L impiego degli psicofarmaci in gravidanza e nell allattamento tra evidenze forti, dati controversi e problemi aperti

Transcript

1 L impiego degli psicofarmaci in gravidanza e nell allattamento tra evidenze forti, dati controversi e problemi aperti Abbiamo pensato di scrivere questo volume perché da alcuni anni, nell ambito della nostra attività educazionale in psicofarmacologia clinica, spesso effettuata attraverso corsi ECM organizzati dalla Società Italiana di Neuropsicofarmacologia, ci siamo resi conto dell esigenza, da parte dei colleghi, di reperire informazioni aggiornate sulla gestione della terapia farmacologica dei gravi disturbi psichici in corso di gravidanza e nel post-partum. Un sguardo alla scarsa letteratura medico-scientifica attualmente disponibile in lingua italiana su questo tema, a fronte di una numerosa letteratura internazionale, ci ha di fatto convinti dell utilità di questa iniziativa editoriale che, peraltro, è stata subito condivisa dagli amici del Pensiero Scientifico Editore, con i quali da tempo curiamo la pubblicazione di volumi nel settore della psicofarmacologia clinica. Il volume è stato scritto pensando anche ad un pubblico più allargato, che comprendesse medici di medicina generale, gi- IX

2 GLI PSICOFARMACI IN GRAVIDANZA E NELL ALLATTAMENTO necologi, pediatri e colleghi di altre specialità interessati ad approfondire le loro conoscenze in questo settore. Per tale ragione abbiamo pensato di far precedere gli aspetti specifici relativi alla safety degli psicofarmaci in gravidanza e nell allattamento da una breve rassegna delle indicazioni cliniche e del profilo di tollerabilità delle diverse classi farmacologiche. Siamo ben consapevoli che si tratta di una rassegna della letteratura internazionale che, seppure aggiornata, non può essere considerata sistematica ; abbiamo, infatti, privilegiato le informazioni essenziali e clinicamente rilevanti fornendo anche una serie di indicazioni bibliografiche che fossero di stimolo per approfondire ulteriormente i diversi aspetti del problema, certamente vasto, complesso, con aspetti ancora controversi e talora sconosciuti. È evidente che sarebbe auspicabile in una donna con distrubi psichici preferire, come prima scelta, interventi meno problematici sul piano della sicurezza, come ad esempio trattamenti psicoterapici di documentata efficacia. Sfortunatamente, come la pratica clinica insegna, questa opzione è praticabile solo in una parte dei casi, mentre in altre situazioni psicopatologiche (psicosi, stati maniacali, depressione maggiore, gravi disturbi d ansia, ecc.) è necessario associare a questi interventi un trattamento psicofarmacologico. Il rischio in questa situazione, dove è d obbligo un adeguata valutazione dei rischi-benefici, è che la bilancia tenda a valorizzare prevalentemente i rischi degli psicofarmaci senza considerare invece gli eventuali danni che potrebbero derivare dal non-trattamento dei disturbi psichici della gestante. Studi recenti, pubblicati su autorevoli riviste internazionali e citati nel nostro volume, documentano in realtà i danni che un grave disturbo psichico non trattato (stress gestazionale) può determinare, attraverso una serie complessa di alterazioni neuroendocrine, sull esito della gravidanza e del parto (Dayan et al., 2002; Orr et al., 2002; Sugiura-Ogasawara et al., 2002) oltre che sullo sviluppo del feto (O Brien et al., 2004) e del neonato a breve e lungo termine (Bonari et al., 2004; Rahaman et al., 2004). X

3 Se, grazie agli studi di farmacovigilanza e di post-marketing surveillance (taluni istituiti dalle stesse case farmaceutiche produttrici), siamo oggi in grado di conoscere meglio che in passato i possibili rischi determinati dall uso degli psicofarmaci e dei farmaci in generale durante le varie fasi della gravidanza, molte questioni restano da chiarire. Bisogna, in ogni caso, che la valutazione dei rischi noti sia sempre affiancata dalla valutazione degli indubbi vantaggi clinici che possono derivare da una terapia farmacologica condotta con razionalità. Esistono oggi evidenze che consentono di differenziare per i diversi psicofarmaci il tipo e la frequenza del rischio nelle diverse fasi della gestazione. Ad esempio, non è trascurabile il dato che la letteratura internazionale sia finora quasi unanime nel ritenere che il rischio di teratogenesi da SSRI (farmaci oggi ritenuti di scelta nella terapia della depressione e di alcuni gravi disturbi d ansia) sia sostanzialmente sovrapponibile a quello riportato nelle donne gravide non esposte ad antidepressivi nel primo trimestre di gravidanza (Gentile, 2005a; Einarson e Einarson, 2005); mentre altri dati documentano un rischio teratogeno specifico (anomalie cardiache) per i triciclici ed in particolare per la clomipramina e per alcuni stabilizzatori dell umore. Controversa appare invece la questione del maggior rischio di aborti spontanei in donne depresse esposte ad antidepressivi. Sebbene i risultati di una metanalisi su 6 studi di coorte indichino un maggior rischio per le donne esposte (RR: 1,45), verso quelle non depresse e non esposte, non è possibile (come gli stessi autori sottolineano) escludere che la depressione di per sé possa rappresentare un fattore di rischio per l aborto spontaneo. Nello stesso studio, peraltro, non vengono evidenziate differenze tra le diverse classi di antidepressivi analizzati (Helmes et al., 2005). Allo stesso modo, ci sembra importante sottolineare che molti eventi avversi riportati nel neonato esposto soprattutto negli ultimi mesi di gestazione (sintomi spesso legati ad una sindrome da sospensione) sono spesso la conseguenza di una XI

4 GLI PSICOFARMACI IN GRAVIDANZA E NELL ALLATTAMENTO malpractice farmacologica, legata proprio alla non conoscenza delle caratteristiche dei farmaci che si stanno somministrando. Sarebbero sufficienti, infatti, adeguati e tempestivi accorgimenti terapeutici (riduzione graduale della posologia alcune settimane prima del parto, allattamento al seno del neonato per qualche settimana dopo il parto) per minimizzare o evitare al neonato, esposto negli ultimi mesi di gestazione ad un antidepressivo o ad una benzodiazepina, disturbi simil-astinenziali, che talora possono risultare di gestione problematica per il neonatologo. A questo proposito, è stato ampiamente sottolineato nel nostro volume, soprattutto per i colleghi non specialisti in psichiatria, che quasi tutte le classi di psicofarmaci (in particolare benzodiazepine, antidepressivi, antipsicotici) potrebbero indurre nel neonato (così come nell adulto) reazioni da brusca sospensione con fenomeni di tossicità neonatale, la cui rilevanza clinica varia secondo il dosaggio impiegato nella madre, il tempo di esposizione in utero, l emivita del farmaco, ecc. Di conseguenza, anche i dati relativi al maggiore rischio per alcuni farmaci (paroxetina, venlafaxina e clomipramina) di indurre tali sintomi rispetto ad altri farmaci antidepressivi (Sanz et al., 2005) devono essere interpretati con estrema cautela poiché non sostenuti da tutti gli studi finora pubblicati (Kallen et al., 2004). Dati rassicuranti, anche se ancora del tutto preliminari, sono stati riportati in studi epidemiologici che hanno valutato l esito a lungo termine dell esposizione ad antidepressivi (triciclici ed SSRI) sullo sviluppo neuropsicologico e comportamentale di neonati esposti nel corso della gestazione di donne affette da depressione (Gentile, 2005b). Ovviamente, ulteriori studi epidemiologici nell uomo dovranno confermare sul lungo termine se e con quale rilevanza tutti i farmaci e/o le sostanze che agiscono sul SNC modificando la trasmissione monoaminergica possano compromettere tale sviluppo. Si spera, a questo proposito, che anche nel nostro Paese la ricerca clinica ed epidemiologica, finora latitante in questo XII

5 settore, sappia colmare questa carenza di informazioni e dedichi maggiori investimenti e risorse ad un problema che troppo spesso viene affrontato nella pratica clinica con scarsa competenza e tanti pregiudizi. La decisione di intraprendere un trattamento psicofarmacologico per un grave disturbo psichico insorto in gravidanza, o di sospenderlo nelle pazienti in mantenimento che vogliono programmare una gravidanza, è una questione seria ed epidemiologicamente rilevante; bisogna di conseguenza che venga affrontata in modo intelligente, mettendo in campo ed integrando diverse competenze, non solo quelle dello psichiatra che propone il trattamento farmacologico, ma anche quelle del ginecologo, che dovrà seguire il decorso della gestante, e del neonatologo al quale sarà affidato il neonato. Speriamo che questo volume rappresenti per i colleghi italiani che lo leggeranno uno stimolo affinché questa integrazione si sviluppi ulteriormente. I dati che abbiamo riassunto in questo volume dovrebbero, quindi, costituire innanzitutto una base di partenza per valutare realisticamente i rischi-benefici del non-trattamento verso quelli di una terapia psicofarmacologica in gravidanza e nell allattamento. Ci auguriamo di aver fatto un discreto lavoro e di aver fornito, come è nel nostro stile, a colleghi ed amici che ci leggeranno un servizio ed un ulteriore occasione di informazione, riflessione e dibattito su problemi complessi che necessitano di essere affrontati attraverso la gestione integrata di diverse competenze ed alla luce delle evidenze scientifiche disponibili. Cesario Bellantuono e Giuseppe Imperadore XIII