Elementi di Teoria degli Insiemi
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- Italo Catalano
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1 Esercizi di Elementi di Teoria degli Insiemi A.A. 2017/2018 Cristofer Villani mat Parte I. Esercizio 1. Definita (a, b) := {{a}, {a, b}}, vale (a, b) = (a, b ) a = a b = b. Soluzione. ) (a, b) = {{a}, {a, b}} = {{a }, {a, b }} = (a, b ); ) Supponiamo a b; allora da {{a}, {a, b}} = {{a }, {a, b }} segue necessariamente {a} = {a }: dovrebbe essere, altrimenti, {a} = {a, b }; ma questo implicherebbe a = a = b, e allora varrebbe (a, b ) = {{a }}, da cui, in particolare {a, b} = {a }, cioè a = a = b, contro l ipotesi. Ma da {a} = {a } viene immediatamente a = a. A questo punto, è chiaramente {a, b} = {a, b } = {a, b }, da cui b = b. Nel caso, invece, sia a = b, (a, b) = (a, a) = {{a}} e (a, b ) = (a, a ) = {{a }}: ne segue subito a = a, cioè b = b. Esercizio 2. Sono equivalenti i. l assioma della scelta, secondo cui data una sequenza < A i i I > di insiemi non vuoti, i I A i ; ii. se F è una famiglia non vuota di insiemi non vuoti, esiste una funzione di scelta f con domf = F t. c. A F f(a) A; iii. se F è una famiglia non vuota di insiemi non vuoti a due a due disgiunti, esiste un insieme di scelta X t.c. A F! a A X; iv. ogni funzione surgettiva ha inversa destra, cioè f : A B surgettiva g : B A t.c. f g : B B è la funzione identica; v. data una sequenza < A ij (i, j) I J > di insiemi A ij = i I j J f:i J i I A if(i) 1
2 Soluzione. Dimostriamo, innanzitutto, l equivalenza delle prime quattro formulazioni, con la seguente catena di implicazioni: i. ii.) È immediata: basta identificare F con < A i i I > per ottenere che, se esiste f di scelta, essa appartiene per definizione a i I A i che, quindi, è non vuoto e, al contrario, se quest ultimo non è vuoto, l elemento che esso contiene è proprio una funzione di scelta; ii. iii.) Anche questa è chiara: presa U = A F A l unione degli insiemi della famiglia, esiste, per ipotesi, una f : P(U)\{ } U di scelta: allora, in particolare, l insieme X = {f(a) A F} contiene un elemento di A A F; il fatto che gli elementi di F siano disgiunti porta alla tesi; iii. iv.) Possiamo prendere F = {f 1 (b) b B}, la famiglia delle controimmagini degli elementi di B secondo f: il fatto, noto, che esse siano una partizione dell insieme A soddisfa le ipotesi della iii.; allora è chiaro che, detto X l insieme di scelta, la funzione g : B A che associa a ogni elemento b B l unico elemento di f 1 (b) X ha la proprietà che (f g)(b) = b b B, ovvero f g = id B. iv. i.) Consideriamo la funzione f : i I A i {i} I che manda ogni coppia (a, i) nell i corrispondente. g è chiaramente surgettiva, essendo gli A i non vuoti, e per la iv. ammette un inversa destra, diciamo g. Allora, basta considerare h : i I A i {i} i I A i tale che (a, i) h a, per trovare che h g i I A i ottenendo la tesi. In ultimo, dimostriamo, con un po più di attenzione, che i. e v. sono equivalenti. ) Escluso il caso banale, in cui uno dei due insiemi nella v. sia vuoto, si tratta di mostrare, supposta vera la i., la doppia inclusione tra i membri dell uguaglianza. ) Notiamo che, per quest inclusione, non c è bisogno dell ipotesi: infatti, sia a f:i J i I A if(i) ciò vuol dire che f : I J tale che, i I, A if(i) a. Ma, allora, basta prendere j = f(i) per avere la tesi. 2
3 ) Sia, stavolta a i I da cui i I j J tale che a A ij. Cioè, i I, non é vuoto J i = {j J a A ij }. Allora, per la i., vale J i i I e pertanto f : I i I J i J tale che f(i) J i : per come abbiamo definito i J i, questo è proprio quanto volevamo. ) Al contrario, supponiamo vera la v., mostrando che allora segue la i.. Per farlo, consideriamo la sequenza < F ij (i, j) I J > definita da { {1} se j Ai F ij = {0} se j A i Per il fatto che gli A i sono non vuoti, 1 A ij 1 i I j J j J A ij f:i J i I A if(i) cioè, f : I J tale che, i I, 1 B if(i), ovvero f(i) A i, che è proprio la i.. Esercizio 3. A = B P(A) = P(B) Soluzione. Per ipotesi, f : A B bigettiva. Sia ˆf : P(A) P(B) t.c. X A ˆf(X) = f(x). Allora, ˆf è iniettiva. Infatti, presi X, Y P(A), sia ˆf(X) = ˆf(Y ). Per definizione di ˆf, è f(x) = f(y ). Supponiamo ora che y Y y / X. Allora, siccome f(y) f(x), z X t.c. f(z) = f(y), ma ciò va contro l iniettività di f; quindi Y X e, simmetricamente, X Y, cioè X = Y. ˆf è suriettiva. Sia Z P(B). Per la surgettività di f, z Z a A f(a) = z. Allora, detto W = {a A f(a) Z}, vale Z = f(w ) = ˆf(W ), da cui la tesi. Pertanto, ˆf è una bigezione e dimostra l implicazione. Esercizio 4. Siano A, B, A, B, C insiemi, e Fun(A, B) = B A := {f funzione f : A B}. Allora: i. A = A, B = B, A B = A B = A B = A B ; ii. A = A, B = B A B = A B ; iii. A = A, B = B F un(a, B) = F un(a, B ) ; iv. (A B ) C = A B C ; 3
4 v. B C = A B A C = A B C. Soluzione. i. Per ipotesi, f : A A, g : B B bigezioni. Sia h : A B A B t.c. h(x) = { f(x) se x A g(x) se x B Essa è ben definita, essendo A B = ; poiché, inoltre, f, g sono bigezioni e A B =, è banale vedere che h è bigettiva; ii. Per ipotesi, f : A A, g : B B bigezioni. Sia h : A B A B tale che h(x, y) = (f(x), g(y)); allora h è iniettiva. h(x, y) = h(x, y ) (f(x), g(y)) = (f(x ), g(y )) f(x) = f(x ) g(y) = g(y ); da cui, per l iniettività di f e g, x = x, y = y. h è suriettiva. Sia (a, b) A B; per la surgettività di f, g, x A f(x) = a, y B g(y) = b: perciò, (a, b) = (f(x), g(y)) = h(x, y). iii. Per ipotesi, f : A A, g : B B bigezioni. Consideriamo F : F un(a, B) F un(a, B ) tale che, data h : A B x h h(x) x A, definiamo F (h) : A B f(x) F (h) g h(x) x A. Osserviamo innanzitutto che, essendo f bigettiva, F è ben definita. Inoltre F è iniettiva. Prendiamo h, h F un(a, B) F (h) = F (h ). Allora, a A, F (h)(a) = F (h )(a), ovvero, per come abbiamo definito F, detto a = f(x), x A, g(h(x)) = g(h (x)); siccome g è iniettiva, vale h(x) = h (x) e, per la genericità di a, h = h. F è suriettiva. Sia k F un(a, B ). Si vede immediatamente che, presa k : A B tale che a A, f 1 k (a) (g 1 k )(a), si ha k = F (k). iv. Basta considerare la funzione ϕ : A B C (A B ) C che associa, a ogni f A B C, la funzione ϕ(f) = g : C A B che, c C, vale g(c) = h c : B A, definita in modo che h c (b) = f(b, c) per ogni b B. Dalla definizione di h c, al variare di c, risulta immediata la biiettività di ϕ. v. (f, g) A B A C, sia H : A B A C A B C tale che { f(x) x B H(f, g)(x) = g(x) x C Essendo B C =, H è ben definita, ed è chiaramente una bigezione. Esercizio 5. A N infinito A = ℵ 0. 4
5 Soluzione. Per il buon ordinamento di N, A ammette un minimo, diciamo n 0 ; diciamo poi n 1 il minimo di A \ {n 0 } e, induttivamente, n k il minimo di A \ {n 0,..., n k 1 }. Allora, la funzione f : N A t.c. f(k) = n k k N è la bigezione voluta: essa è chiaramente iniettiva; per la surgettività, basta notare che, preso a A, esiste (per il principio di comprensione) M = {m A m < a}, e che esso è finito, in quanto ha al più a 1 elementi. Se, sfruttando nuovamente l induzione, n h 1 = f(h 1) è il max M, vale a = n h = f(h), da cui la tesi. Esercizio 6. Se f : N A surgettiva, allora A è finito o A = ℵ 0. Soluzione. Per l assioma di scelta, g : A N f g = id A ; in particolare, g è iniettiva - questo perché, presi a, b A t.c. g(a) = g(b) = n N, vale a = (f g)(a) = f(n) = (f g)(b) = f(n) = b ovvero, appunto a = b. Allora, g : A f(a) N è una bigezione tra A e un sottoinsieme di N. Dall es. 5 si ottiene la tesi. Esercizio 7. A = B = ℵ 0 A B = ℵ 0. Soluzione. Diciamo f : A N, g : B N le bigezioni esistenti per ipotesi; inoltre, è noto che p : N {2n n N} e d : N {2n 1 n N} definite da p(n) = 2n e d(n) = 2n 1 siano bigettive. Diciamo perciò f = p f, g = d g, e definiamo la successione h : N A B in modo che sia { h(2n) = f 1 (2n) h(2n 1) = g 1 (2n 1) n N. Evidentemente, h è surgettiva: la tesi segue dal risultato dell es. 6. Alternativamente, consideriamo gli insiemi A {0}, B {1}, per cui valgono A = A {0}, B = f g B {0} (basta prendere le bigezioni f, g tali che A {0} (x, 0) x A, B {0} (y, 1) y B). Il fatto che essi sono, evidentemente, disgiunti (ogni elemento di A avendo seconda componente distinta dalla seconda componente di ogni elemento di B) ci riporta al caso visto a lezione. Esercizio 8. Sia R una relazione; allora dom R, Im R R. Soluzione. Le proiezioni π x : R dom R, π y : R Im R tali che (x, y) πx x e (x, y) πy y sono certamente surgettive. Allora, per l assioma di scelta, esistono f : dom R R, g : Im R R tali che f f = g g = id R. Esse, come dimostrato nella soluzione dell es. 6, sono iniettive. Esercizio 9. Se A è un insieme infinito, N A. Soluzione. Per l assioma di scelta, esiste una funzione di scelta f : P(A) \ { } A tale che f(b) B B A non vuoto. Allora, la successione σ : N A definita da { σ0 = f(a) σ n+1 = f(a \ {σ 0,..., σ n }) è ben definita, essendo A infinito, e chiaramente iniettiva: vale infatti, poiché f assume valori nell insieme su cui è calcolata, f(a \ {σ 0,..., σ k }) {σ 0,..., σ k }, cioè σ k σ h h < k, k N. Esercizio 10. A, B infiniti, A B finita A = B. 5
6 Soluzione. Dimostriamo, prima, che se X è finito e Y infinito, X Y = Y. Per l es. 7, Y Z X, con Z = ℵ 0, ed è immediato vedere che Z\Y = Z, considerando che Y = k = {1,..., k}, k N, e che, quindi Z = N = N \ {1,..., k} = Z \ Y A questo punto, la dimostrazione risulta immediata: vale A = (A\B) (A B), e B = (B\A) (A B); chiaramente, A \ B e B \ A devono essere finiti, altrimenti A B sarebbe infinita per il fatto appena dimostrato; ma allora, per lo stesso motivo, vale che conclude la dimostrazione. Esercizio 11. A, B, Fun(A, B). A = A \ (A \ B) = A B = B \ (B \ A) = B Soluzione. A lezione è stata dimostrata l esistenza del prodotto cartesiano. Pertanto, se scriviamo Fun(A, B) = {t P(A B) a A!b B(a, b) t} esso esiste grazie, in ordine, all assioma delle parti e a quello di separazione. Esercizio 12. Sia V uno spazio vettoriale su un campo K, B una sua base. Sapendo che K = c e B = ℵ 0, calcolare la cardinalità di V. Soluzione. Posto B = {v 1, v 2,..., v n, v n+1,...}, ogni vettore v di V si scrive come n N a nv n, con a k K k N. Pertanto, le scelte dei v V corrispondono a quelle delle possibili sequenze numerabili di coefficienti a k dei vettori della base, e V = R N = c. Esercizio 13. Si dica quanto vale la cardinalità dell insieme M = {f : R R f è monotona}. Soluzione. È un risultato noto che una funzione monotona abbia al più una quantità numerabile di punti di discontinuità. Pertanto, possiamo caratterizzare f scegliendo prima tali punti, cioè una delle successioni σ R N, e poi gli altri, in cui f è continua: ma il ragionamento, già visto a lezione, per cui una funzione continua è univocamente determinata dai valori che assume su un suo sottoinsieme denso (Q, nello specifico), porta subito al fatto che questa seconda scelta corrisponde a prendere una delle funzioni k R Q. Pertanto, ogni f monotona corrisponde a una diversa coppia (σ, k), e M R N R Q = R R = R = c Dal fatto, infine, che M sia almeno c essendo, ad esempio, monotone tutte le rette x + c al variare di c R, si ottiene M = c. Esercizio 14. Sia F = {A i } i I una famiglia di insiemi, tale che A i c i I e I c. Allora, vale F = A i c i I 6
7 Soluzione. Consideriamo una sequenza di funzioni surgettive < ϕ i : R A i i I > - si noti che, per garantirne l esistenza, stiamo usando l assioma di scelta: a patto di ammetterlo, però, essa esiste per ipotesi. Sia, inoltre, ψ : R I una funzione surgettiva, anch essa esistente per ipotesi. Allora f : R R i I A i ϕ tale che (r, s) ϕ ψ(r) (s) è chiaramente surgettiva: infatti, preso a i I A i, di certo, per la surgettività di ψ, j = ψ(r) per qualche r R tale che a A j ; allora, per il fatto che anche ϕ j è surgettiva, s R tale che ϕ j (s) = a, il che prova la surgettività di f. Considerare che, a questo punto A i R R = c conclude la dimostrazione. Esercizio 15. Siano A, B insiemi tali che A = B. Allora i. A ℵ 0 = B ℵ 0 ii. A c = B c i I Soluzione. i. Per ipotesi, f : A B bigettiva. È immediato vedere che la funzione F : A ℵ 0 B ℵ 0 definita, σ : ℵ 0 A, da σ F σ : ℵ 0 B, dove σ a = f(σ a ) a ℵ 0, è la bigezione cercata. ii. Analogamente, associando, a ogni r : c A, r : c B definita con r(c) = (f r)(c) c c. Esercizio 16. Sia A R con A = ℵ 0. Allora R \ A è denso in R. Soluzione. L implicazione equivale a dimostrare che ogni punto di A è di accumulazione per R \ A. Supponiamo, per assurdo, che ciò sia falso: allora, per qualche x A, ɛ > 0 tale che (x ɛ, x + ɛ) R \ A =. Ciò equivarrebbe a dire che (x ɛ, x + ɛ) A. Tuttavia, (x ɛ, x + ɛ) = R = c, il che rende assurda l inclusione, che sarebbe una funzione iniettiva da un insieme continuo a uno numerabile. Esercizio 17. Sia N 0 dotato dell assiomatica di Peano. Allora i. la somma è commutativa; ii. la somma è associativa; iii. il prodotto è commutativo; iv. il prodotto è associativo; v. il prodotto è distributivo rispetto alla somma. 7
8 Soluzione. i. Cioè, x, y N 0 x + y = y + x. Vediamo, in prima battuta, che S(y) + x = S(y + x): fissiamo y e, inducendo su x, otteniamo che il caso base è l identità S(y) = S(y); il passo induttivo richiede di dimostrare l implicazione S(y)+x = S(y+x) S(y)+S(x) = S(y+S(x)); essa è vera, considerando che S(y) + S(x) = S(y + S(x)) S(S(y) + x) = S(y + S(x)) che, usando l iniettività di x, equivale a S(y) + x = y + S(x) = S(y + x), vera per ipotesi induttiva. Dimostriamo a questo punto che, fissato x, la proprietà iniziale vale y N 0. Per induzione su y, il caso base si riduce a x + 0 = 0 + x, che è già stato visto a lezione; supponiamo ora che valga x + y = y + x, e dimostriamo x + S(y) = S(y) + x: per il secondo assioma sulla somma, l uguaglianza diventa S(x + y) = S(y + x), che corrisponde a x + y = y + x per l iniettività di S: l ipotesi induttiva garantisce la verità dell asserto. ii. Cioè, x, y, z N 0, (x + y) + z = x + (y + z). Agiamo per induzione su z: la base diventa, usando la neutralità dello 0, l identità x + y = x + y; resta da dimostrare che (x + y) + z = x + (y + z) (x + y) + S(z) = x + (y + S(z)); ma questo è vero, essendo (x + y) + S(z) = x + (y + S(z)) S((x + y) + z) = x + S(y + z) S((x + y) + z) = S(x + (y + z)), vera per l iniettività di S e per l ipotesi induttiva. Tenendo conto che la iii. e la iv. procedono analogamente alle due proprietà appena dimostrate, passiamo a vedere la v. Vale a dire che, x, y, z N 0, x (y +z) = x y +x z. Induciamo su x: il caso base è banalmente vero, essendo 0 = 0+0; il passo induttivo, supposta vera l uguaglianza che vogliamo dimostrare, segue da S(x) (y+z) = (y+z) S(x) = (y+z) x+(y+z) = x (y+z)+y+z = x y+x z+y+z = (x y + y) + (x z + z) = S(x) y + S(x) z. Esercizio 18. Definito x < y z 0 x + z = y, (N 0, <) è totalmente ordinato. Soluzione. Che < sia irriflessivo è stato visto a lezione. Restano da dimostrare le proprietà a. asimmetrica: x, y N 0, x < y (y < x); infatti, x < y y < x z, z 0 x + z = y, y + z = x x + z + z = x. Dimostriamo allora che 1. a, b N 0, a + b = a b = 0: per induzione su a, il caso base equivale a b + 0 = b = 0; il passo induttivo è, invece S(a) + b = S(a) S(a + b) = S(a): si conclude usando l iniettività di S e l ipotesi induttiva; 2. a, b N 0, a + b = 0 a = b = 0: analogamente, il caso base è ancora b + 0 = b = 0; inoltre, S(a) + b = S(a + b) = S(0) a + b = 0: dall ipotesi induttiva segue la tesi. Allora, la proprietà voluta viene da x + z + z = x = 1 z + z = 0 assurdo. 2 = z = z = 0, che è un b. transitiva: x, y, z N 0, x < y y < z x < z: ma, per ipotesi a, b N 0 (a, b 0), tali che x + a = y, y + b = z. Allora, sommando membro a membro e applicando la 1. si ottiene x + a + y + b = y + z x + (a + b) = z, da cui (valendo la 2.) si ottiene x < z. 8
9 c. tricotomia x, y N 0, x y x < y y < x. Notiamo che, posto S(0) 1, si ha S(n) = S(n + 0) = n + S(0) = n + 1. Ragioniamo ora per induzione su x. Se x = 0, vale banalmente x = y + 0, cioè x < y. Supponiamo, poi, che x sia confrontabile con ogni y N 0 : vediamo che allora lo è anche S(x). Infatti, o vale y < x, cioè z 0 y + z = x: in questo caso, y < S(x), essendo S(x) = S(y + z) = S(y + S(S 1 (z))) = y + S(z); o vale y > x, cioè z 0 x + z = y. Allora, se z = 1, y = S(x); altrimenti, S(x) < y: infatti, deve esistere z N 0 tale che y = x + z = x + S(z ) = S(x + z ) = S(x) + z, da cui la tesi. Esercizio 19. Sia ω l insieme dei numeri naturali,ˆ: ω ω \ {0} tale che ˆx = x {x}. Allora i. x, y ω, x y ˆx ŷ; ii. x y ω x ω. Soluzione. i. Notiamo prima che, se x y, allora, banalmente, x ŷ. Adesso, induciamo su y: se y = 0, la premessa è sempre falsa e la tesi è vera a vuoto; supponiamo invece vero che valga x ŷ e mostriamo che, allora, vale ˆx ŷ: infatti, o x y e allora ˆx ŷ, da cui ˆx ŷ per l osservazione appena fatta; altrimenti x = y, ma allora ˆx = ŷ ŷ = ŷ {ŷ}. ii. Anche qui, induciamo su y: se y = 0, la tesi è vera a vuoto; ora proviamo che, se x ω x y, allora x ω x ŷ: questo perché, per defininizione di ŷ, o x y, e allora possiamo applicare l ipotesi induttiva, o x {y}, cioè x = y ω per ipotesi. Esercizio 20. (ω, ) è totalmente ordinato. Soluzione. Vediamo che valgono le seguenti proprietà: a. transitiva: cioè, x, y, z ω, x y y z x z. Induciamo su z: se z = 0, la proprietà è vera a vuoto; supponiamo ora tale proprietà vera per un certo z, e passiamo a vedere che allora vale x y y ẑ x ẑ: ma, se y ẑ, o y z, e allora l ipotesi induttiva porta a x z, da cui x ẑ; o y {z}, cioè y = z, e in questo caso x y x z, che è ciò che volevamo. b. irriflessiva: x ω, x x. Induciamo su x: se x = 0 =, è chiaro che 0 0; per il passo induttivo, vogliamo che ˆx ˆx, supposto che x x. Ma questo è chiaro: se infatti fosse ˆx ˆx, varrebbe, ˆx x {x}, cioè sarebbe o ˆx x, da cui, poiché x ˆx, x x, assurdo; o ˆx {x}, e quindi ˆx = x, da cui ancora l assurdo x x. c. asimmetrica, che segue dalle due precedenti; 9
10 d. tricotomia, vale a dire x, y ω, x y x y y x. Osserviamo, intanto, che la proprietà irriflessiva impedisce che le due condizioni siano contemporaneamente vere. Ciò detto, induciamo su x: se x = 0, sappiamo già che 0 y y 0. Per il passo induttivo, vogliamo che ˆx sia confrontabile con ogni y ω, a patto che lo sia x. Abbiamo i seguenti casi: se y x, a maggior ragione y ˆx; se y = x, è chiaro che y ˆx; se infine x y, hatx ŷ: allora, o ˆx = y, il che rende falsa la premessa della proposizione da dimostrare, e garantisce la tesi, o ˆx y. Esercizio 21. Siano k, n ω. Allora k = n k = n. Soluzione. Induciamo su n. Il caso base è chiaro e segue immediatamente dall unicità dell insieme vuoto, essendo 0 =. Veniamo al passo induttivo: supponiamo che k = n k = n, e dimostriamo che ciò implica che h = ˆn h = ˆn. Ma questo è chiaro: infatti, ˆn = n {n} e vale, per qualche k, h = ˆk = k {k} dove, in particolare, è evidente che k = n (se infatti f è una bigezione tra h e ˆn tale che f(k) = n, f h\{k} è una corrispondenza biunivoca su ˆn \ {n}); allora, l ipotesi induttiva assicura che k = n: applicarla ai due termini dell unione dimostra la tesi. Esercizio 22. (Dedekind) Un insieme è infinito se e solo se è equipotente a una sua parte propria. Soluzione. Abbiamo già visto, a lezione, la sufficienza; dimostriamo quindi la necessità dell equipotenza a un sottoinsieme proprio. Sia pertanto X infinito: sappiamo, dall es. 9 (stiamo quindi usando l assioma di scelta), che esiste ϕ : ω X iniettiva; ma allora, sfruttando la biiettività di ˆ : ω ω \ {0}, possiamo prendere ψ : X X \ {0} definita, per ogni x X, da che è la bigezione cercata. { ψ(x) = ϕ( ϕ 1 (x)) se x Im ϕ x se x Im ϕ Esercizio 23. Siano A, B finiti. Allora sono finiti i. A B; ii. A B; iii. A B; iv. P(A). v. ϕ(a), con ϕ : A X qualsiasi. Soluzione. Siano, in tutta la soluzione, A = n, B = m, e f, g le bigezioni esistenti tra n e A, m e B rispettivamente. 10
11 i. È immediato vedere che A B min{ A, B } = min{m, n}, essendo l inclusione un applicazione iniettiva. Ma allora abbiamo finito: sappiamo infatti che un insieme infinito contiene, almeno, una copia di ω, e che n < ω n ω: pertanto, A B non può essere infinita; ii. È chiaro che l applicazione h : n + m A B, definita da h(x) = { f(x) k < n g(x) k n è surgettiva. L argomento del punto precedente porta alla tesi; h iii. L applicazione h : n m A B tale che (k, h) (f(k), g(k)) è un evidente bigezione tra i due insiemi; il fatto che sappiamo che n m sia un numero naturale conclude la dimostrazione; iv. Per induzione su A = n: se n = 0, A = = 0, e P(A) = {0} = 1, che è finito. Supponiamo, poi, che P(A) sia finito con, diciamo, A = {a 0,..., a n 1 } ( A = n), e sia A = A {a n } ( A = n + 1). Ma, allora, P(A ) = {X A X a n } {X A X a n } = P(A) A. È evidente, però, che A = P(A) : infatti, f : P(A) X X {a 0 } è una bigezione tra i due insiemi. Allora, il punto ii. conclude la dimostrazione. v. Chiaramente, ϕ f : n ϕ(a) è surgettiva; pertanto f(a) n. Esercizio 24. Se F è una famiglia finita di insiemi finiti, F = A è finita. Soluzione. Induciamo su n: se n = 0, F = = 0, e la tesi è vera, essendo 0 = 0. Supponiamo poi sia vera per n, e vediamo F = n + 1. Allora F = {A 1,..., A n, A n+1 }, e A F A F A = A 1 A 2 A n A n+1 = n A k A n+1 Per ipotesi induttiva, il primo insieme è finito: la tesi segue dall es. 23.ii. Esercizio 25. L operazione + : ω ω ω è ben definita. Soluzione. Vale a dire, essa non dipende dalla scelta degli insiemi A, B. Pertanto, supponiamo sia n + m = A B, e consideriamo A, B tali che A = A, B = B, A B =. Il fatto che A B = A B segue dall es. 4.i. Esercizio 26. n ω, vale n + 1 = ˆn e k ω con la proprietà che n < k < n + 1. Soluzione. La prima è immediata, essendo ˆn = n {n} un unione disgiunta; per l altra, notiamo che equivale a n k k n {n} e, in entrambi i casi, verrebbe meno la proprietà irriflessiva del <: infatti, o k n, da cui n n per la proprietà transitiva, o k = n, da cui la stessa conclusione. 11 k=1
12 Esercizio 27. (ω, ˆ, +,, 0) è un modello di P A II. Soluzione. Vediamo quindi che valgono gli assiomi di Peano: Esiste una funzione successore. Abbiamo già visto che basta porre S ˆ, essendo ˆ: ω ω \ {0} bigettiva. Vale il principio di induzione al II ordine. Il che viene direttamente dalla costruzione di ω come il minimo degli insiemi induttivi. Valgono le proprietà della somma. Nello specifico 0 + n = n n ω viene dal fatto che 0 = e quindi, preso un qualsiasi A con A = n, è evidente che 0 + n = A = A = n; n + ˆ m = n + ˆm, cioè, per quanto dimostrato nell es. 26, (n + m) + 1 = n + (m + 1): siano perciò A, B disgiunti tali che A = n, B = m, e sia c A B (chiaramente, {c} = 1). La tesi viene dall associatività dell unione, che dà Valgono le proprietà del prodotto. Cioè (n + m) + 1 = (A B) {c} = A (B {c}) = n + (m + 1) 0 n = 0 n ω, per il semplice motivo che, A, A =, non potendo esistere coppie il cui primo elemento non esista; n ˆm = n m + n, ovvero n (m + 1) = n m + n; prendiamo perciò A, B disgiunti con A = n, B = m, e c B; allora, n (m + 1) = A (B {c}) = (A B) (A {c}) = n m + n dove è chiaro che A B e A {c} sono disgiunti, e che A {c} = A. Esercizio 28. Per ogni A insieme, è un insieme. Soluzione. Induciamo su n. Se n = 0, n ω Fun (n, A) = n ω Fun (n, A) 0 Fun (n, A) = Fun (0, A) = Fun (, A) = n=0 che esiste per l assioma del vuoto. Supposto che esista l unione dei Fun (k, A) per 0 k n, vediamo che esiste Fun (k, A) = Fun (k, A) Fun (n + 1, A) k n+2 k n+1 Il primo insieme esiste per ipotesi induttiva, l esistenza del secondo è garantita dall es. 11 ; infine, l esistenza della loro unione è stata vista a lezione. 12
13 Esercizio 29. Sia F : ω A A una funzione, ã A. Allora!f : ω A tale che { f(0) = ã f(n + 1) = F (n, f(n)) Soluzione. Indicheremo con n AF una n approssimazione finita σ di f, e diremo Procediamo dimostrando che: F = {σ P(ω A) σ è un approssimazione finita} n ω σ : n + 1 A AF. La prova di ciò è stata vista a lezione. Se n m, σ n AF, τ m AF, allora σ τ = σ. Induciamo su n: se n = 0, vale banalmente σ(0) = τ(0) = ã. Supponiamo che, m ω, la tesi valga per un certo n, e dimostriamo che allora vale per n+1. Se σ è una (n+1) AF, l ipotesi induttiva garantisce che σ σ = τ σ = σ; pertanto resta da dimostrare che σ (n + 1) = τ(n + 1). Ma, per definizione di AF, σ (n + 1) = F (n, σ (n)) = F (n, σ(n)) = F (n, τ(n)) = τ(n + 1) Notiamo, in particolare, che questo implica che, prese due n AF, diciamo ϕ, ψ, è per forza ϕ ψ. F esiste. Basta notare che, per come l abbiamo definito, la sua esistenza segue dall assioma delle parti e da quello di separazione. La f cercata è F. Intanto, vale dom, F = {dom σ σ F} = ω come vogliamo. Dobbiamo poi vedere, ancora per induzione su n, che f(n) = F(n). Ma dal secondo punto segue che, n ω, possiamo ridurci a verificare che f(n) = σ n (n), con σ n F una n AF. E la verifica è immediata: f(0) = σ 0 (0) = ã; se, poi, f(n) = σ n (n), la tesi si ottiene come nel punto 2. f è unica. Questo è chiaro: sia f un altra funzione con le caratteristiche volute; allora, con la notazione appena usata, e ripetendo le osservazioni già fatte, n ω f (n) = σ n (n) = f(n), e pertanto f f. Esercizio 30. Si esibisca un sottoinsieme di Q isomorfo a ω 2. Soluzione. Si consideri l insieme Q = n ω { n + k k + 1 } k ω Q La funzione ϕ : ω 2 = ω ω Q definita, (k, n) ω ω, da (k, n) ϕ n + k k
14 è l isomorfismo cercato. Infatti, ϕ è evidentemente bigettiva; per la monotonia, basta considerare che, se (k, n) (k, n ), allora, o n < n, ma in questo caso, certamente, essendo n + k k + 1 < n + k k + 1 k, k [0, 1); altrimenti, vale n = k+1 k +1 n e k < k, ma la facile induzione che mostra che per ogni k N porta alla tesi. k k + 1 < k + 1 k + 2 Esercizio 31. Sia (A, ) un insieme totalmente ordinato con A = ℵ 0 tale che 1. A è denso; 2. A non ammette massimo o minimo. Allora A Q. Soluzione. Siano a : ω A, q : ω Q numerazioni di A e Q, in modo che si abbia A = {a n } n ω, Q = {q m } m ω. Costruiamo ora, iterativamente, l isomorfismo ϕ : A Q ponendo ϕ(a 0 ) = q 0 e, a ogni passo, A = {a A ϕ(a) è già stata definita}, Q = {q Q ϕ 1 (q) è già stata definita}: 1. detto i = min{k ω a k A} e j = min{h ω q h Q ϕ A {(a i, q h )} rispetta l ordine}, poniamo ϕ(a i ) = q j ; 2. detto j = min{h ω q h Q} e i = min{k ω a k A ϕ A {(a k, q j )} rispetta l ordine}, poniamo ϕ(a i ) = q j ; 3. di nuovo l 1. Notiamo, intanto che, a ogni passo, A e Q esistono per separazione, e sono evidentemente finiti; inoltre, i, j, i, j sono ben definiti, essendo minimi di sottoinsiemi di ω, che è bene ordinato. Infine, la possibilità di costruire ϕ in questo modo è, a meno di una formalizzazione leggermente più rigorosa, garantita dalla forma forte del teorema di ricorsione numerabile: ogni volta, infatti, ϕ(a k ) dipende da ϕ A, che assume un numero finito di valori. Infine, se mostriamo che i passi sopraelencati sono sempre possibili, e quindi ϕ è ben definito, segue immediatamente che esso è un isomorfismo: è infatti una bigezione per come abbiamo scelto A e Q, e conserva l ordine per la condizione imposta, volta per volta, su i e j. Ma il passo 1. si può sempre svolgere: la scelta di i è, banalmente, sempre possibile, poiché A è infinito e A non lo è; per la scelta di j, dobbiamo aver sempre a disposizione un q h che rispetti l ordine: ma, se a r, a s A tali che a r < a i < a s, la densità di Q garantisce che q h tale che ϕ(a r ) < q h < ϕ(a s ); se, invece, è a i > max A o a i < min A, l esistenza di q h è data dal fatto che Q è illimitato. La considerazione che il passo due sia analogo, a patto di prendere stavolta A e Q (usando quindi, in maniera essenziale, la densità di A e il fatto che non ammetta massimo e minimo), conclude la dimostrazione. 14
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