Franco Pratesi. Struttura cristallina dei metalli

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3 Franco Pratesi Struttura cristallina dei metalli

4 Copyright MMVII ARACNE editrice S.r.l. via Raffaele Garofalo, 133 A/B Roma tel. / fax ISBN I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell Editore. I edizione: gennaio 2007

5 Indice Indice delle figure... 7 Prefazione... 9 Abbreviazioni Struttura ideale Livelli strutturali e cristalli Periodicità 1D Reticoli 2D Celle elementari, reticoli bravesiani Reticoli dei metalli Indici di posizioni, direzioni, piani Massimo impacchettamento Struttura CFC Struttura EC Struttura CCC Cavità interstiziali Difetti reticolari Concetto di difetto Difetti di punto Difetti multipli e associati Concentrazione di equilibrio Autodiffusione e diffusione Dislocazioni a vite, spigolo, anello Movimento delle dislocazioni Forza, energia, tensione di linea Anello in equilibrio Moltiplicazione... 68

6 6 Struttura cristallina dei metalli Interazione con altri difetti...70 Dislocazioni parziali...73 Difetti di impilamento e geminati...74 Bordi di grano e di antifase...75 Interfacce...79 Superfici esterne...81 Difetti 3D...83 Oscillazioni reticolari Metalli e leghe...91 Metalli puri...91 Polimorfismo...93 Strutture e sistema periodico...95 Leghe a miscibilità estrema...96 Leghe a miscibilità parziale...99 Soluzioni solide intermedie e leghe EC Transizioni di fase Composti intermetallici Strutture a base tetraedrica Quasicristalli Metalli amorfi Nanomateriali Conclusione Bibliografia...127

7 Indice delle figure Figura 1. Filare di atomi Figura 2. Filare con base biatomica Figura 3. Maglie elementari Figura 4. Cella elementare Figura 5. Assi di simmetria Figura 6. Sistemi e reticoli cristallini Figura 7. Cella CCC Figura 8. Cella CFC Figura 9. Cella primitiva EC Figura 10. Piani e indici Figura 11. Massimo impacchettamento 1D e 2D Figura 12. Sovrapposizione di piani CP Figura 13. Confronto fra EC e CFC Figura 14. CFC: legami e piani CP Figura 15. EC con diversi rapporti c/a Figura 16. Piani quasi CP nel sistema CCC Figura 17. Cavità tetraedriche e ottaedriche Figura 18. Vacanze e interstiziali Figura 19. Altri difetti di punto Figura 20. Meccanismi di autodiffusione Figura 21. Dislocazione a vite Figura 22. Modello TLK Figura 23. Dislocazione a spigolo Figura 24. Avanzamento della dislocazione Figura 25. Dislocazioni e vettori di Burgers Figura 26. Linea di dislocazione qualunque Figura 27. Anello di dislocazione, schematico Figura 28. Anello di dislocazione Figura 29. Movimento verticale di dislocazione a spigolo Figura 30. Movimento delle dislocazioni e risultato

8 8 Struttura cristallina dei metalli Figura 31. Anello in equilibrio...67 Figura 32. Meccanismo di Frank-Read...69 Figura 33. Atmosfere di Cottrell...71 Figura 34. Interazione fra dislocazioni a spigolo...72 Figura 35. Dislocazioni parziali...73 Figura 36. Geminati da deformazione plastica Figura 37. Bordi di grano a basso angolo Figura 38. Energia di bordo grano in funzione dell angolo...77 Figura 39. Reticolo di coincidenza Figura 40. Interfacce coerenti, semicoerenti, incoerenti...80 Figura 41. Formazione dei precipitati...85 Figura 42. Oscillatore classico...88 Figura 43. Oscillatore quantistico, armonico e anarmonico Figura 44. Strutture cristalline nel sistema periodico Figura 45. Miscibilità estreme Figura 46. Diagramma a miscibilità parziale...99 Figura 47. Rapporto c/a e numero di elettroni Figura 48. Esempi di strutture ordinate Figura 49. Cella tetragonale nel CFC Figura 50. Diagrammi di fase con composti Figura 51. Strutture di composti AB Figura 52. Strutture di composti AB Figura 53. Strutture di composti interstiziali Figura 54. Strutture di fasi di Laves Figura 55. Icosaedro Figura 56. Icosaedri su nodi reticolari Figura 57. Poliedri delle strutture FK Figura 58. Gruppi atomici in strutture FK Figura 59. Struttura simile a FK...118

9 Prefazione L argomento delle strutture cristalline è riconosciuto fra quelli di base per diverse discipline. Una buona parte della materia presentata in questo libro è di solito descritta in una delle prime sezioni dei libri di mineralogia, ma anche di chimica generale; a livello più dettagliato, si trova nei manuali universitari di scienza dei materiali, di fisica dello stato solido, di metallurgia e simili discipline. Si può notare che in molti di questi libri viene dedicata notevole attenzione anche a materiali diversi come semiconduttori, ceramici, polimeri, compositi. In particolare negli ultimi decenni sono stati i materiali per l elettronica ad aver attirato la maggiore attenzione verso la fisica dello stato solido, struttura cristallina compresa: in quel campo più che in altri gli sviluppi scientifici e le applicazioni tecnologici sono andati di pari passo. In questo libro, l attenzione allo stesso argomento di base proviene invece dal suo interesse per la metallurgia; quindi ci si limita a considerare i metalli, comprese naturalmente le leghe e i composti intermetallici, mettendo a fuoco specialmente le particolarità della loro struttura cristallina, vista come ideale nella prima parte e introducendo i difetti nella seconda. La terza parte descrive le principali categorie di metalli, leghe e composti intermetallici; il fatto di restringere così l orizzonte dei materiali permette di approfondire alcuni contenuti un po più di quanto si trova di solito. Su questa base, sarà facile passare ad argomenti più specialistici, come per esempio allo studio delle proprietà meccaniche dei materiali metallici. Ogni professore insegna qualcosa di diverso, e seguendo spesso un metodo personale. Rispetto ai testi di didattica universitaria in campo scientifico e tecnico, è evidente il carattere più discorsivo di questo lavoro. Ciò è dovuto in parte a una maniera di scrivere spontanea per l autore, ma in parte è anche il risultato di un obiettivo cercato: far leggere gli studenti che stanno oggi utilizzando con minor profitto le

10 10 Struttura cristallina dei metalli antiche arti del leggere e dello scrivere. Per fortuna, la cosa appare dovuta non a un deficit di intelligenza, ma solo di scolarizzazione. Le formule sono ridotte a quelle strettamente necessarie e sono presentate senza i passaggi matematici utilizzati per ottenerle. In compenso, viene rivolta una certa attenzione a dettagli spesso poco considerati, come l aspetto dinamico dei reticoli: gli atomi (o gli ioni che siano) sono sì in uno stato cristallino, ma non per questo stanno fermi, nemmeno allo zero assoluto. Se per caso uno studente delle medie superiori fosse interessato all argomento, non dovrebbe incontrare particolari difficoltà nella lettura. Uno studente universitario potrà invece consultare con profitto i riferimenti bibliografici, se non altro per approfondire qualche punto che trovasse (aggiungiamoci pure il per caso di prima) di suo particolare interesse. Firenze, Novembre 2006

11 Abbreviazioni Sono comprese, a scanso di equivoci, anche alcune abbreviazioni universalmente note. Richiede un po d attenzione un ambiguità che sarebbe stata evitata da qualsiasi professore pignolo: alcune di queste abbreviazioni sono usate con significato diverso a seconda del contesto. 0D = zero dimensioni 1D = una dimensione 2D = due dimensioni 3D = tre dimensioni a = parametro reticolare; lato della cella elementare cubica; distanza fra atomi primi vicini b = modulo del secondo vettore della maglia o cella elementare; modulo del vettore di Burgers delle dislocazioni c = modulo del terzo vettore della cella elementare ev = elettronvolt, 1 ev = 1,6x10 19 J k = costante di forza n = numero, in particolare di difetti di punto r = raggio vb = vettore di Burgers (delle dislocazioni) A = generico elemento metallico usato come matrice per aggiunte di lega B = (cella) a basi centrate; elemento generico in soluzione solida; boro BMG = Bulk Metal Glasses, vetri metallici massivi C = (cella) a corpo centrato; carbonio CN = numero di coordinazione CP = close packing o massimo impacchettamento CCC = (cella o reticolo) cubico a corpo centrato CFC = (cella, o reticolo) cubico a facce centrate

12 12 Struttura cristallina dei metalli D = coefficiente di diffusione E = energia EC = (cella o reticolo) esagonale compatto E f = energia di formazione (di un difetto) E m = energia di migrazione (di un difetto) F = (cella) a facce centrate FK = (strutture di) Frank e Kasper G = modulo elastico di taglio K = kelvin N = numero di Avogadro; numero di siti reticolari; numero di 9 nella composizione percentuale P = (cella) primitiva; fosforo Pa = pascal (Nm -2 ) SMA = Shape Memory Alloys, leghe a memoria di forma TLK = Terrace, Ledge, Kink modello di superficie,, = angoli della cella elementare,,,,,,, = le lettere minuscole dell alfabeto greco sono tradizionalmente usate, nell ordine, per indicare le diverse fasi cristalline che si incontrano all aumentare della temperatura o dell aggiunta di lega = frequenza (dell oscillatore) = sollecitazione; fase fragile presente per es. nel sistema Fe-Cr = sollecitazione di taglio I metalli sono sistematicamente indicati con il loro tradizionale simbolo chimico; se il lettore non ne ricorda qualcuno, sarà utile un ripasso, anche perché non compaiono né casi controversi, come l americano Cb al posto del nostro Nb, né numerosi elementi metallici che sono presenti nel sistema periodico ma non hanno applicazioni significative. Si usano, in quanto abbreviazioni, O e H invece dei più comuni O 2 e H 2.

13 1. Struttura ideale Livelli strutturali e cristalli Esistono notoriamente diversi tipi di materiali e diversi tipi di legame chimico; a noi interessano quelli metallici, a cominciare dai metalli puri ma anche le leghe e i composti intermetallici. Metalli, leghe e composti intermetallici hanno una struttura cristallina; anzi sono fra i materiali più difficili da ottenere allo stato solido in forma amorfa, in cui cioè lo stato cristallino non si raggiunge. Nonostante ciò, quando si pensa a un cristallo non è probabile che venga in mente un qualsiasi metallo. Nel linguaggio comune si intende spesso per cristallo, e così si chiama, qualcosa che non lo è, tipicamente i vetri al piombo che hanno sì maggiore peso, sonorità e luminosità dei riflessi rispetto al vetro ordinario, ma in pratica hanno la medesima struttura, che in effetti è proprio un esempio di struttura non cristallina. Se si vuole un vetro che sia davvero cristallino si deve ricorrere al cristallo di rocca, quarzo minerale, ma allora l oggetto lavorato merita di essere conservato in una teca di museo. Sono i minerali che ci ricordano i cristalli più di ogni altro materiale, e fra questi ovviamente le pietre preziose, diamante in testa. Non ci dobbiamo quindi meravigliare se la cristallografia è stata sviluppata dai mineralogisti e se ci basiamo ancora per gli elementi di base sulle conoscenze acquisite in quell ambito. Un metallo non presenta alla nostra visione ordinaria molto in comune con un bel cristallo minerale, tipicamente trasparente. Il metallo non è trasparente, tanto per cominciare, e mai si trova in natura come cristallo con facce evidenti e sviluppate, con angoli ben precisi, e così via. Per vedere i cristalli metallici di solito si deve andare al microscopio e si vedono in maniera particolare. Guardando la superficie di una sezione, si vedono i grani cristallini che costituiscono il metallo.

14 14 Parte prima Si tratta per ogni grano di un monocristallo o cristallo singolo, strutturalmente paragonabile a un cristallo minerale, anche se tutt altro che perfetto come forma esterna, con scarsa regolarità nelle facce, senza trasparenza, difficile da ottenere isolato. In anni recenti sono stati prodotti numerosi monocristalli sintetici. L elemento più importante da questo punto di vista è il Si, per tutti i suoi usi nell elettronica moderna, ma non si può propriamente considerare un metallo. Nel campo dei metalli, sono usati per esempio monocristalli di superleghe di Ni per palette di turbine a gas, specialmente negli aerei militari. Diversamente dal Si, in questi casi si devono far crescere monocristalli di grandi dimensioni e, soprattutto, con più di una dozzina di elementi di lega, il che ne rende molto complicata la produzione. In ogni modo, l idea che anche i metalli hanno alla base una struttura cristallina è ormai entrata nella cultura generale, e siamo pronti se non vediamo i grani a occhio nudo a percepirne l esistenza a livello microscopico. Naturalmente non si deve mai fare confusione fra i livelli strutturali: è vero che per vedere i grani cristallini si deve di solito scendere alla scala microscopica, che tipicamente si spinge fino al µm, ma è anche vero che questo livello microscopico di osservazione, benché lontano da quanto osservabile utilmente a occhio nudo, è ancora lontano dal livello a cui si può studiare la struttura cristallina nei suoi elementi costitutivi, e cioè al livello degli atomi, frazioni di nm, diciamo m come ordine di grandezza. Questo libro richiede di scendere e rimanere a lungo a questo livello atomico, che non è poi il più fine possibile. Importantissimo è per esempio il livello ancora inferiore a cui si potrebbe studiare la struttura e il movimento degli elettroni, che nelle fasi condensate dei metalli ne determinano molte caratteristiche, compreso il carattere metallico stesso. A livelli strutturali ancora più fini troveremmo i nuclei atomici, ma si andrebbe un po fuori tema, salvo crearci le conoscenze utili per capire meglio alcune tecniche analitiche di non frequente applicazione o la dispersione dei vari elementi sulla crosta terrestre. Un vantaggio che si ha nello scendere di livello strutturale consiste nella possibilità che di solito viene offerta di comprendere i fenomeni che avvengono alle scale più grossolane. Con questo fatto si spiega lo sviluppo delle tecniche di osservazione e di analisi ai livelli sempre

15 Struttura ideale 15 più fini che si incontrano nei laboratori scientifici. Come detto, in questo libro il livello sarà quello della struttura atomica o cristallina. Lo studio della struttura cristallina è tradizionalmente diviso in una parte dedicata alla struttura ideale completata da uno studio dei difetti reticolari che integrano la presentazione per avvicinarla alla struttura cristallina reale dei solidi. La struttura ideale è solo un modello di prima approssimazione che si potrebbe paragonare a quello del gas perfetto per le fasi gassose (mentre un simile modello per le fasi liquide non è stato trovato). Sempre secondo tradizione, si è soliti trattare separatamente strutture e difetti scalando le dimensioni da una anzi zero per i difetti fino a tre. A parte cristalli molto particolari sviluppati in 1D e 2D (basti pensare agli schermi LCD dei monitor e televisori recenti), quello che alla fine interessa è la comprensione della struttura cristallina reale in 3D. Le descrizioni preliminari sono una maniera comoda per arrivarci, ma alla fine dobbiamo essere in grado di amalgamare il tutto, che è sempre presente, e insieme, all interno del cristallo reale. Figura 1. Filare di atomi.

16 16 Parte prima Periodicità 1D La struttura cristallina si basa sulla ripetizione regolare di un modulo. La prima e fondamentale operazione coinvolta è la traslazione: dato il modulo elementare, tutta la struttura cristallina si può ricostruire semplicemente traslando il modulo da - a +. Cominciamo a vedere la cosa in 1D, lungo una linea, per passare in seguito al piano e allo spazio. Una struttura periodica lineare è schematizzata nella Fig. 1. Il modulo in questo caso è un vettore, chiamiamolo a. Qualsiasi posizione del filare di atomi si può trovare con l espressione seguente, con n intero qualsiasi positivo o negativo zero compreso, che contrassegna l origine. p = n a La scelta su come posizionare il vettore rispetto alla struttura è arbitraria; fermo restando il suo modulo che in questo caso deve essere uguale alla distanza fra gli atomi si può fissarlo fra i baricentri di due atomi vicini (Fig. 1, in alto), come si fa di solito, ma si potrebbe applicare anche fra i punti medi (Fig. 1, in mezzo), o fra due punti qualunque (Fig. 1, in basso). Figura 2. Filare con base biatomica.

17 Struttura ideale 17 Con i metalli, siamo abituati a vedere gli atomi collocati nei nodi reticolari. La cosa non è né precisa né valida in generale per i reticoli cristallini. Anche per i metalli, quello che si trova nel nodo non è l atomo ma uno ione del metallo, attorniato da elettroni quasi liberi che ne bilanciano la carica positiva. Soprattutto, nei cristalli in genere si trova associata ai nodi una base di atomi e non un solo atomo. Nel caso lineare, per esempio, cosa succederebbe se come indicato nella Fig. 2 avessimo una ripetizione regolare di coppie di atomi? Dovremmo aggiungere alla prima una seconda legge di ripetizione. Il vettore rimane lo stesso, il suo punto di applicazione rimane lo stesso, il reticolo rimane lo stesso. La seconda legge che aggiungiamo dice che a ogni nodo associamo non un atomo ma due, ognuno dei quali sarà poi traslato nella medesima misura dal vettore a. Il vettore a può essere applicato nel baricentro del primo atomo, in quello del secondo, nel baricentro fra i due atomi, dove si vuole. Importante è che poi trasla tutt e due gli atomi della struttura. Per i metalli comuni le basi di più atomi sono importanti solo nel sistema esagonale compatto; di solito pensiamo sempre in termini di atomi singoli nei nodi e trascuriamo anche la loro parziale ionizzazione. Nei cristalli di altri materiali, e anche nei cristalli degli innumerevoli composti della chimica organica, il numero di atomi che formano la base può superare il centinaio; perciò è bene evitare che i nostri e- sempi semplici validi per i metalli ci facciano presumere, erroneamente, che l identità fra nodo e atomo resti valida in generale. Reticoli 2D Passando dalla linea al piano, di vettori ce ne vogliono due, dopo aver scelto le coordinate adatte. Ora l espressione che ci fornisce tutti i nodi del reticolo diventa: p = n a + m b Il modulo elementare che prima era un segmento ora diventa una maglia, formata dai due vettori che la delimitano insieme ai segmenti a loro paralleli, come mostrato nella parte alta della Fig. 3.

18 18 Parte prima Trascuriamo l esistenza di possibili basi, già accennate per 1D. Si trova una maglia generica, in cui non esistono relazioni particolari fra i due vettori. Possono però intervenire oltre alla traslazione alcuni e- lementi di simmetria che portano a casi particolari. I casi particolari di maglie che si ottengono sono i quattro, e solo quelli, mostrati nella Fig. 3: rettangolare centrata, esagonale, rettangolare, quadrata. Figura 3. Maglie elementari.

19 Struttura ideale 19 La maglia rettangolare centrata richiede un commento, in particolare. Si tratta non di una maglia primitiva, come le altre, ma di una maglia convenzionale. Una delle differenze è che il numero di atomi per maglia (o di nodi per essere precisi) è di 1 al centro più 4/4 ai vertici, cioè 2. La corrispondente maglia primitiva sarebbe la maglia rombica disegnata insieme, di area metà del rettangolo. Perché allora non si usa questa cella primitiva, visto anche la sua semplicità? Il motivo è che solo prendendo la cella convenzionale doppia si mette in evidenza la presenza nella struttura degli angoli retti. La maglia esagonale indicata è un caso particolare di quella rombica, con angolo di 120. Se ne dovrebbero prendere tre per formare l esagono. Celle elementari, reticoli bravesiani Si può passare ai cristalli veri e propri, estesi in 3D. La situazione cambia, come prevedibile: si deve aggiungere un terzo vettore. Ora la posizione di un nodo qualsiasi è data vettorialmente da: p = na + mb + lc Figura 4. Cella elementare.

20 20 Parte prima Per semplice traslazione, dati i tre vettori si può ricostruire tutta la struttura. Può esistere solo la proprietà di traslazione, ma questa non può mai essere assente; se lo fosse, si dovrebbe parlare di solido amorfo (o di altre strutture che vedremo) e non di un cristallo. Come si usava il segmento 1D e la maglia 2D, ora si introduce la cella elementare 3D. Qualsiasi struttura cristallina può essere ottenuta con la ripetizione di un modulo poliedrico chiamato cella elementare, avente 6 parallelogrammi come facce, 12 segmenti come spigoli e 8 vertici. Per costruirlo ci si basa sui tre lati, a, b e c, e sui tre angoli, e. In nessun caso si rende utile una cella diversa da questa, schematizzata nella Fig. 4. Potrà solo succedere che facce, angoli e spigoli assumono valori particolari, per la presenza di elementi di simmetria che abbiamo interesse a mettere in evidenza, come gli assi della Fig. 5. Il motivo della validità generale di una cella del tipo mostrato nella Fig. 4 deriva dalla sua stessa origine: si prendono i tre vettori che costituiscono l elemento ripetitivo in ognuna delle tre direzioni in grado di generare la struttura e si traccia semplicemente il poliedro che ha i tre vettori e i segmenti a loro paralleli come spigoli. Nel caso più generale, è verificata solo la proprietà della traslazione e non esistono elementi di simmetria. Si parla in questo caso generale di sistema triclino e cella triclina primitiva come unico reticolo bravesiano del sistema. (Si scrive qui reticolo bravesiano prendendo dal francese la pronuncia e non la grafia, ma all origine c è August Bravais, il fisico che li definì nel 1848 e quindi spesso si incontra la grafia bravaisiano.) Figura 5. Assi di simmetria.

21 Struttura ideale 21 Oltre a questo, numerato come 1 nella Fig. 6, esistono diversi casi particolari in cui interviene in maniera più o meno marcata la simmetria del cristallo. I principali elementi di simmetria sono i piani, gli assi e il centro (per assi e centro si distinguono quelli di simmetria, dal significato ovvio, da quelli di inversione, che associano rispettivamente la rotazione o la riflessione con un ribaltamento rispetto a un piano di simmetria). Gli assi di simmetria di ordine 4, 3 e 2 per una cella cubica sono indicati nella Fig. 5; oltre a questi può esistere nei cristalli l asse di simmetria di ordine 6. Si definisce come ordine dell asse il numero che divide l angolo giro per riprodurre dopo rotazione la situazione iniziale. Così ordine 2 equivale ad asse binario: se esiste, la struttura si ritrova identica dopo rotazione di 180 ; similmente un asse ternario o di ordine 3 corrisponde a 120, 4 a 90, 6 a 60. Con questi si esauriscono i possibili assi di simmetria nel cristallo. Per esempio, un asse di ordine 5 non è possibile perché non permette la ripetizione a lungo raggio, fino a una periodicità che si estende all infinito, come richiesto dalla definizione stessa di reticolo cristallino. A seconda del tipo e del numero degli elementi di simmetria presenti si trovano i particolari tipi di reticoli bravesiani, mostrati nella Fig. 6. L ordine in cui sono presentati varia con le convenzioni adottate, specialmente per esagonale e trigonale, in particolare a seconda se si intende tenere raggruppate o meno tutte le strutture con angoli retti. Qui è seguito il criterio dell aumento degli elementi di simmetria. Dopo il caso generico triclino (1 nella Fig. 6), già visto, un primo caso particolare implica la presenza nella cella di due angoli retti: si ha il sistema monoclino (2), che può avere oltre alla corrispondente cella primitiva, P, una cella convenzionale a basi centrate, B. Se anche il terzo angolo è retto (e i tre lati si mantengono tutti diversi) si ha il sistema ortorombico (3) che ha oltre alla cella P, quelle C (corpo centrato), F (facce centrate) e B. Si ha inoltre il sistema esagonale (4), pure con solo cella P, in cui i tre angoli sono uno 120 (o 60 che sarebbe la stessa cosa perché comunque complementare all altro) e due di 90 e il sistema trigonale o romboedrico (5), con solo cella P, in cui i tre angoli (diversi da 60, 90 e ') e i tre lati sono uguali. Tornando alle celle con angoli retti, dopo l ortorombico si incontra il tetragonale (6) con tutti angoli retti e due lati uguali (cella P e C) e infine il siste-

22 22 Parte prima ma cubico (7) con cella P, F e C. Gli ultimi tre reticoli si possono anche considerare come casi particolari del trigonale in cui gli angoli assumono rispettivamente i tre valori esclusi sopra. Figura 6. Sistemi e reticoli cristallini.

23 Struttura ideale 23 Non ci si deve domandare perché non esiste una struttura, per e- sempio, cubica B o tetragonale F. Da lungo tempo è stato dimostrato che si tratta di un sistema completo: non sono possibili né un reticolo in più dei 14 elencati né uno in meno. I 14 reticoli bravesiani sono raggruppati nei 7 sistemi cristallini e qualsiasi cristallo naturale o artificiale deve appartenere a uno di questi. Tenendo conto di tutti gli e- lementi di simmetria è ulteriormente possibile suddividere i sistemi e i reticoli in 230 gruppi spaziali diversi, ma per i nostri scopi ci possiamo limitare ai 14 reticoli bravesiani. Cosa cambia quando si passa dai cristalli minerali, per i quali tutta la teoria fu sviluppata, ai materiali metallici? Conviene fare una distinzione. Se fra i metalli si comprendono anche le leghe e i composti intermetallici, indipendentemente dalla loro importanza e dalle loro applicazioni, tutto il sistema dei 14 reticoli va conosciuto. Tuttavia, se si controllano i metalli puri e le loro leghe principali si scopre che fra i 14 reticoli sono solo tre quelli di larga diffusione, e tutti e tre hanno un elevata simmetria: esagonale compatto, EC; cubico a corpo centrato, CCC; cubico a facce centrate, CFC. Su questi tre reticoli si deve quindi porre un attenzione particolare, come faremo qui di seguito. Prima di chiudere questa parte, però, si deve considerare anche il valore assoluto dei parametri reticolari. Una volta che si è trovato che un dato metallo cristallizza, per esempio, con struttura CFC si deve aggiungere per caratterizzarlo il valore del vettore a della cella elementare. Nel caso generale rimarrebbe poi da associare la base ad ogni nodo reticolare, ma per i metalli semplici la base è di un solo atomo. Sperimentalmente, se è utile ricorrerci, si usano varie tecniche di diffrazione dei raggi X. Una volta noto a, tutte le distanze fra gli atomi sono note, a cominciare dallo stesso diametro atomico. Da questo si può ricavare il volume atomico e altre grandezze di interesse. Il parametro reticolare determina univocamente la struttura di quel metallo, tanto che il suo valore assoluto si può considerare una costante dell elemento. Tuttavia, il parametro può variare variando le condizioni; in particolare si osserva di regola un aumento graduale del parametro reticolare quando si aumenta la temperatura e quindi nelle varie tabulazioni sono considerati i valori alla temperatura ambiente. Il parametro reticolare si modifica anche quando si aumenta la con-

24 24 Parte prima centrazione delle impurezze o delle aggiunte di lega. In questo caso la situazione è difficilmente prevedibile perché non solo si verificano variazioni che possono essere piccole o grandi a seconda dell elemento aggiunto, ma possono addirittura cambiare di segno con osservazione quindi sia di dilatazioni che di compressioni del parametro reticolare. Figura 7. Cella CCC.

25 Struttura ideale 25 Reticoli dei metalli Abbiamo visto che esistono celle elementari primitive e convenzionali. Quelle convenzionali hanno lo scopo di mettere in evidenza elementi di più elevata simmetria che non sarebbero visibili nella cella primitiva; caso tipico la presenza dei tre angoli retti del CCC e CFC. Prendere come base la cella convenzionale equivale a considerare una cella multipla. Vediamo nel dettaglio la situazione per le tre strutture di maggiore interesse per i metalli, cominciando proprio dalle due cubiche ora citate. Nella cella CCC si possono contare un atomo al centro e 8/8 sui vertici, quindi 2 atomi per cella. La cella primitiva corrispondente è una cella di volume metà e che contiene un solo atomo. La corrispondenza fra le due celle è rappresentata nella Fig. 7. (Si può dubitare guardandola che la cella primitiva ha volume metà dell altra, ma solo a causa di un illusione ottica dovuta alla prospettiva.) La cella primitiva del reticolo CCC è evidentemente un caso particolare nel sistema trigonale: quando i tre angoli uguali assumono il particolare valore di ' conviene prendere come base la cella doppia che mette subito in evidenza i tre angoli retti della struttura. Pensando in termini di una cella trigonale con angoli che vanno a diminuire, cioè una cella che diventa sempre più affusolata, o estesa nel senso della lunghezza, troviamo altri valori particolari dell angolo, tali che la cella esce dal sistema trigonale. Il più ovvio è l angolo di 90, in corrispondenza del quale si ottiene la cella cubica primitiva, che ha scarsa importanza per i metalli per l insufficiente riempimento dello spazio. Proseguendo si incontra un altro angolo particolare, corrispondente a 60. Invece di considerare come base la cella trigonale con i tre angoli di 60, si prende la cella multipla, convenzionale, CFC, come disegnato nella Fig. 8. In questo caso, gli atomi nella cella primitiva sono per definizione 1, in quella convenzionale 8/8 sui vertici e 6/2 al centro delle facce, cioè 4 in totale, il che comporta che il volume della cella convenzionale sarà in questo caso quadruplo rispetto alla primitiva. Rimane da descrivere la cella EC. Qui incontriamo la complicazione della base. Non è infatti possibile costruire una cella primitiva, con

26 26 Parte prima un atomo per cella, usando tre qualsiasi vettori che uniscono quattro atomi a scelta. La cella che si usa è allora la cella primitiva esagonale, ma dobbiamo associare a ogni nodo del reticolo non un atomo come siamo abituati per i metalli ma una base di due atomi, tipicamente un atomo nel nodo e uno in una particolare posizione a metà altezza, sopra una delle due posizioni della base corrispondenti ai baricentri dei due triangoli equilateri accostati che la formano. Ovviamente, si potrebbe associare al nodo reticolare, per esempio, il baricentro di quella stessa coppia di atomi, senza che nessun atomo si trovi nel nodo reticolare. Importante è che quando ricostruiamo la struttura per ripetizione della cella elementare trasportiamo sempre per ogni nodo due atomi invece di uno. La situazione è schematizzata nella Fig. 9, con la cella P a tratto più spesso. Figura 8. Cella CFC.

27 Struttura ideale 27 Non si deve confondere i due atomi per cella presenti ugualmente nella cella CCC e in quella EC: nel primo caso è una nostra utile convenzione e saremmo liberi di prendere la cella di volume metà, con un atomo per cella; nel secondo stiamo già usando la cella primitiva (con associata una base di due atomi) e una cella che contenga un solo a- tomo non si può trovare per questa struttura. La successione dei piani basali nel reticolo esagonale sarebbe di tipo AAAA mentre qui dobbiamo introdurre i piani intermedi per la successione dell EC che è ABAB. Indici di posizioni, direzioni, piani Una volta definita la cella elementare si deve completare il quadro definendo opportuni metodi per indicare qualsiasi punto, direzione o piano cristallino presente all interno o alla superficie della cella (non abbiamo la necessità di occuparci dei punti all esterno, salvo i casi in cui si incontra qualche valore negativo dei vettori che definiscono la cella. Figura 9. Cella primitiva EC.

28 28 Parte prima Limitandoci alla cella, la sua origine coincide con il punto di applicazione dei tre vettori a, b e c. Quel punto si indica con (000). Il punto opposto lungo la diagonale maggiore della cella si chiamerà (111) perché lì tutt e tre le componenti dei vettori assumono il rispettivo valore unitario. In altre parole, non si guarda la distanza in assoluto ma si normalizza ad 1 l estremità del relativo vettore. Similmente il punto (½½½) indicherà il centro della cella elementare. Invece il punto (100) corrisponde al vertice di a, (010) al vertice di b e (001) al vertice di c. Prendendo valori frazionari è facile indicare un punto qualsiasi all interno della cella: basta indicare il valore compreso fra 0 e 1 dei tre vettori a, b e c in successione. Per definire una direzione si deve tener conto che la direzione non cambia se si trasla la retta che la rappresenta fino a passare per il punto (000) di origine della cella. Una volta che la retta passa per l origine, la direzione si indica in base al punto di uscita dalla cella, mettendo i tre valori fra parentesi quadre: per esempio, la direzione [111] sarà quella che passa per l origine della cella ed esce in corrispondenza all altro estremo della diagonale maggiore. Una complicazione deriva dal fatto che si può avere interesse anche al verso, per esempio indicando la medesima direzione vista in senso contrario. Allora si devono considerare i nostri vettori del reticolo a, b e c, non solo fra 0 e 1, ma fra -1 e 1. Ciò equivale a prendere in esame non una sola cella elementare ma otto celle, una con valori tutti positivi, una opposta con valori tutti negativi dei vettori e sei con vettori parte positivi, parte negativi. Il segno meno di negativo si usa metterlo sopra il numero invece che davanti. Allora la stessa direzione di prima, considerata con il verso contrario, si chiamerà [111]. Rimangono da definire gli indici usati per i piani. Senza entrare nel dettaglio si può dire che nei casi dei metalli con struttura cristallina cubica che ci interessano (e in altri ancora) l indice del piano è formato dagli stessi numeri della direzione perpendicolare al piano in esame; cambia la parentesi usata per il piano; anzi per i piani si usano due tipi diversi di parentesi. Una parentesi, normalmente tonda (non si dovrebbe confondere un punto con un piano, ma eventualmente si possono seguire convenzioni alternative) indica quel piano preciso; un secondo tipo di parentesi, tipicamente si usano le graffe, indica quel pia-

29 Struttura ideale 29 no e tutti quelli cristallograficamente e fisicamente equivalenti che si ottengono sulle altre giaciture dei vettori, ammettendo tutte le possibili permutazione dei segni. Così il piano (111) nei nostri cristalli cubici sarà solo uno degli otto piani {111} e cioè (111) (111) (111) (111) (111) (111) (111) (111). Continuiamo la descrizione per il caso delle strutture cubiche di nostro maggiore interesse. Abbiamo visto gli otto piani che tagliano perpendicolarmente la diagonale maggiore, formando un ottaedro. Si può notare che tali piani risultano due a due paralleli. Una volta caratterizzato un piano reticolare, non dobbiamo tener conto di quelli paralleli in quanto sono del tutto equivalenti. Quindi gli otto piani di tipo {111} si riducono a quattro piani con giaciture diverse. Figura 10. Piani e indici.

30 30 Parte prima Vediamo altri piani importanti: i sei piani {100} sarebbero (100), (010), (001), (100), (010), (001), cioè quelli delle sei facce del cubo; anche questi sono due a due paralleli: i piani diversi da considerare sono tre. I piani {110} sono dodici (110), (101), (011), (110), (101), (011), (110), (101), (110), (110), (101), (011), però paralleli due a due e quindi sei da considerare. Nella Fig. 10 sono indicati alcuni piani a titolo di esempio. Nel sistema esagonale oltre ai tre vettori a, b e c, si usa convenzionalmente un quarto vettore d preso sul terzo asse orizzontale come mostrato nella Fig. 9. Ciò si riflette nell uso di indici a quattro cifre per direzioni e piani; per esempio, (0001) è il piano di base, (11 20) quello laterale del prisma. Il valore corrispondente al quarto asse si inserisce come terza cifra nell indice ed ha solo importanza convenzionale, mostrando a prima vista che siamo nel sistema esagonale. Il valore, per il modo stesso con cui si ricava, non porta nessuna informazione addizionale (in pratica è uguale alla somma dei primi due con segno cambiato), tanto è vero che esistono convenzioni che sostituiscono la terza cifra dell indice con un semplice punto. Massimo impacchettamento Nell insegnamento, le strutture cristalline si introducono tradizionalmente con modellini basati su sferette tenute insieme da asticelle più o meno lunghe che rappresenterebbero il legame fra gli atomi. Ciò serve indubbiamente a visualizzare meglio le strutture cristalline, ma la realtà è diversa, e ancora di più nei metalli in cui il legame chimico non è direzionale. Si deve allora riuscire a vedere la struttura in una maniera diversa: usiamo pure le sferette per rappresentare gli atomi ma mettiamole una in contatto con l altra. Il concetto di contatto diretto fra gli atomi è essenziale e si può e- sprimere con l uguaglianza fra il diametro di un atomo e la distanza fra i baricentri di due atomi vicini. Si parla in questi casi di massimo impacchettamento, situazione molto comune nei materiali metallici di nostro interesse; si incontra anche il corrispondente termine inglese di close packing e di questo si userà in seguito l abbreviazione CP. Per

31 Struttura ideale 31 descrivere meglio le strutture organizzate su questa base, conviene di nuovo scalare le dimensioni partendo dai casi più semplici mono- e bidimensionali, prima di esaminare le strutture dei normali cristalli metallici. In 1D il problema è subito risolto pensando a quanto detto sopra sull uguaglianza di diametro e distanza: si ottiene un filare teorico e- steso da - a +. Il modulo del vettore di traslazione è uguale alla distanza. Il suo punto di applicazione si considera normalmente nel centro di un atomo, ma potrebbe essere traslato in un punto qualsiasi della linea che passa per i centri degli atomi. Ogni atomo avrà due primi vicini, tangenti alla sua superficie (tratteggiati nella Fig. 11, parte superiore). Figura 11. Massimo impacchettamento 1D e 2D.

32 32 Parte prima Poco più complessa è la situazione quando si passa a 2D: attorno a un atomo se ne possono accostare altri sei, con un angolo di 60 fra i baricentri di due atomi primi vicini e quello centrale. In questo piano che ha un evidente simmetria esagonale, le direzioni CP sono tre, come indicato nella parte inferiore della Fig. 11. Il passaggio da 2D a 3D si ottiene disponendo tanti piani a massimo impacchettamento uno sull altro. Cioè si impacchettano i piani CP nella maniera più compatta possibile, in modo che tutti gli atomi primi vicini siano tangenti. Il problema è che la disposizione dei piani uno sull altro non è unicamente determinata e possono esistere più modi di costruire il cristallo. In particolare, se si continuasse a pensare in termini di sferette artificiali disposte a piani sovrapposti si troverebbe un risultato inatteso: non si ottiene affatto una regolarità nella direzione perpendicolare al piano di massimo impacchettamento. Vediamo perché. Chiamiamo B il piano CP da cui prendiamo le mosse, di cui sono rappresentati nella Fig. 12 solo un atomo con i suoi sei primi vicini. Figura 12. Sovrapposizione di piani CP.

33 Struttura ideale 33 Al disopra di questo piano possiamo andare a mettere un atomo, per iniziare il piano successivo. Le posizioni possibili sono le sei numerate, in ognuna delle cavità presenti sulla superficie al centro di tre atomi. Le sei posizioni sono del tutto equivalenti e un atomo che arriva potrà occuparne una qualsiasi; tuttavia, appena un atomo si è installato nella sua posizione, non sarà possibile installarne altri cinque per motivi di ingombro e se ne potranno accostare nel nuovo piano solo altri due. In particolare, a seconda della posizione del primo, alla fine risulteranno occupate solo le posizioni pari o solo quelle dispari. Chiamiamo A e C i due casi diversi (Fig. 12). La stessa situazione A o C può esistere nel piano sottostante al piano B: in ogni caso, l atomo centrale (quello che aveva due vicini in 1D e sei in 2D) si trova ad avere 12 vicini in 3D, 6 nel piano, 3 sotto e 3 sopra. L alternativa del posizionamento, diciamo pari o dispari, si presenta a ogni piano successivo; non esiste un indirizzamento specifico degli atomi primi vicini e nel caso delle nostre sferette non si otterrebbe nessuna periodicità regolare nella terza direzione, perpendicolare al piano compatto. Il CP si ottiene, la densità massima connessa pure, ma non la regolarità cristallina nella terza direzione perpendicolare ai piani considerati. Negli atomi c è però qualcosa in più, esiste un potere di indirizzamento da parte dei secondi vicini, cioè dagli atomi del piano sottostante al piano B esaminato. Immaginiamo allora che il posizionamento sotto al piano B sia di tipo A. Salvo eccezioni, la scelta fra A e C nel piano superiore in un metallo non è più libera: a seconda del gruppo di appartenenza si avrà A per tutti i metalli EC e si avrà C per tutti i metalli CFC. Il fatto importante è che questa successione ABA (per la precisione, la sequenza di piani che si ripete sarebbe naturalmente - AB-) dei metalli EC e ABC dei metalli CFC si mantiene in verticale per tutti i piani successivi (Fig. 13). Se si hanno delle irregolarità nella successione dei piani si parla di difetti di impilamento, difetti 2D con un energia propria che sarà più o meno alta per i vari metalli. Esistono casi piuttosto rari in cui la successione regolare è più complessa; per esempio, nel La (esagonale) la successione che si ripete è di tipo ABABC, nel Sm (romboedrico) ACACBCBAB. La cosa

34 34 Parte prima sarebbe di importanza maggiore se invece del La o del Sm si trattasse, per esempio, del Cu. Ci possiamo allora limitare allo studio delle due strutture fondamentali CP. Le differenze fra le due sono più o meno apprezzabili a seconda della proprietà o della grandezza che si considera. Una delle più importanti, la densità, non rileva nessuna differenza fra le due strutture, almeno a questo primo livello di osservazione; lo stesso accade per altre proprietà. Ogni atomo si è visto circondato da dodici vicini: nel passaggio da CFC a EC i tre atomi sotto al piano rimangono immutati, lo stesso accade per i sei nel piano; solo i tre sopra al piano passano dalla configurazione C alla A, come mostrato con i piani distanziati nella Fig. 13: è plausibile che una semplice rotazione di 60 di tre atomi che si trovano comunque alla stessa distanza da quello centrale non potrà avere grossi effetti, tenendo conto per di più degli altri nove per cui non si registra nessuna differenza. Figura 13. Confronto fra EC e CFC.

35 Struttura ideale 35 Struttura CFC La struttura CFC si evidenzia con una cella convenzionale con volume quattro volte più grande di quello della cella primitiva romboedrica che ha tre lati uguali e tre angoli che assumono lo stesso valore particolare di 60, come si era visto nella Fig. 8 (in alternativa si potrebbe anche usare una cella tetragonale C, intermedia). Figura 14. CFC: legami e piani CP.

36 36 Parte prima Per vedere la coordinazione nella struttura si possono prendere due celle affiancate e basarsi sull atomo al centro dell unica faccia in comune: tale atomo avrà 4 primi vicini nella faccia stessa, altri 4 saranno al centro delle due basi inferiori e superiori, gli ultimi 4 al centro delle facce anteriori e posteriori: tutti e dodici alla identica distanza a / 2 (Fig. 14, in alto). Questa struttura è a massimo impacchettamento, come quella esagonale compatta; mentre nel caso esagonale i piani compatti sono quelli di base e quindi subito evidenti, trovare i piani compatti nel CFC richiede una ricerca fra i piani obliqui: in particolare i piani a simmetria esagonale (che però non si mantiene per tutti i piani, riducendosi a ternaria, e quindi compatibile col sistema cubico) sono quelli di tipo {111}, cioè quelli perpendicolari alla diagonale maggiore del cubo, come quelli segnati nella parte inferiore della Fig. 14. Struttura EC Si è visto che la differenza nei dodici primi vicini di un atomo qualsiasi nelle strutture CFC ed EC riguarda solo uno spostamento di tre atomi nel loro piano, alla stessa distanza, senza nessuna variazione nella densità. Esaminando la cosa in maggiore dettaglio si vede che quella era solo una prima approssimazione e che nell EC la situazione può cambiare, e in effetti cambia. Figura 15. EC con diversi rapporti c/a.

37 Struttura ideale 37 La struttura CFC non ha nessuna latitudine di spostamento nei valori dei parametri reticolari, infatti basterebbe modificare appena un solo lato della cella per scendere subito dal cubico al tetragonale. Invece la simmetria dell EC permette di agire sulla lunghezza del vettore c (quello verticale che forma due angoli retti con i due vettori della base) senza modifiche al sistema cristallino o al reticolo bravesiano. Se gli atomi si comportassero come sfere rigide perfette, non ci sarebbe differenza rispetto al CFC e il rapporto c/a avrebbe il valore teorico di 1,633. Ma gli atomi sono sfere poco rigide (perché i nuclei, quelli sì rigidi, occupano solo una minima frazione del volume atomico) e se la cosa diventa energeticamente vantaggiosa possono deformarsi lungo la verticale sia allungandosi sia schiacciandosi. Corrispondentemente il rapporto c/a diventa maggiore o minore del teorico; uno schema, con deformazioni molto più accentuate che nei cristalli reali, è presentato nella Fig. 15. Detto così può sembrare una facoltà possibile solo in via ipotetica, ma il fatto è che in pratica nessun metallo puro ha un rapporto c/a u- guale al teorico. Se si controllano i valori, si trovano rapporti o maggiori o minori, con deviazioni anche notevoli dal teorico. Si può quindi concludere che se la struttura ha interesse a compattarsi più densamente ancora che in un sistema CP, gli atomi si deformeranno un po schiacciandosi lungo la verticale e raggiungendo valori di densità più elevati (tipicamente nei metalli di transizione grazie alla forza di legame aggiuntiva derivante dagli elettroni d). Se invece il legame metallico è più debole come spesso accade con gli orbitali d vuoti o riempiti completamente la deformazione rispetto alla forma teorica sferica avviene verso l allungamento dell altezza e quindi valori di c/a maggiori e minore densità. La divisione nei gruppi indicati è molto importante. Esistono diverse proprietà, a cominciare dalla duttilità, per le quali tutti i metalli CFC si comportano allo stesso modo, salvo minime differenze a titolo individuale, mentre i metalli EC oltre alle differenze individuali sempre possibili, si distinguono nettamente, a seconda dei valori c/a maggiori o minori del teorico, in due gruppi con comportamento assai diverso, quasi come se si trattasse di strutture cristalline differenti. Ma cosa succede se non esiste nessuna tendenza verso la deformazione, cioè se le forze fra gli atomi risultano tali da favorire un rappor-

38 38 Parte prima to c/a uguale al teorico? Succede una cosa molto semplice: il metallo in questione non si presenta con la struttura EC teorica ma con quella CFC. Struttura CCC Dopo aver illustrato le strutture CFC e EC, rimane da parlare di quella CCC, pure molto comune fra i metalli. Il problema è che stiamo trattando di CP e in particolare di maniere diverse di disporre uno sull altro piani CP. Ebbene, nel CCC di tali piani non ce ne sono, quelli che più si avvicinano sono i sei piani della famiglia (110). Come si vede nella Fig. 16, i sei primi vicini rispetto all atomo centrale in questo piano occupano un esagono, come succedeva nelle altre due strutture, ma in questo caso l esagono è irregolare e delle tre direzioni che erano a 120 (e ora non lo sono più), solo due rimangono qui CP, nella terza si hanno distanze interatomiche maggiori, pari ad a. Figura 16. Piani quasi CP nel sistema CCC.

39 Struttura ideale 39 Si deve allora concludere che il CCC è una struttura meno densa? In parte sì, perché effettivamente se si costruisce una struttura di sferette rigide il riempimento dello spazio risulta di 0,68 contro 0,74 per il CP. Anche se si considerano i metalli CCC, se ne trovano a minore densità, basta pensare agli alcalini. Tuttavia è anche vero che alcuni dei metalli più pesanti hanno una struttura CCC; anzi la struttura CCC finisce per essere, come vedremo, quella maggiormente presente fra i metalli di transizione di densità più elevata. Cavità interstiziali Quando si va a sovrapporre un atomo a tre del piano sottostante, la sua posizione è obbligata, nella cavità centrale. I baricentri dei tre a- tomi di base uniti fra loro e a quello dell atomo aggiunto formano un tetraedro regolare, come mostrato nella Fig. 17 a sinistra. Figura 17. Cavità tetraedriche e ottaedriche.

40 40 Parte prima Riuscire a vedere la cavità ottaedrica risulta più difficile; siamo infatti abituati a considerare i 6 atomi ai vertici dell ottaedro come 1 sopra, 4 in un quadrato nello stesso piano del baricentro, 1 sotto. Così si vede bene la cavità ottaedrica che esiste al centro della cella CFC; però non aiuta la nostra visualizzazione quando si sovrappongono piani CP. Gli stessi 6 atomi si possono tuttavia vedere come due terne di atomi disposti 3 ai vertici di un triangolo equilatero superiore e 3 su uno inferiore ruotato di 180, esattamente come si vede per l EC nella parte destra della Fig. 17, configurazione valida per le posizioni interposte fra le cavità tetraedriche. In conclusione, si può vedere la base della cavità come costituita sempre da tre atomi ai vertici di un triangolo equilatero: se nel piano sopra questi tre atomi se ne dispone uno in posizione centrale si ottiene la cavità tetraedrica, se invece se ne dispongono tre ruotati di 60 o 180 si ottiene la cavità ottaedrica. Per capire meglio la differenza fra i due tipi di cavità si può provare a inserirci un atomo interstiziale. Scegliendone di varie dimensioni possiamo trovare le condizioni per cui l atomo inserito nella cavità è esattamente tangente ai primi vicini senza forzare, né lasciare spazio vuoto, oltre a quello inevitabile nelle parti più strette della cavità. Si trova che il diametro di questi atomi sarebbe circa 0,22 per la cavità tetraedrica e 0,41 per quella ottaedrica. Nella struttura CCC le cavità sono diverse. Comprendere la differenza aiuta a capire fenomeni comuni che altrimenti sarebbero difficili da spiegare; per esempio, perché nel sistema Fe-C, che sta alla base degli acciai, si trova una solubilità del C di circa il 2% nell austenite e di solo lo 0,02% nella ferrite. La cosa strana è che l austenite è CFC quindi con una struttura CP, mentre la ferrite è CCC, quindi meno compatta e con un volume dei vuoti interstiziali significativamente maggiore. Il fatto è che le cavità interstiziali utilizzate nel CCC sono quelle ottaedriche distorte, che non si prestano a ospitare atomi di forma sferica: è vero che il loro volume sarebbe sufficiente ma andrebbe bene per atomi fatti come ellissoidi. La sezione maggiore potrebbe ospitare atomi con raggio di 0,63 (sempre prendendo l atomo di Fe come 1), ma la sezione perpendicolare accetta solo raggi di circa 0,15 inferio-

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