X Y ) (X \ Y ), Y = (X Y ) (Y \ X) e X Y = (X Y ) (X Y ), da cui poiché X \ Y, Y \ X X Y e sono dunque finiti segue la tesi applicando il lemma sopra enunciato. Se A = B = N allora A B = N. Innanzitutto, se B \ A é finito, allora basta applicare l esercizio 3.7 delle dispense notando che A B = A (B \ A). Almtrimenti, supponiamo che sia A \ B che B \ A siano infiniti. Sia allora f una bigezione tra N ed A, e g una tra N e B \ A. Allora se definiamo { f( n h(n) = 2 ) n = 2k g( n+1 2 ) n = 2k + 1

5 essa risulta essere una bigezione. Cardinalitá del continuo Dobbiamo studiare la cardinalitá di diversi insiemi: li svolgiamo in ordine armbitrario, in quanto alcuni di essi ci serviranno per altri di essi. 1. F un(n, R) = R. Notiamo che l insieme di cui cerchiamo la cardinalitá é R N, e applicando i lemmi dimostrati in precedenza ( e ricordando che R 2 N per l isomorfismo indotto dalla scrittura in binario dei reali in (0, 1) composto con l isomorfismo tra R e (0, 1)) si ha R N = (2 N ) N = 2 N N = 2 N = R. 2. F un(n, N) = R. Notiamo che c é un iniezione da R in F un(n, N) ottenuta componendo l isomorfismo tra R e (0, 1) con l iniezione che manda ogni reale tra 0 e 1 nella sequenza di 0 e 1 corrispondente alle cifre dopo la virgola nella sua rappresentazione in binario, con l imposizione che non ci siano mai sequenze infinite di 1. D altro canto c é una banale iniezione da F un(n, N) a F un(n, R), che composta con l isomorfismo ( la cui esistenza abbiamo dimostrato al punto precedente) tra F un(n, R) e R ci porta alla tesi per Cantor-Berstein. 3. Le parti finite di R e le sequenze finite di R hanno cardinalitá del continuo: esistono due banali iniezioni da R in questi insiemi. D altro canto esistono delle altrettanto banali iniezioni da questi insiemi in F un(n, R) (ottenute nel caso delle parti finite ordinando dal minore al maggiore li elementi e completando con infinite copie di 1 2 la funzione, usando l ordine naturale della sequenza e sempre completando con 1 2 nell altro caso). Componendo con l isomorfismo la cui esistenza abbiamo dimostrato sopra arriviamo alla tesi. 4. Le parti numerabili di R hanno cardinalitá del continuo. Un iniezione da R + in lui é quella che si ottiene mandando un reale λ in {kλ k Z}. C é poi una banale iniezione da lui in F un(n, R): componendo questa con l isomorfismo tra F un(n, R) e R mostrato sopra e poi con quello tra R e R + si arriva alla tesi per Cantor-Bernstein. 5. Le parti al massimo numerabili di R hanno cardinalitá del continuo: basta notare che il suddetto insieme é dato dall unione delle parti finite e delle parti numerabili, che sono entrambi insiemi con cardinalitá del continuo. Che l unione di due insiemi con cardinalitá del continuo abbia cardinalitá del continuo si puó dimostrare a partire dagli isomorfismi mostrati nel capitolo sull equipotenza: basta costruire un isomorfismo tra il primo insieme e (0, 1), tra il secondo e [1, 2), comporli sull unione e applicare all unione un isomorfismo tra (0, 2) e R. (Esercizio 4.4 Dispense 2) Fissiamo una suriezione g : R I e, per ciascun insieme A i definiamo l insieme non vuoto F i = {f f : R A i suriettiva }, non vuoto per ipotesi. Per l Assioma della Scelta esiste allora una I-sequenza di funzioni {f i } i I i I F i. Definiamo ora F : R R i I F i come F (r, s) = f g(r) (s). Avendo R R cardinalitá del continuo ci basta dimostrare F suriettiva. Se a i I F i allora esiste j I tale che

6 a A j. Allora per la suriettivitá di g esiste r tale che g(r) = j. Allo stesso modo ora per la suriettivitá di f j esiste s tale che f g(r) (s) = F (r, s) = a, il che conclude. (Esercizio 4.6 dispense 2) Notiamo innanzitutto che la mappa C che associa ad ogni reale x la funzione costante c x (y) x é iniettiva. Per concludere usando il teorema di Cantor-Bernstein ci basta allora costruire un iniezione dalle funzione continue dai reali in sé ai reali. Consideriamo la funzione Λ : C 0 (R) R Q che associa ad ogni funzione f la sua restrizione all insieme dei numeri razionali. Tale mappa é chiaramente iniettiva in quanto i razionali sono densi nei reali e pertanto una funzione continua é univocamente determinata dalla sua restrizione ai razionali. Inoltre R Q = R N N = R N = R, che quindi conclude considerando come iniezione Λ composta con l isomorfismo indotto da questa uguaglianza. (Esercizio 4.7 dispense 2) Notiamo che una base della topologia del piano é costituita dalle palle con centro razionale e raggio razionale. Considerando quindi la mappa Ψ : Q Q Q + O(R R) che associa alla terana (p, q, r) la palla di centro (p, q) e raggio r, essa é chiaramente iniettiva. Ma allora O(R R) = P(Imm(Ψ)), cioé per l iniettivitá di Ψ e per il fatto che sia Q che Q + sono numerabili: O(R R) = P(Imm(Ψ)) = 2 Imm(Ψ) = 2 Q Q Q+ = 2 N N N = 2 N = R Mostriamo senza assioma della scelta che se c é una suriezione da N in un insieme X allora c é una funzione iniettiva da X a N. Notiamo che la tesi é banalmente vera se X é finito. Supponiamo allora X infinito, e sia f la funzione suriettiva da N a X che esite per ipotesi. Definiamo allora g : X N come g(x) = min {n N f(n) = x}. Notiamo che questa é una buona definizione per la suriettivitá di f, e l iniettivitá di g segue banalmente dal fatto che f é una funzione. A R A N = R\A é denso. Supponiamo per assurdo R\A non sia denso. Allora esiste U aperto di R che non lo interseca, il che vuol dire che U A. Ma allora dentro A sta una palla aperta, che é un insieme di cardinalitá del continuo, il che é assurdo. Funzioni limitate da N a N. Un iniezione da R il lui si ottiene componendo l isomorfismo tra R e (0, 1) con l iniezione indotta considerando la scrittura in binario di ciascun numero tra 0 e 1 imponendo che non vi siano sequenze infinite di 1. Per l iniezione dalle limitate in R consideriamo l iniezione ovvia delle limitate in N N, che ha cardinalitá del continuo. La tesi segue per il teorema di Cantor Bernstein. f : N R con limite finito: un iniezione dei reali in questo insieme si ottiene associando ad ogni reale λ la funzione costante c λ λ. Un iniezione di questo insieme nei reali si ottiene considerando l immersione ovvia di questo insieme in R N componendola con l isomorfismo tra le sequenze di reali ed i reali. f : N R con limite infinito: per trovare un iniezione da questo insieme in R usiamo lo stesso ragionamento dell esercizio precedente. Per trovare un iniezione da R in lui consideriamo un isomorfismo tra R e (1, ) composto con la mappa che manda ogni reale λ nella sequenza { λ i}.

7 Assiomi di ZFC Mostriamo che esiste l intersezione di una famiglia arbitraria F di insiemi a partire dai primi 6 assiomi della teoria. Innanzitutto notiamo che per l assioma dell unione esiste l insieme Y che é unione di tutti gli insiemi della famiglia. Adesso notiamo che, dati due insiemi A e B, per l assiona di separazione esiste in complementare di B in A A \ B = {x A x B}. Notiamo che adesso dalla famiglia F possiamo costruire la famiglia dei complementari: innanzitutto per l assiona della potenza esiste P(Y ), e per l assioma di separazione esiste la famiglia G = {Z P(Y ) S F!Z = Y \ S!}, dove la parte tra i punti esclamativi sottointende la formula per il complementare scritta sopra. Allora l intersezione della famiglia F esiste applicando l assioma dell unione alla famiglia G. (Esercizio 2.3 dispense 3) 1. Diamo per scontata l esistenza del prodotto cartesiano e della coppia ordinata, oltre che delle formule che le definiscono, in quanto riportate sulle dispense. L esistenza dell insieme dominio segue dall assioma di separazione, in quantodomr = {a A b(b B (a, b) R)}. Allo stesso modo l esistenza dell immagine segue da separazione, in quanto immr = {b B a(a A (a, b) R)}. 2. Per l assioma della potenza esiste l insieme P(A). L esistenza del quoziente segue allora dall assioma di separazione, in quanto possiamo scrivere A/ = {B P(A) b a(b B a A (a, b) )} 3. Mostriamo che esiste il prodotto di una sequenza A i di insiemi. Diamo per scontata l esistenza dell insieme delle funzioni da un insieme ad un altro, esercizio sulle dispense non assegnato per casa. Innanzitutto per l assioma dell unione esiste l unione X di tutti gli insiemi della sequenza. Allora lesistenza del prodotto segue dall assioma di separazione, in quanto i I A i = {f Fun(I, X) i I(f(i) A i )} Mostrare che b = {, {{ }}} ω. Come mostrato nelle dispense, se x, y ω e x y allora ˆx ŷ. Abbiamo b, che implicherebbe { } ˆb. Ma ˆb = {, {{ }}, {{, { }}}}, da cui la tesi. Dimostrazione della tricotomia per l appartenenza in ω. Innanzitutto notiamo che, se x y e x = y avremmo x x, contro antiriflessivitá. La stessa conclusione vale se y x e x = y, e anche se x y y x applicando transitivitá. Mostriamo che una di quelle tre si verifica sempre. Definiamo un numero confrontabile se vale P (y) : x ω(x y y x y = x) ed applichiamo il principio di induzione alla proprietá P. Il passo base per y = 0 é vero poiché, se y 0, segue dalla proposizione 3.6 delle dispense che 0 y. Consideriamo ora il passo induttivo: supponiamo la tesi vera per y e mostriamola per ŷ. Dividiamo in casi: fissato x ω, se x y x = y allora x ŷ. Se y x, allora ŷ ˆx, da cui ŷ x ŷ = x, che conclude.

8 La funzione successore é una bigezione tra ω e ω \{0}. Innanzitutto S esiste per l assioma di separazione, in quanto S = {(x, y) ω ω y = ˆx}. Supponiamo ora ˆx = ŷ, allora x ŷ = n m o n = m. Simmetricamente m n o m = n. Se m n allora m m, assurdo. Quindi S é iniettiva. Per dimostrare la surgettivitá, mostriamo per induzione che n ω vale n 0 = ( m n ˆm = n). Per n = 0 la tesi é vera in quanto la premessa é falsa. Se supponiamo la tesi vera per n e vogliamo mostrarla per ˆn, si ha che visto che esiste m n tale che ˆm = n, ˆm ˆn e ˆm = ˆn, da cui ˆm soddisfa. (Esercizio 3.10 dispense 3 punti 1, 2, 3, 6) 1. Mostriamo la tesi per induzione su m. Se m = 0 la tesi é vera a vuoto. Altrimenti, supponiamo la tesi vera per m: n ˆm (n m n = m). Se n m la tesi segue per ipotesi induttiva visto che n m = n ˆm, ed é chiaramente vera anche se n = m. La tesi é quindi dimostrata. 2. Mostriamo ancora la tesi per induzione su m: se m = 0 la tesi é vera a vuoto. Altrimenti, supponiamola per m e mostriamola per ˆm: ˆn ˆm = ˆn ˆm ˆn = ˆm. Nel secondo caso poiché il successore é una bigezione n = m e quindi n ˆm. Altrimenti, per ipotesi induttiva n m, ma allora n ˆm, da cui la tesi. 3. Mostriamo la tesi per induzione su n: per n = 0 é vera a vuoto. Altrimenti, supponiamola per n e mostriamola per ˆn: si ha che x ˆn = x n x = n. Nel primo caso concludiamo per ipotesi induttiva, nel secondo perché per ipotesi n ω. 4. Supponiamo per assurdo esista m ω tale che n m ˆn. Allora, da m ˆn abbiamo m = n m n, ma entrambi i casi sono assurdi per tricotomia dell appartenenza in ω, il che conclude. (Teorema 3.11 dispense 3, 2 = 3 e 2 = 1) Mostriamo che il principio di induzione forte implica quello del Buon ordinamento: suppopniamo per assurdo esista X N (nelle notazioni del testo del problema) che sia non vuoto e senza minimo. Consideriamo ora la proprietá P (x) : x X. Vale ovviamente P (0), perché qualsiasi insieme contenente 0 ha minimo (che é proprio 0). Adesso prendiamo un qualsiasi x X, che esiste in quanto X non é vuoto, e notiamo che se y < x y X allora x X, perché in quel caso x sarebbe il minimo. Abbiamo quindi le ipotesi per applicare l induzione forte, e dedurre che x x X = X =, assurdo. Notiamo inoltre che l implicazione induzione forte = induzione debole é del tutto ovvia posta l ipotesi che ogni elemento ha un successore. Insiemi finiti (Esercizio 1.11 dispense 4) 1. Se A e B sono finiti, allora A B é finito in quanto A B A, e la tesi segue dalla proposizione 1.3 delle dispense 4. A B é finito in quanto, supponendo senza perdita di generalitá A B, allora A B 2 A. da cui esiste una funzione iniettiva da A B ad A A (che si intende l unione disgiunta di copie isomorfe di A), cioé A B é isomorfo ad un sottoinsieme di A A, che é finito, e si conslude ancora con la proposizione 1.3. A B a questo punto é finito in quanto isomorfo all unione

9 disgiunta di B copie di A. B A é finito in quanto isomorfo al prodotto cartesiano A volte di B. P(A) é poi in bigezione con l intero 2 A (un modo per farlo é ordinare gli elementi di A, associare ad un sottoinsieme la sua funzione caratteristica come stringa di 0 e 1 e leggerla come numero scritto in base 2). 2. Essendo l immagine finita e R finita, per ogni y imm(r) possiamo scegliere un elemento (a, y) R. L immagine é quindi in bigezione con un sottoinsieme di R, che é un insieme finito. La stessa cosa possiamo fare per il dominio, scegliendo per ogni x nel dominio una coppia (x, b) R. 3. Che l unione di una famiglia finita di insiemi finiti segue per induzione sulla cardinalitá della famiglia usando come passo base quanto dimostrato al punto 1 sull unione di due insiemi. Mostrare che un insieme é infinito é equipotente ad una delle sue parti. L implicazione = segue banalmente dalla proposizione 1.9 delle dispense 4. Per l altra, ricordiamo che se X é infinito allora contiene un sottoinsieme isomorfo ai numeri naturali. Sia allora S = {a 1, a 2, }. Detti allora S 1 = {a 2k+1 k N} e S 2 = {a 2k+2 k N}, vale S = S 1 S 2. S é ora chiramente in bigezione con S 1. Vale quindi che siccome X = S X \ S = X = S 1 X \ S = X \ S 2, come volevasi dimostrare. Ordini e Buoni ordini Mostriamo che se (A, <) é un ordine totale allora ogni sottoinsieme finito ha un elemento minimo. Procediamo per induzione sulla cardinalitá n di un sottoinsieme. Se n = 0, 1 la tesi é banalmente vera. Altrimenti, supponiamo la tesi vera per i sottoinsiemi di cardinalitá n, e mostriamola per quelli di cardinalitá n + 1. Sia A un tale sottoinsieme, e consideriamo un suo elemento a. A\{a} = n, dunque ammette minimo m per l ipotesi induttiva. Adesso se m < a m é minimo anche di A, altrimenti per transitivitá a é il minimo cercato: in entrambi i casi si giunge alla tesi. Mostriamo che (n, <) con n ω é un buon ordine. Mostriamo la tesi per induzione su n. (ˆn, <) = (n {n}, <). Detto A un sottoinsieme di ˆn, abbiamo due casi: se A n la tesi segue per ipotesi induttiva. Altrimenti {n} A, ma y ˆn y {n} y n, da cui {n} > y y e quindi il minimo ceracto concide con quello di A \ {n} Mostriamo che se (A, <) é un insieme ordinato finito e A = n allora (A, <) = (n, < ). Mostriamo la tesi per induzione su A : per A = 0, 1 la tesi é banalmente vera. Supponiamola per n e mostriamola per n + 1. Per il primo esercizio del paragrafo A ha massimo (in realtá abbiamo mostrato che ha minimo, ma la dimostrazione é identica), e sia esso a. Allora A \ {a} = n, ed esso é quindi isomorfo a (n, <) con isomorfismo φ. Ma {n} é il massimo di ˆn, quindi possiamo estendere questo isomorfismo ad un isomorfismo ˆφ da A ad ˆn ponendo ˆφ(a) = {n}. Mostriamo che se (A, <) é un buon ordine finito allora esiste una funzione da ω ad A che preserva l ordine. Dall esercizio precedente sappiamo che, detto n = A, esiste un

10 isomorfismo φ di ordini tra n ed A. Ci basta allora porre, detto a il massimo di A { φ(m) m n ˆφ(m) = a m > n (Proposizione 7.5 dispense 1) Detta F la famiglia in questione, per l assioma dell unione esiste l unione X di tutti i suoi insiemi. Per la compatibilitá della famiglia possiamo dotare X di un ordine parziale. Dati a, b X, siano A, B F tali che a A e b B. Per compatibilitá possiamo supporre che (A, < A ) (B, < B ): allora aeb sono confrontabili in B, e a maggior ragione lo sono nell unione X. (Proposizione 1.8 dispense 5) Sia X l unione di tutti gli elementi della famiglia F, che esiste per l omonimo assioma, sul quale possiamo definire un ordine < per la proprietá di segmento iniziale degli insiemi della famiglia. Sia Y X non vuoto. Fissiamo y Y, e sia (A, < A ) un insieme che lo contenga. Se y fosse giá il minimo di Y avremmo finito. Nell altro caso x < y consideriamo (B, < B ) tale che x B. Poiché uno tra A e B é segmento iniziale dell altro sappiamo che x A. Per cui ogni elemento dell unione X minore di y sta in A, da cui anche tutti gli elementi di Y minori di y stanno in A: chiamiamo S questo insieme. In quanto S A, e A é ben ordinato, A ha minimo, che coincide col minimo di Y nell unione. Dunque segue la tesi. (Proposizione 1.9 dispense 5 punti 2 e 3) Per mostrare che A non é isomorfo ad alcun segmento iniziale proprio A a, basta notare che se esistesse una funzione φ : A A a che preservi l ordine, si avrebbe φ(a) A a = φ(a) < a, che é assurdo per il punto della proposizione 1.9. Questo implica anche che segmenti iniziali diversi non possano essere isomorfi, in quanto se b < a A b sarebbe segmento iniziale di A a che é bene ordinato, contro quanto appena dimostrato. (Proposizione 1.15 dispense 5) Supponiamo per assurdo di avere ot(b) > ot(a). Allora A sarebbe isomorfo ad un opportuno segmento iniziale B b di B. Chiamiamo f tale isomorfismo: questa é una funzione su A che preserva l ordine, dunque f(b) b B b, assurdo. Teoria delle classi Mostriamo che {B B = A } é una classe propria. Se per assurdo fosse un insieme, per l assioma dell unione l unione T di tutti i suoi elementi sarebbe un insieme. Adesso, ogni insieme X appartiene ad un insieme di cardinalitá A : se A é infinito consideriamo {X} A, altrimenti se A = n ω consideriamo {X} (n 1). Pertanto l unione degli elementi conterrebbe tutti gli insiemi, che sappiamo essere assurdo per l assioma di separazione. Mostriamo che {B Bbeneordinato, (B, < B ) = (A, < A )} é una classe propria. Come nell esercizio precedente, supponiamo per assurdo sia un insieme, prendiamo l unione di tutti gli elementi e consideriamo, se A infinito, l insieme {X} A dove imponiamo che {X} sia massimo globale e, se A = n, {X} (n 1) sempre con {X} imposto massimo

11 Ordinali globale. Questi insiemi sono ovviamente bene ordinati, e come prima segue un assurdo per l assioma di separazione.

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