Relazione sullo stage di osservazione Le capacità relazionali nel servizio sociale Studente: Fantini Lidia

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1 Università degli Studi di Torino Facoltà di Scienze Politiche Corso di Laurea in Servizio Sociale Torino A.A. 2005/2006 Relazione sullo stage di osservazione Le capacità relazionali nel servizio sociale Studente: Fantini Lidia

2 Relazione sullo stage di osservazione Questa relazione accomuna prassi e teoria ed è il risultato della mia esperienza diretta, come studentessa, all interno di un servizio sociale di base presso il Comune di Torino. Lidia Fantini ( memole.83@katamail.com). A proposito di capacità relazionali Non essendo mai entrata in un servizio sociale di base, la prima impressione è stata quella di entrare in uno studio medico; ho visto molta gente lungo il corridoio in attesa che arrivasse l assistente sociale. Il centralinista mi ha subito chiesto di cosa avessi bisogno. Mi sono presentata e ho chiesto dell assistente sociale supervisore a cui ero stata assegnata. Mi ha risposto molto sgarbatamente dicendomi che l a.s. non era ancora arrivata. Dentro di me ho subito pensato che non avesse un minimo di gentilezza con le persone che si rivolgono al servizio. Sono rimasta senza parole dal suo comportamento. Fortunatamente dopo un po di attesa è arrivata l assistente sociale. Mi sono avvicinata chiedendo se fosse lei l a.s. a cui sono stata affidata ( per ragioni di privacy qui non menzionata) e dopo avermi dato la conferma mi sono presentata. Durante le ore di osservazione ho osservato con entusiasmo il lavoro dell a.s.. Sono rimasta però colpita negativamente solo da un aspetto in particolare. Il Titolo I del Codice Deontologico 1 della professione parla dei principi e l art. 5 recita che nell esercizio delle sue funzioni l a.s. non esprime giudizi di valore sulle persone in base ai loro comportamenti. In uno dei colloqui a cui ho assistito, questo principio non è stato osservato in 1 23 marzo 1993, n. 84, Codice deontologico degli assistenti sociali.

3 quanto, appena l utente è uscito dall ufficio, l a.s. ha espresso dei giudizi di valore negativi nei confronti dell utente che si era rivolto a lei per trovare una soluzione al problema. Riflettendo su quanto è accaduto, penso che sia stato un momento di stanchezza da parte dell a.s.. Affermo questo perché durante le ore di osservazione mi sono ricreduta in quanto ho notato aspetti molto positivi nell esercizio della professione da parte del mio supervisore. Quando si presentava un nuovo utente, l a.s. si dimostrava molto disponibile verso la persona (la accoglieva gentilmente, la metteva a proprio agio e chiedeva sempre se la mia presenza potesse dare qualche tipo di fastidio o imbarazzo all utente spiegando che io ero lì per osservare da vicino la professione) e insieme cercavano la soluzione più congrua al tipo di problema. Gli interventi di aiuto erano personalizzati, vale a dire soggettivamente validi ed efficaci. L a.s. non solo poneva attenzione ai soggetti che esprimevano la domanda d aiuto ma anche al loro ambiente relazionale ed affettivo. Attraverso delle domande, cercava di approfondire in maniera più dettagliata la situazione problematica in cui il soggetto viveva. L a.s. per dimostrare all utente, durante i colloqui, la sua totale disponibilità, non prendeva appunti sul problema presentato dal soggetto, il suo sguardo era concentrato, interessato e attento verso la persona. Capivo che l utente si sentiva ascoltato. Le emozioni provate durante lo stage sono state molte. Ciò che maggiormente mi faceva riflettere era la completata fiducia degli utenti nei confronti dell a.s., si affidavano a lei, si confidavano con lei e parlavano del loro problema molto liberamente. In passato durante lo studio spesso pensavo come ottenere la completa fiducia da un utente che, incontrando

4 molte difficoltà nella vita, comincia a perdere la fiducia in se stesso e negli altri che potrebbero aiutarlo. Il tema della fiducia, viene analizzato da Marisa Pittalunga 2. Nel testo, si parla di come il sentimento di fiducia si instaura già dalla prima infanzia. Vediamo come il bambino ha fiducia nella figura parentale primaria. L avere fiducia nella figura genitoriale è molto importante poiché implica il processo nell avere fiducia in se stessi e verso gli altri. La fiducia in se stessi e verso gli altri sono quindi complementari. La fiducia e il concetto di sé sono influenzati da una relazione precoce ed è proprio questa relazione che determina la natura delle relazioni che si svilupperanno nel corso della vita sociale. Ho assistito a dei colloqui che hanno provocato in me una sensazione di dispiacere profondo e di comprensione del disagio che quegli utenti potessero stare attraversando. Ho cercato di immedesimarmi negli utenti, di comprendere il loro punto di vista. Mi ha emozionato particolarmente il fatto che alcuni utenti, nell esporre il proprio problema, rivolgessero lo sguardo anche verso di me, come se avessero avvertito il mio atteggiamento empatico nei loro confronti. Bilancio Durante il percorso formativo ho osservato da vicino e molto chiaramente l esercizio professionale. Le incursioni mi hanno aiutato a concretizzare ciò che, prima per me, era solo astratto. Nelle 15 ore di osservazione presso il servizio sociale di base, ho inoltre appreso l esistenza di altre figure professionali come gli operatori amministrativi, gli operatori E.S.A./A.D.E.S.T. e il C.S.E.. Tutto ciò mi è stato 2 Pittalunga M., L estraneo di fiducia competenze e responsabilità dell assistente sociale, Roma, Carocci editore, 2000.

5 utile per approfondire il livello organizzativo e organico in cui l assistente sociale opera e co-opera. Ho potuto constatare sul campo che l assistente sociale deve possedere sia le capacità relazionali che una precisa competenza tecnicostrumentale ed operativa. Vedendo lavorare l assistente sociale, ho capito che bisogna sempre essere pronti ad apprendere. Non basta la formazione acquisita durante il percorso formativo, il quadro normativo è in continua evoluzione: non solo perché la società è in continuo cambiamento ma anche perché le leggi cambiano e si modificano le prestazioni che si possono erogare ai cittadini che si rivolgono al servizio. Inoltre bisogna essere pronti ad apprendere anche dagli stessi casi che si presentano nel quotidiano per cercare di offrire sempre un servizio migliore. Questa esperienza pratica mi ha permesso di osservare sul campo molte delle conoscenze acquisite nel corso dei primi due anni di studi universitari, soprattutto per quanto riguarda gli strumenti caratterizzanti il lavoro sociale (colloquio, visita domiciliare), ma mi ha resa consapevole del fatto che dovrò approfondire molti concetti che non ho ancora appreso. Le lacune maggiori riguardano la parte formale e burocratica del lavoro sociale (prassi e leggi da seguire). Mi piacerebbe apprendere come bisogna operare all interno del territorio, i vari servizi presenti e le prestazioni che da essi vengono erogati, come redigere relazioni destinate ad istituzioni esterne al servizio (ad esempio per il Tribunale per i Minori). Un problema organizzativo che ho riscontrato è che la carta dei servizi non viene aggiornata regolarmente quando ci sono dei cambiamenti. L unica in mio possesso risale al 2000 e da allora fino ad oggi non c è stato più un aggiornamento.

6 Rielaborazione dell osservazione guidata Il colloquio Il 06 dicembre 2005 presso il servizio sociale di base ho assistito ad un colloquio programmato all interno del processo di aiuto. Il colloquio è durato 30 minuti e oltre a me, all a.s. e alla ragazza disabile hanno partecipato anche il padre della ragazza e un educatrice. Il colloquio ha avuto lo scopo di valutare insieme all assistente sociale quali potessero essere gli interventi più idonei per fronteggiare la richiesta dell utente: la ragazza era stanca di stare sempre in casa, lei e il padre volevano sapere se era possibile inserirla in qualche centro ricreativo o formativo per disabili. L a.s. prestava molta attenzione alle richieste dell utente e attraverso domande dirette e più specifiche cercava di capire ciò che non veniva espresso esplicitamente dall utente. Spesso quello che l utente esprimeva con il linguaggio non corrispondeva a ciò che, con il comportamento non verbale, effettivamente faceva intendere. Si capiva dal tono della sua voce, dal suo sguardo che le richieste in realtà non erano quelle ma altre. Attraverso la tecnica della restituzione, a.s. e utente, si rimandavano le informazioni acquisite durante il colloquio. Questo processo permette la verifica continua sui piani della comprensione e sul rapporto operatoreutente 3. Spesso l utente aveva difficoltà a capire ciò che veniva espresso dall a.s., la quale cercava, attraverso l utilizzo di un linguaggio più semplice, a far comprendere ciò che prima all utente era poco chiaro. 3 Avataneo C., Dispense a cura del docente di metodi e tecniche del servizio sociale I

7 Lo spazio dove si è svolto il colloquio era accogliente, i muri erano pieni di locandine che facevano pensare all utente che forse, con l aiuto di un professionista, avrebbe trovato una soluzione al problema. È molto importante organizzare lo spazio per l incontro, definire il tempo, non interrompere lo spazio dello scambio. Questi sono elementi indispensabili, durante il colloquio, come il dare un momento di apertura, sviluppo e chiusura all incontro e al processo di aiuto 4. Durante il colloquio avrei voluto fare tante domande a P., l utente, per cercare di approfondire meglio la sua storia, i suoi reali bisogni e il motivo per il quale non riesce a instaurare delle relazioni con le persone che la circondano. Avrei voluto sapere molto di più della sua malattia e soprattutto come ha reagito quando tutti le hanno sbattuto una porta in faccia solo perché affetta da epilessia. L interlocutore ha suscitato in me dei sentimenti di rabbia nei confronti degli insegnanti che hanno deciso, senza il suo consenso, che non avrebbe più frequentato la scuola. Hanno preso questa decisione, in quanto P. dall età di 14 anni ha iniziato a soffrire di crisi epilettiche e avevano quindi paura che si potesse fare del male in aula. Il supervisore ha affrontato il problema con molta tranquillità, rispettando i tempi di P. e anche i suoi silenzi. Il colloquio si è concluso fissando un appuntamento con l educatrice, nel quale avrebbe mostrato all utente le varie opportunità ricreative e i laboratori che avrebbe potuto frequentare, valutando insieme, e in base ai gusti e alle attitudini di P., l attività più consona da praticare. 4 Ferrario F., Le dimensioni dell intervento sociale- un modello unitario centrato sul compito,roma, Carocci editore, 1999, pag. 65.

8 La visita domiciliare Il 06 dicembre 2005 mi sono recata, con l assistente sociale, presso l abitazione del signor D. per effettuare una visita domiciliare della durata di 60 minuti. Alla visita domiciliare, ha partecipato la responsabile del servizio di assistenza domiciliare post-ospedaliera (A.D.P.O.). L obiettivo della visita domiciliare è stato quello di valutare insieme gli eventuali servizi domiciliari attivabili per venire incontro alle esigenze del signor D. Appena siamo arrivate, siamo state ricevute dal signor D. che molto gentilmente ci ha accolto nel suo spazio di vita. Dopo le presentazioni, l a.s. ha iniziato a fare delle domande per capire meglio la situazione problematica in cui vive il signor D. Attraverso un indagine circolare, l a.s., ha potuto costruire una mappa dei rapporti del sistema utente finalizzata alla comprensione della situazione e per valutare le possibili relazioni esistenti o meno all interno delle rete sociale dell utente 5. L a.s. ha prestato molta attenzione alle richieste del signor D., rispettando i tempi e le pause. Spesso l utente fraintendeva ciò che l a.s. gli diceva, ma attraverso l utilizzo di un linguaggio più appropriato e in sintonia con la persona, l a.s. ripeteva nuovamente affinché il signor D. non dimostrasse di aver capito. L A.s. restituiva quanto detto durante il colloquio, cercando sempre di focalizzare l attenzione sul problema. Durante la v.d. ero molta tesa e imbarazzata perché dovevo entrare nell ambiente di vita dell utente, nei suoi spazi intimi. Questo mi ha provocato un grande disagio, scomparso man mano che l utente ci metteva a nostro agio. Avrei voluto fare al signor D. tante domande per avere più informazioni 5 Lerma M., Metodo e tecniche del processo di aiuto, Ubaldini, Roma 1992, p. 115

9 riguardanti la storia della sua vita, per capire per quale motivo ha lasciato la sua terra d origine, la Romania, per emigrare in Italia e come mai non ha più rapporti con i suoi figli nonostante abitano anch essi in Italia. L interlocutore mi è sembrato molto affaticato poiché parlava a fatica e con riluttanza (era appena stato dimesso dall ospedale) e spesso non parlava volentieri del proprio problema. Oltre a richiedere delle prestazioni non diceva altro. Questo mi ha fatto capire, nonostante il supervisore si sia dimostrato disponibile, che non tutte le persone riescono a fidarsi di un estraneo e che nella relazione di aiuto bisogna tener conto di questa difficoltà. L operatore per entrare in rapporto con l utente deve conquistarsi la sua fiducia. Affinché si crei fiducia la relazione deve essere priva di minaccia o sfida alla concezione che il soggetto ha di se stesso. Questa è la condizione che permette un rapporto affettivo-emozionale, luogo principe per l espressione degli stati interiori della persona. Ciò che permette il rapporto, quindi di sentirsi empaticamente accolti, è la percezione di riconoscersi nell altro e di essere riconosciuto, cioè la convinzione che l altro rispetti, comprenda il nostro modo di vedere e di sentire 6. L atteggiamento empatico è una condizione imprescindibile nella relazione con l utente. Rogers afferma che l empatia assume un ruolo centrale all interno della relazione di aiuto. L empatia è la partecipazione alla soggettività dell altro, è sentire il mondo personale dell utente come se fosse il proprio. L atteggiamento empatico può essere inteso come un processo di identificazione transitoria che consente all operatore di condividere e partecipare ai vissuti dell utente 7. 6 Avataneo C., Dispense a cura del docente di metodi e tecniche del servizio sociale I, pag 44 7 Montirosso R., Del Rio G., Al di qua dell empatia: considerazioni sulla comprensione dell altro nella relazione di aiuto,la rivista di servizio sociale, 4/1998, pag 6-8

10 Bibliografia 23 marzo 1993, n. 84 Codice deontologico degli assistenti sociali. Pittalunga M., L estraneo di fiducia-competenze e responsabilità dell assistente sociale, Roma, Carocci editore, Montirosso R., Del Rio G., Al di qua dell empatia: considerazioni sulla comprensione dell altro nella relazione di aiuto, Rivista di servizio sociale,4/98, pag 6-8. Ferrario F., Le dimensioni dell intervento sociale-un modello unitario centrato sul compito, Roma, Carocci editore, 1999, pag 65 Avataneo C., Dispense a cura del docente di metodi e tecniche del servizio sociale I. Lerma M., Metodo e tecniche del processo di aiuto, Ubaldini, Roma 1992, p Bolocan L.G.; Carbonaro G.; Bennici A., Il lavoro di gruppo metodologia, tecniche, formazione, aggiornamento dell operatore sociale, NIS, Roma 1998, p. 100.

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